GPII 1989 Insegnamenti - Recita del "Regina Coeli" - Ai fedeli riuniti, Città del Vaticano (Roma)


1. Al rientro dal viaggio pastorale che mi ha portato nel Madagascar, nell'isola di "La Réunion", nello Zambia e nel Malawi, sento il bisogno di ringraziare innanzitutto Dio per il servizio apostolico che ho potuto compiere fra quelle amate popolazioni. Porto nel cuore il ricordo commosso dello slancio generoso con cui i fedeli di quelle giovani Chiese vivono la loro adesione al Vangelo.

Un grato pensiero rivolgo anche ai fratelli nell'Episcopato ed ai loro collaboratori ecclesiastici e laici, che tanto hanno fatto per la buona riuscita della visita. Ringrazio pure le autorità civili per la cordiale disponibilità con cui mi hanno accolto e con loro ringrazio anche i membri dei diversi servizi, che si sono prodigati affinché tutto si svolgesse nel migliore dei modi.

Non mi soffermo ora sui contenuti della visita, perché intendo ritornare su di essa in una prossima udienza generale.


2. Continuando la riflessione sui doni dello Spirito Santo, oggi prendiamo in considerazione il dono del consiglio. Esso è dato al cristiano per illuminare la coscienza nelle scelte morali, che la vita di ogni giorno gli impone.

Un bisogno molto sentito in questo nostro tempo, turbato da non pochi motivi di crisi e da una diffusa incertezza circa i veri valori, è quello che va sotto il nome di "ricostruzione delle coscienze". Si avverte, cioè, la necessità di neutralizzare certi fattori distruttivi, che facilmente si insinuano nello spirito umano, quando è agitato dalle passioni, e di introdurvi elementi sani e positivi.

In questo impegno di ripresa morale la Chiesa dev'essere ed è in prima linea: di qui l'invocazione che scaturisce dal cuore dei suoi membri - di tutti noi - per ottenere innanzitutto il soccorso di una luce dall'Alto. Lo Spirito di Dio viene incontro a tale supplica mediante il dono del consiglio, col quale arricchisce e perfeziona la virtù della prudenza e guida l'anima dall'interno, illuminandola sul da farsi, specialmente quando si tratta di scelte importanti (per esempio, di dare risposta alla vocazione), o di un cammino da percorrere fra difficoltà e ostacoli. E in realtà l'esperienza conferma quanto siano "timidi i ragionamenti dei mortali e incerte le nostre riflessioni", come dice il libro della Sapienza (Sg 9,14).


3. Il dono del consiglio agisce come un soffio nuovo nella coscienza, suggerendole ciò che è lecito, ciò che s'addice, ciò che più conviene all'anima (cfr. S.

Bonaventurae, "Collationes de septem donis Spiritus Sancti", VII, 5). La coscienza diventa allora come l'"occhio sano", di cui parla il Vangelo (Mt 6,22), ed acquista una sorta di nuova pupilla, grazie alla quale le è possibile vedere meglio che cosa fare in una determinata circostanza, fosse anche la più intricata e difficile. Aiutato da questo dono, il cristiano penetra nel vero senso dei valori evangelici, in particolare di quelli espressi nel discorso della montagna (cfr Mt 5-7).

Chiediamo quindi il dono del consiglio! Chiediamolo per noi e, in particolare, per i pastori della Chiesa, tanto spesso chiamati, in forza del loro dovere, a prendere decisioni ardue e sofferte.

Chiediamolo per intercessione di colei, che nelle litanie viene salutata come "Mater Boni Consilii", la Madonna del buon consiglio.

1989-05-07

Domenica 7 Maggio 1989




L'omelia alla Messa - Alla Nunziatura Apostolica in Italia, Città del Vaticano (Roma)

Con fedeltà e amore i rappresentanti pontefici rendono quotidianamente presente il Papa nella Chiesa locale



1. "Io sono l'Alfa e l'Omega, il Primo e l'Ultimo, il principio e la fine" (Ap 22,13). E' Cristo che parla dal trono della sua gloria nel cielo. La Chiesa lo ascolta, levando verso di lui il suo sguardo con intenso trasporto di amore come il diacono Stefano, il quale "fissando gli occhi al cielo, vide la gloria di Dio e Gesù che stava alla sua destra" (Ac 7,55).

La Chiesa guarda ed attende. In questa domenica dopo l'Ascensione, essa vive l'aspettativa dell'evento promesso dal Signore prima della sua dipartita: "Io preghero il Padre ed Egli vi darà un altro Consolatore, perché rimanga con voi per sempre" (Jn 14,16). La Chiesa sa di avere bisogno di "essere rivestita di potenza dall'alto" (cfr Lc 24,49), per poter affrontare gli ostacoli che le forze del male frappongono sul suo cammino. Essa conserva la memoria dell'esperienza del martirio, che contrassegna ogni stagione della sua storia venti volte secolare.


2. La Chiesa attende con fiducia il dono dello Spirito, perché è sicura della preghiera di Gesù nel Cenacolo. Lo attende e ardentemente lo implora: "Veni, Sancte Spiritus!".

In questa fervida attesa, essa prende rinnovata coscienza della necessità di vivere sempre più profondamente quello che dello Spirito è il primo frutto, e cioè la comunione: comunione con Dio e comunione con i fratelli, secondo l'invocazione del Signore: "Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch'essi in noi una cosa sola, affinché il mondo creda che tu mi hai mandato" (Jn 17,21).


3. Questo pensiero spontaneamente richiama alla volontà del Signore di lasciare alla sua Chiesa uno strumento di comunione che, sotto l'azione dello Spirito, opera nel ministero petrino. Nel Principe degli apostoli e nei suoi successori, Cristo ha stabilito il perpetuo e visibile principio e fondamento dell'unità ecclesiale (cfr LG 23). Sant'Ignazio di Antiochia lo ha ben testimoniato, affermando che la Chiesa di Roma "presiede all'assemblea universale della carità" ("Ad Romanos", Intr.).


4. Con il volgere dei secoli, la diffusione del Vangelo e la crescita di nuove Chiese particolari, così come lo sviluppo della comunità degli uomini e delle nazioni, hanno reso sempre più impegnativo l'esercizio del ministero petrino. così i Papi hanno preso ad avvalersi dell'aiuto di loro legati, sia per assicurare una feconda unità con i Vescovi e le Chiese, sia per curare i rapporti con i responsabili della città dell'uomo. E' venuta delineandosi in tal modo la figura e la funzione del rappresentante pontificio, le cui mansioni Papa Paolo VI ha voluto precisare, alla luce degli insegnamenti del Concilio Vaticano II, or sono vent'anni, con un documento dal titolo eloquente e significativo: "Sollicitudo Omnium Ecclesiarum".

Il progresso delle comunicazioni consente, oggi, contatti e relazioni sino a ieri inimmaginabili. Nuove istituzioni - come il Sinodo dei Vescovi - esprimono e favoriscono l'unione della Chiesa attorno al Vescovo di Roma. In particolare, le visite pastorali che il Papa compie in ogni parte del mondo - porto ancora negli occhi e nel cuore le immagini del mio pellegrinaggio in alcune terre d'Africa, concluso da poche ore - consentono al successore di Pietro di svolgere il suo universale ministero in modo più diretto ed immediato.


5. Nondimeno, il servizio dei rappresentanti pontifici conserva pienamente il suo valore. Con grande fedeltà ed amore, spesso nel silenzio e non senza sacrificio, essi rendono quotidianamente presente il Papa in seno alla Chiesa locale, favorendo quello spontaneo movimento che dalla periferia, dalle più lontane frontiere dell'evangelizzazione, si rivolge verso Roma, centro e cuore della cattolicità. Al contempo, i rappresentanti del Papa, curano i contatti con i responsabili delle nazioni e delle istituzioni internazionali, dando attuazione a quella sollecitudine per i destini degli uomini e dei popoli che il successore di Pietro non può non sentire intimamente connessa con il suo supremo mandato pastorale.


6. Sono perciò molto lieto di trovarmi, oggi, in questa rappresentanza pontificia, che, per la singolare vicinanza alla Sede Apostolica, mi è particolarmente cara.

Monsignor nunzio ha voluto ricordare due ricorrenze significative: il sessantesimo anniversario della istituzione della Nunziatura Apostolica in Italia ed il trentesimo trasferimento in questa sede, dono generoso e grato di un fratello che beneficio della carità del Papa.

Rivolgo un saluto fraterno a monsignor nunzio ed ai suoi collaboratori ecclesiastici, religiosi, religiose e laici. Conosco l'impegno e l'abnegazione, con cui attendono alle molteplici incombenze che la nuova definizione dei compiti della rappresentanza pontificia in Italia comporta, li ringrazio e di cuore li benedico.

Saluto i superiori della segreteria di Stato, qui convenuti insieme con il Cardinale Agostino Casaroli, il Cardinale Ugo Poletti e tutte le personalità che hanno voluto essere presenti a questo incontro familiare.

Desidero rivolgere un pensiero cordiale alle famiglie dei collaboratori laici della Nunziatura. La loro partecipazione a questa Eucaristia è un segno ulteriore dell'unione di tutti noi nell'amore a Gesù ed alla sua Chiesa.


7. "Lo Spirito e la Sposa dicono: Vieni!" (Ap 22,17). Se un'attesa particolarmente intensa anima la Chiesa, in questi giorni di preparazione alla Pentecoste, non viene mai meno quell'aspettazione che orienta la comunità dei credenti verso il giorno del ritorno del Signore. In ogni celebrazione eucaristica, la Chiesa mette sulle nostre labbra questa gioiosa testimonianza, secondo l'insegnamento dell'apostolo Paolo: "Ogni volta che mangiate questo pane e bevete a questo calice, voi annunciate la morte del Signore, finché egli venga" (1Co 11,26).

Ci sentiamo dunque intimamente compresi del mistero che si compie su questo altare. Confidiamo nella forza di vita e di grazia che in esso ci è donata.

Diciamo perciò anche noi, insieme con lo Spirito, in comunione con tutta la Chiesa mistica Sposa di cristo: "Vieni, Signore Gesù", Affidiamo questa invocazione a Maria, nostra madre. Ed apriamo il nostro cuore alla risposta rassiscurante di Gesù: "Si, verro presto".

Amen.

1989-05-07

Domenica 7 Maggio 1989




L'omelia alla Messa per l'Unione Internazionale delle superiori generali - Città del Vaticano (Roma)

Il valore e l'efficacia della vita religiosa dipendono sempre dalla comunione ecclesiale



1. "Non mi sono sottratto al compito di annunziarvi tutta la volontà di Dio" (Ac 20,27).

Care superiore, lo Spirito del Signore vi faccia ripetere queste parole di Paolo, nel momento in cui siete venute a Roma da tutte le parti del mondo per approfondire insieme il tema del ministero delle vocazioni e per interrogarvi sul tipo di vita religiosa da voi auspicato per la Chiesa di oggi.

Avete riflettuto sulla delicata responsabilità di coloro che hanno il compito di riconoscere, incoraggiare e seguire le vocazioni che Dio concede ai diversi istituti, e sul modo di compiere il necessario discernimento per assicurare il futuro.


2. La vocazione alla vita consacrata è caratterizzata dall'invito ad essere discepoli del Signore in un modo molto particolare. La sua sorgente è nel Battesimo, di cui la consacrazione è una autentica espressione. Questa vocazione conduce al dono totale di sé per servire il Signore, attraverso la professione e la pratica dei consigli evangelici che impegnano per tutta la vita.

Gesù Cristo rivolge oggi il suo richiamo a seguirlo proprio come lo fece a Pietro e agli altri apostoli; egli chiama ciascuno e ciascuna per nome, nella conoscenza intima sperimentata da Natanaele quando Gesù gli disse di averlo visto sotto il fico (cfr Jn 1,48). Gesù non abbandona colui che ha chiamato, ma lo accompagna e, con l'azione dello Spirito Santo, lo prepara alla missione cui lo ha destinato. Nella sequela di Cristo, il discepolo impara ad essere fedele al suo Maestro, ai suoi insegnamenti, al suo Vangelo; impara a nutrirsi della sua Parola per rendere testimonianza davanti a tutti i popoli "fino agli estremi confini della terra" (Ac 1,8).

Questa dinamica della vocazione costituisce il fondamento della vita dei discepoli, delle persone consacrate: è l'elemento primo della pastorale delle vocazioni che state studiando nel corso di queste giornate.


3. Nel tempo liturgico che stiamo vivendo, mentre la Chiesa ha appena celebrato l'Ascensione del Signore e si prepara a ricevere il dono dello Spirito, siamo invitati a riflettere sull'atteggiamento stesso di Gesù, prima di salire al Padre.

Egli ha pregato per i suoi discepoli e li ha mandati: "Io prego per loro... Padre santo, custodisci nel tuo nome coloro che mi hai dato, perché siano una cosa sola... Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch'essi in noi una cosa sola, perché il mondo creda che tu mi hai mandato" (Jn 17,9 Jn 17,11 Jn 17,21).

Questa preghiera Gesù la fa ancora oggi per coloro che, accettando di seguirlo, gli consentono di continuare la sua missione in tutto il mondo.


4. Il fatto stesso di ritrovarvi qui insieme mostra che la testimonianza delle religiose oggi si estende davvero "fino agli estremi confini della terra". Il tema del vostro incontro formula una importante domanda: "Ministero delle vocazioni... per quale tipo di vita religiosa?". Voi sapete che la condizione dei discepoli, nella fedeltà alla loro specifica vocazione, viene vissuta in modi diversi a seconda dei cambiamenti delle epoche e delle culture; voi vi domandate dunque come raggiungere la certezza di aver preso la giusta direzione, dal momento che la vita sociale e la vita ecclesiale conoscono una continua evoluzione. In quale maniera vivere la fedeltà a Cristo, secondo i carismi propri delle vostre famiglie religiose, nella Chiesa e nel mondo contemporaneo? E' chiaro che voi siete riunite qui per interrogarvi sulla volontà di Dio. Questa volontà divina vi sarà manifestata dall'azione vivificante dello Spirito Santo, che opera incessantemente nella vita della Chiesa. In realtà è la Chiesa che riceve la missione di riconoscere e approvare il carisma specifico di ogni famiglia religiosa; e solo la Chiesa è mediatrice della consacrazione religiosa di ciascuna persona. La dimensione ecclesiale è assolutamente essenziale per una giusta comprensione della vita religiosa. Il valore della consacrazione dei religiosi e delle religiose, l'efficacia soprannaturale della loro attività apostolica dipendono sempre dalla loro comunione con la Chiesa; essa veglia con sollecitudine perché ciascuna persona chiamata alla sequela del Signore sia messa in condizioni che favoriscano la sua fedeltà all'impegno assunto e che la invitino a vivere la perfetta carità. Essa deve continuare a meditare il comandamento del suo Maestro: "Rimanete nel mio amore... Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici" (Jn 15,10 Jn 15,13).

L'animazione della pastorale delle vocazioni è al centro delle preoccupazioni della Chiesa che domanda ai suoi membri di unirsi alla sua preghiera perché "il Padrone della messe mandi operai nella sua messe" (cfr Mt 9,38). Essa si rivolge al Signore con fiducia nello spirito del Salmo di questa liturgia: "Pioggia abbondante riversavi, o Dio, rinvigorivi la tua eredità esausta, (Ps 68,10).


5. Oggi la messe è abbondante; la Chiesa è in continua espansione, ma gli operai sono pochi, e non solo per far fronte ai bisogni crescenti dell'attività pastorale, ma soprattutto per le esigenze profonde del mondo moderno che, contrariamente a quello che può sembrare in superficie, attende la Parola di Dio ed è assetato della Parola che salva, illumina e conforta.

Lo Spirito Santo, in questi giorni in cui ci prepariamo alla sua venuta, sia dunque vostra guida per preparare il futuro delle giovani vocazioni! E' lo Spirito che vi rende capaci di leggere i segni dei tempi; è da lui che vengono il dono dell'intelletto per discernere, il dono della saggezza per decidere, il dono della forza per agire. Lo Spirito, che anima e vivifica la sua Chiesa, vi accompagni e guidi nelle vostre riflessioni durante queste giornate e nell'attuazione dei vostri programmi nei vostri istituti! Portate dunque nella Chiesa il richiamo alla vita religiosa e il Signore non mancherà di rispondere alla vostra attesa.

Lasciate che lo Spirito agisca in voi, che siete le prime responsabili del ministero delle vocazioni! Incoraggiate e sostenete le vocazioni, a imitazione di Maria, che con la generosità del suo "fiat" e la sua totale apertura allo Spirito, ha contribuito alla realizzazione del disegno di salvezza per tutta l'umanità.

In questo mese dedicato a lei, la Madre di Dio vi assista tutte! La sua intercessione ottenga alla Chiesa le vocazioni alla consacrazione totale che permettano alla vita religiosa di continuare la sua testimonianza specifica della santità ricevuta da Dio come dono gratuito e di sviluppare una dedizione apostolica feconda e affascinante! Riprendendo le parole di Paolo agli anziani di Efeso: "Ed ora vi affido al Signore e alla parola della sua grazia che ha il potere di edificare e di concedere l'eredità con tutti i santificati" (Ac 20,32).

1989-05-09

Martedi 9 Maggio 1989









Nel ricordo di Assisi il messaggio per l'assemblea ecumenica di Basilea - al Cardinale Martini, Città del Vaticano (Roma)

E' l'ora di una solenne testimonianza di tutti i cristiani per la vera pace


Al signor Cardinale Carlo Marla Martini Arcivescovo di Milano Presidente del consiglio delle Conferenze Episcopali d'Europa Il consiglio delle Conferenze Episcopali d'Europa (CCEE) e la Conferenza delle Chiese Europee (CEC), riuniti a Basilea in una grande assemblea ecumenica, hanno intenzione di dedicare la loro riflessione al tema della pace e della giustizia e alla loro promozione, attraverso un impegno specificamente cristiano.

I vostri lavori hanno luogo provvidenzialmente nella settimana di Pentecoste, che evoca la discesa dello Spirito Santo sulla Chiesa nascente, la costituisce come Chiesa e la invia in missione. Vedo qui un primo segno dell'importanza di questa assemblea. Essa riunisce per la prima volta cristiani provenienti da tutti i punti d'Europa, da Est e da Ovest, dal Nord e dal Sud, sotto l'impulso ci colui che ci è stato mandato per "introdurci nella verità tutta intera", (cfr Jn 16,13) e per rivelarci "le profondità di Dio" (cfr 1Co 2,10).

Lui solo, in realtà, può essere l'origine di una simile iniziativa; lui solo può essere insieme la sorgente e la garanzia del suo successo.

Volgendosi così allo Spirito Santo e, tramite lui, alla Santissima indivisibile Trinità, le Chiese d'Europa vogliono mostrare, a se stesse e al mondo, da dove proviene la concezione di pace per la quale hanno intenzione di lavorare, e della giustizia che ne è condizione necessaria.

Certamente non può trattarsi di una qualsiasi pace o una qualsiasi giustizia. Al contrario, come dice il titolo così significativo della vostra assemblea, si tratta della "pace di Dio che sorpassa ogni intelligenza" (Ph 4,7) e della "giustizia di Dio" che ci è stata rivelata nel Vangelo (cfr Rm 1,17). Più ancora, la pace e la giustizia si identificano con il Cristo, Verbo di Dio fatto uomo, che ne porta il nome: Cristo "nostra pace; (Ep 2,14); lui che Dio ha reso "nostra giustizia", (cfr 1Co 1,30).

Per questo l'assemblea di Basilea deve far maturare nella preghiera gli impegni comuni che verranno assunti. Come non ricordare, a questo punto, le ore indimenticabili vissute ad Assisi, la comune supplica dei cristiani e la meditazione degli altri credenti? Sono lieto dell'importanza che verrà data alla preghiera nell'assemblea di Basilea e desidero assicurarvi che saro a voi tutti unito durante questa settimana di grazia.

Il momento scelto per questa assemblea della "pace nella giustizia", è particolarmente favorevole. Degli sviluppi positivi determinatisi in alcuni paesi consentono di guardare con maggior fiducia al futuro di questa Europa, così provata dalle guerre e dalle divisioni. Non si tratta forse di una risposta di Dio alla preghiera degli uomini di buona volontà? E' forse giunta l'ora di una testimonianza solenne di tutti i cristiani riuniti a favore di una autentica pace, che solo Dio e il suo Cristo "possono dare" (cfr Jn 14,27), perché implica anzitutto il disarmo dei cuori e degli spiriti, e l'impegno per una "giustizia superiore" (cfr Mt 5,20).

A questo punto è decisiva la responsabilità dei cristiani e delle Chiese in Europa. In effetti esiste un contributo specificamente cristiano alla "pace nella giustizia" che siamo sempre tenuti a dare, ma più ancora in un'occasione come questa. Un contributo che sia, certamente, conforme alle radici cristiane di questo continente e alla sua autentica vocazione. I patti e i negoziati sono strumenti necessari per arrivare alla pace e grande è la nostra riconoscenza verso coloro che vi si dedicano con convinzione, perseveranza e generosità. Ma, perché i frutti siano duraturi, c'è bisogno di un'anima. Per noi, è l'ispirazione cristiana che può dargliela attraverso un riferimento intrinseco a Dio, creatore, salvatore e santificatore, e alla dignità di ciascun uomo e ciascuna donna, creati a sua immagine.

Come discepoli di Cristo, noi siamo persuasi che solo a questo livello le ferite ancora aperte nella nostra Europa, a Est come a Ovest, al Nord come al Sud, troveranno la vera medicina e la definitiva guarigione. Penso alle diverse forme di discriminazione, alla mancanza di ospitalità, alla miseria davanti alle nostre porte, al disprezzo della vita umana, dal primo momento fino agli ultimi istanti.

Penso anche alla distruzione della natura, allo sfruttamento incontrollato delle risorse, alle città che rischiano di diventare inabitabili.

In realtà, tutti questi aspetti della vita e dell'ambiente della società umana sono una cosa sola: l'uomo e il suo mondo, davanti a Dio che gliene ha data la responsabilità. Solo Dio può renderlo adeguato ad affrontare questo compito.

Solo Dio può ispirargli i passi coerenti e necessari per svolgerlo.

Proprio questo cerca di mettere in chiaro la vostra assemblea di Basilea. A questo livello è la sua responsabilità.

Lo Spirito Santo vi darà la grazia e la forza. Prego con voi perché vi sia data la sua presenza e il suo aiuto. E su tutti i partecipanti invoco la benedizione di Dio onnipotente, Padre, Figlio e Spirito Santo.

Dal Vaticano, 11 maggio 1989.

1989-05-11

Giovedi 11 Maggio 1989




Al comitato esecutivo della "Caritas Internationalis"- Tutti hanno una casa nella Chiesa specialmente i poveri e i sofferenti



Caro Cardinale Do Nascimento, vostre eccellenze, cari amici in Cristo.

Sono felice di ricevervi, membri del comitato esecutivo, dell'ufficio e del segretariato generale della "Caritas Internationalis". Siete venuti da quasi tutte le parti del mondo per discutere ed individuare modalità per incrementare la missione che la Chiesa ha affidato alla vostra organizzazione: la promozione della carità e della giustizia sociale. L'amore - "caritas" - è l'essenza della nostra vocazione cristiana e la testimonianza che la comunità ecclesiale deve dare davanti al mondo. Nella prima lettera di Giovanni leggiamo: "Poiché questo è il messaggio che avete udito fin da principio: che ci amiamo gli uni gli altri... non amiamo a parole né con la lingua, ma coi fatti e nella verità" (1Jn 3,11 1Jn 3,18).

Pertanto, nel salutare ciascuno di voi, desidero esprimere il mio personale apprezzamento e la gratitudine per le innumerevoli forme di solidarietà messe in atto sotto gli auspici della "Caritas Internationalis" attraverso le organizzazioni membre e le attività delle sue realtà regionali, nazionali e locali. Manifesto anche la speranza piena di preghiera che le vostre discussioni e risoluzioni portino a una sempre crescente consapevolezza da parte di tutti gli interessati che il servizio caritativo da voi promosso ha le sue più profonde radici e garanzie nell'amore di Dio stesso: "Da questo conosciamo di amare i figli di Dio: se amiamo Dio e ne osserviamo i comandamenti" (1Jn 5,2). I vostri cuori siano sempre pieni di amore soprannaturale così che il vostro impegno personale e collettivo nel servizio ai poveri e ai sofferenti rifletta sempre con autenticità l'amore di Cristo stesso, che venne "non per essere servito ma per servire" (cfr Mt 20,28).

Nel decreto sull'apostolato dei laici, il Concilio Vaticano II ha offerto un'ampia descrizione della natura e delle condizioni delle opere di carità che la Chiesa rivendica come suo inalienabile dovere e diritto (cfr AA 8). Opere di assistenza e di sviluppo, di carità e di giustizia sono intimamente connesse con la trasformazione delle realtà temporali, che è lo speciale compito del laicato nella Chiesa. E' perciò confortante sapere che state dedicando particolare attenzione alla formazione spirituale e professionale degli operatori della Caritas, soprattutto il personale laico. Nel farlo voi li rendete capaci di compiere il loro ruolo ecclesiale per la trasformazione delle comunità umane in segni visibili del Regno di Dio attraverso la vita evangelica e la competenza professionale (cfr CL 41).

L'impegno di fornire una formazione ai laici, uomini e donne, impegnati nella Caritas è un requisito essenziale per la buona riuscita del vostro lavoro, che cerca di offrire un miglior servizio cristiano agli individui e alla società.

La formazione adeguata dei vostri collaboratori è una questione che tocca in modo vitale la qualità e l'efficacia del servizio prestato nel nome di Cristo e della Chiesa. Desidero incoraggiarvi ad usare ogni mezzo praticabile per provvedere una tale formazione. In tutte le forme di servizio ecclesiale grande spazio deve essere dato all'individuo, creato a somiglianza di Dio e redento con il sacrificio di nostro Signore Gesù Cristo. Tutti hanno un posto nella Chiesa. Tutti sono oggetto della sua sollecitudine. Ma il povero e il sofferente in particolare hanno bisogno di sentirsi individualmente e personalmente accolti e sostenuti nella loro inalienabile dignità. Nella mia esortazione apostolica post-sinodale ho parlato del fatto che troppo spesso nel mondo contemporaneo più complesse diventano le istituzioni nella loro organizzazione, più perdono di efficacia per via di un funzionalismo impersonale, una sempre crescente burocratizzazione e ingiusti interessi privati (cfr CL 41). Non è abbastanza dare; si deve dare in un autentico spirito di solidarietà e fraternità.

Imitando l'umiltà e la compassione di Cristo, tutti quelli che sono impegnati nel servizio cristiano devono procedere sulla strada della spoliazione e della ricerca della giustizia. Camminano così sulle tracce di Gesù Cristo, che "spoglio se stesso, assumendo la condizione di servo" (Ph 2,7). A lui affido ciascuno di voi e tutti quelli collegati al lavoro della "Caritas Internationalis". La grazia e la pace di nostro Signore Gesù Cristo siano con tutti voi.

1989-05-11

Giovedi 11 Maggio 1989




Al consiglio superiore delle Pontificie Opere Missionarie - Città del Vaticano (Roma)

La Chiesa guarda all'inizio del terzo millennio con una fondamentale preoccupazione missionaria


Carissimi fratelli e sorelle.


1. Sono molto lieto di accogliervi e di rivolgervi la mia parola di esortazione e di incoraggiamento, in occasione della vostra assemblea annuale del consiglio superiore delle Pontificie Opere Missionarie.

Saluto, anzitutto, con particolare affetto l'Arcivescovo José Sanchez, che vi ha guidati a questa udienza e che ringrazio per le gentili parole, con le quali ha introdotto questo incontro. Da esse ho avuto conferma dello zelo instancabile con cui svolgete il vostro compito di responsabili della cooperazione missionaria nelle vostre Chiese particolari sotto la guida dei Vescovi. So che nella sessione pastorale, che ha dato inizio alla vostra assemblea, avete riflettuto sul clero autoctono, prendendo motivo e ispirazione dal centenario dell'Opera di san Pietro apostolo. La riflessione sarà guidata da analogo studio e approfondimento dell'argomento in incontri a livello continentale o nazionale.

Le vocazioni al sacerdozio, alla vita religiosa e missionaria, la loro solida formazione, la costante tensione alla santità e la generosa dedizione al servizio pastorale delle comunità cristiane costituiscono la speranza della Chiesa per l'attuazione del mandato missionario del Signore risorto: "Andate in tutto il mondo e predicate il Vangelo ad ogni creatura" (Mc 16,15).


2. La riflessione sul clero delle giovani Chiese, mentre induce a ringraziare il Signore per il dono di tanti operai mandati nella sua messe (cfr Mt 9,38), stimola a intensificare l'impegno di preghiera e di animazione nelle comunità cristiane, nelle famiglie, fra i fanciulli, gli adolescenti e i giovani, perché il Signore continui a chiamare ministri nella sua Chiesa, dia la forza a coloro che sono stati scelti perché sappiano rispondere con un "si" generoso.

Le vocazioni sbocciano dalla "chiesa domestica", che è la famiglia. "Le famiglie cristiane portano un particolare contributo alla causa missionaria della Chiesa coltivando le vocazioni missionarie in mezzo ai loro figli e figlie e, più generalmente, con un'opera educativa che fa disporre i loro figli, fin dalla giovinezza, a riconoscere l'amore di Dio verso tutti gli uomini" (FC 54).

I sacerdoti e i Pastori delle comunità cristiane, con la testimonianza della loro vita e con la costante catechesi, aiutino le famiglie a comprendere ed accogliere con amore e riconoscenza l'eventuale chiamata che il Signore volesse rivolgere a qualcuno dei loro membri. Il Concilio Vaticano II ha raccomandato a tutti i sacerdoti di dimostrare il loro zelo apostolico massimamente nel favorire le vocazioni con l'esempio della loro vita umile, operosa, animata dalla gioia interiore, dalla fraternità e dalla collaborazione sacerdotale (cfr OT 2). L'ho ricordato ai sacerdoti malgasci, nell'incontro che ho avuto con loro durante la visita pastorale in quel paese: "E' attraverso la vostra gioia di servire il Signore e la sua Chiesa che lo Spirito Santo darà lo stesso desiderio ai giovani che vi incontrano".

Ritenete, pertanto, vostro compito prioritario, quali direttori nazionali delle Pontificie Opere Missionarie, l'animazione e promozione delle vocazioni sacerdotali, religiose e missionarie delle quali la Chiesa ha necessità sempre crescente per poter assolvere la missione evangelizzatrice che il Signore le ha affidato e continua ad affidarle per la salvezza dell'umanità.

L'Opera di san Pietro apostolo, di cui celebriamo il centenario di fondazione e della quale voi curate l'attività e la diffusione nei vostri Paesi, non mira soltanto a raccogliere offerte e aiuti per i seminari e i giovani che in essi si preparano al sacerdozio; ma, per quanto è in suo potere, essa deve adoperarsi perché la formazione sacerdotale, e quella data ai candidati alla vita religiosa, sia arricchita e animata da un intenso spirito e impegno missionario.


3. La cura di formare a un serio e operoso spirito missionario tutti i membri delle comunità cristiane è la vostra prima e fondamentale responsabilità. Ad essa è associato l'altro importante compito affidato alle Pontificie Opere Missionarie: quello di raccogliere gli aiuti destinati alle giovani Chiese e ai missionari che nella loro instancabile opera di buoni samaritani si trovano di fronte ad innumerevoli necessità e sofferenze della gente.

Voi stessi avete certamente tante prove e testimonianze di quanto sia urgente questa comunione di carità e di aiuto fraterno fra le Chiese particolari.

Di essa voi siete chiamati ad essere gli animatori e i coordinatori.

Ho davanti ai miei occhi e nel mio cuore le grandi necessità e la povertà di tante popolazioni, di tante Chiese di missione, che ho visitate nei miei viaggi missionari: ho visto le precarie condizioni in cui le persone e le famiglie sono costrette a vivere; ne ho ascoltato l'implorazione di aiuto. Per questo mi sono fatto, e continuo a farmi, voce di moltitudini di nostri fratelli e sorelle che non hanno voce.

Il vostro servizio nelle Pontificie Opere Missionarie vi associa più intimamente alla missione evangelizzatrice e alla carità universale del successore di san Pietro. Ritornando ai vostri Paesi e alle vostre Chiese e comunità cristiane, dopo l'assemblea romana e questa udienza che vi hanno riconfermati e incoraggiati nel vostro compito di direttori nazionali, sentitevi come invitati e incaricati dal Papa a mantenere vive e a tradurre in azione queste parole di esortazione e di speranza. Andate, dunque, e lavorate con perseverante coraggio nell'importante, anche se non facile ministero che vi è stato affidato.


4. La Chiesa guarda all'inizio ormai vicino del terzo millennio della sua fondazione ed evangelizzazione con una fondamentale preoccupazione missionaria.

Moltiplicate il vostro zelo, perché le speranze dei popoli che soffrono, che attendono la salvezza dal Figlio di Dio, "mandato nel mondo perché il mondo si salvi per mezzo di lui" (Jn 3,17), non restino deluse per mancanza di fervore da parte di coloro che sono stati scelti e inviati ad annunciare la buona Novella. Il Signore vi conceda il fervore e lo slancio di carità, che ha animato i primi apostoli e tutti i grandi missionari.

La Vergine Maria, madre della Chiesa e di tutte le genti, con la sua materna intercessione accompagni e sostenga il vostro impegno missionario; e vi sia di conforto e incoraggiamento l'apostolica benedizione, che ora imparto a voi e desidero estendere a tutti i vostri collaboratori e ai benefattori delle missioni.

1989-05-12

Venerdi 12 Maggio 1989





GPII 1989 Insegnamenti - Recita del "Regina Coeli" - Ai fedeli riuniti, Città del Vaticano (Roma)