GPII 1989 Insegnamenti - L'incontro con le componenti della comunità cattolica - Copenhagen (Danimarca)

L'incontro con le componenti della comunità cattolica - Copenhagen (Danimarca)

Non scoraggiatevi nell'accettare il Vangelo in tutta la sua fermezza e la sua carità


Cari fratelli e sorelle.

Questo incontro all'inizio del secondo giorno della mia visita pastorale nel vostro Paese mi dà una grande gioia. In voi sacerdoti, in voi religiosi di varie congregazioni e rappresentanti dei laici saluto tutto il Popolo di Dio nella vostra diocesi di Copenhagen, in mezzo al quale ed insieme al quale voi continuate ad essere testimoni di Gesù Cristo e del Regno di Dio già presente nel mondo, con spirito di sacrificio e forza di fede.


1. Cari confratelli nel sacerdozio.

Mi rivolgo innanzitutto a voi con particolare affetto e simpatia, voi che siete i più stretti collaboratori del vostro Vescovo nel suo servizio pastorale. Alcuni di voi sono originari di questa terra, la maggior parte pero sono giunti qui da altre Chiese locali, per potere servire come sacerdoti la Chiesa cattolica in Danimarca. Fra di voi vi sono sacerdoti di ogni parte del mondo e molti membri di diverse comunità religiose, alcune delle quali hanno già oltre un secolo altre invece sono presenti e attive in Danimarca solo da poco.

Mi fa piacere sentire che la comunità sacerdotale fra voi è cordiale e compatta, nonostante le molteplicità e le differenze accennate. Un'unione fraterna che si manifesta sia nel vostro consiglio presbiteriale che nei vostri incontri presbiteriali occasionali, è di grande importanza per il vostro lavoro pastorale spesso isolato nella situazione di diaspora nella quale vivete insieme alle vostre comunità. perciò vi incoraggio di cuore a curare con particolare attenzione questa comunione fraterna e solidale tra voi anche in futuro.

La diversa provenienza, l'appartenenza a diverse comunità religiose, come pure gli studi compiuti in diversi paesi, rappresentano una grande ricchezza per il vostro presbiterio. perciò un vivo scambio di idee, la discussione comune delle diverse esperienze pastorali e dei compiti, in una società in rapido cambiamento, può approfondire e rendere più feconda la vostra collaborazione fraterna e la vostra azione pastorale e personale nelle vostre comunità.

Particolarmente auspicabili, a questo scopo sono i corsi di studio e di perfezionamento, come pure gli esercizi spirituali ed i giorni di meditazione, nei quali voi potete prendere coscienza davanti a Dio della vostra vocazione e della vostra missione sacerdotale nella Chiesa e nel mondo di oggi, e attingere nuova forza e fiducia per il vostro lavoro quotidiano nella vigna del Signore.

"Non voi avete siete scelto me ma io ho scelto voi", così ci dice il Signore (Jn 15,16). Egli vi ha prescelti per continuare la sua missione di salvezza fra il Popolo di Dio. Lui vi ha costituiti ambasciatori della sua lieta Novella e amministratori dei misteri divini. perciò dovete essere innanzitutto suoi amici e confidenti. Non voi, non le vostre comunità, bensi Cristo stesso deve essere l'oggetto e l'obiettivo ultimo della vostra azione sacerdotale. Il sacerdote non deve mai dimenticare che agisce "nel nome e nella persona di Gesù Cristo", come ci insegna una lunga tradizione. Il sacerdote deve sempre mettersi nell'ombra del Signore che annuncia, il quale agisce per mezzo suo.

Poiché l'azione del sacerdote deriva dalla sua missione attraverso Cristo, tale azione deve essere sempre ricondotta a Cristo. così la liturgia, soprattutto l'Eucaristia, che il Concilio Vaticano II indica come culmine e fonte della vita della Chiesa (cfr. SC 10), sarà anche il punto centrale di tutta la sua attività pastorale. perciò dedicate cura e attenzione particolare all'impostazione dignitosa della funzione religiosa e dei sacramenti.

Chiunque partecipi agli atti liturgici della Chiesa, deve essere consapevole del fatto che presta un servizio sacro, orientato all'adorazione e all'esaltazione di Dio.

Dall'intima comunione di vita con Cristo deriva il compito per ogni sacerdote e per ogni cristiano di essere testimone dinanzi al mondo, dell'impostazione cristiana della propria vita, della famiglia e della società. In questo compito incontrerete molte difficoltà, se volete essere testimoni attendibili del Regno di Dio, poiché esso non è di questa terra. Ma non lasciatevi scoraggiare! Con ciò partecipate al destino di Cristo stesso, come esprimete pienamente nella vostra vita esteriore. Opponetevi con tutte le vostre forze alla tentazione di conformare al mondo voi stessi e il messaggio di Cristo al mondo.

Noi piuttosto siamo stati mandati per cambiare e rinnovare noi stessi e gli uomini nello Spirito del Vangelo. perciò l'invito alla conversione e alla penitenza deve rimanere l'esortazione fondamentale della vostra predicazione.

Quando i problemi e le difficoltà della vostra attività pastorale vi sembrano insuperabili siate consapevoli del fatto incoraggiante che avete fra le mani un dono prezioso da offrire agli uomini, che gli uomini desiderano ardentemente nel profondo dei loro cuori forse senza saperlo: la buona Novella della salvezza e la speranza di una vita eterna piena in Dio.

Come Cristo ha mandato i suoi primi apostoli come una piccola schiera di fedeli, anche voi siete mandati dal Signore della Chiesa. Non abbiate paura, poiché in lui trovate la forza e la vostra ricchezza. Egli che ha iniziato in voi la sua opera buona, la porterà anche a compimento. Lui che vi ha chiamati, vi darà anche la forza di portare a termine il compito che vi ha affidato di restare fedeli alla vostra vocazione fino alla fine. Con la stessa fiducia curate allo stesso tempo che il Signore della messe mandi sempre nuovi lavoratori nella vostra comunità per il suo raccolto, e preoccupatevi anche che la lode e l'esaltazione di Dio non vengano mai meno.


2. Care religiose! Con la stessa simpatia e stima rivolgo la mia parola a voi, che condividete con i vostri sacerdoti i numerosi compiti e le fatiche per la costruzione del Regno di Dio, e servite in vari modi gli abitanti di questo Paese nell'amore di Gesù Cristo.

Dall'introduzione della libertà di religione in Danimarca nel 1849, le religiose cattoliche, giunte qui da vari paesi e da varie comunità religiose, hanno contribuito in vari modi alla costruzione della Chiesa cattolica in questo Paese. Le religiose sono state spesso di grande aiuto per l'attività dei sacerdoti e per le comunità. Non di rado case e chiese sono state costruite con il loro sostegno. In un tempo in cui gli uomini, in molti luoghi, soprattutto nelle grandi città, soffrivano a causa di gravi carenze, le religiose, lavorando negli ospedali e negli asili, hanno reso un servizio inestimabile. Per mezzo loro sono state fondate anche molte scuole cattoliche, che costituiscono ancora oggi il punto centrale di molte attività benefiche.

Allo stesso tempo sono sorti monasteri di vita contemplativa, i quali indicano che la dimensione più importante della Chiesa è la preghiera e la massima vocazione dell'uomo è la lode di Dio. Io vi saluto di cuore, care sorelle e vi ringrazio per il servizio che voi e le vostre comunità avete offerto in passato e ancora oggi continuate a offrire alla Chiesa e agli uomini di questo Paese.

Sebbene il vostro numero si sia ridotto, voi continuate a costituire una componente importante ed indispensabile di questa Chiesa locale.

Oggi come allora con la vostra esistenza e la vostra attività voi date testimonianza inestimabile di una vita, che volete seguire rinunciando ai beni materiali, alla famiglia, al matrimonio, e attraverso il dono generoso di sè nell'obbedienza a Dio e per amor suo desiderate anche aiutare gli uomini. La vostra costante testimonianza di vita cristiana è tanto più necessaria in quanto una società orientata alle cose materiali considera valori inestimabili la proprietà, la ricchezza, i piaceri dei sensi e il godimento delle gioie terrene, l'autoaffermazione e l'esercizio del potere.

Insieme a voi ringrazio Dio per la grazia della vostra vocazione e per la nobile disponibilità con cui voi, come Maria, avete pronunziato il vostro "Fiat", il vostro "Si" alla speciale chiamata al seguito di Cristo. Da questo legame irrevocabile con lui dipendono il senso e la fecondità della vostra vita.

Nella nostra epoca di paura dei legami siete chiamate a rendere testimonianza che un legame definitivo con Dio, decisione che coinvolge tutta la vita, è possibile; ancor meglio, siete chiamate a rendere testimonianza che vale la pena osare tale legame, poiché vi rende libere e liete, se lo rinnovate ogni giorno con cuore sincero. Il vostro "Si" pronunziato da voi anni, o decenni fa, deve essere rinnovato spesso davanti al Signore. Per fare questo è necessaria la disponibilità quotidiana alla chiamata del Signore che sempre si rinnova, ed il quotidiano immergersi nel suo amore crocifisso. Soltanto lui può mantenere vivo in voi il dono della vocazione. Soltanto lui, per mezzo del suo Spirito, può superare le debolezze che sempre si rinnovano e donarvi perseveranza fino al definitivo compimento in Dio. (cfr."Homilia, Ottingae, in urbis platea, ad Religiosus utriusque sexus habita", die 18 nov. 1980: , III, 2 [1980] 1323ss).

Care religiose, le circostanze vi hanno costrette ad abbandonare molte delle vostre grandi istituzioni ricche di tradizioni: ospedali, cliniche, e centri di istruzione. Voi stesse state cercando nuove strade per la testimonianza cristiana e per il servizio al prossimo all'interno di piccole comunità.

Possano queste comunità rimanere fedeli allo spirito delle fondatrici e dei fondatori dei vostri ordini, e consentirvi di trasmettere la luce del Vangelo e l'amore di Gesù Cristo al vostro prossimo nel vostro ambiente. Possa il vostro esempio invitante, come pure la vostra preghiera e il vostro sacrificio, incoraggiare anche in futuro giovani donne a rispondere con gioia e generosità alla chiamata di Dio. Dio non chiama soltanto ad una vita di sacrifici e di rinunce, ma anche ad una vita di intima gioia e di pienezza. La manifestazione della gioia è sempre stata la caratteristica delle religiose. Ciò fa della vostra vita un segno convincente di ciò che ha detto il Signore "il mio giogo infatti è dolce e il mio carico è leggero" (Mt 11,30).

Infine vorrei rivolgere un saluto particolare alle religiose qui in Danimarca, che dopo una lunga vita di servizio fedele e disinteressato hanno raggiunto un'età avanzata, e si stanno preparando con grande speranza e con grande fiducia all'incontro definitivo con il Signore. Quando sentite la debolezza della età, quando la malattia e la sofferenza vi opprimono ed infine quando sentite avvicinarsi l'ora del ritorno alla casa del Padre, lasciate che la vostra sofferenza e la vostra morte diventino testimonianza di Cristo, che vi è particolarmente vicino proprio in questo momento di prova. Siate certe che attraverso la vostra pazienza, la vostra fede, la vostra preghiera e l'offerta della vostra sofferenza nel segreto della Chiesa, che è il corpo mistico di Gesù Cristo, potete offrire un grandissimo servizio.

Accompagno con la mia benedizione e la mia preghiera particolare voi e le vostre consorelle, come pure tutti i sacerdoti, attraverso i quali la comunione e l'amore di Gesù Cristo stesso vi sono vicini, dandovi forza e consolazione.

[Parlando poi in lingua inglese il Santo Padre ha così proseguito]:


3. Cari membri del consiglio pastorale.

Vorrei ringraziare il vostro presidente il signor Jan Lange, per le sue gentili parole pronunciate a vostro nome. Desidero inoltre esprimere il mio apprezzamento per il modo vitale in cui voi, laicato cattolico di Danimarca, continuate ad edificare l'unico Corpo di Cristo insieme al vostro Vescovo, al clero ed ai religiosi, uomini e donne. In mezzo alle diverse vocazioni nelle quali la nuova vita di grazia si esprime si trovano le persone come voi che sono in primo piano nella missione della Chiesa. Quale popolo sacerdotale formato e governato dai pastori della Chiesa, voi santificate il mondo e lo trasformate secondo il modello di Cristo all'interno delle comuni circostanze della vita quotidiana (cfr LG 10 LG 31). Negli anni successivi al Concilio Vaticano II, la partecipazione laica in Danimarca è cresciuta in ampiezza e dinamicità, come si riscontra nell'attività del consiglio pastorale diocesano e del consiglio parrocchiale locale sin dalla loro fondazione nel 1970.

Quali sono le sfide che deve affrontare oggi in Danimarca il laicato cattolico? Io so che il matrimonio e la famiglia costituiscono una grande preoccupazione, ed è su questi argomenti che desidero riflettere con voi. Come i cristiani in molte altre parti del mondo, voi dovete affrontare la triste realtà del divorzio, di famiglie distrutte, della confusione circa il ruolo dell'uomo e della donna, e di una certa mentalità ostile alla vita che porta non solo alla contraccezione artificiale e all'aborto ma anche a mettere in dubbio un autentico interesse per la vita. L'insegnamento della Chiesa, che incoraggia la moralità della tradizione religiosa ebraico-cristiana, è considerata da alcuni anni non in contatto con le realtà moderne oppure troppo invadente in questioni che si considerano "private" e perciò libere da "interferenze esterne".

Ben lungi dall'essere un'intrusione nell'intimità delle relazioni coniugali e della famiglia, il Vangelo, che è la fonte dell'insegnamento della Chiesa, porta un messaggio liberatorio di verità e di luce. Apporta un fondamento insostituibile per la scoperta di se stessi e per gli elementi di solidità e di amore che sono parte essenziale delle relazioni umane. La grazia si fonda su leggi naturali: il Vangelo non ci rivolge richieste disumane. Esso, illumina, eleva e perfeziona ciò che è umano, per mezzo della forza della grazia di Dio. La fedeltà esclusiva e duratura per la vita del matrimonio, la paternità responsabile che rispetta il dono di Dio nella vita umana, il rispetto per ogni essere umano dal momento del concepimento sino alla morte naturale, la pari e complementare dignità dell'uomo e della donna: questi, cari fratelli e sorelle, fanno parte della trama della verità cristiana tessuta dal Vangelo.

Spesso possiamo domandarci quale sia il modo migliore per rispondere alle domande dei giovani nella loro ricerca di Dio, o come arrivare a toccare i cuori e le menti degli indifferenti, come portare Cristo ai non credenti. E' mia convinzione che se noi conformiamo le nostre vite al Vangelo in tutta la sua pienezza, accettando le sue richieste ed avendo fiducia nella sua saggezza, allora nonostante lo scetticismo di alcuni ed il ridicolo di altri, noi riusciremo a condurre a Cristo molte persone, e persino intere società. Poiché nessuno può rimanere indifferente alla santità o rimanere freddo di fronte ad una vita che è pienamente umana poiché è vissuta in Dio.

Io esorto ognuno di voi e tutto il laicato della Danimarca a rendere questo genere di testimonianza profetica sia nella vita pubblica che nella vita privata. Non abbiate paura di vivere tutte le richieste del Vangelo come è proclamato dalla vostra fede cattolica. Non scoraggiatevi nell'accettare il Vangelo in tutta la sua fermezza e carità. Come cristiani con una missione che viene da Cristo stesso, cercate la vostra forza in lui, poiché come egli stesso ci dice: "Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me ed io in lui, fa molto frutto, perché senza di me non potete far nulla" (Jn 15,5).

A tutti voi qui riuniti vorrei esprimere il mio profondo apprezzamento.

Il Signore benedica voi ed i vostri cari, specialmente i bambini e coloro che sono malati. Come testimonianza di forza e di pace nel Signore vi imparto cordialmente la mia benedizione apostolica.

1989-06-07

Mercoledi 7 Giugno 1989




L'incontro con i rappresentanti delle confessioni cristiane - Copenhagen (Danimarca)

Resta ancora molto da fare per rendere la Scrittura quello strumento di unità che il Signore vuole che sia


Miei cari fratelli e sorelle, cari amici in Cristo.


1. Vorrei esprimere la mia gratitudine per l'opportunità di incontrare oggi questa delegazione della Chiesa luterana danese, come pure i rappresentanti di altre Chiese e comunità ecclesiali in Danimarca. Saluto anche il Rabbino Capo Melchior Ben. In particolare desidero ringraziare il Vescovo Christiansen e il reverendo Werner Jenssen per le loro cortesi parole e per le riflessioni che hanno offerto sul tema delle Scritture e della fratellanza umana.

Quali cristiani che si sforzano di lasciarsi guidare dallo Spirito Santo, lo spirito di verità (cfr Jn 16,13), ci viene costantemente ricordata la preghiera che Gesù ha fatto per i suoi discepoli la notte prima di morire: "Non prego solo per questi, ma anche per quelli che per la loro parola crederanno in me; perché tutti siano una sola cosa..." (Jn 17,20-21). L'unità di tutti coloro che credono in Cristo è chiaramente l'espressione della volontà di Dio. Essa tocca proprio il cuore della vita e della missione della Chiesa nel mondo. Ci obbliga a riconoscere che, per mancanza di unità, la nostra testimonianza del Vangelo e la nostra credibilità quali discepoli di Cristo sono state seriamente ostacolate.

Essa ci impegna anche a servire la causa della riconciliazione, poiché noi stessi siamo stati riconciliati con Dio in Cristo (cfr 2Co 5,18). E' Cristo che, una volta per tutte, ha abbattuto il muro di ostilità tra Israele e le nazioni, e adesso chiama tutti i suoi discepoli a perfezionare l'unità (cfr Jn 17,22).

Circa quattrocento anni fa, i legami di piena comunione ecclesiale che avevano unito la maggior parte dei cristiani in Danimarca con la Chiesa di Roma, furono recisi. Questa tragica separazione, spesso segnata da ostilità e sfiducia reciproca, è durata fino ai nostri giorni. Oggi, nel palazzo di Moltke, vengo a voi come un fratello in Cristo e come un discepolo dell'unico Maestro, per sottolineare il mio impegno personale e l'impegno di tutta la Chiesa cattolica a operare per il ristabilimento dell'unità fra i cristiani secondo la volontà del Signore. Senza dubbio il Vangelo ci impone di operare e pregare insieme per il ripristino della piena unità "nel vincolo della pace" (Ep 4,3). La fedeltà alla piena verità di Cristo ci obbliga non soltanto a riconoscere le differenze che ci separano, ma anche a cercare la loro soluzione, con fiducia nella potenza dello Spirito Santo. E' questo infatti l'obiettivo dell'importante dialogo teorico che attualmente ha luogo fra la Chiesa cattolica romana e le Chiese e le comunità ecclesiali, i cui rappresentanti sono qui presenti, compresa la Federazione luterana mondiale. In questo dialogo dobbiamo innanzitutto riconoscere quanto già condividiamo nella speranza di superare la sfiducia e di promuovere una maggiore comprensione reciproca.


2. Fratelli e sorelle. Il Concilio Vaticano II ha fatto importanti affermazioni dottrinali sulla Sacra Scrittura, sul suo posto nella Chiesa di Cristo e sul suo ruolo nel movimento verso l'unità dei cristiani. La Bibbia è un grande dono di Dio che tutti i cristiani, indipendentemente dalle loro differenze, continuano a condividere. Ispirato dal nostro amore comune per la Parola scritta di Dio, vorrei esprimere, in questa assemblea ecumenica, alcuni pensieri personali su questo grande dono e sul suo ruolo nel nostro lavoro per una maggiore comprensione reciproca.

Il decreto sull'ecumenismo del Concilio afferma solennemente: "nello stesso dialogo (la sacra Scrittura) costituisce l'eccellente strumento nella potente mano di Dio per il raggiungimento di quella unità, che il Salvatore offre a tutti gli uomini" (UR 21). "Eccellente strumento nella potente mano di Dio". La Sacra Scrittura è infatti proprio la Parola di Dio. Per tutti i cristiani questo è un dogma fondamentale della fede. I padri conciliari, nel decreto che ho appena citato, lo riconoscono in modo esplicito: "Invocando lo Spirito Santo, essi (i nostri fratelli cristiani) cercano nelle sacre Scritture Dio che parla a essi in Cristo" (UR 21). E quasi nello stesso momento proseguono dicendo: "L'amore e la venerazione e il quasi culto delle sacre Scritture e conducono i nostri fratelli al costante e diligente studio del libro sacro" (UR 21).

Tutti i cristiani "cercano Dio" nella sua Parola scritta. Noi siamo convinti che nostro Signore Gesù Cristo si rivela a noi, oggi e sempre, attraverso le Scritture. Il Verbo incarnato di Dio continua a parlare alla Chiesa attraverso i libri sacri. Quindi leggendo e studiando le Scritture, i cristiani cercano di conoscere Dio e di comprendere il suo disegno per la famiglia umana. Lo studio tecnico e scientifico è solo uno strumento al servizio di questo obiettivo più vasto. In primo luogo, la Parola di Dio ha lo scopo di costruire e sostenere la Chiesa; di infondere forza ai suoi figli, di procurare cibo per l'anima e di essere una fonte pura e permanente di vita spirituale (cfr DV 21).

Ecco perché cattolici e luterani, come pure i membri di altre comunità ecclesiali fanno della Parola di Dio una componente fondamentale della liturgia la quale, secondo i padri della Chiesa, consiste nella "mensa della parola" come pure nella "mensa dell'Eucaristia".


3. Non è forse da trovarsi in questo un "principio di unità"? La convinzione della nostra dipendenza dalla Parola scritta di Dio non fornisce forse un solido fondamento all'unità dei cristiani? La risposta a questi interrogativi è certamente affermativa, come può dimostrare il presente stato dei nostri rapporti. Ciò è vero non soltanto a motivo di una certa convergenza psicologica che è andata maturando fra di noi, ma soprattutto perché Dio, colui che parla nella Scrittura e attraverso la Scrittura, è all'opera in coloro che la leggono con cuore puro e sincero. E' proprio per questo motivo che il Concilio afferma che la Scrittura è un potente strumento nella mano di Dio per raggiungere l'obiettivo dell'unità che il Salvatore offre a tutti (cfr UR 21).

La portata della nostra crescente convergenza è testimoniata dal fatto che usiamo gli stessi metodi critici e spesso giungiamo alle stesse conclusioni esegetiche, che ascoltiamo sempre di più la voce della Tradizione nell'interpretazione della Parola di Dio e che, a livello pratico, è aumentata la collaborazione tra noi nella traduzione, pubblicazione e diffusione dei testi sacri.


4. Tuttavia, fratelli e sorelle, siamo ben consapevoli che molto resta ancora da fare per rendere la Scrittura quello strumento di unità che il Signore vuole per essa - e per noi. Ed è triste riconoscere che l'interpretazione della Scrittura talvolta rimane un fattore di divisione e quindi di disunione fra i cristiani. Ciò accade non tanto perché leggiamo in modo differente, o addirittura divergente, alcuni testi o passaggi particolari. Piuttosto è perché abbiamo diversi punti di vista sul "rapporto tra la Scrittura e la Chiesa" e sul ruolo dell'ufficio di autentico Magistero della Chiesa nella sua interpretazione (cfr UR 21).

Questi punti di vista divergenti sono adesso importanti argomenti nell'agenda del nostro dialogo. Sono convinto che proseguendo questo dialogo con fiducia e perseveranza, e soprattutto con la preghiera, saremo in grado di superare le nostre differenze senza venir meno alla nostra fedeltà a quanto appartiene all'integrità della fede cristiana. Saremo portati a rafforzare la nostra fedeltà alla Parola rivelata di Dio, con l'assistenza dello Spirito Santo che "ci guida alla verità tutta intera" (cfr Jn 16,13). E' proprio in questo sforzo, per quanto difficile, che lo "strumento potente" della sacra Parola di Dio può servire a costruire quella "pace" tra noi che "sorpassa ogni intelligenza" (cfr Ph 4,7).

In tal modo la strada dinanzi a noi è chiaramente indicata. Siamo chiamati a continuare ad approfondire il nostro studio comune della Sacra Scrittura, il nostro dialogo sul suo contenuto e la sua interpretazione e la nostra collaborazione per renderla più accessibile e comprensibile.

Soprattutto, quali cristiani individualmente e nelle nostre comunità ecclesiali, siamo chiamati a mettere in pratica nelle nostre vite il messaggio di riconciliazione, di vittoria sul peccato, di amore e pace in Cristo, quali sono rivelati nelle Scritture. Dobbiamo essere rinnovati nello Spirito così da diventare più fedeli alla Parola rivelata di Dio e all'insegnamento di Cristo diventando "santi, perché egli è santo" (cfr 1P 1,16). In questo modo convergeremo verso un'unità più profonda, in autentica fede e amore attivo. Ciò è quanto il Concilio Vaticano II intende quando afferma: "Siccome ogni rinnovamento nella Chiesa consiste essenzialmente nell'accresciuta fedeltà alla sua vocazione, esso è senza dubbio la ragione del movimento verso l'unità" (UR 6).


5. Cari fratelli e sorelle in Cristo: con le Sacre Scritture tutti i cristiani hanno ricevuto un tesoro comune, una regola di fede, una fonte di crescita spirituale e un incoraggiamento a conoscere e a servire l'unico vero Dio. Nel mondo di oggi, così profondamente segnato dalla perdita del senso di Dio, in un mondo che ha dimenticato il significato della vita e della realtà del peccato e del perdono, in un mondo che manca di speranza trascendente, le Scritture offrono a tutti il messaggio di salvezza nel nostro Signore e salvatore Gesù Cristo. Per voi, cristiani di Danimarca, la Bibbia è una chiave preziosa che apre la porta alla comprensione di una cultura che per millenni ha tratto ispirazione dal suo insegnamento. Attraverso il potere della Parola di Dio, giungete ad una sempre nuova consapevolezza dei profondi principi religiosi e morali che sono alla base delle migliori tradizioni della nostra società. Insegnando questo messaggio ai giovani, trasmetterete loro la saggezza di cui hanno bisogno per distinguere tra bene e male, tra vita e morte, quando prendono decisioni importanti per il loro futuro e per il futuro della Danimarca. Guidandoli ad una devota lettura della Sacra Scrittura, sarete sfidati dal messaggio che risponde pienamente alla domanda sul significato della vita, quell'interrogativo su cui molti dei nostri contemporanei sono confusi.

Nel concludere queste riflessioni, ringrazio nuovamente tutti voi per il vostro cortese invito e prego affinché ciascuno di voi, in tutto ciò che fa, serva sempre il Signore in obbedienza alla sua sacra Parola. Che Cristo benedica gli sforzi di tutti coloro che predicano il suo nome e si sforzano di fare la sua volontà. Che il suo Santo Spirito ci guidi sempre nei nostri sforzi per superare le divisioni che separano i cristiani gli uni dagli altri. A Dio, "che in tutto ha potere di fare molto di più di quanto possiamo domandare o pensare, secondo la potenza che già opera in noi, a lui la gloria nella Chiesa in Cristo Gesù per tutte le generazioni nei secoli dei secoli. Amen". (Ep 3,20-21).

1989-06-07

Mercoledi 7 Giugno 1989




L'incontro con il corpo diplomatico - Copenhagen (Danimarca)

Tra terribili tensioni e offese contro la vita e la libertà il mondo vive anche un momento di straordinario risveglio


Signore e signori.


1. Sia in Vaticano sia nella mie visite alla Chiesa in varie parti del mondo, ho spesso l'opportunità di incontrare membri della comunità diplomatica. Oggi ho il grande piacere di incontrare voi, distinti capi della missione e personale diplomatico accreditato presso sua maestà di Danimarca. Saluto tutti voi e vi ringrazio per la vostra presenza qui. Attraverso voi rendo omaggio alle nazioni ed ai popoli che rappresentate. Nel servizio che prestate ai vostri rispettivi paesi ed alla comunità mondiale vedo un contributo diretto alla realizzazione della viva speranza che arde nell'animo umano ovunque. Speranza che un mondo sempre più pacifico ed umano risulti dalle trasformazioni che avvengono nei popoli e nelle relazioni fra le forze che modellano la nostra storia.

Desidero parlarvi questa mattina come amico della nostra comune umanità, come persona preoccupata per un autentico benessere e progresso della famiglia umana, e come discepolo di Gesù Cristo la cui Chiesa sono stato chiamato a servire nel ministero di unità e fede.

Preparando questa visita in Danimarca, mi sono ricordato di due pensatori danesi. Quale ex-professore di etica nel mio paese, sono stato a lungo a contatto con gli scritti di uno di loro: Sren Kierkegaard. Kierkegaard era profondamente pervaso dal senso della natura limitata e finita dall'esistenza, e da un conseguente senso di timore, un presagio di male che lui concepiva come qualcosa di non puramente psicologico ma essenzialmente metafisico, e perciò inevitabilmente presente in tutte le esperienze umane. Per Kierkegaard, questa angoscia rappresentava la categoria fondamentale che definisce il rapporto fra l'individuo e il mondo. Per lui, tutta l'esistenza è permeata dalla possibilità del non essere. perciò ogni cosa è in certo modo, allo stesso tempo, niente. "Ciò che sono", ha scritto Kierkegaard, "è niente" ("Intimate Diary").

La fuga di Kierkegaard da questa negatività avveniva attraverso la sua fede cristiana e la sua obbedienza a Dio. In un certo senso egli andava contro il clima intellettuale del suo tempo riportando l'attenzione sull'individuo e sul rapporto personale fra l'individuo e Dio. Alcuni filosofi più recenti furono molto colpiti dal concetto di Kierkegaard del timore esistenziale. Alcuni di questi non trovarono nessun modo se non quello di esaltare l'orientamento verso la morte e verso la nullità, inerente all'essere "situati" nel mondo. In quella scuola, lo spirito umano venne preparato alla disperazione radicale ed alla negazione del significato della libertà nella vita.

L'altro studioso danese che viene alla mente è lo scienziato del XVII secolo Niels Steensen, il famoso anatomista e fondatore di paleontologia, geologia e cristallografia scientifica. Come ho avuto occasione di ricordare durante la cerimonia di beatificazione dello scorso anno di questo illustre figlio della Danimarca, la sua vita ha avuto un doppio corso: egli era un attento osservatore del corpo umano e della natura inanimata, e al tempo stesso era un cristiano che credeva profondamente, che metteva se stesso al servizio della volontà di Dio in maniera umile ma tuttavia sincera e senza paura. La sua volontà di conoscenza scientifica lo porto a frequentare le università di Amsterdam, di Leyden, di Parigi e di Firenze. Il suo viaggio di fede lo condusse ad una profonda esperienza di conversione, alla sua ordinazione come sacerdote, a diventare Vescovo e missionario. La sua santità personale era così ragguardevole che la Chiesa lo considera un esempio per i fedeli e un intercessore per loro presso di Dio.


2. Il ricordo di questi due intellettuali e credenti danesi ci fa riflettere su cose che non possono essere escluse dalle nostre preoccupazioni della vita di tutti i giorni ma che anzi costituiscono il fondamento di ogni pensiero e decisione, e perciò determinano, come se ne fossero il vero senso, i nostri sforzi quotidiani, sia personali che collettivi. Queste riflessioni sono legate al significato della vita con le sue ovvie limitazioni, le sue sofferenze e la sua misteriosa conclusione che è la morte. Essi riguardano il posto che occupa la religione nella storia, nella cultura e nella società e la domanda, sempre attuale, sul rapporto tra fede e ragione. Sul piano pratico, essi riguardano il pressante bisogno di collaborazione tra uomini e donne di religione, scienza, cultura, politica ed economia per affrontare i gravi problemi del mondo: la conservazione del pianeta e delle risorse, la pace tra le nazioni e i gruppi, la giustizia nella società e una pronta ed efficace risposta alla tragica situazione della povertà, della malattia e della fame che affliggono milioni di esseri umani.

Il nostro secolo ha sperimentato guerre terribili e terribili tensioni politiche, offese contro la vita e la libertà, inconcepibili sorgenti di sofferenza - comprese le attuali tragedie del commercio internazionale di droga e della crescente diffusione dell'AIDS - per cui alcune persone possono esitare ad esprimere speranza o ad essere eccessivamente ottimiste circa il futuro. Tuttavia molti saranno d'accordo che il mondo vive un momento di straordinario risveglio. I vecchi problemi restano e nuovi ne compaiono; ma c'è anche una crescente consapevolezza dell'opportunità offertaci per creare un'èra nuova e migliore: un tempo che ci coinvolga in una collaborazione vera e franca per rispondere alle grandi sfide che l'umanità deve affrontare alla fine del XX secolo. L'opportunità di cui parlo non è qualcosa di chiaramente definibile. E' piuttosto come la confluenza di molti sviluppi complessi e globali nel campo della scienza e della tecnologia, nel mondo economico, nella crescente maturità politica della gente e nella formazione della pubblica opinione. Forse è giusto dire che ciò che stiamo sperimentando è un cambiamento, anche se lento e fragile, in direzione delle preoccupazioni del mondo e un'aumentata, seppure a volte avara, volontà di accettare le implicazioni di un'interdipendenza planetaria dalla quale nessuno può veramente sfuggire.

Vi parlo di queste cose, distinti membri del corpo diplomatico, a causa della vostra capacità personale e professionale di dare una appropriata risposta alle sfide che sono comparse all'orizzonte del progresso dell'umanità. Il mio è un invito a voi, e a tutti gli uomini e donne con responsabilità per la vita pubblica delle nazioni, a fare tutto il possibile per incoraggiare questo risveglio morale e a perseverare nei processi di pace che cercano di realizzare la libertà, il rispetto per la dignità e i diritti umani nel mondo. In questo voi e i vostri governi e i popoli avranno il pieno incoraggiamento della Chiesa cattolica.

La Chiesa non può darvi consigli tecnici, nè promuovere un programma economico o politico. La sua missione è principalmente spirituale e umanitaria.

Essa cerca di essere fedele a Gesù Cristo, suo divino fondatore, che ha dichiarato: "Il mio regno non è di questo mondo" (Jn 18,36), ma che, al tempo stesso, fu mosso a compassione alla vista delle sofferenze delle moltitudini.

(cfr Mt 9,36). La Chiesa esiste per proclamare la potenza di Dio, Padre amorevole, sul creato e sull'uomo e cerca di educare le coscienze della gente ad accettare la responsabilità per se stessi e per il mondo, per i rapporti umani e per il comune destino della famiglia umana. In particolare la Chiesa insegna una dottrina di creazione e Redenzione che pone l'individuo al centro della concezione del mondo e della sua attività. Il suo obiettivo temporale è il pieno sviluppo dell'individuo. Essa stimola e si appella alla responsabilità personale.

Incoraggia e esorta la società a difendere e promuovere l'inalienabile valore e i diritti della persona e a salvaguardare questi valori attraverso le legislazioni e le politiche sociali. Essa desidera perseguire questi obiettivi in cooperazione con tutti coloro che servono il bene comune.

Dall'inizio del mio pontificato mi sono impegnato a dare voce alla preoccupazione che è già presente nel riferimento biblico degli sforzi umani volti a costruire un mondo senza richiamarsi a Dio. Oggi questa preoccupazione è diventata tanto più interessante, a causa del potenziale immensamente esaltato, per il bene o per il male che l'uomo ha forgiato. Il pericolo risiede nel fatto che "mentre progredisce enormemente il dominio da parte dell'uomo sul mondo delle cose, di questo suo dominio egli perda i fili essenziali, e in vari modi la sua umanità sia sottomessa a quel mondo, ed egli stesso divenga oggetto di manipolazione" (RH 16).

Mentre l'uomo si prende sempre più cura del mondo, il problema fondamentale rimane sempre lo stesso: "se l'uomo, come uomo, nel contesto di questo progresso, diventi veramente migliore, cioè più maturo spiritualmente, più cosciente della dignità della sua umanità, più responsabile, più aperto agli altri, in particolare verso i più bisognosi e i più deboli" (RH 15).

I problemi basilari, quindi, sono quelli collegati alla verità e al significato, al bene e al male morali. Questi sono problemi che esistono da sempre, da quando ogni generazione ed anche ogni individuo, viene chiamato a rispondere ad essi, nelle circostanze sempre mutevoli della vita. Lo sviluppo non equilibrato in atto oggi e che minaccia la stabilità del mondo - in cui le ricchezze degli uni che aumentano, sono in stridente contrasto con la povertà e la miseria di altri - non è il risultato di forze cieche ed incontrollabili, ma di decisioni prese da individui e gruppi. Sono pienamente convinto, e così ho scritto nella mia enciclica del 1987 sulla sollecitudine sociale della Chiesa, che alcune forme di moderno "imperialismo", che sembrano essere ispirate dalla politica e dall'economia, sono in realtà vere forme di idolatria: l'adorazione del denaro, l'ideologia, la casta e la tecnologia. La vera natura di queste ineguaglianze che sono la piaga del nostro mondo è quella del peccato mortale. Riconoscere questo è importante, "diagnosticare così il male significa identificare esattamente, a livello della condotta umana, il cammino da seguire per superarlo" (SRS 37).

Signore e signori: questi sono i pensieri che desidero lasciarvi, confidando che condividerete la mia preoccupazione per la direzione verso cui l'umanità si dirige, alla fine del secondo millennio cristiano. Il cammino che porta avanti è un cammino di profonda solidarietà, "che non è un sentimento di vaga compassione o di superficiale intenerimento per i mali di tante persone, vicine o lontane. Al contrario, è la determinazione ferma e perseverante d'impegnarsi per il bene comune" (SRS 37). Questo impegno alla solidarietà porta dei benefici alla vostra condizione di diplomatici al servizio della pace e del progresso. Il mio appello quindi è che si possa lavorare insieme per costruire un'èra di effettiva solidarietà mondiale nella apertura alle dimensioni morali insite in ogni sforzo umano.

Che Dio onnipotente sia con voi nel vostro lavoro. Che le sue benedizioni scendano sopra di voi e sulle vostre famiglie e sul paese che servite.

Grazie.

1989-06-07

Mercoledi 7 Giugno 1989





GPII 1989 Insegnamenti - L'incontro con le componenti della comunità cattolica - Copenhagen (Danimarca)