GPII 1989 Insegnamenti - Alla partenza - Ai fedeli riuniti, Oropa (Vercelli)

Alla partenza - Ai fedeli riuniti, Oropa (Vercelli)

Maria, i nostri tempi sconvolti hanno bisogno della tua maternità


Prima di lasciare questo santuario di Oropa, vorrei ringraziare soprattutto la divina Provvidenza che mi ha concesso di essere qui come era mio grande desiderio da molti anni. In questo anno 1989, il mio desiderio si è potuto realizzare.

Ringrazio poi tutti quelli che mi hanno invitato, non solamente in forma ufficiale, come soprattutto il Vescovo di Biella, ma anche con l'invito meno formale che si ripeteva tante volte, improvvisamente, durante la udienze generali.

"Quando vieni a Oropa? "Quando vieni a Oropa?". Vorrei ringraziare soprattutto quelli che con la loro preghiera e con il loro sacrificio hanno fatto il "corpo" spirituale, il corpo, direi, "mistico" di questa visita, di questo pelleggrinaggio, perché non poteva essere altro. Non poteva essere solamente una visita esterna, doveva essere un "pellegrinaggio della fede" che coinvolge la comunità della Chiesa.

Ringrazio pertanto tutti questi miei benefattori, che mi hanno aiutato a venire fin qui e a incontrarmi con la Madonna di Oropa, con il mistero di Maria vissuto in questo luogo splendido, montuoso, alpino; vissuto da tanti secoli nella fede, nell'esperienza cristiana di tante generazioni dei nostri antenati e altrettanto della nostra generazione. Ringrazio per tutto questo.

così mi sono iscritto, come persona, come sacerdote, come Vescovo, come Papa in questa lunga fila dei pellegrini a Oropa; tra tutti questi con la stessa riconoscenza, con la stessa umiltà, con lo stesso amore al mistero di Maria "Redemptoris Mater", al mistero del Verbo incarnato, al mistero stesso della Redenzione. Io mi faccio, insieme a voi, questo grande augurio di fede: possa crescere sempre nei cuori, nelle consapevolezze, nelle vite delle persone e delle comunità, questo mistero salvifico, questo mistero che ci porta sui cammini dei nostri destini, dei nostri destini soprannaturali: Dio stesso. Ecco il significato di un santuario mariano, un significato in cui acquista senso la vita di ciascuno di noi, l'esistenza terrena dell'uomo, del cristiano.

Io auguro a questo carissimo santuario di Oropa che svolga sempre la sua missione di dare significato alle esistenze della gente biellese, della gente di questa regione subalpina, della gente dell'Italia intera, dei paesi vicini e anche del mondo.

Il Padre celeste, il Figlio, lo Spirito Santo hanno destinato per la madre del Cristo questi luoghi privilegiati, in cui ella deve lavorare di nascosto. La sua missione è stata sempre nascosta. Era nascosta nel momento dell'Annunciazione, era nascosta durante tutta la vita di Gesù a Nazaret, a Betlemme, e sotto la Croce. Una missione umiliante, un'altra Croce nel cuore della madre. Era nascosta anche nel Cenacolo a Pentecoste e rimane così. Ma è la sua forza in questo nascondimento, la forza di Maria, la forza della serva, perché deve servire, deve servire nel grande destino di tutti noi di farci figli del Figlio di Dio, unico Figlio, eterno Figlio, suo Figlio. Di farci noi, poveri peccatori, figli di questo Figlio. Ecco la sua missione nascosta, la sua missione fruttuosa. Non so se si potrà alla fine di questa visita nella casa della Vergine Maria, augurare qualcosa a lei, ma se si potesse le augurerei soprattutto che la sua missione nascosta continui sempre dappertutto e sempre con più forza.

Maria, abbiamo bisogno di te! I nostri tempi sconvolti hanno bisogno di te! Della tua maternità, della tua missione nascosta. Allora ti auguriamo di essere sempre come hai detto nel momento dell'Annunciazione: "Eccomi, sono la Serva del Signore". Ti auguriamo di essere sempre questa serva del Signore per il bene dell'umanità.

1989-07-16

Domenica 16 Luglio 1989




Il saluto alla popolazione - Pollone (Vercelli)

Pier Giorgio Frassati: un giovane di Azione Cattolica ricco di fascino


Cari fratelli e sorelle.


1. L'essere qui tra voi, oggi, mi riempie lo spirito di gioia. E, pur nella brevità del tempo in cui questo nostro incontro fraterno si svolge, mi è caro salutarvi e incoraggiare le vostre aspirazioni ed i vostri propositi di fattivo impegno nella vita ecclesiale e civica di Pollone.

Rivolgo, innanzitutto, il mio saluto alle autorità religiose e civili presenti, ed elevo per esse la mia preghiera alla Vergine Maria, affinché con la sua materna intercessione ottenga loro di svolgere sempre i rispettivi compiti con zelo e dedizione, con integrità e saggezza.


2. Mentre ringrazio tutti voi, fratelli e sorelle carissimi, per questo gesto di affetto, che vi ha raccolti intorno alla mia persona, saluto i familiari di Pier Giorgio Frassati, in particolare la sorella signora Luciana Gawronska Frassati.

Sono stato poc'anzi presso la tomba di Pier Giorgio, illustre vostro concittadino. E' anche per lui che sono venuto: volevo render omaggio ad un giovane che ha saputo testimoniare Cristo con singolare efficacia in questo nostro secolo. Mi congratulo con voi che potete annoverarlo tra coloro che hanno maggiormente onorato la vostra comunità. Ben a ragione voi lo considerate uno dei vostri: Pollone è, infatti, il luogo d'origine della sua famiglia, qui egli era solito trascorrere le sue vacanze, qui ha compiuto tappe significative del suo cammino di crescita umana e cristiana. Io vedo in tutto questo anche una prova della fecondità dei valori evangelici, propri delle vostre tradizioni: fioriture come questa possono svilupparsi soltanto su di un tronco che affonda le radici in un terreno ricco di fede.

Anch'io, nella mia giovinezza, ho sentito il benefico influsso del suo esempio e, da studente, sono rimasto impressionato dalla forza della sua testimonianza cristiana.

Mi piace sottolineare, in particolare, il suo impegno nella conferenza di san Vincenzo de' Paoli e nell'Azione Cattolica, di cui egli resta uno degli esponenti più ricchi di fascino. La peculiare incisività della sua testimonianza nasce dal radicalismo della sua adesione a Cristo, dalla limpidezza della sua fedeltà alla Chiesa, dalla generosità del suo impegno missionario. Egli ha offerto a tutti una proposta che anche oggi non ha perso nulla della sua forza trascinatrice. Auguro a ciascuno, specialmente ai giovani, di saper trarre dalla sua rapida ma luminosa vicenda ispirazione e incitamento per una vita di coerente testimonianza cristiana.


3. Carissimi, la fede in Cristo impegna ogni credente all'osservanza lieta e generosa del comandamento della carità. Proprio la fede e la carità hanno contraddistinto la giovane figura di Pier Giorgio Frassati. Sappiate dunque essere persone attente al vero bene della vostra comunità.

La fede, vissuta in modo intelligente e generoso, favorisce anche il progresso civile e sociale, perché apre l'animo dei cittadini alla promozione di uno stile di convivenza fondato sull'amore del prossimo, sulla giustizia e sulla solidarietà. L'esperienza insegna che dall'accettazione volonterosa dei valori evangelici e delle norme etiche che li incarnano non deriva soltanto una adeguata risposta alle insopprimibili esigenze di beni spirituali che pulsano nel cuore umano, ma è stimolato anche il progresso umano nel suo insieme ed è facilitata la partecipazione ad esso da parte di tutti in modo completo e conforme alla dignità della persona.


4. Vi esorto, pertanto, ad accogliere con fiducia nella vostra vita il Signore Gesù, il cui messaggio evangelico si rivolge a tutti gli uomini. Quando egli parla "è la sua vita stessa che parla, la sua umanità, la sua fedeltà alla verità, il suo amore che abbraccia tutti" (RH 7). Con la forza suadente del suo insegnamento e del suo esempio egli ci propone modelli di comportamento veramente degni dell'uomo, perché fondati sulla sulla verità della comune chiamata a far parte della stessa famiglia di Dio. Quanto più l'uomo sa riconoscersi, in Cristo, figlio dell'unico Padre, che è nei cieli, tanto più compiutamente realizza se stesso sulla terra, aprendosi costruttivamente alla collaborazione con i fratelli.

Nell'affidarvi queste riflessioni, vi auguro di custodire sempre la vostra fedeltà alle nobili tradizioni di questa terra, e soprattutto di tener alto il sentimento cristiano e religioso, che vi caratterizza, mentre imparto di vero cuore a ciascuno di voi, ai vostri familiari, a tutti gli abitanti di Pollone e a tutti coloro che sono qui convenuti la benedizione apostolica.

1989-07-16 17/01/19102

Domenica 16 Luglio 1989 Pag. 14630




Ai fedeli di Aosta - Quart (Aosta)

Il vostro carmelo, mistica dimora di Dio fra gli uomini


Carissimi fratelli e sorelle della Valle d'Aosta.


1. Prima di ogni altra cosa desidero esprimere la mia gioia di trovarmi ancora fra voi, dopo la visita pastorale fatta alla vostra diocesi nel settembre del 1986.

Saluto e ringrazio il Vescovo, le autorità civili e quanti hanno reso possibile e gradevole il soggiorno in questa meravigliosa località, che accoglie il visitatore con lo spettacolo suggestivo dei suoi panorami e lo conforta con la freschezza e la salubrità del suo clima.

Tre anni or sono, al termine della Messa, ebbi la gioia di benedire la prima pietra dell'erigendo monastero delle carmelitane. E dopo vi dissi, come ben ricordo, che in valle d'Aosta le pietre sono abbondanti, e quindi è facile costruire monasteri. Ma sapevo bene che unire insieme e cementare saldamente le pietre per farne un bel monastero, come quello che avete costruito, non sarebbe stato cosa facile. Se in così breve tempo tante pietre sono state unite ed hanno formato il vostro Carmelo, è perché i vostri cuori ed i vostri intenti si sono uniti per formare questa casa di preghiera, questa mistica dimora di Dio fra gli uomini.

Mi è stato detto che alla costruzione del monastero hanno contribuito con vero slancio numerose persone. C'è stato chi ha offerto il terreno, e chi l'artistico progetto; ci sono state poi le offerte di poveri e umili fedeli, che hanno affrontato non lievi sacrifici pur di vedere realizzata questa opera. Tra i sostenitori merita una doverosa menzione la vostra amministrazione regionale che mediante la concessione di un mutuo a lunga scadenza, ha permesso di condurre avanti i lavori senza particolari difficoltà. Su tutti i benefattori invoco la ricompensa del Signore, mentre esprimo loro il mio compiacimento.


2. Di fronte alle gravi difficoltà della Chiesa e del mondo contemporaneo, qualcuno potrebbe pensare che sia preferibile avere nella vostra diocesi suore di vita attiva, anziché di vita contemplativa. In altre parole; che agire valga più che pregare. In realtà non è così.

Senza togliere l'onore, il merito e la gratitudine alle care suore, che in mille modi testimoniano l'amor di Dio per i poveri, per i piccoli, per gli infermi, bisogna riconoscere che la Chiesa ha ancor più bisogno di anime dedite alla preghiera contemplativa, come è praticata nei monasteri. La contemplazione sta alle sorgenti dell'azione: da essa derivano le energie spirituali che sostengono il Popolo di Dio nel suo cammino verso la salvezza.

Una pagina celebre dell'antico testamento ci presenta Mosè che prega sul monte, mentre il suo popolo lotta per aprirsi la via che porta alla libertà della terra promessa. Mosè è la guida del Popolo di Dio; una guida che invece di combattere nella pianura sta sul monte a pregare. La cosa più ammirevole è che, finché Mosè prega, il popolo vince; quando invece interrompe la preghiera il popolo soccombe. Evidentemente dalla preghiera dipende la vittoria sugli ostacoli che il Popolo di Dio incontra sulla via della salvezza (cfr. Ex 17,8-15).


3. Sul valore della vita contemplativa s'interrogo anche santa Teresa di Gesù Bambino, una carmelitana come quelle che verranno a popolare il monastero ora eretto ad Aosta. La santa trovo la risposta al suo problema nella lettera di san Paolo ai cristiani di Corinto (12-13), là dove l'apostolo presenta la Chiesa ed afferma che in questo corpo le membra sono molte e hanno tutte un compito specifico. Nella Chiesa non si può essere al tempo stesso apostoli, profeti o dottori, così come nel corpo l'occhio non può essere al medesimo tempo la mano o il piede o un altro membro. Le vocazioni sono diverse e tutte necessarie. Nella stessa lettera pero si afferma che nella Chiesa c'è una "via migliore di tutte" è la via dell'amore (cfr 1Co 12,31). Ora la vita contemplativa è precisamente questa via, "migliore di tutte". Contemplare non è stare in ozio; è invece amare Dio e, in lui, amare tutta la umanità. Per amore dei fratelli le anime contemplative assumono nella loro vita e nella loro preghiera tutte le necessità del mondo per presentarle a Dio, tutto il male del mondo per espiarlo davanti a Dio.

La contemplazione, quindi, stimola e sostiene ogni forma di vita attiva nella Chiesa, ne è l'anima profonda e più vera. La presenza dei contemplativi in seno al Popolo di Dio compie lo stesso ufficio della presenza del cuore nel corpo umano; come il cuore, pur rimanendo nascosto, è all'origine di tutta l'attività che il corpo sviluppa, così la contemplazione, dal nascondimento, dà vita e santità alla Chiesa.

Quando santa Teresa scopri questa verità, trasali di gioia ed esclamo: "Compresi che la Chiesa ha un cuore, un cuore bruciato dall'amore. Capii che solo l'amore spinge all'azione le membra della Chiesa e che, spento questo amore, gli apostoli non avrebbero annunziato il vangelo, i martiri non avrebbero più versato il loro sangue. Compresi che l'amore è tutto e abbraccia in sè tutte le vocazioni" (S. Theresia a Iesu Infante "Autobiogr.").


4. Io son certo che il carmelo della Valle d'Aosta sarà un centro d'amore per Dio e per gli uomini, se le religiose che in esso confluiranno sapranno vivere la loro consacrazione in piena fedeltà allo spirito della fondatrice, santa Teresa d'Avila. Auspico che esso davvero divenga in breve tempo il cuore di questa comunità cristiana e stimoli un salutare movimento di fede in tutto il Popolo di Dio qui pellegrino. E vi auguro che dalle correnti di preghiera, che di qua saliranno al cielo nascano vocazioni sacerdotali e vocazioni religiose, di vita attiva e contemplativa; che di qua derivino santità per le famiglie, crescita in sapienza e grazia per le giovani generazioni, serenità per chi soffre nelle malattie del corpo e dello spirito, pazienza gioiosa per chi nel lavoro porta a compimento la opera della creazione; che di qua sorgano anche propositi di conversione per chi si è allontanato dalle vie di Dio.

Davvero ogni monastero è il cuore pulsante della comunità che l'ha voluto nel suo territorio. Voi, fratelli e sorelle della Valle d'Aosta, avete costruito il vostro carmelo proprio nel centro geografico della valle, quasi per affermare, anche visivamente, che il carmelo è il centro della diocesi.


5. Di tutto questo mi congratulo con voi e, in segno del mio compiacimento, imparto alle monache che presto giungeranno, ai progettisti dell'opera, ai benefattori, alle maestranze dell'impresa edile ed a tutta la Chiesa che vive in Valle d'Aosta la benedizione apostolica.

[Al termine il Santo Padre ha pronunziato le seguenti parole:] Una parola di ringraziamento per questi doni. Essi hanno un fondamento realistico, ma anche un valore simbolico. Pensando soprattutto alle future carmelitane vedo che non mancherà loro la casa, la loro dimora con Dio e quella di Dio con loro e di tutti noi con loro e con Dio. Ma non mancherà anche qualche cosa da mangiare. Lo si vede subito. Sono i primi doni per la cucina carmelitana.

Lasciandovi, non posso non ricordare un elemento molto significativo.

Ecco il carmelo della Valle d'Aosta porta il nome della Madre della misericordia.

Allora il centro principale di questa devozione alla Madre della divina misericordia si trova abbastanza lontano da qui, in un paese certamente conosciuto di nome, in Lituania.

La nella città capitale della Lituania si trova questa famosa immagine della Madre della divina misericordia. Quella città si chiama in lituano Vilnius, in polacco Vilno. Allora qualche volta le vostre suore e con loro tutti voi dovete pellegrinare, fare un pellegrinaggio in questa terra che ha tanto bisogno della nostra comunione di preghiera, verso questo popolo coraggioso e tanto cattolico, tanto fedele alla sua tradizione cristiana e lituana.

Allora vi lascio anche questa ultima osservazione perché è parte della tradizione carmelitana. Vicino al santuario della Madonna di "Ausros Vartai", Madonna della divina misericordia, si trovano i padri carmelitani, è uno dei loro posti pastorali e contemplativi.

Carissimi cittadini della Val d'Aosta, mantenete nei vostri cuori anche questa terra lontana e tanto vicina, attraverso la Chiesa, attraverso le tradizioni cristiane comuni, tanto vicina a noi, anche se geograficamente così lontana. Sia lodato Gesù Cristo.

1989-07-16

Domenica 16 Luglio 1989




Nella parrocchia - Ai fedeli riuniti - Introd (Aosta)

Attraverso la bellezza della natura Dio eleva il nostro spirito


Sia lodato Gesù Cristo.

Fratelli e sorelle carissimi, voglio salutare tutti i presenti, tutti i parrocchiani, di questa parrocchia di Introd, diciamo parrocchiani per tutto l'anno, come anche tutti coloro che sono parrocchiani estivi, tra i quali in questi giorni devo contare anche me stesso. Vi ringrazio per la vostra presenza, per la vostra riunione, vi ringrazio per le parole del signor sindaco ed anche per le parole del vostro parroco. Vi ringrazio per i doni molto significativi. Il primo di questi doni è san Paolo, apostolo delle genti, apostolo convertito. Ecco, sappiamo bene come nella conversione di Paolo che era un fariseo accanito nemico di Cristo, ci sia voluta tutta la forza di Cristo crocifisso e risorto. Ma poi egli è diventato un santo difficilmente paragonabile con tanti altri santi della Chiesa.

Allora san Paolo ci parla della conversione. E volevo dire che ci sono diversi modi in cui Dio ci invita alla conversione. Penso che anche la bellezza della natura è uno di questi modi, di questi mezzi per convertirci a Dio, per far alzare il nostro spirito verso ciò che è trascendente, ciò che supera tutto. Come si vede il superamento della natura nelle montagne, così anche si deve trovare un superamento di quello che è naturale, umanamente naturale che è solamente umano, superamento nel soprannaturale, nel divino. Certamente molte volte la montagna, come la natura in genere, è servita come un predicatore di Dio, testimone di Dio creatore, Dio onnipotenza, Dio di grandezza e Dio di bellezza.

Allora vi ringrazio per questo dono significativo, per questo dono che dice: se tu sei venuto nella nostra regione è perché anche tu devi convertirti, devi convertirti per portare bene il pastorale. Certamente il pastorale è lo strumento dei pastori nelle montagne che guidano le pecore; ma è anche strumento dei Pastori della Chiesa per guidare spiritualmente il Popolo di Dio. Grazie per questo dono offerto dalla vostra parrocchia.

Ringraziandovi per questa occasione d'incontro auguro a tutti di vivere da buoni cittadini in questa regione speciale. Si sa bene che la Val d'Aosta ha la caratteristica di essere bilingue. Una bella tradizione. Una bella realtà. Ma vi auguro anche di essere buoni parrocchiani, o in permanenza, o almeno in questi mesi estivi durante le vacanze. Vi auguro tutto questo di cuore e voglio insieme al vostro Vescovo di Aosta offrire una benedizione a tutti i presenti, alle persone a voi care, alla vostra comunità religiosa, ecclesiale e alla comunità civile.

1989-07-16

Domenica 16 Luglio 1989




Ai giovani della Val d'Aosta - Les Combes (Aosta)

Gesù Cristo è la mistica montagna di tutte le generazioni nella quale l'uomo è chiamato da Dio a superare se stesso


Preparandoci alla benedizione conclusiva di questa nostra preghiera, preghiera sinodale per introdurre il Sinodo diocesano della diocesi di Aosta, vorrei fare una breve riflessione sulla circostanza in cui questa nostra preghiera ha luogo.

Ecco, la Val d'Aosta, ecco le montagne, le Alpi. In queste montagne tante persone, persone di questa terra, Italiani, ospiti di altre terre di diverse nazionalità, tutti vengono qui. Vengono con una speciale sfida.

Le montagne sono una sfida. Le montagne provocano l'uomo, la persona umana, i giovani, e non solamente i giovani, a fare uno sforzo per superare se stessi. Ciascuno di noi potrebbe camminare sulle strade, sulle piazze delle nostre città con tutte le comodità, e viaggiare, perché oggi camminare vuol dire sempre di più usare un veicolo. Invece qui nelle montagne si viene per trovarsi davanti a una realtà geografica che ci supera e ci provoca ad accettare questo superamento, a superare noi stessi. Superare noi stessi. E si vedono questi camminatori, si vedono questi turisti, questi alpinisti, questi scalatori qualche volta eroici che, seguendo la parola tacita, la parola maestosa, l'eloquenza perenne delle montagne, camminano, scalano superando se stessi per arrivare alle vette molte volte tra difficoltà, molte volte con una speciale tecnica alpinistica. Ecco la Val d'Aosta, la vostra regione, la vostra patria ci parla di questo grande problema umano: superare se stesso.

L'uomo è chiamato a superare se stesso. E' chiamato non solamente alle montagne nella sua dimensione fisica, corporale. E' chiamato da Dio in Gesù Cristo. Ecco la mistica montagna di tutte le generazioni di tutta la storia umana: Gesù Cristo, in cui l'uomo è chiamato da Dio a superare se stesso e ad attingere il suo destino soprannaturale: soprannaturale e, nello stesso tempo, pienamente umano, mostratoci in Gesù Cristo, vero Dio e vero uomo.

Ecco il cammino, il cammino spirituale, il cammino della vita cristiana, il cammino che provoca, che sfida, che invita ciascuno di noi, specialmente voi giovani perché, per voi giovani, Cristo in un senso speciale è la via, la verità e la vita. Per noi tutti e per ciascuno, ma per voi che vi trovate all'inizio del vostro cammino, della vostra esperienza esistenziale, Cristo in senso speciale è via, verità e vita. E ci invita come in un certo senso ha invitato i due discepoli di Emmaus, che camminavano da Gerusalemme a Emmaus, forse fuggendo, sfuggendo da quella città in cui avevano vissuto la tragedia del loro maestro. A un certo momento Cristo, si crocifisso, si sepolto, camminava con loro e spiegava loro il mistero della sua Passione, il suo mistero pasquale come era iscritto in tutta la tradizione veterotestamentaria dei profeti. Non poteva essere altro il Messia, non poteva essere altro il Cristo. Solamente così, solamente attraverso la Croce, fino alla Risurrezione. Questo per lungo tempo non poterono capirlo. Ma venne un momento in cui poterono capirlo. "In fractione panis".

Ma vorrei tornare ancora una volta a questo "camminare" alpinistico così tipico delle montagne della vostra regione, la Val d'Aosta, le più superbe montagne delle catene alpine, le più superbe montagne di tutta l'Europa. Si vede che questi camminatori alpini, scalatori mai camminano da soli. Specialmente se hanno un programma alpinistico più ambizioso e più rischioso, camminano sempre in due, in tre, in quattro. Possiamo dire che il modo di fare l'alpinismo è un modo "sinodale". Si deve trovare una strada comune, un cammino comune, e questo è anche il metodo tradizionale della Chiesa, che viene dalla esperienza dei dodici, dal Cenacolo e poi si trasferisce nelle generazioni sempre nuove.

La Chiesa nel suo cammino spirituale ha trovato e poi confermato il metodo sinodale.

Camminare insieme, incontrarsi, incontrarci, trovare una strada comune, una strada in cui noi due, noi tre, noi cento, noi diecimila stiamo insieme per arrivare a quella mèta spirituale che è la vita in Gesù Cristo, per arrivare personalmente, collegialmente nella dimensione della comunità di una diocesi, di una provincia ecclesiale, di un popolo, di tutta la Chiesa.

Ecco, si vede come le esperienze degli alpinisti e le esperienze dei cristiani sono vicine, perché qui e là c'è una sfida. Bisogna superare se stessi, bisogna rispondere a colui che ci ha superato: Gesù Cristo. Ma non ci ha superato per lasciarci nella nostra situazione bassa. Ci ha superato per insegnarci come superare noi stessi, come trovare la vita con lui, come realizzare in lui la nostra vita, il nostro cammino, come scoprire in lui la pienezza della verità.

Queste sono le mie riflessioni ispirate anche un po' dalle circostanze esterne, ma soprattutto indirizzate a voi giovani, che siete qui insieme con il vostro Vescovo e con i vostri sacerdoti, siete in questa riunione diocesana per pregare e anche per introdurre l'esperienza sinodale tra voi e in tutto il Popolo di Dio della diocesi di Aosta. Vi ringrazio per questo incontro, ringrazio tutti i presenti. Fra voi sono anche gli alpini, questa parte famosa dell'esercito italiano tanto legata alle montagne, alle Alpi. E ci sono anche altri rappresentanti della regione, della cultura regionale. Saremo molto lieti di ascoltarli, e poi anche di osservare, di vedere con compiacimento le loro caratteristiche danze regionali.

Per tutto questo ci vuole anche il fuoco. Cercheremo di fare questo fuoco, poi cercheremo anche di risolvere quel difficile problema ecclesiologico che ci ha posto il vostro Vescovo; se questa sera non ha parlato nessuna donna, ma solamente un giovane, e non una giovane, c'è sempre una Madonna che sta fra noi e che ci guarda coi suoi occhi materni e ci parla più di ogni giovane, maschio o femmina, e ci parla più di ogni sacerdote, di ogni apostolo e di ogni Papa. Vi lascio, per il futuro della vostra diocesi e specialmente di questo Sinodo che comincia il suo cammino, con questa "Donna", a cui si riferisce nel senso supremo tutto quello che possiamo dire nella "Mulieris Dignitatem". E adesso, insieme col vostro Vescovo, voglio offrire a tutti una benedizione.

1989-07-20

Giovedi 20 Luglio 1989




Durante la santa Messa - Ai fedeli riuniti, Les Combes (Aosta)

Rendiamo grazie al Signore per i doni della creazione


"Gratias agamus Domino Deo Nostro!". Nel centro della celebrazione eucaristica si trovano sempre queste parole, questa invocazione, perché l'Eucaristia è rendimento di grazie: "gratiarum actio". E' ringraziamento. In questa grande preghiera e con questo divino sacrificio di Cristo vogliamo ringraziare per tutti i doni, i doni della creazione, i doni della Redenzione e della nostra santificazione.

Tutto questo ha una speciale eloquenza nel luogo in cui ci incontriamo, nella vostra regione della Val d'Aosta, perché ci sono tanti motivi per gridare qui, davanti alla maestà della natura, delle montagne, per gridare a Dio: "Gratias agamus Domino Deo Nostro!". Sono motivi visibili. Ci sono poi tanti altri motivi invisibili, di ordine spirituale, che lo Spirito Santo conosce insieme con noi, con le nostre coscienze. Ma l'invocazione eucaristica, "Gratias agamus Domino Deo Nostro!", esprime sempre un'altra dimensione, perché la nostra gratitudine a Dio creatore, redentore, santificatore, a Dio che è con noi, Emmanuele, questa invocazione e questa gratitudine ci portano sempre verso le persone, gli altri uomini, le altre persone umane.

Ed io vorrei esprimere questa gratitudine davanti a voi, specialmente nelle mani del Vescovo di Aosta che ci ha donato tanto insieme con i suoi sacerdoti e con tutto il Popolo di Dio di questa diocesi, durante questi giorni estivi. Ci ha donato tanto. Siamo pieni di gratitudine per tutto quello che la diocesi di Aosta ci ha offerto con il suo invito nella forma di questa permanenza, di questo "essere insieme" con tanti doni di Dio in ordine alla natura, ma anche in ordine all'umana comunione e comunità.

così questo mio ringraziamento viene portato a tutti coloro ai quali deve essere portato. A tutti i presenti, a tutti voi, carissimi fratelli e sorelle, della cui benevolenza ho approfittato ogni giorno. Ci siamo incontrati, abbiamo passato le giornate insieme, specialmente sulle montagne. Ma accanto a voi ci sono tanti altri, più nascosti, meno visibili: persone, istituti e comunità, ai quali si deve offrire questo ringraziamento "dentro la Eucaristia" perché non trovo altro modo di ringraziare ciascuno e tutti se non così: "dentro l'Eucaristia".

Vi prego, carissimi presenti come anche tutti coloro che non partecipano a questa Eucaristia ma hanno partecipato in modo diverso alla preparazione e alla realizzazione di questo incontro, di accettare il mio grazie profondamente sentito, di accettare questo grazie espresso attraverso l'Eucaristia: grazie nella sua dimensione sacramentale. Colui che vi ricompensi sia lui stesso, lui che è il datore di ogni bene, lui stesso, Padre, Figlio e Spirito Santo. Sia lui che ricompensi ciascuno di voi e le vostre famiglie e tutti gli amatissimi donatori e tutti gli amatissimi fedeli che compongono la vostra comunità ecclesiale di Aosta, la vostra diocesi.

Pregheremo insieme. Pregheremo condividendo le intenzioni personali di ciascuno, delle vostre famiglie, specialmente delle persone sofferenti e di altri fratelli bisognosi, fratelli e sorelle, in questo momento, in questo luogo e dappertutto. così, riuniti intorno all'altare, cercheremo di dare a questa invocazione centrale dell'Eucaristia, "Gratias agamus Domino Deo Nostro", una dimensione umana, profondamente umana e largamente umana. Vi ricompensi colui al quale diciamo "Gratias agamus". Che tutto il bene fatto da voi trovi il suo posto in questa gratitudine che viene orientata, indirizzata verso Dio solo, Dio da cui procede ogni bene, in cielo ed in terra. Amen.

1989-07-21

Venerdi 21 Luglio 1989




Ai fedeli di Castel Gandolfo (Roma)

Il saluto ai fedeli di Castel Gandolfo


Saluto cordialmente Castel Gandolfo, tutti i cittadini di questa amata città legata alla permanenza del Papa durante le vacanze. Saluto le autorità, il signor Sindaco, la Giunta Comunale. Saluto poi la parrocchia ed il padre parroco che è qui, davanti a me, e tutti i parrocchiani e le parrocchiane. La parrocchia di Castel Gandolfo fa parte della diocesi di Albano. Allora saluto anche la diocesi di Albano ed il Vescovo di Albano, monsignor Bernini.

Castel Gandolfo, durante le vacanze, è accogliente. Non solamente accoglie il Papa, ma anche gli altri ospiti, i pellegrini, i villeggianti. Allora saluto tutti i nostri ospiti, le diverse comunità, le comunità religiose che si vedono qui, come anche altri gruppi, associazioni che trascorrono le ferie estive vicino a questo Lago di Albano. Auguro a voi come a me una buona permanenza a Castel Gandolfo.

Penso che Castel Gandolfo abbia esperienza nell'offrire una buona permanenza ai Papi. Allora possiamo essere sicuri che lo si ripeterà anche quest'anno. E già l'undicesimo anno della mia permanenza estiva a Castel Gandolfo.

Tutti e due abbiamo qualche esperienza: gli abitanti di Castel Gandolfo ed il Papa.

Mi auguro anche la vostra preghiera. Anzi mi raccomando alla vostra preghiera, alla preghiera di tutta la comunità cristiana ed in modo speciale dei sofferenti, di coloro che possono attribuire alla loro preghiera anche quel grande peso dell'amore e del sacrificio che costituisce la grazia della loro vocazione e nello stesso tempo la croce della loro vocazione. La croce ci ha portato la grazia e sempre ci porta la grazia di Gesù Cristo.

Allora mi raccomando a Gesù Cristo che è dappertutto lo stesso e vive fra noi. Dove sono due o tre riuniti nel suo nome, egli si trova al loro centro.

Mi affido anche alla sua Madre, che è sempre vicina a lui e, a causa sua, sempre vicina a noi, perché ci è stata lasciata come Madre di tutti: Ecco il tuo figlio.

così saluto Castel Gandolfo nella prima serata del nostro incontro.

Speriamo che ci saranno ancora altre circostanze per ripetere questi incontri e forse approfondirli. Sia lodato Gesù Cristo.

1989-07-21

Venerdi 21 Luglio 1989









Alla santa Messa per la comunità delle ville pontificie e per due gruppi di pellegrini - Castel Gandolfo (Roma)

Dio vuol essere ospite dell'uomo


Nel nome della Santissima Trinità saluto la comunità delle ville pontificie: tutti i dipendenti, il direttore, i suoi collaboratori, le vostre famiglie, tutti benvenuti all'inizio della mia permanenza a Castel Gandolfo a tutti riuniti per partecipare alla santissima Eucaristia. Saluto insieme con voi anche i nostri ospiti, soprattutto i nostri ospiti olandesi, della diocesi di Roermond: monsignor Joannes Gijsen e gli altri pellegrini venuti con lui. Saluti anche gli altri ospiti venuti dalla lontana città di Hong kong. Anche loro hanno voluto approfittare di questa permanenza a Roma per partecipare alla Messa celebrata dal Papa.

Ci prepariamo adesso a partecipare all'Eucaristia, a questo "mistero della fede" che è per noi mistero santissimo. Per questo prima di ascoltare la Parola di Dio, prepariamoci interiormente confessando i nostri peccati e le nostre debolezze spirituali davanti a Dio, a questo Dio che ci ha creati, a questo Dio Cristo che ci ha redenti, a questo Dio Spirito Santo che ci dà la vita.

[All'omelia:] Fratelli e sorelle carissimi.

Abbiamo ascoltato la Parola di Dio, la Parola sacra della liturgia dell'odierna domenica. In questa Parola, nelle letture, sono presenti delle figure sintomatiche. Prima abbiamo Abramo che accoglie un Dio ignoto, non sapendo che colui che accoglie è Dio, anzi Dio trino. Ma egli lo accoglie con tutta l'ospitalità. Abbiamo, poi, le due sorelle, sorelle di Lazzaro, Maria e Marta nella loro casa, in quella casa in cui Gesù era ospite molte volte. Allora possiamo dire che la Parola di Dio dell'odierna domenica ci porta verso il tema dell'ospitalità, dell'ospitalità specifica: l'ospite è Dio; l'uomo dà ospitalità a Dio.

Vorrei aggiungere a queste figure della liturgia anche un'altra che normalmente viene commemorata dalla nostra Chiesa il 23 luglio. E la figura di santa Brigida, svedese, svedese e romana. Vorrei aggiungere questa figura anche a causa della mia recente visita in Svezia, in Scandinavia, nei Paesi nordici, e specialmente a Vadstena. Vadstena era il luogo in cui viveva santa Brigida come madre di famiglia e poi come vedova. Come vedova ella ha fondato una congregazione religiosa che porta il suo nome, le Brigidine, e si è trasferita a Roma. così per i secoli, anche per quei secoli venuti dopo i secoli della separazione tra Roma e la Scandinavia, santa Brigida ha creato un legame, un legame duraturo tra Roma e Vadstena, tra Roma e la Svezia, tra Roma e i Paesi scandinavi.

Vorrei di nuovo riprendere questo tema centrale della liturgia odierna: l'uomo dà ospitalità a Dio. Dio vuol essere ospite dell'uomo, vuol abitare presso di lui, vuol abitare fra noi. Questo è il suo nome prediletto: Emmanuele, Dio che abita con noi e fra noi. Anzi sappiamo da Gesù che questo Dio abita in noi: abita il Figlio e con il Figlio viene il Padre e, venendo tutti e due per abitare, danno a ciascuno di noi lo Spirito Santo, perché sono ospiti, sono ospiti che portano il loro dono, e questo dono divino è lo Spirito Santo. Ecco il concetto principale della liturgia odierna.

Seguendo questa liturgia e questo contesto - noi dobbiamo anche vedere meglio qual è il programma della nostra vita cristiana. Lo vediamo soprattutto attraverso le due sorelle, Marta e Maria. Marta è un simbolo delle preoccupazioni quotidiane, di questa vita, possiamo dire, nostra: ciascuno di noi con i suoi impegni, con le sue preoccupazioni quotidiane. E Gesù, rispettando quello che fa Marta, la sua preoccupazione per tutto quello che è necessario e utile, sottolinea che c'è una cosa specialmente necessaria, più necessaria di tutte quelle che noi dobbiamo continuamente e quotidianamente compiere e realizzare. Questa cosa più necessaria, questo "unum" necessario, è ascoltare questa Parola e assorbire questa Parola, vuol dire introdurla nella nostra vita.

così la liturgia di oggi ci presenta il programma della vita cristiana.

Si, noi siamo chiamati a tanti impegni ed anche questi impegni diversi costituiscono il carattere della nostra vita cristiana, anzi la nostra vocazione cristiana. Ma costituiscono questa vocazione cristiana se vengono realizzati con questo "unum" necessario, con l'ascolto della Parola di Dio e poi con ciò che la Parola di Dio produce nei nostri cuori, con questa ospitalità a Dio in cui ci viene dato lo Spirito Santo dal Padre e dal Figlio, in cui lo Spirito Santo datoci dal Padre e dal Figlio trasforma il nostro cuore, trasforma il nostro uomo interiore e crea in noi la novità della vita.

Questo è il contenuto della liturgia di oggi. Ci prepariamo adesso a dare ospitalità a Gesù Eucaristia, perché la liturgia eucaristica è composta dalla Parola di Dio che sentiamo e, poi, soprattutto da questo mistero del pane e del vino in cui Gesù ci offre se stesso, il suo Corpo e il suo Sangue.

Ci prepariamo adesso a dare ospitalità a Gesù eucaristico.

Rimaniamo un certo tempo in silenzio per meditare queste verità e per prepararci alla celebrazione eucaristica, all'offertorio del pane e del vino e soprattutto alla presenza di Gesù e alla santissima Comunione.

[Prima della benedizione conclusiva:] Abbiamo ringraziato con queste poche parole per il dono ell'Eucaristia.

Ma non ci sono parole sufficienti, non c'è un ringraziamento, una gratitudine sufficiente per ringraziare per questo dono che Dio ci fa, accettando la dimora nel nostro cuore, facendosi nostro ospite. Cerchiamo di vivere questa gratitudine tutta la giornata odierna, la domenica del Signore, e tutta la settimana che incomincia oggi.

Adesso, per concludere la nostra celebrazione eucaristica, imploriamo la benedizione di questo Dio, di questo Dio che si è fatto ospite tra noi, nei nostri cuori, nella Chiesa, nel mondo. Questo Dio che è Padre, Figlio e Spirito Santo.

Imploriamo la sua benedizione per tutti noi qui presenti, per tutti coloro che appartengono alla comunità delle ville pontificie, per tutti i nostri ospiti dell'Olanda e per tutti i nostri ospiti di Hong Kong, per ciascuno e per tutti.

Ecco, le parole della benedizione conclusiva cantate in latino insieme con il Vescovo di Roma.

1989-07-23

Domenica 23 Luglio 1989




Recita dell'Angelus - Ai fedeli riuniti, Castel Gandolfo (Roma)

Obbedienza è il nuovo nome dell'amore


"Cuore di Gesù, obbediente fino alla morte, abbi pietà di noi".


GPII 1989 Insegnamenti - Alla partenza - Ai fedeli riuniti, Oropa (Vercelli)