GPII 1989 Insegnamenti - Ai teologi è richiesta una stretta, fedele e rispettosa collaborazione con i Pastori

Ai teologi è richiesta una stretta, fedele e rispettosa collaborazione con i Pastori


7. Alla base di tutta l'opera di evangelizzazione, di formazione e consolidamento della comunità cristiana, sta il mandato apostolico che abbiamo ricevuto con la consacrazione episcopale. Il Concilio Vaticano II, nel descrivere il ministero affidato dal Signore ai Vescovi, quali successori degli apostoli, pone anzitutto in evidenza "la missione di insegnare a tutte le genti e di predicare il Vangelo a ogni creatura" (LG 24). Questa verità di sempre è oggi particolarmente attuale.

I Vescovi sono gli autentici maestri della fede. In unione tra loro e col Vescovo di Roma, essi sono le colonne su cui poggiano il lavoro e la responsabilità dell'evangelizzazione, che ha come scopo l'edificazione del Corpo di Cristo. Di questo voi siete pienamente consapevoli, ed anche nelle presenti circostanze e durante i lavori di questa stessa assemblea ne avete dato chiara testimonianza.

Occorre che l'intero Corpo ecclesiale prenda, a questo riguardo, rinnovata coscienza del disegno di Cristo sulla sua Chiesa. Alla luce di tale disegno, come potrebbe legittimamente rivendicarsi spazio per forme aperte o surrettizie di un "magistero parallelo e alternativo"? La verità, che è Cristo, è una, e questa verità è stata affidata peculiarmente agli apostoli e ai loro successori. Certo, sarà sempre necessario che la responsabilità per questa verità "sia condivisa da tutti i fedeli, in particolare da coloro che, come i teologi, hanno una specifica funzione nell'approfondimento della verità rivelata e nell'impegno per inserirne i contenuti nel presente contesto culturale: ad essi in modo speciale è richiesta una stretta, fedele e rispettosa collaborazione con i Pastori" ("Laureti in Piceno, allocutio ad Italiae episcopos, quosdamque presbyteros et laicos simul congregatos habita", die 11 apr. 1985: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, VIII, 1 [1985] 995ss).

Una particolare attenzione occorre oggi rivolgere alla dimensione morale della fede, che alla fede stessa appartiene in maniera costitutiva. La verità dell'etica cristiana è infatti troppo spesso insidiata e contestata, non soltanto sul piano dei comportamenti pratici, ma anche a livello dottrinale, con grave pregiudizio della vita cristiana e col rischio di compromettere ciò che di più nobile ed essenziale vi è nell'uomo.

Collegare insieme evangelizzazione e testimonianza della carità


8. La verità cristiana è intimamente congiunta all'amore: nella sua essenza profonda essa è infatti manifestazione dell'amore di Dio per l'uomo e vocazione all'amore verso Dio e verso i fratelli. perciò molto opportunamente, nel piano pastorale per il prossimo decennio, intendete collegare insieme l'evangelizzazione e la testimonianza della carità. L'impegno di carità operosa, di cui per grazia del Signore sono ricche le nostre comunità, rappresenta infatti, proprio nel suo carattere di servizio generoso e disinteressato ai fratelli, quella genuina testimonianza di amore nella quale il lieto annuncio del Vangelo di Cristo può trovare la sua piena credibilità (cfr. ("Laureti in Piceno, allocutio ad Italiae episcopos, quosdamque presbyteros et laicos simul congregatos habita", die 11 apr.

1985: , VIII, 1 [1985] 996s).

L'insegnamento della religione: un servizio offerto alla formazione culturale e morale dei ragazzi e dei giovani


9. Nella grande prospettiva dell'evangelizzazione si colloca anche l'iniziativa felicemente realizzata dalla Conferenza Episcopale Italiana riguardo al quotidiano "Avvenire". Trova compimento così l'auspicio che fu nel cuore di Paolo VI fin da quando concepi e promosse la creazione del quotidiano cattolico a livello nazionale: quello cioè che fosse la Chiesa italiana ad assumerne le primarie responsabilità, salva naturalmente l'autonomia propria del giornale. Sono certo che i cattolici italiani non faranno mancare il proprio aiuto nel sostenere e diffondere il loro quotidiano, il cui ruolo di corretta informazione civile ed ecclesiale e di espressione della cultura cristiana si manifesta sempre più necessario e prezioso ai fini di una presenza autenticamente missionaria nella società italiana.

Accanto a questo impegno non posso non ricordare quello per l'insegnamento della religione. Conosco bene lo sforzo che la Chiesa italiana va compiendo da tempo, anche con la costituzione nelle diocesi degli istituti di scienze religiose, per qualificare sempre meglio questo servizio offerto alla formazione culturale e morale dei ragazzi e dei giovani. L'apprezzamento che esso trova presso la grandissima maggioranza delle famiglie e degli studenti, che liberamente lo scelgono, conferma la sua validità, anche sotto un profilo sociale, ed è un ulteriore, forte motivo per promuovere e tutelarne la piena dignità, dal punto di vista della cultura e della scuola.

A Maria, beata perché ha creduto 10. Affidiamo a Maria santissima, la vergine fedele, beata perché ha creduto (cfr Lc 1,45), la nostra quotidiana fatica di Pastori, solleciti della fede del nostro popolo e di null'altro preoccupati che di aiutare ciascuno dei nostri fratelli a spalancare a Cristo le porte del proprio cuore. Nel suo nome e con affetto profondo imparto ad ognuno di voi e alle vostre Chiese la benedizione apostolica.

1989-05-18

Giovedi 18 Maggio 1989




Nel quarantacinquesimo anniversario della battaglia di Montecassino - Ai pellegrini polacchi, Città del Vaticano (Roma)

Nella nostra patria la sofferenza comincia a dare frutti, ma davanti a noi resta un lungo cammino da compiere


Ringrazio molto il generale Klemens Rudnicki per le sue parole.

Do un cordiale benvenuto a tutti i presenti. In modo particolare saluto coloro che hanno combattuto a Montecassino, saluto i loro familiari, e tra tutti gli altri, la signora Irena Anders. Vi prego di portare il mio saluto a tutti i partecipanti alla battaglia di Montecassino che sono ancora in vita: ai comandanti, ufficiali, sottufficiali, soldati, sacerdoti. Portate questo saluto a tutti, ovunque essi siano.

"Passante, di' alla Polonia che siamo caduti fedeli al suo servizio".

E' il rapporto che, da quarantacinque anni, fanno alla Patria gli eroi di Montecassino che hanno combattuto per la libertà "vostra e nostra", ma non gli è stato dato di vederla, poiché riposano in eterno nella terra italiana, in attesa della risurrezione in Cristo.

Passante, di' alla Polonia che abbiamo preso molto a cuore le parole di Cristo: "Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici" (Jn 15,13). Le abbiamo prese a cuore, e le abbiamo eseguite alla lettera.

Abbiamo dato la nostra vita per "gli amici", per la nostra Patria, per l'Europa, per tutto il mondo, per il futuro dell'uomo in questo mondo.

Tale messaggio giunge a noi e a tutto il mondo dal monte "chiamato Monte Cassino", del quale Dante, attraverso la bocca di san Benedetto, dice: "e quel son io che su vi portai prima lo nome di colui che'n terra addusse la verità che tanto ci sublima" ("La Divina Commedia", "Paradiso", XXII, 40-42).

La verità della salvezza, la verità che il mondo sarà salvato! A questa verità, a questa salvezza partecipano i nostri compatrioti, gli eroi che hanno combattuto quella storica battaglia. Quelli che sono caduti li, e li sono rimasti. Quelli che, come il generale Wladyslaw Anders, comandante del secondo corpo dell'armata 'olacca, il generale Bronislaw Duch, o monsignor Jozef Gawlina, Vescovo castrense, sono sopravvissuti alla guerra e dopo, sono stati sepolti in questo cimitero. Quelli che riposano negli altri cimiteri della Patria e del mondo. E anche quelli, come il generale Boleslaw Sulik, che oggi, nel quarantacinquesimo anniversario della battaglia, sono testimoni vivi di quei tragici anni e di quei grandi momenti.

Molte volte sono stato al cimitero di Montecassino dove, pregando per i caduti, pregando perché il loro sacrificio, il loro sangue non risultassero vani, ho letto, commosso, i nomi delle persone - nella maggior parte miei coetanei - e i nomi dei loro luoghi di nascita. Quest'anno, nel quarantacinquesimo anniversario di quel giorno in cui la bandiera polacca fu inalberata sulle rovine dell'abbazia benedettina, mi reco con lo spirito in quel luogo per rendere onore, ancora una volta, ai caduti e a tutti coloro che hanno combattuto, pronti a dare la loro vita per la Patria, per l'Europa, per un mondo migliore; mi reco li, per esprimere la più profonda gratitudine.

Pensando al cimitero di Montecassino e a tutti i cimiteri in tutto il mondo, dove riposano gli uomini che hanno dato "la vita per i fratelli", mi viene in mente, spontaneo, il mistero evangelico del chicco di grano che caduto in terra, doveva morire per produrre molto frutto (cfr Jn 12,24).

Infatti, nella nostra Patria, per la prima volta possiamo notare come il sacrificio, la morte, la sofferenza e la fedeltà, che tante volte sembravano essere vane, cominciano a produrre i frutti. Quando ci troviamo in mezzo a tante croci che testimoniano di fronte al mondo questo sacrificio, vogliamo credere di nuovo in questi immensi sforzi e sacrifici che riescono a produrre frutti, spesso impossibili da prevedere. Frutti dei quali oggi anche noi siamo responsabili, e ai quali dobbiamo sensibilizzare coloro che vengono dopo di noi, perché davanti a noi rimane ancora un lungo cammino.

In questo modo la riflessione storica diventa preghiera. Ringraziamo Dio e la Chiesa perché ci insegnano ad amare amici e nemici.

Visitiamo le tombe degli eroi ai quali dobbiamo il nostro oggi, per saper "dirigere i nostri passi sulla via della pace" (cfr Lc 1,79), della riconciliazione e della fratellanza di tutti gli uomini.

Questo pensiero, questa gratitudine, questa preghiera e questo auspicio desidero esprimere nel quarantacinquesimo anniversario della vittoria di Montecassino, nella vigilia del quarantacinquesimo anniversario dell'insurrezione di Varsavia, e in vista del cinquantesimo anniversario dell'inizio della seconda guerra mondiale.

Dobbiamo coltivare con cura il frutto prodotto da quel chicco di grano che è caduto e morto in terra durante quei tempi tragici.

Ne dobbiamo sentire la responsabilità. Il popolo, il quale ha fatto tali sacrifici, ha il diritto di vivere, di vivere degnamente, ha il diritto ad una vita indipendente e sovrana.

Passante, di' alla Polonia... dillo alla Polonia e a tutti i Polacchi che vivono nel mondo.

Affido i morti alla misericordia divina, e ai vivi imparto di cuore la mia benedizione apostolica.

1989-05-19

Venerdi 19 Maggio 1989




Il discorso ai capitolari dell'ordine dei camilliani - Città del Vaticano (Roma)

"Più cuore nelle vostre mani sacerdotali quando assistete gli ammalati e gli agonizzanti"



1. Mi è gradito porgere un cordiale saluto a voi, superiori e membri dell'Ordine dei Chierici Regolari Ministri degli Infermi, partecipanti al cinquantatreesimo capitolo generale, iniziato il 2 maggio scorso a Bucchianico, luogo natale del vostro fondatore san Camillo de Lellis. Un augurio speciale al nuovo superiore generale ed ai consultori, ai quali l'assise capitolare elettiva ha affidato il compito di guidare e sostenere il vostro istituto per il prossimo futuro.


2. Secondo un criterio che va facendosi consuetudine, il vostro capitolo generale, assolti gli adempimenti costituzionali, si è proposto di approfondire in modo particolare un tema: "Verso i Poveri e il Terzo Mondo". Alla riflessione capitolare l'ordine si è preparato sollecitando l'apporto di tutti i membri delle varie province del mondo, i quali si sono fatti portavoce delle istanze di giustizia e di amore che salgono dai poveri e dai paesi che conoscono le dolorose conseguenze della povertà.

Questo grave problema, del quale ho ampiamente trattato nell'enciclica "Sollicitudo Rei Socialis", da sempre sta a cuore a voi religiosi. perciò la vostra rinnovata costituzione, in spirito di rigorosa fedeltà al fondatore, afferma: "Il nostro Ordine dedica di preferenza le proprie attività agli infermi più poveri e abbandonati, ed è sollecito nel rispondere ai loro bisogni nelle nazioni in via di sviluppo e nelle terre di missione" ("Costituzione", art. 51).


3. Il Concilio Vaticano II ricorda che "il rinnovamento della vita religiosa comporta il continuo ritorno alle fonti di ogni forma di vita cristiana ed allo spirito primitivo degli istituti e, nello stesso tempo, l'adattamento degli istituti stessi alle mutate condizioni dei tempi" (PC 2).

E' di perenne attualità il carisma di ogni istituto religioso approvato dalla Chiesa, nonostante il mutare delle condizioni dei tempi, alle quali la vita religiosa consacrata è chiamata ad adeguarsi, salvaguardando integralmente la sua ispirazione originaria. Quanto più le dimensioni della sofferenza conoscono oggi nuovi aspetti, tanto più è necessario ed urgente che la vostra risposta, sull'esempio di san Camillo de Lellis, sia generosa, totale, coerente ed unitaria.

Il vostro fondatore fu vicino ai poveri ed agli infermi per sollevare il loro stato d'animo e per liberarli dalle angosce spirituali e materiali.


4. Se l'uomo è "via della Chiesa" (RH 14), egli "diventa in modo speciale la via della Chiesa, quando nella sua vita entra la sofferenza" ("Salvifici Doloris", 3). Dalle origini, il vostro campo prioritario di apostolato è il mondo della salute. Nella sofferenza del corpo e dello spirito la povertà conosce la sua più completa e dolorosa espressione, poiché attenta alle radici stesse della vita e della dignità della persona umana. Il vostro servizio ai fratelli, tuttavia, sarà veramente evangelico e conforme al carisma camilliano, se nel servire i poveri offrirete una testimonianza di vita povera, un esempio credibile di condivisione e di partecipazione, secondo lo spirito del testamento spirituale, che san Camillo detto sul letto di morte.


5. La vostra costituzione ribadisce che "l'Ordine... prende a cuore la pastorale delle istituzioni ecclesiastiche e civili impegnate nell'assistenza dei malati e dei poveri, e si dedica all'animazione del maggior numero possibile di laici all'amore e al servizio degli infermi" (art. 54).

Si richiede, oggi, un crescente coordinamento, inteso in primo luogo "a favorire e a diffondere una sempre migliore formazione etico-religiosa degli operatori sanitari cristiani nel mondo, tenendo conto delle differenti situazioni e dei problemi specifici che essi debbono affrontare..." ("Dolentium Hominum", 5).

La recente creazione a Roma dell'Istituto Internazionale di Pastorale sanitaria "Camillianum" è, insieme ad altre iniziative del vostro benemerito istituto, una significativa risposta alla richiesta di specializzazione in campo assistenziale esigita dalla concezione cristiana del servizio all'uomo, nostro fratello.

Il mondo della salute, di fronte alla minaccia di nuovi mali indotti dalla crisi dei valori, dal degrado dell'ambiente, da crescenti infermità sociali, postula un impegno globale di tutta la Chiesa nelle sue articolate componenti, affinché l'assistenza a chi soffre abbia a trasformare gli stessi assistiti in soggetti attivi di evangelizzazione (CL 54). A questo doveroso traguardo si potrà giungere se tutti, sacerdoti, religiosi e laici e, in modo particolare, coloro che per carisma istitutivo e specifico hanno scelto di consacrarsi alla pastorale sanitaria, opereranno con impegno ispirato ai principi evangelici.


6. Ma per fare tutto ciò occorre che voi stessi, anzitutto, viviate in pienezza lo spirito di fervore evangelico e di abnegazione verso i fratelli, che tanto caratterizzo l'opera del vostro fondatore, vero gigante nel campo della carità e dell'amore soprannaturale. Occorre che ritorniate veramente alle origini, segnate così marcatamente dalla figura carismatica di san Camillo de Lellis, nobile per nascita, ma ancor più nobile per l'alto sentire che ebbe nei confronti degli ammalati e dei languenti nelle corsie degli ospedali. Con quanto cuore egli li curava, li abbracciava e li incoraggiava con le parole della fede! Ai suoi primi discepoli, talora maldestri nel curare le ferite, ripeteva con accenti vibranti: "Più cuore, fratello, in quelle mani!". Anch'io oggi vi ripeto: più cuore, carissimi, nelle vostre mani sacerdotali quando assistete i vostri fratelli ed amministrate i sacramenti agli ammalati ed agli agonizzanti. Siate veramente padri, fratelli ed amici di coloro che soffrono e si rivolgono a voi e confidano in voi religiosi.

La Vergine santissima, salute degli infermi, alla cui amorevole sollecitudine Camillo de Lellis volle espressamente ispirare il suo servizio ai sofferenti, benedica i lavori e le deliberazioni del vostro capitolo generale ed accompagni la vostra famiglia religiosa nel cammino della più perfetta sequela di Cristo.

Avvaloro questi voti con la mia benedizione apostolica, che ora di cuore imparto a voi ed a tutti i membri del vostro ordine.

1989-05-20

Sabato 20 Maggio 1989




Ai Vescovi dell'arcipelago asiatico in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)

"Verro in Indonesia per proclamare la verità salvifica su Dio e sull'uomo"


Cari fratelli nel Signore Gesù Cristo.


1. Sono lieto di ricevervi, membri della Conferenza Episcopale dell'Indonesia, per questo incontro collegiale in occasione della vostra visita "ad limina". Questa assemblea è per noi un momento privilegiato di comunione ecclesiale. Ci offre una specifica opportunità di rinnovare i vincoli fraterni di unità, carità e pace cui partecipiamo in quanto membri del Collegio Apostolico (cfr LG 22).

La vostra presenza qui oggi presso la tomba di Pietro è una manifestazione della cattolicità della Chiesa. La nostra unità cattolica "nella confessione di una sola fede, nella comune celebrazione del culto divino e nella fraterna concordia della famiglia di Dio" (UR 2) è più profonda dei legami di origine, razza o nazionalità e va al di là di tutto quello che distingue le culture particolari. Nella varietà dei suoi membri in tutto il mondo, la Chiesa cattolica è raccolta in unità dalla comunione che voi, in quanto successori degli apostoli, condividete con il successore di Pietro (cfr LG 23).

Noi siamo servitori di Cristo e amministratori dei misteri di Dio (cfr 1Co 4,1). Voi ed io in modo diverso condividiamo la comune responsabilità pastorale della santificazione, insegnamento e servizio al Popolo di Dio. Seguendo l'eroica testimonianza degli apostoli, noi siamo chiamati "con ogni umiltà, mansuetudine e pazienza, sopportandoci a vicenda con amore, cercando di conservare l'unità dello spirito per mezzo del vincolo della pace" (Ep 4,2-3). Pertanto, in questa occasione della vostra visita "ad limina" chiedo al Signore Gesù di assistere ciascuno di voi nel vostro ministero episcopale con la potenza del suo Spirito.


2. Fratelli miei, ciascuno di voi rappresenta una Chiesa particolare in Indonesia, e venendo a "visitare Pietro" (Ga 1,18), portate con voi le speranze, le ansie, le gioie e le sofferenze di tutti i sacerdoti, i religiosi e i laici cui servite.

Venite nello spirito di san Paolo che espose davanti alla Chiesa la sua predicazione e la sua attività (cfr Ga 2,2). Ogni giorno presentando a Dio le molte necessità della Chiesa in tutto il mondo, io prego per voi e per coloro che sono affidati alle vostre cure. "Ringrazio il mio Dio ogni volta ch'io mi ricordo di voi, pregando sempre con gioia per voi in ogni mia preghiera... a motivo della vostra cooperazione alla diffusione del Vangelo" (Ph 1,3-5).

La vostre Chiese locali sono espressioni particolari dell'unico redento Popolo di Dio. I vostri laici sono all'interno della società indonesiana per trasformarla con la luce del Vangelo. Incarnare il Vangelo nei costumi e nelle culture del vostro popolo costituisce una delle più grandi sfide per la Chiesa del vostro Paese nel momento attuale. Conformando la vita della vostra gente all'insegnamento di Cristo si compirà una autentica inculturazione del Vangelo, e questo arricchisce tutta la Chiesa. A questo proposito il Concilio Vaticano II insegna: "Il Vangelo rinnova continuamente la vita e la cultura dell'uomo decaduto, combatte e rinnova gli errori e i mali, derivanti dalla sempre minacciosa seduzione del peccato. Continuamente purifica ed eleva la moralità dei popoli... In tal modo la Chiesa, compiendo la sua missione, già con questo stesso fatto stimola e dà il suo contributo alla cultura umana e civile" (GS 58).


3. Seguendo le orme del mio predecessore Paolo VI, che si reco in viaggio nel vostro Paese per confermare voi e il vostro popolo nella professione della fede cattolica, aspetto con gioia e trepidazione di compiere una visita pastorale in Indonesia quest'anno. Per me queste visite sono sempre compiute nella tradizione dei viaggi dei primi apostoli. Verro in Indonesia per proclamare la verità salvifica su Dio e sull'uomo. Nel predicare la buona Novella della salvezza a tutti coloro che partecipano della fede, desidero anche ascoltare e vedere in prima persona tutte le grandi opere compiute dal Signore in mezzo al vostro popolo. Voglio rendere grazie e lode all'onnipotente Dio per le copiose benedizioni che la Chiesa dell'Indonesia ha ricevuto negli ultimi quattro secoli, e desidero incoraggiare il vostro popolo a perseverare nella fede, la speranza e la carità.

Le sette province ecclesiastiche dell'arcipelago, come le sette Chiese di cui si parla nell'Apocalisse, sono state un fertile terreno per la Parola di Dio. La vita della vostra gente ha generato molti frutti in opere di santità, giustizia e pace, come risultato della Parola di Dio impiantata nel loro cuore.

L'impegno senza riposo di molti coraggiosi e dediti missionari ha avuto come esito l'attuale vitalità della Chiesa in mezzo a voi. La forza e la dedizione di quegli eroici uomini e donne sono sorgente di grande incoraggiamento per coloro che si assumono la continua sfida dell'evangelizzazione nel vostro Paese.


4. Oggi le vostre Chiese locali sono abbondantemente benedette dal Signore con vocazioni al sacerdozio e alla vita religiosa. Questi giovani indonesiani, uomini e donne, offrono alla gioventù di tutta la Chiesa uno splendido esempio della gioia e della pienezza che si trovano nel rispondere alla chiamata di Cristo a lasciare tutto e seguirlo (cfr Mt 14,19-22). Considerando lo straordinario aumento delle vocazioni tra di voi, possiamo veramente dire che "la parola di Dio si diffondeva e si moltiplicava grandemente il numero dei discepoli" (Ac 6,7).

Questa positiva situazione serve a ricordare a tutta la Chiesa l'importanza di presentare chiaramente il bisogno di vocazioni al sacerdozio e alla vita religiosa, di incoraggiare i fedeli a pregare per questa intenzione particolare, e di invitare i giovani, uomini e donne, a raccogliere la sfida di un impegno di tutta la vita al servizio di Cristo e della sua Chiesa.

In questo momento desidero ringraziare i Vescovi per l'attenzione accurata per i seminaristi e i programmi di formazione sacerdotale nei seminari maggiori del vostro Paese. In molte occasioni avete puntualizzato che un pre-requisito essenziale per questo impegno ecclesiale è la presenza di sacerdoti ben qualificati come direttori spirituali e professori nelle discipline teologiche e filosofiche. Occorre impegnarsi in ogni modo per avere la disponibilità di sacerdoti per tale compito importante. La questione della formazione sacerdotale è vitale per la vita della Chiesa e, come sapete, sarà il tema della prossima assemblea ordinaria del Sinodo dei Vescovi, cui potete offrire la testimonianza della vostra attuale gioiosa esperienza.

Noto che proprio come il numero dei candidati al sacerdozio è grandemente aumentato negli ultimi dieci anni, così pure è avvenuto per il numero delle vocazioni alla vita religiosa. Nel vostro rapporto con i religiosi vi incoraggio a continuare a manifestare la grande stima e apprezzamento della Chiesa per la loro vita di consacrazione. Recentemente li avete esortati a riflettere con sempre maggior chiarezza sullo specifico carisma delle loro congregazioni con appropriate forme di apostolato. La vita e l'opera dei religiosi nelle vostre Chiese locali testimonia in modo particolare della presenza del Regno di Cristo in mezzo al vostro popolo.


5. Cari fratelli, la crescita e la vitalità delle vostre diocesi è causa di gioia profonda e gratitudine a Dio. La Chiesa nel vostro Paese è un chiaro segno dell'amore di Dio per il suo Popolo. I fedeli devono essere lodati per la loro attiva partecipazione in molti aspetti della vita della Chiesa, perfino nelle più sperdute località missionarie dove si riuniscono per il culto liturgico, la catechesi, il reciproco sostegno e le attività missionarie.

Nel vostro ministero pastorale per la famiglia, cellula di base della società, prima scuola di santità cristiana, potete contare sulla solidità e forza del tessuto familiare nella cultura indonesiana. Le differenze culturali e l'alto numero di matrimoni misti sono un invito per voi ad assistere i fedeli nel loro impegno per vivere il sacramento del Matrimonio cristiano in unità e santità. La mirabile dedizione delle vostre Chiese locali nell'educazione e lo sviluppo sociale del popolo indonesiano è grandemente apprezzato dai vostri compatrioti. Il fatto che più di un milione di studenti venga educato nelle istituzioni cattoliche testimonia con eloquenza della sollecitudine della Chiesa indonesiana per la promozione del benessere, l'armonia e il progresso della società. L'importanza di questo servizio per lo sviluppo di un popolo è incalcolabile ed è davvero meritevole della cura e dedizione che la Chiesa gli ha sempre dedicato. A questo proposito, il governo dell'Indonesia ha riconosciuto l'importante contributo della Chiesa nell'edificazione di una società più giusta ed equa. E' auspicabile che le leggi che governano la vita civile del vostro Paese continueranno a difendere il valore dell'educazione delle coscienze nella libertà. Questo punto fa onore al vostro popolo e manifesta la saggezza che sta al cuore della vostra civiltà.


6. Ho già ricordato l'eroismo dei missionari che per primi hanno predicato il Vangelo nelle vostre isole. Seguendo il loro esempio, le vostre Chiese locali sono chiamate a portare avanti il compito da loro ereditato. Alcune delle vostre diocesi sperimentano purtroppo la mancanza di sacerdoti, mentre altre ne sono meglio fornite. Desidero incoraggiarvi pertanto a continuare nel vostro piano per una più regolare distribuzione dei sacerdoti a livello nazionale. Un segno chiaro dell'inculturazione del Vangelo nella società indonesiana sarà la sostituzione di molti missionari stranieri che ancora lavorano nelle aree più povere e remote con il vostro clero locale. Abbiamo motivo di sperare che le autorità statali, che dimostrano grande sollecitudine per il benessere della popolazione, consentiranno al personale ecclesiastico, anche non nativo, di rimanere al suo posto, al servizio della comunità nei suoi bisogni spirituali e temporali.


7. Cari fratelli Vescovi, è vostra specifica responsabilità pastorale adottare i mezzi più adeguati per l'annuncio del messaggio di salvezza. La Chiesa mostra profondo rispetto per le altre religioni, che sono espressioni viventi dell'anima dei popoli. Quando i cristiani e i seguaci di altre tradizioni religiose sono uniti nella fede nel Creatore, ecco che esiste una base profonda per una mutua comprensione e rapporti pacifici. Vi incoraggio a continuare e intensificare la collaborazione con i fratelli musulmani per affrontare le sfide della crescente secolarizzazione.

Mentre il vostro popolo continua "a crescere in ogni cosa verso di lui, che è il capo, Cristo" (Ep 4,15), è importante che voi, loro Pastori e maestri, li esortiate a annunciare con coraggio e franchezza il "kerigma" fondamentale, la buona Novella che Cristo è "l'Alfa e l'Omega" (Ap 2,8). Una cultura pluralistica come la vostra in qualche modo ricorda l'ambiente in cui i primi cristiani diedero testimonianza della loro fede in Cristo. Voi e i vostri collaboratori siate ricolmi di forza e coraggio nel testimoniare il Vangelo e non cedete alla paura e all'esitazione. Il ruolo della comunità ecclesiale nella società indonesiana è molto simile a quello del lievito nella farina (cfr Mt 13,33), che pervade tutta la società, dandole una nuova qualità e stile di vita.


8. Nel fare ritorno alle vostre fatiche pastorali, fratelli miei, vi chiedo di portare il mio saluto ai vostri sacerdoti e alla vostra gente. Assicurateli del mio desiderio di incontrarli quest'anno.

Prego che voi siate sempre fedeli al compito ricevuto dal Signore, di guidare il Popolo di Dio per la strada della salvezza. Vi sostengano nella fede e nella fedeltà le preghiere di san Francesco Saverio, che evangelizzo di persona alcune delle vostre isole, e di santa Teresa del Bambin Gesù, cui è devoto il popolo dell'Indonesia. Interceda per voi Maria, che è "segno di sicura speranza e di consolazione innanzi al peregrinante popolo di Dio" (LG 68) e la pace di Cristo sia sempre con voi. Con la mia apostolica benedizione.

1989-05-20

Sabato 20 Maggio 1989




Agli imprenditori e agli operai della zona industriale di Casone - (Grosseto)

Lavorare sull'organizzazione del lavoro per promuovere lo sviluppo integrale e la dignità della persona


Cari operai, imprenditori e rappresentanti tutti del mondo del lavoro!


1. E' con vero piacere che, in questa visita pastorale alla diocesi e alla città di Grosseto, sono venuto in mezzo a voi, nella pianura di Scarlino, al centro di questo grande e moderno complesso industriale, adagiato tra la costa e le colline metallifere.

Desidero ringraziare sentitamente i membri della direzione e i delegati dei lavoratori per il cortese indirizzo di omaggio, a me rivolto a nome loro personale, delle società qui operanti e dei colleghi. Rivolgo il mio cordiale saluto a ciascuno di voi ed anche a quanti, per le esigenze dei turni di lavoro, non possono prendere parte a questo incontro di amicizia e di fede. Parimenti rivolgo il mio saluto particolarmente affettuoso ed esprimo la mia solidarietà ai minatori che svolgono il proprio lavoro nella miniera di Campiano e in quella di Niccioleta; gli operai di quest'ultima, che appartiene alla diocesi di Massa Marittima-Piombino, sono accompagnati dal proprio Vescovo monsignor Lorenzo Vivaldo.

In occasione anche del centenario di coltivazione della miniera di pirite, ho voluto incontrarmi con voi, cari minatori, che affrontate ogni giorno un duro lavoro nel sottosuolo a centinaia di metri di profondità, per ricordare le vittime cadute in questi stessi luoghi, e per esprimere la mia partecipazione ai vostri problemi ed alle vostre preoccupazioni per la sicurezza e per il mantenimento del posto di lavoro.

Il mio fervido augurio è che queste industrie, oggi attrezzate con le più moderne tecnologie, restino a servizio dell'uomo e della sua promozione sociale.


2. Ogni incontro col mondo del lavoro - come sapete - mi è oltremodo gradito, perché mi consente di esprimere a quanti ne sono parte la sollecitudine che ha per loro la Chiesa. Tuttavia, il tipo di lavoro legato all'attività estrattiva o mineraria suscita nel mio animo una particolare risonanza, riportandomi agli anni della giovinezza, quando sperimentai personalmente i problemi legati a una tale industria. Esso poi sollecita ogni uomo a scoprire e a valorizzare il cumulo dei beni, che Dio creatore e provvidente ha largamente elargito a noi suoi figli.

Anche sotto tale aspetto il mio saluto a ciascuno di voi vuole essere particolarmente affettuoso.


3. Da quando è nato il fenomeno della grande industria, nel senso moderno della parola, la Chiesa ha avvertito la necessità di seguire con la più viva attenzione le condizioni di vita delle maestranze e delle loro famiglie. E ciò ha fatto con continuità e con impegno crescente. Mi piace qui ricordare che mancano due anni al centenario della pubblicazione del primo grande documento, dovuto al mio venerato predecessore Papa Leone XIII, un uomo che seppe guardare lontano. Con l'enciclica "Rerum Novarum" egli stimolo autorevolmente la Chiesa cattolica ad adoperarsi per la soluzione della questione operaia e, più in generale, dell'intera questione sociale.

Dopo di lui i romani Pontefici sono intervenuti ripetutamente in questo campo per leggere la situazione sociale alla luce delle superiori verità della fede. Anch'io, che sono sempre grato per ogni occasione nella quale posso incontrarmi e parlare con gli operai nel luogo stesso del loro lavoro, mi sono preoccupato di rivolgermi con nuovi documenti sociali ai responsabili ed a tutti gli uomini di buona volontà per una soluzione tempestiva e adeguata dei problemi che via via si pongono in questo fondamentale settore.


4. Carissimi operai degli stabilimenti di Scarlino e della nuova Solmine! Se mi chiedete quali sono le ragioni profonde che spingono la Chiesa a interessarsi in maniera diretta e partecipata al vostro mondo, vi rispondero che sono soprattutto due, tra loro connesse e complementari.

La prima ragione è che la Chiesa ha ricevuto da Cristo la missione di guidare l'uomo alla salvezza, orientandone l'impegno nei molteplici settori nei quali si esprime e si svolge la sua vicenda terrena. Di tale vicenda il vasto e differenziato campo del lavoro costituisce una componente essenziale. Il lavoro, perciò, fa parte del progetto che Dio ha sull'uomo, progetto che egli ha manifestato nella sua Rivelazione. C'è un Vangelo del lavoro che la Chiesa ha il compito di predicare, affinché l'uomo possa conoscere sempre meglio la sua vocazione e, accogliendola, contribuisca in modo costruttivo al comune progresso (cfr LE 26).

La seconda ragione per cui la Chiesa si interessa al mondo del lavoro sta nella solidarietà profonda che essa avverte per l'uomo e per tutto ciò che "incide e decide" della sua piena realizzazione. Se la prima ragione si pone, per così dire, sulla linea verticale della parola salvifica di Dio da comunicare all'uomo, la seconda sta sulla linea orizzontale della condivisione con gli uomini dei loro molteplici problemi e travagli. In fatto di problemi umani la Chiesa ha una sua lunga esperienza alle spalle: essa, quindi, è in grado di recare un proprio originale contributo nella ricerca di soluzioni che siano rispettose della dignità dell'uomo e atte a promuoverne l'autentica affermazione.


5. Per queste due ragioni la Chiesa invita anche l'uomo del lavoro a prender coscienza del nobile progetto che Dio ha su di lui e per lui. Occorre sempre riflettere su chi è colui che lavora, perché egli lavora, a che cosa deve servire il suo lavoro.

Il lavoratore - ognuno di voi, voglio dire - non è un meccanismo della fabbrica, né uno strumento di lavoro: egli appartiene a un ordine di grandezza superiore a tutte le realtà materiali, esistenti nel giro del nostro orizzonte visibile. E' un essere dotato, per sua natura, d'intelligenza e di libertà: in una parola, è persona. E ogni persona umana, senza discriminazione alcuna, è fatta ad immagine e somiglianza di Dio creatore. La sua dignità, pertanto, supera il valore di tutti i beni terreni.

Ma c'è di più: il lavoratore è chiamato da Dio ad inserirsi nel suo piano creativo e a diventare, in un certo senso, creatore egli stesso. Da ciò deriva una conseguenza immediata e importante, sulla quale mi sono soffermato nella mia enciclica sul lavoro umano: qualunque sia il livello in cui opera o la categoria alla quale appartiene, il lavoratore nell'esercizio della propria attività deve poter diventare più uomo, e non già degradarsi e umiliarsi per effetto del suo stesso lavoro (cfr LE 9).

Tutte le ingiustizie, che si sono commesse o si commettono negli ambienti di lavoro, si devono misurare secondo questo criterio fondamentale: il criterio del valore e del vero bene della persona. Se questo viene trascurato, c'è rischio che le stesse proteste elevate contro le ingiustizie diventino sorgente di altre ingiustizie, forse più grandi.


6. Nella mia Patria che, come sapete, sta affrontando gravi difficoltà, qualcuno ha di recente affermato che ciò che oggi s'impone con urgenza è il serio impegno di un "lavoro sul lavoro".

Che significa "lavoro sul lavoro"? Significa, anzitutto, lavorare sull'organizzazione del lavoro, cioè modellarla e ordinarla in modo che essa serva a promuovere lo sviluppo integrale della persona. Le applicazioni concrete sono, come ognuno vede, molteplici ed urgenti: occorre, ad esempio, procurare che a tutti sia assicurata la giusta partecipazione ai frutti del proprio lavoro; che ai singoli sia concessa una debita parte di responsabilità nella gestione dell'azienda o della fabbrica; che ogni attività industriale sia svolta nel rispetto dell'ambiente naturale e delle risorse... Occorre, in particolare, che il lavoro, a cui l'uomo e la donna dedicano il meglio dei loro anni e delle loro forze, serva loro come mezzo normale per procacciarsi non soltanto il minimo di sussistenza, ma per vivere una vita veramente umana. Se uno - poniamo - fosse costretto a fare più lavori per arrivare ad un livello di vita appena umana, non sarebbe già vittima di una situazione ingiusta? Chi ha dunque un lavoro in officina, come in una miniera o in un ufficio, deve poter trovare proprio mediante questa attività l'accesso ad un genere di vita degno e decoroso per quanto concerne sia l'alloggio, il vitto, la salute, la prevenzione, nonché la cultura, il tempo libero, l'autoelevazione spirituale e religiosa. E' qui che risiede il criterio di distinzione tra lavoro "a misura d'uomo" e le varie forme anche moderne di sfruttamento.

Alla luce di questi principi, chi non ha un lavoro si trova in una situazione oggettivamente ingiusta, e la società con le sue istituzioni è tenuta ad agevolargli una soluzione adeguata, senza costringerlo a rassegnarsi di fronte alla disoccupazione, come se fosse un fenomeno inevitabile. Nei disoccupati è la società stessa ad essere ferita, perché viene privata dell'apporto valido di chi può e deve lavorare.


7. "Lavoro sul lavoro" significa insomma un impegno efficace a servizio di chi lavora.Secondo il progetto di Dio il lavoro è la strada sulla quale l'uomo deve perseguire la piena attuazione della propria umanità. In esso, quindi, non deve esser presa in considerazione soltanto la dimensione economica: deve essere tenuta presente e valorizzata anche la dimensione culturale, spirituale, religiosa, così che il lavoratore possa esprimere nel suo lavoro non soltanto le proprie capacità fisiche o intellettuali, ma anche la propria coscienza, i propri principi morali, la propria fede.

A questo proposito debbo riaffermare che, privato della dimensione morale e religiosa, l'uomo è svuotato della sua più vera grandezza. Una società che tendesse a coartare lo sviluppo entro i confini dell'avere, puntando esclusivamente sul benessere materiale, a scapito di una crescita nell'essere, non risolverebbe i problemi di fondo dell'uomo, il quale, invece di "dominare" un patrimonio pur grande di beni, finirebbe per diventarne prigioniero, con conseguente insoddisfazione.

Come ho scritto nell'enciclica "Sollicitudo Rei Socialis", "il male non consiste nell'avere in quanto tale, ma nel possedere in modo irrispettoso della qualità e dell'ordinata gerarchia dei beni che si hanno. Qualità e gerarchia che scaturiscono dalla subordinazione dei beni e dalla loro disponibilità all'essere dell'uomo e alla sua vera vocazione" (SRS 28).

E' chiaro come, in una simile impostazione, non c'è alcuno spazio per l'egoismo sia individuale che di gruppo. Da essa deriva, per ovvia conseguenza, il dovere della solidarietà non solo verso chi fatica allo stesso banco di lavoro, ma anche verso ogni membro dell'umanità.


8. Cari fratelli e sorelle! La fede in Cristo redentore, accolta e vissuta nella sua autenticità, ricostruisce in ognuno il bene della libertà e della dignità più vera. Essa - ricordate sempre - è un fattore indispensabile di riequilibrio interno per la persona, la famiglia, la società, la natura.

So che le vostre imprese, oltre a tener conto dei criteri di modernizzazione tecnologica, si sono preoccupate degli aspetti ecologici. Io auguro che questi impianti, grazie allo sforzo rinnovato e costante dei responsabili, possano divenire un modello industriale, in cui i rapporti tra uomo e ambiente, tra operaio e dirigente siano sempre più umani, nel senso dell'autentico sviluppo.

Ancora una volta vi ringrazio tutti per la vostra accoglienza, per la vostra attenzione, e benedico di cuore voi e le vostre famiglie.

1989-05-21

Domenica 21 Maggio 1989





GPII 1989 Insegnamenti - Ai teologi è richiesta una stretta, fedele e rispettosa collaborazione con i Pastori