GPII 1989 Insegnamenti - Nel decimo anniversario della nomina del segretario di Stato Città del Vaticano (Roma)


1. Sono veramente lieto di accogliervi stasera, venuti a Roma per esprimere al vostro amatissimo concittadino, il Cardinale Agostino Casaroli, sentimenti di stima e di affetto, nel decimo anniversario della sua nomina a segretario di Stato. Ciò mi offre il piacere di ripetere al vostro e mio Cardinale il grazie che gli rivolsi, l'anno scorso, nella vostra chiesa parrocchiale, dov'egli divento cristiano.

La chiesa parrocchiale fa pensare al battistero. E da quel battistero prendeva inizio l'avventura straordinaria del Cardinale Casaroli nella vita della Chiesa. Nello stringervi attorno a lui, voi date anzitutto testimonianza delle radici cristiane della vostra terra, della sua vitalità in tutti i campi, della ricchezza spirituale dei suoi uomini e delle sue tradizioni ecclesiali.


2. Quel battistero è stato la culla anche della vocazione sacerdotale del vostro concittadino, perché dal Battesimo si sviluppano i germi della vocazione cristiana, che attendono di essere coltivati: e il Cardinale ha avuto la fortuna di avere una famiglia che lo ha aiutato con la sua fede, a questo scopo, e specialmente i suoi venerabili zii, che gli furono maestri e modello.

Dalla risposta generosa alla chiamata di Dio nasce poi tutto il servizio alla Chiesa ed al Papa, che è stato l'onore e l'onere - vissuto con intima gioia - del vostro e mio Cardinale. Mi è tanto gradito mettere ancora una volta in rilievo che esso ha dato frutti sempre più maturi in lui: come minutante, come sotto-segretario, come segretario del consiglio per gli affari pubblici della Chiesa, come pro segretario di Stato e, infine, come Cardinale segretario di Stato. Con l'aiuto di Dio, e con l'incoraggiamento dei miei predecessori, egli ha scritto una pagina importante nella storia della Chiesa contemporanea: non sarà dimenticata la sua azione prudente, aperta, coraggiosa nel cercare nuovi approcci con situazioni difficili e dense di responsabilità, sempre per favorire la pace nel mondo, i buoni rapporti tra gli Stati e la Chiesa, e soprattutto il bene supremo delle anime.


3. Non ripetero le lodi della sua perspicacia, esperienza e forza di volontà; ma non posso dimenticare che, pur in mezzo a doveri quotidiani tanto assillanti, il Cardinal Casaroli è stato sempre e prima di tutto sacerdote: specialmente fra i suoi amati giovani, ai quali ha dato sempre tutto se stesso.

In questo decennale, lo ringrazio di quanto ha fatto e fa per me e per la Chiesa. E ringrazio voi perché me ne date l'occasione. Insieme con voi gli porgo gli auguri più affettuosi e sinceri, e mi unisco a lui e a voi per ringraziare il Signore, che è l'unico datore di ogni bene.

Vi benedico tutti di cuore, pensando a tutti i vostri concittadini e all'intero comune di Castel San Giovanni.

1989-06-28

Mercoledi 28 Giugno 1989




Udienza alla delegazione del patriarcato ecumenico di Costantinopoli - Città del Vaticano (Roma)

Il discorso di Giovanni Paolo II alla delegazione


Eminenza, cari fratelli nel Signore.

La festa patronale della Chiesa di Roma mi dà nuovamente la gioia di ricevere una delegazione della Chiesa sorella di Costantinopoli. Ringrazio il mio fratello beneamato, il Patriarca Dimitrios I, di avervi inviato. Siate i benvenuti.

I santi e gloriosi apostoli Pietro e Paolo devono essere particolarmente onorati da questa Chiesa di Roma di cui sono i fondatori. Ma la Chiesa intera, edificata sul "fondamento degli apostoli e dei profeti" (cfr Ep 2,20), si rallegra di questa solennità e, nella comune venerazione di questi due grandi apostoli, glorifica colui che li ha chiamati: "l'apostolo e sommo sacerdote della fede che noi professiamo, Gesù" (He 3,1). La vostra partecipazione alla nostra festa trova qui il suo profondo significato. In questi giorni, infatti, la Chiesa di Roma, la Chiesa di Costantinopoli e tutte le comunità cristiane che onorano la memoria degli apostoli sono insieme in pellegrinaggio alle sorgenti della fede che stanno nella testimonianza apostolica. E ogni anno, si compie uno stesso cammino spirituale quando una delegazione della Chiesa di Roma partecipa al Phanar alla festa dell'apostolo Andrea, il primo chiamato alla sequela di Gesù, fratello di san Pietro.

La vita dei due santi apostoli Pietro e Paolo, come noi la conosciamo dalle Sante Scritture, ci offre un tema di meditazione adatto a rafforzare la nostra speranza sia per la nostra vita personale che per la vita delle nostre Chiese e le relazioni tra loro in vista del ristabilimento della piena comunione.

Dopo aver rinnegato per tre volte il Signore, Pietro, versate le lacrime del pentimento, lo ritrova risuscitato e si sente porre per tre volte la domanda fondamentale: "Mi ami tu?". Basterà una triplice risposta affermativa perché egli sia confermato nel suo compito di guidare il gregge e perché egli segua Cristo fino a dare la sua vita per lui. Quanto a Paolo, proprio quando egli era "blasfemo, persecutore e violento" Cristo ne ebbe misericordia e lo chiamo al suo servizio. Diventerà anche lui un testimone fedele e, in forza della grazia che aveva sovrabbondato in lui (cfr 1Tm 1,14), verserà il suo sangue per Cristo. In questi ultimi tempi, la stessa grazia di misericordia è stata donata alle nostre Chiese, quando erano state indebolite per secoli dal dramma della divisione, "perché niente è impossibile a Dio" (Lc 1,37). Al Signore che non cessa di darci fiducia, noi diciamo con Pietro: "Signore, tu sai tutto, tu sai che ti amo". Come Paolo noi ci sappiamo "investiti di questo ministero per la misericordia che ci è stata usata e non ci perdiamo d'animo" (2Co 4,1). Noi sappiamo di essere dei vasi di argilla che portano il tesoro del Vangelo della salvezza "perché appaia che questa potenza straordinaria viene da Dio e non da noi" (2Co 4,7). Ecco, cari fratelli, la realtà della grazia nella quale si radica non solo il nostro incontro di oggi, ma anche il dialogo ecumenico tra le nostre Chiese che continua a dare dei frutti e si va approfondendo, così come tutti i contatti e la collaborazione che già esiste tra i fedeli cattolici e ortodossi. La celebrazione dei santi apostoli Pietro e Paolo illumina dunque in modo singolare tutto l'impegno messo in atto dalla Chiesa cattolica romana e la Chiesa ortodossa di Costantinopoli perché giunga il giorno in cui potremo condividere insieme la stessa Eucarestia, sacramento dell'unità del corpo di Cristo. Noi vediamo il Signore compiere in noi ciò che ha compiuto nella vita dei gloriosi apostoli che celebriamo. Noi crediamo che la sua potenza si manifesta nella nostra debolezza (cfr 2Co 12,9) e che questa comunione che cresce tra noi coinvolge, in modo misterioso ma reale, tutta l'umanità nella realizzazione del disegno di Dio che la vuole riunita in lui attraverso Cristo. Questo si traduce e deve tradursi sempre più nell'impegno di ciascun fedele e di tutte le comunità cristiane per la giustizia e la pace nel mondo. Nessuna angoscia dell'uomo deve esserci estranea.

E, ogni volta che sia possibile, noi dobbiamo dire insieme al mondo contemporaneo che la sua unità, la sua pace, la sua salvezza hanno la loro origine e realizzazione in Gesù Cristo.

Vi prego di trasmettere a mio fratello, il Patriarca Dimitrios, i miei sentimenti di fedele affezione fraterna nel Signore. Vi assicuro la mia preghiera perché, per l'intercessione degli apostoli Pietro e Paolo, l'abbondanza delle grazie divine sia accordata a ciascuno di voi e alle nostre Chiese.

1989-06-29

Giovedi 29 Giugno 1989




Durante la celebrazione nella solennità dei due santi patroni romani - Ai fedeli riuniti, Città del Vaticano (Roma)

Sulla testimonianza di Pietro e di Paolo Cristo edifica la sua Chiesa



1. "Benediro il Signore in ogni tempo, / sulla mia bocca sempre la sua lode" ().

Oggi, 29 giugno, la liturgia della Chiesa mette sulle labbra dei santi Pietro e Paolo proprio queste parole.

Nel corso dell'anno ci sono altre occasioni, in cui la Chiesa ricorda separatamente ciascuno di essi. così, per esempio, il 25 gennaio, celebra la conversione di san Paolo e, il 22 febbraio, la Cattedra di san Pietro.

Oggi tutti e due insieme ricevono la venerazione liturgica: Pietro e Paolo. La ricevono in tutta la Chiesa, ma a Roma in modo ancora più solenne, poiché proprio qui, nella capitale dell'impero romano, ai tempi di Nerone, essi subirono il martirio.

L'odierna liturgia è quindi un "duetto" singolare: ciascuno di essi, Pietro e Paolo, e nello stesso tempo, tutti e due insieme, confessano uniti.

"Benediro il Signore in ogni tempo, / sulla mia bocca sempre la sua lode. / Io mi glorio nel Signore, / Ascoltino gli umili e si rallegrino" (Ps 34,2-3).

Gli apostoli invitano alla gioia eppure vanno alla morte / L'amore allontana la paura


2. Gli apostoli invitano alla gioia - eppure vanno alla morte: Pietro sulla croce, Paolo sotto la spada. Tuttavia vanno intrepidi, poiché sono pieni di amore e ricchi di umanità: il Signore "da ogni timore mi ha liberato" (cfr Ps 34,5).

La grazia della testimonianza definitiva è, in ciascuno di essi, più grande dell'orrore della morte. L'amore allontana la paura. Vanno per benedire il Signore in ogni tempo. La morte obbrobriosa, la pena inflitta dagli uomini, non può offuscare la "gloria", che trovano nel Signore: "Io mi glorio nel Signore".

Dinanzi a questa gloria di Dio, tutte le potenze e prepotenze umane sono impotenti.

Cristo accolse il dolore di Pietro e riconfermo in lui l'amore


3. Ecco, vanno a morte gli apostoli di Cristo. Ciascuno di essi è consapevole che un giorno il Signore gli è stato vicino (cfr
2Tm 4,17) e ha compiuto in lui l'opera della sua grazia.

Per Pietro un tale momento era venuto nei pressi di Cesarea di Filippo.

Ivi gli fi dato di confessare la piena verità sul Cristo: "Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente" (Mt 16,16). E la verità professata con la bocca e col cuore non veniva da lui: "Né la carne, né il sangue te l'hanno rivelato, ma il Padre mio che sta nei cieli". (Mt 16,18).

così disse Cristo a Simone, figlio di Giona, che era uomo fervido, ma anche titubante, come dimostro durante la Passione del Salvatore.

Tuttavia ciò che il Padre aveva innestato nel suo cuore, non consenti a Pietro di permanere nel rinnegamento del Maestro.

Usci nella notte e "pianse amaramente" (cfr Mt 26,75). E le sue, erano le lacrime del dolore perfetto.

Allora Cristo accolse questo dolore e riconfermo in Pietro l'amore. Gli permise di confessare che "amava": che ora amava "più" degli altri. E nello stesso tempo riconfermo la sua vocazione, a lui già prima affidata presso Cesarea di Filippo. "Pasci le mie pecorelle".

Nel giorno in cui Pietro "offri la vita per le pecore", così come Cristo, Buon Pastore, l'aveva offerta sulla Croce, il ricordo di tutti quegli eventi dovette essere in lui vivo.

Il conferimento del pallio indica un vincolo di particolare comunione col successore di Pietro


4. La celebrazione liturgica lo esprime bene, quando proclama con le parole del Salmo: "Ho cercato il Signore e mi ha risposto / e da ogni timore mi ha liberato" (Ps 34,5).

C'era ancora un timore mortale nei giorni di Erode a Gerusalemme, agli inizi stessi del servizio di Pietro in mezzo ai fratelli. C'era stata la condanna a morte per far piacere al popolo - e Pietro era prigioniero incatenato e sotto custodia (cfr Ac 12,1ss) Ed ecco la voce. "Alzati in fretta!... Mettiti la cintura e legati i sandali... Avvolgiti il mantello, e seguimi!" (Cfr Ac 12,7-8).

Le catene caddero, e, oltrepassate le guardie, la porta della prigione si apri da sola (cfr Ac 12,9-10).

Pietro si accorge che il Signore lo "ha strappato dalla mano di Erode" (Ac 12,11).

Egli sa che davanti a lui c'è ancora una lunga strada; Gerusalemme, Antiochia ed infine Roma.

Il Signore "da ogni timore mi ha liberato... / Questo povero grida e il Signore lo ascolta, / lo libera da tutte le sue angosce" (Ps 34,5 Ps 34,7).

Quando ora, dopo anni, Pietro va a Roma alla morte di croce, tutta questa via, sulla quale l'ha condotto il Signore, gli viene in mente.

Quindi sembra dire a tutti - ai cristiani di allora, e oggi a noi: "Guardate / al Signore / e sarete raggianti, non saranno confusi i vostri volti" (Ps 34,6).

Pietro va alla morte con una gioia così. Ciò che è impossibile agli uomini, è possibile a Dio. Mediante le parole del salmista, la Chiesa cerca di rileggere il mistero interiore dell'Apostolo nel giorno della sua morte: nel giorno del passaggio definitivo al Signore.

Alla luce di questo mistero, di questo messaggio petrino, rivolgo un pensiero particolarmente affettuoso ai venerati Arcivescovi metropoliti recentemente nominati, i quali riceveranno il sacro pallio in questa solennità.

Il conferimento del pallio, presso la tomba di Pietro, oltre che esprimere la giurisdizione, sta ad indicare anche un vincolo di particolare comunione col successore di Pietro, che è principio e fondamento visibile di unità nel campo della dottrina della fede, della disciplina e della pastorale.

Carissimi fratelli nell'Episcopato, questo segno di solidarietà spirituale e di amore vi serva di sostegno e di incoraggiamento nella vostra dedizione pastorale e nella confessione della vostra fede.

Sono lieto inoltre di salutare con grande affetto i membri della delegazione inviata dal Patriarca ecumenico, sua santità Dimitrios I, e guidata da sua Eminenza il metropolita Bartolomeo di Filadelfia.

Prego il Signore perché anche questa visita valga a rafforzare i fraterni legami che uniscono la Chiesa cattolica e quella ortodossa e ad accelerare il raggiungimento di quella piena comunione tra le due Chiese sorelle, che è tanto da noi desiderata.

L'apostolico ministero di Paolo, instancabile, raggiunse a Roma il suo culmine


5. E ora volgiamoci alla figura di Paolo.

Paolo teneva sempre nella memoria il momento in cui il Signore gli era stato vicino e l'aveva abbagliato con lo splendore del suo mistero pasquale, per il fatto che i discepoli di Cristo proclamavano e professavano questo mistero, Saulo di Tarso li metteva in prigione e li mandava a morte. Anche a Damasco andava con una tale intenzione.

Ed ecco, ora sente: "perché mi perseguiti!" (Ac 9,4).

Il Signore gli è stato vicino. Saulo non potè vedere lo splendore della gloria del Risorto. Avendo perso la facoltà di vedere, riusci soltanto a chiedere: "Chi sei"? "Io sono Gesù che tu perseguiti" (Ac 9,5-6).

Che cosa devo fare? Da quel momento in poi Paolo fece ogni cosa così come voleva Cristo. "Il Signore... mi è stato vicino e mi ha dato forza, perché per mio mezzo si compisse la proclamazione del messaggio e potessero sentirlo tutti Gentili" (2Tm 4,17).

E così è stato. L'apostolico ministero di Paolo, instancabile, raggiunse a Roma il suo culmine.

"Il mio sangue sta per essere sparso in libagione ed è giunto il momento di sciogliere le vele. Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la corsa, ho conservato la fede" (2Tm 4,6-7).

Paolo è certo di avere "la corona di giustizia", che gli sarà consegnata dal Signore, giusto giudice. Infatti egli è il primo tra coloro che "attendono con amore la sua manifestazione" (cfr 2Tm 4,8).

E - con quanto amore attendeva! Come spendeva se stesso! Come offriva se stesso, senza tralasciare nulla! Paolo di Tarso!


6. La liturgia ci introduce con le parole del Salmo in questo meraviglioso "duetto": Pietro e Paolo, Paolo e Pietro.

Il giorno in cui è dato loro - sull'esempio del Buon Pastore - di offrire la vita per le pecore, essi sono circondati dalla potenza dall'alto.

"L'angelo del Signore si accampa / attorno ai quelli che lo temono" - proclama il salmista (Ps 34,8).

Il Signore li ha liberati da ogni timore.

L'amore perfetto caccia via il timore.

Vanno all'incontro con colui al quale ci sono affidati sino alla fine.

"Gustate e vedete quanto è buono il Signore; / beato l'uomo che in lui si rifugia" (Ps 34,9).

così sembrano parlare tutti e due: Pietro e Paolo a tutti coloro che sono vicini al momento del loro martirio.

così parlano durante i secoli e le generazioni.

così parlano a noi oggi.

La loro testimonianza dura.

Su questa testimonianza Cristo edifica la sua Chiesa, e "le porte degli inferi non prevarranno contro di essa". (cfr
Mt 16,18).

1989-06-29

Giovedi 29 Giugno 1989




Recita dell'Angelus - Ai fedeli riuniti, Città del Vaticano (Roma)

"Maria, Pietro e Paolo, tre nostri compagni di viaggio nella ricerca di Dio


Carissimi fratelli e sorelle.


1. Oggi tutta la Chiesa festeggia i santi Pietro e Paolo. "Sono questi i santi apostoli - dice la Messa di oggi - che nella vita terrena hanno fecondato con il loro sangue la Chiesa: hanno bevuto il calice del Signore, e sono diventati gli amici di Dio".

Roma in modo speciale nutre affetto e riconoscenza per questi uomini di Dio, venuti entrambi, da una patria lontana, ad annunziare a prezzo della vita quel Vangelo di Cristo al quale si erano totalmente votati. Il popolo romano ha compreso questo loro nobilissimo sacrificio, tanto che il culto di questi grandi santi, di queste "colonne" della Chiesa, è tra i più antichi.

Pietro e Paolo! così diversi per carattere, per cultura, per ministero, eppure così profondamente uniti nell'annuncio dell'unica verità della fede e nell'eroica testimonianza del sacrificio supremo. Essi sono tra i più autorevoli interpreti del messaggio del divino Maestro e coloro, tra i suoi discepoli, che con maggiore autorità e capacità organizzativa hanno posto, secondo la mente del divino Pastore, le basi della Chiesa nascente. E così si sono dimostrati i fedeli custodi del deposito rivelato, e i coraggiosi esecutori delle direttive del Signore nella formazione e nella guida della comunità ecclesiale!


2. Ma, all'ora dell' "Angelus", non possiamo non ricordare anche Maria, la madre del Signore, la regina degli apostoli, membro elettissimo ed immagine vivente di quella Chiesa, sposa di Cristo, che i santi apostoli Pietro e Paolo "hanno fecondato con il loro sangue".

Pietro conobbe personalmente la madre di Gesù e nel colloquio con lei, particolarmente nei giorni di raccoglimento in attesa della Pentecoste (cfr Ac 1,14), potè approfondire la conoscenza del mistero di Cristo. Paolo, nell'annunciare il compiersi del disegno salvifico "nella pienezza del tempo", non manco di ricordare la "donna" da cui il Figlio di Dio era nato nel tempo (cfr Ga 4,4). Sapendo quanto è antica in Roma la devozione mariana, come non vedere nell evangelizzazione, compiuta dai due apostoli nell'"Urbe", le prime radici di quella singolare pietà alla Vergine, "Salus Populi Romani", che è qui secolare?


3. Maria, Pietro e Paolo! Tre nostri compagni di viaggio nella ricerca di Dio, ma ancor più, tre nostre guide. Ascoltiamoli, invochiamo. Ciascuno ha da parlarci del Signore. Siano essi ad illuminarci sulle ricchezze del messaggio cristiano, aprendo il nostro cuore ai suggerimenti dello Spirito che ci orienta e sostiene nel cammino verso il Padre.

[Al termine il Santo Padre ha pronunziato le seguenti parole:] Vi invito ad unirvi spiritualmente, nella preghiera e nell'affetto, alle celebrazioni che in questi giorni si terranno a Praga, in occasione della ricorrenza del novantesimo genetliaco del Cardinale Frantisek Tomasek, Arcivescovo di quella antica Sede Episcopale.

Insieme ai sacerdoti e fedeli di Praga e ai rappresentanti delle diverse Conferenze Episcopali che vi partecipano auguro a quel degno porporato abbondanti consolazioni ed energie spirituali nel suo infaticabile ministero pastorale, ed elevo con voi preghiere al Signore perché gli conceda grazie sempre abbondanti per la diffusione del Vangelo, per la edificazione della Chiesa, e per il conforto del popolo di Dio.

1989-06-29

Giovedi 29 Giugno 1989




All'Arcivescovo di New Orleans - Città del Vaticano - (Roma)

Il pallio è simbolo di comunione gerarchica con il Vescovo di Roma

Caro Arcivescovo Schulte, cari fratelli in Cristo.

Sono lieto di accogliere tutti voi che avete accompagnato l'Arcivescovo Schulte nel pellegrinaggio a Roma e alle tombe degli apostoli Pietro e Paolo, per presenziare alla cerimonia del conferimento del pallio. Voi rappresentate il Popolo di Dio di New Orleans che l'Arcivescovo ha servito come sacerdote e come Vescovo. A quanti voi rappresentate chiedo di riportare il saluto affettuoso del Papa nel Signore Gesù Cristo, il cui Spirito ci unisce in un unico Popolo santo chiamato a proclamare il suo nome fino alle estremità della terra.

L'investitura liturgica del pallio simbolizza "i vincoli di unità, carità e pace" (LG 22) che il successore degli apostoli condivide nel Collegio Episcopale. E' un segno di giurisdizione per l'Arcivescovo metropolita, che testimonia della comunione gerarchica che lo unisce al successore di Pietro, e serve a ricordare che insieme al Vescovo di Roma egli è chiamato ad esercitare una sollecitudine pastorale verso la Chiesa intera.

Prego che il vostro pellegrinaggio a Roma per questa cerimonia vi aiuti a comprendere e apprezzare sempre più pienamente il mistero della comunione ecclesiale, quel mistero che ci unisce nel professare la nostra fede che Gesù è "il Cristo, il Figlio del Dio vivente" (Mt 16,16). Vi chiedo di assistere l'Arcivescovo Schulte con le vostre preghiere, perché la sua fede sia così salda che egli a sua volta possa continuare a confermare i suoi fratelli e sorelle nella fede.

E la preghiera e l'intercessione della beata Vergine Maria, madre del Divino Amore, assista voi e tutta la Chiesa del vostro paese per dare testimonianza dell'amore misericordioso del Padre, Figlio e Spirito Santo. Imparto di cuore a voi tutti la mia apostolica benedizione.

1989-06-30

Venerdi 30 Giugno 1989




All'Arcivescovo e ai fedeli di Tlalnepantla - Città del Vaticano (Roma)

Il pallio ricevuto è una chiamata a vivere il Vangelo in fraternità


Caro fratello nell'Episcopato, Amatissimi sacerdoti e fedeli diocesani.

E' motivo di profonda soddisfazione darvi il più cordiale benvenuto a questo incontro, che vuole essere l'espressione dell'affetto e dell'apprezzamento che il Papa prova non solo per la comunità ecclesiale di Tlalnepantla, divenuta di recente arcidiocesi, ma anche per la nazione messicana.

Prima di tutto, desidero ringraziarla, signor Arcivescovo, per le gentili parole con cui ha voluto manifestarmi la vicinanza e l'adesione di questa Chiesa particolare. Il ricordo del pallio ricevuto, segno della comunione degli Arcivescovi metropolitani con il successore di Pietro, deve essere un richiamo per tutti a vivere annunciare il Vangelo, con un atteggiamento "di fraternità, di unità di pace" (AGD 8). Non si può dimenticare che la Chiesa intera, e in modo particolare i suoi Pastori, hanno ricevuto da Cristo il solenne mandato di proclamare in tutta la terra il messaggio di salvezza.

così, la vostra Chiesa particolare, che si trova in un deciso processo di rinnovamento cristiano e pastorale, spinta dallo Spirito Santo deve cooperare con tutti i mezzi a sua disposizione per la realizzazione del disegno di Dio, che vuole salvare gli uomini per mezzo di Cristo. Ciò costituisce il centro dell'opera evangelizzatrice in un momento difficile della storia, nel quale la persona e la società attuale, particolarmente i giovani, si sentono tanto assetati di Dio e dei valori spirituali.

Chiedo a nostra Signora di Guadalupe, consolazione e speranza per il fedele popolo messicano, che offra una costante intercessione presso il suo divino Figlio.

Come pegno di costante protezione celeste vi imparto di cuore la benedizione apostolica, che estendo volentieri alla comunità diocesana di Tlalnepantla e a tutti i Messicani.

1989-07-01

Sabato 1 Luglio 1989




Le credenziali del nuovo ambasciatore di Grecia presso la Santa Sede - Città del Vaticano (Roma)

Promuovere i diritti della persona, la giustizia e la pace nel mondo


Signor ambasciatore.

Ho ascoltato con profondo interesse l'indirizzo di saluto da lei pronunziato alla presentazione delle lettere credenziali come ambasciatore straordinario e plenipotenziario della Repubblica greca presso la Santa Sede. La ringrazio di cuore e la prego di trasmettere la mia gratitudine e sua eccellenza il Presidente Christos Sartzetakis per la sua nomina all'alto incarico che lei assume oggi. Quanto a lei, signor ambasciatore, le do il benvenuto a nome della Santa Sede e formulo voti cordiali per il successo della sua missione e anche per il suo soggiorno a Roma, dal momento che lei sarà il primo ambasciatore di Grecia presso la Santa Sede a risiedere a Roma in permanenza.

Vostra eccellenza ha molto ben sottolineato l'attaccamento del suo Paese agli ideali proposti, nell'antichità, a tutta l'umanità, come pure ai valori spirituali e morali del cristianesimo. Questa profonda e ricca tradizione costituisce una fonte di ispirazione per elaborare vie che conducano allo sviluppo integrale della persona umana e alla felicità dei popoli. Lei si è premurato di precisare che, da parte sua, il governo di Atene mette in atto un impegno a livello nazionale e internazionale per favorire il dialogo delle persone, dei gruppi sociali, degli Stati. Non è forse questa la dinamica interna che conduce la Nazione ellenica sulla strada della collaborazione e della solidarietà con le popolazioni della terra che soffrono di ritardi nello sviluppo o di calamità endemiche? Questo impegno dei suoi responsabili e dei suoi connazionali è certo in armonia con la sollecitudine della Santa Sede in materia di difesa e promozione dei diritti della persona umana, della giustizia e della pace nel mondo contemporaneo. Posso ricordare due encicliche dei miei venerati predecessori? Penso alla "Pacem in Terris" di Giovanni XXIII del 1963, indirizzata per la prima volta a tutti i capi di Stato, e, d'altra parte, ricordo con gratitudine la "Populorum Progressio", firmata da Paolo VI nel 1967 e di cui io stesso ho sottolineato la portata con un documento speciale nel ventennale. Con il passare del tempo, diventa chiaro che questi due documenti hanno molto contribuito a sensibilizzare l'opinione pubblica a quanto la Chiesa fa e dice nel campo dei diritti umani, della condivisione dei beni della terra, della priorità da dare ai diseredati, dei rischi corsi dall'umanità quando la scienza e la tecnica si chiudono davanti alla coscienza, delle sue iniziative, ufficiali e non, a favore della pace.

Ascoltandola dire di essere risoluto a non risparmiare alcuno sforzo nello svolgimento della sua alta missione, sono felice di incoraggiare vostra eccellenza a rafforzare le buone relazioni già esistenti tra la repubblica di Grecia e la Santa Sede e, in senso lato, ad operare per i valori umani, morali e spirituali, senza i quali le civiltà conoscono delle crisi drammatiche, quando addirittura non sono destinate a scomparire.

Ho la certezza fiduciosa che la sua missione contribuirà in particolare alla tranquillità e al felice inserimento, nella società greca, delle comunità cattoliche, di rito latino o bizantino.

Al termine di questo incontro, ho il piacere di sottolineare il fatto che lei è l'ambasciatore del decimo anniversario delle relazioni diplomatiche tra il suo Paese e la Sede Apostolica di Roma. Desidero assicurarle, eccellenza, che godrà ampiamente, in questa Città del Vaticano, del rispetto, della comprensione e del sostegno che ha il diritto di aspettarsi. E le auguro di trovare le soddisfazioni desiderate nell'esercizio del suo alto incarico.

A Dio affido la sua missione che oggi ha inizio, e insieme la prosperità, la concordia e il benessere della sua nazione.

1989-07-01

Sabato 1 Luglio 1989




Recita dell'Angelus - Ai fedeli riuniti, Città del Vaticano (Roma)

Come il cuore di Gesù docili allo Spirito Santo e alla voce della Madre



1. Il 2 giugno scorso, esattamente un mese fa, abbiamo celebrato la solennità del Sacro Cuore di Gesù. Desidero riprendere con voi la meditazione sulle ricchezze di questo Cuore divino, proseguendo la riflessione, iniziata in passato, sulle litanie ad esso dedicate.

Una delle invocazioni più profonde di tali litanie suona così: "Cuore di Gesù, formato dallo Spirito Santo nel seno della Vergine Maria, abbi pietà di noi". Troviamo qui l'eco di un articolo centrale del Credo, in cui prefessiamo la nostra fede in "Gesù Cristo, unigenito Figlio di Dio", il quale "discese dal cielo e per opera dello Spirito Santo si è incarnato nel seno della Vergine Maria e si è fatto uomo". La santa umanità di Cristo, dunque, è opera dello Spirito divino e della Vergine di Nazaret.


2. E' opera dello Spirito. Ciò afferma esplicitamente l'evangelista Matteo, riferendo le parole dell'angelo a Giuseppe: "Quel che è generato in Lei (Maria), viene dallo Spirito Santo" (Mt 1,20); e lo afferma pure l'evangelista Luca, riportando le parole di Gabriele a Maria: "Lo Spirito Santo scenderà su di te, su di te stenderà la sua ombra la potenza dell'Altissimo" (Lc 1,35).

Lo Spirito ha plasmato la santa umanità di Cristo: il suo corpo e la sua anima con tutta l'intelligenza, la volontà, la capacità di amare. In una parola, ha plasmato il suo Cuore. La vita di Cristo è stata posta tutta sotto il segno dello Spirito. E' dallo Spirito che viene a lui la sapienza che riempie di stupore i dottori della legge e i suoi concittadini, l'amore che accoglie e perdona i peccatori, la misericordia che si china sulla miseria dell'uomo, la tenerezza che benedice e abbraccia i bambini, la comprensione che lenisce il dolore degli afflitti. E' lo Spirito che dirige i passi di Gesù, lo sostiene nelle prove, soprattutto lo guida nel suo cammino verso Gerusalemme, dove egli offrirà il sacrificio della nuova alleanza, grazie al quale divamperà il fuoco da lui portato sulla terra (cfr Lc 12,49).


3. D'altra parte, l'umanità di Cristo è anche opera della Vergine. Lo Spirito ha plasmato il Cuore di Cristo nel grembo di Maria, che ha collaborato attivamente con lui come madre e come educatrice: - come madre, ella ha aderito consapevolmente e liberamente al progetto salvifico di Dio Padre, seguendo trepida, in adorante silenzio, il mistero della vita che in lei era germogliata e si sviluppava; - come educatrice, ella ha plasmato il Cuore del proprio Figlio, introducendolo, insieme con san Giuseppe, nelle tradizioni del popolo eletto, inspirandogli l'amore alla legge del Signore, comunicandogli la spiritualità dei "poveri del Signore". Ella l'ha aiutato a sviluppare la sua intelligenza e ha esercitato un sicuro influsso nella formazione del suo temperamento. Pur sapendo che il suo Bambino la trascendeva, perché "Figlio dell'Altissimo" (cfr Lc 1,32), non per questo la Vergine fu meno sollecita della sua educazione umana (cfr Lc 2,51).

Possiamo pertanto affermare con verità: nel Cuore di Cristo risplende l'opera mirabile dello Spirito Santo; in esso vi sono pure i riflessi del cuore della Madre. Sia il cuore di ogni cristiano come il Cuore di Cristo: docile all'azione dello Spirito, docile alla voce della Madre.

[Al termine il Santo Padre ha pronunciato le seguenti parole:] Ad un gruppo di pellegrini della diocesi di Brescia Rivolgo un saluto particolare al gruppo di fedeli della parrocchia di san Lorenzo, in Fiesse, diocesi di Brescia, i quali sono venuti in pellegrinaggio alla tomba di san Pietro per rafforzare la loro fede cristiana.

Carissimi, vi auguro che questa vostra venuta a Roma, centro del cristianesimo, vi aiuti a riscoprire le radici della vostra fede per essere più coerenti e generosi nella testimonianza del Vangelo in mezzo alla società

1989-07-02

Domenica 2 Luglio 1989




Ai Vescovi del Pakistan in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)

La Chiesa nel Pakistan è chiamata a difendere la libertà religiosa per costruire una società più giusta


Caro Cardinale Cordeiro, miei cari fratelli Vescovi.


GPII 1989 Insegnamenti - Nel decimo anniversario della nomina del segretario di Stato Città del Vaticano (Roma)