GPII 1989 Insegnamenti - Le visite pastorali del Vescovo di Roma

Le visite pastorali del Vescovo di Roma

Parrocchia dello Spirito Santo alla Ferratella


[Alla popolazione del quartiere] Saluto tutta la vostra parrocchia dedicata allo Spirito Santo. Saluto tutti i parrocchiani qui presenti e tutti gli abitanti di questo quartiere, di queste case, di questi palazzi; tutti e ciascuno, tutte le generazioni, cominciando dai più anziani e terminando con i più piccoli, quelli che hanno appena cominciato la loro vita. A loro pensiamo specialmente oggi, giornata dedicata alla vita umana e, attraverso la vita umana, alla vita divina di cui lo Spirito Santo è una sorgente misteriosa ma continua. Noi confessiamo sempre, nel "Credo" della celebrazione eucaristica, che lo Spirito Santo ci dà la vita. Ogni vita è dono di Dio. Ma c'è anche la vita soprannaturale, la vita divina, che è grazia, dono per la creatura, per l'uomo, per ciascuno di noi. Lo Spirito Santo è soprattutto la fonte divina personale di questa vita. Vi auguro che si verifichi nella vostra comunità quello che la Chiesa intera ripete sempre pregando: "Emitte Spiritum tuum et creabuntur et renovabis faciem terrae". Che si rinnovi la faccia della terra, si rinnovi nello Spirito Santo attraverso la sua discesa, con l'opera della sua forza divina; si rinnovi quello che è creato, che è umano, quello che è anche "esterno", ma soprattutto quello che è "interno", il nostro cuore, l'uomo interiore, che assomiglia di più a Dio perché è stato creato a sua immagine e somiglianza. Con questa immagine e somiglianza, egli è chiamato, dal momento della sua creazione, ad essere penetrato dallo Spirito Santo, da quello Spirito di Dio, da quella persona misteriosa, nascosta, invisibile, che penetra la profondità della divinità e, nello stesso tempo, le profondità della nostra umanità. Che sia efficace la sua opera in noi, che ci diriga verso i nostri destini non solamente terrestri ma eterni. Uno solo è il destino dell'uomo: Dio stesso.

[Ai bambini] Nella liturgia di oggi si celebra il Buon Pastore. Noi sappiamo che questo Buon Pastore è Gesù Cristo. Egli stesso diceva: "Io sono il Buon Pastore".

Il pastore è colui che si occupa del gregge, dell'ovile, degli agnelli, o anche di altri animali. E certamente una metafora che presenta Cristo nella sua sollecitudine di salvatore, di redentore. Egli dice: "Io sono il Buon Pastore. Il Buon Pastore è quello che dà la sua anima per le sue pecore". E Cristo è quello che ha dato la sua anima per tutti noi, per tutta l'umanità. E splendida questa parabola evangelica, è splendida questa celebrazione odierna che appartiene al periodo pasquale e ci spiega anche il mistero pasquale, il mistero della redenzione. Cristo dà la vita perché, anche se crocifisso, non è stato ucciso ma è risorto. Egli dà la vita, perché sempre ha la vita e può trasferire a ciascuno di noi questa vita che è in lui: una vita che non è solamente umana, ma è la vita del Figlio di Dio, vita divina. Egli ci dà questa vita perché anche noi possiamo essere figli adottivi di Dio, simili a lui. E anche il Buon Pastore è simile a noi. Questa è una realtà omogenea che si chiama Chiesa. Noi siamo tutti nella Chiesa, anzi, tutti siamo la Chiesa, la comunità del Popolo di Dio, dei redenti, dei battezzati, dei confermati, o di quelli che si preparano alla Confermazione, e soprattutto di quelli che si nutrono del Corpo e del Sangue di Cristo, del cibo eucaristico. Noi siamo questa comunità del Buon Pastore e come tale abbiamo anche noi diversi compiti pastorali. Io vorrei domandarvi: chi è oggi "pastore" nella vostra assemblea? Certamente risponderete: il Papa, il Cardinale, monsignor Vescovo. Ma io vorrei dire che anche un vostro maestro, una vostra maestra è un pastore, perché anche lui porta in sé una sollecitudine per il vostro bene e partecipa all'opera della salvezza che viene da Cristo. Naturalmente, soprattutto i vostri genitori sono pastori della famiglia, dei loro figli. Ma, proseguendo nella stessa analogia, possiamo vedere che a ciascuno di noi è affidato un compito pastorale: il compito di essere pastore verso un suo fratello, una sua sorella, un suo amico, una sua amica. Essere pastore anche nel senso più specifico della parola: avere sollecitudine per un altro. Se uno o una di voi ha questa sollecitudine per il suo vicino, per il suo coetaneo o per uno più piccolo, per un bambino, è pastore e partecipa di quello che è Cristo, di questa sua caratteristica di Buon Pastore largamente condivisa da tutti quelli che hanno la stessa preoccupazione per il bene, per la salute, per la salvezza degli altri. Con le loro intenzioni, con le loro opere, molte volte con le loro sofferenze, essi partecipano attivamente all'opera di Gesù, il Pastore che dà la vita per noi.

Volevo evocare questa analogia, questa parabola, perché la Chiesa la vive oggi e cerca di approfondirla non solamente nel senso intellettuale, come conoscenza, ma anche nel, senso esperienziale, come vita, come esperienza vissuta. Non vorrei dimenticare le nostre suore. Anche loro hanno tanta sollecitudine per gli altri, per i bambini, i giovani, i malati, i sofferenti, gli anziani, per tutti. Vorrei che questo vi rendesse più capaci di seguire la liturgia pasquale odierna del Buon Pastore, e di seguirla non solamente con l'immaginazione, con il pensiero, ma con le opere, con il comportamento. Cercate di essere anche voi "buoni pastori" per gli altri. così certamente sarete sempre vicini a Cristo come sue pecore, come suoi fratelli adottivi, che hanno anche la figliolanza divina come lui è Figlio di Dio. A tutti i presenti, ai vostri coetanei nelle diverse scuole della parrocchia, alle vostre famiglie, ai vostri insegnanti, genitori, voglio offrire insieme con il Cardinale e il Vescovo qui presenti una benedizione. Vorrei, insieme con il vostro parroco che è il primo pastore della comunità dello Spirito Santo, fare a tutti voi l'augurio di essere sempre vicini alla Madonna, alla Madre di Cristo.

[L'omelia durante la celebrazione eucaristica]


1. "Io sono il Buon Pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me" (Jn 10,14).

E' la quarta domenica di Pasqua. La Chiesa oggi annuncia il mistero pasquale mediante la figura del Buon Pastore. La verità di questa figura, infatti, è profondamente pasquale. Chi è appunto, secondo le parole di Cristo, il Buon Pastore? E' colui, che "offre la vita per le pecore" (Jn 10,11). E proprio questo è il mistero pasquale.

L'intera Chiesa - mediante le parole della liturgia - guarda oggi a Cristo, il Buon Pastore, credendo che quanto egli ha espresso nella sua parabola, quanto è stato confermato dal sacrificio della Croce e dalla Risurrezione, questo permane, e costituisce nella Chiesa - e mediante la Chiesa - una realtà viva e costantemente presente.

Oggi preghiamo pure affinché l'intero Popolo di Dio sia permeato dallo spirito del Buon Pastore; perché tale spirito si diffonda nelle persone e nelle comunità; perché si manifesti in modo particolare nelle vocazioni sacerdotali e in quelle religiose - nella vocazione al servizio pastorale nella Chiesa e nel mondo.


2. Ritroviamo questa verità centrale espressa come in tre dimensioni dall'odierna liturgia.

Innanzitutto la dimensione cristologica. Essa può essere colta nelle parole del Vangelo secondo san Giovanni. Gesù dice: "Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono. Io do loro la vita eterna e non andranno perdute e nessuno le rapirà dalla mia mano. Il Padre mio che me le ha date è più grande di tutti e nessuno può rapirle dalla mano del Padre mio. Io e il Padre siamo una cosa sola" (Jn 10,27-30).

Il Cristo è il Pastore buono e sapiente, e noi siamo le sue pecore, che prestano ascolto a quanto egli dice (cfr Jn 10,27) osservandone i comandamenti e andando dietro ai suoi passi con fede e amore.

Egli ha cura del suo gregge e dà la vita per esso, perché ha profondamente a cuore quelli che il Padre gli ha dato (cfr Jn 10,28).

Il Cristo manifesta l'amore del Padre attraverso la libera e totale offerta di sé, affinché i suoi seguaci abbiano la vita eterna e nessuno li sottragga a lui. "Io do loro la vita eterna e non andranno perdute" (Jn 10,28): queste consolanti parole proclama il Cristo, che nel sacrificio si comunica alle anime per diventare principio di vita piena ora e per l'eternità, in modo analogo a quello con cui il Padre si comunica al Figlio ed è con lui una cosa sola (cfr Jn 6,59 Jn 10,29).


3. C'è poi la dimensione ecclesiologica: Cristo Buon Pastore, è presente oggi nel mondo mediante la Chiesa. Di tale dimensione ci parla il brano degli Atti degli Apostoli, nel quale è narrata l'attività di Paolo e Barnaba ad Antiochia di Pisidia, per recare la lieta notizia di un Dio che ci ha amati fino ad immolare il suo Figlio, e che chiama ogni essere umano ad incorporarsi a Cristo.

Questa universale volontà redentrice fu proclamata dall'Apostolo delle genti e dal suo compagno di evangelizzazione con franchezza (cfr Ac 13,46) e senza esitazione alcuna. Pertanto, alle obiezioni, che - per gelosia - i Giudei di quella città rivolsero loro, allo scopo di impedire che la salvezza fosse annunciata anche ai pagani, essi risposero ricordando quanto aveva ordinato il Signore per bocca del profeta Isaia: "Io ti ho posto come luce per le genti, perché tu porti la salvezza sino all'estremità della terra" (cfr. 49,6; in Ac 13,47).

La carità del Salvatore riempiva a tal punto il loro cuore che le difficoltà incontrate non divennero mai ostacolo alla predicazione, ma furono assunte e sopportate nella consapevolezza che l'identificazione con Cristo crocifisso avrebbe portato i frutti della sua Risurrezione.

Carissimi, non limitiamoci solo ad ammirare la coscienza e la decisa volontà con cui gli apostoli proclamavano la verità sulla salvezza, ma cerchiamo di essere anche tenaci testimoni della risposta che il Risorto, luce vera per ogni persona, dà all'anelito di ogni uomo, con il miracolo della sua misericordia e del suo amore salvifico. Facciamo si che la missione di Cristo divenga la nostra vocazione, per crescere nella sua conoscenza e nel suo amore e contribuire a dilatare la sua Chiesa.


4. Infine la lettura dell'Apocalisse di Giovanni ci consente di riscoprire la verità sul Buon Pastore nella dimensione escatologica.

"L'ovile" è qui rappresentato come "una moltitudine immensa... di ogni nazione, razza, popolo e lingua" (Ap 7,9).

I battezzati in Cristo "sono coloro che sono passati attraverso la grande tribolazione e hanno lavato le loro vesti rendendole candide col Sangue dell'Agnello" (Ap 7,14). Il sacrificio del Buon Pastore, che ha offerto la propria vita per le pecore, dà così i suoi frutti.

I salvati dal Redentore stanno "davanti al trono e davanti all'Agnello" (Ap 7,9) e, poiché sono "stirpe eletta e regale sacerdozio" (cfr 1P 2,9) celebrano la perenne liturgia del cielo col sacrificio di lode, di adorazione e di pietà.

Essi sono nella gioia e le palme che hanno nelle loro mani indicano che essa è fatta di pace, di vittoria e di serenità perché sono per sempre "davanti al trono di Dio", che li ama e li accoglie per l'eternità nel suo "santuario". In esso splende la gloria di Dio, il quale pone su tutti la sua vastissima "tenda" (cfr Ap 7,15): divina dimora per l'intera umanità, che ivi trova la realizzazione di tutte le proprie aspirazioni.

E tale infatti è il destino che il Padre vuole per ciascuno di noi. E per questo "L'Agnello... sarà il loro - e nostro pastore" su questi eterni pascoli di felicità - e "li guiderà alle fonti delle acque della vita" (cfr Ap 7,17).


5. In quanti luoghi della terra le comunità della Chiesa riunite per ascoltare la Parola di Dio, gustano questa verità dell'immagine biblica del Buon Pastore! Desidera farlo anche oggi la vostra comunità parrocchiale, cercando i legami tra la Parola di Dio e la propria vita.

La mia visita pastorale offre a questo riguardo un motivo particolare, perché sono qui tra voi per dirvi che la Rivelazione raggiunge chi è impegnato nell'attento ascolto della Parola di Dio e nel generoso sforzo per tradurla in atto.

Il Redentore educa alla fede insegnando che questa si mantiene viva con uno sforzo continuo di purificazione, di umiltà e di confidente audacia.


6. Carissimi fratelli e sorelle della parrocchia dello Spirito Santo, ponete costantemente la vostra fiducia nel Signore risorto e chiedetegli il dono di conoscere il suo volere insieme con l'energia spirituale di compierlo.

Mentre a tanto vi esorto, sono veramente lieto di esprimervi la mia letizia di poter celebrare con voi questa santa Eucarestia e di salutare, innazitutto, il Cardinale vicario insieme con monsignor Clemente Riva, Vescovo ausiliare di questo settore. Rivolgo la mia parola di saluto al parroco, padre Giuseppe Marabelli. Egli si trova tra voi sin dagli inizi della parrocchia e il suo affetto nei vostri confronti non è venuto meno col passare degli anni, anzi si è accresciuto. Con spirito sacerdotale egli condivide con il vice parroco e gli altri sacerdoti la sua attenzione e sollecitudine a questa comunità.

Saluto poi le suore della Carità, che egregiamente collaborano alle attività parrocchiali, i catechisti, che svolgono un importante servizio nella crescità della fede della vostra parrocchia.


7. Nel rivolgere una parola di incoraggiamento a quanti appartengono alla "Legio Mariae" e al gruppo della "Caritas" parrocchiale, esorto tutti a crescere nella devozione alla Vergine e nel compimento delle opere di misericordia, che manifestano ai sofferenti la carità di Dio e fanno rifiorire in ciascuno di essi la dignità di figli di Dio.

Mi sta a cuore pure invitarvi a continuare nella generosa risposta all'opera pastorale, che viene svolta fra voi. Tale azione mira a far si che il tempio, di recente costruito sia formato di pietre vive e consapevoli, che formano la vostra comunità ecclesiale: sia cioè fondato su di voi che con i sacramenti, la catechesi e la carità dovete rendervi immagine del Cristo crocifisso e risorto, come lui pieni di abnegazione e di gioia.


8. "Acclamate al Signore, voi tutti della terra, servite il Signore nella gioia" (Ps 100,2).

Oggi noi ci uniamo nella gioia pasquale con la Chiesa diffusa su tutta la terra.

Qual è il motivo di questa gioia? Ascoltiamo il salmista: "Riconoscete che il Signore è Dio; / Egli ci ha fatti e noi siamo suoi, / suo popolo e gregge del suo pascolo" (Ps 100,3).

Ecco la gioia che deriva dalla fede. Noi non siamo di "nessuno". Dio ci ha creati, apparteniamo solo a lui. Siamo il suo popolo. Il Buon Pastore, Cristo crocifisso e risorto, testimonia chi siamo noi per lui, e per il Padre. Testimonia che il Signore è buono: eterna è la sua misericordia (cfr Ps 100,5).

Ecco il motivo valido della gioia pasquale. Ciascuno di noi e tutta la Chiesa viva questa gioia con fiducia. Nel mistero del Buon Pastore trovi la luce, che indica la strada nel buio. Scopra sempre di nuovo la forza e la potenza per poter compiere il proprio pellegrinaggio, seguendo il sentiero del Cristo risorto.

[Al Consiglio pastorale] Mi congratulo con voi, con tutta la vostra parrocchia per questa chiesa visibile dedicata allo Spirito Santo. Mi congratulo anche per la presenza e per l'attività di questo Consiglio pastorale entro la comunità. Certamente la chiesa è l'edificio, il tempio che segna la presenza della Chiesa. Ma san Paolo ci dice che noi siamo il tempio e lo Spirito Santo abita in noi. Ecco, accanto a quella umana, un'altra dimensione della chiesa visibile. Questa è opera degli uomini, degli artisti, dei parrocchiani, ma nello stesso tempo è opera divina. Lo Spirito Santo abita in noi non solamente per dimostrarvi, ma per collaborare con la nostra umanità. Questo è il mistero profondo della Rivelazione cristiana. Lo Spirito Santo è Dio stesso che abita in noi, fa parte del nostro cammino umano, divinizza quello che è umano. E, divinizzando, umanizza. Alcuni pensatori moderni trovano in ciò una contraddizione. Ma naturalmente essi sbagliano. Non c'è contraddizione tra divinizzare e umanizzare, come non c'è contraddizione tra divino e umano, perché l'uomo è immagine di Dio, e un fondamento divino si trova dentro la nostra natura umana. Lo Spirito Santo che abita in noi, lavora con noi, cammina con noi, costituisce un principio nascosto ma reale delle nostre attività. Fra i suoi doni, c'è anche quello del "consiglio". Auguro a tutti i membri di questo Consiglio pastorale il dono dello Spirito Santo, e questo dono specifico del "consiglio" per portare avanti la comunità cristiana, l'opera dello Spirito che abita in voi, in questa chiesa a lui intitolata, ma soprattutto in voi che siete Chiesa e tempio vivente. Offro una benedizione a tutti i presenti, come anche a tutti i vostri familiari, giovani e anziani.

[Ai gruppi parrocchiali] Occorre una piccola interpretazione teologica, anzi pneumatologica sul perché ci troviamo nella comunità parrocchiale dello Spirito Santo. Viene subito in mente quello che san Paolo ci ha lasciato scritto sui diversi carismi, perché dietro ogni vocazione, raggruppamento, associazione, movimento, si trova un carisma, un dono dello Spirito Santo che spinge a modo suo, dal di dentro, dal cuore, a questa sua spinta spirituale crea poi un indirizzo personale, ed anche comunitario. Sappiamo bene che la dimensione comunitaria è la caratteristica dell'essere cristiano: "dove sono due o tre riuniti nel mio nome...". Vi auguro di continuare ad approfondire sempre questi vostri carismi, opera dello Spirito Santo, cercando in lui la luce, la forza per essere fedeli a questi vostri carismi. E questi carismi, come insegna anche san Paolo, ciascuno e tutti, servono al bene comune, sono destinati a promuovere il bene comune, inteso come bene della comunità spirituale, della comunità ecclesiale, ma anche, attraverso la Chiesa, della comunità umana, per esempio, di quella dl questo quartiere di Roma. Diceva uno dei Padri antichi che i cristiani sono "l'anima" della società. Io auguro ai cristiani di oggi, ai carissimi cristiani di Roma, di questo quartiere, di essere "l'anima" della città, della società: "anima" che è anche propulsore, sorgente e principio di vita dentro di noi. Auguro a questa "anima" che sia profondamente travagliata e penetrata dallo Spirito Santo, perché è lui che dà la vita divina.

Vi ringrazio per il vostro impegno e per la vostra presenza, per la collaborazione con la comunità parrocchiale.

]Ai catechisti] Voglio ringraziarvi per questa attività catechistica che è fondamentale e principale. Quando, nel giorno della Pentecoste, con la discesa dello Spirito Santo la Chiesa ha incominciato a vivere, a rendersi visibile dinanzi al mondo, soprattutto dinanzi a Gerusalemme e, attraverso Gerusalemme, a diverse nazioni del mondo, essa è apparsa subito come Chiesa catechizzante. Si può dire che questo era un "kerigma" apostolico, una proclamazione del mistero di Dio, ma nello stesso tempo era la prima catechesi, dalla quale incomincia un processo che passa attraverso secoli e generazioni. Da sempre la Chiesa si basa su quella catechesi, su quel "kerigma" e su quella catechesi che vanno insieme: la proclamazione del mistero di Dio, del mistero di Cristo, del mistero pasquale, e lo sforzo per arrivare con questa proclamazione alle menti e ai cuori per formare cristiani; non solamente proclamare il mistero cristiano, ma anche formare cristiani. Io vi ringrazio per la vostra partecipazione attiva a questa opera. Incontrandovi in tutte le vostre componenti, mi accorgo di come era giusto scrivere la Lettera apostolica "Mulieris Dignitatem" sulla dignità della donna. Tutta questa opera catechetica è basata in gran parte sulle donne. Vi ringrazio per questo: è un segno che ha il suo inizio nel giorno della Pasqua. Le prime a portare il lieto annuncio erano donne. Vi auguro di continuare in questo. E se anche gli uomini, forse i sacerdoti, i Vescovi, forse anche i Papi, non sono come dovrebbero essere, voi invece dovete sempre essere come le prime donne a cui Cristo ha affidato il primo "kerigma": "Resurrexit". Non voglio pero diminuire il merito dei catechisti! Auguro tutto il bene alle vostre famiglie.

[Ai giovani] E' chiaro che i giovani sono un po' curiosi. Anzi, è bene che siano curiosi, perché devono conoscere sempre più questa realtà che li circonda, questo mondo, questo cosmo in cui vivono, e anche quel cosmo interno che vive in loro.

Capisco bene il vostro interessamento per quello che fa il Papa. Anche il Papa è una realtà in questo mondo, in questa Chiesa, di cui si parla, di cui si scrive.

Si sa, per esempio, che lui viaggia. Non tanto nel senso che lo fanno viaggiare. E lui deve viaggiare perché lo cercano, lo invitano, lo aspettano. Di questi viaggi vi interessa certamente quello che corrisponde alla vostra età.

Durante i miei pellegrinaggi io incontro sempre i giovani, nelle parrocchie di Roma, come in ogni città e diocesi d'Italia e in ogni Paese del mondo. Ho gio fatto tanti di questi incontri, o, piuttosto, li ho vissuti con i giovani: non posso dire di averli fatti io, li hanno fatti loro e mi hanno invitato. Devo dirvi una cosa, che forse è la più significativa e caratteristica di questi incontri. Se gli altri incontri sono fatti soprattutto per ascoltare quello che dirà il Papa, in quelli con i giovani prima vogliono parlare loro, vogliono porre domande, fare le loro affermazioni, le loro osservazioni, e soprattutto vogliono parlare in modo direi "visibile", con i loro canti, con i loro balli, le loro danze. Se io durante queste visite pastorali posso conoscere un po' l'ambiente umano, la cultura locale, è soprattutto grazie ai giovani, a quello che loro portano con sé e che cercano di presentare. Sono molto riconoscente a questi giovani dei diversi Paesi del mondo perché tutti, con la loro testimonianza, che naturalmente richiede sempre molta preparazione, mi hanno offerto un'immagine del loro Paese, del loro popolo, della loro cultura, della loro vitalità. Tutto ciò è molto prezioso per chi rende visita, per vedere, imparare. Allora, i giovani sono sempre i buoni maestri del Papa attraverso i loro programmi e i loro incontri durante le visite pastorali.

Riguardo alla vostra domanda sull'ecumenismo, io penso che sia molto importante, direi una domanda-chiave, che "doveva" essere posta nel vostro ambiente, in questa parrocchia dedicata allo Spirito Santo. Alla domanda precedente, quella su come avvicinare un non credente e aiutarlo ad aprirsi a Cristo, penso che non si potrebbe dare una risposta esaustiva, univoca. Si deve precisare se si tratta del modo di parlare, di comportarsi, di avvicinare questo fratello. Ci sono diversi modi possibili, ma io sono convinto che c'è sempre un modo sostanziale, fondamentale, senza il quale non si può parlare a nessun altro uomo, donna, giovane, fratello, sorella, specialmente non credente. E questa parola, questo linguaggio è quello della preghiera. Si deve parlare con la preghiera. Io posso anche non pronunciare nessuna parola; se continuo a pregare per questo amico incredulo, faccio quello che è più importante. Naturalmente non si può dire che questo porterà frutto subito; forse porterà frutto alla fine della sua vita. Ma certamente porterà frutto, perché la preghiera, come ci ha assicurato Gesù, viene sempre esaudita. Il Padre esaudisce le nostre preghiere. Qualche volta a noi sembra che non ci sia risposta, anche se preghiamo. Il nostro Padre celeste sa quando e come. Direi che questa è la risposta più essenziale e sostanziale alla domanda fatta.

E parlando di questo, essendo qui nella parrocchia dello Spirito Santo e incontrandomi con i giovani, non posso non dire una cosa che mi è venuta subito in mente quando sono entrato in questa chiesa. Giovani vuol dire "risveglio". Essi crescono, acquistano sempre maggiore maturità nella loro umanità, nella loro natura umana individuale, corporale: si vede come crescono! Ma nello stesso tempo cresce quello che é costitutivo della umanità di ciascuno: la vita spirituale. E cresce il compito apostolico di convertire gli altri intorno a noi, perché la preghiera fa crescere noi stessi spiritualmente. Nella preghiera, come dice stupendamente san Paolo nella lettera ai Romani, è sempre lo Spirito che parla in noi. E molte volte noi non sappiamo come pregare, che cosa implorare, ma egli ci indirizza. C'è questa creatività spirituale che viene dallo Spirito. L'uomo è un essere spirituale e, nello stesso tempo, un essere corporale. Ma lo spirito umano è aperto al mondo spirituale, a questo Spirito supremo che è Dio. Dio è lo Spirito, come diceva Gesù alla donna samaritana, che lavora in noi e forma i nostri spiriti attraverso il suo Spirito Santo. E questo l'augurio che faccio a tutta la gioventù della parrocchia dello Spirito Santo.

Ritornando alla domanda sull'ecumenismo, certamente qui ci troviamo nell'ambiente dello Spirito Santo. E vero che noi uomini, come Chiese, comunità ecclesiali, inclusa la Chiesa cattolica facciamo sforzi umani di dialogo, di conoscenza reciproca, per avvicinarci, per ritrovare la nostra unità nella fede.

Ma siamo pienamente convinti che questa nostra opera, questi sforzi umani non saranno mai efficaci se non attraverso lo Spirito Santo. L'unione dei cristiani, se un giorno sarà pienamente realizzata, sarà un'opera dello Spirito Santo.

Io penso che le vie più indicate per fare esperienza di Dio si vedono soprattutto attraverso i santi contemporanei, soprattutto attraverso i santi giovani. Ho potuto già beatificare parecchi giovani. Per esempio, nell'anno in cui si celebrava il Sinodo dei laici, l'anno mariano, sono state beatificate due ragazze italiane martiri, come santa Maria Goretti, per difendere la purezza. Ma è stato beatificato anche un giovane francese, Marcel Callo, membro dell'Associazione dei giovani operai, cosiddetta JOC, in Francia, che è stato arrestato dai nazisti, portato nel campo di Mauthausen e li assassinato per la fede, perché era credente. E un uomo contemporaneo. Domenica scorsa c'è stata anche la canonizzazione di Clelia Barbieri, una giovane di 23 anni, la più giovane fondatrice di una Congregazione religiosa. E così, tanti altri: mi ricordo la beatificazione, fatta a Torino, di Laura Vicuna, una persona straordinaria.

Cilena, abbandonata da sua madre, ha offerto la sua vita giovane proprio per la conversione della madre, si è offerta al Signore come "vittima" per la madre. Ci sono tanti giovani tra i santi, ed essi sono modelli vivi per i giovani.

Naturalmente non si può pensare ad una imitazione meccanica. Nessun santo ha avuto mai un imitatore nel senso stretto, una ripetizione della sua santità individuale.

Ma in tutti c'è una ispirazione che orienta la vita di ciascuno. E ciascuno di noi ha i suoi carismi. A ciascuno è dato un dono speciale di Dio. Questo dono è un germe della vita spirituale, soprannaturale. Sviluppare questo dono dello Spirito vuol dire crescere nella santità. E la santità si realizza sempre e soprattutto attraverso la carità. Vi auguro un buon cammino spirituale. Tutti i santi sono anche gioiosi.

1989-04-16

Domenica 16 Aprile 1989




Ai membri dell'ufficio del lavoro della Sede Apostolica (ULSA) - Città del Vaticano (Roma)

Il lavoro prestato nella Sede Apostolica si risolve in un "servizio alla Chiesa"



1. E' motivo di gioia per me poter salutare in voi stamane i componenti, appena nominati, dell'ufficio del lavoro della Sede Apostolica.

Ho ascoltato con attenzione l'indirizzo con cui il signor Cardinale segretario di Stato ha introdotto questo incontro e ha interpretato con l'abituale finezza i comuni sentimenti. A lui in primo luogo va il mio ringraziamento per la dedizione che ha portato nel varo di questa iniziativa, la quale, anche per l'assidua ed intelligente collaborazione di monsignor sostituto e di monsignor Schotte, giunge oggi alla sua felice attuazione.

Ringrazio poi tutti voi, membri di questo ufficio del lavoro, per la disponibilità con cui avete accettato di assumere l'incarico a voi affidato all'interno di un istituto del tutto nuovo. Dipenderà dalla vostra specifica competenza professionale, come anche dal vostro impegno generoso nel servizio della Sede Apostolica, se la nuova struttura si rivelerà efficiente, così da raggiungere con soddisfazione di tutti il suo scopo istituzionale.


2. Fin dall'inizio del mio pontificato ho avuto occasione di manifestare la viva preoccupazione che porto nell'animo verso tutti i miei collaboratori: verso coloro che hanno la responsabilità della direzione dei diversi dicasteri ed organismi della Sede Apostolica - dallo Stato della Città del Vaticano ai tanti organismi che costituiscono gli strumenti indispensabili per il ministero universale del Papa e del Collegio Episcopale - e verso tutti i collaboratori - ecclesiastici, religiosi e religiose, uomini e donne - che con il loro impegno giornaliero e sovente nascosto offrono un contributo prezioso al funzionamento dell'insieme. In modo particolare ho chiesto ai membri del Collegio Cardinalizio di aiutarmi con il loro consiglio per ciò che concerne i diversi aspetti organizzativi e economici dell'attività della Santa Sede. Con animo grato rendo atto al consiglio di Cardinali costituito con tale finalità di aver recato in questi anni un apprezzato contributo.

L'aggiornamento della Curia romana, culminato nella costituzione apostolica "Pastor Bonus", ha sottolineato il carattere pastorale e l'affetto collegiale che devono distinguere l'attività di quanti prestano il loro servizio alla Sede Apostolica.

In questo contesto, il "Motu Proprio" istitutivo dell'ULSA rappresenta un altro passo importante.


3. Confluiscono in questa nuova istituzione le attese sia dei responsabili sia dei membri del personale, i quali tutti sono mossi dal desiderio di offrire il meglio di sé nell'adempimento dei compiti a cui sono stati chiamati. L'importanza della missione della Sede Apostolica richiede che niente sia tralasciato di ciò che può servire a valorizzare l'apporto di ciascuno, in modo tale che tutti si sentano compartecipi e stimolati a svolgere un lavoro efficiente e produttivo.


4. Ciascuno di voi, nominato all'uno o all'altro incarico dell'ULSA, è investito di una propria responsabilità specifica, indicata chiaramente nello statuto.

Ciascuno reca in questo lavoro competenze ed esperienze diverse: chi viene a far parte di questo ufficio come esperto in diritto del lavoro, chi come rappresentante dell'amministrazione, chi come rappresentante dei diversi ambienti del personale, chi, infine, come garante dell'equità nei rapporti di lavoro. La diversità delle competenze diventa ricchezza per l'ufficio: la varietà delle esperienze si traduce in garanzia di un orizzonte più ampio nell'impostazione dello sforzo comune. Provenienti da diverse nazioni e da diversi stati di vita, voi portate in qualche modo riflessa nel vostro insieme la complessità della stessa comunità ecclesiale.


5. La vostra nomina all'ULSA vi mette in una realtà di lavoro che è specifica, perché partecipa della specificità e del carattere atipico della Sede Apostolica.

Anche se il riferimento a situazioni e realtà della convivenza civile negli Stati può risultare utile nell'interpretazione dei vostri compiti, il punto di riferimento decisivo rimane sempre la natura particolare della Sede Apostolica. Le caratteristiche del vostro impegno sono allo stesso tempo molto semplici e molto esigenti. La vostra collaborazione agli scopi dell'ULSA dovrà essere caratterizzata da alcune annotazioni specifiche: - il desiderio di contribuire alla creazione di una vera comunità di lavoro, animata dal superiore ideale di servire Cristo e la sua Chiesa; - il dialogo, nella ricerca di soluzioni sempre più rispondenti ai fini per cui esiste ed opera la Sede Apostolica; - la collaborazione sincera, quale s'addice a persone che sanno di spendere le loro energie per consentire il pieno esercizio del servizio petrino.


6. Tutto ciò richiede da voi una vera professionalità, ciascuno nell'ambito del compito che gli è proprio: competenza nelle materie da trattare, efficienza nei metodi, responsabilità in tutto. A voi spetta inoltre di essere esempio di un altro genere di professionalità: quella che proviene dalla conoscenza e dal costante riferimento alla dottrina sociale della Chiesa.


7. Il vostro non è compito facile. E' giusto riconoscerlo. L'ufficio di cui entrate a far parte è nuovo e non ha tradizioni a cui direttamente riferirsi. Pur facendo tesoro delle esperienze degli altri uffici della Sede Apostolica, voi dovete esplorare anche l'inedito.

E' doveroso poi sottolineare che molti di voi hanno altri impegni, sia all'interno della Curia romana, o dello Stato Città del Vaticano, sia fuori di essa. Ciò si traduce nell'aggiunta di nuovo lavoro o quello abituale; il che, soprattutto in certi momenti, può pesare non poco. Desidero sappiate che il Papa di questo è consapevole. Egli tuttavia conta sulla vostra generosità, come pure sulla vostra devozione alla Chiesa, per far si che questa iniziativa, da cui tanti frutti s'attendono, consegua gli auspicati risultati.


8. Non posso non rivolgere in questo momento un grato pensiero a quanti, con il contributo delle loro offerte, rendono possibile il funzionamento della Sede Apostolica: ai fedeli e alle altre persone di buona volontà, che assicurano i mezzi finanziari necessari con le loro oblazioni, frutto di generosità e di senso del sacrificio. Sono persone di ogni parte del mondo, che vivono in ambienti benestanti o anche in situazioni di povertà: esse, spinte dal loro amore per la Sede di Pietro e dal loro senso di responsabilità verso la Chiesa, si fanno spontaneamente carico dei gravami economici che il disimpegno del servizio petrino comporta. In queste persone generose i dipendenti della Santa Sede devono vedere, in un certo qual senso, i loro "datori di lavoro".


9. Di quale lavoro? Di un lavoro che si risolve, in definitiva, in un servizio alla Chiesa. Questo è infatti il compito, ed anzi la stessa ragion d'essere della Sede Apostolica: il servizio. In questa prospettiva, il vostro contributo si qualifica quindi come servizio a quella comunità di servizio che è la Santa Sede.

E', questa, un'ottica prettamente evangelica (cfr Mt 20,25-28). In essa il Papa si pone ogni giorno. In essa devono pure porsi quanti con lui collaborano nell'adempimento del mandato di Cristo, che "non è venuto per essere servito, ma per servire" (Mt 20,28).

10. Il saldo ancoramento a questa mentalità evangelica consentirà ai membri dell'ULSA di essere testimoni di carità, di fraternità, di giustizia, di solidarietà, con grande vantaggio per lo svolgimento dei compiti istituzionali.

Senza una testimonianza limpida che scaturisca dal "modus operandi" di quanti fanno parte dell'ULSA, l'insegnamento sociale del Magistero perderebbe molto della sua incisività.

Ciascuno di voi si senta dunque legato a tutta la comunità di lavoro della Sede Apostolica, come questa nel suo agire e pensare deve, a sua volta, sentirsi legata alla dottrina sociale della Chiesa.

Nel porgervi il mio augurio cordiale di buon lavoro, invoco su di voi dal Signore copiosi doni di una superiore saggezza, che vi guidi nella soluzione dei problemi via via insorgenti.

Vi accompagni la mia benedizione.

1989-04-17

Lunedi 17 Aprile 1989






GPII 1989 Insegnamenti - Le visite pastorali del Vescovo di Roma