GPII 1989 Insegnamenti - Ai delegati della settima assemblea nazionale dell'Azione Cattolica - Fedeltà a Cristo, alla Chiesa e alla verità sull'uomo

Ai delegati della settima assemblea nazionale dell'Azione Cattolica - Fedeltà a Cristo, alla Chiesa e alla verità sull'uomo



1. Sono lieto di incontrarvi, carissimi delegati alla settima assemblea generale dell'Azione Cattolica italiana, e di porgervi il più cordiale benvenuto. Saluto con voi tutti i soci di Azione Cattolica delle diocesi e delle parrocchie d'ltalia. Il mio affettuoso pensiero si rivolge in particolare al caro fratello Cardinale Ugo Poletti, Presidente della Conferenza Episcopale Italiana, al vostro assistente ecclesiastico generale, monsignor Antonio Bianchin, e agli altri eccellentissimi Vescovi qui presenti. Con loro saluto il presidente nazionale, avvocato Raffaele Cananzi, tutti gli assistenti e i dirigenti centrali.

La vostra assemblea, cari delegati, significativamente intitolata "Per la vita del mondo" e rivolta ad approfondire le ragioni e i contenuti del servizio dell'Azione Cattolica nella Chiesa e nella società italiana, in questi anni che ci conducono verso il grande giubileo del terzo millennio cristiano, segue a breve distanza la pubblicazione dell'esortazione apostolica "Christifideles Laici", nella quale ho voluto raccogliere i frutti del Sinodo sulla vocazione e missione dei laici nella Chiesa e nel mondo. Nel Sinodo è nuovamente risuonato, con forza ed urgenza accresciute, l'appello che i padri del Concilio Vaticano II hanno rivolto a tutti i fedeli laici, uomini e donne, a lavorare nella vigna del Signore, associandosi alla missione salvifica di Cristo e della Chiesa. Questo appello riguarda particolarmente voi, membri dell'Azione Cattolica italiana. Vi riguarda e vi interpella come persone e come associazione. E' l'appello del Signore Gesù, "Andate anche voi nella mia vigna" (Mt 20,3-4): sono certo che intendete accoglierlo con quella generosità e fedeltà che sono nella vostra tradizione e che diventano più necessarie ed urgenti "in quest'ora magnifica e drammatica della storia, nell'imminenza del terzo millennio" (CL 3).

Rifare il tessuto cristiano della società


2. In verità l'evangelizzazione è compito perenne della Chiesa, costituendo la sua grazia e vocazione propria, la sua identità più profonda: in essa i fedeli laici sono pertanto pienamente coinvolti per il fatto stesso del loro "essere Chiesa" (cfr CL 9 CL 33). Ma non possiamo disattendere le circostanze del nostro tempo, dalle quali emergono una singolare e per molti aspetti nuova necessità e urgenza dell'evangelizzazione, e una specifica esigenza che i laici ne siano protagonisti a pieno titolo, in intima comunione con i Pastori. Anche l'Italia fa parte infatti di quei paesi di antica tradizione cristiana che ora, anche a causa del benessere economico e del consumismo, sono minacciati dall'indifferenza religiosa e dalla tendenza a vivere "come se Dio non esistesse".

Come dicevo il 7 gennaio scorso ai vostri amici responsabili e animatori parrocchiali del settore adulti di Azione Cattolica, "è soprattutto la dimensione morale della fede, la verità dell'etica cristiana, ad essere oggi insidiata e contestata. Troppo spesso, e talvolta anche tra coloro che si considerano membri della Chiesa e ritengono di vivere da cristiani, essa viene giudicata come ormai superata e non adatta alla situazione attuale. Si pongono così, in maniera consapevole e inconsapevole, le premesse per la distruzione di ciò che di più autenticamente umano esiste nell'uomo, e si rinuncia alla possibilità di costruire una società e una civiltà a misura dell'uomo". Urge, dunque, rifare il tessuto cristiano della società. Ma la condizione è che si rinsaldi il tessuto cristiano della stessa comunità ecclesiale (cfr CL 34).

Le domande decisive


3. Quale contributo l'Azione Cattolica italiana, associazione che ha come proprio fine immediato lo stesso fine apostolico della Chiesa (AA 20), può dare a questa fondamentale opera di nuova evangelizzazione? E ancor prima, come l'Azione Cattolica deve configurarsi, nel suo "essere" e quindi nel suo operare, per poter offrire al meglio questo suo contributo? Sono queste le domande decisive intorno alle quali è impegnata la vostra assemblea. Su di esse desidero ora riflettere con voi, per indirizzare su strade apostolicamente sempre più feconde il cammino dell'Azione Cattolica italiana nel prossimo triennio della sua vita associativa.

Lo faro prendendo come punto di riferimento essenziale i criteri di ecclesialità che l'esortazione apostolica (CL 30) propone per tutte le aggregazioni dei fedeli laici nella Chiesa. L'Azione Cattolica, associazione ecclesiale per sua natura, è strutturalmente conforme a tali criteri.

Ma anche per lei il realizzarli tutti e in pienezza nella propria vita, traducendoli in frutti concreti, è impresa sempre nuova, a cui attendere con umiltà, continua preghiera, vigile e solerte impegno, ben sapendo che il dono di Dio precede e rende possibile ogni nostro ben operare.

Il primato dell'universale vocazione alla santità


4. E' così già richiamato alla vostra attenzione il primo di questi criteri, che in certo senso è la radice di tutti gli altri, ossia il primato che deve essere riconosciuto all'universale vocazione alla santità. La carità soprannaturale, frutto dell'amore di Dio infuso col dono dello Spirito Santo nei nostri cuori, rappresenta infatti la forza vera della Chiesa e di ogni organismo che vive nella Chiesa e al servizio della Chiesa. Essa deve costituire l'obiettivo primario del lavoro formativo che si svolge nella vostra associazione - particolarmente ad opera dei sacerdoti vostri assistenti -, e al contempo deve sostenere e alimentare sia l'unità interna dell'Azione Cattolica e la sua totale dedizione alla comunione ecclesiale, sia l'impegno per l'evangelizzazione, stimolando ciascuno degli aderenti all'ACI alla più intima unità tra la fede e la vita.

Amore alla verità e impegno a viverla


5. L'autentica carità cristiana è inseparabilmente amore alla verità e quindi impegno a viverla e a farla conoscere. Particolarmente nel nostro tempo, quando la mentalità soggettivistica largamente diffusa tende a condizionare anche l'atteggiamento dei credenti verso la fede e la Chiesa, quel criterio di genuina ecclesialità che è la confessione integrale della fede cattolica, in piena adesione al Magistero della Chiesa, acquista un risultato e un'importanza essenziale. Chiedo a voi, carissimi delegati, e a tutta l'Azione Cattolica italiana il più grande e il più sincero impegno su questo decisivo versante di fedeltà a Cristo, alla Chiesa e alla verità sull'uomo. La verità cristiana non ammette sconti, non può essere ridimensionata o adattata, sia pure con l'intento di facilitarne l'integrazione con i modi di sentire e le correnti di pensiero che oggi sembrano prevalenti, ma che per più di un aspetto contraddicono alla sostanza del Vangelo. Nella grande sfida dell'evangelizzazione che si combatte e si vince anzitutto all'interno del mondo dei battezzati, e in particolare nell'impegno di una catechesi rivolta non solo ai ragazzi ma anche ai giovani ed agli adulti, come è nei programmi della Chiesa italiana, l'Azione Cattolica è chiamata a dare un grande contributo, che sarà tanto più costruttivo e significativo quanto più educherà in primo luogo i propri aderenti, e molti altri fratelli attraverso di loro, ad una matura "coscienza di verità", capace di riconoscere l'origine divina della nostra fede e la sua essenziale connotazione ecclesiale. I sacerdoti assistenti, che sono tra voi maestri della fede, dedichino ogni cura a questo servizio educativo, ed abbiano la gioia di trovare sempre accoglienza piena per la Parola di Cristo e della Chiesa.

Testimonianza di comunione salda e convinta in relazione filiale con il Papa


6. L'esortazione apostolica (CL 30) mette in evidenza, come ulteriore criterio di ecclesialità, "la testimonianza di una comunione salda e convinta, in relazione filiale con il Papa, perpetuo e visibile centro dell'unità della Chiesa universale, e con il Vescovo "principio visibile e fondamento dell'unità" della Chiesa particolare, e "nella stima vicendevole fra tutte le forme di apostolato nella Chiesa"". L'Azione Cattolica italiana ha titoli e motivi peculiari per fare di questa testimonianza di comunione la sua forma di vita. Fin dalle sue origini, come ricordavo ai giovani di Azione Cattolica incontrandoli il 24 settembre scorso, essa "ha vissuto e operato in stretto legame di speciale collaborazione con i Vescovi e i sacerdoti, fin dall'inizio ha avuto una particolare dedizione al Successore di Pietro". Essa è una forma altamente significativa di quella collaborazione più immediata dei laici con l'apostolato della Gerarchia - alla maniera degli uomini e delle donne che aiutavano l'apostolo Paolo nell'annuncio del Vangelo (cfr Ph 4,3 Rm 16,3ss) -, di cui parla la costituzione conciliare "Lumen Gentium" (LG 33). Dimensione necessaria di una tale collaborazione, e titolo di onore per voi, laici di Azione Cattolica, è operare sotto la superiore guida della stessa gerarchia (AA 20).

Il ruolo dei sacerdoti assistenti e, a titolo del tutto particolare, la presenza del Vescovo assistente trovano il loro pieno significato come espressione concreta di questo intimo rapporto con la gerarchia, che vi caratterizza come associazione.

Qualificare il volto unitario dell'associazione ed essere promotori di unità


7. La medesima volontà di comunicare vi farà promotori, come già vi chiedevo in occasione della precedente sesta assemblea, di unità e di collaborazione con tutte le molteplici aggregazioni laicali che rendono ricco e vivo il panorama della Chiesa italiana. I cammini dell'unità possono talvolta essere faticosi, ma, compiuti nella fedeltà alle indicazioni dei Pastori, sono sicura garanzia di crescita per l'intera compagine ecclesiale. Questo stesso impegno di unità, per essere autentico ed efficace, deve esplicarsi nella vostra vita associativa. Vi rinnovo quindi l'invito a qualificare in senso unitario il volto della vostra associazione, valorizzando in ogni ambito, e a tutti i livelli di responsabilità le diverse sensibilità ed esperienze. Gli elementi di rappresentatività elettiva che ha introdotto lo statuto approvato "ad experimentum" nel 1969, hanno senso nell'Azione Cattolica in quanto non vengono intesi in termini puramente sociologici, come strumenti per determinare la ripartizione dei poteri, ma in una prospettiva pienamente ecclesiale, come vie per favorire la partecipazione di tutti, sempre in riferimento al ministero apostolico con il quale i laici di Azione Cattolica sono intimamente chiamati a collaborare.

Il quarto tra i criteri di ecclesialità evidenziati dall'esortazione apostolica "Christifideles Laici", cioè la conformità e la partecipazione al fine apostolico della Chiesa, appartiene a sua volta alle caratteristiche costitutive dell'Azione Cattolica e si sostanzia in quegli impegni di evangelizzazione e santificazione, e quindi di formazione cristiana delle coscienze, di cui già ho sottolineato la centralità e l'urgenza.

Al servizio della dignità integrale dell'uomo


8. Carissimi delegati dell'Azione Cattolica italiana, desidero affidarvi una particolare riflessione riguardo all'ultimo dei criteri predetti, ossia all'impegno di una presenza nella società che, alla luce della dottrina sociale della Chiesa, si ponga a servizio della dignità integrale dell'uomo. A questo impegno la Chiesa non può sottrarsi in forza della sua stessa missione evangelizzatrice, che la chiama a servire l'uomo, e quindi "un posto particolare compete ai fedeli laici, in ragione della loro "indole secolare", che li impegna, con modalità proprie e insostituibili, nell'animazione cristiana dell'ordine temporale" (CL 36). E' chiaro d'altronde che l'Azione Cattolica, associazione di laici che collaborano direttamente con la gerarchia, anche in questo ambito deve saper congiungere l'assunzione delle responsabilità laicali con la sua piena caratterizzazione ecclesiale. Valgono a tal fine gli indirizzi che già offrivo alla vostra sesta assemblea: "L'apostolato dell'Azione Cattolica, ecclesiale per sua natura, non deve in alcun modo confondersi con attività di tipo puramente civico, sindacale o politico. Ma estendendosi la sua missione quanto la missione salvifica della Chiesa,... nessun terreno in cui siano in gioco la persona umana, i suoi diritti e doveri, i valori morali e religiosi, può esserle indifferente o estraneo, pur nelle dovute distinzioni degli ambiti di competenza".

In questo spazio del servizio alla persona umana emergono oggi come straordinariamente importanti ed urgenti la difesa e la promozione della famiglia e dell'inviolabile diritto alla vita: spendendovi per questa causa abbiate sempre la certezza di servire Cristo e l'uomo, la civiltà e il futuro dell'uomo.

Anche su questo terreno dell'impegno sociale occorre inoltre che operiate "uniti a guisa di corpo organico" (AA 20), affinché appaia chiaramente l'indole comunitaria ed ecclesiale del vostro apostolato e la sua efficacia sia meglio garantita. Potrete sviluppare così, in questo arco di tempo che ci conduce all'appuntamento del terzo millennio cristiano, tutte le potenzialità di cui è ricca la vostra associazione, e con lei il laicato cattolico e l'intera Chiesa italiana.

Un'esigenza che nasce dall'affetto e dalla fiducia


9. Carissimi fratelli e sorelle dell'Azione Cattolica, la parola del Papa potrà esservi apparsa esigente, per i mandati, numerosi, impegnativi e anche ardui che vi ha affidato. Ma è un'esigenza che nasce dall'affetto e dalla fiducia, oltre che dalle urgenze talvolta drammatiche della nuova evangelizzazione. Ponete mano coraggiosamente all'opera che vi sta davanti, certi della costante attenzione e vicinanza dei vostri Vescovi, e del Papa con loro. Affido il vostro cammino alla Vergine fedele che è nostra Madre, affinché vi conduca sempre sulle vie della fede e della santificazione della comunione e della missione.

Di cuore imparto la mia apostolica benedizione a voi e a tutta l'Azione Cattolica italiana.

1989-04-24 17/01/19102

Lunedi 24 Aprile 1989 Pag. 14228




Nuovo appello in favore del "caro e tanto provato popolo libanese", alla comunità libanese a Roma - Città del Vaticano (Roma)

"Dio conceda pace al Libano e al mondo"


Fratelli e sorelle carissimi.

Diamo inizio alla liturgia eucaristica, che desidero celebrare con la particolare intenzione di implorare dal Signore la grazia della pace per il caro e tanto provato popolo libanese.

Da oltre quattordici anni i vostri connazionali si trovano in una terribile tempesta, causata da un conflitto sanguinoso, che ultimamente ha assunto aspetti di estrema violenza. La capitale Beirut e le regioni vicine si sono trasformate in un drammatico campo di battaglia e la popolazione, privata dei necessari soccorsi e di ciò che è essenziale, vive i tempi di relativa tregua con grande angoscia, nel timore che la furia distruttrice possa di nuovo divampare.

I lutti, le sofferenze, le paure e le distruzioni di queste settimane rendono ancor più prezioso il Libano di ieri e più ardente il desiderio che quello di domani riacquisti la stessa fisionomia di laboriosità, di incontro tra culture e fedi diverse, di libertà, di collaborazione e ospitalità. Si tratta di grandi doni e di ricche esperienze che il Signore ha dato al vostro Paese: in questa festa dell'evangelista san Marco rendiamo soprattutto grazie a Dio per il patrimonio di fede del vostro popolo.

Offriamo, poi, le nostre preghiere perché sia presto ritrovata la tanto sospirata pace e quel campo di battaglia si trasformi in un attivo cantiere di ricostruzione dell'unità del popolo libanese, ritornando ad essere un rinnovato esempio ed un importante fattore di equilibrio per tutta la regione.

Il sacrificio di Cristo che oggi rinnoviamo trasformi le sofferenze dei Libanesi in slancio di risurrezione e faccia in modo che esse non siano motivo di nuovi rancori, di fanatismi e di ulteriore violenza.

La fede nell'unico Dio onnipotente, che è nel cuore dei Libanesi non permetta che venga meno la loro fiducia negli uomini: il loro appello alla solidarietà sia ascoltato, il loro desiderio di pace venga accolto, il loro diritto a ricostruire in libertà la loro Patria unita e indipendente sia rispettato.

Preghiamo perché il Signore accolga nella sua misericordia tutti coloro che, durante questi lunghi anni di conflitti in terra libanese, hanno perso la vita. Le loro famiglie, i feriti, libanesi e non-libanesi, coloro che sono stati sequestrati e i loro familiari siano consolati e ricevano dal Signore la forza del perdono.

Che il sacrificio di Cristo e della Chiesa celebrato qui oggi per tutti i Libanesi, sia gradito a Dio! Egli ascolti le nostre suppliche, conceda pace al Libano e al mondo, illumini i responsabili, dentro e fuori, affinché, nel rispetto dei diritti dei popoli e degli uomini, siano veri costruttori di pace.

A voi Libanesi che siete qui convenuti chiedo di dire alle vostre famiglie ed ai vostri compatrioti che il Papa e, con lui, la Chiesa universale vi sono vicini nella vostra sofferenza e nella vostra speranza.

1989-04-25

Martedi 25 Aprile 1989




Ai Vescovi del Burundi in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)

Investite la vostra grande forza morale affinché si possa vivere da fratelli nel Burundi d'oggi e di domani


Cari fratelli nell'Episcopato.


1. Con grande gioia vi accolgo in occasione della vostra visita "ad limina", e ringrazio vivamente monsignor Evariste Ngoyagoye, Vescovo di Bubanza e Presidente della Conferenza dei Vescovi cattolici del Burundi, per il cortese indirizzo di saluto presentato a nome vostro.

La vostra venuta a Roma riveste anzitutto un carattere sacro per l'aspetto del pellegrinaggio alle tombe dei santi Pietro e Paolo, pastori e colonne della Chiesa romana. Ha anche un significato personale poiché ciascun vescovo incontra il successore di Pietro e gli parla di persona. Infine, comporta un aspetto di lavoro comune perché i visitatori si incontrano anche con i membri della Curia romana, realtà strettamente legata al Papa per il suo ministero al servizio della Chiesa universale.

Il motivo del nostro incontro quinquennale è la nostra comune sollecitudine pastorale poiché il compito di annunciare il Vangelo in tutta la terra compete a tutto il Collegio Episcopale. Auspico che la visita "ad limina", in cui si esprime concretamente la vostra comunione con il Vescovo di Roma, consenta a ciascuno di voi di rinnovarsi efficacemente per un servizio sempre più qualificato al caro Popolo di Dio del Burundi, che amate con il vostro cuore di Vescovi.


2. Vorrei ora proporvi alcune riflessioni che vi siano di stimolo nel lavoro apostolico nelle vostre comunità giovani, forti, ricche di promesse, che hanno beneficiato dell'apporto prezioso dei missionari, il cui dinamismo, spirito di sacrificio e dedizione al Regno abbiano sempre presente nel cuore.

In questa occasione, desidero anche esprimere la mia gratitudine ai Vescovi e ai sacerdoti della vostra terra natale che, a fianco dei missionari, hanno contribuito alla crescita della Chiesa nel Burundi. Esattamente trent'anni fa è stata eretta la provincia ecclesiastica di Gitega ed è stato nominato il primo Vescovo autoctono, monsignor Michel Ntuyahaga: a lui il mio saluto cordiale e anche al caro monsignor André Makarakiza. Il Signore benedica questi venerati fratelli per la loro generosa dedizione alla causa del Vangelo! In un passato ancora recente, degli avvenimenti dolorosi, di carattere etnico, hanno straziato le vostre comunità ecclesiali e il vostro amatissimo Paese. Come voi stessi avete detto, si tratta di un problema che riguarda la società e anche la Chiesa, e che tocca profondamente la dignità della persona umana, i suoi diritti fondamentali, e le più radicali esigenze della giustizia. In un certo senso viene messo in causa il segno stesso del discepolo di Cristo, se si pensa a questa parola del Signore: "Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri" (Jn 13,35).

Il vostro popolo non manca di risorse nè di energia morale per una riconciliazione fraterna e una partecipazione comune all'edificazione di un sereno avvenire. Certo, per giungere a vivere come fratelli nel Burundi di oggi e di domani occorre dar prova di pazienza e insieme di determinazione. Tuttavia, gli sforzi messi in atto e le iniziative concrete consentono di avere fiducia e meritano di essere sostenuti e incoraggiati con convinzione. Ciascun figlio e figlia del vostro Paese persegua questa mèta con un impegno quotidiano! La Chiesa investa la sua grande forza spirituale in questa opera evangelica della conversione dei cuori! Il tempo pasquale in cui siamo ci ricorda questo frutto straordinario della vittoria di Cristo sulle divisioni degli uomini; San Paolo lo ripete: "Tutti voi infatti siete figli di Dio per la fede in Cristo Gesù. Non c'è più giudeo nè greco; non c'è più schiavo né libero; non c'è più uomo nè donna, poiché tutti voi siete uno in Cristo Gesù" (Ga 3,26-28).

Cari fratelli, lavorate senza tregua alla causa dell'unità e della pace.

I sacerdoti e i Vescovi vivano come autentici fratelli per meglio compiere la loro missione di radunare tutti intorno a Cristo! La loro testimonianza galvanizzi il laicato, che ha bisogno di essere accompagnato da pastori animati da uno spirito di riconciliazione, di dialogo e di unità! Nella preghiera e nella comunione dei santi, la memoria dei sacerdoti, dei fedeli, di tutti coloro che nel passato sono stati vittime delle lotte fratricide, vi incoraggi e vi assista sulla strada della pacificazione! Infine, ciascun uomo di buona volontà trovi in voi, nei vostri collaboratori e nei fedeli degli autentici costruttori di pace, nella giustizia!


3. Nel vostro desiderio di contribuire all'edificazione della società del Burundi, c'è per voi un'altra pressante preoccupazione: la famiglia.

La solidità della comunità familiare è una ricchezza tradizionale della società burundese. Occorre rivitalizzare questa cellula fondamentale e "riservarle una privilegiata sollecitudine, soprattutto ogni qualvolta l'egoismo umano, le campagne antinataliste, le politiche totalitarie, ma anche le condizioni di povertà e di miseria fisica, culturale e morale... fanno disseccare le sorgenti della vita" (CL 40). Per i fedeli, la coppia e la famiglia costituiscono il primo ambito di impegno come cristiani, convinti del valore unico e insostituibile della famiglia per lo sviluppo della società e della Chiesa.

Culla della vita e dell'amore, la famiglia è anche il luogo dove viene fatto ai giovani il primo appello alla missione: come laici impegnati, come persone consacrate a Dio nella vita religiosa, come sacerdoti al servizio del Popolo di Dio.


4. L'assemblea generale del Sinodo dei Vescovi del 1987 ha riflettuto sulla vocazione e missione dei laici, e l'esortazione post-sinodale "Christifideles Laici" ha messo in rilievo l'appello di Dio al suo Popolo a crescere, maturare senza tregua e portare frutto. Dopo aver descritto la formazione cristiana come processo di maturazione personale nella fede e di configurazione con Cristo, secondo la volontà del Padre, sotto la guida dello Spirito Santo, i padri sinodali hanno affermato con chiarezza che "la formazione dei fedeli laici va posta tra le priorità della diocesi e va collocata nei programmi di azione pastorale in modo che tutti gli sforzi della comunità (sacerdoti, laici e religiosi) convergano a questo fine" (CL 57).

Sulla scia del Sinodo invitate i laici ad approfondire sempre più le ricchezze della fede e a viverle. Abbiate cura di riconoscere, di promuovere i carismi dei battezzati e di incoraggiare i fedeli a collaborare con più vigore e in modo più responsabile all'evangelizzazione delle realtà temporali.

Quanto ai giovani, così numerosi nel vostro Paese, saranno oggetto di una accentuata sollecitudine pastorale. Essi devono fare fronte a molte difficoltà che, spesso, li sconvolgono. Hanno bisogno di essere sostenuti e guidati nella preparazione del loro avvenire, affinché, con il loro impegno cristiano, portino un contributo generoso allo sviluppo della società. Similmente, li si aiuterà a riscoprire il ruolo originale che è loro riservato nella nuova evangelizzazione del Burundi.

Nel quadro della formazione di un laicato capace di assumersi le sue responsabilità, c'è un ministero cui dovete rivolgere la vostra attenzione: la pastorale delle "élites intellettuali e sociali" del Paese. Senza indugio mettete a loro disposizione i sacerdoti competenti e i mezzi di formazione da loro auspicati. Invitateli a impegnarsi attivamente nella vita delle loro parrocchie.

Incoraggiateli a portare i valori evangelici al cuore dei grandi dibattiti in cui è messo in causa l'avvenire del Burundi, come anche nel servizio quotidiano che sono chiamati a svolgere, con onestà, senso di responsabilità e dedizione al bene comune, nel campo dell'educazione, dell'amministrazione e dell'informazione.


5. Il Signore ha sempre benedetto il Burundi donandogli molte vocazioni sacerdotali e religiose, anche durante i momenti di prova attraversati di recente dalla vostra Chiesa. La diminuzione del numero degli operatori dell'evangelizzazione ha spinto quelli che restavano, sacerdoti, religiosi e religiose e catechisti a raddoppiare gli sforzi nel lavoro apostolico. I sacrifici sopportati coraggiosamente dalle vostre comunità hanno anche portato alla riscoperta dell'Eucarestia, della preghiera in famiglia, della devozione alla Vergine, favorendo anche la fioritura delle vocazioni.

Vi affido il compito di trasmettere il mio affettuoso incoraggiamento ai giovani seminaristi. Siano appassionati di Gesù Cristo e, imitando l'ardore missionario dei loro antenati, si preparino ad essere i dispensatori dei doni di Dio con un cuore aperto a tutti! Desidero invitarvi, nello stesso tempo, a vegliare sulla formazione permanente del vostro clero. Le loro necessità sono aumentate per la diminuzione del numero dei missionari - diminuzione spero temporanea. Offrite ai sacerdoti i mezzi per approfondire la loro vita spirituale, in modo che, riscoprendo sempre con gioia la bellezza della loro vocazione, nello spirito delle beatitudini, rinnovino il dinamismo del loro impegno apostolico.


6. Infine, cari fratelli, alla vigilia dell'anno duemila, voi desiderate dare uno slancio rinnovato all'evangelizzazione del Burundi e, per questo, sarà utile l'elaborazione di un piano pastorale per evidenziare le priorità. Volentieri vi incoraggio in questo grande disegno che per il Burundi ha una motivazione in più: il giubileo del bimillenario della nascita di Cristo sarà preceduto di poco dal centenario dell'evangelizzazione del Paese. Proprio nel 1898 il segno della Redenzione fu piantato sulla terra burundese; e l'anno dopo fu fondata sulla collina di Mugera, dedicata alla Vergine Maria, la prima comunità cristiana dei vostri padri nella fede.

In vista di queste grandi commemorazioni, fate appello all'energia missionaria dei sacerdoti, dei religiosi, delle religiose, dei catechisti, dei genitori, dei giovani, dei malati. E' anzitutto compito degli operatori di pastorale burundesi l'evangelizzazione del Paese, l'annuncio di Cristo a coloro che ancora non lo conoscono o lo conoscono male: tra loro, ma anche fuori, perché in altri paesi d'Africa già la giovane Chiesa burundese compie la sua parte di lavoro per l'avvento del Regno di Dio.

Siate guide sagge ed entusiaste nel necessario processo di inculturazione del Vangelo per far penetrare il messaggio di Cristo nella vostra cultura. La buona Novella può trovare un terreno particolarmente favorevole in certi valori locali provati. "L'inculturazione è l'incarnazione del Vangelo nelle culture autoctone ed insieme l'introduzione di esse nella vita della Chiesa" ("Slavorum Apostoli", 21). Questo significa crescita, arricchimento reciproco di persone e di gruppi, per il fatto dell'incontro vivificante con il Vangelo.


7. Maria, alla quale la vostra bella Patria è stata consacrata dall'indipendenza e che i vostri fedeli venerano con tanto amore, vi venga in soccorso nel vostro cammino! Di tutto cuore, vi benedico insieme con ciascuna delle vostre comunità diocesane.

1989-04-25

Martedi 25 Aprile 1989




Il congresso delle Università Cattoliche e degli istituti di studi superiori - Ai congressisti, Città del Vaticano (Roma)

Nell'approfondire la vostra funzione ecclesiale siate voce critica e profetica di fronte alla società


Venerati fratelli nell'Episcopato, Carissimi sacerdoti, illustri professori e docenti!


1. Mi è particolarmente gradito trovarmi in mezzo a voi, in occasione di questo terzo congresso internazionale delle Università Cattoliche e degli istituti di studi superiori. Se mi è lecita una confidenza, vi diro che tra voi mi sento come in famiglia per il fatto di aver trascorso diversi anni in seno ad un'Università Cattolica.

Come Pastore della Chiesa, desidero esprimervi il mio gradito apprezzamento per l'opera che svolgete in un settore tanto importante per il bene dell'umanità e della Chiesa. Tale mio sentimento si estende anche a quanto avete fatto in questi giorni, nel corso del presente congresso, che ha visto la partecipazione non soltanto dei delegati delle Università Cattoliche, ma anche dei rappresentanti delle Conferenze Episcopali.

So che il lavoro che avete svolto qui a Roma è stato impegnativo, ma - ritengo - anche proficuo, molto proficuo per tutti. Avete affrontato un tema a voi caro, che io stesso ho trattato in varie occasioni, visitando non poche Università Cattoliche del mondo. Vi siete domandati come dar forza, maggior forza e migliore espressione al binomio "Università - Cattolica": un binomio, i cui termini si completano e si arricchiscono a vicenda; un binomio, da mantenere e da perfezionare in adempimento di un compito sempre nuovo e affascinante. Questo compito deve essere sentito e vissuto nella consapevolezza che non solo la Chiesa guarda alle Università Cattoliche ed ha bisogno di esse, ma anche la società, nelle diverse parti del mondo, le guarda ed ha bisogno di esse. E' come un duplice sguardo, uno sguardo convergente, uno sguardo esigente.

Ma è veramente così? Anche il mondo le guarda e ne ha bisogno?


2. Si, perché il mondo molto può ricevere dalle Università Cattoliche. Esso, infatti, oggi deve confrontarsi con alcune sfide, che emergono dai suoi stessi grandi progressi ed hanno ormai assunto dimensioni universali o come - si usa dire - planetarie.

Il grandioso sviluppo economico di tanti paesi, legato indubbiamente al progresso delle conoscenze tecnico-scientifiche, ha reso l'umanità consapevole della propria forza e della capacità, altresi, di affrontare con successo i problemi della fame e delle malattie che per millenni l'hanno afflitta. Quello che ieri appariva un problema insuperabile, quasi una impossibilità, oggi dal punto di vista puramente tecnico risulta fattibile e possibile. Eppure, molti paesi vivono tuttora nell'indigenza e nel sottosviluppo: quello stesso uomo che è artefice di tante nuove possibilità, è anche, troppo spesso, spettatore di tante pratiche impossibilità, quando non è diretto responsabile degli impedimenti frapposti all'estensione dello sviluppo e dei suoi benefici. E lo sviluppo stesso non di rado è inteso in modo unilaterale. Un tale contrasto deve essere sanato e, poiché esso ha origine nella volontà dell'uomo, deve essere superato anzitutto con un rinnovato, grande impegno morale, al quale ci si potrà aprire, riflettendo ancora una volta sul mistero dell'uomo così capace di grandezza, così capace di miseria, e riguardando al vero Fondamento trascendente della giustizia.

Chi non sa, del resto, che lo sviluppo tecnico-scientifico porta con sé, accanto agli indubbi vantaggi per l'umanità, anche risvolti problematici ed inquietanti, che richiedono anch'essi un forte impegno di responsabile approfondimento etico? Ed ancora: la crisi di tante ideologie e di tanti modelli di condotta, che si sono succeduti nella scena mutevole del nostro tempo, ha lasciato molti uomini in una situazione di carenza di identità e di incertezza esistenziale.

E' un insieme di fatti che propone molte domande o - come ho detto - molte sfide.


3. Certo, queste sfide sono rivolte anche all'università in quanto università: voi le sentite vive nell'ambiente stesso in cui operate, ed in effetti sono comuni a tutte le università. Per questo, negli anni più recenti la funzione e il ruolo dell'università sono stati oggetto di particolare studio al fine di trovare risposte adeguate. Tale studio è stato promosso a livello non solo di singole nazioni, ma anche di organismi internazionali, quali l'UNESCO e il consiglio d'Europa.

Sono state indicate strade e proposte soluzioni ricche di elementi stimolanti. La loro analisi approfondita mette in risalto che le risposte non possono essere cercate soltanto nell'ambito sociale, quasi che bastasse avvicinare l'università ai bisogni della società, e far di essa un luogo di preparazione di una efficiente forza-lavoro per il buon funzionamento dell'apparato produttivo; né le risposte possono ridursi ad un maggior impegno sul piano organizzativo-accademico, moltiplicando dipartimenti, facoltà e istituti specializzati. Ciò sarà pure necessario, ma non è sufficiente, perché le sfide toccano questioni di fondo. E' in gioco il significato della ricerca scientifica e della tecnologia, della convivenza sociale, della cultura, ma, più in profondità ancora, è in gioco il significato stesso dell'uomo. Si potrebbe dire in altre parole e in una visione più generale, che tali sfide concernono la verità sull'uomo nella sua dimensione personale e sociale; la verità sul mondo con le sue leggi da scoprire e da utilizzare per il bene dell'umanità; la verità su Dio, l'essere fondante, a cui tutto è da ricondurre e che solo dà significato ultimo all'uomo e al mondo.


4. Sono, questi, interrogativi di cui è ben giusto, è doveroso che si interessi il mondo universitario, giacché compito dell'università è quello di approfondire, cioè di andare alla radice dei problemi. Non è essa forse il luogo nel quale i vari rami dello scibile sono oggetto di insegnamento superiore e di ricerca? E l'insegnamento e la ricerca non possono non avere come costante punto di riferimento - quasi stella polare - la verità. Dico la verità ricercata, amata, insegnata e difesa, la quale è e dev'essere come l'anima dell'università, perché è la vita profonda della ragione umana: "Perfectio intellectus est verum" ("Contra Gentes", III,51), dice san Tommaso.

In questa prospettiva si comprende che la crisi dell'università, quale si registra dal secondo dopoguerra ed a cui si cerca di porre rimedio, non è tanto di tipo organizzativo, quanto spirituale e culturale; non è tanto crisi di mezzi, quanto di identità, di fini e di valori.

E' ormai comune e diffusa la costatazione di una perdita dell'unità del sapere, che si verifica oggi nel settore della ricerca universitaria: è lo squilibrio crescente tra i settori del progresso scientifico, frutto delle varie specializzazioni; è la mancanza di un profondo e valido legame tra le varie discipline che ne armonizzi i risultati, orientandoli al vero servizio all'uomo, nel quadro delle sue supreme esigenze etiche. L'università deve essere "vivente unità" di organismi protesi alla ricerca della verità, mentre permane il rischio, purtroppo, che si riduca ad un complesso di settori del sapere disarticolati e, in definitiva, dipendenti. Se è così, quando è così, essa potrà anche offrire una formazione professionale seria, che pero resterà inadeguata ai fini di una ricca e piena formazione umana.

Occorre, pertanto, promuovere tale superiore sintesi, nella quale soltanto troverà appagamento quella sete di verità ch'è inscritta profondamente nel cuore dell'uomo. Scriveva Agostino, un testimone privilegiato in questo campo: "Quid enim fortius desiderat anima quam veritatem?" ("Tract. in Ioannem", 26, 5; PL 35, 1609). Mentre tutte le altre creature esistono senza conoscerne il perché, l'uomo con la sua intelligenza è proteso alla continua ricerca di questo perché. E non si tratta di questione da ritenere accessoria o oziosa: il perché, anzi, i perché rientrano tra i problemi fondamentali del suo spirito. Come i polmoni hanno bisogno dell'aria pura, così lo spirito dell'uomo ha bisogno della verità: della verità non manipolata, non inquinata. Ed è la passione della verità che porta alla passione per l'autentico bene dell'umanità.

In questa prospettiva anche l'Università Cattolica può e deve svolgere un suo ruolo nella società contemporanea, offrendo essa stessa un modello convincente di ricerca concordemente finalizzata alla soluzione di tali fondamentali interrogativi. In questo scorcio del secondo millennio cristiano si offre a lei un'opportunità che non deve lasciarsi sfuggire.


5. Ma anche la Chiesa guarda alle Università Cattoliche ed ha bisogno delle Università Cattoliche.

Le sfide, alle quali ho accennato sono rivolte anche alla Chiesa, il cui compito salvifico abbraccia l'uomo nella sua totalità, nella sua concretezza storica e con tutti i suoi problemi. E' in tale contesto, nell'intreccio di queste sfide, che la Chiesa è chiamata a compiere la sua missione evangelizzatrice. Si comprende, quindi, come essa guardi all'Università Cattolica, attendendo il suo contributo, specifico, positivo, prezioso, in ordine al più efficace svolgimento della propria missione. Ecco allora: in un'Università Cattolica la missione evangelizzatrice della Chiesa e la missione di ricerca e di insegnamento vengono a trovarsi collegate e coordinate. Difatti, le risposte a quelle sfide devono essere culturalmente elaborate e scientificamente sviluppate: è compito specifico dell'Università Cattolica provvedervi con mezzi adeguati e con la necessaria professionalità. In tal modo essa, mantenendo la sua natura di università, aiuterà la Chiesa a mettersi in ascolto delle odierne esigenze culturali e a soddisfarle con iniziative adeguate.

Nell'adempimento di questo compito l'Università Cattolica non si differenzia, quanto agli strumenti di indagine, dalle altre università. Essa, pero, nel condurre la propria ricerca razionale, può contare su una luce superiore che, senza mutare la natura di tale ricerca, la purifica, la orienta, la arricchisce, la innalza. E' la luce della fede, la luce di Cristo, il quale ha detto: "Io sono la Via, la Verità e la Vita" (Jn 14,6).

Questa luce non si colloca "al di fuori" della ricerca razionale, come un suo limite o impedimento, ma "al di sopra" di essa, come una sua elevazione ed un allargamento del suo orizzonte: la luce della fede apre alla completezza della verità, anche se ovviamente non dispensa l'Università Cattolica dal travaglio della ricerca, che può anche rivelarsi difficile e sofferta. Luce in aiuto e in soccorso!


6. Sempre in riferimento alle accennate esigenze, si pongono all'Università Cattolica alcune linee di impegno specifico: a) Innanzitutto, l'impegno nei confronti della scienza: mentre ne riconosce e promuove il valore, l'Università Cattolica deve tener presente, all'occorrenza, anche i suoi limiti, operando perché la scienza sia e rimanga a beneficio dell'uomo e non si trasformi mai in causa distruttrice. Ciò non si potrà ottenere se non inscrivendo il lavoro e, in generale, il processo scientifico entro il quadro dei valori etici.

b) Circa gli squilibri sociali l'Università Cattolica, pur collaborando attivamente alla messa a punto di strumenti tecnici atti a superarli, non mancherà di ricordare alle varie istanze sociali e politiche che il problema dello sviluppo dei popoli, a cominciare da quelli meno fortunati, è molto più un problema etico che tecnico (cfr SRS 33).

c) Rispetto, poi, alle varie culture mondiali, l'Università Cattolica dovrà riconoscere e rispettare la loro dignità e creatività, ma si impegnerà, al tempo stesso, a promuoverne la purificazione e l'elevazione con la luce e la forza del Vangelo, che nulla sacrifica di autenticamente umano e quanto di valido trova sospinge verso traguardi di completa ed appagante attuazione (cfr GS 58 Pauli VI, EN 20). Come ho scritto nell'esortazione "Christifideles Laici", "La Chiesa sollecita i fedeli laici a essere presenti, all'insegna del coraggio e della creatività intellettuale, nei posti privilegiati della cultura" (CL 44).

d) Per quanto, infine, concerne l'uomo, l'Università Cattolica ispira la sua azione a quella integrale visione umanistica, in cui tutte le dimensioni, compresa quella spirituale, morale e religiosa, sono debitamente valorizzate e coltivate. Solo in una simile antropologia possono trovare spazio tutte le domande esistenziali dell'uomo.


7. Ma il criterio supremo, alla cui luce l'Università Cattolica deve misurare ogni sua scelta, resta il Cristo, Verbo incarnato ch'è la verità piena sull'uomo, il maestro interiore, il fratello universale, nel quali gli uomini ritrovano il senso della vita-dono divino, della solidarietà e della fratellanza; Cristo, il salvatore di tutti gli uomini, di qualsiasi tempo e di qualsiasi cultura; Cristo, il Figlio di Dio e insieme l'uomo nuovo, in cui sussiste con la pienezza della divinità (cfr Col 2,9) la pienezza dell'umanità.

Questo carattere cattolico e - diro meglio - cristocentrico non strumentalizza l'università né mortifica la sua legittima autonomia, quale luogo di formazione morale e di libera ricerca; la riconosce, anzi, e la conferma, aiutando l'università a realizzarsi secondo la sua vera natura ed a superare i pericoli di crisi.

Proprio per questo suo peculiare carattere l'Università Cattolica potrà anche diventare voce critica e profetica nei confronti di una società sempre più segnata dalla "persistente diffusione dell'indifferentismo religioso e dell'ateismo nelle sue più diverse forme, in particolare nella forma, oggi forse più diffusa, del secolarismo" (CL 4). All'occorrenza, essa dovrà avere il coraggio di dire anche verità scomode, verità che non lusingano, ma che pur sono necessarie, in quanto salvaguardano l'uomo nella sua dignità. Al mondo della cultura essa dovrà ricordare che l'uomo può certamente organizzare la terra senza Dio; ma senza Dio non può, in definitiva, organizzarla che contro l'uomo (cfr. H. de Lubac, "Il dramma dell'umanesimo ateo", Brescia 1978, p. 9).


8. Se un'urgenza, quindi, oggi si avverte nella vita dell'Università Cattolica, non è certo quella di attenuare o sfumare, quanto piuttosto di approfondire, di evidenziare, di testimoniare, sul piano teorico e pratico, il suo carattere cattolico. I compiti, infatti, che le spettano nell'odierna società son divenuti più vasti e complessi. Oggi essa ha una funzione o, meglio, una missione che va ben al di là della tradizionale tematica del rapporto tra fede e ragione, un rapporto da confermare, nella pratica di ricerca e di studio, sia da parte dei suoi docenti che dei suoi studenti. La sua missione tocca ormai ed abbraccia i vasti e numerosi settori del sapere e, in special modo, del sapere scientifico, che ha conosciuto nel nostro tempo nuovi sviluppi, si è aperto su orizzonti nuovi, si è esteso in aree geografiche nuove e ha raggiunto popoli nuovi. L'Università Cattolica deve prendere piena coscienza delle accresciute responsabilità che le competono nella verifica dell'autenticità morale ed umana di tali progressi e indirizzi: l'esperienza, infatti, ha ampiamente dimostrato che l'avanzamento scientifico non equivale sempre e necessariamente a progresso morale ed umano, equilibrato e partecipato.

Alcune delle vostre università sono aperte anche a non cattolici, membri di altre Chiese e di altre religioni, o addirittura non credenti. Questi giovani - uomini e donne - possono portare in esse il contributo di esperienze culturali e umane diverse, meritevoli di studio e di riconoscimento. Nell'accoglierli cordialmente, l'Università Cattolica deve da parte sua offrir loro concrete possibilità di conoscere il messaggio cristiano nella sua genuinità, nella sua forza liberatrice e salvifica. E' giusto che a queste persone, nel pieno rispetto della loro libertà, sia dato modo di approfondire la visione cristiana del mondo e della vita: un'opportunità nuova, questa, che riuscirà tanto più efficace, quanto più all'interno della scuola cattolica la comunità dei credenti saprà testimoniare con la coerenza della vita cristiana la bellezza e la grandezza del Vangelo.


9. Sensibili ai nuovi compiti, già nel 1972 i delegati delle Università Cattoliche di tutto il mondo pubblicarono il documento dal titolo "L'Università Cattolica nel mondo moderno", nel quale, fin dall'inizio, si sottolineava che l'aggettivo "cattolica" qualifica tale università proprio nel suo impegno istituzionale. Si tratta di un dato fondamentale, che coinvolge l'università in tutto ciò che essa è: nella sua struttura organizzativa, direttiva e accademica, nonché nei programmi, nell'ambiente e nella formazione da assicurare agli studenti. Il carattere "cattolico" dev'esser visibile e aperto. Esso sarà espressamente indicato negli statuti, o in altro apposito documento, e dovrà tradursi - ripeto - in scelte coerenti. Ma prima ancora dei testi scritti e dei piani di studio è questione di stile e di atmosfera! Dopo diciassette anni dalla celebrazione del congresso del 1972 vi siete riuniti per riflettere ancora su detti compiti. La novità, che caratterizza il presente congresso, è la partecipazione dei rappresentanti di tutti gli Episcopati interessati alle Università Cattoliche, dei delegati di queste università e degli istituti di istruzione superiore, dei membri delle famiglie religiose che gestiscono Università Cattoliche, come anche degli organismi della Santa Sede.

Tale presenza indica non soltanto l'allargato interesse per l'Università Cattolica, ma anche la maggiore attenzione e sensibilità per il valore ecclesiale che essa riveste. L'Università Cattolica è, si, nella società, nella storia, ma è anche nella Chiesa.

Appare, pertanto, ineludibile la domanda: quale Università Cattolica oggi? Ad essa non si può rispondere se non dopo aver chiarito l'altra domanda: quale senso ecclesiale ha l'Università Cattolica oggi? L'orizzonte qui si fa ampio e sollecita una riflessione accurata alla luce delle due grandi costituzioni del Concilio Vaticano II, la "Lumen Gentium" e la "Gaudium et Spes", in generale, e segnatamente della dichiarazione "Gravissimum Educationis" (GE 7-10).

Nell'approfondire secondo la linea conciliare la funzione ecclesiale dell'Università Cattolica deve risultare in chiara evidenza anche la funzione che il Magistero della Chiesa svolge nei suoi confronti: è una funzione di stimolo e di incoraggiamento, di illuminazione e di guida per un cammino più spedito verso la verità piena. Anche in quest'occasione, perciò, mi piace ripetere quello che ebbi a dire nel discorso pronunciato all'Università Cattolica di Washington nell'ottobre 1979: "Se le vostre Università e Collegi sono istituzionalmente connessi col messaggio cristiano, e se sono parte della comunità cattolica di evangelizzazione, ne segue che essi hanno un legame essenziale con la Gerarchia della Chiesa" ("", II, 2 [1979] 689).

10. Frutto di tale approfondimento dovrà essere una nuova "sintonia", ossia una più stretta e fiduciosa collaborazione tra l'Episcopato, le famiglie religiose, gli organismi ecclesiali ed i fedeli, da una parte, e le università e istituzioni cattoliche, dall'altra: troverà allora conferma il fatto che ogni attività, svolta nell'ambito di queste università, si qualifica per l'orizzonte cattolico in cui si colloca. Le vostre e nostre università devono essere orgogliose del loro titolo di cattoliche, come già affermava con elevata parola il mio predecessore Paolo VI: "Pari alle altre Università per sforzo e per valore scientifico, emula anzi dei loro esempi e delle loro conquiste, l'Università Cattolica non deve temere di apparire indifferente e originale per il battesimo di tale appellativo, non per farsene peso, ma per farsene stimolo; non per estraniarsi dal mondo della cultura, ma per entrarvi con passo più amico e più franco; non per vana gloria, ma per convertirlo in impegno" ("Insegnamenti di Paolo VI", II [1964], 237).

Tale consegna, lasciata dall'indimenticabile Pontefice, resta valida anche oggi: se Cristo è la verità che illumina, libera e dà senso alla vita, se egli è la risposta completa agli interrogativi profondi e ineliminabili dell'uomo, la verità che è Cristo, la verità che ha Cristo proprio nelle Università Cattoliche deve farsi luce per gli altri, per il mondo. Gesù ha detto: "Non si pone la lucerna sotto il moggio, ma sopra il candelabro, perché faccia la luce..." (Mt 5,15).

Non abbiate paura, dunque cari confratelli ed illustri docenti, di professare la cattolicità delle vostre istituzioni! L'Università Cattolica e quanti in essa operano devono essere convinti che il carattere cattolico aiuta a svolgere meglio e più efficacemente la missione dell'università nel mondo di oggi.

Nell'affidare a Dio il vostro impegno in un settore tanto importante per la vita della Chiesa e della società, imparto a tutti voi qui presenti ed ai collaboratori, che nelle varie sedi dedicano le loro energie ad un compito tanto importante e fra tutti gli altri nobilissimo, una speciale, confortatrice benedizione apostolica.

1989-04-25

Martedi 25 Aprile 1989





GPII 1989 Insegnamenti - Ai delegati della settima assemblea nazionale dell'Azione Cattolica - Fedeltà a Cristo, alla Chiesa e alla verità sull'uomo