GPII 1989 Insegnamenti - A un gruppo di pellegrini austriaci - Città del Vaticano (Roma)

A un gruppo di pellegrini austriaci - Città del Vaticano (Roma)

Rivolgiamoci a Maria, nostra madre con il candore dei fanciulli


Eminentissimo signor Cardinale, care sorelle e cari fratelli! L'elevazione a Basilica del Santuario della Madre misericordiosa, avvenuta l'anno scorso a "Maria Roggendorf", vi ha sollecitato ad incontrare il Successore di Pietro e ha dato a me l'opportunità di ringraziarvi di cuore e dimostrarvi la mia affezione. Ciò mi riempie di gioia.

Il mio ringraziamento va anche al vostro Eminentissimo Cardinale Hans Hermann Groer, meritevole di aver contribuito notevolmente alla rinascita e all'incremento della "Maria Roggendorf", con un saggio lavoro pastorale di anni come rettore del Santuario. In questo incontro desidero formularvi una preghiera: continuate l'opera, per la quale il vostro Cardinale si è tanto adoperato e sacrificato, con uguale entusiasmo di fede nella devozione alla nostra Madre celeste. Raccoglietevi anche in futuro, come nel passato, intorno al vostro pastore che ora è a capo dell'Arcidiocesi di Vienna da me tanto amata e stimata.

Voi abitanti di "Maria Roggendorf" vi siete posti sotto la particolare protezione di Maria. A lei affidiamo anche le preghiere e le necessità delle vostre famiglie come quelle di tutti i fedeli del popolo di Dio della Chiesa di Vienna. Inoltre, la supplica di Gesù sulla croce a sua Madre di prendersi cura in modo particolare dell'apostolo Giovanni sia un invito per noi a rivolgerci, nella gioia e nel dolore, con fiducia filiale a Maria, nostra Madre.

Affinché possiate crescere in questa fede, imparto a voi e ai vostri familiari in patria in particolare ai bambini e agli ammalati come all'intera Arcidiocesi, la mia benedizione apostolica.

1989-01-30

Lunedi 30 Gennaio 1989




Messaggio per la Quaresima 1989 - Città del Vaticano (Roma)

Il grave flagello della fame nel mondo


"Dacci oggi il nostro pane quotidiano". (Mt 6,11). Con questa richiesta comincia la seconda parte della preghiera, che Gesù stesso insegno ai suoi discepoli e che noi cristiani ripetiamo con fervore ogni giorno.

Dalle labbra di tutti gli uomini e donne delle diverse razze umane, che costituiscono la grande comunità cristiana, sgorga concordemente questa supplica al Padre che sta nei cieli, anche se con intonazioni differenti, giacché sono molti i popoli che, più che una domanda serena e fiduciosa, stanno lanciando un grido di angustia e di dolore, perché non possono soddisfare la fame fisica, mancando di fatto degli alimenti necessari.

Cari figli e figlie, con la più grande sollecitudine e speranza, vi propongo questo problema della "fame nel mondo" quale tema per la vostra riflessione e quale obiettivo per la vostra azione apostolica, caritativa e solidale durante la Quaresima del 1989. Il digiuno generoso e volontario di quanti fra voi hanno sempre il necessario vi consentirà di condividere il frutto delle vostre privazioni con tanti altri che, invece, ne mancano; i vostri digiuni quaresimali, che fanno parte della ricca tradizione cristiana, apriranno maggiormente il vostro spirito ed il vostro cuore alla condivisione solidale dei vostri beni con quelli che sono sprovvisti di tutto.

La fame nel mondo colpisce milioni di esseri umani in molti Paesi, ma si accanisce con maggiore crudeltà in alcuni continenti e nazioni, dove decima la popolazione compromettendone lo sviluppo. La penuria alimentare si presenta ciclicamente in alcune regioni per cause molto complesse, che è necessario rimuovere mediante l'aiuto solidale di tutti i popoli.

In questo secolo ci vantiamo, e con ragione, dei progressi della scienza e della tecnologia, ma dobbiamo ancora fare passi avanti in umanità; non possiamo restare a guardare passivi e indifferenti la tragedia di tanti popoli che, mancando di alimenti sufficienti, si vedono costretti a vivere in un regime di mera sopravvivenza ed incontrano, di conseguenza, ostacoli quasi insuperabili al loro decoroso sviluppo.

Unisco la mia supplica a quella di tutti i credenti, implorando il nostro Padre comune: "Dacci oggi il nostro pane quotidiano". E' certo che "non di solo pane vive l'uomo" (Mt 4,4), ma il pane materiale resta una necessità assillante ed anche nostro Signore Gesù Cristo opero con efficacia per dare da mangiare alle moltitudini affamate.

La fede deve essere accompagnata da opere concrete. perciò invito tutti a prendere coscienza del grave flagello della fame nel mondo, ad intraprendere nuove iniziative ed a consolidare quelle già esistenti in favore di coloro che ne sono colpiti, affinché si condividano i beni con coloro che ne sono privi e si rafforzino i programmi indirizzati alla realizzazione dell'autosufficienza alimentare dei popoli.

Desidero rivolgere una parola di incoraggiamento a tutte le organizzazioni cattoliche che lottano contro la fame, gli organismi governativi che si impegnano nella ricerca di soluzioni, affinché continuino senza tregua a prestare aiuto ai bisognosi.

"Padre nostro che sei nei cieli... dacci oggi il nostro pane quotidiano", fà che nessuno dei tuoi figli si veda privato dei frutti della terra; che nessuno soffra più l'angustia di non avere il pane quotidiano per sé e per i suoi cari. Fà che tutti, ripieni dell'immenso amore con cui tu ci ami, sappiamo solidalmente distribuire quel pane che tu ci dai tanto generosamente: fà che sappiamo allargare la tavola per far posto ai più piccoli ed ai più deboli, si che un giorno meritiamo di sedere tutti alla tua mensa celeste.

1989-01-31

Martedi 31 Gennaio 1989







Ai partecipanti alla plenaria mista della congregazione per la dottrina della fede e del segretariato per l'unione dei cristiani - Città del Vaticano (Roma)

La ricerca dell'unità di tutti i cristiani costituisce un impegno pastorale prioritario della Chiesa cattolica

Cari fratelli in Cristo.

"Poiché, come in un solo corpo abbiamo molte membra e queste membra non hanno tutte la medesima funzione, così anche noi, pur essendo molti, siamo un solo corpo in Cristo e ciascuno per la sua parte siamo membra gli uni degli altri" (Rm 12,4-5).

Questo bel passaggio della lettera di san Paolo ai Romani ha ispirato il tema della "Settimana di preghiera per l'unità dei cristiani" (18-25 gennaio) appena celebrata in tutto il mondo. L'avete certamente avuto presente nello spirito, voi tutti membri della congregazione per la dottrina della fede e del segretariato per l'unione dei cristiani riuniti in questi ultimi giorni per tenere insieme, per la prima volta, una sessione plenaria sull'importante tema: "Bilancio dell'impegno ecumenico della Chiesa cattolica. Prospettive future".

Il testo di san Paolo, con l'immagine dell'unico corpo formato da molte membra con diverse funzioni e doni vari, allude alla misteriosa realtà, incarnata e visibile, del corpo di Cristo che è la Chiesa. può dunque essere applicata alla nostra attività pastorale e, di conseguenza, alla ricerca dell'unità di tutti i cristiani che, come ho avuto modo di affermare in diverse occasioni, costituisce un impegno pastorale prioritario della Chiesa cattolica.

Più di due anni fa avevo raccomandato ai vostri due dicasteri di fare insieme il punto sul lavoro ecumenico compiuto dopo il Concilio, di studiare da una parte il problema del metodo da seguire in questa materia, e d'altra parte di affrontare la questione degli scopi, vicini e lontani, verso i quali conveniva orientarsi per il futuro.

Mi rallegro pertanto di questa iniziativa e posso dire che ne ho seguito lo sviluppo con grande interesse, sincera sollecitudine e fervente preghiera.

Nell'affermare chiaramente che l'unica Chiesa di Cristo sussiste nella Chiesa cattolica (LG 8), il Concilio Vaticano II aveva riconosciuto specificamente altre Chiese e le rispettive comunità ecclesiali (UR 3 UR 15) e aveva indicato così il "ristabilimento dell'unità da promuoversi fra tutti i cristiani" come uno dei suoi principali intenti (cfr UR 1). Nella costituzione "Lumen Gentium", aveva posto i fondamenti ecclesiologici cattolici dell'ecumenismo e nel decreto "Unitatis Redintegratio" ne aveva precisato sia i principi che il metodo da seguire. Queste direttive illuminate mantengono intatto oggi il loro valore sia per l'azione interna della Chiesa cattolica che per quanto riguarda le relazioni e il dialogo con le altre Chiese e comunità ecclesiali.

Questo impegno solenne del Concilio Vaticano II è stato attuato con convinzione e attraverso molteplici iniziative. Il Sinodo straordinario dei Vescovi, convocato per una riflessione comune a vent'anni dal Concilio (1985), ha giustamente osservato che l'ecumenismo è profondamente radicato nella coscienza della Chiesa cattolica.

Nel corso di questi anni, un dialogo teologico è stato avviato con le diverse Chiese e comunità ecclesiali. Con alcune di queste Chiese sono state anche sottoscritte importanti dichiarazioni da parte delle rispettive autorità ai più alti livelli. Diverse commissioni miste hanno pubblicato dei documenti attualmente allo studio nei nostri dicasteri, che permettono di giudicare dello sviluppo del dialogo teologico. Intensi contatti con gli altri cristiani hanno caratterizzato questi trent'anni: sono passati esattamente trent'anni - ho avuto modo di ricordarlo recentemente nella Basilica di san Paolo fuori le mura (25 gennaio 1989) - da quando il Papa Giovanni XXIII, con intuizione profetica, ha convocato il Concilio Vaticano II.

L'esperienza di questi incontri, la loro importanza, la loro complessità, le loro molteplici implicazioni, e la necessità di indicare delle prospettive per il futuro hanno consigliato di tenere questa sessione plenaria mista.

I due dicasteri hanno le loro particolari specifiche competenze. La costituzione apostolica "Pastor Bonus" le prevede e le segnala. Tuttavia, poiché per la sua propria natura l'ecumenismo tocca sovente delle questioni di fede, i due dicasteri devono affrontare delle tematiche con implicazioni comuni.

E' dunque necessaria una collaborazione tra questi due dicasteri, ogni volta che la materia lo richieda. E' davvero essenziale operare in perfetta armonia ogni qualvolta il dialogo ecumenico si trova ad affrontare delle questioni dottrinali e ogni qualvolta, all'interno della Chiesa cattolica, si affrontano dei temi con un'implicazione ecumenica. Una simile collaborazione è ugualmente utile quando si tratta di pubblicare dei documenti o delle dichiarazioni comuni.

La plenaria mista in corso in questi giorni manifesta chiaramente questa comune volontà. Di più: l'esperienza specifica dei suoi membri, provenienti dai cinque continenti, offre certamente un'occasione unica di confronto fraterno per promuovere, in modo armonico e costruttivo e con rinnovato impegno comune, la ricerca dell'unità per i tempi nuovi. Questa collaborazione appare oggi sempre più necessaria per il fatto che il dialogo teologico sta per affrontare le divergenze più specifiche tra i cristiani, nella ricerca di un pieno accordo nella fede.

Vi ringrazio di tutto cuore di aver dedicato a questa plenaria mista il vostro impegno, il vostro studio e la vostra preoccupazione.

Vi ringrazio di aver messo i doni ricevuti dal Signore al servizio della Chiesa e della santa causa del ristabilimento della piena unità di tutti i cristiani, unità che il Signore vuole per la sua comunità, che ha riscattato a prezzo del suo sangue.

Per questa santa causa, la Chiesa cattolica si impegna con tutta la sua sollecitudine.

Il nuovo Codice di Diritto Canonico ci ricorda chiaramente questo impegno affermando: "Spetta in primo luogo a tutto il Collegio dei Vescovi e alla Sede apostolica sostenere e dirigere presso i cattolici il movimento ecumenico, il cui fine è il ristabilimento dell'unità tra tutti i cristiani, che la Chiesa è tenuta a promuovere per volontà di Cristo" (CIC 755 § 1).

Cari fratelli.

Ho seguito dall'inizio i lavori di questa assemblea plenaria mista con grande interesse, autentica sollecitudine e fervente preghiera. E' quindi per me una gioia particolare essere con voi in questa circostanza.

Il Concilio Vaticano II ha indicato il ristabilimento dell'unità tra i cristiani come uno dei suoi principali intenti. Negli anni successivi questa responsabilità è stata portata avanti con molta efficacia attraverso un gran numero di iniziative ed è per la Chiesa oggi una importante priorità.

Anche se la congregazione per la dottrina della fede e il segretariato per l'unione dei cristiani hanno ciascuno una specifica area di competenza, come è indicato nella costituzione apostolica "Pastor Bonus", essi devono ritrovarsi insieme ogni tanto per affrontare delle questioni che li riguardano entrambi. E' pertanto necessario che lavorino strettamente affiancati quando, ad esempio, il dialogo ecumenico affronta delle questioni dottrinali, o quando i punti da trattare all'interno della Chiesa hanno delle implicazioni ecumeniche.

Questa assemblea plenaria mista è una buona espressione del desiderio di lavorare in armonia. La necessità di una collaborazione di questo genere continuerà ad aumentare nella misura in cui il dialogo teologico mette a fuoco sempre più le differenze specifiche tra i cristiani, nella ricerca di un pieno accordo nella fede.

Desidero ringraziare tutti voi per la vostra volontà di partecipare a questo importante compito. Con la mia apostolica benedizione.

[Prima di congedarsi dai presenti, il Papa così prosegue in italiano:] C'era in questo discorso un po' del cosiddetto "wish full thinking". Ho detto che ho seguito i lavori di questa plenaria ma, questo, era per me un grande desiderio. Ho fatto pero di questo desiderio un fatto compiuto; ma, devo dire, adesso, alla fine, che era mio grande desiderio poter essere qui e poter seguire la discussione.

La problenatica che avete discusso, toccato e studiato è una problematica di grande rilievo, di grandissima importanza per la fede e per la vita della Chiesa.

Noi siamo entrati con il Vaticano II in un'epoca ecumenica e benché sono già più di venticinque anni, ancora ci troviamo all'inizio, perchè il compito non è facile.

Non si può rifare, in un breve periodo, quello che si è fatto, nel senso contrario, in un lungo periodo. Mi ricordo di un incontro a Parigi. Ero presente, per la prima volta, ai lavori di un gruppo ecumenico francese. Ad uno che mi poneva interrogativi di questo tipo risposi con le stesse parole: noi non possiamo rifare una strada di secoli, di parecchi anni. Per questo, si comprende bene che il lavoro deve essere anche in un certo senso lento; ma qui, non si tratta tanto di lentezza o di rapidità.

Questo lavoro deve essere fedele ai suoi principi, ai principi evocati e formulati dal Concilio Vaticano II nella "Lumen Gentium" e nella "Unitatis Redintegratio"; e poi, fedeli anche e soprattutto a questo che è il più grande principio dell'ecumenismo e del cammino ecumenico: la preghiera. La preghiera di Gesù diventa sempre più preghiera della Chiesa.

Sant'Agostino dice: si ascoltano le sue parole nella nostra anima e le nostre parole si ascoltano nella sua anima.

Quando noi preghiamo insieme con Gesù e lo facciamo sinceramente, si crea una speciale energia spirituale cristiana e ecumenica.

Volevo dire questo per sostituire la mia assenza a motivo dei miei altri impegni benché insieme con un desiderio anzi, con un qualcosa in più di un desiderio, volevo essere qui e ascoltare come posso ascoltare durante i Sinodi lo scambio delle esperienze.

Questo scambio delle idee è certamente il frutto più prezioso della vostra assemblea. Per questo ringrazio i due dicasteri, i due Cardinali e tutti i presenti. Voglio ancora salutare personalmente tutti e ciascuno. Forse, così, attraverso questo saluto, l'osmosi di questa assemblea si trasferisce anche in me.

1989-02-01

Mercoledi 1 Febbraio 1989




Messaggio in occasione della Giornata di Preghiera per le Vocazioni - Ai fedeli, Città del Vaticano (Roma)

"Signore, muovi l'entusiasmo della nostra gioventù. Chiamali, prendili, mandali!"


Venerati fratelli nell'Episcopato, carissimi fratelli e sorelle di tutto il mondo! Con fervore cristiano, il 16 aprile prossimo celebreremo la ventiseiesima Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni. Nella liturgia il Vangelo ci presenta Gesù Buon Pastore nel gesto supremo della sua carità: quello di dare la propria vita (Jn 10,15) per la salvezza del mondo. Nel contesto di questo mistero d'amore, i discepoli di Gesù invocano da Dio con insistenza gli operai necessari per la messe (Mt 9,38 Lc 10,2) perché tutti gli uomini, secondo il disegno del Padre, abbiano la vita in abbondanza (Jn 10,10) e raggiungano la conoscenza della verità (1Tm 2,4).


1. Quest'anno voglio dedicare la riflessione alle vocazioni che possono e devono fiorire nel clima educativo della scuola, in particolare di quella cattolica.

Questa, infatti, ha il mandato, da parte della Chiesa, di contribuire alla formazione integrale dell'uomo e del cristiano e, per ciò stesso, è chiamata a favorire i germi di vocazione che lo Spirito depone nell'animo dei giovani; e per sua natura deve, altresi, contribuire a preparare persone capaci di annunziare il Vangelo in termini accessibili alla cultura di oggi, caratterizzata da una preoccupante estraneità o disattenzione ai valori evangelici.

Nel rivolgermi alle istituzioni educative di ispirazione cattolica, desidero confermare l'alta considerazione che ho per le loro responsabilità formative nei confronti dell'intera comunità ecclesiale e la stima e la fiducia che nutro per esse. Ma le mie riflessioni si estendono anche all'ampia schiera di educatori cristiani che lavorano in istituzioni educative non cattoliche, dove portano, oltre alle doti di competenza e di professionalità, la loro personale testimonianza di fede.


2. La scuola cattolica ha un compito da svolgere anche ai nostri giorni, come è stato ribadito dal Concilio Vaticano II (cfr GE 8) e da successivi documenti del Magistero. La molteplicità e la contraddittorietà dei messaggi culturali e dei modelli di vita, che permeano l'ambiente in cui vive oggi la gioventù, rischiano di allontanarla dai valori della fede, anche quando cresce in famiglie cristiane. La scuola cattolica, che non si limita a dare una formazione puramente dottrinale, ma si propone quale ambiente educativo in cui è possibile vivere esperienze comunitarie di fede, di preghiera e di servizio, può avere un ruolo importante e decisivo nell'assicurare ai giovani un orientamento di vita ispirato alla sapienza del Vangelo. La testimonianza convergente di una comunità educativa e il clima di fede, che in essa si respira, costituiscono il peculiare servizio che la scuola cattolica deve rendere alla formazione cristiana della gioventù, La sua azione attingerà particolare efficacia, quando sarà coordinata a quella della famiglia, stabilendo con questa un diretto collegamento.


3. Ma l'educazione impartita nella scuola cattolica, dovendo formare al senso cristiano della vita, non potrà eludere il problema della scelta vocazionale. Che cosa significa preparare alla vita se non aiutare a prender coscienza del progetto divino, che ciascuno porta come iscritto dentro di sé? Educare significa aiutare a scoprire la propria vocazione nella Chiesa e nell'umana società. Una scuola che educa deve parlare di vocazione non solo in forma generica, ma indicando le diverse modalità nelle quali si concretizza la fondamentale chiamata al dono di sé, compresa quella di una totale dedizione alla causa del Regno di Dio. Tutti gli educatori della scuola cattolica, religiosi e laici, con saggia gradualità pedagogica e con discernimento di fede, sappiano far risuonare, in forma anche individuale, l'appello di Cristo e della sua Chiesa. Questo farsi eco della chiamata divina tanto più sarà positivo, quanto più sarà avvalorato dalla testimonianza della loro stessa vita e sostenuto dalla preghiera.


4. Aiutare a prender coscienza della propria vocazione è necessario, ma non è sufficiente. Non basta sapere per avere la forza di agire. Oggi i giovani trovano spesso intorno a sé non solo false immagini di vita, ma allettamenti e condizionamenti che possono ostacolare una scelta libera e generosa. La scuola cattolica darà un contributo prezioso alla scelta vocazionale, fornendo motivazioni, favorendo esperienze e creando un ambiente di fede, di generosità e di servizio, che può liberare i giovani da quei condizionamenti che fanno apparire "insipiente" o impossibile la risposta alla chiamata di Cristo.


5. Mediante questa sua azione, la scuola si mette al servizio della vera crescita dei giovani e risponde alle loro legittime attese per un orientamento di vita cristianamente ispirato. Nello stesso tempo, essa adempie le proprie responsabilità nei confronti della comunità ecclesiale. Bisogna, infatti, sottolineare con chiarezza la natura ecclesiale della scuola cattolica: è la Chiesa che le riconosce la capacità di educare cristianamente la gioventù. E' la Chiesa che, per mezzo di essa, si fa madre di vita e maestra di fede per tante generazioni di giovani. Per questo la scuola cattolica, nel rispetto delle libere scelte dei giovani e dell'autonomia delle discipline scolastiche, nella globalità del suo progetto educativo, deve tener sempre presenti le necessità e attese della comunità ecclesiale, tra le quali, in primo luogo, ci sono le vocazioni sacerdotali e religiose.


6. Il mio pensiero va anche ai genitori che si affidano, per l'educazione dei figli, alla scuola cattolica. Io li invito a fondare sempre sulle ragioni di fede la loro scelta. Questa è pienamente coerente, quando s'ispira, si, a finalità culturali e formative, ma soprattutto alle esigenze della vita cristiana. Li esorto a diventare una componente sempre più responsabile e attiva all'interno della comunità educativa della scuola cattolica. Sappiano essi dare un contributo efficace, perché questa scuola consegua sempre meglio i propri intenti di educazione integrale, umana e cristiana; e sappiano collaborare alla crescita dei loro figli, nella fede, rispettando e sostenendo le loro scelte, anche quando si ispirano alla generosità radicale del Vangelo. Non dimentichino che la felicità dei loro figli, come persone, è legata alla risposta coerente all'intima chiamata del Signore. E ricordino che un figlio o una figlia donati al Signore non sono mai perduti, ma guadagnati, sia per la Chiesa che per la loro stessa famiglia.


7. Rivolgo ancora un pensiero speciale ai giovani che frequentano le scuole cattoliche, pur tenendo presente il vasto campo della gioventù cristiana, chiamata a scelte coraggiose di fede, quale che sia il tipo di scuola cui appartiene.

A voi che avete la possibilità e la fortuna di crescere in una scuola cristianamente ispirata, dico che la vostra è una condizione privilegiata. La Chiesa investe forze pastorali preziose nella vostra scuola e proprio per questo ha bisogno della vostra collaborazione. Arricchite la vostra intelligenza con lo studio critico e approfondito delle varie discipline. Ciò darà forza alla vostra fede e vi abiliterà per una testimonianza cristiana più efficace di fronte al mondo. Imparate dalla vostra scuola quell'integrazione tra fede e cultura, così difficile da conseguire in un ambiente sociale non sempre penetrato da valori cristiani. Imparate soprattutto a realizzare una sintesi costruttiva tra fede e vita.

Troverete molte proposte di vita cristiana nell'ambito della vostra scuola; certamente più che altrove. Sta alla vostra generosità non lasciarle cadere, ma accoglierle in un terreno ben disposto, perché diano frutti salutari.

Apritevi alla preghiera e alla Parola che nutre la fede; addestratevi all'esercizio della carità; collaborate alle iniziative di servizio, specie in favore degli "ultimi". Siate testimoni di Cristo di fronte ai vostri coetanei. In questo modo darete vigore alla vostra vita di credenti, sicuri di impegnarvi per una causa grande, e potrete avvertire meglio la voce dello Spirito. E se questa voce vi chiama a un amore più alto e generoso, non abbiate timore.

Coraggio giovani: il Cristo vi chiama e il mondo vi attende! Ricordatevi che il Regno di Dio ha bisogno della vostra dedizione generosa e totale. Non siate come il giovane ricco che, invitato da Cristo, non seppe decidersi e rimase con i suoi beni e la sua tristezza (Mt 19,22), lui che era stato interpellato da un suo sguardo d'amore (Mc 10,21). Siate come quei pescatori che, chiamati da Gesù, lasciarono tutto prontamente e divennero pescatori di uomini (Mt 4,18-22).

Signore Gesù Cristo, pastore delle nostre anime, che continui a chiamare con il tuo sguardo d'amore tanti giovani e tante giovani che vivono nelle difficoltà del mondo odierno, apri la loro mente a riconoscere, tra le tanti voci che risuonano intorno ad essi, la tua voce inconfondibile, mite e potente, che anche oggi ripete: "Vieni e seguimi".

Muovi l'entusiasmo della nostra gioventù alla generosità e rendila sensibile alle attese dei fratelli che invocano solidarietà e pace, verità e amore. Orienta il cuore dei giovani verso la radicalità evangelica, capace di svelare all'uomo moderno le immense ricchezze della tua carità.

Chiamali con la tua bontà, per attirarli a te! Prendili con la tua dolcezza, per accoglierli in te! Mandali con la tua verità, per conservarli in te! Amen! Mentre confido che il Signore Gesù, sommo ed eterno sacerdote, vorrà accogliere le suppliche della sua Chiesa, invoco l'abbondanza delle grazie divine su tutti voi, venerati fratelli nell'Episcopato, sui sacerdoti, sui religiosi, sulle religiose e su tutto il popolo cristiano, in particolare su quanti si stanno preparando agli ordini sacri e alla vita consacrata, e di cuore imparto la benedizione apostolica, con speciale pensiero per quanti promuovono l'incremento delle sacre vocazioni.

Dal Vaticano, il 2 febbraio - festa della Presentazione del Signore - dell'anno 1989, undicesimo del mio pontificato.

1989-02-02

Giovedi 2 Febbraio 1989




Ai religiosi e alle religiose nella festa della Presentazione del Signore - Città del Vaticano (Roma)

Cristo luce del mondo è diventato la luce particolare della vostra vita e della vostra vocazione nella Chiesa



1. "Mosso dunque dallo Spirito, si reco nel tempio" (Lc 2,27). così l'evangelista Luca scrive di Simeone.

Egli era un "uomo giusto e timorato di Dio, che aspettava il conforto d'Israele; lo Spirito Santo, che era con lui, gli aveva preannunciato che non avrebbe visto la morte senza prima aver veduto il Messia del Signore" (Lc 2,25-26).

Insieme con Simeone l'Evangelista menziona Anna, figlia di Fanuele, chiamandola "profetessa". Anna, vedova, "non si allontanava mai dal tempio, servendo Dio notte e giorno con digiuni e preghiere" (Lc 2,37). Anche lei è sopraggiunta nel tempio nello stesso momento in cui Maria insieme con Giuseppe vi portava Gesù "per offrirlo al Signore" (Lc 2,21).

Tutto ciò è successo il quarantesimo giorno dopo la nascita di Gesù a Betlemme. Per questo la Chiesa ricorda questo avvenimento nella liturgia, quaranta giorni dopo il Natale del Signore.

Siamo chiamati in questo giorno per "lodare Dio" insieme con Simeone ed Anna, e ringraziarlo per il compimento della grande promessa fatta ad Israele ed all'intera umanità.


2. La Chiesa ripete ogni giorno queste parole ispirate, allora pronunciate da Simeone; ogni giorno, infatti, essa termina la sua liturgia delle ore con le stesse parole di lui: "Nunc dimittis...": "Ora lascia, o Signore...".

Simeone, Anna - e noi tutti insieme con loro - ringraziamo per il fatto che "i nostri occhi hanno visto la sua salvezza" (cfr Lc 2,30), che Dio ha preparato "davanti a tutti i popoli" (Lc 2,31); ringraziamo per il fatto che a loro - e a noi - è stato dato il vedere "la luce". Gesù Cristo - la luce del mondo - costituisce il contenuto di questa preghiera pronunciata nel tempio dal vecchio Simeone per ispirazione dello Spirito Santo.

La figura del vecchio, che prende nelle sue braccia il Bambino di appena quaranta giorni di vita, ha una eloquenza senza paragoni. E le sue parole, pronunciate in lingua umana, sono veramente sovrumane. Tutta la grandezza e la semplicità della Rivelazione, della verità che proviene da Dio, sono racchiuse in questo avvenimento.


3. La liturgia della festa odierna rilegge giustamente nell'avvenimento e nelle parole di Simeone il compimento di ciò che il profeta Malachia aveva detto molti secoli prima: "Ecco, io mandero il mio messaggero a preparare la via davanti a me e subito entrerà nel suo tempio il Signore che voi cercate; l'angelo dell'alleanza, che voi sospirate", (Ml 3,1).

Simeone ed Anna sono i primi testimoni del compimento di quel preannunzio del profeta.

Si sono aperti totalmente gli occhi interiori della loro fede - e hanno visto entrare nel tempio del Popolo di Dio colui che era l'atteso, il desiderato.

In questo momento egli è un piccolo bambino. E la sua venuta è simile a quella di tanti altri figli di Israele, quaranta giorni dopo la nascita. E tuttavia Malachia si era domandato: "Chi sopporterà il giorno della sua venuta? Chi resisterà al suo apparire?" (Ml 3,2).


4. Simeone si china sul Bambino, che tiene tra le braccia, e si rivolge a Maria con le parole, nelle quali risuona forse un'eco di quel severo preannuncio del profeta: "Egli è qui per la rovina e la risurrezione di molti in Israele, segno di contraddizione" (Lc 2,34).

E a lei stessa, alla Madre, si riferiscono le ultime parole del vegliardo: "E anche a te una spada trafiggerà l'anima, perché siano rivelati i pensieri di molti cuori" (cfr Lc 2,35).

E' difficile non provare stupore dinanzi a quello che è stato detto. Nel quarantesimo giorno dopo la sua nascita viene rivelata l'intera verità sul Messia.

Rileggiamo nelle parole di Simeone il preannunzio penetrante di questo mistero di Cristo, il cui compimento definitivo sarà la Pasqua della nuova ed eterna alleanza.

"Segno di contraddizione..." fino alla Croce sul Calvario.


5. Cari fratelli e sorelle! Nella festa di oggi voi soprattutto siete invitati a partecipare alla liturgia serale nella Basilica di san Pietro.

Siete venuti qui a Roma dove si trovano le vostre numerose famiglie religiose, maschili e femminili, che compiono la loro missione nella Chiesa, in tutti i continenti, nelle missioni tra gli innumerevoli popoli della grande famiglia umana.

Vi saluto nel nome di Cristo, luce del mondo, che è diventato la luce particolare della vostra via: della vostra vocazione nella Chiesa e nel mondo.

Non occorre forse pensare che questa vocazione è un dono particolare dello Spirito di Cristo? E voi dunque - così come Simeone ed Anna - "lodate Dio" parlando a tutti coloro che aspettano "la liberazione di Gerusalemme" del Figlio di Dio, il quale, come uomo - come figlio di Maria Vergine - è la via, la verità e la vita per l'umanità.

Sentite certamente vicine a voi queste due figure del tempio gerosolimitano; esse sono le prime che han resto testimonianza a Cristo - ed anche voi siete chiamati a rendergli una testimonianza particolare.

E se gli occhi interiori della fede vi permettono - in modo particolare - di vedere in Cristo "la luce per illuminare le genti" (Lc 2,32), e l'unica "salvezza" dell'uomo; - la sensibilità particolare del cuore vi permetterà pure di penetrare più profondamente il mistero di quel "Segno di contraddizione" come fu mirabilmente pronunciato su Cristo da Simeone, nella sua "sintetica" profezia.


6. Proprio nello spirito di questa "profezia" voi, famiglie religiose, maschili e femminili, state vivendo una fruttuosa stagione della vostra esistenza, caratterizzata da una intensa ricerca in merito alla vostra identità ed alla vostra missione.

In particolare, nella diocesi di Roma, avete celebrato due assemblee, una nel 1980 e l'altra nel 1985, in cui avete studiato prima il problema della vostra presenza e della vostra missione in questa Chiesa, dedicando poi la vostra attenzione alle nuove istanze pastorali della città.

Rispettosi delle altre componenti della stessa Chiesa, vi siete impegnati a vivere in pienezza ed autenticità, secondo il dettato del Concilio, il vostro carisma, consci che "quel dono corrisponde alle diverse necessità della Chiesa e del mondo nei singoli momenti della storia" ("Redemptionis Donum", 15).

Avete anche accettato, nei limiti delle vostre possibilità e tenuto conto delle difficoltà di personale che state vivendo, di far fronte a situazioni nuove nella periferia della città, a favore dei nuovi poveri che la civiltà moderna produce.

In particolare voi, religiose, avete dato esempio di grande disponibilità verso i bisogni di questa Chiesa locale, promovendo le vostre opere di carità come risposta alle nuove sfide della città, per portare alla diocesi l'insostituibile contributo del vostro carisma.

A voi compete una missione di servizio che, nutrendosi della dimensione comunitaria della vostre istituzioni, può essere testimonianza inestimabile per tutta la Chiesa, nello spirito richiesto dalla comunione ecclesiale.

Grazie alla vostra consacrazione religiosa voi siete disposte a lasciare tutto per andare ad annunziare il Vangelo fino ai confini del mondo.

Vorrei, pertanto, invitarvi a continuare e ad intensificare questo vostro cammino che ora, molto opportunamente, si inserisce nel Sinodo pastorale diocesano, da me indetto, e al quale so che, mediante vostri rappresentanti, portate il contributo della vostra competenza.

Aiuterete così ad individuare le strade per una rievangelizzazione di Roma e per realizzare il progetto inteso a rinnovare la "comunione e la missione della Chiesa di Dio che è in Roma alle soglie del terzo Millennio".


7. "E anche a te una spada trafiggerà l'anima" (Lc 2,35). Nelle sue parole profetiche Simeone ha svelato questo legame che esiste tra il mistero di Cristo e la maternità di Maria.

Nel corso dell'anno mariano abbiamo cercato di far nostre quelle intense parole, pronunciate nel tempio gerosolimitano, nel quarantesimo giorno dopo la nascita di Gesù.

Abbiamo pure approfondito la fede della genitrice di Dio, così come siamo stati a ciò preparati dal Concilio nella costituzione "Lumen Gentium", quando ha sottolineato che Maria, mediante la fede, ci "precede" nella peregrinazione spirituale dei popoli, degli uomini, delle famiglie, delle comunità delle famiglie religiose...

Voi, fratelli e sorelle, avete vissuto in modo particolare quell'anno come una preparazione al grande giubileo del 2000.

Facendo riferimento alle parole che ho indirizzato a voi nell'anno mariano, rinnovo l'augurio che la vostra vita, sull'esempio della Genitrice di Dio, sia "nascosta con Cristo in Dio" (Col 3,3).

E anche nella potenza di questo santo "nascondimento" portiate nella vostra vocazione una particolare "epifania", che giunga fino ai confini della terra e nella profondità dei cuori degli uomini contemporanei. Amen.

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1989-02-02

Giovedi 2 Febbraio 1989





GPII 1989 Insegnamenti - A un gruppo di pellegrini austriaci - Città del Vaticano (Roma)