GPII 1989 Insegnamenti - L'intensa serata con i giovani - Pisa

L'intensa serata con i giovani - Pisa

Gesù non delude nessun cuore che ama la verità


Carissimi giovani.


1. Vi saluto tutti affettuosamente da questo luogo, che è il centro spirituale della diocesi - la cattedrale e la sede del Vescovo - dove l'arte e il bello esprimono in modo palpabile il messaggio stesso del Signore Gesù e la missione della Chiesa: la famosa e stupenda torre, per chiamare a raccolta i fedeli; il battistero, per consacrare i figli di Dio e discepoli del Signore; la chiesa primaziale che nel segno della Croce tutti aduna; gli ospedali, concreto segno delle opere di misericordia; ed il camposanto, che sospinge la mente verso la vita futura e la risurrezione.

Vi ringrazio di cuore per la vostra gioiosa presenza. La fiaccola che portate nella mano è un simbolo molto significativo della luce della vostra fede, del vostro amore a Cristo, della vostra fedeltà al Papa, del vostro voler essere comunità cristiana che illumina il mondo, seguendo la Parola di Cristo, e seguendo il Pastore della vostra diocesi, che rappresenta Cristo in mezzo a voi.


2. Col prossimo novembre avrà inizio l'attuazione del piano pastorale giovanile, programmato dalla vostra diocesi: esso avrà come centro d'interesse Gesù Cristo Signore della vita. Gesù ascoltato. Gesù seguito. Gesù imitato. Gesù servito nei poveri, nei bisognosi, nella Chiesa locale.

Mi auguro che l'incontro di questa sera, così ricco di significato spirituale, lasci molto spazio allo Spirito Santo, che desidera parlare ai vostri cuori, per infiammarli ed infervorarli a non anteporre alcun interesse alla ricerca di quella verità che è il Verbo, il Figlio di Dio incarnato. Egli è presente nel mondo per il tramite della sua Chiesa, segno della futura società dell'uomo libero dal peccato e dalla morte.

In questa serata così intensa, vi invito tutti a ribadire il vostro "si" al Vangelo, la vostra totale fiducia nel Padre che è nei cieli - il Padre di Gesù -, il Padre che ogni giorno ci dona il nostro pane quotidiano, perdona i nostri peccati, ci dà forza nelle tentazioni e ci libera da ogni male.


3. Rinnovate insieme la vostra ferma volontà di vivere a fondo e coerentemente il vostro cristianesimo, di farne veramente il senso della vostra esistenza, la sorgente della vostra gioia, ciò per cui val la pena di vivere, faticare e sacrificarsi. Gesù non delude nessun cuore che ama la verità. Non trova Cristo solo chi non ama la verità.

Ribadite il vostro impegno a vivere meglio la vostra fede, come singoli e nelle famiglie, nei gruppi, nei movimenti o associazioni ai quali appartenete.

Penso, in modo particolare, all'Azione Cattolica giovanile. Essa sta conducendo un buon lavoro, che ha bisogno di essere sostenuto. Chi già vi appartiene, s'impegni con fiducia, coerenza e piena comunione col Vescovo. Chi cerca un'associazione a cui aggregarsi, può guardare ad essa con la certezza di unirsi ad altri giovani che condividono i suoi ideali, in un movimento autenticamente ecclesiale. Dicendo questo voglio anche riferirmi agli altri gruppi e movimenti qui rappresentati.


4. Questa sera, giovani carissimi, nel nome del Signore Gesù vi voglio confermare nella vostra missione cristiana. La fiaccola che portate in mano è simbolo, come ho detto, della vostra fede e del vostro amore per Cristo. Non spegnete mai quel fuoco dello Spirito che è significato dalla fiaccola materiale. Diffondete, anzi, questo fuoco. Diffondetelo il più possibile. Questo è il mandato che voglio darvi questa sera, in questa notte luminosa di speranza. Sia questo il momento di una grande promessa a Dio. E Maria, la Vergine fedele, vi conceda la forza di adempiere tale promessa.

A tutti voi ed ai vostri cari la mia affettuosa benedizione.

[Prima di concludere l'incontro, il Papa ha così proseguito:] E vorrei aggiungere ancora una parola venuta da Santiago de Compostela.

Questa "parola" è soprattutto la presenza, il pellegrinaggio, il ritrovare le vestigia medioevali ma sempre attuali della nostra Europa, di questo continente chiamato a cercare di nuovo la sua anima. non può perdere la sua anima. Sappiamo bene che l'uomo che perde la sua anima muore. L'Europa non può, non può l'Italia, perdere la sua anima. E' questo l'augurio che formulo per tutti voi prima di augurarvi la buona notte. Allora tutti voi qui presenti, soprattutto voi giovani, riceverete la mia benedizione apostolica.

1989-09-22

Venerdi 22 Settembre 1989




Alle autorità e alla cittadinanza - Volterra (Lucca)

"Volterra, sia su di te lo splendore del Signore"


Signor sindaco di Volterra, autorità civili e religiose presenti, carissimi fratelli e sorelle!


1. E' con profonda gioia che, nel corso di questo mio viaggio pastorale in terra di Toscana, incontro questa vostra antica ed illustre città. Rivolgo a tutti voi il mio saluto cordiale, esprimendo un fervido augurio per il felice avvenire di questa comunità, per la sua prosperità e la sua pace.

Desidero manifestare la mia sincera gratitudine anzitutto a lei, signor sindaco, per le cortesi e nobili parole di benvenuto, con cui ha interpretato i sentimenti dell'intera cittadinanza. Esprimo, altresi, la mia riconoscenza ai suoi colleghi e collaboratori del consiglio comunale, alle autorità civili e militari qui presenti, ed a quanti si sono adoperati per assicurare il sereno svolgimento della visita. Uno speciale saluto a tutti i sindaci della diocesi.


2. Vengo a Volterra mosso dal desiderio di incontrare la popolazione cattolica di questa Chiesa particolare, ma anche per porgere un cordiale augurio di bene a tutti i cittadini, credenti e non credenti, perché verso tutti mi sospinge la Parola del Vangelo di Cristo redentore.

Vengo con emozione ed affetto, nel ricordo di quanto la tradizione antica afferma circa la figura del primo successore dell'apostolo Pietro sulla Cattedra episcopale romana, il Pontefice san Lino. Egli era originario della Tuscia, e precisamente di questa vostra terra. Da sempre, pertanto, voi lo considerate come vostro concittadino, e lo venerate come patrono principale della diocesi.

Questa circostanza, ovviamente, suggerisce sentimenti di spirituale vicinanza tra il mio ministero pontificale e voi tutti, conterranei del primo Papa succeduto al pescatore di Galilea. Amo, per questo, rivolgere a voi l'augurio che emerge dalle parole con cui Pietro ammoniva la Chiesa delle origini - parole di cui san Lino si può ritenere un privilegiato testimone: "Comportatevi come uomini liberi, non servendovi della libertà come di un velo per coprire la malizia, ma come servitori di Dio" (1P 2,16).


3. Volterra ha sempre avuto un senso spiccato della libertà, per la quale ha lottato e sofferto. Dal primo affermarsi, durante il medioevo, delle libertà comunali, delle quali resta splendida testimonianza il palazzo dei priori, la vostra città ha coltivato e difeso con fiera determinazione questa fondamentale componente della dignità umana. I vostri antenati hanno capito che solo in un clima di libertà la persona può esprimere il meglio di se stessa e contribuire al comune benessere, alla fioritura delle arti e delle scienze, alla promozione di quell'insieme di valori in cui consiste la vera civiltà.

Certo, la libertà ha pure i suoi rischi e le sue patologie, dalle quali occorre guardarsi, come ammoniva l'apostolo Pietro. Confido che la lunga esperienza a cui potete riferirvi, carissimi volterrani, vi aiuti nella ricerca degli opportuni rimedi con cui tempestivamente contrastare eventuali deformazioni ed abusi che potessero insidiare la legittima fruizione di un bene tanto essenziale.

Auspico pertanto che nella libertà, prima esigenza della dignità umana e requisito indispensabile di una vera pace sociale, proceda spedita e sicura in mezzo a voi ogni iniziativa per uno sviluppo degno dell'uomo, in armonia con la vocazione storica della vostra città.


4. Un particolare augurio rivolgo ai giovani, ben sapendo che essi incontrano, oggi, peculiari difficoltà di inserimento nel mondo del lavoro. Si tratta, come è noto, di circostanze che obbligano molti a lasciare il territorio d'origine e a stabilirsi altrove, mentre inducono altri a logoranti attese, nelle quali possono affiorare tentazioni insidiose di evasione e di disimpegno.

Pur comprendendo il senso di frustrazione profonda che nasce dal non potersi esprimere in forme di attività corrispondenti alla preparazione acquisita, esorto quanti al presente si trovano in questa situazione a non abbandonarsi allo scoraggiamento, ma a reagire, occupando intanto il proprio tempo nell'affinamento delle proprie capacità professionali.

Confido che i responsabili della cosa pubblica non mancheranno di intensificare i loro sforzi per favorire il superamento della presente congiuntura e l'avvento di condizioni socio-economiche tali da poter consentire a ciascuno un adeguato inserimento nelle strutture produttive. Lavorare è un dovere, ma prima ancora è un diritto di ogni essere umano, giacché nell'esercizio delle proprie capacità la persona trova il mezzo normale per autorealizzarsi pienamente.


5. La soluzione dei numerosi problemi che vi stanno dinanzi, carissimi cittadini di Volterra, richiede l'impegno di tutti. Esorto quindi ciascuno di voi a farsi carico generosamente della propria parte di responsabilità e a disporre l'animo alla solidarietà ed alla collaborazione, perseverando sulla via di una vigorosa, costante e sana promozione sociale.

Vi incoraggiano in ciò le vostre tradizioni di partecipazione responsabile alla gestione della cosa pubblica e i notevoli risultati che, grazie all'impegno solidale delle varie componenti cittadine, vi è stato possibile ottenere in momenti anche difficili.

Gli esempi del passato vi siano di ammaestramento e guida per il cammino che la vostra comunità è chiamata a percorrere nel presente ed orientino altresi le scelte da cui dipende il vostro futuro.


6. Affido questi miei pensieri e voti all'intercessione di san Lino ed alla protezione della Vergine Maria, alla quale è dedicata l'antica cattedrale, ed al cui affetto vi richiamano costantemente innumerevoli chiese e luoghi di culto della diocesi. La Vergine Annunziata, la cui immagine materna campeggia nell'antico affresco della sala consiliare nel palazzo dei priori, stenda la sua mano protettrice sulla comunità e sui suoi responsabili e sia per tutti propizia in ogni buona impresa.

Faccio mio l'augurio che i vostri antenati hanno voluto incidere sul portone d'ingresso del palazzo civico: "Sit splendor Domini super nos!".

Si, città di Volterra, sia su di te lo splendore del Signore, così che quanti vengono a visitarti trovino entro le tue mura, insieme ai monumenti del passato, una ricchezza spirituale sempre viva, e i tuoi figli, e i figli dei tuoi figli possano rendere testimonianza davanti al mondo di quel nome cristiano che li ha resi insigni nei secoli!

1989-09-23

Sabato 23 Settembre 1989




Tra i detenuti della casa penale - Volterra (Lucca)

Cristo vi ama e vi chiama a essere suoi amici


Carissimi.


1. Eccomi tra voi, fratello tra fratelli, per una visita attesa non soltanto da voi, ma anche da me a motivo dell'affetto che vi porto, come a persone che desiderano riconciliarsi con la società e prendere nuovamente in essa il proprio posto per collaborare costruttivamente al bene comune.

Nel ringraziare per la cordiale accoglienza, rivolgo a ciascuno di voi, come ai dirigenti della casa e al personale ausiliario, il mio affettuoso saluto.


2. L'amico, che a nome vostro ha espresso le aspirazioni e i proposito da cui siete animati, ha detto efficacemente che "il male del mondo sfigura il volto", perché distrugge la persona e la sua dignità, mentre la grazia di Cristo "trasfigura" l'uomo perché ne esalta il valore ad un livello divino ed apre il cuore alla speranza di una vita serena, utile, compiutamente umana, destinanta ad essere poi coronata con la finale partecipazione alla gioia stessa di Dio.

Io sono qui tra voi, cari amici, per portarvi l'annuncio del Vangelo, che è "lieta notizia" di liberazione. C'è una liberazione da vincoli fisici, che per l'essere umano ha certo una grande importanza, come voi potete ben testimoniare. Ma c'è anche - e più radicalmente - una liberazione da vincoli morali, che si rivela pregiudiziale ad ogni altra, non appena la persona prende coscienza del proprio destino tascendente, non chiuso entro l'orizzonte del tempo, ma aperto all'eternità.

In questa liberazione interiore ogni uomo deve sentirsi impegnato, giacché non c'è cuore umano che sia esente dai fermenti del peccato e dai "vincoli" che ogni cedimento morale porta con sé: "Chiunque commette peccato è schiavo del peccato". (Jn 8,34).


3. Cristo è liberatore dell'uomo. A lui dovete rivolgervo con animo confidente e fiducioso, giacché egli è colui che nella Redenzione ha ricostituito la dignità umana. Crescete nella sua amicizia, impegnandovi nell'osservanza della sua legge.

Realizzerete così il disegno che Iddio ha su di voi, ponendo la vostra esistenza entro l'orizzonte della sua misericordia.

Profondamente lieto di essere oggi tra di voi per ripetervi che Cristo vi ama e vi chiama ad essere suoi "amici" (cfr Jn 15,14) apprezzo vivamente il vostro proprosito di praticare tra di voi la sua carità e di essere fedeli alla vocazione di figli di Dio.

Faccio mie le vostre speranze e le affido a Maria, specchio di giustizia e di misericordia, perché ella ottenga dallo Spirito del Signore luce ai vostri passi, perseveranza e forza al vostro desiderio di collaborare alla costruzione di una società libera e giusta.

Mentre ringrazio tutti coloro che hanno prestato il loro aiuto nella realizzazione di questo fraterno incontro, imparto a ciascuno di voi la benedizione apostolica, che desidero giunga a tutti i vostri cari.

1989-09-23

Sabato 23 Settembre 1989




L'incontro con i rappresentanti della Chiesa locale - Volterra (Lucca)

La santità è la pienezza e il culmine di ogni vita cristiana


Venerato fratello nell'Episcopato, carissimi fratelli e sorelle!


1. A tutti il mio saluto cordiale insieme con un vivo ringraziamento per questa calorosa accoglienza. Nell'esprimere la mia riconoscenza a monsignor Vescovo per le elevate parole con cui ha autorevolmente presentato questa chiesa e il generoso servizio che in essa svolgete, carissimi sacerdoti, religiosi, religiose e laici impegnati, desidero innanzitutto manifestare a ciascuno di voi il mio affetto e la mia stima. Voi siete coloro che hanno accolto nel sacerdozio l'invito di Cristo ad essere pescatori di uomini (cfr Lc 5,10), che hanno scelto nella vita religiosa di essere testimoni di un amore consacrato all'intensa ed esclusiva amicizia con Cristo (cfr Jn 13,12-17), che sentono il dovere, quali laici responsabili, di farsi fermento evangelico (cfr Lc 13,21) nelle situazioni ordinarie di vita e di lavoro.

Sono venuto a Volterra per ricalcare le orme dei miei predecessori, che con questa comunità hanno avuto singolari rapporti: le orme di san Lino, l'immediato successore di Pietro, che voi considerate quale principale patrono, perché vostro concittadino; poi quelle degli altri Pontefici romani che ebbero frequenti contatti coi vostri pastori fin dai primi secoli dell'espansione cristiana ed operarono, con vicende alterne nel contesto di tempi tanto diversi dai nostri; infine, le orme del Papa che qui trascorse parte della sua giovinezza quale alunno delle Scuole Pie: Giovanni Maria Mastai Ferretti, che fu poi chiamato alla Sede di Pietro col nome di Pio IX.

Tali vincoli conservano anche per me tutto il loro valore ed oggi sono qui tra voi per confermare l'unità profonda della Chiesa romana e del suo Vescovo con la vostra comunità, nella realtà del Corpo mistico di Cristo, che "ben compaginato e connesso" (Ep 4,16) è sacramento di carità e di grazia, in mezzo al mondo, al quale ha il compito di annunciare con coraggiosa coerenza le parole del divin Maestro.


2. In questo spirito di comunione desidero ripetere per voi le parole, fonte di intimo conforto, che l'apostolo Pietro scriveva per le comunità cristiane del suo tempo, e che san Lino echeggio fedelmente durante il suo servizio nella Sede romana: "Fissate ogni speranza in quella grazia che vi sarà data quando Gesù Cristo si rivelerà" (1P 1,13).

Questa esortazione vorrei che fosse sempre presente al vostro animo, carissimi, per sostenervi nelle fatiche e nelle vicissitudini dell'apostolato.

Tanto la vita sacerdotale, infatti, quanto quella religiosa e laicale, è soggetta alle molte prove che nascono dalle tipiche sfide del nostro tempo.

Impegnati in ministeri difficili, che si rivelano spesso avari di successi visibili, molti sacerdoti, religiosi e laici si chiedono quale sia oggi il loro ruolo, quale la loro identità nel presente contesto sociale; oppure, quali siano le vie nuove che occorre cercare e sperimentare, per riconvertire a Dio una società che sembra averlo perduto o dimenticato o messo volutamente in disparte.

Pietro ci dice che bisogna fissare la speranza nella grazia. La speranza, appunto, perché il Signore ci ha lasciato come eredità la promessa della sua vittoria sul male e del finale convergere degli occhi di tutti sul suo mistero di crocifisso e risorto per la comune salvezza.

Occorre fissare la speranza nella grazia, cioè nella costante, misteriosa invisibile ma reale, azione di Dio nelle anime. Grazia è il cammino che Dio stesso percorre con ciascuno, segnando di inviti, di richiami, di intimi impulsi ogni suo passo sulle strade delle più diverse esperienze. Grazia è il senso di amarezza e di vuoto, che lasciano le evasioni verso "paesi lontani" per sperperarvi le proprie sostanze (cfr Lc 15,13). Grazia è, soprattutto, la nostalgia della casa paterna e la spinta interiore che Dio suscita nell'animo di chi è sviato, affinché si rimetta in cammino per ritornare, pentito, fra le braccia del Padre (cfr Lc 15,17-20).

Vi esorto a confidare nella forza vittoriosa della grazia, a coltivare la speranza in essa senza timori, senza perplessità, senza interpretazioni riduttive. Non fermatevi ai risultati appariscenti. Non sta in essi l'ultima Parola di Dio sulle vicende umane. Siate ottimisti nonostante tutto, perché il Signore sa quello che fa anche quando voi seminate nel pianto. Egli vuole adoperare il povero lavoro dei "servi inutili" che siamo noi (Lc 17,10), quale segno e testimonianza della sua misericordia.

Per vivere in questo spirito occorre, pero, saper accogliere innanzitutto in se stessi i suggerimenti interiori della fede e della carità ed orientare il proprio sforzo verso la conquista di un'autentica santità personale.

Il discorso intorno alla santità dei ministri di Dio, delle anime consacrate e dei laici deve essere ribadito e tenuto presente sempre, essendo questo l'essenziale obiettivo della nostra vita e condizione importante dell'efficacia soprannaturale dell'apostolato.

La santità è la pienezza ed il culmine di ogni vita cristiana, il traguardo a cui sono chiamati i fedeli di qualsiasi condizione. Essa è il fondamentale messaggio del Concilio Vaticano II a tutto il Popolo di Dio (cfr LG 40). Orbene, che sarebbe se tale invito, se il "precetto" della santificazione personale non fosse adeguatamente apprezzato da coloro che servono il Signore nel sacerdozio, nella vita religiosa, nell'apostolato laicale? Che sarebbe di noi, se non facessimo della via della perfezione e della santità l'impegno fondamentale della nostra esistenza?


3. Desidero rivolgere una speciale parola di apprezzamento a voi, cari sacerdoti, per la generosità con cui affrontate i problemi pastorali tipici di questo vostro territorio, nel quale le distanze, spesso notevoli, e la scarsità delle forze disponibili rendono il "pondus diei" (cfr Mt 20,12) particolarmente oneroso.

L'incremento delle vocazioni si pone, pertanto - e voi lo avvertite vivamente - come un'esigenza prioritaria della pastorale diocesana. Ciascuno di voi si impegni generosamente in essa, non dimenticando che la testimonianza della gioia con cui svolge il proprio ministero e il clima di fraternità che coltiva con gli altri sacerdoti e soprattutto con il Vescovo sviluppano una forte presa sull'animo giovanile.

Poiché, tuttavia, lo sbocciare della vocazione è innanzitutto dono di Dio, una nuova fioritura di vite totalmente consacrate al Regno sarà frutto principalmente della solidarietà orante di tutti coloro che condividono la medesima missione: i sacerdoti, i religiosi, le suore dedite alle opere caritative ed educative. Siano soprattutto le anime consacrate alla contemplazione a sentirsi, nella preghiera, parte viva di tale pastorale, e siano le famiglie di coloro che operano nelle organizzazioni di apostolato dei laici le prime ad attestare quanto apprezzino il dono della vocazione, chiedendola a Dio per qualcuno dei loro figli quale segno di predilezione e di grazia.


4. Una parola anche a voi, cari religiosi e religiose, per esortarvi a vivere in pienezza la vostra scelta di vita, attuando l'unità non solo all'interno delle vostre comunità, ma anche con le varie istanze della Chiesa locale. Rendetevi disponibili alla collaborazione con i programmi pastorali della diocesi. Tale collaborazione, evidentemente, non può non esprimersi secondo il carisma proprio di ciascuno di voi, ma, nel contempo, la fedeltà al carisma, per quanto importante e significativo esso sia, non deve impedirvi di corrispondere, quando sia possibile, a certe urgenti o gravi necessità della diocesi. L'autonomia e la vita interna dei vostri istituti, in sè valide e legittime, non possono mai farvi dimenticare che la finalità operativa delle vostre comunità resta sempre inscritta nel contesto del servizio alla Chiesa locale.

Un servizio particolarmente utile, che voi potrete rendere, sarà di fare delle vostre comunità dei forti e vivi centri di spiritualità. Come non vedere, infatti, lo stretto legame che intercorre tra la vita religiosa e quella "vita secondo lo Spirito", della quale parla san Paolo? Il religioso e la religiosa devono essere eminentemente quell'"uomo spirituale" (1Co 2,15), "guidato dallo Spirito di Dio" (Rm 8,14), del quale parla l'Apostolo. Con la vostra vita povera, semplice, fraterna, distaccata dalle cure e dagli affanni del mondo, rilucente dell'esperienza del trascendente, voi potete e dovete essere un costante richiamo alla superiorità dei valori dello spirito ed alla ricerca dell'"Unico Necessario" (Lc 10,42).


5. E voi laici, abbiate sempre coscienza della vostra dignità e della vostra responsabilità. Sentitevi membra vive del Corpo di Cristo e testimoniate francamente il Vangelo. Siate "sale della terra" e "luce del mondo", assumendo di buon grado gli impegni della vita politica e sociale, adoperandovi poi per adempierli con sincera umiltà, in spirito di servizio.

"Non conformatevi alla mentalità di questo mondo" (Rm 12,2); vogliate, invece, curare per voi stessi e specialmente per le nuove generazioni una solida formazione cristiana, secondo quanto ho avuto modo di indicare nell'esortazione apostolica "Christifideles Laici", ricercando sempre una stabile base spirituale, una sana scuola dottrinale e una onesta attenzione ai valori umani (cfr CL 60).

Coltivate le forme aggregative per vivere la comunione ecclesiale (cfr CL 29). Raccomando in particolare l'Azione Cattolica (cfr CL 31), da cui la Chiesa volterrana in passato ha raccolto preziosissimi frutti e dalla quale ne attende altri, e abbondanti, in futuro.


6. Auspico che questa vostra Chiesa di Volterra sia veramente una famiglia: la famiglia di Dio! Il numero ridotto di abitanti e la distribuzione in piccole comunità parrocchiali vi offrono una preziosa possibilità di conoscenza reciproca e di più immediata collaborazione. I vantaggi di ordine ecclesiale che ne derivano sono evidenti: vi è possibile un continuo dialogo diretto con il Vescovo, una effettiva e pronta partecipazione di tutti ai fatti della vita quotidiana nelle varie comunità, una capillare attenzione nel servizio di carità che deve sempre contraddistinguere la vita di Chiesa, una celebrazione dell'Eucaristia e dei sacramenti più attivamente partecipata. Fate tesoro di questi vantaggi e rimanete sempre "un cuor solo e un'anima sola" (Ac 4,32).

Nell'affidare questi miei voti all'intercessione della Vergine Maria, di san Lino e di tutti i santi Vescovi della vostra Chiesa, invoco su di voi il conforto della gioia che "nessuno vi potrà togliere" (cfr Jn 16,22), perché germina dall'amore di Cristo.

A tutti ed a ciascuno la mia benedizione!

1989-09-23

Sabato 23 Settembre 1989




L'omelia della messa - Ai fedeli riuniti, Volterra (Lucca)

"Serbate integra la fede di san Lino e vivetela in sintonia con la Chiesa e con il Papa



1. "Essi sono coloro che sono passati attraverso la grande tribolazione" (Ap 7,14).

Tra coloro che sono già passati "attraverso la grande tribolazione" e si sono trovati davanti al trono di Dio (cfr Ap 7,9), desideriamo venerare oggi in modo particolare san Lino.

Questo Vescovo di Roma - primo dopo la morte dell'apostolo Pietro - è patrono della vostra diocesi.

Oggi, essendo concesso a me - lontano successore di Pietro nella Sede romana - di celebrare l'Eucaristia in mezzo a voi, desidero venerare insieme con voi il santo martire Lino.

Lo faccio con una commozione particolare.

Saluto la Chiesa che è in Volterra, stretta intorno al suo Pastore, monsignor Vasco Giuseppe Bertelli. Essa, venerando come suo patrono il primo successore di Pietro, porta in sè un singolare tesoro. E' il tesoro dell'eredità apostolica, di cui vive l'intera Chiesa di Cristo. Quest'eredità costituisce il fondamento della sua continuità nel fluire dei secoli, la ragione della sua identità che permane immutabile nel mutare dei tempi e delle culture.

E' questa eredità che ci permette di risalire - mediante gli apostoli, mediante Pietro allo stesso redentore e Signore nostro Gesù Cristo.

E perciò, salutandovi, ripeto a voi le parole di san Paolo nella lettera a Timoteo: "Il Signore Gesù sia con il tuo spirito. La grazia sia con voi!" (2Tm 4,22).


2. Il brano del Vangelo di san Luca ci ricorda la missione dei settantadue discepoli. Gesù "li invio a due a due... in ogni città e luogo dove stava per recarsi" (Lc 10,1).

Quest'avvenimento ha un significato profetico. Significa e preannuncia la futura attività missionaria della Chiesa, alla quale, a suo tempo, gli apostoli avrebbero dato inizio. Essi avrebbero sviluppato, sul fondamento posto da Cristo, quella costruzione che si è estesa ai diversi luoghi della terra, tra le diverse nazioni, nei diversi secoli: la santa madre Chiesa! In continuazione e dappertutto si verificano le parole dette allora da Cristo: "La messe è molta, ma gli operai sono pochi. Pregate dunque il padrone della messe perché mandi operai per la messe. Andate: ecco io vi mando..." (Lc 10,2-3).

E Cristo dà ai suoi discepoli - a quelli d'allora e ai successivi, in ogni tempo - le indicazioni dettagliate sul modo in cui devono compiere la missione loro affidata. Come devono proclamare e convincere che "si è avvicinato... il regno di Dio" (cfr Lc 10,9).

Dappertutto - e sempre - Gesù Cristo manda i suoi discepoli là dove egli stesso "sta per recarsi".


3. Ed egli stesso, Gesù Cristo, decise di recarsi a Roma, capitale del mondo d'allora. Lo fece, dapprima, mediante il suo apostolo Simon Pietro! Lo fece, poi, anche mediante il suo apostolo Paolo di Tarso.

La Chiesa, che è a Roma, fa costantemente richiamo al ricordo di questi due apostoli. Nello stesso giorno celebra ogni anno la memoria del loro martirio.

E mentre Paolo, apostolo dei gentili, mette in rilievo la missione di Roma nei confronti di tutti i popoli e nazioni, paesi e continenti - Pietro esprime la continuità della stessa Sede romana nella Chiesa. E lui è l'inizio della successione apostolica, che è collegata in modo particolare con Roma. Infatti lui, Simone, figlio di Giona, ricevette da Cristo particolari doveri e particolari promesse: "Pasci i miei agnelli... Pasci le mie pecorelle" (Jn 21,15-16). "A te daro le chiavi del regno" (Mt 16,19).


4. Nella Sede romana, Lino, il vostro santo patrono fu il primo Pastore dopo Pietro.

L'odierna lettura, tratta dalla lettera a Timoteo, è particolarmente attuale. L'Apostolo esprime in essa tutto ciò che unisce gli apostoli con i loro discepoli e successori.

Ciò che leggiamo nell'odierna liturgia della Parola può essere applicato al successore dell'apostolo Pietro, a Lino.

"Tu... mi hai seguito da vicino nell'insegnamento, nella condotta, nei propositi, nella fede, nella magnanimità, nell'amore del prossimo, nella pazienza, nelle persecuzioni, nelle sofferenze" (2Tm 3,10-11).

Mi hai seguito da vicino! Quest'imitazione non viene meno di fronte alla persecuzione, al martirio. "Tutti quelli che vogliono vivere pianamente in Cristo Gesù saranno perseguitati" (2Tm 3,12).

Dato che lo Spirito Santo ha chiamato - dopo Pietro - Lino, a essere Vescovo della Chiesa in Roma, il motivo di questa vocazione doveva essere proprio una tale testimonianza.


5. Soltanto un uomo disposto a rendere una tale testimonianza poteva proclamare la salvezza che otteniamo in Cristo Gesù.

Egli "è risuscitato dai morti, secondo il mio Vangelo... Se moriamo con lui, vivremo anche con lui; se con lui perseveriamo, con lui anche regneremo; se lo rinneghiamo, anche egli ci rinnegherà; se noi manchiamo di fede, egli pero rimane fedele, perché non può rinnegare se stesso" (2Tm 2,8 2Tm 2,11-13).

E soltanto per un uomo che, come Paolo e Pietro, aveva portato "le catene come un malfattore", "la parola di Dio non era incatenata" (cfr 2Tm 2,9).

Un tale uomo ebbe la piena libertà interiore di proclamare questa Parola. Era infatti disposto a pagare per la verità il prezzo della propria vita, così come gli apostoli. così come Cristo stesso.


6. Carissimi fratelli e sorelle della Chiesa che è in Volterra! Guardando al vostro grande conterraneo Lino, voi non potete evitare di interrogarvi sul vostro presente. Possedete in voi la libertà interiore che ebbe lui nel proclamare la Parola del Vangelo? Siete voi disposti a pagare quel che lui pago per non tradire la verità di Cristo? I vostri antenati hanno saputo trarre frutto dalla lezione offerta alla Chiesa da Papa Lino. La vostra città è un monumento straordinario di ciò che la fede cristiana sa esprimere quando è accolta e vissuta con coerenza. Essa permea le varie culture nobilitandole con la ricchezza della Rivelazione divina. così qui, in questa vostra terra, la fede ha saputo accogliere ed amalgamare in sintesi armoniosa i valori offerti dalla religiosità etrusca con gli elementi durevoli della civiltà romana.

La stessa fede ha qui forgiato, nel corso dei secoli, forti personalità di santi, che si sono rivelati campioni ed artefici di libertà e di pace: san Giusto, all'epoca delle grandi migrazioni di popoli, da cui è nata l'Europa; sant'Ugo, nella stagione che ha visto fiorire l'anelito delle singole comunità all'indipendenza.

In questa fede ha trovato ispirazione il genio dei molti artisti che, in ogni tempo, hanno dato splendore al volto civile ed ecclesiale di Volterra e del suo territorio.


7. Fratelli e sorelle carissimi! Di questa eredità meravigliosa voi dovete sentirvi i custodi e i continuatori. Dall'epoca di san Lino e dei primi martiri fino ad oggi Volterra ha custodito la fede e l'ha trasmessa di generazione in generazione. Siate i degni eredi dei vostri padri! Serbate integra quella fede, per cui essi hanno versato, quando è stato necessario, il loro sangue! Vivete la vostra fede in piena sintonia con la Chiesa, di cui Lino fa chiamato ad essere il capo visibile subito dopo il martirio di Pietro.

Senza Cristo e la sua Chiesa sarebbe incomprensibile il patrimonio prezioso della vostra arte, diventerebbe inspiegabile il senso più profondo della vostra storia. Non tradite voi stessi, la vostra identità, la vostra ricchezza. La fede in Cristo è stata e deve rimanere l'essenziale nota qualificante e la più vera ragion d'essere della città di Volterra! E rimanete in comunione con la Sede di Roma. I vostri santi sono sempre ricorsi con fiducia al successore di Pietro per avere conferma nella fede e per consolidare i vincoli di unità con il loro popolo. Continuate questa comunione con entusiasmo, senza riserve, con cuore aperto e sincero.


8. Il brano del libro dell'Apocalisse presenta "una moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, razza, popolo e lingua. Tutti stavano in piedi davanti al trono e davanti all'Agnello". Essi, tutti insieme, professano: "La salvezza appartiene al nostro Dio, seduto sul trono e all'Agnello... Lode, gloria, sapienza, azione di grazia, onore, potenza e forza al nostro Dio nei secoli dei secoli" (Ap 7,9-10 Ap 7,12).

In mezzo a quella moltitudine immensa a cui fa riferimento la visione apocalittica c'è uno, il cui nome rimane a voi, qui a Volterra, particolarmente vicino: Lino! Chi sono e donde vengono quelli che sono vestiti di bianco? (cfr Ap 7,13). Chi è, tra loro, Lino? "Signore... tu lo sai" (Cfr Ap 7,14).

"Essi sono coloro che sono passati attraverso la grande tribolazione ed hanno lavato le loro vesti rendendole candide col sangue dell'Agnello. Per questo stanno davanti al trono di Dio e gli prestano servizio giorno e notte nel suo santuario; e colui che siede sul trono stenderà la sua tenda sopra di loro. Non avranno più fame, nè avranno più sete, nè li colpirà il sole, nè arsura di sorta, perché l'Agnello che sta in mezzo al trono sarà il loro pastore e li guiderà alle fonti delle acque della vita. E Dio tergerà ogni lacrima dai loro occhi" (Ap 7,14-17).


9. Città di Volterra! Chiesa, che ti sei legata al nome di san Lino, martire e successore di san Pietro a Roma! Gesù Cristo sia sempre con te! Amen.

1989-09-23

Sabato 23 Settembre 1989





GPII 1989 Insegnamenti - L'intensa serata con i giovani - Pisa