GPII 1989 Insegnamenti - Le visite pastorali del Vescovo di Roma

Le visite pastorali del Vescovo di Roma

Parrocchia di san Giuseppe artigiano a via Tiburtina


[Alla popolazione del quartiere] Sia lodato Gesù Cristo. Saluto nel nome di Cristo la vostra comunità, comunità dedicata a san Giuseppe Artigiano, una persona tanto vicina a Gesù Cristo; Gesù stava accanto a lui nel suo lavoro degli anni giovanili. Tutto questo, sempre, è un simbolo profondo umano e divino, umano e cristiano.

Saluto tutti i presenti, e nei presenti tutta la comunità del quartiere; comunità umana, cittadina, comunità cristiana. Saluto questa parrocchia in ogni persona che vive qui, che fatica, lavora, che gioisce, che soffre. Saluto tutte le generazioni, cominciando dai più anziani, passando ai genitori, agli adulti, alla gioventù, fino ai bambini che devo vedere, fra poco, in un incontro particolare; e poi, ancora, fino a quelli più piccoli alcuni dei quali si trovano qui.

Vi saluto con grande gioia, che scaturisce dalla vostra presenza, dalla vostra accoglienza, dalla nostra fede comune; da questo essere insieme in Cristo Gesù Buon Pastore; la gioia viene da tutto quello che la vostra comunità parrocchiale opera nel senso umano, cristiano e nello stesso tempo nel senso cristiano e soprannaturale.

Saluto in voi tutta l'opera della grazia divina, tutto quello che lo Spirito Santo fa nelle vostre coscienze, nei vostri cuori per far crescere ciascuno di noi nella pienezza di Cristo alla quale siamo tutti chiamati dall'Eterno Padre.

Questa è la nostra gioia, questo è il significato profondo del nostro incontro. Sempre, ogni giorno, questo è il significato della vita della parrocchia, della comunità cristiana. Ma specialmente oggi, in questa circostanza solenne, solenne non solamente per voi ma anche per me.

Ringrazio il vostro pastore, il vostro parroco, che mi ha presentato, prima che io venissi tra voi, la comunità, il suo lavoro pastorale, i diversi impegni delle famiglie, dei laici, per portare avanti il progetto della Chiesa, della Chiesa di Cristo, che deve camminare sempre avanti nel contesto della vita contemporanea, nelle situazioni diverse ed anche nelle difficoltà tipiche della nostra epoca.

Oggi la Chiesa in Italia celebra la sua "Giornata per la vita"; approfitto della presenza del Cardinale Vicario Ugo Poletti, che è anche Presidente della Conferenza Episcopale Italiana, per esprimere, ancora una volta, il mio voto di solidarietà con questo grande impegno della Chiesa per il bene di ogni persona e per il bene di tutta la società italiana.

Ho incontrato, venendo qui, anche molti ragazzi, bambini che fanno il loro carnevale, vorrei includere, in questo saluto e nella mia benedizione anche loro, tutti quelli che, oggi, gioiscono secondo la buona tradizione romana ed italiana.

Vorrei offrirvi insieme con il Cardinale Vicario, con il Vescovo del vostro Settore pastorale, la benedizione a tutti i presenti ed a tutti gli appartenenti alla comunità ed a questo quartiere.

[Ai bambini] Sia lodato Gesù Cristo. Carissimi, penso che san Giuseppe Artigiano, Oggi, gioisca insieme con noi, con tutta questa parrocchia; gioisce vedendo tanti bambini. Lui ha guardato Gesù Bambino come cresceva, come camminava accanto a lui e con lui poi lavorava come artigiano a Nazareth; gioisce con tutti questi bambini che fanno il loro cammino insieme con Gesù. Cammino della fede, cammino della speranza, cammino dell'amore, attraverso la preghiera, la catechesi, attraverso i sacramenti a cui si preparano; Si preparano, un volta battezzati, alla santissima Eucaristia, la prima Comunione; e poi subito dopo la prima Comunione, si preparano alla Cresima per fare questo cammino insieme con Gesù. Perché tutto ciò che cerca di realizzare la vostra parrocchia altro non è se non camminare nella fede insieme con Gesù e far camminare tutti i parrocchiani, cominciando dai più piccoli, cominciando dal santo Battesimo dei neonati.

Ecco perché penso che san Giuseppe, patrono di questa parrocchia, veramente gioisce e partecipa della nostra gioia, della gioia di questo incontro; gioisce come quando, in terra era protettore, anzi agli occhi della popolazione di Nazareth, svolgeva il ruolo del padre terreno di Gesù; gioisce con i piccoli ma anche con i genitori, con i parenti, con le mamme, con i padri, che vedo qui presenti e che volentieri saluto di cuore; certamente voi partecipate da parte vostra alla stessa opera di Giuseppe, in quanto avete i diversi impegni professionali, i diversi lavori, ma avete anche questa sollecitudine per la nuova generazione, per i vostri bimbi, ragazze, ragazzi, giovani. Questo vi situa vicino a san Giuseppe. Auguro sempre la presenza di questo celeste patrono, san Giuseppe, nelle vostre famiglie, nell'opera dell'educazione, nei vostri lavori, come anche nella vita di questa comunità parrocchiale a lui dedicata.

Sappiamo bene che san Giuseppe era sposo della Vergine: quando lui è presente come patrono in questa comunità, in questa parrocchia, con lui è anche presente lei, Maria, Madre di Gesù. Vi affido tutti a questa Madre ed a questo celeste patrono.

Ringrazio specialmente coloro che collaborano nell'opera della catechesi e nella preparazione dei bambini, dei giovani alla vita cristiana e sacramentale.

Vorrei offrire a tutti una benedizione insieme con il Cardinale ed il Vescovo, qui presenti.

Tra poco celebreremo la santissima Eucaristia, voglio portare tutte le vostre intenzioni all'altare del Signore.

[L'omelia durante la celebrazione della santa Messa]


1. "Santo, Santo, Santo è il Signore degli eserciti. / Tutta la terra è piena della sua gloria" (Is 6,3).

La Chiesa ripete tutti i giorni queste parole nella sua liturgia eucaristica.

Esse provengono dal libro del profeta Isaia.

Appartengono alla teofania, in cui il Dio dell'antica alleanza fece conoscere ad Isaia la sua Maestà - e nello stesso tempo la missione del profeta.

Sperimentando la santità infinita di Dio Isaia prova la propria indegnità: "Io sono perduto, perché un uomo dalle labbra impure io sono e in mezzo a un popolo dalle labbra impure io abito" (Is 6,5).

Isaia confessa la sua peccaminosità, e, al tempo stesso, anche quella del popolo in mezzo al quale vive. Eppure questo era Israele - il popolo eletto di Dio.


2. Una coscienza sconvolgente della maestà di Dio, la coscienza della santità di Dio. E nello stesso tempo la coscienza della peccaminosità dell'uomo. Ecco il contesto vivo della missione di Isaia, volta ad annunziare le grandi opere di Dio.

Uno dei serafini tocca le sue labbra con un carbone ardente. Un segno della remissione del peccato - come se il fuoco dovesse bruciare il male e purificare le labbra del profeta: "E' scomparsa la tua iniquità / e il tuo peccato è espiato" (Is 6,7).

Ed ecco l'uomo che prima si sentiva indegno della missione, ora, alla domanda del Signore: "Chi mandero e chi andrà per noi?", risponde: "Eccomi, manda me!" (Is 6,8).


3. Nelle letture della liturgia la Chiesa vuole cercare un'analogia tra gli avvenimenti dell'antica e della nuova alleanza. Nel Vangelo di oggi parla Simon Pietro. Ci troviamo sul lago di Genesaret dopo una pesca straordinaria e miracolosa. Pietro si getta alle ginocchia di Gesù e dice: "Signore, allontanati da me che sono un peccatore" (Lc 5,8).

La pesca miracolosa ha fatto conoscere al pescatore la potenza soprannaturale di colui che aveva ordinato agli apostoli di calare ancora una volta le reti, dopo un'intera notte di inutile lavoro sul lago: "Non abbiamo preso nulla" (Lc 5,5). Ed ecco ora "presero una quantità enorme di pesci e le reti si rompevano" (Lc 5,6).

Per Isaia - la teofania nel tempio. Qui sul lago di Genesaret - un'altra teofania: la potenza divina, la presenza divina, Dio stesso - in Gesù Cristo.

Simon Pietro ne è consapevole, così come gli altri pescatori-apostoli.

E, nello stesso tempo, si rende conto della sua peccaminosità. Come Isaia - così anche Pietro esclama: "Signore, allontanati da me che sono un peccatore".

E proprio allora vengono le parole sulla missione. Cristo dice a Pietro: "Non temere; d'ora in poi sarai pescatore di uomini" (Lc 5,10).


4. Nelle letture di questa domenica si trova come un trittico. Accanto a Isaia e a Simon Pietro, entra, in questo trittico, Paolo di Tarso.

Questi, un tempo persecutore del nome di Cristo, ricorda nella lettera ai Corinzi il Cristo risorto. Tra tutti coloro che hanno incontrato il Risorto l'ultimo è lui, Saulo, che diventa Paolo.

"Ultimo fra tutti apparve anche a me come a un aborto" (1Co 15,8).

Il ricordo di questa Cristofania, alla porta di Damasco, induce l'Apostolo a confessare la sua peccaminosità, la sua indegnità.

"Io infatti sono l'infimo degli apostoli, e non sono degno neppure di essere chiamato apostolo, perché ho perseguitato la Chiesa di Dio. Per grazia di Dio sono quello che sono, e la sua grazia in me non è stata vana" (1Co 15,9-10).

L'Apostolo è consapevole delle sue fatiche: "Ho faticato più di tutti loro" - e subito aggiunge: "Non io pero, ma la grazia di Dio che è con me" (1Co 15,10).


5. Cari fratelli e sorelle della parrocchia di san Giuseppe artigiano, abbiamo meditato la Parola di Dio dell'odierna liturgia, per rinnovare la coscienza di queste vie sulle quali Dio entra con la sua grazia salvifica nella storia dell'uomo e della Chiesa.

Entra anche nella storia della vostra parrocchia, che oggi ho la gioia di visitare. La vocazione cristiana si realizza nella vita di grazia, nella testimonianza di amore e di solidarietà. Tutto questo richiede una apertura verso Dio, che è Padre, e verso i fratelli, e sospinge ad uscire da se stessi, dalle proprie paure e difese, dai propri egoismi e dalla tranquillità del proprio benessere, per costruire rapporti reciproci, rivolti al bene spirituale e sociale di tutti. Vi auguro che l'impegno per la santità, come è stata vissuta e testimoniata dal profeta Isaia, dall'apostolo Simon Pietro e da Paolo di Tarso, si svolga anche nell'ambito della parrocchia, in modo che questa sappia mostrare nel quartiere che il Regno di Dio è presente come fermento evangelico, destinato a rinnovare e a trasformare la comunità cristiana.


6. Sono lieto di essere con voi in questa domenica e vivere con voi questo momento di comunione ecclesiale. Insieme al Cardinale vicario, Ugo Poletti, e al Vescovo ausiliare del settore, monsignor Salvatore Boccaccio, saluto il parroco, don Franco Balani, e i sacerdoti suoi cooperatori nella cura pastorale di questa vasta zona del Tiburtino, che comprende oltre diecimila persone. Non posso inoltre tralasciare una menzione per le suore Ancelle del Sacro Cuore di Gesù Agonizzante, le quali prestano una attiva collaborazione alle iniziative parrocchiali.

Una parola di compiacimento desidero far giungere a tutti i membri dei vari gruppi - catechistico, dell'Apostolato della Preghiera, della Caritas, delle missioni, dell'Azione Cattolica, dell'AGESCI, dei donatori di sangue, dei consigli pastorale e di amministrazione - i quali, in stretta collaborazione con i sacerdoti, si sforzano di portare il loro specifico contributo all'opera di animazione cristiana di questa zona, che guarda alla parrocchia come a punto ideale di riferimento nella sua costante crescita spirituale, culturale e sociale.

Infatti essa, da agglomerato iniziale, allorché vi sorse il complesso parrocchiale nel 1958, è diventata centro residenziale, che sente in modo sempre più consapevole la necessità di diventare "Popolo di Dio", che crede ed ama nel rispetto delle norme della pacifica convivenza.


7. So che vi siete impegnati a vivere quest'anno come "L'Anno della Parola".

Approfondite le ricchezze inesauribili della Parola di Dio, che illumina e che salva. Preparate i vostri cuori ad accogliere le verità divine con animo sgombro da qualsiasi pregiudizio umano. Come dice il Vangelo di oggi, sappiate "scostarvi da terra" e "prendete il largo" per raggiungere una fervida intimità con Cristo, che è il rivelatore delle verità eterne, e per condurre, a vostra volta, gli altri alla luce della fede. Come ho detto nella recente esortazione apostolica post-sinodale sulla "Vocazione e Missione dei Laici nella Chiesa e nel Mondo", tocca a voi, laici, di "testimoniare come la fede cristiana costituisca l'unica risposta pienamente valida... ai problemi e alle speranze che la vita pone ad ogni uomo e ad ogni società". Ma ciò vi sarà possibile se saprete "superare in voi stessi la frattura tra il Vangelo e la vita, ricomponendo nella quotidiana attività in famiglia, sul lavoro e nella società l'unità di una vita che nel Vangelo trova ispirazione e forza per realizzarsi in pienezza" (CL 34).

così anche voi, sull'esempio dei tre grandi araldi della Parola di Dio, che oggi ricordiamo nelle letture bibliche, contribuirete a diffondere e a far conoscere il messaggio salvifico, che Dio affida anche alla vostra opera corresponsabile e genuina.


8. Ritorniamo ancora, alla fine, al trittico di questa odierna liturgia della parola: Isaia - Simon Pietro - Paolo di Tarso. La Chiesa ritorna forse a queste figure soltanto per ricordarle in questa domenica? Ecco, tra poco metteremo sull'altare i doni per il sacrificio della nuova alleanza: il pane e il vino, e nello stesso tempo porteremo a Dio come offerta tutto ciò che essi significano. Tutto ciò che mediante questi doni vogliamo esprimere ed offrire a Dio.

E poi inizierà la liturgia eucaristica. All'incontro con Dio, che nella sua maestà infinita s'avvicina a noi, usciremo con lo stesso inno dell'adorazione angelica, che un tempo Isaia ascolto nel tempio di Gerusalemme.

Santo, Santo, Santo il Signore Dio dell'universo.

I cieli e la terra sono pieni della tua gloria.

E consapevoli che questo Dio trascendente si è avvicinato a noi in Gesù Cristo andremo a incontrarlo come un tempo, quando entrava a Gerusalemme: "Benedetto colui che viene nel nome del Signore, Osanna!".


9. Perché Cristo è venuto? Perché Dio stesso è venuto a noi nell'umanità del suo Figlio? Nel sacrificio della Croce? Nel mistero pasquale? Perché? Perché noi possiamo sperimentare la sua infinita santità. Perché viviamo convinti che Dio è amore.

E perché ci rendiamo consapevoli della nostra peccaminosità...

Si, la nostra peccaminosità... redenta! Quando la consapevolezza di queste grandi verità, delle grandi opere di Dio, toccherà le nostre labbra e i nostri cuori, così come quel carbone ardente del libro di Isaia, - Allora potremo e dovremo intendere che Dio manda anche noi. Ciascuno in modo diverso, ma manda! E a ciascuno dà la grazia. Che questa grazia non si dimostri vana! Allora anche la nostra partecipazione all'Eucaristia troverà pienamente la sua dimensione e il suo significato. Chiediamolo con tutto il cuore.

[Alle suore] Ho incontrato i "vostri bambini", prima della santa Messa. Erano molto gioiosi e numerosi con i loro genitori e hanno partecipato veramente bene all'incontro. Ecco la vostra parte nell'educazione, la vostra parte specifica in questo grande compito nella società, nella Chiesa: educare uomini nuovi, tutte le nuove generazioni, cominciando dai più piccoli fino agli adolescenti. Prepararli a vivere la vita umana e cristiana, una vita degna. E questo che definisce meglio la caratteristica della vita umana e cristiana: vita degna dell'uomo, degna del Figlio di Dio. Questa vostra opera, carissime sorelle, è profondamente legata al vostro amore, all'amore a Gesù che è dichiarato nel nome della vostra congregazione: "Siete Ancelle di Gesù Agonizzante". E questo, un mistero stupendo, profondissimo: Gesù agonizzante nell'orto del Getsemani. La sua agonia, una volta compiuta, si protrae, in un certo senso, nel suo Corpo Mistico; si protrae, come si protrae il mistero della sua redenzione. E ciascuno di noi deve essere partecipe di questa redenzione, deve completare, come dice san Paolo, la redenzione operata da Cristo nel suo proprio corpo. Ed anche questa agonia, che è sola profondità, solo mistero, non si può mai immaginare, né è possibile "sentire" quello che lui viveva nell'orto del Getsemani.

Vi auguro, carissime sorelle, di trovarvi sempre nel cuore del grande mistero di Gesù agonizzante. Ed in questo suo cuore agonizzante trovare le energie per la vita e per l'apostolato.

[Al Consiglio pastorale] Grazie per questo incontro. Il vostro parroco mi ha spiegato nella conversazione avuta mercoledi scorso, i principi del suo piano pastorale ed i modi di coinvolgimento dei parrocchiani.

Nelle vostre persone io vedo, in un certo senso, la sintesi della comunità parrocchiale. Questo "noi", questo "noi" cristiano costituisce la parrocchia. Ma questo "noi" non è solamente numerico, statico, ma è e deve sempre costituirsi attraverso una partecipazione, attraverso una partecipazione al piano pastorale che, a suo modo, riflette il piano salvifico di Dio, piano eterno della Chiesa, della Chiesa contemporanea, diciamo del Concilio Vaticano II. Tale piano viene concretizzato nel vostro comune impegno sotto la guida del parroco, in comunione con tutti i parrocchiani. Voi come Consigli centrali, pastorale, amministrativo ed economico, cercate di essere, in modo speciale, insieme, portatori di questa attiva partecipazione. Siete quelli che fomentano tra gli altri questa partecipazione. Molto preziosa è la vostra opera. Vi ringrazio per questo. Vi ringrazio per il vostro apostolato.

In questi ultimi giorni è stata pubblicata l'esortazione apostolica sul Sinodo dei Vescovi 1987, sull'apostolato dei laici. Una comunità come la vostra, incarna ciò che viene sottolineato in quel documento e soprattutto nel magistero del Concilio Vaticano II.

Auguro a tutti voi, alle vostre famiglie la benedizione del Signore e l'estendo al vostro lavoro professionale ed a tutto ciò che è vostro, che si riferisce alla vostra esperienza, responsabilità umana e cristiana.

[Ai catechisti] Mi viene subito in mente la "Catechesi Tradendae", una parola incisiva con la quale inizia il documento post-sinodale, a conclusione del Sinodo 1977, celebrato durante il pontificato di Paolo VI, benché il documento post-sinodale non poteva essere già pubblicato, l'ho fatto io continuando la sua opera.

"Catechesi Tradendae". Ecco, carissimi sorelle e fratelli - sono più numerose le sorelle - vi dedicate, appunto a questa opera. Avete parlato di catechesi "permanente". E questa una parola molto giusta. Certamente la catechesi deve essere intensificata nei periodi speciali della vita cristiana, cominciando dai piccoli, dai ragazzi che si preparano ai sacramenti, alla prima Comunione, alla Cresima, ma non può essere abbandonata dopo questi sacramenti, deve essere "permanente". così la vita cristiana, l'essere cristiano, deve essere permanente.

Non può essere solamente stagionale, transitorio, occasionale, ma permanente. così anche la catechesi deve essere permanente, perché la catechesi costituisce la nostra vita cristiana, nel senso, un po' analogo ai sacramenti. Catechesi vuole dire Parola di Dio parlata, pronunciata sempre e nuovamente dalla Chiesa, annunciata dalla Chiesa. Come la nostra vita cristiana si attua attraverso i sacramenti dei quali l'Eucaristia è il centro, così anche si attua attraverso la Parola di Dio, ascoltata, in modo solenne durante l'incontro eucaristico, ma che deve essere assimilata sistematicamente. In questo senso, allora, la catechesi non può che essere permanente.

Vi ringrazio per questo impegno catechetico nell'ambito della parrocchia e vi auguro di avere successi in questa opera, che non è certo facile. La vostra esperienza pastorale vi testimonia, che è più facile la catechesi di tipo "occasionale" quella centrata su circostanze, soprattutto sacramentali. In tal senso appare impossibile non avere una catechesi, ma protrarla per tutta la vita, permanentemente, sembra più difficile a capirsi. Allora il lavoro è doppio: la catechesi come tale e prima di essa un lavoro di persuasione, di convincimento, che una catechesi permanente è necessaria. Noi tutti, sappiamo bene che ogni arte, se non la si esercita, si affievolisce in noi. Si perde cioè l'attitudine, l'abilità ad esercitarla. Ed essere cristiano è anch'essa un'arte. E se questa arte non viene praticata, approfondita, allora si perde, la facoltà, l'abilità ad essere cristiani, a vivere la propria esperienza cristiana, a vivere cristianamente la propria vita.

Ho portato, avanti, così, il discorso fatto dalla vostra oratrice cercando di sviluppare il profondo argomento che si riferisce ai vostro apostolato.

Auguro tutto il bene alle vostre famiglie, alle vostre persone, al vostro lavoro, ai vostri studi, alle vostre professioni e vi offro una benedizione.

[Al gruppo famiglie] Mi è molto caro questo incontro, questa vostra iniziativa, che non si incontra in tutte le comunità parrocchiali. E un'iniziativa molto preziosa e corrisponde a quella a cui mi sono dedicato specificatamente negli anni passati, nella mia Chiesa di origine, nella mia diocesi di origine. E veramente un compito di primaria necessità, perché tutti i mali sociali, sia pur diversi, sembrano centrarsi soprattutto intorno alla famiglia e nella famiglia stessa. E portano con sé le diverse tragedie umane.

Famiglia vuol dire comunità anzi è una comunione di persone, tanto stretta, tanto perfetta - direi la più perfetta comunione umana - quella che più rassomiglia alla comunione divina della Santissima Trinità. Ma questa sua perfezione porta alcune esigenze fondamentali di ordine spirituale, morale. Quando tali esigenze non vengono osservate, non solo osservate come comandamenti, ma anche amate come valori di vita è molto facile che la famiglia si diluisca.

Essendo così perfetta la famiglia nella sua natura, nella sua costituzione umano-divina è nello stesso tempo molto vulnerabile. La comunità umana più vulnerabile. E ciò si avverte. Alcuni, quelli che, diciamo, essere nemici del cristianesimo, cercano di colpire soprattutto la famiglia, tutto ciò che è coinvolto nella dimensione familiare della vita umana.

Ma lasciamo da parte queste osservazioni. Un'altra constatazione, diciamo empirica, quotidiana, ci porta alle stesse conclusioni: la famiglia umana contemporanea, veramente, più di una volta sembra molto vulnerabile. Allora occorre un impegno. Non crediamo che tale impegno venga dagli ambienti responsabili nel senso sociale, socio-politico, deve venire dalla Chiesa. E nella Chiesa tale impegno non può che essere che un apostolato.

Un apostolato delle famiglie. Un grande apostolo dei giovani operai ormai scomparso, il Cardinale Caraijn, ha trovato la formula che la conversione degli operai, può essere portata avanti da altri operai. Allora, una formula non clericale; non soprattutto dai sacerdoti - diceva -, ma con i sacerdoti, certamente con la partecipazione dei sacerdoti, dei cappellani, ecc., ma direttamente e sostanzialmente dagli altri giovani operai. così è stata fondata la famosa JOC (Jeunesse Ouvrière Catholique).

E poi il suo concetto di apostolato si è allargato nei diversi campi, perché se è giusto quel principio dell'apostolato degli operai verso gli operai, di operai apostoli negli ambienti operai, lo stesso varrebbe per gli intellettuali e lo stesso sarebbe naturalmente per la famiglia, per le coppie. Sono loro, gli sposi, gli apostoli, non solamente all'interno della propria famiglia, ma anche delle altre famiglie. Sono essi più diretti, più esperti... Paolo VI amava dire che la Chiesa è "esperta in umanità". Ma questa esperienza della Chiesa, sembra essere ancora non completamente attuata, in quanto l'umano, l'umanità, costituisce tanta ricchezza delle realtà ed una di queste realtà è appunto la famiglia, il matrimonio. Allora la Chiesa è esperta in questo fondamentale ambito attraverso le famiglia attraverso le coppie unite nel matrimonio cristiano.

Volevo offrire un piccolo commento a quello che ho sentito mercoledi scorso dal vostro parroco ed oggi dalla vostra portavoce e poi dalla vostra presenza.

Vorrei incoraggiarvi. Il vostro è certamente un lavoro apostolico, pionieristico. Occorre che si capiscano le dimensioni proprie di questo lavoro e si studino le complesse realtà della famiglia. Insieme occorre acquisire una sempre maggiore coscienza e consapevolezza, in modo sempre più profondo, di quello che noi siamo come sposi, come genitori, come famiglia. Famiglia, che secondo il disegno di Dio, è ancora e sempre una realtà da scoprire, una "terra ignota". Temo che per l'umanità contemporanea, e specialmente per l'umanità occidentale questa terra divenga sempre più ignota, più sconosciuta. Deve allora tanto più essere scoperta, riscoperta, riscoperta continuamente.

Questo è l'impegno della Chiesa, questa la sua missione. Vi ringrazio per tutte le vostre iniziative e per tutto il vostro impegno nel prendere nelle vostre mani questa missione.

Che il Signore benedica tutti i presenti, le famiglie, i vostri figli, tutti coloro che fanno parte della comunità di san Giuseppe Artigiano.

[Ai giovani] Saluto cordialmente quanti si trovano qui e quanti permanentemente operano nell'ambito della parrocchia attraverso i diversi gruppi che prima avete ricordato, gli Scouts, l'Azione Cattolica, poi il coro che ha cantato in chiesa, coloro che hanno parlato in italiano, quanti in "romanesco", tutti.

Oggi celebriamo in Italia la "Giornata per la vita" e voi avete bene proposto il canto che avete intonato al mio arrivo: "Noi abbiamo questa vita da lui". Dio ha tanto amato il mondo che ci ha dato la vita, ci ha dato soprattutto la vita umana. Oggi la Chiesa cerca di ricordare all'uomo contemporaneo, al cittadino di questo Paese, al cristiano, ad ogni cristiano quale è il valore della vita umana dal momento del suo concepimento.

Quale valore, quale mistero rappresenta la vita, ogni vita. Specialmente la vita umana, per la superiorità soprannaturale dell'uomo, dell'uomo persona.

Allora non solamente una realtà, un'espressione della materia vivente, ma espressione di uno spirito; un'espressione spirituale nella materia, si, nella unità della persona che è corpo ed anima, corpo e spirito. Ecco, Dio ci ha donato questa vita, ma quando Gesù ha detto a Nicodemo: "Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo unico Figlio", alludeva ad un'altra vita che Dio ha offerto all'uomo: la vita divina.

Dio ci dà la vita divina. E questa, di nuovo porta davanti alla nostra considerazione l'importanza della vita umana, di ogni vita umana, dal momento del suo concepimento nel grembo materno, ogni vita umana è già designata, destinata a partecipare della vita divina. Questa è la sua vocazione, così Dio ha amato il mondo, così ha amato l'uomo, tanto da darci questa sua vita nel suo Figlio, in Gesù Cristo. Noi abbiamo questa vita divina in lui. E tutti partecipiamo attraverso i sacramenti, attraverso la Parola di Dio, alla missione messianica di Gesù Cristo che dura continuamente, che continua a durare: "Io sono con voi fino alla fine del mondo". così ha detto, sono con voi nella forza dello Spirito Santo.

Lui ci porta questa vita che è in Gesù Cristo per noi.

Siete giovani e certamente riflettete molto sui problemi della esistenza umana, di quel quotidiano di ogni uomo, di ogni donna, sulle molte difficoltà di questa esistenza. Questo è vero, ma non è esaustivo, non dice tutto.

C'è ancora questa verità, essenziale e fondamentale sulla vita, vita della quale la Chiesa in Italia si ricorda specialmente oggi, sotto l'aspetto della responsabilità per la vita, concepita, per ogni vita anche quella morente. E un invito alla riflessione per portarci davanti alla grandezza del mistero della vita, come noi lo viviamo, lo crediamo, come noi cerchiamo di viverlo. Ecco io faccio questo discorso davanti ai giovani che sono specialmente sensibili a tutto ciò che è buono, vero e bello. E certamente il mistero della vita è molto bello.

Qui si esprime la certezza che l'amore domina il mondo. Dipende da noi essere coinvolti da questo amore, o essere coinvolti da un altro amore che è soltanto apparente. Vi invito ad essere collaboratori di Gesù che dice: "Io sono la via, la verità, la vita".

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1989-02-05

Domenica 5 Febbraio 1989




Ai membri della giunta capitolina - Città del Vaticano (Roma)

Roma: grandi ricchezze e angoli da Terzo Mondo


Signor sindaco, signori assessori e consiglieri del comune della città.


1. Sono particolarmente lieto di questo incontro con voi responsabili dell'amministrazione civica di Roma; esso assume un significato che va al di là del semplice scambio di auguri per l'anno nuovo, per acquisire il valore di una riflessione su argomenti che riguardano la nostra amata città.

Ringrazio, perciò, il signor sindaco per l'indirizzo di omaggio che mi ha rivolto anche a nome della giunta capitolina, del consiglio e della cittadinanza tutta per i propositi espressi e per le prospettive intraviste.

Desidero salutarvi e ringraziarvi tutti con sincera cordialità, ricambiando gli auguri per un anno di pace e di feconda attività a servizio della città di Roma e di quanti ne sono ospiti e visitatori.

Un problema di particolare interesse per coloro che sono investiti dei pubblici poteri è senza dubbio la questione dello sviluppo, che ho voluto nell'anno trascorso approfondire con l'enciclica "Sollicitudo Rei Socialis".

Senz'altro il documento tiene davanti a sé il panorama del mondo contemporaneo in tutta la sua vastità e complessità sul piano della soluzione dei problemi sempre più aperti; ma è pur vero che una lettura del testo in chiave di applicazioni concrete può offrire punti d'ispirazione anche sul piano locale, specie per una capitale come Roma, città cosmopolita e centro del cristianesimo.


2. Roma appare una città a due facce: accanto a immensi tesori di beni religiosi, culturali, umani, si osservano settori di molteplici malesseri morali: angoli da Terzo Mondo; punte di grande ricchezza e sacche di grande povertà; accanto a gruppi che dispongono di ogni tipo di beni materiali, esistono altri che hanno appena il necessario. Vi sono pochi che possiedono molto e molti che possiedono poco.

E' l'annosa questione della non equa distribuzione delle ricchezze, destinate originariamente a tutti, e che deve divenire stimolo incessante per i responsabili ad affrettare i tempi delle soluzioni (cfr SRS 28).

Lo sfondo generale dei mali di Roma, delle sue povertà vecchie e nuove, richiamato anche di recente, è noto a tutti. Vi sono problemi materiali della casa, dei quartieri con insufficienti servizi; ma vi sono anche quelli più specificamente umani che toccano gli anziani, gli handicappati, i disoccupati, i clandestini, i nomadi, gli ammalati di AIDS, i malati mentali, i drogati, i piccoli delinquenti.

A nessuno sfugge che il vero sviluppo non si misura con un parametro puramente economico, né si realizza sfruttando solo l'abbondanza dei beni materiali e dei servizi, ma con la volontà di accrescere la dignità della persona umana. Tuttavia, quando mancano i beni indispensabili, o si trovano in misura insufficiente, lo sviluppo difficilmente raggiunge una realizzazione degna di una società più umana.

perciò occorre procedere su due fronti: da un lato la sempre maggiore efficienza per provvedere alle necessità più acute della convivenza civile, dall'altro la sollecitudine di servire l'uomo, la sua nobiltà, la sua grandezza.

Ma questo sviluppo autentico è un risultato di collaborazione. Purtroppo la caduta di solidarietà è un fenomeno che rischia di estendersi con l'indifferentismo religioso.


3. Egregi signori della giunta e del consiglio del Campidoglio, in occasione di questo nostro incontro desidero ricordare una pagina stupenda della Bibbia, là dove si dice che Dio, all'origine, dopo aver creato l'uomo, lo pose in un giardino "perché lo coltivasse e custodisse" (Gn 2,15). Ebbene, a voi è stato affidato il compito di custodire e di coltivare, che equivale a sviluppare e a far progredire il benessere di questo "giardino", la città di Roma, che appartiene al mondo e alla storia universale. Contribuire al vero ed autentico sviluppo di una simile città è compito che non deve deludere le attese dei cittadini, dei visitatori, del mondo cristiano e non cristiano.

Auspico che l'amministrazione capitolina s'impegni con determinazione ferma e costante, evitando omissioni, riducendo per quanto possibile i tempi burocratici, rafforzando la solidarietà interna dei gruppi alleati nella funzione di governo. Le diversità di opinioni non siano di svantaggio all'efficienza e allo sviluppo, e non creino ritardi negli interventi necessari.

Da parte sua la Chiesa è lieta di poter offrire il proprio contributo con le sue istituzioni educative, caritative ed assistenziali, con le sue mense sociali, i suoi ostelli, i suoi gruppi di volontariato, e con tutte le altre forme associative, specializzate nei vari settori, come, per fare un esempio, nel ricupero dei tossicodipendenti. Ma essa a sua volta chiede collaborazione.

Il mio augurio è che il nuovo anno segni una tappa importante nell'insieme dello sviluppo organico di Roma.

Con questi auspici rinnovo a tutti il mio benedicente saluto.

1989-02-06

Lunedi 6 Febbraio 1989





GPII 1989 Insegnamenti - Le visite pastorali del Vescovo di Roma