GPII 1989 Insegnamenti - Recita dell'"Angelus": dalla Risurrezione all'effusione dello Spirito Santo - Ai fedeli riuniti, Città del Vaticano (Roma)

Recita dell'"Angelus": dalla Risurrezione all'effusione dello Spirito Santo - Ai fedeli riuniti, Città del Vaticano (Roma)

Da questo santo e giusto timore dipende tutta la pratica delle virtù cristiane



1. Al rientro dal pellegrinaggio apostolico nei paesi dell'Europa settentrionale, sul quale ritornero prossimamente per esporre alcune mie considerazioni, vi chiedo fin d'ora di ringraziare con me il Signore per quanto mi è stato dato di compiere in conformità alla missione pastorale che mi è affidata.

Oggi desidero completare con voi la riflessione sui doni dello Spirito Santo. Tra questi doni, ultimo nell'ordine di enumerazione, è il dono del timor di Dio.

La Sacra Scrittura afferma che "principio della sapienza è il timore del Signore" (Ps 111,10 Pr 1,7). Ma di quale timore si tratta? Non certo di quella "paura di Dio" che spinge a rifuggire dal pensare e dal ricordarsi di lui, come da qualcosa o da qualcuno che turba e inquieta. Fu questo lo stato d'animo che, secondo la Bibbia, spinse i nostri progenitori, dopo il peccato, a "nascondersi dal Signore Dio in mezzo agli alberi del giardino" (Gn 3,8); fu questo anche il sentimento del servo infedele e malvagio della parabola evangelica, che nascose sotterra il talento ricevuto (cfr Mt 25,18 Mt 25,26).

Ma questo del timore-paura non è il vero concetto del timore-dono dello Spirito. Qui si tratta di cosa molto più nobile e alta: è il sentimento sincero e trepido che l'uomo prova di fronte alla "tremenda maiestas" di Dio, specialmente quando riflette sulle proprie infedeltà e sul pericolo di essere "trovato scarso" (Da 5,27) nell'eterno giudizio, a cui nessuno può sfuggire. Il credente si presenta e si pone davanti a Dio con lo "spirito contrito" e col "cuore affranto" (cfr Ps 51 Ai responsabili e animatori parrocchiali del settore adulti dell'Azione Cattolica italiana - Città del Vaticano (Roma) ,19), ben sapendo di dover attendere alla propria salvezza "con timore e tremore" (Ph 2,12). Ciò, tuttavia, non significa paura irrazionale, ma senso di responsabilità e di fedeltà alla sua legge.


2. E' tutto questo insieme che lo Spirito Santo assume ed eleva col dono del timore di Dio. Esso non esclude, certo, la trepidazione che scaturisce dalla consapevolezza delle colpe commesse e dalla prospettiva dei divini castighi, la addolcisce con la fede nella misericordia divina e con la certezza della sollecitudine paterna di Dio che vuole l'eterna salvezza di ciascuno. Con questo dono, tuttavia, lo Spirito Santo infonde nell'anima soprattutto il timore filiale, che è sentimento radicato nell'amore verso Dio: l'anima si preoccupa allora di non recare dispiacere a Dio, amato come Padre, di non offenderlo in nulla, di "rimanere" e di crescere nella carità (cfr Jn 15,4-7).


3. Da questo santo e giusto timore, coniugato nell'anima con l'amore di Dio, dipende tutta la pratica delle virtù cristiane, e specialmente dell'umiltà, della temperanza, della castità, della mortificazione dei sensi. Ricordiamo l'esortazione dell'apostolo Paolo ai suoi cristiani: "Carissimi, purifichiamoci da ogni macchia della carne e dello spirito, portando a termine la nostra santificazione, nel timore di Dio" (2Co 7,1).

E' un monito per noi tutti che talvolta, con tanta facilità, trasgrediamo la legge di Dio, ignorando o sfidando i suoi castighi. Invochiamo lo Spirito Santo, perché effonda largamente il dono del santo timor di Dio negli uomini del nostro tempo. Invochiamolo per intercessione di colei che, all'annuncio del messaggio celeste, "rimase turbata" (Lc 1,29) e, pur trepidante per l'inaudita responsabilità che le veniva affidata, seppe pronunciare il "fiat" della fede, dell'obbedienza e dell'amore.

[Al termine della preghiera mariana, il Santo Padre ha così proseguito:] Rivolgo un saluto particolarmente affettuoso al gruppo dei ragazzi e degli educatori appartenenti al centro sperimentale di lavoro guidato dell'associazione "La Nostra Famiglia" di Como.

Carissimi, sono lieto di vedervi: vi auguro che possiate progredire sempre più nel vostro generoso impegno educativo, inteso a superare ogni difficoltà per la piena affermazione della vostra personalità e per un adeguato inserimento nella società.

A questo fine vi esprimo il mio incoraggiamento e vi assicuro la mia preghiera.

1989-06-11

Domenica 11 Giugno 1989




Ai Vescovi togolesi in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)

Come artefici di unità per il gregge che vi è affidato mostrate il ruolo fondamentale che occupa la famiglia


Cari fratelli nell'Episcopato.


1. Con gioia vi accolgo in occasione della vostra visita "ad limina", la prima dopo il mio viaggio pastorale nel vostro Paese nell'agosto del 1985, quando portai il messaggio eterno del Vangelo alle vostre popolazioni così cordiali e ospitali.

Ringrazio vivamente monsignor Robert-Casimir Dosseh-Anyron Arcivescovo di Lomè, e Presidente della Conferenza Episcopale del Togo, dell'indirizzo di saluto presentato a nome vostro. Salutandolo cordialmente, raggiungo con il pensiero le vostre quattro comunità diocesane di Lomè, di Atakpamè, di Sokodè e di Dapango, per le quali rinnovo, nel ministero che condividiamo, i miei voti ferventi di bene fisico e spirituale.

In questo incontro quinquennale voi trovate l'occasione di una ripresa per l'esercizio delle vostre responsabilità di successori degli apostoli. Esso vi consente anche di vivere più intensamente la comunione con il successore di Pietro, di condividere e apprezzare sempre più l'immenso patrimonio dei valori spirituali e morali che la Chiesa intera possiede in tutto il mondo, grazie al lavoro dei pastori che fanno fruttificare i molti talenti dispensati da Dio ai cristiani della terra.

Infine, la vostra venuta a Roma riveste un significato sacro in quanto pellegrinaggio alle tombe dei santi Pietro e Paolo: auspico intensamente che nella preghiera a questi apostoli, colonne della Chiesa romana, attingiate nuova energia per il servizio al caro popolo del Togo.


2. La vostra visita mi consente di meditare con voi su alcuni aspetti della nostra missione di Vescovi, così descritta nella prima lettera di san Pietro: "Pascete il gregge di Dio che vi è affidato, sorvegliandolo non per forza ma volentieri secondo Dio..., non spadroneggiando sulle persone a voi affidate, ma facendovi modelli del gregge" (1P 5,2-3).

Nel momento della vostra consacrazione episcopale, ciascuno di voi ha ricevuto, con l'imposizione delle mani, lo Spirito che fa di voi i grandi sacerdoti e Pastori del popolo santo. E il Signore mi ha dato, in mezzo a voi, il compito di confermarvi in questa grande missione, affinché insieme noi assicuriamo l'unità della Chiesa, la sua fedeltà e la sua crescita.

"Pascete il gregge di Dio che vi è affidato" (1P 5,2). Che cosa significa oggi? Il Pastore ha il compito di raccogliere e guidare. Il Vescovo ha la missione di raccogliere i cristiani. Lo fa quando presiede l'Eucaristia, sacramento che edifica la Chiesa. Lo fa quando invia nel mondo i battezzati a compiere la loro missione di testimoni del Vangelo.

Voi siete gli artefici dell'unità in ciascuna delle vostre diocesi, e anche fuori. Grazie ai rapporti instaurati nella Conferenza Episcopale, voi manifestate che la Chiesa è una di fronte a tutta la nazione togolese. Al di là dei diversi gruppi di credenti che si formano per iniziativa dei sacerdoti o dei laici nella comunità diocesana, voi siete chiamati ad allargare l'orizzonte, a collegare i fedeli all'unica Chiesa e soprattutto alla Sede Apostolica, che è anch'essa al servizio della comunità.

Cari fratelli, continuate a esercitare il vostro carisma dell'unità non solo nel quadro diocesano ma in tutta la Conferenza Episcopale. così, quello tra voi che ha operatori apostolici in numero ragionevole pensi a colui che ne ha di meno. Quello tra voi che gode di strutture di formazione ecclesiale le faccia usare anche dagli altri. In breve, la vostra Chiesa del Togo dimostri una unità dinamica, frutto di una adesione all'essenziale in una comunione attiva animata dalla carità di Dio! Il desiderio di portare la buona Novella a tutti i Togolesi, ai figli e alle figlie d'Africa come pure agli altri membri della famiglia umana, rafforzi la vostra coesione! Porterete così a termine l'opera missionaria iniziata dai vostri antenati con successo e che tocca a voi a vostra volta far progredire.

La vitalità della vostra Chiesa è di buon augurio per l'avvenire, come lo è la dedizione dei sacerdoti e dei catechisti, dei religiosi e delle religiose delle vostre diocesi.

L'autorità da voi esercitata in qualità di Vescovi è come quella di un padre, che cerca di amare, di comprendere e, per questo, si avvicina ai suoi collaboratori e al suo Popolo. Un padre che ha cura di essere accogliente, particolarmente per i sacerdoti, conoscendo le loro aspirazioni e le loro necessità, come il Buon Pastore del Vangelo conosce ciascuna delle sue pecore.

Tocca al Vescovo consigliare, incoraggiare, aiutare con bontà e semplicità di cuore quelli che hanno delle responsabilità affinché se le assumano per il bene della Chiesa. Sappiate creare una reale solidarietà nel presbiterio e una gioiosa convivialità tra i suoi membri perché ciascun sacerdote riconosca nel Vescovo un pastore a lui vicino nel servizio ai fedeli. Che la solidarietà tradizionale dei popoli del vostro continente si manifesti nel rapporto tra gli operai del Vangelo!


3. Leggendo i vostri rapporti quinquennali si direbbe che nel Togo, come in molti paesi d'Africa, la pastorale familiare è un obiettivo prioritario. Voi siete consapevoli del ruolo importante della famiglia nell'evangelizzazione, l'inculturazione, l'edificazione della società, come anche per la fioritura delle vocazioni sacerdotali e religiose. così conviene accordare una cura particolare alla costituzione della comunità familiare: dire con chiarezza che cosa essa è secondo il Vangelo, ispirarne la stima, mettere in evidenza la grandezza dell'unità della coppia nella sua indissolubilità, mostrare come essa sia garante dei diritti dei bambini e della sposa. Si tratta di un'azione difficile e di lungo respiro. Tuttavia non cessate di far comprendere che la famiglia cristiana è una comunità di amore atta, in modo unico, a insegnare e trasmettere i valori essenziali alla società.


4. Nel Togo, i cattolici si trovano a contatto con fratelli e sorelle che appartengono ad altre fedi o praticano la religione tradizionale. Frequentando queste persone, essi sono per così dire stimolati all'approfondimento della loro fede, per poterne rendere conto.

In primo luogo, la Chiesa, come ogni organismo vivo, deve assicurare la propria crescita. So quali sforzi mettete in atto in questo campo nei confronti dei bambini e dei giovani in età scolare. Vi esorto a offrire ai battezzati i mezzi per progredire nella fede, come si offre loro, nel vostro Paese, una scolarizzazione avanzata.

Conviene, inoltre, seguendo gli auspici dei padri del Sinodo dei Vescovi del 1987, intraprendere una evangelizzazione in profondità di tutti i fedeli adulti. Una volta divenuti capaci di testimoniare le loro ragioni di credere, essi saranno meglio in grado di dialogare con i non-cristiani e di collaborare, in modo sempre più costruttivo, nella promozione di una società realmente umana.

Nel campo delicato dei rapporti con i gruppi religiosi non cattolici, vi incoraggio a perseguire insieme il dialogo fraterno e la proclamazione fedele del Vangelo di verità.


5. Nel 1992, il Togo celebrerà il centenario della sua evangelizzazione. Del resto, il decennio 1982-1992 è stato proclamato "Decennio per il centenario".

Auspico che i Togolesi, nel rendere grazie per il dono della fede, si impegnino per meglio conoscere il messaggio di Cristo e incarnarlo nella loro vita di ogni giorno. Siano essi, secondo la Parola del Signore, "sale della terra" e "luce del mondo" (cfr Mt 5,13 Mt 5,14)! Giungeranno così a una maggiore libertà nei confronti delle forze del male e scopriranno in se stessi e negli altri la dignità da Dio conferita alla persona umana e la cui presa di coscienza è fattore di progresso: essa rende l'uomo capace di assumersi le sue responsabilità, nella comunità ecclesiale e nella società civile. Possa avvenire in Togo ciò che fu detto dei fedeli nei primi secoli: "I cristiani sono nel mondo ciò che l'anima è nel corpo" ("Epistula ad Diognetum")!


6. Per finire, vi chiedo di trasmettere i miei saluti cordiali e il mio incoraggiamento ai sacerdoti delle vostre diocesi rispettive. Formulo degli auguri affettuosi per tutti i giovani che si formano nei seminari minori, ed esorto i seminaristi maggiori a prepararsi con generosità ad accogliere i doni e i compiti del sacerdozio al servizio del Popolo di Dio.

Ai religiosi e alle religiose che presentano al mondo l'ideale della ricerca dell'unico necessario, rivolgo ugualmente il mio saluto cordiale e i miei auguri per la loro vita consacrata, che la Chiesa tiene nella massima stima. Li incoraggio a far progredire ancora questa comunione ecclesiale tra le diocesi, resa più percepibile attraverso la loro presenza nell'opera di evangelizzazione.

Infine, saluto di tutto cuore i coraggiosi catechisti che portano il loro contributo insostituibile allo sviluppo della missione.

Nostra Signora del Lago Togo, madre di misericordia, cui ho avuto la gioia di affidare la Nazione il 9 agosto 1985, vi assista nel vostro ministero pastorale! Di tutto cuore, vi benedico insieme a ciascuna delle vostre comunità diocesane.

1989-06-12

Lunedi 12 Giugno 1989




A un pellegrinaggio dal Vietnam - Città del Vaticano (Roma)

"Testimoniate la volontà dei Vietnamiti di vivere in pace con gli altri uopmini"


Sono lieto di accogliervi in questa cappella in occasione del vostro pellegrinaggio in Terra Santa, a Fatima e a Lourdes, che giunge a Roma, alla vigilia del primo anniversario della canonizzazione dei santi martiri vietnamiti.

Animati dal desiderio di onorare i vostri antenati martiri e di invocare la loro intercessione per la vostra cara Patria, siete venuti a rendere grazie a Dio per il dono della fede e per la testimonianza d'amore dell'impressionante corteo di vescovi, sacerdoti e laici che hanno seguito Cristo fino alla morte e hanno fecondato la vostra Chiesa con il loro sangue. Intorno a loro, nella viva consapevolezza della comunione dei santi, voi affermate l'amicizia e l'affezione che vi uniscono in tutto il mondo.

Durante la celebrazione della Messa, presentiamo insieme al Signore la Chiesa del Vietnam, domandandogli di sostenerla nella fede e nell'indefettibile fedeltà al Vangelo. Pregheremo perché, nel sigillo dei martiri, i Vietnamiti continuino a dare testimonianza della forza spirituale, della pazienza e della volontà di vivere in pace con gli altri uomini, per il bene di tutti.

Attraverso voi, cari fratelli e sorelle, saluto tutti i cattolici del vostro Paese e, nel benedirvi al termine della Messa, benediro di cuore tutta la vostra comunità ecclesiale.

1989-06-13

Martedi 13 Giugno 1989





Il discorso ai membri delle opere di aiuto alle Chiese orientali - Città del Vaticano (Roma)

Ansie e preoccupazioni del Santo Padre per la terra di Gesù e per il Libano


Cari fratelli e sorelle!


1. Sono lieto di rivolgervi anche quest'anno il mio cordiale saluto. Ringrazio in particolare il signor Cardinale D. Simon Lourdusamy, per il suo indirizzo, formulato anche a nome di tutti voi che appartenete alla riunione delle opere per l'aiuto delle Chiese orientali (ROACO).

In questi vent'anni della vostra ben nota attività ho avuto modo di apprezzare le numerose iniziative in favore delle varie Chiese e comunità di rito orientale e ve ne ringrazio sentitamente. E' questo il segno di una "diakonia della carità" che deve essere sempre più la caratteristica distintiva delle nostre comunità e la garanzia di una umanità più fraterna e giusta.


2. Dal nostro ultimo incontro, il 16 giugno dell'anno scorso, fino ad oggi, la città di Roma ha vissuto due avvenimenti straordinariamente significativi anche per voi, perché direttamente collegati con i territori dove vivono i nostri fratelli, dei quali voi con tanta sollecitudine vi interessate. Il primo di questi avvenimenti è stata la celebrazione del millennio del Battesimo della Rus' di Kiev che, come sapete, è stato celebrato a Mosca dove ho inviato una qualificata delegazione. Ho, poi, personalmente partecipato a varie celebrazioni promosse dalla Chiesa cattolica ucraina, presiedendo in particolare alla solenne divina liturgia in rito ucraino, in san Pietro il 10 luglio scorso.

Affido pure voi, al pari degli eredi del Battesimo di san Vladimiro, a Maria, la "Parete indistruttibile" (Nierushima stienà), come ella viene rappresentata nel famosissimo mosaico nell'abside della cattedrale di santa Sofia a Kiev. Perché la Madre di Dio (Prieswiàta Bogoroditsia) è colei che offre a tutti noi la sua potente, "indistruttibile" protezione lungo il cammino della storia, condividendo la sorte di ogni uomo. E' Maria poi che ci chiama all'unità e ci guida alla libertà di spirito.

Inoltre ella invita i cristiani alla speranza per il futuro. Tale speranza è quanto mai indispensabile per il dialogo ecumenico, specie fra la Chiesa cattolica e quella ortodossa, e di speranza hanno fermo bisogno tanti nostri fratelli e sorelle, vittime ancora della negazione dei loro diritti alla libertà religiosa.


3. Il secondo avvenimento degno di essere qui rievocato è stata la conclusione dell'anno mariano, con il "Rito dell'Incenso" della liturgia copta a santa Maria Maggiore alla vigilia della solennità dell'Assunta e con la liturgia eucaristica a san Pietro il giorno seguente. Tale cerimonia ha visto insieme l'Oriente e l'Occidente, protesi verso il terzo millennio cristiano, nel mutuo rispetto delle ricchezze spirituali di ciascuna tradizione cattolica e nella comune filiale venerazione per la Madre di Dio e madre nostra.

Dopo questi due avvenimenti molto significativi, voglio ricordare le regolari visite "ad limina Apostolorum" dei Vescovi della provincia metropolitana rutena degli Stati Uniti d'America, e delle Conferenze Episcopali della Grecia, dei Vescovi latini delle regioni arabe e della Turchia. Visite che mi hanno offerto l'occasione di "confermare", come Gesù ordino a Pietro (Lc 22,32), "miei fratelli" e di lodare insieme a loro "il Dio di ogni consolazione" (2Co 1,3).


4. Non si placano in me, infine, le ansie e le preoccupazioni per la pace e la giustizia in Terra Santa e nel Libano. Fate si che la Terra di Gesù e le regioni che costituiscono il cuore della storia della salvezza restino sempre al centro della vostra attività caritativa, perché di li si possa irradiare la speranza della civiltà dell'amore.

In questo nobile impegno, per il quale ancora una volta vi ringrazio di cuore, vi soccorra la beata Vergine e vi assistano con la loro intercessione tutti i santi, mentre vi imparto la mia benedizione.

1989-06-15

Giovedi 15 Giugno 1989




Al capitolo del Terz'Ordine Regolare di san Francesco - Città del Vaticano (Roma)

Spiritualità penitenziale e frutti di santità


Carissimi fratelli!


1. Sono pervaso da francescana letizia nell'incontrare voi, membri del capitolo generale, convocato per aggiornare le costituzioni e per rinnovare le cariche elettive. In voi intendo salutare tutti i vostri confratelli, presenti ed operanti in varie parti del mondo con tutta la ricchezza e originalità del vostro carisma penitenziale.

Saluto anzitutto il ministro generale e il suo definitorio, augurando legittime soddisfazioni e felici risultati nel servizio dell'ordine, copiose opere di bene e frutti di santità.


2. La celebrazione del capitolo generale è un evento di grazia, il cui regista è lo Spirito Santo che illumina, dispone gli animi, plasma le menti e conferisce la necessaria forza operativa. Segno dell'unità nella carità (cfr CIC 631 § 1), il capitolo generale ha il compito di identificare ed approfondire i valori caratteristici, di tutelare il patrimonio storico-spirituale dell'ordine e promuovere un conveniente rinnovamento in sintonia con le mutevoli esigenze dei tempi e dei luoghi.

Le vostre costituzioni, aggiornate nello spirito della "Regola e vita dei fratelli e delle sorelle del Terzo Ordine di San Francesco", da me approvato l'8 dicembre 1982, e in conformità al nuovo "Codice di Diritto Canonico", devono salvaguardare la fedeltà dinamica al vostro carisma, senza rimpianti e senza compromessi, in piena fiducia nello Spirito.


3. L'identità evangelica e la missione ecclesiale del vostro ordine esigono sensibilità e discernimento, in modo da garantire il primato della vita spirituale e saper effettuare le scelte prioritarie sul piano dell'essere e dell'operare.

La Chiesa vigila perché gli istituti abbiano a crescere e a fiorire secondo lo spirito dei fondatori (cfr LG 45) e le sane tradizioni (cfr CIC 578).


4. Voi siete consapevoli che il vostro fondatore e padre, san Francesco d'Assisi, fu uomo del Vangelo ed apostolo della penitenza insegnata da Cristo. Accogliendo stimoli efficaci dalle precedenti e contemporanee esperienze ecclesiali, il Poverello amava qualificarsi "penitente di Assisi" (cfr "Tre Compagni", 37) e con entusiasmo andava predicando la penitenza (cfr "1 Celano", 23).

Per sua iniziativa, sotto la chiara mozione dello Spirito, prese vita l'Ordine francescano della penitenza, poi detto "Terzo Ordine di San Francesco" e gradualmente articolato in Secolare e Regolare. A quest'ultimo appartenete voi e, in tempi posteriori, sono venuti a farne parte centinaia di istituti, maschili e femminili.

Ai seguaci nell'"Ordine della penitenza" san Francesco, nel 1215 e poi nel 1221, propose una forma di vita evangelica incentrata sulla metànoia, o conversione del cuore. Beati e benedetti - esclama il santo - quelli che fanno frutti degni di penitenza ("1° Lettera ai fedeli", 1, 4).

Voi, cari fratelli, siete eredi fortunati di questa spiritualità penitenziale, che tanti frutti di santità ha donato alla Chiesa in ogni tempo.


5. E' pure caratteristico del vostro carisma l'impegno nelle opere di misericordia, come servizio evangelico all'anima e al corpo dei fratelli, cioè a tutta la persona. Oggi, come ieri, voi siete interpellati dalle nuove forme di povertà e di emarginazione. Siate attenti al grido dei poveri e mettete in campo tutta la vostra generosità, convertendovi sempre di più al Dio vivente e al prossimo. Le "opere di conversione" sono infatti inseparabili dalla sincera penitenza.


6. La vostra "vita di penitenza", nel suo binomio inscindibile di conversione interiore è concretezza di opere, è chiamata oggi a farsi voce anche di coloro che non sollevano lo sguardo a Dio, come lamenta il profeta (cfr Os 11,7), e sono chiusi nell'angusto orizzonte dell'egocentrismo, immersi nelle preoccupazioni temporali. Voi, infatti, - ammonisce san Francesco - siete tenuti a fare di più e cose più grandi (cfr "2° Lettera ai fedeli", 36).


7. Sotto questo aspetto, mi congratulo sinceramente con voi per il vostro impegno missionario e per il dinamismo evangelico che anima il vostro ordine, operoso nell'umiltà e nella fede sincera.

Sempre e dovunque servite a tutte le fragranti parole del Signore nostro Gesù Cristo (cfr "2° Lettera ai fedeli", 2). Privilegiate i poveri e i deboli, gli infermi e i mendicanti della strada (cfr "Regola e vita", n. 21). Date costante testimonianza di conversione evangelica e predicate anzitutto con le opere, come ammonisce san Francesco.


8. Non dimenticate pero che san Francesco, proponendo ai suoi figli i lineamenti della vita penitenziale, ha posto a fondamento di tutto l'edificio spirituale il mandato evangelico dell'amore (cfr "1° Lettera ai fedeli" 1, 1). Non c'è vera conversione se l'amore non plasma i vostri cuori prima di irradiarsi ai fratelli.

Anche le molteplici attività cui attendete non sono veramente apostoliche, nè i vostri servizi socio-caritativi possono dirsi "Opere di misericordia" se non scaturiscono da un cuore che ama secondo Dio. Amatevi dunque "con i fatti e nella verità" (Jn 3,18), sentitevi costantemente fratelli e mostrate con le opere l'amore che avete tra voi, come esortava il vostro serafico padre.


9. Non posso concludere senza ricordare un avvenimento di particolare importanza per il vostro ordine e per tutto il francescanesimo. Sette secoli fa, il 18 agosto 1289, il mio predecessore e primo Papa francescano Niccolo IV promulgava la bolla "Supra Montem" circa la "Regola e stile di vita dei fratelli e delle sorelle dell'Ordine della penitenza", approvando così ufficialmente il movimento penitenziale francescano.

Le variegate celebrazioni della fausta ricorrenza gioveranno per meglio definire le vostre lontane radici storiche e spirituali, stimolando nel contempo rinnovati progetti di testimonianza e di azione apostolica sulla scia delle sane tradizioni.

10. Molti di voi si apprestano a rientrare nell'oasi delle rispettive fraternità religiose e a riprendere le attività loro assegnate dalla Provvidenza mediante la volontà dei superiori. I membri della nuova curia generale saranno invece occupati a mandare in atto, con vivo senso di fedeltà e responsabilità, le decisioni capitolari.

Vi assista sempre lo Spirito di verità e di amore, anche per la speciale intercessione di san Francesco e la materna protezione della Madonna della salute, che veglia da secoli sulla vostra casa generalizia.

Vi accompagni la mia benedizione apostolica, estensibile a tutti e singoli i confratelli dell'ordine.

1989-06-15

Giovedi 15 Giugno 1989




Ai capi di Chiese del Kerala e del sud dell'India - Città del Vaticano (Roma)

Il coraggio di seguire il sentiero verso l'unità


Cari fratelli nel Signore.

Sono davvero lieto che la vostra visita a Roma ci dia questa opportunità di incontrarci in uno spirito di stima fraterna e reciproco amore. La vostra presenza riporta lieti ricordi della mia visita pastorale in India tre anni fa, in cui ebbi la possibilità di incontrare molti di voi. E' per me una gioia rivedervi oggi.

Per quanto non viviamo una piena comunione, noi siamo coscienti della responsabilità ecumenica che abbiamo in quanto discepoli del divino Maestro che prego che tutti fossero una cosa sola (cfr Jn 17,21). Tutti i battezzati hanno un ruolo da svolgere nel grande movimento ecumenico verso la perfetta unità voluta da Cristo per la sua Chiesa. Sia i fedeli che i pastori sono chiamati a dare il loro contributo a quest'opera. E' mia speranza che il vostro pellegrinaggio alla Chiesa di Roma, che comprende il nostro incontro di oggi, vi rafforzerà nella perseveranza, e anche nella prudenza, per condurre il vostro popolo lungo la strada dell'ecumenismo in India, soprattutto nella meravigliosa terra del Kerala.

Un clima di mutuo rispetto e fiducia, non solo tra i singoli cristiani ma anche tra le Chiese e le comunità, è necessario perché possa compiersi qualsiasi progresso. Solo su questa base possiamo sperare di lavorare nei molti campi dove è già possibile dare una comune testimonianza al Vangelo. Dobbiamo alimentare in noi e nelle nostre Chiese e comunità il desiderio del dono dello Spirito Santo che riporterà la piena unità tra i cristiani.

Cari fratelli, con questo spirito mi unisco a voi nella preghiera per ottenere il discernimento del cammino verso l'unità e il coraggio di seguirlo.

Prego anche per tutti i miei fratelli e le mie sorelle del Kerala e del sud dell'India, sia cattolici che appartenenti ad altre Chiese e comunità ecclesiali.

Dio onnipotente vi ricolmi di abbondanti benedizioni e vi conceda il dono della gioia e della pace.

1989-06-16

Venerdi 16 Giugno 1989




Alla plenaria del pontificio consiglio per la famiglia - Città del Vaticano (Roma)

La trasmissione della vita non si inscrive nel conto dell'"avere" ma in quello dell'"essere" degli sposi


Signori Cardinali, diletti fratelli dell'Episcopato, cari amici.


1. Sono lieto di accogliervi qui, voi che partecipate all'assemblea plenaria del pontificio consiglio per la famiglia. Quest'anno il tema delle vostre riflessioni interessa tutte le famiglie cristiane: "Realtà sacramentale e pastorale delle giovani coppie". Di fatto, la prima tappa nella vita di una coppia può determinare positivamente tutta la sua storia. Durante questo periodo iniziale di vita comune, gli sposi risentono non soltanto della loro preparazione nel periodo del fidanzamento, ma anche di tutti gli aspetti della vita coniugale oltre che dell'ambiente sociale o dei problemi legati al lavoro. Si tratta di normali realtà, che possono pero migliorare oppure mettere in difficoltà questa vita che è nuova, poiché i due sono diventati "una carne sola". In questo senso, l'esortazione apostolica "Familiaris Consortio" ha ricordato "le giovani famiglie, le quali, trovandosi in un contesto di nuovi valori e di nuove responsabilità, sono più esposte, specialmente nei primi anni di matrimonio, ad eventuali difficoltà, come quelle create dall'adattamento alla vita in comune o dalla nascita di figli" (FC 69).

Il nuovo focolare ha bisogno di essere sostenuto per poter approfondire la sua unione e affrontare le difficoltà derivanti dall'ambiente. In un progetto di pastorale che sia realista, nei confronti delle giovani coppie, sarà necessario tener conto di alcuni fenomeni negativi troppo diffusi come "una errata concezione teorica e pratica dell'indipendenza dei coniugi fra di loro... il numero crescente dei divorzi; la piaga dell'aborto; il ricorso sempre più frequente alla sterilizzazione; l'instaurarsi di una vera e propria mentalità contraccettiva" (FC 6). La pastorale familiare dovrà tendere ad aiutare i nuovi sposi e a renderli capaci di "realizzare la verità del progetto di Dio sul matrimonio e la famiglia" (FC 6), dovrà far scoprire loro il pericolo di proposte che si presentano sotto un'apparenza di libertà, ma riducono il bene degli sposi e della famiglia alla dimensione di un semplice benessere egoista. "Nell'azione pastorale verso le giovani famiglie, poi, la Chiesa dovrà riservare una specifica attenzione per educarle a vivere responsabilmente l'amore coniugale in rapporto alle sue esigenze di comunione e di servizio alla vita, come pure a conciliare l'intimità della vita di casa con la comune e generosa opera per edificare la Chiesa e la società umana" (FC 69).

Proprio per questa funzione di formazione e di orientamento, è necessario che la pastorale offra un aiuto amichevole e sicuro alle nuove famiglie, aiutandole a superare gli scogli che si presentano ogni giorno. Nella comunità cristiana, le giovani coppie sapranno scoprire la loro missione che ha la sua fonte nella natura e nel dinamismo propri del matrimonio (cfr FC 17).


2. Prima di tutto, si prepareranno i giovani coniugi a vivere la comunione tra sposi aperta ai figli e, più generalmente, al loro prossimo. L'amore che ha spinto gli sposi all'unione continua a vivificare la loro comunione. Tutta la forza di coesione interna della famiglia si fonda sulla comunione interpersonale degli sposi. Si tratta di una comunione naturale che, per mezzo del patto coniugale, si realizza a livello ontologico - "una sola carne" - e da cui derivano degli effetti morali e giuridici propri della comunità matrimoniale. La legge dell'unione coniugale non limita la libertà personale, ma al contrario, protegge e garantisce una comunicazione umana più profonda, aperta ad una fecondità spirituale. La grazia del Matrimonio spinge gli sposi cristiani ad imitare Cristo donando la propria vita e manifestando davanti agli uomini la loro partecipazione all'unione di Cristo e della sua Chiesa (cfr Ep 5,21-33).

La comunione delle persone progredisce continuamente attraverso la fedeltà quotidiana ad una donazione totale dell'uno all'altro. La conoscenza reciproca delle qualità reali e dei limiti inevitabili di ciascuno illumina il cammino dei primi anni della coppia. Quando essa costruisce la sua vita comune in maniera realista, giorno dopo giorno, allontana i rischi d'instabilità e mette in opera, nel quotidiano, l'impegno espresso con il "si" il giorno del Matrimonio.

Nella vita delle giovani coppie, quando i difetti e il peccato fanno provare la delusione e la sofferenza, bisogna trovare la forza di cambiare, di convertirsi e di perdonare. Sono queste condizioni essenziali per la riuscita e la durata della comunione familiare. Se la famiglia è la prima scuola di socializzazione, è perché il matrimonio, l'unione coniugale degli sposi, è "la prima forma di comunione di persone" (GS 12). E' da li che deriva infatti l'influenza delle famiglie nella costruzione della società.


3. Un aspetto evidentemente importante della pastorale delle giovani coppie è la loro preparazione al servizio della vita, coronamento naturale del loro amore e del loro patto coniugale. Per questo, è necessario che la pastorale familiare vada incontro a queste giovani coppie per aiutarle a riflettere su questo aspetto vitale del loro matrimonio, che potrebbe essere disprezzato od anche occultato a causa delle condizioni contingenti della società attuale. La trasmissione della vita e l'educazione dei figli non si iscrivono nel conto dell'avere, ma nel conto dell'essere degli sposi. Oggi, non è facile superare una mentalità dominante poco favorevole al dono della vita senza un aiuto amichevole e vicino che conforti lo spirito e rafforzi la volontà di mettere in pratica i valori naturali iscritti nel profondo dell'essere umano. Bisogna accogliere la grazia con una vita di preghiera e con la frequenza ai sacramenti. Ma non è meno utile avere l'aiuto delle coppie cristiane che trasmettono alle nuove famiglie i criteri di esame e di soluzione per i problemi che normalmente si presentano a tutte le famiglie. Avremo quindi una forma di apostolato di laici che, nella nostra epoca, è particolarmente necessario. Un apostolato che miri a conformare la vita di una coppia cristiana alle esigenze naturali ed alle esigenze rivelate che sono comunicate e chiarificate dal Magistero della Chiesa.


4. Nell'ordine naturale e nell'ordine cristiano, gli sposi sono i primi formatori dei loro figli. Bisogna aiutare le giovani famiglie a vivere questo servizio nell'edificazione del popolo di Dio e sostenere il dinamismo di tutte quelle che prendono così coscienza della loro vocazione cristiana e della loro responsabilità ecclesiale completa. Esse saranno i primi beneficiari dell'apostolato che consiste nel formare i propri figli, soprattutto perché educare alla fede cristiana presuppone un approfondimento ed una assimilazione personali delle verità dottrinali fondamentali e questo favorisce una vita familiare coerente, vivificata dalle convinzioni di fede condivise tra genitori e figli.

L'esortazione apostolica "Christifideles Laici" espone le responsabilità che spettano agli sposi nella vita e nell'edificazione della Chiesa. E' importante qui sottolineare il ruolo della catechesi familiare. Questo compito delle giovani famiglie dovrà fare parte integrante della missione della parrocchie: poiché, da una parte, è un elemento fondamentale dell'apostolato e, dall'altra, la comunità parrocchiale deve aiutare i genitori cristiani nelle loro responsabilità per aprire alla fede i figli che hanno messo al mondo.

I primi anni di matrimonio formano la tappa durante la quale la famiglia si ingrandisce con la nascita dei figli. Essa li aspetta, assicura loro l'educazione, li assiste in tutte le loro necessità. I figli scopriranno poco a poco nella propria famiglia un nucleo che, al centro della società, li favorisce e li protegge o, al contrario, li condiziona e li mette in difficoltà. La società prima, in particolare, che è la famiglia e la società più in generale, nel suo insieme costituiscono dei poli d'influenza differenti e complementari nel corso della formazione dei giovani.


5. La famiglia cristiana, come ogni famiglia umana, gioca un ruolo insostituibile nella costruzione della società. Essa non può rimanere indifferente verso le realtà sociali, anche se non è in suo potere il porre rimedio a tutti i problemi della società. Sarà quindi bene che la pastorale familiare inviti le giovani coppie a prendere coscienza della dimensione sociale del loro operare familiare e le aiuti a rifiutare con coraggio i fattori disgreganti, in nome dei valori cristiani acquisiti nel corso della loro formazione e della loro preparazione al matrimonio, valori lucidamente riaffermati nell'esperienza concreta dei loro primi anni di vita coniugale.

Allo stesso modo, le prime difficoltà tra gli sposi e i loro figli potranno essere risolte meglio se i valori familiari sono stati interiorizzati e danno la forza per poter superare gli smarrimenti. La migliore garanzia per consolidare i valori cristiani delle giovani famiglie rimane comunque il far loro scoprire la portata apostolica della loro vita di sposi e di genitori, in relazione con le altre famiglie per potersi dare un aiuto reciproco.

Per riassumere tutto questo, si può ricordare un'affermazione della "Familiaris Consortio": la famiglia cristiana è chiamata a porsi al servizio della Chiesa e della società nel suo essere ed agire, in quanto intima comunità di vita e di amore (cfr FC 50). I legami della carne e di sangue, i legami dell'amore formano la base stessa della società umana. E' questa stessa realtà che il sacramento del Matrimonio santifica e rende partecipe del mistero fecondo dell'unione di Cristo e della sua Chiesa.


6. Il vostro consiglio desidera promuovere nelle famiglie una pastorale di riflessione e di assimilazione dei valori espressi dalla dottrina della Chiesa.

Voi adempite così ad un compito essenziale, mettendovi in ascolto degli interrogativi, delle difficoltà, dei successi dei quali voi siete testimoni nelle diverse regioni del mondo alle quali appartenente. La messa in comune delle vostre riflessioni ha la grande utilità di aiutare a capire e ad esprimere il senso fondamentale e le esigenze della vita familiare. I vostri scambi contribuiranno a dare alla pastorale familiare tutta la dovuta ampiezza, per poter trasmettere l'esperienza delle diverse comunità che è poi quella della Chiesa stessa. I vostri lavori sottolineano la fiducia della Chiesa verso le famiglie affinché esse prendano parte alla sua missione, con la ricchezza molto diversa delle loro qualità e della loro generosità. Di fronte alle difficoltà del momento, lungi dal chiudersi in un atteggiamento rassegnato e sterile, bisogna che tutti utilizzino i mezzi possibili, umani e spirituali insieme, per far risuonare nel cuore dell'uomo l'armonia che Dio ha scritto con l'opera creatrice del suo amore.

Assicurandovi la mia preghiera per i frutti dei vostri lavori, io vi auguro la gioia di essere i testimoni generosi ed attenti della sollecitudine della Chiesa per le famiglie, e di tutto cuore imparto la mia benedizione apostolica che estendo a tutti i vostri congiunti.

1989-06-16

Venerdi 16 Giugno 1989





GPII 1989 Insegnamenti - Recita dell'"Angelus": dalla Risurrezione all'effusione dello Spirito Santo - Ai fedeli riuniti, Città del Vaticano (Roma)