GPII 1989 Insegnamenti - Messaggio di solidarietà al popolo libanese - Città del Vaticano (Roma)

Messaggio di solidarietà al popolo libanese - Città del Vaticano (Roma)

"Che sorga il giorno tanto atteso della pace e della ricostruzione"


A sua beatitudine Nasralla Pierre Sfeir Patriarca di Antiochia dei maroniti.

Con profonda emozione ho preso conoscenza del suo messaggio del 17 di questo mese, nel momento in cui il caro popolo del Libano viveva ore drammatiche.

Nel ringraziarla per la fiducia da lei manifestata nei confronti di questa Sede Apostolica, non posso che assicurare nuovamente vostra beatitudine della mia più profonda partecipazione al dolore di tanti Libanesi, sottoposti a terribili prove.

A coloro che hanno perduto i loro cari, desidero far pervenire le mie condoglianze, mentre domando a vostra beatitudine di farsi mio interprete presso i numerosi feriti per trasmettere loro la compassione e la benedizione del Papa.

A tutti vostra beatitudine potrà dire quanto sono loro vicino in queste angosciose circostanze, assicurandoli della mia preghiera quotidiana al Signore perché sia abbreviato il loro calvario e si levi infine il giorno tanto atteso della pace e della ricostruzione del loro Paese.

Nello stesso tempo, desidero informarla che la Santa Sede non risparmia alcuno sforzo per domandare alla comunità internazionale di adoperarsi per favorire un cessate il fuoco immediato e duraturo, consentendo tra l'altro a tutto il popolo libanese di ricevere gli aiuti umanitari di cui ha urgente bisogno.

In questo senso, ho fatto indirizzare un messaggio al segretario generale delle Nazioni Unite e al segretario generale della lega degli Stati arabi, nella convinzione che il mio appello troverà un'eco favorevole presso queste istanze qualificate.

A vostra beatitudine, ai Vescovi, ai sacerdoti, ai religiosi, ai fedeli e a tutti i figli di questo caro Libano, in particolare a quanti sono più provati, giunga la mia paterna e affettuosa benedizione apostolica.

Dal Vaticano, 19 aprile 1989.

1989-04-19

Mercoledi 19 Aprile 1989




Al Presidente della Repubblica d'Irlanda - Città del Vaticano (Roma)

Il discorso del Santo Padre


A Uachataraain Wasal (Caro signor Presidente).

Cad mile failte romhat chuig an Vaticain (centomila volte benvenuto in Vaticano).


1. E' per me un grande piacere riceverla oggi. Attraverso la sua persona estendo il mio caloroso saluto all'amatissimo popolo dell'Irlanda che occupa un posto speciale nel cuore del successore dell'apostolo Pietro. Nel disegno di Dio per la sua Chiesa, la predicazione di san Patrizio agli Irlandesi resta una delle esemplificazioni più straordinarie della parabola evangelica del seminatore che usci fuori a seminare. Il seme cadde su un buon terreno e diede frutto il cento (cfr Mt 13,8). Il singolare contributo dell'Irlanda all'evangelizzazione dell'Europa e allo sviluppo della cultura europea, come pure alla più recente espansione missionaria della Chiesa, ha forgiato un inscindibile legame tra il suo Paese e la Santa Sede.

Durante la mia memorabile visita del 1979, ho sperimentato di persona la profondità di questa "unione di carità tra l'Irlanda e la Santa Chiesa di Roma" ("Homilia ad "Phoenix Park" habita", 1, die 29 sept. 1979: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, II, 2 [1979] 413). Per questi motivi, considerai la mia visita "il pagamento di un gran debito a Gesù Cristo, Signore della storia e operatore della nostra salvezza" ("Homilia ad "Phoenix Park" habita", 1, die 29 sept. 1979: , II, 2 [1979] 413). Il nostro incontro di oggi è un solenne riconoscimento e una gioiosa celebrazione di quella autentica amicizia che, da parte mia, abbraccia tutto il popolo di Irlanda, compresi i seguaci di altre tradizioni religiose.


2. L'Irlanda moderna fu fondata su una concezione della società che rispondeva alle più profonde aspirazioni del suo popolo e assicurava il rispetto della dignità e dei diritti di tutti i suoi abitanti. Una tale visione è legata al desiderio dell'effettiva realizzazione dei valori profondamente umani e cristiani che non hanno mai cessato di risuonare nella mente e nel cuore del popolo irlandese. L'Irlanda può certo essere orgogliosa del progresso realizzato. Le difficoltà - anche molto serie - non mancano ma, nel complesso, è una società affabile e cordiale, sicura nell'applicazione delle leggi e radicata nei più alti ideali della giustizia, la libertà e la pace.

Nel consesso internazionale, l'Irlanda occupa un posto di particolare rilievo. Milioni di persone in altre parti del mondo traggono la loro origine da questa terra, e un gran numero di Irlandesi, uomini e donne, della Chiesa, come anche volontari nel lavoro sociale e di sviluppo, prestano il loro servizio in quasi ogni angolo del mondo. Ugualmente notevole è il fatto che il suo Paese ha sempre cercato di essere un membro attivo ed impegnato nelle organizzazioni come l'ONU e la comunità europea.

Lei stesso, come ministro degli esteri ha negoziato l'ingresso dell'Irlanda nella CEE e ha lavorato come vice-presidente della commissione CEE per gli affari sociali. Ho notato nel "Jean Monet Lecture" da lei tenuto l'anno scorso all'istituto universitario europeo la profondità del suo impegno con l'ideale di una comunità europea che, nello stesso tempo, tiene in considerazione la ricchezza delle sue differenti culture e la singolarità della storia di ciascun popolo. La voce dell'Irlanda nell'Europa e nel mondo è particolarmente adatta ad essere la voce dell'amicizia, della buona volontà e della pace. L'Irlanda può contribuire con la saggia riflessione, calma e imparziale, sulle lezioni della storia, una riflessione fatta nel contesto dell'umanesimo profondamente cristiano che costituisce il suo ethos più autentico.


3. Come vostra eccellenza ben sa, nella Basilica di san Pietro c'è una cappella dedicata al grande irlandese, san Colombano. Il mosaico dietro l'altare mostra Colombano e i suoi discepoli come "peregrinantes pro Christo", ambasciatori ed araldi del Vangelo di Cristo. Quante volte si è parlato così degli Irlandesi, uomini e donne, che sono stati sempre testimoni di Cristo in tutti i continenti! Il mosaico porta questa iscrizione: "Si tollis libertatem, tollis dignitatem" - se togli la libertà togli la dignità ("Epist. n. 4 ad Attela", in "S. Columbani opera", Dublin 1957, p. 34). La frase potrebbe essere stata pronunciata non da Colombano agli inizi del VII secolo, ma da uno dei vostri patrioti o da qualcuno oggi che guarda il mondo e costata con tristezza e dolore che non tutti i popoli sono liberi. Accanto alle vecchie forme di oppressione, le società moderne ne conoscono di nuove. Queste nuove servitù sono particolarmente distruttive della dignità umana.

Pensando a questo, durante la mia visita in Irlanda dieci anni fa, parlai di un confronto con valori e orientamenti alieni dalla società irlandese.

Le società sviluppate fanno esperienza del fatto che i principi più sacri "sono stati completamente eliminati da false pretese" ("Homilia ad "Phoenix Park" habita", 3, die 29 sept. 1979: , II, 2 [1979] 415). L'egoismo si sostituisce al coraggio morale e alla solidarietà. Il valore della persona viene allora misurato in termini di avere e non di essere. Come conseguenza, si instaura un clima di grandi e piccole ingiustizie e migliaia di forme di violenza. Quella che viene considerata autentica libertà è in realtà solo una nuova forma di schiavitù.

In simili circostanze, le parole inscritte nella cappella di san Colombano risuonano con forza in tutta la loro saggezza e come avvertimento: se la vera libertà (la volontà di scegliere il bene e la verità) viene perduta, allora sono messi in pericolo il valore e gli inalienabili diritti della persona.

L'Irlanda ha le risorse umane e spirituali per procedere nel cammino di un autentico sviluppo, che rispetti e promuova tutte le dimensioni della persona umana, nell'esercizio di una giusta e generosa solidarietà, soprattutto verso i membri più deboli della società. So, eccellenza, che lei condivide questa mia preoccupazione e convinzione. Le assicuro che la mia fervida preghiera per i suoi connazionali riflette la fiducia che l'Irlanda riuscirà ad affrontare positivamente questa sfida.


4. L'Irlanda è saldamente dalla parte della pace, che sta molto a cuore al popolo irlandese. Tuttavia la vita di tutta l'isola è sconvolta da un clima mortale di intimidazione e violenza che ha causato tante sofferenze alle due comunità nell'Irlanda del Nord negli ultimi vent'anni. La violenza che viene perpetrata in Irlanda non offre nessuna soluzione ai problemi reali della società. Non è il metodo scelto democraticamente dal popolo di entrambe le parti. Non porta verità che possa attrarre e convincere la mente e il cuore della gente comune. Il suo solo argomento è il terrore e la distruzione.

Solo una reale volontà di impegnarsi nel dialogo e in coraggiosi gesti di riconciliazione sa risalire alle cause profonde dell'attuale situazione di conflitto. Come ho scritto nel messaggio di quest'anno per la Giornata Mondiale della Pace, dove ci sono l'una accanto all'altra comunità con diverse origini etniche, tradizioni culturali o credo religioso, ciascuna ha diritto alla sua identità collettiva che deve essere salvaguardata e promossa ("Nuntius ob diem ad pacem fovemdam dicatum pro a. D. 1989", 3, die 8 dec. 1988: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, XI, 3 [1988] 1788). Nello stesso tempo tutti dovranno valutare consapevolmente la fondatezza delle loro rivendicazioni alla luce dell'evoluzione storica e della realtà attuale. Non farlo comporterebbe il rischio di rimanere prigionieri del passato e senza prospettive per l'avvenire ("Nuntius ob diem ad pacem fovendam dicatum pro a. D. 1989", 11, die 8 dec. 1988: "l. c.", p. 1788).

Ma il futuro è già davanti a noi. E' nei giovani dell'Irlanda, cattolici e protestanti, che vogliono ereditare una terra in pace e una società edificata sulla giustizia e il rispetto per tutti i suoi membri. Quando vedono i giovani d'Europa reagire positivamente alla crescente unità tra i popoli di diversi paesi e tradizioni culturali, forse non chiedono per se stessi la medesima possibilità? Chi può arrogarsi il diritto di negare loro un futuro di libertà? E' un imperativo morale per tutte le parti coinvolte di arrivare a un accordo politico che rispetti i legittimi diritti e le aspirazioni di tutta la popolazione dell'Irlanda del Nord. Non mancano segni di speranza, e noi preghiamo e siamo fiduciosi che un processo guidato dalla ragione e dalla reciproca accettazione metterà fine allo spargimento di sangue e saprà portare a una giusta riconciliazione e una pacifica ricostruzione. Sostenga Iddio la perseveranza e il coraggio di quanti lavorano realisticamente e con amore fraterno perché giunga presto quel giorno.


5. Signor Presidente, ricordo con vivezza alcune belle immagini dell'Irlanda: la naturale bellezza della campagna e la cordialità della sua popolazione; la gioiosa e devota partecipazione di un'immensa moltitudine alla Messa celebrata al Phoenix Park; il nobile entusiasmo di un mare di giovani a Galway; il mio incontro con i responsabili delle altre Chiese e comunità cristiane, e molti altri incontri con individui e gruppi. E sullo sfondo l'immagine delle rovine monastiche di Clonmacnois. I resti parlano della lunga fedeltà a Cristo dell'Irlanda. Le facce delle persone padano chiaramente della fedeltà dell'Irlanda a Cristo oggi e della fiducia con cui l'Irlanda affronta il suo futuro.

La mia felicità nel ricevere la sua persona è perciò profonda e piena di apprezzamento. Ancor di più, noi celebriamo il sesto anniversario delle cordiali e feconde relazioni diplomatiche tra l'Irlanda e la Santa Sede. Il Signore Dio onnipotente continui a benedire queste relazioni, per la sua gloria, per il bene della Chiesa e per la pace e il bene del popolo irlandese.

La ringrazio, signor Presidente, per aver rappresentato qui oggi il suo Paese. Di tutto cuore invoco l'amorosa protezione di Dio su di lei e sui suoi connazionali.

Dia agus Muire libh (Dio e Maria siano con lei).

Beannacht Dé is Muire libh go léir (La benedizione di Dio e di Maria sia con tutti voi).

1989-04-20

Giovedi 20 Aprile 1989




Ai Vescovi del Costa Rica in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)

"La vostra missione: trasmettere integra la verità che è Cristo e difenderla da interpretazioni riduttive o ideologizzate"


Cari fratelli nell'Episcopato.


1. Rendo grazie a Dio per la gioia di questo incontro con voi, Pastori della Chiesa in Costa Rica, venuti a Roma per la vostra "Visita ad limina". Con questa visita avete voluto dimostrare ancora una volta la vostra profonda unione con la Sede Apostolica e venerare, continuando la antica e sacra tradizione, i sepolcri degli apostoli Pietro e Paolo, e insieme prendere contatto con gli organismi della Curia romana, la quale - a causa del suo diaconato universale - si presenta sempre più unita al ministero di Pietro e, per tanto, "strettissimamente congiunta con i Vescovi di tutto il mondo"; d'altra parte "gli stessi Pastori e le loro Chiese sono i primi e i principali beneficiari della sua opera" ("Pastor Bonus", 9).

La vostra presenza qui dimostra come fra la Chiesa che vive e peregrina in Costa Rica e la Sede di Pietro, esiste una intima comunione, che non è solo affettiva - come ho potuto ben comprovare durante le giornate, ancora vive nel ricordo, del mio viaggio pastorale in quella amata terra nel marzo del 1983 - ma anche effettiva, poiché trascende le nostre persone, le nostre azioni e gli stessi segni da noi realizzati, fondandosi nella divina volontà di Cristo Signore riguardo alla condizione visibile della sua Chiesa, una, santa, cattolica e apostolica.


2. Ringrazio vivamente per le parole che a nome di tutti mi ha rivolto monsignor Roman Arrieta, Presidente della vostra Conferenza Episcopale, in cui si rispecchia il vostro profondo spirito di fede e l'ardente amore per la Chiesa. Le problematiche e gli aneliti che avete espresso, uniti alle conversazioni con ognuno di voi ed alla lettura delle relazioni quinquennali, mi hanno permesso di conoscere ancor di più la realtà concreta delle vostre diocesi, e di individuare tutti gli sforzi realizzati nei diversi campi dell'azione pastorale.

Ho potuto avvertire in voi una grande volontà di proclamare la verità su Dio, la Chiesa e l'uomo; l'attenzione nel celebrare la divina liturgia, fonte di santificazione per i credenti; lo spirito di sacrificio per guidare il Popolo di Dio "di buon animo... facendovi modelli del gregge" (1P 5,3).

Motivo di particolare gioia è stato il constatare l'aumento delle vocazioni alla vita consacrata, così come la vostra sollecitudine nell'affidarle a formatori idonei e qualificati; il fermo proposito di evangelizzazione delle famiglie, di fronte alle forze che tendono a disgregarle; l'attenzione che prestate alla gioventù; la preoccupazione per i poveri e per le situazioni che reclamano una maggior giustizia sociale; la vitalità dei movimenti apostolici; tutto ciò vissuto con una chiara coscienza ecclesiale e con il ricorso a tutti i mezzi a disposizione, compresi i moderni sistemi di comunicazione, in particolare la rete delle sette emittenti cattoliche presenti nel vostro Paese. A tutto ciò vi spinge la vostra convinta volontà di servire l'uomo, annunciando senza tregua il Vangelo, potenza di Dio per la salvezza di tutti coloro che credono (cfr Rm 1,16).

Congratulandomi con voi per il lavoro realizzato e rendendo grazie a Dio per le mète conseguite, desidero proporvi alcune riflessioni riguardo ai temi attualmente più salienti della vita ecclesiale del Costa Rica.


3. Si avvicina il quinto centenario della evangelizzazione dell'America, e questa data, come ben sapete, deve essere l'occasione propizia per dare un vigoroso impulso alla nuova evangelizzazione. Ogni fedele, ogni diocesi, ogni paese, tutta la Chiesa americana, deve fare propria l'idea di questo rinnovamento. Ognuno deve rinnovarsi interiormente; organizzare la propria vita come un'opera di servizio a Dio ed agli altri che si realizza tutti i giorni. In questa opera di rinnovamento, occorre evidenziare, in quanto compito principale, il vostro ministero di Pastori.

Voi siete, amati fratelli, inviati dal Buon Pastore che chiama le sue pecorelle per nome e le porta con sé. "Quando ha condotto fuori tutte le sue pecore, cammina innanzi a loro e le pecore lo seguono perché conoscono la sua voce" (Jn 10,3-4). Voi - secondo le parole del Concilio Vaticano II - "posti dallo Spirito Santo succedete agli Apostoli come Pastori delle anime e, insieme col Sommo Pontefice e sotto la sua autorità, avete la missione di perpetuare l'opera di Cristo, Pastore eterno" (CD 2). perciò il vostro ministero episcopale si deve integrare nella prospettiva del piano divino di redenzione, come dispensatore di quella luce e vita che viene dalla Parola e dai sacramenti.

Siete, perciò, "araldi della fede" e "dottori autentici" (LG 25); di conseguenza, la coscienza della vostra missione vi deve spingere a proclamare con coraggio, nella sua integrità, quella verità che è Cristo stesso (Jn 14,6), e difenderla da interpretazioni riduttive e ideologiche. E' giusto che la verità si trasmetta con un linguaggio accessibile ai destinatari, ma questo non deve ridurre la pienezza della verità stessa.


4. La vostra parola, pronunciata "in ogni occasione, opportuna e non opportuna" (2Tm 4,2) dovrà orientare, soprattutto, essere capace di illuminare il cammino di tutta la comunità ecclesiale del Costa Rica. Questa in verità è una missione ardua ed esigente, non priva, in certe circostanze, di difficoltà; ma è estremamente necessaria alla Chiesa di oggi e deve essere realizzata senza risparmiare energie e sforzi. Desidero che vi serva di consolazione sapere che il Papa vi è vicino con un ricordo che si fa preghiera, e che fa proprie le lotte, le necessità, le aspirazioni che vi accompagnano. Con noi c'è lo Spirito consolatore che non è uno Spirito di timore, bensi di forza, di amore e di saggezza (cfr 2Tm 1,7).

Riguardo al sacro dovere di trasmettere la verità in tutta la sua integrità, occorre promuovere instancabilmente una evangelizzazione e una catechesi che affrontino allo stesso tempo l'offensiva delle sètte e delle erronee proposte di liberazione e di salvezza; sono al corrente del serio impegno che ha portato alla realizzazione del Sinodo arcidiocesano e dello sforzo per elaborare, in altre diocesi, un piano globale di pastorale. Congratulandomi con voi per questi risultati, desidero sottolineare che i piani pastorali sono sempre di grande utilità quando sono inquadrati solidamente nella fede e nella dottrina del Magistero della Chiesa, per potere così illuminare a partire dal Vangelo il contesto sociale e trasformarlo secondo criteri e metodi genuinamente evangelici.


5. Per l'attuazione della vostra missione, contate sulla insostituibile cooperazione dei presbiteri, che devono vivere uniti al loro Vescovo "come le corde con la lira", secondo l'espressione di sant'Ignazio di Antiochia ("Ad Ephesios", 4). Essi ricevettero un giorno "lo spirito di Santità - così afferma la formula dell'ordinazione - e, chiamati, consacrati ed inviati, si dedicano al bene dei propri fratelli, i quali desiderano vedere nei sacerdoti "i ministri di Cristo e amministratori dei misteri di Dio" (1Co 4,1).

Da qui consegue che lo stesso presbiterio deve essere oggetto della prioritaria sollecitudine di ogni Vescovo. Questo vi porterà a prestare attenzione alle sue necessità spirituali e materiali, ad accorrere in suo aiuto quando ci siano difficoltà, a non permettere che nessuno si senta dimenticato. Ricolmi di carità, aiuterete principalmente coloro che, per malattia o vecchiaia, potrebbero essere i più bisognosi.

Secondo questa stessa linea, l'incremento del numero delle vocazioni al sacerdozio in Costa Rica - oltre ad essere motivo per rendere grazie a Dio - deve costituire anche l'esigenza di un'attenzione particolare da parte vostra nello scegliere i candidati più idonei e nel loro consolidamento grazie ad un'intensa opera di formazione spirituale, intellettuale ed umana. Infatti, lo studio delle discipline teologiche alla luce della fede e sotto la guida del Magistero della Chiesa, deve essere accompagnato da una attenta formazione spirituale "impartita in modo tale che gli alunni imparino a vivere in intima comunione e familiarità col Padre per mezzo del suo Figlio Gesù Cristo nello Spirito Santo. Destinati a configurarsi a Cristo Sacerdote per mezzo della sacra ordinazione, si abituino anche a vivere intimamente uniti a lui come amici, in tutta la loro vita" (OT 8).

I mezzi che devono essere usati per conseguire tali obiettivi sono risaputi: la partecipazione all'Eucaristia, l'accostarsi al sacramento della Penitenza, la preghiera mentale assidua, la devozione alla santissima Vergine e tanti altri esercizi di pietà tradizionali nella Chiesa. Insieme a questi, occupa un ruolo importante la pratica della direzione spirituale, che ha aiutato tanti cristiani ad avanzare nel loro cammino verso Dio. Il mio predecessore di felice memoria, Pio XII, scriveva ai sacerdoti: "Nel cammino della vita spirituale non fidatevi di voi stessi, ma con semplicità e docilità chiedete consiglio e accettate l'aiuto di chi, con saggia moderazione, potrà guidare la vostra anima, indicandovi i pericoli, suggerendovi i rimedi opportuni e, in tutte le difficoltà, interne ed esterne, vi potrà guidare giustamente e sul cammino per essere ogni giorno più perfetti, secondo l'esempio dei santi e gli insegnamenti dell'ascetica cristiana. Senza questa prudente guida alla coscienza, generalmente, è molto difficile assecondare convenientemente gli impulsi dello Spirito Santo e della grazia divina" ("Menti Nostrae": AAS 42, 1950, 674).


6. Un altro motivo di letizia e di speranza nell'esercizio della vostra opera pastorale, è la presenza in Costa Rica di tante famiglie di religiosi e religiose, i quali non solo prestano un servizio diretto nella pastorale, ma offrono anche, con la fedeltà al proprio carisma, un eloquente segno profetico dei valori permanenti del Regno di Dio. E' questo un dono dell'Altissimo che bisogna apprezzare molto e seguire con diligenza, tenendo presente che questi istituti sono per i vostri fedeli canali appropriati per seguire Gesù Cristo povero, casto e obbediente.

Nell'esercizio della sua specifica missione di maestri della fede, i Vescovi devono seguire molto da vicino il cammino degli istituti di formazione teologica, nei quali, insieme ad altri alunni, si preparano religiosi candidati al sacerdozio, che svolgeranno un domani il proprio ministero nelle Chiese particolari, soprattutto dei Paesi centroamericani, e che dovranno perciò accogliere gioiosamente la giurisdizione dei Pastori.


7. Di fronte al vasto campo dell'apostolato che mira alla nuova evangelizzazione della società del Costa Rica, non possiamo dimenticare il ruolo che deve svolgere il laicato cattolico. Grazie a Dio, sono molti gli uomini e le donne impegnati, che coscienti del loro impegno battesimale e delle loro responsabilità ecclesiali, stanno prestando un servizio encomiabile in molti settori dell'azione pastorale, in modo particolare in quelle circoscrizioni ecclesiastiche che contano ancora su uno scarso clero e nelle quali la presenza dei laici è imprescindibile per la evangelizzazione e la catechesi.

A questo proposito sono da lodare le iniziative sorte in Costa Rica per la creazione di scuole e istituti destinati alla formazione dei laici cristiani.

Questi devono essere coscienti del fatto che anche a loro è diretta la chiamata universale alla santità, come esigenza della propria vocazione cristiana, che è anche vocazione all'apostolato. Essi devono essere fermento per la vita cristiana in tutti gli ambienti in cui vivono, in cui lavorano, in cui agiscono.

In questo immenso campo, la pastorale familiare deve occupare un posto privilegiato. Se occorre fare una buona evangelizzazione della società, necessariamente bisognerà cominciare dalla famiglia. "Il ministero di evangelizzazione dei genitori cristiani è originale e insostituibile: assume le connotazioni tipiche della vita familiare, intessuta come dovrebbe essere d'amore, di semplicità, di concretezza e di testimonianza quotidiana" (FC 53).

Coscienti della loro responsabilità, i coniugi cristiani devono dedicare i loro sforzi migliori all'attenzione per i loro figli. Dio li chiama alla santità li, nella fedele realizzazione del loro "originale e insostituibile" ministero come padri e madri. Questo sforzo congiunto per formare cristianamente i figli sarà anche uno stimolo sicuro per la crescita dell'amore coniugale.


8. L'opera evangelizzatrice realizzata dai genitori nei confronti dei figli, deve essere completata nelle diverse istituzioni educative e nelle parrocchie. I collegi e le università devono essere in condizione di realizzare questo incarico: non solo le lezioni di religione, ma tutte le attività devono essere pervase di spirito cristiano.

Insieme alla pastorale familiare, occuperà una parte importante della vostra sollecitudine, l'attenzione ai bambini ed ai giovani, speranza della Chiesa. Da loro - e dunque dalla loro formazione - dipende il fatto che questa nuova evangelizzazione fiorisca in un terzo millennio veramente cristiano. So che, in Costa Rica - l'ho notato stando con loro - i giovani hanno uno spirito generoso, disposto ad aprirsi di fronte ai grandi ideali. Non cessate di proporli loro; anche loro devono essere santi; anche loro partecipano della missione unica della Chiesa e devono essere disposti a portare a termine questa nuova evangelizzazione dell'America.

Come conseguenza di questa intensa opera di evangelizzazione, tutte le nobili attività umane saranno pervase in profondità dallo spirito di Cristo. Il mondo del lavoro, i mezzi di comunicazione sociale, il mondo della cultura nelle sue diverse manifestazioni, la politica, il mondo della finanza e qualsiasi altro lavoro umano, si trasformeranno: le "strutture di peccato si vincono solo - presupposto l'aiuto della grazia divina - con un atteggiamento diametralmente opposto: l'impegno per il bene del prossimo con la disponibilità, in senso evangelico, a "perdersi" a favore dell'altro invece di sfruttarlo, e a "servirlo" invece di opprimerlo per il proprio tornaconto" (SRS 38).

"Conviene sottolineare - ho scritto nella enciclica "Sollicitudo Rei Socialis" - il ruolo preponderante, che spetta ai laici, uomini e donne... A loro compete animare, con impegno cristiano, le realtà temporali e, in esse, mostrare di essere testimoni e operatori di pace e di giustizia" (SRS 47).


9. Ogni cristiano deve essere un costruttore della pace. "Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio" (Ac 5,9), proclamo Gesù nel discorso della montagna. Mi viene in mente la dolorosa situazione di sofferenza e di incertezza in cui si trovano tante persone, tante famiglie dell'area centroamericana. E come non ricordare i numerosi rifugiati, che cercano in Costa Rica la sicurezza che il proprio paese nega loro! Con spirito solidale appoggiate tutte le iniziative volte a mitigare le sofferenze di questi fratelli centroamericani, vittime della repressione che tormenta la regione.

Mi è cosa gradita menzionare la vostra preoccupazione pastorale per i gruppi più bisognosi e, in particolare, per gli indigeni. La vostra sollecitudine per integrarli pienamente nella vita della Chiesa deve essere accompagnata dalla promozione dei valori genuini delle loro culture e la tutela dei loro legittimi diritti.

Prima di concludere vi affido l'incarico di portare il mio affettuoso saluto e la mia benedizione ai vostri sacerdoti, religiosi, religiose e fedeli tutti, particolarmente ai malati, agli anziani, a coloro che soffrono.

Che la Vergine Maria, regina degli angeli, patrona del Costa Rica, interceda presso il suo divino Figlio per la santità della Chiesa, per il benessere della Nazione e per la prosperità di tutte e di ciascuna delle sue famiglie.

Con queste ferventi invocazioni, vi benedico tutti di cuore.

1989-04-21

Venerdi 21 Aprile 1989




Le credenziali del nuovo ambasciatore dello Sri Lanka - Città del Vaticano (Roma)

Il dialogo via obbligata per l'equa soluzione dei problemi che ostacolano la pace in Sri Lanka


Signor ambasciatore.

E' un piacere offrirle un cordiale benvenuto e accettare le lettere che la accreditano come ambasciatore straordinario e plenipotenziario della Repubblica socialista democratica di Sri Lanka presso la Santa Sede. Sono grato per gli ossequi e i voti espressi da parte del suo Presidente, sua eccellenza Ranasinghe Premadasa, che la prego di ricambiare con l'assicurazione delle mie preghiere per il suo bene, per la pace nel suo Paese e la riconciliazione in tutto il suo diletto popolo.

Sua eccellenza ha parlato delle buone relazioni esistenti tra il suo governo e la Santa Sede. E' mia fervida speranza che la collaborazione e la comprensione che hanno caratterizzato le nostre relazioni in passato si rafforzeranno sempre più in futuro.

Pur non svolgendo una missione specifica nel campo politico, economico o sociale, la Chiesa estende la sua missione religiosa ai vari ambiti in cui gli uomini e le donne si impegnano alla ricerca della felicità che è possibile in questo mondo, in linea con la dignità personale ricevuta da Dio (cfr SRS 41). Lei ha ricordato l'importante contributo della Chiesa cattolica alla società dello Sri Lanka non solo nel campo dell'educazione, ma anche nelle diverse sfere sociali, culturali e artistiche. Nonostante le sue risorse limitate, la Chiesa nello Sri Lanka è attivamente e fruttuosamente impegnata in questi ambiti, come pure nella promozione dei valori della famiglia.

Essa lavora per il rispetto dell'inalienabile dignità della persona e persegue lo sviluppo umano dei popoli attraverso i principi della sua dottrina sociale. Questi principi non costituiscono un sistema politico o un'ideologia, ma piuttosto sono il risultato dell'attenta riflessione della Chiesa sulle complesse realtà e i problemi dell'esistenza umana alla luce della sua fede e tradizione (cfr SRS 41).

Sono lieto di venire a conoscenza, signor ambasciatore, del suo apprezzamento per l'impegno della Santa Sede nel costruire la pace all'interno della vita sociale e della vita civile di ogni nazione come pure nella comunità internazionale. La Santa Sede è convinta che la pace non può essere ridotta solo al mantenimento di un equilibrio di potere, ma comporta un processo dinamico che dipende da diverse condizioni e fattori. Tra le condizioni della pace è di singolare importanza l'esistenza di uno spirito di reciproca accettazione e rispetto tra i differenti gruppi etnici all'interno di un paese. Mi sono occupato di questo argomento nel messaggio di quest'anno per la Giornata Mondiale della Pace. Là ho indicato due principi che costituiscono la base necessaria per ogni vita sociale. "Il primo principio è l'inalienabile dignità di ciascuna persona umana, senza distinzioni relative alla sua origine razziale, etnica, culturale, nazionale o alla sua credenza religiosa... Il secondo principio riguarda l'unità fondamentale del genere umano, il quale trae la sua origine da un unico Dio creatore" ("Nuntius ob diem ad pacem fovendam dicatum pro a. D. 1989", 3, die 8 dec. 1988: , XI, 3 [1988] 1788). Ponendo a fondamento questi principi, il processo di pace richiede che l'intera umanità si impegni per eliminare gli atteggiamenti di pregiudizio e discriminazione. Questo è un compito particolarmente urgente là dove tali atteggiamenti sono stati incorporati nelle politiche legislative.

La Santa Sede segue con trepidazione la violenza e il terrorismo presenti nel suo Paese. Colgo questa occasione per esprimere la mia fervida speranza di riconciliazione attraverso il dialogo e i negoziati come via obbligata verso una giusta risoluzione dei complessi problemi che impediscono la pace nello Sri Lanka. Gli atti terroristici sono crimini contro l'umanità ed è chiaro che "colpire ciecamente, uccidere innocenti o compiere sanguinose rappresaglie non favorisce un'equa valutazione delle rivendicazioni avanzate dalle minoranze, per le quali i terroristi pretendono di agire!" ("Nuntius ob diem ad pacem fovendam dicatum pro a. D. 1989", 3 die 8 dec. 1988: , 3 [1988] 1788). La riconciliazione attraverso la giustizia e nel rispetto delle legittime aspirazioni di tutte le parti coinvolte è la sola strada possibile per giungere ad una pacifica risoluzione delle attuali ostilità.

Nel momento di assumere le sue nuove responsabilità, signor ambasciatore, le offro i miei migliori auguri per un positivo svolgimento della sua missione. Colgo l'occasione per assicurarle la collaborazione della Santa Sede. Sull'eccellenza vostra, il suo Presidente e il popolo della Repubblica socialista democratica di Sri Lanka invoco abbondanti benedizioni di Dio onnipotente.

1989-04-21

Venerdi 21 Aprile 1989




All'associazione adoratrici e adoratori del Ssantissimo Sacramento - Città del Vaticano (Roma)

Una luminosa testimonianza di spiritualità laicale


Cari fratelli e sorelle!


GPII 1989 Insegnamenti - Messaggio di solidarietà al popolo libanese - Città del Vaticano (Roma)