GPII 1989 Insegnamenti - Le credenziali del nuovo ambasciatore del Belize - Città del Vaticano (Roma)

Le credenziali del nuovo ambasciatore del Belize - Città del Vaticano (Roma)

Negoziato e dialogo sono necessari per risolvere i conflitti in Centroamerica


Signor ambasciatore.

Accolgo con piacere le lettere che la accreditano come ambasciatore straordinario e plenipotenziario del Belize presso la Santa Sede. La ringrazio per i saluti cordiali del governatore generale, sua eccellenza Minita Gordon e del popolo del suo Paese e la prego di ricambiare con l'assicurazione delle mie preghiere per la pace il bene di tutto il popolo del Belize.

Nel riceverla in Vaticano, ricordo con piacere la mia visita pastorale del marzo 1983. Allora ebbi il privilegio di sperimentare di prima mano la cordialità e l'ospitalità del suo popolo. La mia visita nel Belize fu anche segnata dall'inaugurazione di relazioni diplomatiche tra la sua Nazione e la Santa Sede. E' mia fervida speranza che l'alta stima e il mutuo rispetto esistenti tra il Belize e la Santa Sede saranno ulteriormente rafforzati dalla sua missione.

Nel suo indirizzo di saluto, lei ha cortesemente ricordato il mio messaggio di quest'anno per la Giornata Mondiale della Pace, un messaggio che parla della necessità di rispettare l'inalienabile dignità e i diritti delle minoranze per raggiungere una duratura pace mondiale. Come vostra eccellenza ha precisato, il Belize è composto da gente di molti gruppi etnici, culturali e religiosi. Il desiderio del suo governo di garantire una società pacifica e di promuovere l'unità rafforzando i diritti delle minoranze che vivono nel suo Paese è un segno di autentica maturità. In ogni società autenticamente democratica, il rispetto delle minoranze resta la pietra angolare della autentica concordia e crescita civile come nazione.

Ai nostri giorni, il compito di crescere come nazione in pace e unità è un impegno molto esigente. Questo è particolarmente vero per il Belize, date le tensioni politiche nella vostra regione. E' imperativo ricercare le strade del negoziato e fare ricorso al dialogo per la risoluzione dei conflitti che possono sorgere. La pace vera può essere raggiunta solo quando gli individui e le società fondano la loro vita e le loro attività su un impegno al rispetto della dignità di ciascuna persona. Come ho scritto nella mia prima enciclica, "la pace si riduce al rispetto dei diritti inviolabili dell'uomo - Opera di giustizia è la pace -, mentre la guerra nasce dalla violazione di questi diritti e porta con sé ancor più gravi violazioni di essi... Invero, è un fatto significativo e confermato a più riprese dalle esperienze della storia, come la violazione dei diritti dell'uomo vada di pari passo con la violazione dei diritti della nazione, con la quale l'uomo è unito da legami organici, come con una più grande famiglia" (RH 17).

Nel mondo contemporaneo, la salvaguardia del diritto alla vita e la garanzia delle possibilità educative sono condizioni essenziali per lo sviluppo di un ordine sociale che promuova autenticamente la dignità e il benessere di ogni persona umana. La Chiesa cattolica nel Belize si è dedicata lungo tempo al benessere sociale e all'educazione del suo popolo. Con il suo impegno, essa cerca di migliorare la qualità della vita e di assicurare le benedizioni della pace, dell'armonia e della collaborazione. Essa considera questa azione come parte integrale della sua missione religiosa, secondo lo spirito del Vangelo.

A questo proposito, desidero assicurare vostra eccellenza che la Chiesa desidera, nella misura del possibile, aiutare i poveri, i malati, i disoccupati e i bisognosi. La Chiesa nel Belize continuerà anche il suo aiuto umanitario per i numerosi rifugiati. Ho notato con piacere il suo riferimento alla notevole assistenza ricevuta dal suo governo in questo settore sia da parte dell'Alto Commissariato ONU per i rifugiati che da aiuti della Comunità Europea. Questi lodevoli sforzi sono frutto di una generosa solidarietà e danno testimonianza chiara della inviolabile dignità di ogni persona umana.

Si ricorderà, signor ambasciatore, che nel corso della mia visita nel suo Paese io ho espresso una speranza con le parole del vostro inno nazionale: che la vostra Nazione sia veramente un Paese libero con la libertà dei figli di Dio (cfr. "", VI, 1 [1983] 675). Oggi, desidero rinnovare questa speranza per tutti i suoi connazionali. Le assicuro la continua assistenza e collaborazione della Santa Sede nel servizio al suo Paese. Dio onnipotente, fonte di tutto ciò che è buono, le doni forza e saggezza nello svolgimento della sua missione. Come pegno del suo amore, invoco l'abbondanza delle divine benedizioni sull'eccellenza vostra, il suo governo e tutto l'amatissimo popolo del Belize.

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1989-05-29

Lunedi 29 Maggio 1989




A partecipanti al simposio di cardiologia dell'Università del Sacro Cuore - Città del Vaticano (Roma)

La vita: un dono da difendere e da accettare in ogni suo momento


Signore e signori.


1. Sono lieto di questa opportunità di incontrarvi alla vigilia del convegno "Cardiologia europea ed americana a Roma", organizzato dall'american college di cardiologia e dalla società europea di cardiologia, dalla società italiana di cardiologia e dall'associazione nazionale dei medici cardiologi ospedalieri. Avete scelto come luogo del vostro simposio l'istituto di cardiologia dell'Università Cattolica del Sacro Cuore. così facendo fate onore a un'istituzione che porta avanti le sue ricerche sulle questioni mediche di attualità alla luce dei principi umani e cristiani che presiedono alla preservazione della vita umana e della sua qualità.

La presenza di tanti esperti in cardiologia infonde grande speranza per il progresso della ricerca e della riflessione scientifica nell'importante settore della prevenzione, diagnosi e terapia delle malattie cardiache. Dimostra anche la vostra consapevolezza della necessità di un'effettiva collaborazione nel coordinare le ricerche scientifiche e tecnologiche a beneficio di coloro che ne hanno bisogno.


2. In tutti i secoli, il cuore dell'uomo è stato considerato più che un semplice organo fisico come gli altri. Nelle Scritture, la parola "cuore" indica la sorgente stessa della vita, non soltanto fisica (cfr Gn 18,5), ma anche come vita dell'anima che si apre a Dio (1S 16,7 1P 3,4). E' il cuore che caratterizza l'individuo nel suo rapporto con Dio e con gli altri (Mt 5,8 Mt 15,19).

Nel linguaggio biblico, il cuore è l'abisso profondo (Ps 64,6) che nasconde l'insondabile mistero degli umani desideri, motivazioni e aneliti. Quando Dio desidera assicurare il suo popolo che lo porterà a sé e garantirgli ogni benedizione e pienezza, egli promette un cuore nuovo. Come dice il Signore attraverso il profeta Ezechiele: "Vi daro un cuore nuovo, mettero dentro di voi uno spirito nuovo, togliero da voi il cuore di pietra e vi daro un cuore di carne" (Ez 36,26).

Le Scritture testimoniano della percezione universale che la conoscenza del cuore umano rivela il mistero dell'uomo e del suo posto nel mondo. In modo impressionante, i recenti progressi della cardiologia hanno evidenziato la verità di questa antica convinzione. Le ultime scoperte nel campo della prevenzione, diagnosi, terapia e trapianto tecnico, visti da una più alta prospettiva, hanno tutti servito la causa della vita umana e della sua altissima dignità. Questa, naturalmente, è sempre stata la più alta aspirazione della medicina; servire la vita, in tutta la sua nobiltà, come un dono da accettare e vivere in pienezza in ogni istante. Se non si muovono in questa prospettiva, i metodi chirurgici più sofisticati non sarebbero più autenticamente medici, ma si ridurrebbero a semplici tecniche e niente di più.


3. Gli argomenti che il vostro simposio dibatterà rivelano fino a che punto la medicina è, e deve sempre essere, una scienza e un'arte. Il suo aspetto scientifico si dimostra nella tecnologia diagnostica e terapeutica al cui sviluppo molti di voi hanno dato un contributo decisivo. Ma non meno importante è un altro aspetto tra quelli che discuterete: la medicina è un'arte, e la vostra competenza medica deve avere come ispirazione una più alta consapevolezza che tutto quello che fate mira al miglioramento della vita dei vostri simili, uomini e donne, e cerca di servire al loro bene.

Questa vocazione al servizio è ciò che nobilita la vostra ricerca scientifica e la guida al suo scopo ultimo: la guarigione dei vostri fratelli e sorelle che soffrono. Come medici del cuore, avete spesso sperimentato il delicato equilibrio tra la paura e la speranza, il dolore fisico e la tranquillità spirituale provati da tanti vostri pazienti. Voi conoscete la verità dell'osservazione da me fatta nella mia lettera apostolica sul significato della sofferenza umana: "Le istituzioni sono molto importanti ed indispensabili; tuttavia, nessuna istituzione può da sola sostituire il cuore umano, la compassione umana, l'amore umano, l'iniziativa umana, quando si tratti di farsi incontro alla sofferenza dell'altro. Questo si riferisce alle sofferenze fisiche, ma vale ancora di più se si tratta delle molteplici sofferenze morali, e quando, prima di tutto, a soffrire è l'anima" ("Salvifici Doloris", 29).


4. Signore e signori: le dotte società cui appartenete furono fondate con scopi eminentemente umanitari. Esse servono meglio il loro intendimento quando svolgono un impegno di servizio e di amore, competenza specializzata a sensibilità umana, e guidano ad una più profonda consapevolezza del mistero dell'uomo - l'uomo che è un essere finito e insieme una creatura di Dio, soggetto alla fragilità eppure destinato all'immortalità, fisicamente debole eppure sostenuto dalla speranza in una vita al di là della morte. Il desiderio di servire il bene ultimo degli altri possa ispirare tutti i momenti del vostro simposio, e su voi tutti invoco la benedizione di Dio, nostro Padre celeste.

1989-05-30

Martedi 30 Maggio 1989




Messaggio ai popoli del Nord Europa - Città del Vaticano (Roma)

"Vengo in pellegrinaggio di fede ai cristiani dei vostri paesi


Miei cari amici.

Mentre si avvicina il momento della mia visita pastorale nei Paesi nordici, e mentre intensifico i preparativi per questo importante momento, desidero inviare a tutti voi questo cordiale messaggio di saluto. Sono molto ansioso di compiere questa visita, che si sta per compiere su gentile invito dei rispettivi capi di Stato e di governo, della Chiesa luterana di ciascun Paese e in particolare della piccola, ma amata comunità cattolica in mezzo a voi.

Il mio viaggio intende essere soprattutto un pellegrinaggio di fede ai cristiani dei vostri Paesi. Desidero rendere omaggio alla vostra eredità cristiana, ai grandi santi del passato, agli uomini e alle donne che hanno forgiato la vostra storia, non da ultimo attraverso la forza della loro fedeltà al Vangelo di Gesù Cristo. In unione con tutti coloro che si assoceranno a me nella preghiera, desidero sul vostro suolo ringraziare Dio per la vita e per le conquiste dei popoli nordici, passate e presenti. E' anche mia fervida speranza che la presenza del Vescovo di Roma possa contribuire a promuovere ulteriormente il movimento ecumenico che sta conducendo i seguaci di Cristo fuori da un lungo periodo di rivalità verso un dialogo premuroso e sincero e a una collaborazione su questioni di mutuo interesse.

Ciascuno dei vostri Paesi ha raggiunto un alto livello di sviluppo economico e sociale. Siete profondamente preoccupati che lo stesso progresso possa essere esteso ad altri parti del mondo, soprattutto ai paesi in via di sviluppo economico e sociale. Per questa generosità e questa manifestazione di fratellanza, la comunità internazionale è in debito con voi. La Chiesa cattolica, da parte sua, ha fatto dello sviluppo integrale dei popoli un obiettivo prioritario del suo servizio in tutto il mondo. Nell'adempiere al mio ufficio mi sono sforzato di applicare la dottrina sociale della Chiesa ai pressanti problemi che l'umanità sta affrontando ora. Sono convinto che la strada dinanzi alla famiglia umana è strettamente legata alla crescente consapevolezza mondiale dell'importanza centrale della singola persona e dei suoi diritti umani fondamentali. Non soltanto il benessere materiale deve essere promosso e sostenuto, bensi la libertà interiore dello spirito che è proprio nel cuore della nostra essenza personale. In ciascuno dei vostri Paesi perciò io spero di rendere omaggio a quanto è già stato raggiunto in questa direzione, e di offrire alcune riflessioni sulla nostra comune responsabilità per l'ulteriore avanzamento della pace, della giustizia, della libertà e della solidarietà nelle questioni umane.

Ringrazio tutti coloro che stanno preparando la mia visita, soprattutto quanti si occupano della preparazione spirituale affinché i nostri incontri possano veramente essere un dialogo del cuore. Affido la mia visita all'ispirazione e all'amorevole protezione di Dio onnipotente.

Alla Norvegia dico: "Gud velsigne dere alle".

All'Islanda: "Gud blessi ykkur oll".

Alla Finlandia: "Jumala siunatkoon teita kaikkia".

Alla Danimarca: "Gud velsigne jere alle".

Alla Svezia: "Gud valsigna er alla".

Dio vi benedica tutti.

1989-05-31

Mercoledi 31 Maggio 1989





Lettera al Presidente della CEI per i cinquant'anni della proclamazione dei patroni d'Italia - Città del Vaticano (Roma)

Francesco e Caterina: hanno lasciato nel Paese un'orma tuttora incisiva, viva e profonda


Sono passati cinquant'anni da quando il mio predecessore Pio XII di venerata memoria, con singolare premura ed affetto verso l'Italia, ne costitui e proclamo patroni i santi Francesco d'Assisi e Caterina da Siena.

Nel ricordare la significativa circostanza, desidero unirmi a tutti i Vescovi, sacerdoti, religiosi e fedeli della diletta Nazione, i quali vogliono ravvivare in tale ricorrenza la loro fiducia e cristiana devozione verso questi insigni protettori, invocando da Dio, per la loro intercessione, una rinnovata effusione di grazie su questa terra che tanto amarono e servirono con eccezionale testimonianza di fede e di carità.

La virtù dei santi non rimane certo chiusa in se stessa dentro l'inaccessibile area della coscienza: se essa è tensione di amore verso Dio e verso il prossimo, non può non diventare comunione, estendendo agli altri la carità di Cristo ed irradiandola con atteggiamenti concreti di generosa dedizione.

Francesco d'Assisi e Caterina da Siena furono modelli eccelsi di questo duplice amore verso Dio e verso gli uomini: due personalità straordinariamente ricche d'ingegno, mosse da una fede ardente, protese a far conoscere Cristo e farlo amare. Conquistati da Cristo (cfr Ph 3,12), ambedue furono preparati dalla natura e dalla grazia ad affrontare eccezionali eventi.

Non sorprende, dunque, che proprio da questa fonte soprannaturale siano scaturite quelle forze di partecipazione e di solidarietà con gli uomini, che hanno fatto di Francesco e Caterina grandi benefattori della loro terra, potenti operatori della fraternità e della pace in un mondo diviso, nelle rispettive età, da gravi tensioni civili ed anche ecclesiali. Per questo sono patroni d'Italia, non per il semplice fatto che vi sono nati, ma perché entrarono nella vita del Paese con determinante incisività, lasciandovi un'orma tuttora viva e profonda.

Essi devono essere ricordati, altresi, per la loro fedeltà alla Chiesa, che amarono come sposa di Cristo, trovando in essa le vie della verità su Dio, e da essa attingendo la forza e l'incitamento per le loro iniziative. Seguendo la chiamata del divino Maestro, essi si diedero a Dio e per ciò stesso furono capaci di un amore alla Chiesa ed ai fratelli, tale da conferire loro un'incomparabile pienezza interiore ed esteriore di carità. La loro esistenza contemplativa e attiva, mite e sacrificata, forte e generosa in mezzo alla comunità ecclesiale ed al mondo profano, fu davvero un segno del fuoco che lo Spirito aveva in essi acceso per un sublime progetto di pace e di unità, di promozione e di rinnovamento.

Francesco e Caterina amarono la Chiesa anche a motivo delle manchevolezze, che, con sincerità di figli fedeli ed affezionati, dovettero ravvisare nelle sue componenti umane. Essi capirono che proprio per questo la Chiesa doveva essere servita, affinché la povertà degli uomini non nascondesse ciò che veramente essa è nella sua sacramentale missione di salvezza (cfr "Insegnamenti di Paolo VI", VII [1969] 941). Capirono, cioè, a fondo, che la Chiesa è corpo mistico di Cristo, fonte di grazia e sacramento di comunione con Dio, e per questo dev'essere amata con tutte le forze.

Auspico che la prossima ricorrenza contribuisca ad accrescere un simile amore alla Chiesa ed a suscitare in seno alle comunità cattoliche italiane il desiderio di partecipare più attivamente all'opera di evangelizzazione e di animazione spirituale che oggi le deve impegnare intensamente.

L'Italia ha un suo ruolo chiaro e storicamente fondato nelle vicende della Chiesa, poiché è in essa che, per divina Provvidenza, è collocata quella Sede Apostolica del successore di Pietro, che Caterina contribui a riportare a Roma in tempi calamitosi e che Francesco ritenne sempre necessario consultare per avere conferma del carisma, ricevuto da Gesù crocifisso.

Mi rivolgo in modo speciale ai giovani, porzione del popolo italiano, sulla quale si fondano le mie più vive speranze per il futuro. Desiderosi di verità e di trasparenza, fiduciosi nel valore dei principi morali, essi ambiscono di vivere in una società rinnovata e fondata sui valori più autentici della solidarietà. Ad essi, pertanto, ripropongo le figure di Francesco e Caterina, affinché su loro esempio ispirino il proprio progetto di vita, dedicandosi sia al bene della società che all'incremento del Regno di Dio. Ad essi, come a tutto il popolo italiano, chiedo soprattutto di imitare la vita interiore dei santi patroni, per avere quella visione del mondo, che costruisce e concentra ogni idea di progresso ed ogni impulso di miglioramento sulla Parola di Cristo: "Questa è la vita vera, che conoscano te, l'unico vero Dio, e colui che hai mandato, Gesù Cristo" (Jn 17,3).

Con tali sentimenti esprimo fervidi voti di bene per la diletta Nazione italiana, mentre, auspici i santi Francesco e Caterina, invoco una copiosa effusione di doni celesti, sulle autorità civili, sui pastori d'anime e sui cittadini tutti, ai quali imparto una speciale benedizione apostolica.

Dal Vaticano, il 31 Maggio - festa della Visitazione della beata Vergine Maria - dell'anno 1989, undicesimo di pontificato.

1989-05-31

Mercoledi 31 Maggio 1989




Alla comunità del Vaticano durante la celebrazione di chiusura del mese mariano - Città del Vaticano (Roma)

Vi chiedo di pregare per il mio pellegrinaggio


Sia lodato Gesù Cristo! Concludiamo il mese di maggio, in questa ora notturna. Concludiamo il mese di Maria: una devozione speciale per lei, un affidamento speciale a lei.

Concludiamo questo mese di preghiera, di intensa preghiera; preghiera di venerazione, di ringraziamento, di riparazione; preghiera di implorazione per tante intenzioni: personali, familiari, della società italiana, della nostra piccola società vaticana, del mondo; per la pace, per la giustizia, per tutto ciò che passa attraverso i nostri cuori, e che costituisce le nostre preoccupazioni, le nostre ansie e la nostra fiducia. Tutto questo cerchiamo di condividere con lei, con la Madre. E' un atteggiamento normale. Oggi tutta questa preghiera si conclude in questo spazio, nello spazio del mese mariano. Ma non può concludersi mai. Si deve aprire di nuovo, perché dobbiamo sempre camminare insieme con lei, dobbiamo sempre guardare verso la sua santità materna, cercare sempre il suo aiuto materno, cercare noi stessi, cercare di risolvere i difficili problemi umani, della vita cristiana, della Chiesa, della società. Per risolverli, mettiamo tutti questi problemi nelle mani, possiamo dire: sotto il suo cuore materno.

Vi ringrazio, carissimi, per questa bella tradizione. Ringrazio i signori Cardinali, i Vescovi, i prelati della Curia. Ringrazio specialmente il Vicario generale della Città del Vaticano, di questa speciale comunità ecclesiale.

Trovandomi qui voglio anche chiedere a tutti i presenti uno speciale aiuto spirituale durante il pellegrinaggio che dovro intraprendere domani mattina in paesi in cui mai, penso, un Papa è potuto andare. E' la prima volta che mi reco in quei paesi nordici, scandinavi, tra quelle popolazioni che hanno una tradizione cristiana millenaria: all'inizio erano cattoliche, ma dopo la riforma si sono separate dalla comunione con Roma. Oggi, attraverso il movimento ecumenico, si cercano di nuovo contatti, avvicinamenti. Naturalmente sono stato invitato dalla piccole Chiese cattoliche, piccole comunità di tutti quei paesi, per essere loro ospite, per essere con loro. Ma nello stesso tempo voglio continuare anche il cammino ecumenico con i nostri fratelli e con le nostre sorelle dei paesi scandinavi e nordici.

Mi affido, qui, alle vostre preghiere e soprattutto mi affido alla preghiera della Madonna di Lourdes che ha la sua sede nei giardini vaticani. Non è la sua sede principale - quella è sempre a Lourdes -, ma è una sede privilegiata.

Infine voglio offrire a tutti una benedizione, chiedendo anche - se così posso dire - la vostra benedizione, per lo meno la benedizione intenzionale nelle vostre preghiere e nei vostri cuori.

1989-05-31

Mercoledi 31 Maggio 1989




Il discorso durante la cerimonia di accoglienza - Oslo (Norvegia)

"Vengo come un testimone del Vangelo di nostro Signore e salvatore Gesù Cristo"


Signora primo ministro, membri del governo, confratelli Vescovi, eccellenze, amato popolo della Norvegia.


1. Qui, sul suolo della Norvegia, sono pienamente consapevole dello speciale significato di questa occasione. Per la prima volta in assoluto un Vescovo di Roma, un successore dell'apostolo Pietro, è giunto in Norvegia e nei Paesi nordici. Non vengo come rappresentante di un interesse politico o nazionale, ma come testimone del Vangelo di nostro Signore e salvatore Gesù Cristo, come un fratello profondamente preoccupato del benessere dei suoi fratelli e delle sue sorelle in ogni parte del mondo. Vengo in Norvegia come un amico, pieno di stima e di amore per il suo nobile popolo e per la sua millenaria eredità cristiana.


2. Le mie parole di saluto sono dirette innanzitutto a sua maestà re Olav V e ai membri della famiglia reale, che sono ansioso di incontrare.

A lei, signora primo ministro e ai membri del governo esprimo il mio apprezzamento e la mia gratitudine per tutto ciò che avete fatto per rendere possibile questa visita e per il caldo benvenuto che mi avete esteso.


3. Assicuro ai Vescovi e ai membri della comunità cattolica che è con intensa gioia che effettuo questa visita pastorale. Sono immensamente grato a Dio la cui amorevole provvidenza mi consente di assolvere al ministero petrino anche grazie al contatto personale con le Chiese locali in molte parti del mondo. Attraverso l'Eucaristia e attraverso la preghiera la nostra unione nella fede e nell'amore si rafforzerà; insieme potremo proclamare la nostra fedeltà a Cristo e ricevere da lui la forza per un servizio cristiano ancora più intenso.


4. Il mio pellegrinaggio in Norvegia è anche in risposta al cortese invito della Chiesa luterana a partecipare ad un servizio di preghiera per l'unità dei cristiani presso la cattedrale Nidaros, il venerato santuario nazionale in cui è sepolto sant'Olav, re e martire. Vi ringrazio, cari fratelli e sorelle luterani, per questa gentilezza e per il clima di amicizia e di comprensione ecumenica che essa dimostra.

La mia visita ai Paesi nordici è una conferma dell'impegno della Chiesa cattolica nel compito ecumenico di promuovere l'unità fra tutti i cristiani.

Venticinque anni fa il Concilio Vaticano II ha insistito chiaramente sull'urgenza di questa sfida alla Chiesa. I miei predecessori hanno perseguito questo obiettivo con perseverante attenzione alla grazia dello Spirito Santo, che è la fonte divina ed il garante del movimento ecumenico. Fin dall'inizio del mio pontificato ho fatto dell'ecumenismo una priorità della mia sollecitudine ed azione pastorale.

Voglia Dio che la mia visita ci porti sempre più vicini a quella piena comunione nella fede e nell'amore che Cristo stesso voleva per i suoi seguaci (cfr Jn 17,21).


5. Sono venuto nei Paesi nordici come un pellegrino spirituale per onorare la memoria dei santi che hanno chiamato alla fede i vostri antenati, che hanno portato loro il Battesimo e dato coraggiosa testimonianza a Cristo, fino al punto di versare il proprio sangue per amor suo. I grandi santi del Nord erano uomini e donne profondamente immersi nel proprio contesto storico, persone che sapevano come applicare il messaggio dell'amore eterno di Dio - rivelato in Gesù Cristo - agli importanti problemi della loro gente e del mondo che li circondava. Il loro esempio ci parla ancora oggi delle profonde verità e valori su cui si è fondata tutta la civiltà europea e in cui si è sviluppata la vostra cultura norvegese, verità e valori che nulla hanno perso della loro importanza per la società contemporanea, poiché rivelano "la sfera più profonda dell'uomo" e conferiscono "significato alla sua vita nel mondo" (cfr RH 10). Ricordare gli eventi e gli influssi che hanno formato una nazione significa comprendere meglio le fonti della sua attuale direzione storica.


6. Qui a Oslo, desidero lodare la speciale attenzione che la Norvegia di oggi riserva alla promozione e alla tutela della libertà e dei diritti umani. In ambito internazionale avete manifestato il vostro appassionato interesse per il benessere di altri popoli e vi impegnate a levare la voce ovunque la dignità umana ed i diritti umani fondamentali sono minacciati o violati. La Norvegia è generosa nell'offrire assistenza ai paesi in via di sviluppo. I vostri soldati - non senza sacrificio - hanno un ruolo importante nel contingente di pace delle Nazioni Unite. Tutte queste forme di solidarietà manifestano la maturità della vostra vita nazionale e la vostra consapevolezza dell'interdipendenza dei popoli nel raggiungere livelli più alti di sviluppo e maggior partecipazione alla vita sociale e politica. Si serve stabilmente la pace quando si soddisfano le più profonde aspirazioni dei popoli alla giustizia, alla libertà e alla dignità.

Signora primo ministro, anche il suo lavoro come presidente della commissione per lo sviluppo e l'ambiente ha contribuito a sviluppare una nuova consapevolezza per quanto riguarda il bisogno di collegare lo sviluppo alla protezione dell'ambiente.


7. La Norvegia, e in effetti tutta la Scandinavia, ha aperto le sue porte a molti rifugiati costretti a fuggire dalla propria patria in cerca di salvezza e libertà.

Essi hanno perso tante cose care e voi avete dato loro nuova speranza. Da voi hanno ricevuto una genuina compassione e assistenza umanitaria. Venendo qui hanno dovuto adattarsi a molte cose che erano loro estranee, ma, a vostra volta, voi avete ricevuto da loro i tesori del loro retaggio culturale e spirituale. Li amerete e li servirete al meglio se consentirete loro di preservare e sviluppare le loro qualità uniche. So bene che molti dei vostri nuovi immigrati sono cattolici, e sono ansioso di incontrarli nel corso di questa visita.


8. Signora primo ministro, cari amici Norvegesi: esprimo nuovamente la mia gratitudine per il benvenuto che mi avete dato. La mia permanenza fra voi sarà breve ma intensa. Possa essa servire a rafforzare l'amicizia fra di noi, un'amicizia confermata fin dal 1982, quando sono stati stabiliti rapporti diplomatici pieni fra la Norvegia e la Santa Sede.

"Ja, Vi Elsker Dette Landet." (Si, noi amiamo questo Paese) (Excerptus "Inno Nazionale").

"Gud velsigne Norge!". (Dio benedica la Norvegia).

"Gud velsigne hele det norske folk!". (Dio benedica il popolo norvegese).

1989-06-01

Giovedi 1 Giugno 1989




Omelia della Messa - Ai fedeli riuniti, Oslo (Norvegia)

Vocazione missionaria e chiamata all'unità della Chiesa sono radicate nel fatto stesso di essere cristiani


"Benediro il Signore in ogni tempo, sulla mia bocca sempre la sua lode" (Ps 34,2).

Cari fratelli e sorelle.


1. Per la prima volta in assoluto il successore di san Pietro celebra l'Eucaristia in questi Paesi nordici. Sono profondamente commosso. E non sono il solo. Sono certo che anche voi, miei confratelli della famiglia della fede (cfr Ga 6,10) siete profondamente grati a Dio che ci ha concesso di offrire questa liturgia di "ringraziamento". Benediciamo Colui che è nostro Creatore e il Signore della storia. Dio - Padre, Figlio e Spirito Santo - che ci ha riuniti per l'Eucaristia, che è la preghiera e il sacrificio di Cristo stesso in unione con il suo corpo, la Chiesa.

E' per me una grazia e un onore straordinario lodare Dio qui, a Oslo, capitale della Norvegia, nell'Europa del Nord, in Scandinavia, - insieme con voi, Vescovo Schwenzer e Vescovo Gran e agli altri membri della Conferenza Episcopale dei Paesi nordici, - insieme a voi, sacerdoti, religiosi e laici della diocesi di Oslo, - con voi, cari fratelli e sorelle della comunità luterana! La lode al Signore è sulle nostre labbra e nei nostri cuori!


2. "Voi siete il sale della terra... Voi siete la luce del mondo... Risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al vostro Padre che è nei cieli" (Mt 5,13 Mt 5,14 Mt 5,16).

E' questo il messaggio della lettura del Vangelo che abbiamo appena udito. Gesù sfida i suoi discepoli con il compito di trasformare il mondo, di portare nuova luce alla nostra condizione umana, affinché il bene prevalga e Dio venga onorato. Sono passati oltre mille anni dacché questo messaggio salvifico fu proclamato per la prima volta in questa terra. La vita e il martirio del grande sant'Olav segno il "Battesimo" dei popoli della Norvegia. Attraverso il Battesimo i vostri antenati furono sepolti nella morte redentrice di Cristo e sono risorti con lui a nuova vita.

Cristo divento la loro luce. Ricordate e custodite questo retaggio, che è anche il retaggio del vostro Paese, descritto per il mondo in modo tanto vivido dalla vostra grande scrittrice, Sigrid Undset.


3. Il tema della luce e del buio che ricorre in tutta la Rivelazione deve essere particolarmente caro ai popoli del Nord che, più pienamente di altri popoli che vivono altrove, sperimentano ogni anno il passaggio dall'oscurità invernale allo splendore dell'estate. Siete tutti felici di vedere i giorni che si allungano e diventano più caldi. La Scrittura usa proprio questo simbolismo per indicare i termini del pellegrinaggio attraverso la storia di ogni individuo e di tutta l'umanità nella speranza di salvezza.

"Dio è luce e in lui non ci sono tenebre. Se diciamo che siamo in comunione con lui e camminiamo nelle tenebre, mentiamo e non mettiamo in pratica la verità; ma se camminiamo nella luce, come egli è nella luce, siamo in comunione gli uni con gli altri" (1Jn 1,5-7).

Esiste un'oscurità che è inevitabile nella vita su questa terra.

Esistono il dolore, la sofferenza e la morte; vi sono speranze disattese e promesse non mantenute; vi è la crudeltà e l'ingiustizia. Il pensiero filosofico moderno ha dedicato una grande attenzione agli aspetti esistenziali e metafisici dell'ansia che accompagna gli esseri umani nel loro pellegrinaggio attraverso la vita: l'ansia di un'esistenza finita e di possibilità umane limitate.

Ed esiste spesso un'altra "paura" nascosta nella nostra coscienza. E' legata al nostro senso di responsabilità nei confronti del bene e del male che sperimentiamo in noi stessi e nel mondo che ci circonda. Uno dei principali documenti del Concilio Vaticano II descrive la condizione umana in questo mondo: "Come creatura, (l'uomo) esperimenta in mille modi i suoi limiti... Debole e peccatore, non di rado fa quello che non vorrebbe e non fa quello che vorrebbe.

Per cui soffre in se stesso una divisione, dalla quale provengono anche tante e così gravi discordie nella società" (GS 10). Per molti, tuttavia, la "paura" che nasce dalla debolezza e dal peccato è un passo positivo verso la conversione e il cambiamento.


4. E' compito della Chiesa aiutare gli uomini e le donne d'oggi ad affrontare le sfide proprie della loro condizione umana. Il primo passo è quello di superare la nostra riluttanza ad esaminare noi stessi e le verità e i valori sui quali costruiamo le nostre vite. Cos'è l'uomo? Qual è il significato della sofferenza, del male, della morte, che non sono stati eliminati dal progresso? Qual è lo scopo del progresso stesso, conquistato ad un prezzo tanto alto? Cosa possiamo offrire alla società? Cosa possiamo aspettarci da essa? Che accade al termine della nostra vita terrena? (GS 10).

Rispondendo a questi interrogativi, "La Chiesa crede che Cristo, per tutti morto e risorto, dà all'uomo, mediante il suo Spirito, luce e forza perché l'uomo possa rispondere alla suprema sua vocazione" (GS 10). Oggi è dato a me - il Vescovo di Roma e successore di san Pietro - di riaffermare questa fede, qui a Oslo: di incoraggiare una seria riflessione sulla fuga da Dio e dai valori morali più alti che è tipica della società secolarizzata.

Mille anni di vita cristiana hanno profondamente segnato la società norvegese. La vostra attenzione per i bisognosi, la vostra sollecitudine per gli handicappati, i deboli e gli anziani, la vostra protezione dei diritti delle donne e delle minoranze, la vostra disponibilità a condividere il vostro benessere con i poveri del mondo, la generosità con cui avete aperto le vostre frontiere ai rifugiati e il contributo della Norvegia alla pace nel mondo sono tutti valori che scaturiscono dalla vostra eredità cristiana, dalla "grazia battesimale" della Vergine. La sfida che tutti i cristiani in Norvegia devono affrontare una testimonianza autentica e convinta al messaggio del Vangelo, che è la radice e il fondamento di questi valori. "Voi siete il sale... ma se il sale perdesse il sapore, con che cosa lo si potrà render salato?" (Mt 5,13). Non vi scoraggiate per l'enormità del compito. Il Signore che vi ha chiamati sarà la vostra forza.


5. Il Signore vi ha chiamati insieme.

Miei cari fratelli e sorelle cattolici, figli e figlie della Norvegia, e tutti voi, che provenite da altri paesi e che avete stabilito qui la vostra patria: le parole del profeta Ezechiele possono essere applicate a voi: "Vi prendero dalle genti, / vi radunero da ogni terra, / e vi condurro sul vostro suolo... / voi sarete il mio popolo e io saro il vostro Dio" (Ez 36,24-28).

[Nelle varie lingue, il Papa ha poi proseguito:] Dio vi ha convocato qui da molti paesi (norvegese), Dio vi ha convocato qui dalla Spagna e dall'America Latina (spagnolo), Dio vi ha convocato qui dalla Germania (tedesco), Dio vi ha convocato qui dalla Polonia (polacco), Dio vi ha convocato qui dalla Francia (francese), Dio vi ha convocato qui dal Vietnam (vietnamita), Dio vi ha convocato qui dalla Croazia (croato), Dio vi ha convocato qui dall'Italia (italiano), Dio vi ha convocato qui dall'Ungheria (ungherese), Dio vi ha convocato qui dall'Olanda (olandese).


6. "Vi condurro sul vostro suolo...".

Queste sono le parole che il profeta ha detto ai figli e alle figlie di Israele strappati alla loro terra verso l'esilio. Questo è il significato storico delle parole del profeta. Ma vi è un altro senso in questa affermazione, un senso che si riferisce ad un "esilio" più profondo, che tutti i figli e le figlie di Adamo condividono su questa terra. Mentre protestanti e cattolici sono in cammino verso la loro dimora eterna, non è forse la loro vera "patria" il Regno di Dio, già presente nell'unica Chiesa di Cristo sulla terra? Due fatti importanti e solenni sono dinanzi a tutti coloro che amano la Chiesa come Corpo di Cristo.Il primo è che la buona Novella della Redenzione non è stata ancora proclamata a tutti. Il secondo è il peso della divisioni fra i cristiani che la storia ci ha lasciato in eredità. Tutti noi siamo sfidati dal comandamento del Signore: "Andate in tutto il mondo e predicate il Vangelo ad ogni creatura" (Mc 16,15). La vocazione missionaria è radicata nel fatto stesso di essere cristiani. E lo è anche la chiamata all'unità della Chiesa. In Norvegia i rapporti ecumenici hanno raggiunto un alto livello di comprensione e collaborazione reciproche. Restano molti problemi difficili a livello di fede e dottrina, ma avete la certa fiducia che lo Spirito "vi guiderà alla verità tutta intera" (Jn 16,13).

Come colui che ha ereditato da Cristo il "ministero Petrino", sono soprattutto io che devo ripetere, con umiltà e fervore, la preghiera di Cristo nell'ultima Cena: "Padre... siano essi una cosa sola... perché il mondo creda" (Jn 17,21). Padre, Signore dei nostri cuori e delle nostre coscienze, fa' che questo accada! Tu che attraverso le labbra di Ezechiele hai promesso al tuo popolo: "Vi daro un cuore nuovo, mettero dentro di voi uno spirito nuovo", tocca i nostri cuori! Risveglia il vostro spirito! Animaci col potere di una nuova Pentecoste!


7. Il profeta parla a nome di Dio: "Vi daro un cuore nuovo, mettero dentro di voi / uno spirito nuovo... / Porro il mio spirito dentro di voi, / e vi faro vivere secondo i miei precetti" (Ez 36,26-27).

In tal modo lo stesso Signore Iddio diventa la nostra forza.

Lo Spirito di Dio - lo Spirito di verità, il paraclito, il consolatore - diventa un pellegrino nei nostri cuori, in ciò che è più intimo nella nostra condizione umana. A motivo di ciò, i "cuori di pietra" - insensibili, indifferenti, immersi nel qui e adesso, chiusi a Dio - diventano "cuori di carne", cuori umani sensibili, che avvertono la presenza e i bisogni di ogni fratello e sorella, cuori aperti a Dio: cuori aperti alla Parola di Dio e all'ethos divino.

Per questa meravigliosa trasformazione.

"Celebrate con me il Signore, / esaltiamo insieme il suo nome" (Ps 34,4).

1989-06-01

Giovedi 1 Giugno 1989





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