GPII 1989 Insegnamenti - Ai giovani dell'"UNIV '89" - Città del Vaticano (Roma)

Ai giovani dell'"UNIV '89" - Città del Vaticano (Roma)

L'evento della Risurrezione centro della storia dell'uomo


C'è una parola che si ripete in questi giorni e durante tutta l'ottava di Pasqua: "Haec dies quam fecit Dominus". Si potrebbe meditare a lungo sui possibili contenuti di questa breve frase, su questa parola pasquale della Chiesa: "Questo è il Giorno che Dio ha fatto". Questo giorno, questo tempo, anzi, questa pienezza dei tempi venuta da Dio si è manifestata nella Risurrezione di Cristo. E' chiaro che questo evento, questa Risurrezione non poteva venire dall'uomo, non poteva venire dal creato. Vediamo che il creato tende alla morte ed anche l'uomo è destinato a morire, in questa terra, perché è sottomesso alle leggi del creato.

Rovesciare queste leggi, e causare una vita dopo la morte non poteva farlo che Dio. così si spiega più semplicemente il contenuto di questa parola pasquale: "Dies quam fecit Dominus".

Ma questa parola raccoglie tanti altri contenuti, che si potrebbero trovare ripetendo, meditando, contemplando questo Giorno in cui si vede l'iniziativa di Dio. Noi, vivendo i nostri giorni, possiamo pensare che tutto venga dalle leggi della natura e che poi tutto sia lasciato alle iniziative dell'uomo, alla creatività dell'uomo: "Opus humanum", tutto il mondo, tutta la civiltà, la cultura, la scienza, la tecnica, tutto questo è l'uomo.

Invece, davanti a questo evento pasquale che è la Risurrezione, l'uomo deve fermarsi e confessare sinceramente quanto lui stesso non è in grado di fare.

Questo evento supera la capacità dell'uomo. Che cosa è quindi questo evento? Se l'uomo non sa pronunciare la parola "Dio", certamente per lui è difficile; cercherà diverse spiegazioni per non accettare di fatto l'evento. Ma, se ha la buona volontà, se ha la fede, alla fine dirà: "questo è opera di Dio", "Opus Dei".

Questo Giorno è pienezza dei tempi; è pienezza di tutti i giorni, di tutti i tempi e di tutti i secoli; questo Giorno della Risurrezione è il giorno in cui l'uomo è quasi costretto a pensare su tutto, su tutta la creazione e su se stesso come sull'"opera di Dio". Questa è la forza e la profondità della giornata odierna.

Questa giornata sconvolge il nostro modo di pensare, il nostro ritmo di vivere e di agire e domanda a noi di vedere anche tutto ciò che è "opus naturae", o "opus humanum" alla luce dell'"opus divinum".

Questo sconvolgimento, che porta con sé questa giornata di Risurrezione, spiega la tremenda conversione di Saulo di Tarso, e non solamente la sua conversione, ma anche quella di tanti altri. Se l'uomo, la persona umana, con la sua riflessione e con la sua sensibilità, si trova davanti a questo evento, a questo fatto che è la Risurrezione di Cristo, allora deve essere sconvolto. Deve cominciare, deve entrare in una conversione, deve cominciare a pensare su tutto: sul creato e su tutto ciò che è umano. Deve pensare con le categorie della attività di Dio, dell'opera di Dio, dell'"Opus Dei".

Non faccio propaganda per l'"Opus Dei". Cerco soltanto di capire e di spiegare quale poteva essere la prima intuizione di questo nome, di questa denominazione. Poi mi spiego perché voi giovani di tutte le parti del mondo, di diversi continenti, università, nazioni e lingue, vi date appuntamento a Roma durante il periodo prepasquale.

Vi ringrazio per questa vostra annuale presenza. Vi auguro di continuare con quella intuizione di fondo che ci porta la giornata odierna: vedere sempre più, sempre più profondamente ciò che è creato e segue le leggi della natura: ciò che è umano, ciò che è mio, personale, come "Opera di Dio", come iniziativa di Dio, presenza di Dio, grazia di Dio.

Vi auguro questa conversione, questo sconvolgimento, questa conversione profonda che non diminuisce niente del creato, dell'umano, anzi lo aumenta, lo approfondisce, lo pone in tutta la sua piena dimensione, perché tutte le cose create, le dimensioni umane hanno la loro pienezza in Dio e da Dio.

Vi auguro di continuare su questa strada. Voi siete venuti qui a Roma durante questa settimana santa, che ci prepara alla giornata di oggi, per essere insieme, meditare insieme, pregare insieme, per avvicinarvi tra voi, per approfondire le vostre amicizie, la vostra comunione umana e cristiana. Ogni anno vi incontro e sono molto lieto per questo incontro. Vi ringrazio per tutto quello che portate. Portate sempre un frutto delle vostre riflessioni, delle vostre preghiere e, nello stesso tempo, della vostra giovinezza. Portate al Papa anche un po' di divertimento.

Dovrei ringraziare tutti. Ogni vostra testimonianza è giunta da una parte del mondo, in lingua diversa e rappresenta un'altra cultura, un'altra tradizione; rappresenta altre sofferenze di popoli e di giovani.

Tutto ciò che avete testimoniato è vero e voi l'avete portato insieme in questo cortile di san Damaso per mettere in rilievo tutto ciò che è opera dell'uomo e deve diventare opera di Dio. Tutto ciò che è bellezza, pensiero, scienza, inventività, creatività, università, tutto questo è alla fine "Opus Dei", "Opera di Dio" e quando viene vista così, trattata così, attinge la sua piena dimensione.

Attraverso voi voglio anche salutare e abbracciare tutti i giovani dei vostri ambienti, delle vostre scuole, delle vostre università, delle vostre famiglie. Vorrei esprimere questa mia preghiera e questa mia simpatia, questo mio abbraccio a tutti i vostri coetanei, alle vostre famiglie, ai vostri professori, maestri, educatori, a tutti coloro che prendono parte alla vostra formazione; alla vostra prelatura che conosce bene questa vocazione educativa ed ama i giovani, ama gli universitari e cerca di contribuire alla loro cultura e soprattutto alla loro fede, alla loro conversione, al loro incontro con Cristo: incontro che è sempre fruttuoso e creativo di un giorno nuovo da creare e da convertire in senso metafisico, ontologico. Vi auguro un buon ritorno alle vostre case, ai vostri ambienti, nei vostri paesi.

Il Signore vi guidi e vi assista sempre.

Sia con tutti voi la sua grazia.

1989-03-26

Domenica 26 Marzo 1989




Recita del "Regina Coeli" - Ai fedeli riuniti, Castel Gandolfo (Roma)

Come i due discepoli di Emmaus, conoscere Gesù nella "fractio panis"


Saluto cordialmente tutti i presenti. Tutti celebriamo il Giorno che ha fatto il Signore, "Dies quam fecit Dominus", e questo Giorno dura otto giorni, tutta una ottava. Oggi è il secondo giorno di questo "Giorno pasquale".

C'è una caratteristica profonda, religiosa in tutti questi otto giorni, dalla domenica di Pasqua alla domenica seguente, che chiamiamo tradizionalmente "Domenica in albis": un nome legato alla tradizione dei neobattezzati.

Ma la giornata odierna, nella tradizione italiana, ha un nome speciale e si chiama "Pasquetta". Saluto tutti coloro che partecipano a questa "Pasquetta" a Castel Gandolfo con me.

Saluto monsignor Vescovo di Albano, come anche la parrocchia di Castel Gandolfo, rappresentata dal suo parroco, e tutti i parrocchiani e gli ospiti che per questo giorno sono qui.

Vogliamo anche pensare a tanti altri, soprattutto a quelli che sono a Roma e guardano alla finestra aspettando che il Papa, come Vescovo di Roma, si affacci per la preghiera mariana. Anche verso di loro sono indirizzati la mia preghiera, queste mie parole e i miei auguri pasquali.

Saluto tutti gli Italiani che, specialmente in questo giorno di "Pasquetta", sono in giro. Dicono che questa sia una tradizione biblica ed evangelica. Ricordiamo i due discepoli di Gesù, che andavano da Gerusalemme verso Emmaus. Si deve sempre cercare una nuova Emmaus per incontrare Gesù. A tutti coloro che in questi giorni girano l'Italia e il mondo auguro di incontrare Gesù, come i discepoli di Emmaus.

Lo stesso augurio rivolgo agli altri che si mettono in cammino in questi giorni. Possano tutti incontrare Gesù crocifisso e risorto. E' lui a spiegarci il senso della sua Passione, della sua morte e di tutto il mistero pasquale. Gesù si è fatto conoscere dai due discepoli nella condivisione del pane, nella "fractio panis". Questo pane è diventato Eucaristia.

Auguro a tutti di conoscere Gesù in "fractione panis", di conoscerlo come lo hanno conosciuto i discepoli di Emmaus.

1989-03-27

Lunedi 27 Marzo 1989






Ai membri della commissione "Fede e Costituzione" - Città del Vaticano (Roma)

Per l'unità dei cristiani è essenziale l'accordo sulla fede apostolica e sulla natura della Chiesa


Cari amici in Cristo.

Sono lieto di ricevervi, membri della commissione "Fede e Costituzione" del consiglio ecumenico delle Chiese, per esprimere una parola di incoraggiamento per il vostro lavoro. Il vostro è un impegno importante e delicato. E' importante poiché cercate di servire quello che è l'obiettivo di ogni azione ecumenica, e cioè l'unità visibile di tutti i cristiani nell'unica fede e nell'unica comunione eucaristica. Ed è delicato poiché cercate di servire questo obiettivo all'interno di un contesto multilaterale, in un dialogo tra rappresentanti delle diverse Chiese e comunità ecclesiali. La Chiesa cattolica rinnova di continuo il suo impegno nel promuovere l'unità che Cristo stesso ha desiderato per i suoi discepoli (cfr Jn 17,21).

Vi state attualmente preparando al prossimo incontro plenario della vostra commissione che si terrà a Budapest l'agosto prossimo. Là esaminerete molte attività, tra cui il progresso degli studi in atto. Oltre a "Battesimo, Eucaristia e Ministeri", c'è uno studio sul tema "Per una espressione comune della fede apostolica nel mondo contemporaneo", e un altro su "L'unità della Chiesa e il rinnovamento della comunità umana". Si tratta di lavori importanti perché la mèta dell'unità tra i cristiani non si può conseguire senza un accordo sulla fede apostolica e sulla natura della Chiesa.

Possiamo considerare il vostro impegno pieno di dedizione come un tentativo di condurre i cristiani divisi più vicini alla visione dell'unità presentata da san Paolo: "Un solo corpo, un solo spirito, come una sola è la speranza alla quale siete stati chiamati, quella della vostra vocazione; un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo. Un solo Dio Padre di tutti" (Ep 4,4-6).

Prego che il vostro impegno sia pieno di frutti.

1989-03-30

Giovedi 30 Marzo 1989




Ai Vescovi di Turchia in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)

Il rispetto della libertà religiosa è un principio che deve trovare una concreta applicazione


Caro Presidente della Conferenza Episcopale di Turchia, cari fratelli nell'Episcopato e nel sacerdozio.


1. Gli incontri con i Pastori delle Chiese particolari in visita "ad limina Apostolorum" sono una grazia sempre nuova per il Vescovo di Roma. Questi contatti diretti con i membri del Collegio Episcopale gli consentono di conoscerli meglio, con le loro gioie e le loro preoccupazioni, e di testimoniare loro la sua affezione fraterna. La mia missione consiste, in effetti, nel confermarvi nella fede, voi che "lo Spirito Santo ha posto come Vescovi a pascere la Chiesa di Dio" (Ac 20,28). Ed è la prima volta che vi ricevo dalla costituzione della vostra Conferenza Episcopale di Turchia.


2. I vostri rapporti quinquennali mi hanno fatto compiere, in qualche modo, un pellegrinaggio fraterno e orante nelle vostre diocesi di rito latino, armeno, caldeo, bizantino e siro-cattolico. Pellegrinaggio più ampio della mia visita del 29 e 30 novembre 1979, che tocco soltanto Ankara, Istanbul ed Efeso. Leggendo e meditando i vostri rapporti, il ricordo della prima "implantatio" del cristianesimo nella vostra terra ha colmato il mio spirito. Con voi ho ripensato all'apostolo Giovanni, autore del messaggio profetico alle sette Chiese dell'Asia Minore. Ho pensato anche a Paolo, di Tarso in Cilicia: egli ha percorso in lungo e in largo la Turchia attuale per annunciarvi il Vangelo! Anche gli Atti degli Apostoli manifestano eloquentemente l'importanza della comunità di Antiochia, l'Ankara di oggi, dove Pietro ha svolto un grande ruolo, dove i discepoli di Cristo per la prima volta hanno ricevuto il nome di "cristiani". E come dimenticare le nobili figure di Policarpo e Ignazio, e quelle dei padri di Cappadocia, Gregorio, Basilio e Giovanni Crisostomo? Questa contemplazione non mi allontana dal presente, dalla situazione modesta che vivete concretamente. Ma piuttosto di attardarci su questa realtà di fatto, che ciascuno di voi conosce perfettamente, offriamo insieme queste sofferenze e queste preoccupazioni nella fede e nella speranza, secondo l'esempio dell'apostolo Paolo. Le sue osservazioni, per esempio nella seconda lettera ai Corinzi, sono spesso in sintonia con le situazioni quotidiane da voi vissute.


3. In questo momento che costituisce l'apice della vostra visita "ad limina", mi pare incoraggiante ascoltare di nuovo alcune parole del Concilio Vaticano II, nel decreto "Christus Dominus": "Nell'esercizio del loro ufficio di padri e di pastori, i Vescovi in mezzo ai loro fedeli si comportino come coloro che prestano servizio; come buoni pastori che conoscono le loro pecorelle e sono da esse conosciuti; come veri padri che eccellono per il loro spirito di carità e di zelo verso tutti... Raccolgano intorno a sé l'intera famiglia del loro gregge, e diano ad essa una tale formazione che tutti, consapevoli dei loro doveri, vivano ed operino in comunione di carità" (16). Voi tendete a questo ideale (i vostri rapporti sottolineano il fatto che voi vivete vicino ai vostri sacerdoti e fedeli), che trova la sua origine nel sacramento dell'Ordine, nella vostra vita spirituale personale, ma anche negli incontri fraterni fra Pastori di diversi riti. L'evangelizzazione nel mondo contemporaneo, ovunque complessa, ha spinto i padri del Concilio Vaticano II a dare nuovo impulso alla collegialità episcopale, vissuta ai tempi degli apostoli e, successivamente, soprattutto attraverso i Sinodi provinciali.

Certo la vostra Conferenza Episcopale è nuova e piccola. Tuttavia, essa può e deve avanzare per la sua strada, che è davvero difficile. Essa procederà nella misura in cui ciascuno dei suoi membri porterà il suo contributo di fiducia, di esperienza e di saggezza, con una conoscenza oggettiva dei problemi da affrontare e delle proposte risolutive attentamente ponderate. Sono profondamente convinto che l'avvenire e la vitalità delle vostre Chiese particolari dipendono dal cammino della Conferenza Episcopale. Essa costituisce una grazia da far fruttificare, per scongiurare l'abbattimento umanamente possibile di fronte alle difficoltà incontrate e anche di fronte a certe sconfitte, umilmente ricordate da taluni di voi. Vedete, cari fratelli, occorre dare alla vostra Conferenza tutto il suo dinamismo dopo gli anni della costituzione. La regolarità e la preparazione approfondita delle assemblee, il loro vivace svolgimento sono elementi di primaria importanza. E' anche possibile, almeno di tanto in tanto, farvi partecipare degli esperti su alcune questioni dottrinali o pastorali, per aiutarvi a lavorare sui problemi più importanti posti dalla vostra missione di maestri della fede e guide del popolo cristiano, che devono orientare i fedeli nelle realtà temporali della famiglia, dell'educazione, della vita socio-professionale, spesso in modo controcorrente rispetto al mondo circostante. Aggiungerei ancora che l'unità viva della vostra Conferenza Episcopale - che genera una corresponsabilità benefica al vostro livello di Pastori e un dinamismo apostolico per i vostri sacerdoti, religiosi e fedeli - può darvi anche un maggior credito nelle vostre relazioni con le autorità civili del Paese. Penso in particolare al problema delicato, non ancora risolto, dell'esenzione dai corsi di religione coranica per i bambini delle famiglie cattoliche che frequentano le scuole statali, sull'esempio della dispensa accordata ai giovani musulmani iscritti nelle scuole cattoliche. Il rispetto della libertà religiosa non dovrebbe restare un principio privo di applicazione concreta.


4. I vostri rapporti quinquennali, pur sottolineando con pena il continuo esodo di molti delle vostre comunità verso paesi esteri, soprattutto in Europa, segnalano che la maggioranza dei vostri fedeli, soprattutto nelle feste e nei momenti più significativi dell'anno liturgico, riempiono le vostre chiese. Voi auspicate tuttavia che la loro partecipazione alla santa liturgia sia più attiva. Ho notato anche la vostra viva preoccupazione per l'insegnamento della religione ai bambini e agli adolescenti. Su questi due punti desidero esprimervi un caldo incoraggiamento. La costituzione "Sacrosanctum Concilium" afferma che "la Chiesa considera su una stessa base di diritto e di onore tutti i riti legittimamente riconosciuti... vuole che essi siano conservati e in ogni modo incrementati, e desidera che, ove sia necessario,... venga loro dato nuovo vigore come richiedono le circostanze e le necessità del nostro tempo" (SC 4).

In tempi in cui le lingue letterarie hanno scarsa risonanza nello spirito e nel cuore dei fedeli, in linea di massima, l'uso ragionevole delle lingue correnti aiuta molto il popolo cristiano ad acquisire i tesori della liturgia e a viverli concretamente. La stessa costituzione conciliare ribadisce che "i Pastori d'anime devono vigilare attentamente che nell'azione liturgica non solo siano osservate le leggi che ne assicurano la valida e lecita celebrazione, ma che i fedeli vi prendano parte consapevolmente, attivamente e fruttuosamente" (SC 11). Sapete bene che il culto dignitosamente presieduto dai ministri ordinati, in cui il popolo, pazientemente e ben formato, svolge il suo ruolo, attrae i giovani e gli adulti. La posta in gioco è fondamentale, perché i "Christifideles" hanno bisogno, attraverso una liturgia viva e degna, di entrare in contatto con la Parola del Signore per ricevere i frutti della sua Passione e della sua Risurrezione.


5. Condivido la vostra grande preoccupazione per la formazione religiosa dei giovani e degli adolescenti delle vostre comunità. Ho letto che vi trovate di fronte a un problema di difficoltà di orario, una certa apatia delle famiglie, lo scarso numero dei catechisti. Per un nuovo tentativo di armonizzazione dei diversi riti, deve essere possibile trovare nuovi catechisti e formarli, rivedendo magari il contenuto e il metodo degli incontri con i giovani. Una catechesi sistematica, approfondita, in un linguaggio semplice e affascinante può forse coinvolgerli.

Sottolineo anche che i catechisti non possono accontentarsi di trasmettere delle verità di fede; un clima di preghiera deve caratterizzare l'ora di catechesi ed essi devono trasmettere in tutta umiltà la loro propria esperienza spirituale.

Desidero esortarvi a sostenere - già lo fate - le vostre scuole cattoliche e i religiosi e le religiose che vi lavorano con uno zelo e una competenza encomiabili. Ho saputo con grande soddisfazione della recente costituzione di una federazione delle scuole cattoliche della Turchia. Auspico che, con il vostro appoggio, essa possa contribuire alla vitalità delle vostre scuole e collegi, favorendo gli incontri pedagogici ed educativi, sollecitando anche le comunità cristiane generose di altri paesi ad aiutare il bilancio gravoso di queste realtà educative. Ben diretti, questi istituti primari o secondari continueranno a dare ai giovani la volontà e il gusto di formarsi per fare della loro esistenza un servizio agli altri, un servizio buono. Non è forse tra questi studenti, qualunque sia la proporzione dei cattolici, che è possibile un risveglio della vocazione sacerdotale o religiosa? La tendenza attuale non è positiva, e voi ne soffrite. Non è forse pensabile di rovesciare questa tendenza, presentando ai giovani e alle loro famiglie il valore incommensurabile della donazione della propria vita a servizio di Dio e degli uomini? Voi desiderate riesaminare la questione del seminario San Luigi di Istanbul. Vi incoraggio vivamente. Ne verranno dei risultati. Vedo con gioia, un po' dappertutto, che la tenacia e la speranza audace dei Pastori hanno prodotto frutti che fanno ben sperare. Le adunanze di giovani, i pellegrinaggi sono delle occasioni che favoriscono la fioritura delle vocazioni.


6. Infine, una parola sulla vostra pratica dell'ecumenismo. I risultati sono positivi e voi accompagnate i vostri fedeli con costanza perché, in una società a maggioranza non-cristiana, i discepoli di Gesù l'annuncino e lo celebrino il più fraternamente possibile. Egli sarà quindi meglio manifestato se le Chiese appariranno in accordo tra loro, nella loro diversità, accogliendo chi, in un modo o in un altro, bussa alla loro porta alla ricerca di amore, di verità e di speranza.

Per quanto riguarda il dialogo con l'Islam, si tratta di una realtà quotidiana per voi e per i vostri diocesani. Incoraggiate quanti si affidano alle vostre cure perché non abbiano paura di manifestare la loro fede, ad esempio di Gesù che non si è imposto, ma ha fatto di tutta la sua esistenza un annuncio chiaro dell'amore offerto dal Padre a tutti gli uomini. In questa esigente testimonianza, lasciatevi ispirare dall'esempio di tanti cristiani che, dagli albori del cristianesimo, hanno compiuto con coraggio il loro dovere: "noi non possiamo tacere quello che abbiamo visto e ascoltato" (Ac 4,20).

So che le vostre comunità desiderano fermamente rispondere all'appello del Vangelo, tra l'altro, attraverso l'impegno di diverse realtà assistenziali che mostrano bene come la carità vera viene vissuta senza discriminazioni.

Nel caso, con dignità e fermezza, fate prevalere il rispetto della libertà religiosa verso i vostri fedeli, animati da uno spirito di pace e di giustizia, con lealtà nei confronti della società del loro paese.


7. Fratelli carissimi, vi ringrazio di cuore per la vostra visita al successore di Pietro. Auspico vivamente che i nostri incontri, insieme alle riunioni con i miei collaboratori, portino frutti abbondanti per la vostra Conferenza Episcopale e per ciascuna delle vostre diocesi. Mentre vi ripeto le parole di Cristo a Pietro e ai primi discepoli: "Andate al largo!", invoco su ciascuno di voi e sul popolo a lui affidato le più copiose benedizioni divine.

1989-03-31

Venerdi 31 Marzo 1989




A un gruppo di studenti fiamminghi - Città del Vaticano (Roma)

Inserite la vita nuova di Pasqua nel progetto della vostra vita


E' per me una vera gioia ricevere e salutare voi, giovani, che siete venuti a Roma con il pellegrinaggio pasquale, che ogni anno viene organizzato dal collegio sant'Uberto di Neerpelt, i cui studenti saluto in particolare.

La vostra presenza qui, una settimana dopo la festa di Pasqua, è come l'epilogo della grande sinfonia della vita che abbiamo celebrato a Pasqua e il cui preludio è stata la quarta Giornata Mondiale della Gioventù, che ho celebrato insieme con numerosi giovani una settimana prima della festa di Pasqua, la domenica delle palme, a piazza san Pietro.

Quanto è ancora più ricca di simbolismo la celebrazione della Pasqua, festa della vita nuova, se è iniziata e conclusa insieme con giovani, insieme con coloro che rappresentano l'avvenire, la nuova vita. Il vostro cuore, il vostro spirito, sta aperto all'avvenire, alla vita nuova, verso la quale sono rivolte le vostre aspettative, i vostri sogni, i vostri ideali. così era anche per i giovani di Gerusalemme, per i "pueri hebraeorum", per i figli degli Ebrei, che la domenica delle palme hanno acclamato Gesù al suo ingresso nella città santa: "Benedetto colui che viene, il Re, nel nome del Signore" (Lc 19,38). Essi aspettavano un messia, un re, che avrebbe liberato la loro nazione dall'oppressione e dalla povertà e recato un avvenire pieno di prosperità e felicità, pieno di vita.

Ma alla domenica delle palme è seguito il venerdi santo, giorno della morte di Gesù sulla Croce, su cui Pilato aveva fatto scrivere: "Questi è Gesù, il re dei Giudei" (Mt 27,37). Ciò sembrava il crollo completo di tutte le aspettative per l'avvenire, la fine della stessa vita. Pero, al venerdi santo è seguita la Pasqua, il giorno della Risurrezione del Signore; alla morte della vita terrena è seguita la vita nuova, immortale, eterna. Gli angeli hanno detto alle donne, che erano venute al sepolcro: "Perché cercate tra i morti colui che è vivo? Non è qui, è risuscitato" (Lc 24,5-6).

Voglio volentieri esortarvi, carissimi giovani, ad inserire questa vita nuova di Pasqua nel progetto della vostra vita, nelle vostre aspettative per l'avvenire. La vita di ogni uomo, anche quella di ciascuno e ciascuna di voi, passerà una volta attraverso il Golgota, il venerdi santo, la morte. Tuttavia ciò non sarà la fine, anzi sarà l'inizio della vita propria, se voi ne avrete inserito la prospettiva nella vostra vita terrena. E questo potete e dovete realizzare facendo della vostra vita terrena una vita di amore, una vita a servizio del prossimo, impegnandovi sempre per un'autentica civiltà dell'amore. In questo senso auguro a tutti una felice Pasqua e imparto di cuore la benedizione apostolica.

1989-03-31

Venerdi 31 Marzo 1989




A giovani della diocesi tedesca di Osnabruck - Città del Vaticano (Roma)

Testimoniate la forza della Risurrezione nell'impegno per la difesa del creato


Cari confratelli, cari fratelli e sorelle.

E' una grande gioia potervi incontrare in questa sala così piccola ma proprio per questo familiare. Rinnovo il mio caloroso benvenuto a voi e ai vostri accompagnatori e al Vescovo Kettmann.

Considerate un grande dono il poter vedere la Chiesa mondiale nel centro della cristianità cattolica proprio durante la festività principale dell'anno liturgico, dopo aver trascorso la settimana santa e la liturgia pasquale nelle vostre parrocchie. Come si sa, la festa della Pasqua dura, per la liturgia della Chiesa, per tutto il periodo della settimana di Pasqua.

Come ho detto durante l'ultima udienza generale, la Risurrezione di Gesù Cristo è la verità fondamentale della nostra fede. E' il suggello della divinità di Cristo e della verità del suo Vangelo. E' la vittoria della vita sulla morte, della speranza sulla disperazione, la promessa e il pegno della nostra stessa Risurrezione.

La Risurrezione di Gesù Cristo è il si definitivo di Dio a suo Figlio, il "Figlio-uomo", il si definitivo di Dio al creato intero. Nella trasfigurizione del corpo di Cristo risorto inizia la trasfigurazione di tutte le creature, la "nuova creazione", in cui tutto il creato deve essere trasformato.

Si alla vita, si alla speranza e al futuro, si agli uomini, si agli esseri viventi e a tutta la natura - ecco i valori che voi giovani dovete considerare in modo particolare. Nella nuova coscienza generale delle nostre concrete condizioni di vita, noi, come cristiani, abbiamo un motivo in più e più serio per unirci con tutti gli uomini di buona volontà per la tutela e la difesa della natura e dell'ambiente e di tutti i valori naturali. Ciò non deve essere un dono in sé, ma un dono affidatoci dalle mani del Creatore. Tutta la natura che ci circonda è creazione come noi, creazione insieme con noi, e nel destino comune tende a trovare in Dio stesso il compimento e la finalità ultima, come "cieli nuovi e terra nuova". Questa dottrina della nostra fede è per noi uno stimolo ancora più forte per un rapporto responsabile e nello stesso tempo rispettoso con la creazione: nella natura inanimata, nelle piante e gli animali e soprattutto nei nostri simili riconosciamo l'immagine di Dio.

Il santo Niels Stensen, grande scienziato e teologo, legato in modo particolare alla vostra diocesi, invita anche noi del XX secolo a lasciare che gli occhi dello spirito si aprano sulle meraviglie di Dio nella natura, a riconoscere la nostra dignità di uomini nella creazione divina e a lasciarsi colmare della luce della sua grazia.

Il richiamo alla Risurrezione dà alla nostra vita una autentica profondità e prospettiva che non ci porta solo alla conservazione dell'ambiente esterno, ma ci esorta ad una grande responsabilità di pulizia, cura e perfezionamento soprattutto del nostro mondo interiore, del nostro cuore e del nostro spirito. Fatevi, con l'aiuto dello spirito pasquale, sostenitori e difensori della custodia dei valori morali nella famiglia, nello Stato, nella società e nella nostra vita. Chi seriamente si pone a difesa degli animali, dovrà a maggior ragione lottare per la protezione della vita umana in tutte le sue fasi.

Chi si adopera per l'ecologia e la difesa dell'ambiente, si rivolga con fermezza contro l'abbandono della decenza e dei buoni costumi nella vita sociale.

Siate, cari giovani amici, in questo senso uomini pasquali tutti i giorni; uomini che sono a conoscenza della nuova creazione nella Risurrezione di Cristo e che vivono in solidarietà con tutti gli uomini e le creature viventi il richiamo del creato per una partecipazione eterna alla sua Risurrezione e gloria.

Siate testimoni del Signore risorto e della forza trasformatrice della sua lieta Novella e seguaci nella fede, speranza e carità. Imploro quindi per voi ricche grazie pasquali e vi imparto la mia particolare benedizione apostolica. Sia lodato Gesù Cristo!

1989-03-31

Venerdi 31 Marzo 1989




A calzaturieri di Vigevano - Città del Vaticano (Roma)

Il criterio morale della solidarietà garanzia dei diritti del lavoratore


Carissimi lavoratori e imprenditori calzaturieri vigevanesi! Sono lieto di accogliervi in questa speciale udienza, promossa dal consorzio intitolato ai santi Crispino e Crispiniano, in occasione del vostro pellegrinaggio a Roma.


1. Saluto il Vescovo di Vigevano che vi accompagna, monsignor Giovanni Locatelli, e saluto il presidente dell'associazione dei calzaturieri, con il consiglio, l'assistente spirituale e tutti voi soci.

Il mio pensiero va poi ai numerosi premiati per la "fedeltà al lavoro" ed ai rappresentanti dell'associazione nazionale dei calzaturifici italiani, ai titolari delle diverse industrie. A tutti il mio grazie ed il cordiale benvenuto, insieme con l'augurio di prosperità, di serena fraternità, di protezione del Signore.


2. La storia delle industrie vigevanesi è antica e singolare, e segna quasi una "vocazione", per così dire, della vostra terra nell'arte della confezione della calzatura. Si nota chiaramente prima il diffondersi, fin da tempi lontani, del mestiere, a livello privato ed artigianale; poi, già dal secolo scorso, l'approdare dell'attività verso forme di collaborazione consorziale e corporativa, fino a giungere, con l'invenzione dei primi macchinari alla efficienza delle attuali strutture industriali. Proprio su tale sistema, moderno e sempre aperto a nuove invenzioni tecniche, si sostiene lo sviluppo dell'arte che vi è propria, e che ha portato il vostro nome dovunque in Italia, in Europa, nel mondo.

E' ovvio che io vi manifesti il mio sentimento di plauso e di compiacimento per iniziative tanto coraggiose, che fanno onore a Vigevano ed a tutta la Lomellina. Non posso tuttavia dimenticare i problemi che toccano la vostra industria, particolarmente quelle crisi del lavoro che inducono alcune aziende a chiudere e che sembrano far vacillare certe strutture operative. E' ovvio che ogni lavoratore pensi al suo impiego, dal quale deriva la serenità della vita e lo sviluppo della famiglia: infatti, dalla sicurezza del lavoro e del profitto scaturisce non solo il benessere, ma la tranquillità della vita comune, la speranza di una convivenza pacifica per tutti, nella solidale partecipazione al bene ed al profitto.

E' chiaro che i vostri problemi sono connessi con le leggi dell'interdipendenza nelle attività produttive industriali o artigianali.

Auspico che sia possibile superare ogni forma di chiusura e di blocco nei rapporti commerciali tra gli Stati, e che si cerchino le forme sempre più perfette della collaborazione, seguendo il criterio morale della virtù della solidarietà.


3. La nostra epoca e la nostra cultura esigono soprattutto che non siano ignorati i criteri morali relativi ai rapporti tra la persona ed il progresso tecnico.

Nelle vostre professioni voi notate che la tecnica facilita il lavoro, lo moltiplica, lo accelera, lo perfeziona. Proprio dalla tecnica nasce anche una migliore e più ampia possibilità di accesso di tutti ai beni necessari, utili, di consumo. Tuttavia, affinché questo possa avvenire, occorre che lo sviluppo tecnico non dimentichi mai il posto dovuto all'uomo. Occorrerà sempre vigilare perché le moderne tecnologie non vanifichino il principio del diritto universale al lavoro; così pure bisognerà far si che dalla tecnica non si sviluppino monopoli o concorrenze conflittuali o distruttive.

Ancora una volta, la risposta etica appropriata per tale problema è la solidarietà: essa deve essere sempre presente, come virtù umana e cristiana irrinunciabile, a tutte le intraprese, affinché l'uomo, ogni uomo ed ogni lavoratore siano garantiti nei loro diritti e doveri fondamentali.


4. Con questi pensieri, carissimi, io affido la vostra attività alla protezione dei santi patroni Crispino e Crispiniano. La tradizione ci presenta questi fratelli e martiri come costruttori di calzature per i poveri, e come annunciatori del Vangelo di Cristo nell'esercizio della loro stessa professione. A tale esempio ispirate i vostri comuni rapporti. Lo spirito di fraternità e di amicizia, il fervore e la carità nel servizio, l'impegno di sviluppare tra di voi la fede e la carità, così che all'interno di ogni vostra azienda i rapporti siano positivi, moralmente ineccepibili: ecco il modello di vita che i santi vi suggeriscono.

Vi imparto, quindi, di cuore la benedizione apostolica, che volentieri estendo alle vostre famiglie, alle aziende, alle persone care.

1989-04-01

Sabato 1 Aprile 1989





GPII 1989 Insegnamenti - Ai giovani dell'"UNIV '89" - Città del Vaticano (Roma)