GPII 1989 Insegnamenti - Per la proclamazione di due beati - Ai fedeli riuniti, Città del Vaticano (Roma)

Per la proclamazione di due beati - Ai fedeli riuniti, Città del Vaticano (Roma)

Furono attenti ai segni dei tempi condividendo la missione di servire



1. "Il Regno di Dio è come un uomo, che getta il seme nella terra (Mc 4,26).

La liturgia di questa domenica, in cui sono stati proclamati beati i servi di Dio Antonio Lucci, Vescovo di Bovino, e suor Elisabetta Renzi, fondatrice delle Maestre Pie dell'Addolorata, ci invita a riflettere sulla vita della Chiesa, considerata nel suo misterioso ed imprevedibile sviluppo nel tempo e tra gli uomini; di quella Chiesa che, ancora peregrinante in terra, seguendo le orme di Cristo nell'umiltà, nella tribolazione e nella persecuzione, svolge la sua missione con generosa fiducia, "e con tutte le sue forze spera e brama di unirsi con il suo Re nella gloria" (LG 5).

Il seme, nel linguaggio evangelico, è la Parola di Dio. Come l'umile seme gettato nella terra, la Parola opera con la forza di Dio stesso nell'animo di chi l'ascolta. Dio è colui che semina e che miete e, nello stesso tempo, è colui che realizza l'imprevedibile sviluppo del seme.

Egli ha affidato la sua Parola alla terra, alla nostra terra, cioè all'umanità concreta e storica, di cui noi facciamo parte. L'incontro tra il seme divino e la terra è avvenuto. Ora si possono attendere i frutti, perché Dio stesso guida lo sviluppo della sua Parola e ne segna l'efficacia. Si tratta, in verità, di una parola creatrice, destinata a raggiungere il suo fine, cioè a divenire "il chicco pieno nella spiga". Attraverso vie che l'uomo non sempre può controllare, in un modo che l'uomo "non sa", Dio opera la crescita e la porta a compimento.


2. Il brano evangelico ci parla oggi del "granellino di senapa", il più piccolo, indice per natura sua della povertà degli inizi del Regno di Dio. L'annuncio del Regno davvero è cominciato così, con passi umili, nella povertà e nella persecuzione, poiché il Figlio di Dio, facendosi uomo, ha assunto "la natura di servo" (Ph 2,7), ha accettato l'umiliazione della Croce; ed anche la Chiesa, come "piccolo gregge", ha iniziato il suo misterioso itinerario di testimone della salvezza tra gli uomini. A lei, nascosta nella terra, Dio ha affidato il compito di diventare "dimora" per tutti gli uomini, segno e sacramento visibile della loro salvezza: "Lo piantero sul monte alto di Israele. Metterà rami e farà frutti e diventerà un cedro magnifico. Sotto di lui gli uccelli dimoreranno, ogni volatile all'ombra dei suoi rami riposerà" (Ez 17,23). La Chiesa, quel piccolo seme, quel ramoscello umile, nella carità, nella verità, nella fedeltà alla Parola costituisce in terra il germe e l'inizio del Regno, nel quale l'uomo trova salvezza.


3. Il Vescovo Antonio Lucci e suor Elisabetta Renzi si sono affidati alle promesse di Cristo. Nella loro fede essi hanno compreso che accogliere la Parola di Cristo significa affidarsi ad un annuncio profetico ed alla irresistibile forza della crescita del Regno di Dio nella carità.

Nello stesso tempo essi hanno sperimentato che Dio li chiamava a condividere la missione di servire, di aprire le braccia ai fratelli nelle loro necessità, di prodigarsi per loro, di chinarsi verso le loro esigenze, per poter comunicar loro i frutti della salvezza quasi ripercorrendo la via di Cristo nella povertà, nelle difficoltà, nel passaggio attraverso la Croce ed il seppellimento nella terra, affinché di li, dal nascondimento e dall'umiltà nascessero la pianta rigogliosa, la spiga gonfia di grano. Dio stesso avrebbe dato incremento al loro servizio conducendoli attraverso vie imprevedibili, proprio come avviene per il seme.

Inviati come gli apostoli al mondo, Antonio Lucci ed Elisabetta Renzi furono attenti ai segni dei tempi, cioè all'appello che scaturiva per loro dalla forza degli eventi e dalle condizioni della loro società. Questo era il luogo dove il grano doveva essere gettato e nascosto, perché il piccolo seme si aprisse e divenisse pianta. La comunità umana rappresenta proprio quel complesso di problemi, di difficoltà, di prove, di resistenze e di sfide, dentro le quali sempre, in ogni epoca senza eccezioni, l'azione irresistibile di Dio continua ad operare per portare a compimento il Regno.


4. Ogni credente attento al messaggio del Vangelo è invitato oggi ad "intendere" (Mc 4,33) il significato del contrasto tra la povertà degli inizi dell'annuncio e l'avvenire grandioso della missione.

Nessuno potrà lasciarsi sorprendere o deprimere dal mistero della Croce o dall'umiliazione della Chiesa nascente, poiché è Dio che porta a compimento ciò che ha iniziato: egli fa risorgere, egli dà incremento, egli domina e conduce la storia. L'evento della salvezza, un tempo promesso a tutti gli uomini, raffigurati negli uccelli del cielo, è già stato deciso in modo gratuito ed irresistibile con la venuta storica di Gesù. Nel mistero di Cristo morto e risorto tale promessa ha raggiunto la sua pienezza.

"Fa' crescere in noi, Signore, il seme della tua parola". Questa è l'invocazione che abbiamo cantato insieme, rivolgendoci a Dio con stupore e gratitudine, con coraggio e gioia, chiamati come siamo, tutti, a sperimentare la liberalità di Dio, il quale dona "prima lo stelo, poi la spiga, poi il chicco pieno nella spiga" (Mc 4,28). Tutti siamo chiamati a riconoscere la sua misericordia senza confini, che offre rifugio ai lontani, ai dispersi, ai popoli "senza pastore" (Mc 6,34). "Ogni volatile all'ombra dei suoi rami riposerà") (Ez 17,23).


5. "Come un granellino di senapa che... è il più piccolo di tutti i semi..., ma appena seminato cresce" (Mc 4,31): la parabola evangelica rispecchia in modo eloquente la vita del Vescovo Antonio Lucci.

Da umile frate francescano, dedito alla preghiera come un contemplativo, studioso di teologia e maestro delle verità di fede tra i fratelli dell'Ordine dei Frati Minori Conventuali, educatore ed esperto di ascetica, Antonio fu ben presto scelto per uffici importanti nella sua comunità. In seguito, lo stesso mio predecessore, Papa Benedetto XIII, lo volle tra i teologi di due Sinodi, come consultore del santo Ufficio e, infine, come Vescovo di Bovino.

In questa città il suo zelo si espanse, come "cedro magnifico" (Ez 17,23), con iniziative di una carità senza confini. Anzitutto la carità spirituale, per riportare il clero ad una vita religiosa e pastorale corrispondente alle esigenze dell'Ordine sacro e del ministero; poi la carità sociale e materiale, per la difesa dei diritti della povera gente, asservita alla terra, e per la tutela dei deboli, vittime di soprusi.

Per questo egli si fece catechista del suo clero e della sua gente, annuncio il Vangelo con la limpida semplicità del francescano, preparo egli stesso i fanciulli ai sacramenti dell'iniziazione cristiana; ma si dedico, altresi, alla loro cultura elementare, istituendo scuole gratuite, premuroso persino di vestirli e di offrire loro gli strumenti del lavoro. Arrivo a privarsi, per questo, integralmente dei beni della mensa vescovile, nel desiderio di dare una concreta risposta alle incalzanti ed inesauribili esigenze della carità in un ambiente di miseria endemica. Come un albero, divenuto grande, anch'egli allargo i rami delle sue iniziative di carità per offrire rifugio e ristoro a quanti si trovavano nel bisogno.


6. Seguendo il disegno di Dio, misterioso ed umanamente inesplicabile, Elisabetta Renzi porto a compimento la sua vocazione, come chi "getta il seme nella terra... il seme germoglia e cresce; come egli stesso non sa" (Mc 4,27).

Nel burrascoso periodo dell'invasione francese, che segui alla rivoluzione, Elisabetta fu quasi strappata dal nascondimento del monastero delle monache agostiniane; ma, reinserita nel mondo, potè meglio conoscere le urgenti necessità della Chiesa del suo tempo, e rendersi conto che una nuova chiamata del Signore la riguardava. Dio stesso l'aveva come trapiantata accanto ai problemi della gioventù femminile della sua terra. Comprese, così, che occorreva preparare le giovani del popolo ad affrontare le nuove condizioni di vita che le attendevano in una società secolarizzata, a contatto con le nuove strutture politiche ed amministrative non di rado avverse alla fede. Elisabetta si accorse, con intuito profetico, che stava sorgendo un'epoca in cui la donna avrebbe assunto nuove responsabilità sociali.

Si potrebbe dire che Elisabetta Renzi divenne fondatrice non tanto per una scelta, quanto perché una serie di circostanze la indussero e quasi la costrinsero a realizzare un'opera organica e stabile a vantaggio delle giovani, nella sua terra di Romagna. Ma dovette affrontare per questo enormi difficoltà, e lotto con discernimento illuminato per vincere ostacoli che la tentazione spesso le presentava come insuperabili. La sua regola di vita fu proprio quella di abbandonarsi a Dio, affinché egli disponesse i passi ed i tempi per lo sviluppo dell'opera come a lui piaceva.

Talvolta le difficoltà sorgevano all'interno della stessa comunità ecclesiale, non sempre aperta a riconoscere i mutamenti irreversibili intervenuti nella società e forse ancora legata in certi suoi uomini a nostalgie di un passato ormai definitivamente tramontato.

Come un seme messo nella terra, Elisabetta sopporto le sue prove con operosa speranza. Scrisse: "Quando tutto s'intricava, quando il presente mi era così doloroso e l'avvenire mi appariva ancora più buio, chiudevo gli occhi e mi abbandonavo, come una creaturella tra le braccia del Padre che è nei cieli" (Ex epistula fratri Giancarlo missa).


7. Ecco, cari fratelli e sorelle, due figure di beati, umanamente così diversi per le responsabilità ecclesiali, la missione, i tempi ed i luoghi in cui vissero; eppure così vicini per la loro operosa e fiduciosa risposta alla vocazione della carità, attuata in corrispondenza ai segni del loro tempo.

Ambedue compresero di essere come "in esilio" (2Co 1,6-10), e perciò al servizio del Popolo di Dio peregrinante. Camminarono, così, "nella fede", attenti agli impulsi della grazia ed alla voce di Dio, per essere autentici profeti nella loro comunità. Furono "pieni di fiducia", e sopportarono, per questo, grandi prove, convinti di dover scomparire nella terra, come il seme nascosto, ma altrettanto certi che la mèta di tutto il loro indefesso lavoro sarebbe stata quella di "abitare presso il Signore".

perciò, tanto nella laboriosa esistenza, quanto nel momento del commiato da questo mondo, cioè "sia dimorando nel corpo sia esulando da esso", cercarono di "essere a Dio graditi" mediante la generosa corrispondenza alla loro vocazione.


8. Guardando al loro esempio, vengono spontaneamente alle labbra le parole del Salmo: "E' bello dar lode al Signore... annunziare il tuo amore... la tua fedeltà" (Ps 91,2-3). L'amore e la fedeltà di Dio si manifestano proprio nelle opere dei suoi eletti, dei discepoli fedeli, che hanno raccolto il messaggio della Parola di Cristo e hanno saputo esserne testimoni. Essi sono stati "piantati nella casa del Signore" (Ps 91,14) e si sono dissetati alle sorgenti della sua grazia, così da poter fiorire e crescere con una straordinaria fecondità nell'adempimento della missione loro affidata da Cristo.

La loro vita non conosce tramonto perché le loro iniziative hanno trovato nella Chiesa continuità ed espansione. Per questo noi, oggi, riconoscenti a Dio, annunziamo "quanto è retto il Signore" (Ps 91,16), considerando che nei suoi servi fedeli egli opera con misericordia ed amore, con giustizia e santità.

La Chiesa oggi loda il Signore per l'esaltazione dei nuovi beati.

Infatti, nulla esalta e manifesta "quanto è retto il Signore" più della santità dei figli e delle figlie degli uomini, sui quali Dio ha impresso il suo sigillo ed ha manifestato la sua misteriosa ed ininterrotta azione, "di notte e di giorno", per far germogliare e crescere il seme della sua Parola.

Per l'intercessione dei beati Antonio ed Elisabetta, "fa' crescere in noi, Signore - anche in noi tuoi umili servi - il seme della tua parola". Amen!

1989-06-18

Domenica 18 Giugno 1989




Recita dell'Angelus - Ai fedeli riuniti - Città del Vaticano (Roma)

La preghiera alla vergine di Sheshan, madre della Cina


Nei giorni scorsi il nostro animo è stato profondamente colpito, dalle notizie e dalle immagini di quanto sta avvenendo in Cina e, in particolare, dalla morte di tanti giovani.

Sin dai primi momenti ho espresso pena e preoccupazione per eventi così drammatici e l'auspicio - alla luce del messaggio evangelico - che tanto dolore possa servire a dare nuova vita a quel grande ed amato paese.

Con gli stessi sentimenti di fede e di speranza, oggi vi invito ad unirvi alla mia preghiera a Maria, madre della Cina e regina della pace, venerata nel santuario di Sheshan, vicino a Shangai.

Vergine di Sheshan, ausilio dei cristiani, tu accompagni con il tuo sguardo dolcissimo l'amato popolo cinese.

Noi tuoi figli, solidali con quanto di più vero c'è nel cuore di ogni uomo, siamo ancora una volta ai tuoi piedi per dirti il nostro amore, la nostra sofferenza, la nostra compassione e per deporre nel tuo cuore di Madre, in momenti così tristi e drammatici, il lamento di coloro che soffrono, vittime della violenza, le richieste di chi ha fame e sete di giustizia e le speranze di tutti coloro che desiderano il bene del loro paese.

Vergine di Sheshan, madre di misericordia, intercedi presso il tuo Figlio, redentore dell'uomo, perché chi è nel dolore trovi sollievo e conforto e perché tanta sofferenza non resti senza frutto.

Ottieni luce per coloro che guidano le sorti di quella grande Nazione perché non manchi loro la necessaria sapienza nella ricerca del bene comune, che ha come base il rispetto della verità, della giustizia e della libertà.

A te raccomandiamo in modo speciale tutti i giovani della grande nazione cinese.

O clemente, o pia, o dolce Vergine Maria. Amen.

1989-06-18

Domenica 18 Giugno 1989




Al termine dell'Angelus - Città del Vaticano (Roma)

Il Papa ricorda i nuovi Beati


Desidero ora rivolgere un particolare saluto a tutti i pellegrini della Puglia e della Romagna, che hanno partecipato alla beatificazione di due illustri apostoli della loro terra: il beato Antonio Lucci, Vescovo di Bovino; la beata Elisabetta Renzi, fondatrice delle Maestre Pie dell'Addolorata.

Carissimi sacerdoti, fedeli e suore di Puglia e di Romagna, siate i benvenuti! Gli esempi dei personaggi che oggi la Chiesa esalta, indicano una via verso la santità singolarmente illuminante anche per il nostro tempo. Ambedue i beati, infatti, operarono, nelle rispettive epoche, scelte coraggiose e generose in nome della fede e per rispondere al comando evangelico di amare i propri fratelli come Cristo ci ha amati.

Questo programma è ancor oggi valido per tutta la Chiesa e, in particolare, per le vostre comunità. La vostra testimonianza sia adeguata a ciò che oggi si richiede. Superate con generosa schiettezza ogni diffidenza ed avversione, e fate in modo che il messaggio evangelico sia conosciuto, apprezzato, amato.

A tutti voi il mio augurio e la benedizione apostolica, che estendo a quanti vi sono cari.

1989-06-18

Domenica 18 Giugno 1989




Al consiglio d'amministrazione della Chase Manhattan Bank - Città del Vaticano (Roma)

Il debito estero: una minaccia al progresso della famiglia umana


Signore e Signori.

Sono lieto di ricevervi in occasione della vostra visita a Roma. Il mio cordiale saluto a tutti voi e alle vostre mogli.

La vostra posizione di uomini d'affari e membri del consiglio di amministrazione di una prestigiosa banca internazionale vi permette di comprendere e influenzare la complessa e interdipendente vita economica del mondo contemporaneo. Mentre ci sono segni positivi di crescita economica e prosperità per molti, c'è un numero ancor più grande di uomini, donne e bambini nel mondo le cui condizioni materiali e il cui sviluppo sono seriamente ostacolati da problemi economici. Penso in particolare alla questione del debito internazionale, che resta una grave minaccia alla pace e al progresso della famiglia umana. La Santa Sede ha cercato di dare un contributo positivo alla soluzione di questo problema evidenziandone le dimensioni etiche. E' necessaria una più grande solidarietà umana e un reciproco rispetto basato sulla comune umanità e il bene comune di tutto il genere umano.

Ci sono certo alcuni convinti che gli attuali problemi economici, politici e sociali sono tanto vasti e impersonali da sfuggire al controllo. Ma è mia convinzione che il convincimento e le decisioni di leaders come voi rendono molto diverso, nel bene o nel male, il futuro dell'umanità. Sono fiducioso che voi, che siete stati con tanta abbondanza benedetti nel vostro Paese, condividete la mia sollecitudine per la sorte dei poveri, e che non mancherete di compassione mentre siete responsabili amministratori dei beni materiali a voi affidati.

Vi assicuro la mia preghiera per voi e i nostri cari, in particolare i bambini e gli ammalati o i sofferenti. Il Signore onnipotente vi sia guida nel lavoro e vi benedica con i suoi doni di gioia e di pace.

1989-06-19

Lunedi 19 Giugno 1989




Ad un gruppo di pellegrini indonesiani - Città del Vaticano (Roma)

I popoli di tutti i tempi uniti nel culto dei martiri di Roma


Cari fratelli e sorelle.

Sono davvero lieto di ricevervi oggi, in occasione del vostro pellegrinaggio parrocchiale a Roma e a Lourdes: "Grazia a voi e pace da Dio nostro Padre e dal Signore Gesù Cristo" (Ep 1,2).

E' importante che, nel corso del pellegrinaggio, voi vi rechiate alle tombe dei santi apostoli Pietro e Paolo, che sono le colonne della Chiesa romana.

Come dice il prefazio della Messa della loro festa: "Ciascuno nel suo modo prescelto raccolse in unità l'unica famiglia di Cristo" - Pietro "dal gregge fedele di Israele" e Paolo come "apostolo delle genti". Dentro questa famiglia di Cristo noi pure veniamo riuniti con vincoli di unità, carità e pace. Onorando i martiri e i santi di Roma voi date testimonianza della viva tradizione di fede che unisce popoli di tutti i tempi nell'annuncio di Cristo e del Vangelo.

Siete venuti anche a trovare il Papa, il successore di san Pietro. Sono profondamente grato per il vostro amore e le vostre preghiere, e attendo con ansia l'occasione di ricambiare la vostra visita più avanti nel corso dell'anno, così da poter testimoniare in prima persona la vita della Chiesa nel vostro Paese. Vi supplico di essere sempre fedeli testimoni del Vangelo con le parole e con le azioni. così condurrete altri a Cristo.

Mentre partite per Lourdes, chiedo alla Vergine madre di Dio di intercedere per voi e i vostri parrocchiani, e per tutti i cattolici dell'Indonesia. Vegli sul vostro pellegrinaggio e abbia sempre cura di voi. Con affetto nel Signore imparto di cuore la mia apostolica benedizione a ciascuno di voi e alle vostre famiglie e i vostri cari.

1989-06-19

Lunedi 19 Giugno 1989




Le credenziali dell'ambasciatore del Niger - Città del Vaticano (Roma)

La solidarietà, la tolleranza, il rispetto della dignità sono le vie che conducono alla vera pace tra gli uomini


Signor ambasciatore.

Benvenuto in Vaticano. Sono lieto di accogliere l'eccellenza vostra in qualità di ambasciatore straordinario e plenipotenziario della Repubblica del Niger presso la Santa Sede. La sua presenza qui mi rallegra, perché testimonia il desiderio del suo Paese di continuare a far operare, nei rapporti internazionali, il dinamismo particolare dei valori spirituali, con il contributo tipico di chi ha uno sguardo sul mondo impregnato di fede religiosa.

Sono stato toccato dalla cortesia del suo indirizzo di saluto e in particolare dalla sua affermazione che i suoi connazionali assegnano un posto privilegiato alla solidarietà, alla tolleranza, al rispetto della dignità umana: si tratta davvero di strade che portano alla pace tra gli uomini, mio fervido auspicio per tutta la famiglia umana.

In questa occasione, mi piace ricordare la positività dei rapporti tra la Repubblica del Niger e la Santa Sede. Sono certo che la sua missione, che oggi si inaugura ufficialmente, contribuirà al rafforzamento dei legami di amicizia che ci uniscono.

Lei ha sottolineato, signor ambasciatore, l'impegno da me perseguito, insieme ai miei collaboratori, per portare aiuto alle popolazioni che soffrono per la mancanza di beni materiali indispensabili per una vita umanamente degna o che sono vittime di calamità naturali. E' mio ardente desiderio, per quanto riguarda in particolare i paesi del Sahel, incoraggiare la "formazione di persone competenti che si pongano al servizio dei loro paesi e dei loro fratelli, senza discriminazione alcuna, in uno spirito di promozione umana integrale e solidale per lottare contro la desertificazione e le sue cause, per soccorrere le vittime della siccità" ("Statuts de la Fondation Jean-Paul II pour le Sahel", n. 2).

Lei mi consentirà di salutare, in questa circostanza, la comunità cattolica del suo Paese. Lei ha ricordato l'atmosfera di dialogo che esiste nel suo popolo "impregnato di tradizioni religiose", per riprendere le sue stesse parole. Rendo grazie a Dio per l'armonia esistente nel rapporto tra musulmani e cristiani. Ho apprezzato, in particolare, il fatto che la Repubblica del Niger si è proposta di offrire un quadro giuridico che permetterà alla comunità cattolica di svilupparsi e portare avanti la sua attività, nel rispetto delle credenze di tutti.

Come lei sa, signor ambasciatore, i cattolici non mancano di portare il loro leale contributo all'edificazione della Nazione. Animati dalla loro fede, essi desiderano unirsi a tutti i compatrioti per realizzare una società in cammino verso un ideale di progresso. Essi mettono il lievito del Vangelo là dove vivono, cercando di testimoniare il loro amore fraterno, come fece padre Charles de Foucauld, che tanto amo le popolazioni della sua regione. così vogliono lavorare i missionari, i religiosi, le religiose e i fedeli laici, collaborando, secondo le loro possibilità, alla promozione dell'educazione, la salute e la cultura.

Il mio pensiero va ora a tutti i Nigeriani e, in primo luogo, a sua eccellenza il generale Ali Saïbou, capo di Stato. La prego di trasmettergli da parte mia i più fervidi auspici per la prosperità del Niger oltre che per il bene fisico e spirituale di tutti i suoi abitanti.

Quanto a lei, signor ambasciatore, le presento i miei migliori auguri per il successo della sua alta missione. Sia certo che troverà sempre qui l'attenzione comprensiva di cui dovesse aver bisogno. Nell'esprimere il mio affetto verso il popolo nigeriano e nel rivolgere il mio deferente saluto ai suoi responsabili, invoco su tutta la Nazione l'aiuto di Dio e l'abbondanza dei suoi doni.

1989-06-19

Lunedi 19 Giugno 1989




Ai membri della "Society of Vatican Observatory" - Città del Vaticano (Roma)

Rinnovato impegno sul rapporto tra fede e scienza


Cari amici.

E' per me un grande piacere ricevervi, membri fondatori della "Society of The Vatican Observatory". La vostra visita mi consente di manifestare la mia gratitudine per la vostra collaborazione in due iniziative dell'Observatory: per prima, la costruzione del telescopio vaticano di avanzata tecnologia in Arizona; seconda, la programmazione di un lavoro ulteriore su questioni relative al rapporto tra fede e scienza.

Per quanto riguarda il telescopio, è motivo di soddisfazione vedere come, in modo molto creativo, gli elementi pratici dell'ingegneria, i principi teoretici della luce e il desiderio di vedere più a fondo e più precisamente nell'universo, si sono riuniti per raggiungere ciò che prima era solo un sogno: la creazione di uno dei più potenti telescopi del mondo. Questo nuovo telescopio sarà il primo di una serie di strumenti che consentiranno agli scienziati di vedere dieci volte più in profondità nell'universo.

Per poter funzionare al massimo dell'efficienza, questi telescopi devono essere collocati in remote località montane, molte delle quali sono zone altamente protette dal punto di vista ecologico. So che, come scienziati, voi amate e rispettate la natura. Per questo, mentre cercate di forzare le frontiere ultime dell'universo, voi avete tentato di interferire il meno possibile nei processi naturali della terra, quella piccola ma preziosa parte dell'universo da cui osservate.

Sono lieto di sapere che, con tutte le richieste poste alle risorse finanziarie e fisiche di un paese così benedetto come gli Stati Uniti, voi siete riusciti ad ottenere da privati donatori le risorse necessarie per il nuovo telescopio e la licenza astrofisica. Su tutti coloro che hanno contribuito a questa iniziativa invoco la guida amorosa e la protezione di Dio.

Dal momento che il lavoro del Vaticano Observatory procede sotto gli auspici della Chiesa, è solo naturale che voi esprimiate le molte questioni sorte dal rapporto tra fede e scienza. Un passo decisivo in questa direzione è stata la pubblicazione di fisica, filosofia e teologia. Il mio incoraggiamento di cuore per questa iniziativa.

E' chiaro che siete solo agli inizi di queste vicende, ma dobbiamo essere grati al Signore perché sono cominciate bene. Con la sua continua benedizione e la collaborazione vostra e dei vostri collaboratori, prego che abbiate successo nel vostro servizio alla Chiesa e alla famiglia umana. Il Signore sia con tutti voi!

1989-06-19

Lunedi 19 Giugno 1989









Le credenziali del nuovo ambasciatore di Costa Rica - Città del Vaticano (Roma)

Un sincero clima di dialogo e di riconciliazione per una pacificazione stabile del Centroamerica


Eccellenza.

Sono felice di darle il mio più cordiale benvenuto in questo atto di presentazione delle lettere credenziali che la accreditano come ambasciatore straordinario e plenipotenziario del Costa Rica presso la Santa Sede.

Prima di tutto, desidero manifestarle la mia riconoscenza per le sentite parole con cui ha avuto la cortesia di salutarmi, e che mi hanno permesso di comprovare una volta di più i nobili sentimenti di unione e adesione verso la Sede Apostolica da parte dei cittadini di questa cara Nazione. Desidero ringraziarla anche per il deferente saluto che mi ha trasmesso da parte del signor Presidente della Repubblica.

Vostra eccellenza ha fatto riferimento alla vocazione per la pace, che è stata un valore distintivo del Costa Rica nel suo cammino democratico. A questo riguardo non posso non ricordare che il suo governo - con una iniziativa del suo Presidente, il dottor Oscar Arias Sànchez - ha avuto un importante ruolo nell'incontro di Esquipulas II, e in seguito in quello di Alajuela, che ha preso forma in un accordo firmato dai cinque paesi centroamericani, allo scopo di procurare un destino di pace a questa regione.

La Santa Sede ha osservato con grande interesse questo piano e segue assai da vicino il processo in corso, con il vivo desiderio che si alimenti il dialogo e si possano superare gli ostacoli che si frappongono al vero progresso di quei popoli, evitando sempre la tentazione di ricorrere a qualsiasi forma di violenza.

Nel citato documento di Esquipulas II si affermava in maniera perentoria che è necessario creare una coscienza di solidarietà che conduca ad uno sviluppo integrale proteggendo e tutelando i legittimi diritti delle persone, in armonia con le esigenze del bene comune della Nazione.

Dato che la solidarietà offre una base etica per lo sviluppo, a sua volta, permette di realizzare quell'aiuto del fratello nei confronti del fratello, in modo tale che tutti possano vivere più pienamente all'interno di quel sano pluralismo e complementarietà, che sono segno di garanzia per una civiltà autenticamente umana. Questa dinamica porta certamente a quella armoniosa "tranquillitas ordinis" di cui ci parla sant'Agostino, e che costituisce e assicura la vera pace.

In Costa Rica, come in altri paesi fratelli dell'America Centrale, cresce una gioventù che aspira ardentemente alla pace e al progresso sociale. Alle aspettative delle nuove generazioni, particolarmente sensibili ai segni dei tempi, bisognerà rispondere con delle decisioni politiche e sociali che aiutino a comprendere e dimostrare che la pace non sarà un obiettivo raggiunto fino a quando la sicurezza, imposta dalle armi, non sarà rimpiazzata gradualmente dalla sicurezza basata su di un ordine giuridico, sociale ed economico, che rafforzi i legami di solidarietà e il destino comune a cui sono chiamati i popoli fratelli del Centroamerica. Questa è una responsabilità che nessuno Stato può eludere. In questo senso erano assai chiare le parole di Papa Paolo VI: "La pace non si riduce ad una assenza di guerra, frutto dell'equilibrio sempre precario della forza. La pace si costruisce ogni giorno con l'instaurazione di un ordine voluto da Dio, che comporta una giustizia più perfetta fra gli esseri umani". (PP 76) A questo riguardo, la Santa Sede - insieme ad altri rappresentanti della comunità internazionale che hanno visto nell'accordo di Esquipulas II un orizzonte di speranza per l'America Centrale - incoraggia tutte quelle forze che sono incamminate verso il raggiungimento di una pace stabile in tutta questa area. Solo prendendo le mosse da un sincero clima di dialogo e riconciliazione, che permetta anche il ritorno alle loro case di tante famiglie che sono state allontanate a causa della violenza e che, ancora, favorisca un deciso processo democratico, sarà possibile creare delle vie per la partecipazione su delle basi di giustizia e libertà, presupposti insostituibili per la pace e lo sviluppo. Allo stesso tempo sono improrogabili tutti gli sforzi volti a garantire la inviolabilità delle persone, che rispettino la libertà e la sicurezza delle loro vite.

La Sede Apostolica vede con soddisfazione gli sforzi che il governo del Costa Rica sta realizzando per il mantenimento e la messa in pratica degli accordi che sono stati sottoscritti dai rappresentanti politici del Centroamerica. Rinnova inoltre il suo appello affinché la comunità internazionale offra il suo contributo solidale, orientato al superamento degli ostacoli di ordine economico che rendono tanto difficile lo sviluppo della regione. La Chiesa in Costa Rica da parte sua continuerà instancabile nella sua vocazione di servizio all'uomo, cittadino e figlio di Dio. perciò i Pastori, i sacerdoti e le famiglie religiose - conformemente alla missione che è stata loro affidata - non risparmieranno gli sforzi nell'opera di promozione e stimolo di tutto quello che possa favorire il bene comune e la fraternità fra gli uomini.

Esprimendole i miei migliori auguri per un felice svolgimento della sua alta missione, invoco su vostra eccellenza e la sua famiglia, sulle autorità che le hanno affidato tale incarico e sugli amatissimi cittadini del Costa Rica, la costante protezione dell'Altissimo.

1989-06-22

Giovedi 22 Giugno 1989




Ai membri del consiglio della segreteria generale per l'assemblea speciale per l'Africa del Sinodo dei Vescovi - Città del Vaticano (Roma)

Evangelizzazione, inculturazione, dialogo, assistenza pastorale, mezzi di comunicazione: i temi perl'Africa del duemila


Cari fratelli nell'Episcopato.


1. Provo una grande gioia nell'accogliervi qui, voi tutti membri del consiglio dell'assemblea speciale per l'Africa del Sinodo dei Vescovi, nel momento in cui vi riunite per la prima volta a Roma, al fine di preparare questo avvenimento ecclesiale importantissimo per la Chiesa in Africa come per la Chiesa universale.

Il 6 gennaio scorso, dopo aver celebrato nella Basilica di san Pietro la solenne liturgia dell'Epifania del Signore e l'ordinazione di tredici nuovi Vescovi ho annunciato, al momento dell'"Angelus", che una assemblea speciale per l'Africa del Sinodo dei Vescovi si sarebbe riunita sul tema: "La Chiesa in Africa alle soglie del terzo millennio".

Nell'annunciare questa convocazione, ne ho anche spiegato i motivi. Ho voluto accogliere, infatti, "la richiesta spesso rivoltami, da un po di tempo a questa parte, dai Vescovi africani, dai sacerdoti, dai teologi e dai responsabili del laicato allo scopo di favorire una solidarietà pastorale organica in tutto il territorio-africano e nelle isole adiacenti".

L'Africa è un immenso continente, diverso e complesso. I paesi che lo compongono si trovano spesso a dover affrontare problemi simili ma anche molto diversi. E' un continente in forte espansione e in piena evoluzione. La Chiesa è presente in tutti i paesi, attraverso comunità importanti o minori, ma sempre animate da un ineguagliabile dinamismo missionario. Essa partecipa, in quanto tale, e con tutti i cittadini alla vita di ciascuna nazione e del continente.


2. Fin dalle sue origini, la Chiesa ha sempre cercato di inserirsi nelle realtà quotidiane della vita umana e nelle diverse culture a affinché potessero accogliere il messaggio di salvezza del suo fondatore. Per la Chiesa è dovere costante essere sempre al servizio della manifestazione di Cristo presso tutti i popoli, in tutti i tempi, nel cuore delle situazioni culturali e storiche concrete. Ciò facendo, come dice il Concilio Vaticano II, essa "nulla sottrae al bene temporale di qualsiasi popolo, ma al contrario favorisce e accoglie tutta la dovizia di capacità e consuetudini dei popoli, in quanto sono buone, ed accogliendole le purifica, le consolida ed eleva" (LG 13).

Ma, a partire dall'epoca apostolica, la Chiesa si è anche resa conto che occorre promuovere la collaborazione, l'espressione dell'unica fede nei diversi contesti e, là dove questo si rivela necessario e possibile, la coordinazione pastorale e missionaria al fine di rendere più convincente la trasmissione del messaggio evangelico e di rispondere meglio alle esigenze che si presentano. Per questo oggi è parso opportuno convocare questa assemblea speciale.


3. Attraverso gli echi che mi sono giunti e che continuano ad arrivare, posso dire che la convocazione di una assemblea sinodale dei Vescovi del continente africano è stata generalmente accolta con gioia e viva soddisfazione. Alcuni Vescovi e interi Episcopati hanno voluto esprimermi la loro gioia, e ringraziarmi per aver dato loro l'occasione di incontrarsi, di accordarsi sui piani pastorali e missionari, di vivere meglio le responsabilità che loro spettano come Pastori e di veder affermare la personalità e l'identità della Chiesa in Africa.

Sono felice di poter esprimere, in occasione di questo incontro, la mia riconoscenza a coloro che hanno fatto parte della commissione antepreparatoria.

Immediatamente dopo l'annuncio della convocazione del Sinodo per l'Africa e l'istituzione della commissione, i suoi membri si sono riuniti due volte, dal 7 al 9 gennaio e dall'1 al 3 marzo scorsi, per una elaborazione preliminare a grandi linee del tema, della struttura e delle norme per la celebrazione del Sinodo.

Nonostante le responsabilità delle loro rispettive diocesi, gli impegni nella loro Conferenza Episcopale o in diversi organismi regionali, continentali o universali, i membri della commissione hanno dato prova di una generosa e pronta disponibilità di cui li ringrazio con tutto il cuore. Vi ringrazio altresi per il vostro qualificato contributo e l'aiuto che avete dato al segretario generale del Sinodo allo scopo di gettare le basi per una buona partenza del processo sinodale.


4. Eccoci dunque arrivati al momento in cui dobbiamo entrare nel vivo di questo processo sinodale e affrontare con determinazione la fase successiva dei lavori. A questo scopo, ho istituito il consiglio del segretariato generale per l'assemblea speciale per l'Africa del Sinodo dei Vescovi composto dai membri della precedente commissione antepreparatoria, ai quali si aggiungono otto membri che ho chiamato ora a farne parte.

Il consiglio, infatti, ha lo scopo essenziale di aiutare il segretariato generale a preparare adeguatamente le assemblee del Sinodo ed a vigilare in seguito sulla esecuzione di quanto è stato deciso dal Sinodo dei Vescovi ed approvato dal Sommo Pontefice. Il Consiglio dell'assemblea speciale sviluppa così la sua attività parallelamente a quella dell'assemblea generale.


5. E' la prima volta che viene convocato un Sinodo a livello continentale. Ciò comporta un grande sforzo da parte di tutti, e soprattutto da parte dello stesso Consiglio. Il vostro primo compito sarà quello di preparare i "Lineamenta", allo scopo di promuovere la riflessione comune e di incoraggiare suggerimenti e idee costruttive sull'argomento generale proposto per la celebrazione del Sinodo.

La riflessione comune dovrà riguardare tutti gli importanti aspetti della vita della Chiesa in Africa, e, in particolare, comprenderà l'evangelizzazione, l'inculturazione, il dialogo, l'assistenza pastorale nei settori sociali e i mezzi di comunicazione sociale.

- La Chiesa per sua natura è missionaria. L'evangelizzazione è un dovere affidato a tutti i membri della Chiesa dallo stesso Signore Gesù, affinché tutti i popoli credano e vengano salvati. Come ha detto il mio predecessore Paolo VI in un indirizzo al sacro Collegio, "le condizioni della società in cui viviamo ci obbligano perciò tutti a rivedere i metodi, a cercare con ogni mezzo di studiare come portare all'uomo moderno il messaggio cristiano, nel quale, soltanto, egli può trovare la risposta ai suoi interrogativi e la forza per il suo impegno di solidarietà umana" (Pauli VI, "Allocutio ad sacrum Cardinalium Collegium, omina et vota Summo Pontifici promentium ob eius diem nominalem atque expletum X Pontificatus annum", die 22 iun. 1973: Insegnamenti di Paolo VI, XI [1973] 633).

- Come Gesù, nel proclamare il Vangelo, si è servito di tutti gli elementi che avevano forgiato la cultura del suo popolo, anche la Chiesa deve servirsi degli elementi della cultura umana per costruire il Regno. Tuttavia inculturazione non significa semplice adattamento esteriore. Inculturazione significa "l'intima trasformazione degli autentici valori culturali mediante l'integrazione del cristianesimo ed il radicamento del cristianesimo nelle varie culture umane (Synodi Extr. Episc. 1985 "Relatio Finalis", II, D, 4).

- La Chiesa cattolica in Africa vive fianco a fianco con altre religioni. Il Concilio Vaticano II esortava i cattolici che vivono in un ambiente multireligioso a rendere testimonianza della loro fede e della loro vita cristiana con prudenza e carità, attraverso il dialogo e la cooperazione con le persone di altre religioni. Allo stesso tempo li incoraggiava a riconoscere, tutelare e promuovere tutti i positivi valori spirituali, morali, sociali e culturali proprio di queste ultime. La Chiesa ha l'obbligo di proclamare incessantemente Cristo che è la "Via, la Verità e la Vita" (Jn 14,6). Per questo non deve mai esservi opposizione fra dialogo e missione.

- E' vero, naturalmente, che il Regno di Dio non si identifica con alcuna impresa meramente umana. Ma ciò non esime la Chiesa dal preoccuparsi delle persone nelle loro attuali situazioni personali e nella loro vita in seno alla società. Le condizioni di estrema povertà e di sottosviluppo in cui vivono milioni di nostri fratelli nel continente africano dovrebbero far comprendere a tutti i cristiani africani che essi hanno il dovere di promuovere allo stesso modo sia la dignità e la solidarietà umana che lo sviluppo economico e sociale, al servizio dell'individuo e della famiglia.

- La riflessione deve anche comprendere i mezzi di comunicazione sociale. Negli ultimi anni i mezzi di comunicazione hanno subito un grande sviluppo ed esercitano una influenza enorme sui giovani e su tutti i settori della società. Hanno anche creato nuovi e seri problemi. Ma, se usati correttamente, essi possono efficacemente contribuire allo sviluppo sociale e culturale, e possono diffondere e consolidare il Regno di Dio.


6. Cari fratelli: vi ringrazio per la vostra pronta risposta alla mia richiesta di aiuto e per il prezioso contributo che date e continuerete a dare alla preparazione di questa assemblea. Se ben preparata, l'assemblea del Sinodo coinvolgerà tutti i settori della comunità cristiana: individui, piccole comunità, parrocchie, diocesi ed organismi locali, nazionali ed internazionali. Essa avrà risultati positivi e se ne avvantaggerà la Chiesa non solo in Africa ma in tutto il mondo.

Affido questo Sinodo alla protezione di Maria, madre di Cristo e madre della Chiesa, e imparto a tutti voi la mia benedizione apostolica.

1989-06-23

Venerdi 23 Giugno 1989





GPII 1989 Insegnamenti - Per la proclamazione di due beati - Ai fedeli riuniti, Città del Vaticano (Roma)