GPII 1989 Insegnamenti - L'incontro con i membri del corpo diplomatico nella Nunziatura Apostolica - Antananarivo (Madagascar)

L'incontro con i membri del corpo diplomatico nella Nunziatura Apostolica - Antananarivo (Madagascar)

I bisogni delle nazioni meno favorite e la miseria di troppi esseri umani sono un appello ad una efficace cooperazione internazionale


Eccellenze, signore, signori.


1. Nel corso della visita pastorale che effettuero in questo Paese, prima di recarmi a La Réunion, nello Zambia e nel Malawi, sono lieto di avere questa occasione per poter salutare il corpo diplomatico accreditato presso la Repubblica democratica del Madagascar. Voi sapete, infatti, la stima che la Santa Sede ha per l'attività delle missioni diplomatiche, vero servizio reso ai popoli grazie alla presenza dei loro rappresentanti qualificati che favoriscono scambi sempre più intensi. Le Organizzazioni internazionali danno, a questo riguardo, un apprezzabile contributo specifico; saluto con piacere i loro rappresentanti tra di voi.

La mia missione spirituale mi permette di essere, da parte mia, testimone di ciò che unisce gli uomini, ma anche delle inquietudini e delle sofferenze che pesano su di essi nel mondo. E' per il bene dell'uomo che la Chiesa desidera incessantemente operare, in virtù della propria esperienza, pur nel rispetto delle competenze dei poteri civili. Essa ritiene di possedere la qualità per affermare la solidarietà universale cui deve tendere l'umanità a sua ricerca della pace e della felicità per tutti gli uomini.


2. Per le generazioni d'oggi, è chiaro che una preoccupazione importante è quella riguardante lo sviluppo. La ripartizione disuguale delle risorse di ogni genere sul pianeta sottolinea in modo quanto mai evidente la necessità di una cooperazione attiva tra le nazioni affinché i cittadini si vedano accordare le condizioni per una vita degna dell'uomo. Scambi economici e cooperazione, di cui oggi si ha una conoscenza più approfondita, non possono raggiungere il proprio scopo se non in uno spirito di solidarietà e nel rispetto della identità di ciascun popolo, della sua cultura, del suo ambiente naturale, della sua indipendenza.

Quando si parla di solidarietà, si capisce immediatamente che la cooperazione istituzionale ha come scopo primario il bene dei popoli, la valorizzazione delle loro risorse umane, l'espansione delle loro capacità, il dar valore al loro territorio, l'accoglienza del loro contributo particolare alla ricchezza della comunità umana, anche se questa ricchezza non si misura in termini economici. La nobile cultura del Paese che ci accoglie, i tratti originali delle sue regioni illustrano molto bene la bellezza di un patrimonio umano che lo sviluppo deve non solo conservare, ma anche far fruttificare.

I bisogni delle nazioni meno favorite, le difficoltà che troppi esseri umani conoscono per poter vivere sono un appello ad una cooperazione internazionale che è importante saper portare avanti in maniera sempre più accorta. Gli obiettivi devono essere scelti di comune accordo e devono tenere presenti le necessità immediate giustificando delle azioni a breve termine senza perdere di vista l'appoggio ad iniziative destinate a modificare favorevolmente la situazione a lungo termine. Non entrero nel merito di analisi che vi sono già note, ma sottolineero alcuni aspetti, iniziando con l'augurare che la solidarietà delle nazioni porti a progredire sempre più sulla via delle soluzioni ai problemi dell'indebitamento dei paesi più poveri, questione sulla quale la Santa Sede si è espressa recentemente.


3. Nel Terzo Mondo e nei paesi più sviluppati, sono in molti, uomini e donne, che si consacrano con generosità a lavorare a favore dello sviluppo. Desidero quindi salutare l'opera compiuta dai volontari che fanno parte delle organizzazioni non governative. Sensa sostituirsi all'azione degli Stati e delle Organizzazioni che li riuniscono, questi volontari possono dare un aiuto significativo per comprendere le necessità reali dei paesi poveri, per rendere più personale e più amichevole la cooperazione, per sviluppare la solidarietà concreta, contribuendo così ad associare le diverse componenti della società all'azione delle autorità politiche.

A questo riguardo, vorrei rendere un omaggio particolare alla dedizione dei missionari. Ispirati dal Vangelo, essi si sono dedicati da molto tempo alla cura dei malati, al sostegno dei più poveri, all'educazione dei giovani. E rivolgo un pensiero a coloro che tra di essi, ancora in questi ultimi anni, sono stati vittime, in alcune regioni, di violenze ingiustificate. Ci auguriamo che tutti gli uomini e le donne, religiosi e non, che, come artigiani della pace, vengono in aiuto dei loro fratelli, possano compiere la loro missione nella sicurezza e in amicizia.


4. Le prospettive di distensione che si sono manifestate durante gli ultimi anni, dovrebbero quindi favorire la collaborazione degli uomini di scienza e di cultura nel mondo intero a favore dello sviluppo del Terzo Mondo. Nell'enciclica che ho dedicato alla questione sociale per dar seguito agli appelli di circa venti anni fa del mio predecessore Paolo VI, ho già rivolto un invito alle nazioni del Nord e del Sud a meglio coordinare i loro mezzi. così facendo, i trasferimenti ai tecnologie appaiono come una necessità crescente. Lo scambio di informazioni a beneficio di tutti non è forse un'esigenza di giustizia? Se, veramente, gli abitanti della terra arriveranno a consolidare la pace, potranno poi ammettere che i due terzi dell'umanità continuino a soffrire la fame, non possano raggiungere un livello di istruzione che permetta loro di prendere in mano efficacemente il proprio progresso, continuino ad essere privati dei mezzi di informazione e di comunicazione che sono correntemente disponibili altrove e ritenuti indispensabili?


5. Sempre più, oggi, l'opinione pubblica mondiale prende coscienza del bene prezioso che è la terra, con tutto ciò che essa racchiude e produce. Si parla di "ambiente": si tratta del quadro in cui l'uomo deve vivere; si tratta della natura che gli è affidata. E sono risapute le minacce che incombono su regioni intere a causa di uno sfruttamento sconsiderato o per un inquinamento incontrollato.

Proteggere il patrimonio forestale del globo, reagire contro la trasformazione in deserto e l'impoverimento del suolo, evitare la diffusione di sostanze tossiche nocive per l'uomo, per la fauna e per la vegetazione, salvaguardare l'atmosfera, sono tutti imperativi che non possono essere affrontati se non tramite una cooperazione attiva ed accorta, grazie alla quale le frontiere possono essere attraversate senza ostacoli e le diverse sfere d'influenza superate.

Accolto su una grande isola dove tali difficoltà si fanno sentire, dovevo ricordarmi di un argomento tanto serio. E urgente che la comunità internazionale si dia i mezzi giuridici e tecnici per garantire la protezione dell'ambiente naturale, per impedire gli abusi ispirati da ciò che potremmo chiamare l'egoismo di alcuni a scapito degli altri. La fede cristiana considera che l'uomo è stato fatto da Dio padrone della terra. Ciò significa che egli ne è responsabile, che egli ne è più l'amministratore che il proprietario discrezionale. Egli deve mantenerla viva e feconda per trasmetterla alle generazioni future.


6. Tra i diritti dell'uomo, ce ne è uno che tengo a sottolineare nel contesto di queste riflessioni sull'urgenza della cooperazione per lo sviluppo. Penso al diritto alla salute, che evidentemente fa parte del diritto fondamentale alla vita. Le popolazioni nel mondo si trovano a vivere una drammatica disugualianza e, in vaste zone, il clima, la mancanza d'igiene, la malnutrizione, ed anche l'ignoranza, lasciano troppi esseri umani senza difese. Vorrei esprimere qui, l'ammirazione per i medici e il personale sanitario, autoctono o venuto da altri paesi, in ragione della loro opera fraterna e disinteressata, e per la loro competenza, quando invece, spesso mancano i mezzi. Desidero incoraggiare le organizzazioni internazionali nei loro sforzi pazienti per assicurare la prevenzione delle malattie con campagne di vaccinazioni e altri metodi; e auguro che gli operatori possano incontrare sempre più sostegno e comprensione da parte delle famiglie, delle autorità, e da parte di coloro che possono aumentare i loro mezzi per delle donne indeboliti dalle malattie.

Questa opera necessaria è una condizione affinché la gioventù così numerosa del Terzo Mondo possa avanzare verso l'età adulta con la forza e con l'equilibrio necessario per potersi prendere le proprie responsabilità nella società.

E poiché ho ricordato i giovani, vorrei essere l'eco di una grande preoccupazione che proprio ieri mi hanno espresso i loro rappresentanti nello stadio di Alarobia. Si tratta della droga, un flagello che si situa nell'intersecarsi di molti fattori umani. E' un male che si diffonde nel mondo. Si richiede, pertanto, una vera mobilitazione da parte degli educatori, certamente, ma anche da parte dei governanti. Non si possono accettare i traffici della morte.

Reprimerli è senza dubbio indispensabile. Ma bisogna andare più in là, bisogna impedire una produzione così nociva, aiutare i coltivatori che ne ricavano i loro proventi ad una riconversione che potrà evitare loro la miseria. Le autorità responsabili non potranno esimersi dall'agire in questo senso per un semplice rispetto della dignità umana.

Ho toccato questo punto dolente, con la speranza che sforzi congiunti potranno liberare i giovani da un tale flagello. E' una realtà fondamentale quella sulla quale vorrei spendere una parola per l'attenzione che essa suscita: la famiglia. Conosciamo l'instabilità che la minaccia. Nel Terzo Mondo, le strutture tradizionali, vengono spesso distrutte a causa di condizioni di vita differenti.

Vengono esercitate pressioni che fanno violenza sulla libertà fondamentale di creare una famiglia e di dare la vita. La preparazione dei giovani a saper esercitare le loro responsabilità di sposi e di genitori è un obiettivo legittimo, ma non si deve cercare di modificarne i comportamenti per mezzo di pressioni contrarie ad una sana etica. Noi speriamo che nei popoli più sfavoriti, l'istituzione familiare possa trovare il sostegno che permetta la felicità dei suoi membri.


7. Signore, signori, le considerazioni che vi ho appena presentato riguardano in ultima analisi la ricerca del benessere degli uomini e l'armonia della loro vita comune, cioè la pace. Attraverso le numerose componenti dello sviluppo, è la pace che si afferma, è l'uomo che può far andare bene la sua vita trovando un'autentica libertà.

Terminando il mio discorso, desidero esprimere di nuovo l'alta considerazione che provo per i vostri molteplici contributi per la realizzazione di questi obiettivi essenziali. Attraverso le vostre persone io saluto le nazioni che voi rappresentate e invio loro i miei auguri calorosi di prosperità. Prego l'Onnipotente che vi dia i suoi doni e le sue benedizioni.

1989-04-30

Domenica 30 Aprile 1989




Omelia santa Messa per i fedeli dell'arcidiocesi malgascia - Fianarantsoa (Madagascar)

L'unità fedele e feconda della famiglia è un riflesso dell'amore di Dio


"Derào i Jesoa Kristy Tompo!" (Sia lodato Gesù Cristo).


1. "Non è forse egli il figlio del carpentiere?" (Mt 13,55).

Quando Gesù comincio ad insegnare a Nazaret i suoi concittadini si chiedevano: "Donde gli viene questa saggezza e questi miracoli? Non è forse egli il figlio di un carpentiere?" (Mt 13,54-55).

In questo primo giorno di maggio, la Chiesa ricorda nella liturgia san Giuseppe, il carpentiere, quel "carpentiere" di Nazaret presso il quale Gesù stesso si mise a lavorare con le sue mani.

San Giuseppe fu il capo di una famiglia umana, della famiglia nella quale è venuto al mondo Gesù Cristo, il Figlio di Dio, della stessa natura del Padre eterno, Dio nato da Dio, luce da luce. Si è fatto uomo per opera dello Spirito Santo ed è nato dalla Vergine Maria.

"Sua Madre non si chiama Maria?" (Mt 13,55) domandavano i compatrioti di Gesù di Nazaret.

Giuseppe come capo della famiglia di Nazaret fu il custode del Figlio di Dio sulla terra; davanti agli uomini egli è stato suo padre.

Proprio Giuseppe, attraverso il suo lavoro di falegname, aiutato da Gesù si guadagnava la vita per sostenere la sua famiglia, la Santa Famiglia.


2. E' proprio per questo che san Giuseppe è il patrono delle famiglie e del lavoro umano e di tutti coloro che compiono il loro lavoro nei diversi modi, nelle diverse professioni. Il lavoro agricolo, artigianale, il lavoro industriale - anche altri tipi di attività - il patronato di san Giuseppe vale infatti anche per coloro che lavorano essenzialmente con le loro mani.

Sono felice di celebrare questa festa di san Giuseppe in mezzo a voi, fedeli in Fianarantsoa e delle diocesi vicine. Io vi saluto e ringrazio della accoglienza tutti coloro che partecipano a questa assemblea, innanzitutto monsignor Gilbert Ramannatoanina, vostro Pastore, con i Vescovi che lo circondano, i sacerdoti, i religiosi e le religiose, i delegati delle numerose comunità locali e dei movimenti. Rivolgo un cordiale saluto agli appartenenti alle altre comunità cristiane e ad altre tradizioni spirituali. E vorrei rivolgere il mio saluto deferente anche ai rappresentanti dei pubblici poteri di queste regioni che hanno voluto unirsi a noi questa mattina per prendere parte a questa festa in famiglia.


3. San Giuseppe, il falegname, e Gesù che lo ha aiutato per tanti anni ci invitano oggi a riflettere sulla dignità del lavoro umano, del vostro lavoro di ogni giorno, miei cari fratelli e sorelle del Madagascar.

Voi siete in molti a coltivare la terra: voi sapete, forse meglio di chiunque altro, quali doni l'uomo riceve e quale responsabilità ha sulle sue spalle. La terra dei vostri antenati è per voi fonte di amore e occupa un grande posto nella vostra vita: con le vostre mani che guidano anche le generazioni future con l'intelligenza sempre in continuo sviluppo voi permettete a questo terreno di produrre alimenti e voi vegliate su raccolti fecondi.

In modo assolutamente naturale voi adempite la missione che il Creatore ha dato all'uomo, fatto a sua immagine di "sottomettere a se la terra con tutto quanto essa contiene, e di governare il mondo nella giustizia e nella santità"; come ha detto il Concilio Vaticano II ispirandosi alla Bibbia (GS 34).

Per portare a buon fine il vostro lavoro, voi fate tutti i giorni l'esperienza del dolore e dello sforzo che sono necessari. Inoltre sperimentate spesso l'incertezza e la paura, poiché tante cose non dipendono da voi! Voi dovete lottare contro le forze ostili della natura, dovete proteggere le vostre colture e vegliare sui vostri raccolti minacciati. Ma la bellezza dell'uomo che lavora è proprio la sua pazienza, la sua perseveranza e la sua capacità di superare gli ostacoli.

A questo prezzo voi traete dal vostro lavoro quello che vi serve per vivere; ciò che è necessario alla vostra famiglia e perché i vostri fratelli possano vivere. Per utilizzare al meglio i doni di Dio le vostre mani di uomini abili sono in grado di offrire dei doni nuovi a tutta la famiglia umana. E non penso soltanto all'agricoltura, ma a tutte le professioni: il vero senso del lavoro dell'uomo è sempre di essere "coloro che prolungano l'opera del Creatore, si rendono utili ai loro fratelli" (GS 34).

Proprio in questo ambito vorrei ricordare "quanto è grande la responsabilità dell'uomo nei confronti della natura", quella sua stessa natura che il Creatore gli ha affidato. Dal Nord al Sud della vostra grande isola, ho potuto ammirare la bellezza, le diverse ricchezze della terra e dei suoi frutti. E, al tempo stesso, sappiamo che l'uso che ne viene fatto rischia di degradare e rendere sterile questa terra. Un po' ovunque, nel mondo, ci si sta rendendo conto dei danni provocati da uno sfruttamento che ha distrutto molto senza tenere in considerazione le generazioni future. Oggi, tutti gli uomini condividono il grave dovere di mostrarsi degni della missione affidata loro dal Creatore di assicurare la salvaguardia della creazione.


4. Affinché venga pienamente rispettata la dignità dell'uomo del lavoro, il primo valore umano che deve ispirare tutti gli uomini è proprio la giustizia, quella di una retribuzione del proprio lavoro che permetta al lavoratore e alla sua famiglia di vivere. E, nella società di oggi, dove è impossibile vivere chiusi in gruppo ristretto, è giusto che i servizi necessari siano equamente distribuiti, senza prelevare una parte eccessiva del prodotto del lavoro; penso alle possibilità di acquisire gli strumenti di lavoro senza che questi divengano opprimenti, penso anche ai mezzi di trasporto e alla commercializzazione dei prodotti. Non sono altro che dei semplici esempi: li faccio per ricordare che tutti gli uomini sono solidali qualunque sia il loro tipo di attività. In tutti questi settori si incontrano la giustizia e la fraternità: i richiami del Vangelo all'amore del prossimo raccolgono le aspirazioni di tutti.

Nel vostro come in altri paesi esistono dei forti motivi di preoccupazione che non possiamo far passare sotto silenzio: soprattutto per i giovani è diventato molto difficile trovare un lavoro. La disoccupazione causa molte sofferenze. So bene che un problema come questo non si risolve con le parole. Ma non bisogna forse riflettere e agire dal momento che si è ben compreso che in tutta la società è giusto assicurare a tutti i membri della comunità la possibilità di sostentarsi con il proprio lavoro? Tutti coloro che occupano posti di responsabilità possono contribuire a questo elementare rispetto nei confronti dei loro fratelli, dovrebbero operare per offrire mezzi adatti alla formazione professionale o per utilizzare meglio le risorse naturali a vantaggio di tutti gli abitanti. In tutto il mondo c'è ancora molto da fare in questo senso.

Il vostro popolo ha un grande senso dell'amicizia, della condivisione; nella vostra cultura tradizionale ognuno si sente legato alla società, dando la priorità allo spirito sui beni materiali. Sono dei valori che la vita moderna non deve compromettere. Al contrario sono indispensabili affinché si realizzi un progresso veramente umano. Abbiamo la convinzione di fede che lo sforzo dell'uomo, con l'aiuto di Dio creatore e salvatore, può condurlo a "perfezionare se stesso e a fare regnare l'ordine più umano" nel mondo (cfr GS 35).


5. Creando l'uomo e la donna, Dio li ha chiamati a "sottomettere la terra e a esserne i padroni" (cfr Gn 1,26-28). Questo significa che l'uomo ha una vera responsabilità, ma anche che deve ricordarsi di Dio quando svolge i suoi compiti.

Per produrre, utilizza ciò che è stato creato da Dio.

Il Salmo di questa Messa ci dice: "Se il Signore non costruisce la casa, invano vi faticano i costruttori" (Ps 127,1). L'uomo non può dimenticare che tutta la sua attività e il suo lavoro sono una collaborazione all'opera divina della creazione. Senza di questo, "invano vi alzate di buon mattino, tardi andate a riposare", come ricorda il salmista (cfr Ps 127,2).

Bisogna avere dunque Dio davanti agli occhi, cominciando il proprio lavoro e portandolo a termine. Bisogna ricordarsi che le nostre responsabilità e la nostra solidarietà, nel lavoro come altrove hanno origine nella volontà di Dio.

Questo ci viene insegnato prima di tutto da Gesù lavoratore, lui che lavoro al fianco di san Giuseppe e questo ci viene insegnato da Giuseppe stesso, il falegname di Nazaret.


6. Il Salmo della liturgia di oggi, dopo il lavoro, evoca la famiglia: "Ecco dono del Signore sono i figli, è sua grazia il frutto del grembo" (Ps 127,3).

L'uomo, creato uomo o donna, è chiamato dal Creatore alla vita in famiglia. I genitori che trasmettono la vita ai loro figli, a degli uomini nuovi sono i collaboratori del Creatore. La vita umana è essa stessa dono di Dio.

Più profondamente ancora che nel lavoro, gli uomini e le donne sono vicini a Dio nella loro comunità familiare. La bellezza della famiglia, è di riflettere e condividere l'amore di Dio in una unità fiduciosa fedele e feconda.


7. Il Matrimonio è la vocazione più grande. Impegnarsi per tutta la vita è rispondere all'appello di Dio. E' realizzare un meraviglioso sbocciare di ciascun essere grazie alla felicità che l'altro gli dona. E' vivere in maniera autentica la capacità di amore che è insita nella natura profonda dell'uomo e della donna.

Davanti alla grandezza del Matrimonio, voglio ripetere quale rispetto, quale stima la Chiesa ha per le famiglie, quale desiderio ha di vederle riuscire nella costruzione del loro focolare.

E tutto il mondo capisce che, di fronte alle difficoltà incontrate da troppe coppie, la Chiesa desidera aiutarle ad approfondire il senso del loro impegno comune. Famiglie e sacerdoti devono cooperare per aprire ai giovani la prospettiva più favorevole: quella della donazione della coppia in un amore maturato liberamente affinché sia un dono senza ritorno. I cambiamenti attuali nelle condizioni di vita portano con sè una troppo frequente instabilità delle coppie, soprattutto perché la ricerca del piacere immediato ha la priorità per alcuni suoi valori più realmente umani del dono di se stessi al proprio compagno per tutta la vita. Io vorrei incoraggiare le famiglie cristiane nella loro fedeltà che costituisce un'ammirabile immagine vivente dell'amore che viene da Dio. E io chiedo loro anche di sostenere con una benevolenza fraterna quelli che sono feriti dalla rottura della loro unione.


8. Nel loro amore comune, l'uomo e la donna hanno ricevuto la capacità meravigliosa di donare la vita a loro volta. Essi partecipano così in modo particolare alla vitalità continua dell'azione creatrice di Dio. Questo potere di trasmettere la vita deve essere rispettato, non bisogna lasciarsi prendere dall'idea generale di considerarla come una cosa secondaria, o anche di volere impedire alla fertilità umana di operare. E' vero che è una responsabilità molto alta delle famiglie: l'insegnamento della Chiesa insiste perché la paternità sia decisa in piena lucidità dagli sposi stessi. Ma essa chiede che la loro vita coniugale resti aperta alla venuta dei figli. Quando una pianificazione delle nascite sembra in coscienza necessaria, le coppie sono invitate ad agire con padronanza di se stessi, soltanto con metodi che rispettano la natura.

L'insegnamento della Chiesa sembra difficile; ma molte coppie testimoniano che è possibile seguirlo e che c'è anche una liberazione in rapporto a quello che si chiama "l'imperialismo contraccettivo" che si esercita così spesso a detrimento della donna.

A maggior ragione i cristiani tengono soprattutto a promuovere il rispetto della vita del bambino dal momento del suo concepimento. Non accettate che l'aborto sia banalizzato! Recare danno alla vita fragile ma umana del bambino che deve nascere non deve essere un diritto, perché non possiamo disporre di una vita che è già una persona. La dignità dell'uomo è coinvolta.

La stabilità delle famiglie, la loro apertura alla vita, questo non si associa a quanto c'è di meglio nelle tradizioni dei vostri antenati? Vi preoccuperete di trasmetterle ai vostri figli. Genitori, voi siete i primi educatori, potete essere quelli che hanno più influenza sui giovani se voi testimoniate lo slancio che ha reso possibile la vostra vita coniugale, se restate aperti nel dialogo agli interrogativi dei vostri figli, se voi date loro un sostegno affettuoso nel momento dell'incertezza e anche nel momento dei fallimenti e delle ferite. Per dare questa educazione, la Chiesa e le istituzioni possono aiutarvi, ma non dovete sottrarvi ad essa.

Di fatto, voi famiglie, siete chiamate a prendere la vostra parte della missione della Chiesa; trasmettendo ai vostri figli ciò che avete di meglio, voi li aprite alla fede, li preparate a occupare il loro giusto posto in una società veramente umana. Sui punti che vi ho appena evocato ascoltate i vostri pastori.

Essi vi hanno appena indirizzato una lettera che ci espone la concezione cristiana della famiglia. Vedete in questo insegnamento che esige del rispetto e della fiducia, la preoccupazione di accompagnare le famiglie nel loro cammino, alla luce del Vangelo.


9. Il vostro Vescovo vi ha giustamente ricordato che ci troviamo vicino a Marana dove riposa il mio compatriota il padre Jean Beyzym. Tengo molto a ricordarlo, proprio in questo luogo; poiché egli è venerato, qui in Madagascar e nel mio Paese come un vero servitore di Dio. Sono felice di celebrare dinanzi alla Croce ed all'icona di nostra-Signora di Czestochowa che egli aveva portato a Marana e di offrire il santo sacrificio con il suo calice. Grazie per aver portato qui questo ricordo prezioso. Siamo riconoscenti a padre Beyzym di aver dato ogni sua energia e tutto il suo amore al servizio dei lebbrosi costruendo l'ospedale che esiste ancora oggi, è li che egli ha prestato le sue cure, che ha pregato e si è aperto alla speranza, nel centro stesso della sofferenza. Nel ricordare la figura di padre Beyzym vorrei salutare tutti coloro che oggi si dedicano al servizio dei malati. E vorrei dire ai malati di lebbra e agli altri malati, qui e in tutto il vostro Paese, quanto la Chiesa desideri portare loro conforto e sollievo per le loro sofferenze, quanto ella desideri che venga fatto tutto il possibile per vincere il male che li ha colpiti, quanto ella conti sulle loro preghiere e le loro offerte, quanto essa li ami!


10. Ecco che la liturgia della festa di san Giuseppe, il falegname ha orientato la nostra meditazione verso la famiglia e verso il lavoro umano.

La lettura della lettera ai Colossesi deve essere per noi un insegnamento su questo tema: come vivere pienamente da cristiani nella famiglia? Come compiere veramente da cristiani il nostro lavoro? Scrive l'Apostolo: "Al di sopra di tutto vi sia poi la carità, che è vincolo della perfezione" (Col 3,14).

Senza amore non c'è vera vita nella famiglia. Anche se si attraversano momenti di difficoltà o di sconforto e di sofferenza se l'amore dimora al suo interno la famiglia garantisce la sua solidità e la sua coesione. E il lavoro? Si sa perfettamente che il lavoro richiede dolore e fatica: ma anche nel lavoro bisogna amare i propri colleghi, coloro a cui il nostro lavoro porta beneficio seguendo l'esempio di Gesù e di Giuseppe di Nazaret. Conducete nella speranza la vostra vita familiare e il vostro lavoro. Potete stare certi che "la speranza poi non delude, perché l'amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato" (Rm 5,5).


11. Scrive l'Apostolo: "La parola di Cristo dimori abbondantemente tra di voi... tutto quello che fate in parole ed opere tutto si compia nel nome del Signore Gesù Cristo rendendo per mezzo di lui grazie al Padre" (Col 3,15-17).

"Sapendo quale ricompensa riceverete dal Signore l'eredità" (cfr Col 3,23-24).

E infine: "E la pace di Cristo regni nei vostri cuori" (Col 3,15).

Questa pace che solo Cristo dona, lui che, tornando al Padre ci ha lasciato in eredità. Questa pace è la pace divina.

Fratelli e sorelle qui radunati, fratelli e sorelle di tutto il Madagascar! Il Papa Giovanni Paolo II vi ringrazia della vostra ospitalità, della vostra presenza e della vostra partecipazione alla preghiera.

Il Papa augura che la pace di Cristo regni nei vostri cuori! "Ho Tahin' Andriamanitra isika rehetra!" (Che il Signore ci benedica!)

1989-05-01

Lunedi 1 Maggio 1989




Congedo dal Madagascar - Antananarivo (Madagascar)

Animati dalle virtù dei vostri avi affrontate determinati le incertezze del futuro


Signor Presidente della Repubblica.


1. Al termine di questi bellissimi giorni della mia visita pastorale in Madagascar, le sono riconoscente per essere venuto di persona a salutarmi all'aeroporto e la ringrazio per le parole gentili che mi ha rivolto.

Porto con me dei ricordi preziosi: quello della scoperta del vostro Paese così affascinante nella sua diversità ed originalità, quello dell'incontro con un popolo la cui dignità e qualità si possono percepire immediatamente. E' nella memoria del cuore che conservo questi ricordi, poiché in questi giorni mi è sembrato di essere stato accolto con un fervore che manifestava un'autentica comunione di fede e di pensiero.

Ora che devo andarmene per continuare il mio viaggio, desidero esprimere a tutto il popolo malgascio la mia gioia per essere stato accolto con tanto calore e sincerità.


2. I miei ringraziamenti, signor Presidente, sono rivolti soprattutto a lei, ai membri del governo, alle autorità regionali e locali, per tutte le disposizioni date per facilitare al massimo le soste e gli incontri che hanno segnato questo viaggio. Sono sensibile all'attenzione cortese e alla dedizione, spesso discreta, di numerosi vostri collaboratori che non hanno limitato il loro sforzo.

Vorrei anche dire ai rappresentanti dei vari mezzi di comunicazione che apprezzo il loro impegno per informare bene tutti gli abitanti di questa grande isola, per portare lontana l'eco dell'evento vissuto qui dalla Chiesa cattolica a cui molti amici malgasci si sono voluti associare.


3. Mi rivolgo ora i miei fratelli nell'Episcopato per ringraziarli dal profondo del cuore di avermi accolto con la generosità di coloro che sanno di appartenere alla stessa famiglia. Essi mi hanno reso testimone della loro sollecitudine nella guida del popolo di Dio sul cammino di Cristo, delle loro preoccupazioni e delle loro speranze. I fedeli insieme ai sacerdoti, i religiosi, le religiose, i responsabili laici dei movimenti e dei consigli della comunità, hanno tutti condiviso con fervore la preghiera comune. Dai più giovani ai più anziani, hanno manifestato la profondità della loro fede e il loro desiderio di vivere fraternamente, lavorando per il benessere e per la riuscita nella vita di tutti i loro compatrioti.

E' con il cuore fiducioso che vi rinnovo i miei incoraggiamenti. Non dimentico le difficoltà che dovete affrontare in diversi campi di ordine morale e materiale. Fatevi strada, per riprendere le parole dei giovani, determinati ad affrontare le incertezze del futuro; che ciascuno di voi dia alla comunità il meglio di ciò che ha nell'animo e di ciò che sa fare con le sue mani, animato dalle virtù ereditate dai vostri antenati e facendo l'uso migliore dei contributi della modernità.

Membri della Chiesa cattolica, sviluppate la vostra fedeltà attiva e riflettete sull'insegnamento del Vangelo. Continuate con rispetto e amicizia il dialogo e la collaborazione con i vostri fratelli e sorelle delle altre religioni cristiane e tradizioni spirituali! Nel momento in cui vi lascio, vorrei dirvi che i vincoli della carità che vi uniscono alla Chiesa universale sono una realtà. Essi sono legati alla fiducia da voi ispirata ai primi portatori della lieta Novella nel vostro popolo e alla gioia che ha provocato loro la vostra adesione alla fede. Ormai la Chiesa è maturata in voi ed ha preso il suo posto nella comunione ecclesiale che gli scambi, ora possibili, rendono sempre più visibile e più forte.


4. Signor Presidente, nel dire arrivederci al Madagascar faccio i miei migliori auguri a lei così come a tutti i responsabili della vita pubblica, alle famiglie, ai lavoratori, ai giovani, ai più poveri e a coloro che soffrono. Auguro all'intera Nazione di conoscere una crescente prosperità che consenta di rispondere ai propri bisogni ed aspirazioni, mi auguro che la sua presenza assicuri la tranquillità fra tutti i compatrioti e il beneficio della pace.

Affido all'amore di Dio tutto il popolo del Madagascar. Vi imparto amichevolmente la mia benedizione.

1989-05-01

Lunedi 1 Maggio 1989




Discorso durante l'incontro con le autorità locali - Saint Denis (La Réunion)

Curate il dialogo ed i vincoli della pace tra le isole dell'oceano Indiano


Signor primo ministro.


GPII 1989 Insegnamenti - L'incontro con i membri del corpo diplomatico nella Nunziatura Apostolica - Antananarivo (Madagascar)