GPII 1989 Insegnamenti - Ai Vescovi latini della Regione Araba in visita "ad limina"- Città del Vaticano (Roma)

Ai Vescovi latini della Regione Araba in visita "ad limina"- Città del Vaticano (Roma)

I popoli della Terrasanta, del Libano e dell'intera regione hanno il diritto a vivere liberi e in pace nella loro Patria


Beatitudine, cari fratelli in Cristo.


1. Il fraterno incontro con voi, col Patriarca latino di Gerusalemme, i suoi vicari generali e con i Vescovi latini della Regione Araba, è per me un momento di intensa gioia e di spirituale comunione. Vi do il benvenuto con gli stessi sentimenti espressi nella lettera di Paolo a Filemone: "Rendo grazie al mio Dio, sempre ricordandomi di te nelle mie preghiere, per avere udito di te l'amore e la fede che hai verso il Signore e verso tutti i santi" (4-5).

Penso con affetto e stima ai nostri fratelli e alle nostre sorelle, dei quali voi siete Pastori e che servite con fede e umiltà: i sacerdoti, i religiosi e i laici del patriarcato latino di Gerusalemme, dell'arcidiocesi di Baghdad, delle diocesi di Gibuti e di Mogadiscio, dei vicariati apostolici di Aleppo, Alessandria, Arabia, Kuwait e Libano.

Menzionare questi nomi significa ricordare una realtà ricca di profondo valore spirituale. Voi, cari fratelli, esercitate il vostro ministero pastorale in un contesto molto speciale e privilegiato: una regione del mondo dove sono nate e fiorite grandi civiltà, la Terrasanta, il luogo dell'Incarnazione di nostro Signore e salvatore Gesù Cristo. Realmente, le regioni che voi rappresentate sono il cuore della storia della salvezza.


2. Nel contesto della vostra visita, tra tutte le riflessioni, ne emerge una in particolare: dal cuore di quella regione, Pietro, il pescatore di Tiberiade, è venuto in questa città, dove i suoi successori hanno svolto la loro missione per essere "il fondamento perpetuo e visibile dell'unità della fede e della comunione" (LG 18).

Come Pietro e secondo la chiamata ricevuta dal Signore, voi ed io siamo diventati "pescatori di uomini" (cfr Mt 4,19). In questo modo noi siamo uniti da una profonda e duratura comunione di fede e di servizio al Popolo di Dio. Questo incontro è il segno della sollecitudine pastorale che abbiamo condiviso nei nostri incontri personali e parlando delle vostre Chiese locali. In questo modo, noi siamo espressione della natura collegiale del nostro ministero, una collegialità, che è misura del nostro amore per la Chiesa.


3. Desidero esprimere la speranza che questo aspetto collegiale della vostra missione di Pastori possa continuare ad ispirare il lavoro della vostra Conferenza, che trova le sue origini fin dagli anni del Concilio Vaticano II.

Nella vostra più recente assemblea, svoltasi nel novembre scorso ad Amman, voi avete esaminato con molta attenzione e profondità la situazione delle vostre Chiese locali, così diverse l'una dall'altra nella loro composizione e nel loro contesto, ma anche con molti aspetti comuni, derivanti dalla vostra situazione di comunità minoritarie in ciascuno dei vostri paesi.

La vostra assemblea è stata il chiaro riflesso del perseverante e profondo zelo che caratterizza la vostra attività pastorale. Voglio riferirmi in particolare alla dedizione, con la quale voi e i vostri collaboratori affrontate il compito di trasmettere la fede alle generazioni più giovani, tramite la catechesi e le altre forme di educazione. E' commovente ricordare il modo con il quale i vostri sacerdoti, i vostri religiosi e i vostri laici rispondono a questa urgente necessità. Lo fanno accettando una sfida con la viva consapevolezza che è in gioco il futuro delle vostre comunità.

Vi prego di portare ad essi il mio sostegno e il mio vivo incoraggiamento.

Pur ricordando le diversità di situazioni nelle quali vivono i vostri fedeli, vorrei sottolineare che certamente, tra le vostre Chiese, vi sono aspetti comuni, con i quali voi, nella vostra Conferenza, vi confrontate insieme e vi arricchite vicendevolmente con l'apporto di ciascuno.

Molti di voi sono chiamati ad esercitare il loro ministero in circostanze socio-politiche difficili. In alcuni dei vostri Paesi i fedeli soffrono e muoiono in conflitti che per anni hanno segnato la regione del Medio Oriente e la regione del Golfo.

Inoltre, dovete far fronte alle speciali esigenze che derivano dall'essere minoranze, tra cristiani di altri riti e confessioni e, in molti casi, dall'essere una esigua presenza in società a maggioranza musulmane.

Voi avete accettato queste ed altre circostanze non solamente considerandole un ostacolo al lavoro evangelico, ma piuttosto come un nuovo stimolo per un generoso e fedele ministero. La Chiesa non può che esservi riconoscente per il sostegno e l'incoraggiamento che voi offrite ai fedeli, per l'armonia che voi cercate di costruire tra di loro, per la forza che voi infondete nelle famiglie, per la speranza che voi trasmettete alla gioventù, insegnando la bellezza e la sacralità della vita e il rispetto della dignità di ogni persona umana, anche quando esse sembrano di fatto negate.


4. La vostra risposta alle sfide che voi incontrate nel ministero è colma dell'ardente amore che Gesù ha insegnato ai suoi discepoli di avere l'uno per l'altro, l'amore che è di Dio e sconfigge la paura (cfr Jn 4,18). Questo amore implica una fondamentale disposizione di apertura agli altri tramite il dialogo e il servizio.

Nel vostro caso, il dialogo è una realtà della vita quotidiana, specialmente il dialogo ecumenico ed interreligioso.

Comprendo bene i limiti nei quali questo dialogo deve realizzarsi e so che, qualche volta, dovete sopportare anche risposte negative ai vostri sforzi.

Nonostante tutto, la Chiesa, in risposta alla volontà di Cristo, è impegnata a ricercare l'unità dei cristiani e il dialogo, nella verità e nella pace, con tutti gli uomini e le donne di buona volontà. So che, in questo ambito, voi cercate di offrire la necessaria guida pastorale per sostenere la fede e la vita ecclesiale dei fedeli.


5. Devo anche sottolineare che il vostro ministero, in collaborazione specialmente con il lavoro dei religiosi e delle religiose delle vostre regioni, offre, dov'è possibile, un notevole servizio nell'ambito della educazione e della salute.

In questo contesto desidero esprimere un vivo apprezzamento per la Compagnia di Gesù, a motivo del lavoro svolto nella università "Saint Joseph" di Beirut. L'università è stata strumento di formazione per generazioni di studenti dei paesi mediorientali ed appartenenti alle diverse fedi religiose. Nonostante la presente difficile situazione libanese, essa è impegnata in uno sforzo molto positivo per promuovere la vita culturale della regione. Lo stesso sforzo è realizzato in altri centri di formazione e istituti educativi affidati a religiosi latini.

Non meno degno di nota è il contributo dell'educazione offerto dall'Università di Betlemme, diretta dai fratelli delle Scuole cristiane. Da più di un anno e mezzo, essa è chiusa e costituisce una testimonianza silenziosa di un conflitto politico, che porta, tra l'altro, alla distruzione dei valori essenziali alla costruzione di una civiltà degna dell'uomo.

La fede e l'amore evangelici, che animano le vostre Chiese locali, sono chiaramente visibili nelle molteplici attività caritative ed assistenziali che vi si svolgono. Tramite voi desidero esprimere uno speciale augurio per il personale degli ospedali e dei centri di salute, dei quali voi avete la responsabilità pastorale. Ringrazio anche le organizzazioni cattoliche internazionali, che sostengono questo servizio. Che il Signore benedica questi sforzi comuni della carità cristiana al servizio del bene di tutti i bisognosi!


6. Alla radice di tutte queste iniziative, un osservatore obiettivo non troverà altra motivazione che il desiderio di servire lo sviluppo della persona umana, secondo il disegno di Dio.

Il dialogo con i fratelli e le sorelle musulmani si fonda sul fatto che Dio è il Padre comune di tutta la famiglia umana. Il suo piano per la creazione abbraccia la vita e il benessere di ogni persona. Come ho già indicato a Casablanca, nel discorso ai giovani islamici, esiste una enorme possibilità di comprensione e collaborazione tra cristiani e musulmani nel cercare di risolvere insieme i problemi degli uomini di oggi, e specialmente dei giovani. "Il mondo è come un organismo vivente; ciascuno ha qualche cosa da ricevere dagli altri e qualche cosa da dare loro" ("Allocutio Albae domi, in Marochio, ad iuvenes muslimas", 7, die 19 aug. 1985: , VIII, 2 [1985] 503). Tale collaborazione e mutuo rispetto devono essere preceduti da una vera conoscenza e da una fraterna fiducia. Tutto ciò è finalizzato alla gloria di Dio e al bene autentico dei paesi dove voi vivete e lavorate.


7. Cari fratelli, pensando che voi venite da regioni così intimamente legate alle Sacre Scritture ed alla storia della Rivelazione, non posso evitare di rivolgere la mia mente alla pace, così spesso ricordata nella Bibbia come il più grande dei doni di Dio. Quella pace è la profonda aspirazione dei popoli della vostra regione.

Mentre dobbiamo ringraziare Dio per la fine delle ostilità nella regione del Golfo, siamo profondamente angosciati dalle notizie di ulteriori vittime, che giungono dalla Terra Santa e dal Libano.

Voi sapete in quante circostanze sono intervenuto pubblicamente per invocare la fine di tante sofferenze e di palesi ingiustizie che durano da troppi anni. Ho spesso affermato che tutti i popoli della Terrasanta, del Libano e dell'intera regione hanno il diritto inalienabile a vivere in pace, libertà e dignità nella loro Patria.

I responsabili delle nazioni hanno il dovere morale di offrire il loro contributo per il rispetto di tale diritto. Le parti interessate sono invitate ad evitare atteggiamenti intransigenti o decisioni che potrebbero allontanare ancor più le possibilità di trovare adeguate composizioni dei conflitti.

In questo contesto i cattolici, seppur in minoranza, hanno anch'essi un ruolo molto importante da svolgere: come discepoli di Cristo sono testimoni di speranza, di carità, di perdono e di apertura all'altro. Si tratta di valori indispensabili per il trionfo della giustizia e dell'equità.

Quelli che realmente lavorano per la pace sanno che per la sua realizzazione occorre osservare l'uguaglianza e la reciprocità nel rispetto dei diritti fondamentali dell'uomo. La pace politica e sociale può diventare realtà solamente tramite un autentico e concreto rispetto per i diritti di tutti incluso il diritto alla libertà religiosa. Vorrei attirare l'attenzione sul riferimento fatto a questo proposito, in occasione del discorso al corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede: "Anche se, per ragioni storiche uno Stato accorda una protezione speciale a una religione, esso ha l'obbligo di garantire, d'altra parte, alle minoranze religiose le libertà personali e comunitarie, che derivano dal diritto comune alla libertà religiosa nella società civile...

Purtroppo, non è sempre così... non è, infatti, rara l'esistenza di legislazioni o di disposizioni amministrative che offuscano il diritto alla libertà religiosa o che prevedono delle limitazioni talmente eccessive che finiscono per ridurre a nulla le rassicuranti dichiarazioni di principio" ("Allocutio ad Nationum apud Sanctam Sedem Legatos", die 9 ian. 1989: vide "supra", p.60).

Prego costantemente affinché i capi delle nazioni vogliano riconoscere che non c'è pace senza libertà, che non c'è pace se l'uomo non trova in Dio l'armonia con se stesso e con gli altri.


8. Cari fratelli in Cristo, so bene che, nelle vostre fatiche quotidiane, voi e le vostre comunità dovete spesso affrontare situazioni difficili, derivanti da discriminazione, dal fatto di essere minoranze spesso esigue e dalla eterogeneità dei fedeli, così come non meno dalla scarsità dei sacerdoti. La vostra forza, pero, viene dal di dentro, dalla grazia della preghiera, sia nella vita individuale, che nella vita della comunità radunata per ascoltare la Parola di Dio e offrire il sacrificio di lode.

A proposito della liturgia, ho appreso con gioia che avete pubblicato il messale festivo in lingua araba, curato dal patriarcato latino di Gerusalemme, terminando così la serie dei messali e lezionari già in uso. Si tratta di un mezzo essenziale per una sempre più efficace animazione cristiana.

Nel vostro lavoro pastorale vi assista la Madre di Dio, dandovi conforto ed aiutandovi a perseverare, con gioia e senza timore, nella speranza e nella carità. "Per mezzo di (Cristo) credete in Dio... in modo che la vostra fede e la vostra speranza siano in Dio" (1P 1,21).

Imparto di cuore la benedizione apostolica a voi e a tutti i vostri fedeli ed auguro che essa sia pegno di conforto e gioia spirituale e segno del mio vivo affetto nel Signore Gesù.

1989-02-03

Venerdi 3 Febbraio 1989




Al consiglio generale dei salesiani - Città del Vaticano (Roma)

Don Bosco: un momento basilare della storia della Chiesa



1. Sono particolarmente lieto di incontrare il rettore maggiore e il consiglio generale della Società Salesiana, al termine delle solenni celebrazioni del centenario della morte di san Giovanni Bosco. Come ho scritto proprio alcuni giorni fa a conclusione dell'anno, "il mio animo si apre a tanti ricordi e trae conforto rievocando i principali momenti celebrativi che l'hanno contrassegnato" ("Epistula ad R.D. Aegidium Vigano, Societatis Sancti Francisci Salesii Rectorem Maiorem, "Centesimo Exeunte"", die 24 ian. 1989: vide "supra", p. 161). Come è apparso dalla molteplicità degli incontri, specialmente giovanili, dei pellegrinaggi ai luoghi salesiani, dei convegni di studio, tra i quali il congresso internazionale di studi storici e pedagogici svoltosi a Roma, è indubbio che il dinamismo del suo amore continua a portare frutti in ogni paese del mondo.

Anch'io ho voluto, in diversi modi, soprattutto con il mio pellegrinaggio ai luoghi del vostro fondatore, mettere in luce il peculiare carisma e la missione di un educatore tanto insigne, vero dono di Dio alla Chiesa. "La sua statura di santo - ho scritto nella lettera "Iuvenum Patris" del 31 gennaio 1988 - si colloca con originalità tra i grandi fondatori di istituti religiosi nella Chiesa. Egli eccelle per molti aspetti: è l'iniziatore di una vera scuola di nuova e attraente spiritualità apostolica; è il promotore di una speciale devozione a Maria, ausiliatrice dei cristiani e madre della Chiesa; è il testimone di un leale e coraggioso senso ecclesiale, manifestato attraverso mediazioni delicate nelle allora difficili relazioni tra la Chiesa e lo Stato; è l'apostolo realistico e pratico, aperto agli apporti delle nuove scoperte; è l'organizzatore zelante delle missioni, con sensibilità veramente cattolica; è, in modo eccellente, l'esemplare di un amore preferenziale per i giovani, specialmente i più bisognosi, a bene della Chiesa e della società; è il maestro di un'efficace e geniale prassi pedagogica, lasciata come dono prezioso da custodire e sviluppare" ("Epistula R.D.

presbytero Aegidio Vigano, Rectori Maiori Societatis Sancti Francisci Salesii post centum transactos annos ab obitu S. Ioannis Bosco "Iuvenum Patris"", 5, die 31 ian. 1988: , XI, 1 [1988] 272).

Pienamente convinto del fatto che don Bosco ha realizzato la sua personale santità "mediante l'impegno educativo vissuto con zelo e cuore apostolico" ("Epistula R.D. presbytero Aegidio Vigano, Rectori Maiori Societatis Sancti Francisci Salesii post centum transactos annos ab obitu S. Ioannis Bosco "Iuvenum Patris"", 5, die 31 ian. 1988: , XI, 1 [1988] 272), e che la sua vita, la sua spiritualità, i suoi scritti e la sua opera offrono grandi luci evangeliche e validi criteri metodologici per la formazione dell'"Uomo nuovo", ho voluto proclamarlo padre e maestro della gioventù, stabilendo che con tale titolo egli sia onorato ed invocato in tutta la Chiesa, non solo dai membri della grande famiglia salesiana, ma da quanti hanno a cuore la causa dei giovani, e intendono promuovere la loro educazione per contribuire all'edificazione di una nuova umanità ("Epistula ad R.D. Aegidium Vigano, Societatis Sancti Francisci Salesii Rectorem Maiorem, "Centesimo Exeunte"", die 24 ian. 1989: vide "supra", p. 161).

Don Bosco costituisce un momento basilare della storia della Chiesa: ha lasciato infatti una concezione, un insegnamento, un esperimento, un metodo che sono ormai patrimonio acquisito; e, come dichiarava il mio venerato predecessore Paolo VI, egli è stato: "genio riconosciuto della moderna pedagogia e catechesi ma, più ancora, genio della santità, di quella santità, che è nota caratteristica della Chiesa, santa e santificatrice" (Pauli VI, "Allocutio ad eos Societatis Sancti Francisci Salesii sodales, qui XXI Capitulo Generali interfuerunt, Romae habito", die 26 ian. 1978: Insegnamenti di Paolo VI, XVI [1978] 59).


2. L'ambito dell'azione educativa è intimamente connesso con la missione salvifica della Chiesa, quale luogo in cui si matura la crescita di ogni persona alla luce della Parola di Dio. Don Bosco è un "segno" dell'amore preferenziale per i giovani, soprattutto per i più bisognosi.

Nella fase attuale di grande maturazione delle scienze dell'educazione, che stanno trovando anche con l'apporto di studiosi della famiglia salesiana il loro preciso statuto epistemologico, don Bosco ci invita non tanto a dedicarci comunque ai giovani, ma ad "educare con un progetto". Il nostro santo, che ha operato una sintesi vitale tra sapere pedagogico e prassi educativa, ci ha offerto un sistema complessivo che, senza nulla detrarre all'apporto arricchente e specifico di altri educatori passati o coevi, rimane un punto fermo per il riuscito tentativo di unificare in sintesi i complessi elementi destinati a promuovere lo sviluppo completo del ragazzo e del giovane.

Infine appare inderogabile la necessità di stabilire una sintesi tra evangelizzazione ed educazione: in don Bosco "la preoccupazione di evangelizzare i giovani non si riduceva alla sola catechesi, o alla sola liturgia, o a quegli atti religiosi che domandano un esplicito esercizio della fede e ad essa conducono, ma spaziava in tutto il vasto settore della condizione giovanile" ("Epistula R.D.

presbytrero Aegidio Vigano, Rectori Maiori Societatis Sancti Francisci Salesii post centum transactos annos ab obitu S. Ioannis Bosco, "Iuvenum Patris"", 15, die 31 ian. 1988: , XI, 1 [1988] 272).

Cari fratelli, sono stato informato che avete scelto per il prossimo capitolo generale il tema: "Educare i giovani alla fede: compito e sfida per la Comunità salesiana di oggi". Si tratta di un tema che tocca profondamente tutta la Chiesa. La sua portata non dipende solamente da determinate caratteristiche dell'attuale condizione giovanile, ma procede da una situazione di cultura emergente in un'ora di intenso cambio, all'avvicinarsi del terzo millennio cristiano. E un'ora di grande responsabilità ecclesiale e di affascinante impegno nel cammino dell'evangelizzazione.


3. perciò dico a voi e ripeto a tutti gli appartenenti alla famiglia salesiana: siate sempre e dappertutto "missionari dei giovani!". Educate con lo sguardo rivolto a Cristo, divino educatore del Popolo di Dio, come ha fatto don Bosco.

Oggi più che mai c'è bisogno di una metodologia pedagogica che sappia assumere gli apporti delle scienze umane dell'educazione elevandole al livello vivificante della carità pastorale. C'è vera fame di saggezza pastorale, che non si accontenti di "decifrare" e di "interpretare" l'uomo, ma che si impegni efficacemente a trasformarlo alla luce di quelle finalità e con la forza di quei dinamismi, che Dio stesso ha messo nel cuore della Chiesa e dell'umanità. In questo campo don Bosco è davvero un testimone, un padre e maestro che può illuminare gli attuali compiti dell'educazione, per rispondere alle gravi interpellanze del mondo odierno.

La sua potente intercessione sostenga la struggente domanda di aiuto che si leva dai mille problemi delle famiglie e degli educatori di oggi.

Vi accompagnino la mia preghiera e la mia benedizione.

1989-02-04

Sabato 4 Febbraio 1989




Agli alunni del pre-seminario "san Pio X" - Città del Vaticano (Roma)

Accompagnate il sacerdote all'altare con devozione e convinto fervore


Carissimi alunni del pre-seminario "San Pio X", gentili genitori e parenti, amati sacerdoti.


1. Con grande gioia e affetto vi porgo il mio saluto e vi ringrazio per questa vostra visita, così cordiale e sentita, che è indice di fede cristiana sincera e devota.

Voi chierichetti, che abitate in Vaticano e che prendete parte anche alle celebrazioni liturgiche, siete in grado di comprendere maggiormente quale grande realtà è presente in questo luogo unico: Dio, che si è rivelato in Cristo, che ha voluto la Chiesa per trasmettere le verità soprannaturali e per salvare e santificare le anime mediante i sacramenti; Gesù, capo della Chiesa e pastore universale, ha stabilito la sua Chiesa su Pietro e sui suoi successori! Voi, che siete così vicini al Papa, certamente cercherete di comprendere sempre di più il valore e il significato della Chiesa stessa, corpo mistico di Cristo, di cui fate parte in virtù del Battesimo. Continuate perciò ad amare il Papa, a pregare per lui, a seguire le sue esortazioni! Ho bisogno delle vostre preghiere! Ho bisogno della vostra fede, che dimostrate col servire con esemplare fedeltà la santa Messa nella Basilica di san Pietro!


2. La vostra presenza in Vaticano ha una funzione specifica: voi siete a servizio dei sacerdoti, che celebrano ogni giorno in Basilica. Il vostro impegno è prezioso, anzi necessario; e per questo mi è caro esprimere a voi, ed anche ai vostri genitori ed ai vostri sacerdoti, il più vivo ringraziamento.

Penso che molte volte questo vostro dovere mattutino vi costi un po' di sacrificio, come pure la vostra lontananza dalla vostra casa, dai familiari e dagli amici. Ma so che voi lo fate volentieri, con diligenza, con entusiasmo.

Continuate pertanto, carissimi alunni, ad accompagnare il sacerdote all'altare con viva devozione e con convinto fervore, pensando che la santa Messa - come dice il catechismo di san Pio X, celeste patrono del vostro pre-seminario - "è il sacrificio del Corpo e del Sangue di Gesù Cristo, che sotto le apparenze del pane e del vino si offre dal Sacerdote a Dio sull'altare, in memoria e rinnovamento del Sacrificio della Croce". Recarsi all'altare per la celebrazione della santa Messa è come recarsi al monte Calvario: lassù, il sacrificio fu un atto cruento di adorazione e di redenzione dell'umanità; qui, sull'altare, il sacrificio è incruento, cioè senza spargimento di sangue, ma di eguale valore salvifico.

Insieme con i vostri genitori e con i sacerdoti, vostri insegnanti ed educatori, preghiamo il Signore che voglia far sentire a molti di voi la chiamata al sacerdozio. Abbiamo tanto bisogno di sacerdoti ben preparati, fervorosi, generosi: le necessità della Chiesa sono enormi, perciò è necessario un numero sempre più grande di operai nella messe del Signore, come Gesù stesso già aveva avvertito. Poiché "Dio vuole che tutti gli uomini siano salvati e arrivino alla conoscenza della verità" (1Tm 2,4), occorre pregare incessantemente perché anche tra le vostre file sorgano numerose e qualificate vocazioni sacerdotali. Vi sia di esempio il compianto fondatore, don Giovanni Folci, che fu un sacerdote zelante che seppe trovare il segreto della sua missione apostolica nella devozione a Gesù eucaristico. Coloro che non si sentissero chiamati, siano nella futura vita familiare e civile testimoni coerenti e coraggiosi della loro fede cristiana!


3. Vi auguro di compiere bene il vostro periodo di studi per prepararvi al domani: e sentitevi felici nel servire la santa Messa e partecipare all'Eucaristia, come nel sapervi amati da Maria santissima, nostra madre celeste! Ringrazio i vostri genitori, pregando il Signore che ricompensi sempre largamente i loro sacrifici. E incoraggio i vostri superiori nella preziosa opera di educazione, che stanno compiendo.

A tutti, la mia affettuosa benedizione.

1989-02-04

Sabato 4 Febbraio 1989




La meditazione dopo l'esecuzione dell'oratorio "Giovanni, il profeta" nel pontificio seminario romano maggiore al Laterano - Ai fedeli riuniti, Roma

"Che osa dobbiamo fare?": Maria ci indica la risposta giusta per dare un senso alla vita


Carissimi.

Siamo venuti oggi in questo seminario romano; siamo venuti pellegrini presso la Madonna della fiducia, patrona di questa casa, di questa scuola, di questo seminario. Siamo venuti anche in attesa di un nuovo concerto che appartiene già alla buona tradizione della festa seminaristica della patrona, la Madonna della fiducia. Ed abbiamo ricevuto un grande dono, un grande regalo: un racconto sintetico su san Giovanni Battista, che era una voce nel deserto, che era un profeta, e più che un profeta: era un testimone e un martire. In questo racconto cantato abbiamo potuto rivivere tutti insieme la parte, l'eroica parte da lui avuta nella missione di Gesù, nella missione del Messia. Ringraziamo profondamente per questa sintesi musicale-evangelica suggestiva, profonda. Certamente, in questo caso l'arte ci è servita per trovarci insieme in queste profondità della missione di san Giovanni Battista, il precursore.

Permettete che mi soffermi sull'inizio, sulle prime domande con cui si presentavano a Giovanni, sulle rive del Giordano, i vari gruppi di persone: "Che cosa dobbiamo fare?". E' una domanda fondamentale per ciascuno di noi, in diversi momenti della vita, ma direi una domanda importante specialmente negli anni della giovinezza. "Che cosa dobbiamo fare?". La stessa domanda fu rivolta più tardi da un giovane a Gesù Cristo. L'uomo vive con questa domanda. E' significativa questa domanda per la persona umana, per ogni uomo e per ogni donna, per ogni giovane, per ogni ragazzo, per ogni ragazza. Possiamo dire che questa domanda spiega, costituisce la dimensione personale dell'uomo e della donna; spiega e costituisce la dimensione teologica della nostra vita. Non possiamo vivere senza una risposta a questa domanda.

Come abbiamo ascoltato, Giovanni Battista ha fatto sue diverse risposte, poi lui è scomparso, da martire. Ma Gesù ha dato risposte definitive, non solamente per i tempi della sua azione messianica, della sua vita: è lui, Gesù, colui al quale indirizziamo anche oggi le stesse domande. L'uomo non può vivere senza queste domande certamente generiche o anche molto concrete, ma sempre contenute entro il carattere generico e semplice delle domande che abbiamo ascoltato nel testo odierno. Nessuno di noi può vivere solamente di domande: se le pone e se si apre ad esse, vuole ricevere una risposta. Risposta che è necessaria; non si può creare un vuoto: l'intelligenza umana, il cuore umano, la vita umana, deve essere riempita da una risposta, risposta convincente, soddisfacente, definitiva.

Sono convinto che questa casa, che si chiama seminario romano, è un ambiente in cui si vive con questa domanda e in cui si è sentita sempre più profondamente una risposta convincente: una risposta che dà un indirizzo, un senso a tutta la nostra vita. E così, con tutti voi qui presenti, seminaristi e ospiti, giovani, con tutti voi, vorrei affidare queste domande alla patrona di questa casa, la Madonna della fiducia. Ecco, abbiamo questa fiducia se veniamo qui, o seminaristi, o ospiti o quanti frequentano questa casa nella prospettiva di una vocazione cristiana, soprattutto sacerdotale e religiosa, ma anche per la vita di famiglia. La Madonna della fiducia: veniamo a lei per aprirci con questa domanda e speriamo di essere ascoltati e di essere gradualmente riempiti della risposta vera, giusta, la risposta che può dare un indirizzo, un senso a tutta la nostra vita.

In questo giorno dedicato alla Madonna della fiducia auguro a tutti i presenti una tale risposta da parte di lei che è la fiducia di cui abbiamo bisogno. Ella ci potrà aiutare a trovare una risposta decisiva e illuminante per tutta la nostra vita.

Ancora una volta ringrazio per questo concerto tutti gli artisti e il compositore-direttore. Posso dire infine che, come sempre, anche quest'anno il concerto è stato per noi fonte di ispirazione. Grazie.

1989-02-04

Sabato 4 Febbraio 1989




Recita dell'Angelus - Ricordata la prossima celebrazione della "Giornata per la vita", Ai fedeli riuniti, Città del Vaticano (Roma)

La vita di ognuno, quella che chiede di nascere, quella malata o debole, quella in declino, è un bene assoluto di tutti e per tutti


Carissimi fratelli e sorelle!


1. Al momento della preghiera mariana, è doveroso ricordare che oggi, per iniziativa della Conferenza Episcopale Italiana, si celebra in tutte le diocesi la "Giornata per la Vita", che ha quest'anno come tema: "Solidale con la vita per il futuro dell'uomo".

Questo futuro è minacciato, in alcune nazioni, dal calo della natalità, dall'invecchiamento demografico, dal diffuso ricorso all'aborto, dalle mille forme di egoismo (cfr GS 27). Occorre una nuova cultura della solidarietà. La vita di ognuno, anche quella che chiede di nascere, quella malata o debole, quella in declino, è un bene assoluto e intangibile. E' un bene di tutti e per tutti.

Con fraterna partecipazione faccio mio il messaggio dei Vescovi d'Italia, che invitano i cattolici e tutti gli uomini di buona volontà a "unire le forze per favorire e sostenere l'accoglienza della vita, l'aiuto delle esistenze difficili, la prevenzione della paura e del rifiuto".


2. Anche la diocesi di Roma ha promosso oggi particolari iniziative per sottolineare il fondamentale valore della vita. E' giunto ora in questa piazza, per unirsi alla preghiera, un corteo guidato dal Cardinale vicario Ugo Poletti.

Con lui saluto e ringrazio i Vescovi ausiliari e tutti i partecipanti alla significativa manifestazione, con cui i fedeli romani hanno inteso sostenere l'accoglienza alla vita.

In questo cammino di popolo lungo le vie della città, nelle sue motivazioni e nelle sue modalità, vedo esprimersi il senso e la finalità del Sinodo pastorale che la nostra diocesi sta preparando. Diverse strade si incontrano: comunità parrocchiali, associazioni e movimenti camminano insieme, uniti ai loro pastori, per offrire alla città - ai singoli cittadini e alle pubbliche istituzioni - un rinnovato annuncio del Vangelo; oggi in particolare, l'annuncio del Vangelo della vita.


3. In questo modo, cari fratelli e sorelle, voi attuate quanto ho scritto nella recente esortazione apostolica "Christifideles Laici": "Tocca ai fedeli laici, che più direttamente o per vocazione o per professione sono coinvolti nell'accoglienza della vita, rendere concreto ed efficace il "si" della Chiesa alla vita umana" (CL 38).

Che anche il vostro odierno intervento contribuisca ad accrescere la comune consapevolezza e corresponsabilità in uno dei problemi più drammatici della nostra epoca. La Vergine santissima, che col "fiat" dell'Annunciazione offri tutta se stessa alla sublime missione di essere Madre del Verbo incarnato, sostenga questo fondamentale impegno di oggi, e lo renda fruttuoso per l'avvenire.

[Al termine della preghiera mariana il Papa ha pronunziato le seguenti parole:] [Al movimento "GEN":] Un saluto particolare rivolgo ai giovani del movimento Gen, convenuti al centro Mariapoli di Castel Gandolfo da vari continenti per il loro congresso sul tema: "Maria, modello di perfezione".

Carissimi, vi sono grato per la vostra presenza e vi invito a ripercorrere nel vostro spirito le diverse tappe del cammino di perfezione fatto da Maria per rispondere alla chiamata di Dio alla santità.

[A tutti i fedeli presenti:] Oggi tutti pensiamo alla sua parola fondamentale, a questo "fiat", "si" di Maria che deve diventare anche una parola emblematica per la nostra civiltà moderna specialmente nel riguardo della vita. Condivido le intenzioni di tutti i presenti, dei diversi gruppi, e prendo nella mia preghiera le vostre preoccupazioni e le vostre speranze.

1989-02-05

Domenica 5 Febbraio 1989





GPII 1989 Insegnamenti - Ai Vescovi latini della Regione Araba in visita "ad limina"- Città del Vaticano (Roma)