GPII 1989 Insegnamenti - Con un messaggio al Cardinale Gantin per l'inaugurazione della nuova sede del CELAM - Castel Gandolfo (Roma)

Con un messaggio al Cardinale Gantin per l'inaugurazione della nuova sede del CELAM - Castel Gandolfo (Roma)

Il Papa annuncia la quarta conferenza generale dell'Episcopato latinoamericano


Al Cardinale Bernardin Gantin prefetto della congregazione per i Vescovi presidente della pontificia commissione per l'America Latina.

In occasione della sua prossima visita a Bogotà per l'inaugurazione della nuova sede del consiglio episcopale latinoamericano, la prego di farsi portavoce del mio cordiale saluto ai Pastori delle Chiese che sono pellegrine in quel "Continente di speranza". Questo saluto è diretto anche a tutti i sacerdoti, religiosi e religiose, così come ai laici fedeli, uomini e donne, impegnati in opere apostoliche. Il mio affetto pastorale ricorda soprattutto i poveri e coloro che soffrono, perché essi sono sempre oggetto dell'amore preferenziale della Chiesa.

Mi compiaccio nel ricordare ora la visita che feci alla sede del CELAM, il 2 luglio del 1986, durante il mio viaggio apostolico in Colombia. Ebbi allora occasione di dire ai Vescovi li riuniti: "Giungendo a questa casa, dove il consiglio episcopale latino americano ha la sua sede, non posso fare a meno di ricordare quella memorabile visita del mio venerato predecessore, il Papa Paolo VI, che l'inauguro con la sua benedizione nell'agosto del 1968, in occasione del XXXIX Congresso Eucaristico Internazionale di Bogotà".

In quella circostanza Paolo VI espresse un desiderio che ora voglio fare mio: "Che questa sede sia sempre un fuoco di fervore spirituale - anima di ogni ministero veramente efficace - una testimonianza vivente di fedeltà alla Cattedra di Roma e agli insegnamenti del recente Concilio; un centro di comprensione reciproca, unificatore delle azioni in quei programmi che, per essere più efficienti richiedono la solidarietà delle volontà; un centro di servizio diligente e di aiuto costante rivolto agli Episcopati Nazionali; e che il lavoro, molte volte faticoso e sotterraneo, di questi centri abbia, per coloro che lo fanno, lo spirito e il valore soprannaturale dell'apostolato" Queste indicazioni di Paolo VI diventano pressanti per la vicinanza del quinto centenario dell'inizio della evangelizzazione del Nuovo Mondo. Bisogna commemorare questo evento rendendo grazie a Dio per tutti i benefici che ha comportato per questi popoli l'opera ecclesiale della prima evangelizzazione.

Questa commemorazione, comunque, non può ridursi solo al dare uno sguardo al passato per un bilancio, d'altra parte necessario, di successi e insuccessi, di aspetti positivi e negativi. E' necessario pensare anche, e soprattutto, al futuro.

Per questo, fra le celebrazioni commemorative di questo quinto centenario, desidero che abbia luogo, come avvenimento fondamentale, la quarta conferenza generale dell'Episcopato latinoamericano nella città di Santo Domingo, per poter così mettere in rilievo il ruolo che quella arcidiocesi ha avuto all'inizio della evangelizzazione del continente più recentemente scoperto. A suo tempo io stesso convochero la conferenza che si sta già preparando.

In continuità con le conferenze di Rio de Janeiro (1955), di Medellin (1968) e di Puebla (1979), e in sintonia con gli insegnamenti e gli orientamenti che questa Sede Apostolica ha via via dato agli Episcopati e a tutti i popoli del Sud America, l'attenzione dell'assemblea sarà centrata sulla "Nuova Evangelizzazione", proiettata principalmente sulla presenza della Chiesa nelle diverse culture di questo continente. Per questa nuova evangelizzazione ho convocato tutte le Chiese dell'America Latina, tenendo presente la sfida che ci è offerta dal quinto centenario dell'evangelizzazione e il terzo millennio del cristianesimo, verso il quale camminiamo ricolmi di fede e amore in Cristo, redentore del mondo e Signore della storia.

Mi auguro vivamente che la nuova sede del consiglio episcopale latino americano sia un centro che favorisca l'impulso di evangelizzazione in tutto questo continente. così - il CELAM compirà la sua missione come "organismo di contatto, riflessione, collaborazione e servizio delle Conferenze Episcopali" (cfr. "Statuta", art. 1), affinché i Pastori della Chiesa possano guidare con sicurezza tutto il Popolo di Dio che peregrina a quelle latitudini, illuminate già da cinque secoli dalla luce del messaggio salvifico e liberatore di Gesù Cristo.

Pongo sotto il manto protettore di nostra Signora di Guadalupe la nuova sede del CELAM e tutte le persone che vi lavoreranno, mentre imparto a lei e a tutti i fratelli dell'America Latina la mia benedizione apostolica.

Dal Vaticano, il 14 settembre 1989, festa dell'Esaltazione della santa Croce.

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1989-09-14

Giovedi 14 Settembre 1989




Ai Vescovi del Lesotho in visita "ad limina" - Castel Gandolfo (Roma)

L'assemblea speciale del Sinodo per l'Africa valuterà la realtà della Chiesa nella vita dei vostri popoli


Cari fratelli nell'Episcopato.


1. "Grazia a voi e pace da Dio nostro Padre e dal Signore Gesù Cristo" (Ph 1,2).

Nell'accogliervi a Roma in occasione della vostra visita "ad limina Apostolorum", il mio pensiero va naturalmente al nostro ultimo incontro, esattamente un anno fa, nel cuore del Lesotho. Ricordo con particolare gratitudine la calorosa ospitalità incontrata tra i cattolici nel vostro regno montagnoso. Anche se durante la mia visita non sono mancati taluni di quei drammi che fanno parte della vita della Chiesa nell'Africa meridionale, sono stato benedetto dalla possibilità di testimoniare la solidità della fede radicata nel vostro popolo, le sfide che sa affrontare, e la promessa che è per il futuro del Lesotho.

Oggi noi qui riuniti ancora proviamo dolore per l'improvvisa scomparsa dell'Arcivescovo Morapeli. Il suo amore per la Chiesa e la sua saggezza di Vescovo e Metropolita restano di esempio e di incentivo per il vostro ministero pastorale.

Ricompensi il Signore il servo fedele nel suo eterno amore.


2. Una fede forte nel Signore Gesù Cristo esige che noi "ci rinnoviamo nello spirito della nostra mente" (cfr Ep 4,23), e impariamo a giudicare ogni cosa alla luce del Vangelo. Ho visto con piacere che la vostra recente lettera pastorale ai cattolici del Lesotho ha richiamato tutti i membri della Chiesa a fare un esame di coscienza sul loro contributo di credenti cristiani alla vita della società.

Nell'intraprendere questo auto-esame, la Chiesa del Lesotho guarderà a voi, i Vescovi, per avere guida e suggerimenti. Questo è molto giusto, perché proprio attraverso il ministero dei suoi Vescovi il popolo del nuovo testamento è guidato e diretto nel suo cammino verso l'eterna felicità (cfr LG 21).

Vi assicuro il mio fraterno appoggio nell'edificazione del Corpo di Cristo nel regno del Lesotho. La recente convocazione di una assemblea speciale per l'Africa del Sinodo dei Vescovi è un segno della mia "preoccupazione per tutte le Chiese" (cfr 2Co 11,28). Questa assemblea sarà un'occasione per tutti i Vescovi africani di valutare alla luce della fede la presenza della Chiesa nella vita dei vostri popoli alla soglia del terzo millennio.


3. Cari fratelli, al centro del vostro ministero di successori degli apostoli c'è il compito di predicare il Vangelo e aiutare il popolo a voi affidato ad applicare le verità della fede nella loro vita quotidiana. Il Concilio Vaticano II ci ricorda che i Vescovi sono araldi e maestri autentici della fede - maestri, cioè, provvisti dell'autorità di Cristo stesso (cfr LG 25).

Per rispondere a un mondo che desidera "vedere Gesù" (cfr Jn 12,21), voi dovete incarnare nelle vostre persone la verità del Verbo divino e l'amore del Buon Pastore. Questo grande compito esige da voi una sempre più profonda configurazione di mente e volontà a Cristo, sommo sacerdote. La base per questa profonda imitazione di Cristo è già stata posta, per il dono dello Spirito Santo ricevuto alla vostra ordinazione episcopale. Per la grazia di Dio, voi siete stati resi capaci di sostenere la parte di Cristo stesso e agire in sua vece (cfr LG 21). Come Pastori a immagine del Buon Pastore, voi siete chiamati a divenire "forma gregis", il vero modello di quella fede fervente e di quella saggezza spirituale a cui sono chiamati tutti i cristiani. Dentro la Chiesa particolare, voi siete stati chiamati a discernere e ordinare i molti doni che lo Spirito elargisce per l'edificazione del Corpo di Cristo nella fede, nella speranza e nella carità.


4. Riflettendo sulla vita della Chiesa nel Lesotho, rendo grazie a Dio per i molti modi in cui il vostro ministero ha saputo portare la luce di Cristo al vostro Paese e al suo popolo. Ispirati dall'esempio e dalle preghiere del beato Joseph Gerard, avete portato avanti la grande opera della "implantatio" del Vangelo di Gesù Cristo nella mente e nel cuore della gente del vostro Paese. In mezzo a tensioni politiche e sociali, avete affrontato le necessità del vostro popolo con una lodevole sollecitudine per i valori morali e il desiderio di giustizia. In particolare, sono edificato dai pazienti e generosi sforzi fatti, in collaborazione con i responsabili di altre comunità ecclesiali, a favore degli esuli Basotho, il cui ritorno alla terra natale è un segno di speranza per il futuro del Lesotho, perché dove prevale la riconciliazione, l'amore, l'unità e la solidarietà rafforzano la determinazione del popolo di vivere in pace.

Vi esorto come "araldi e maestri autentici della fede" a compiere ogni sforzo per garantire che la fede cattolica sia sempre insegnata con cura e integralità a tutti i fedeli cristiani. Pochi aspetti del vostro ministero episcopale sono altrettanto importanti, perché la vitalità della Chiesa del Lesotho dipenderà dalla buona formazione nella fede del clero e dei laici. L'esame di coscienza che avete proposto ai cattolici del Lesotho porterà frutto solo se verrà fatto alla luce di una conoscenza pratica e adeguata della Parola di Dio e dell'insegnamento della Chiesa.


5. A questo proposito, desidero sottolineare l'importanza di una solida catechesi, attuata da persone generose e ben preparate. Nell'esortazione apostolica "Catechesi Tradendae", ho affermato che "ogni battezzato, per il fatto stesso del Battesimo, possiede il diritto di ricevere dalla Chiesa un insegnamento e una formazione che gli permettano di raggiungere una vera vita cristiana" (CTR 14). Il lavoro della catechesi è un aspetto indispensabile del più ampio lavoro dell'evangelizzazione. Quando il credente ha ascoltato l'annuncio del Vangelo e accettato Cristo, egli o ella deve crescere in Cristo, e ponendosi alla sua sequela, "imparare a pensare come lui, a giudicare come lui, ad agire in conformità con i suoi comandamenti, a sperare secondo il suo invito" (CTR 20).

La crescita di una forte identità cattolica, radicata nell'imitazione di Cristo e in una salda conoscenza della dottrina, è cruciale per il successo della missione della Chiesa nella società contemporanea. Quando un popolo giovane si trova ad affrontare serie sfide per la fede e la fedeltà alla legge di Cristo, ha bisogno degli strumenti che gli consentiranno di condurre una vita degna della vocazione ricevuta. Una catechesi globale lo renderà capace di fronteggiare le sfide in modo pienamente cristiano e pienamente africano. Un ambito particolare del vostro impegno pastorale deve essere sempre la formazione di catechisti impegnati e ben preparati che conoscono e amano Cristo e desiderano condividere la fede della Chiesa con tutti quelli che incontrano.

Un luogo privilegiato di catechesi nel Lesotho è stato e continua ad essere la sua rete di scuole cattoliche. Queste scuole, e i religiosi consacrati e i laici che le dirigono, hanno avuto un impatto molto positivo sulla società.

Hanno prodotto generazioni di studenti in un'atmosfera di apprendimento ispirata dalla fede che vede ogni conoscenza all'interno del disegno divino sul mondo e sul genere umano. Voi siete giustamente preoccupati per la qualità dell'educazione religiosa impartita nelle scuole e nei corsi di preparazione ai sacramenti nelle parrocchie. In molti aspetti, le scuole cattoliche svolgono un compito importante nella vostra società. Spero che qualsiasi difficoltà possano incontrare venga affrontata in un reale spirito di buona volontà e che le autorità pubbliche continuino a dar loro il sostegno necessario.


6. Un altro settore di primaria importanza per il futuro della Chiesa nel Lesotho è la formazione dei futuri sacerdoti. Anche qui, il vostro dovere di "maestri della fede" deve condurvi ad assicurare un'adeguata formazione nelle verità della dottrina cattolica e nella vita apostolica. può darsi che in questo vi si richieda un particolare sacrificio. I seminaristi hanno bisogno della presenza e della guida dei vostri migliori sacerdoti - che siano capaci di ispirare ai giovani un profondo amore del Signore e un incrollabile impegno in una vita di zelo apostolico. Ci sono davvero pochi compiti in cui un sacerdote potrà avere una così profonda efficacia sul futuro della missione della Chiesa. "Spes messis in semine": la speranza della messe dipende dalla generosità con cui il seme viene sparso.

Il sacerdozio ministeriale cui sono chiamati i vostri seminaristi è una partecipazione al sacerdozio di Gesù Cristo, che per la nostra salvezza "umilio se stesso facendosi obbediente fino alla morte" (Ph 2,8). In un'epoca che esalta lo "status" sociale, il sacerdote è chiamato a servire gli altri, soprattutto i più poveri e bisognosi. Per questo motivo, la formazione spirituale, che è una parte così importante dell'educazione nel seminario, deve sottolineare la figura di Gesù come colui che è venuto tra noi per servire (cfr Lc 22,27). Scopo della formazione deve essere rafforzare lo zelo nel servire gli altri, che si radica nella gratitudine per il dono ricevuto.

I religiosi e le religiose che operano nel Lesotho danno un grande contributo alla vita delle vostre Chiese locali. Le loro iniziative educative, assistenziali e pastorali sono indispensabili. Ma soprattutto essi danno alle vostre comunità la testimonianza della loro consacrazione religiosa. segno del Regno di Dio ed espressione di un amore preferenziale per Cristo che può aiutare tutti i membri della Chiesa al compimento dei loro doveri cristiani (cfr LG 44). E' compito vostro sostenerli in questo più profondo aspetto della loro vita consacrata e chiamata alla santità.


7. Cari fratelli: nel farvi partecipi di queste mie riflessioni, vi incoraggio nel vostro ministero a favore del Popolo di Dio. Mentre affrontate le sfide del presente e del futuro, non cessate di trarre nuova fiducia e speranza dalla grazia di Dio che opera nel cuore dei credenti. In questo, avete un esempio evidente nella vita del beato Joseph Gerard, la cui santità personale e abbandono alla volontà di Dio ha guidato tutto un popolo a Cristo.

Grato al Padre per tutti i suoi doni, vi chiedo di trasmettere il mio affetto e incoraggiamento ai miei fratelli e sorelle delle Chiese di Maseru, Leribe, Mohale's Hoek e Quacha's Nek. Dite loro nuovamente che il Papa li ama e prega per loro, perché possano crescere nella grazia e nella gioia che vengono dal servire il Signore con fedeltà e gratitudine. A loro e a voi, Pastori, imparto di cuore la mia apostolica benedizione, invocando su tutti voi l'amorosa protezione di Maria, madre della Chiesa.

1989-09-15

Venerdi 15 Settembre 1989




Ad un gruppo di oftamologi - Castel Gandolfo (Roma)

La vostra scienza si ponga al servizio dei settori più poveri dell'umanità

Signore e signori.

Sono lieto di ricevervi a Castel Gandolfo durante il congresso internazionale su "Recenti progressi nella ricerca e nel trattamento dei disturbi vitreoretinali", organizzato con il patrocinio della "Schepens International Society". In diverse circostanze, in passato, i miei predecessori ed io abbiamo ricevuto specialisti in oftalmologia riuniti in congresso. C'è un simbolismo interessante in questo: il Papa è servo di colui che durante la sua missione di Salvatore nel mondo ha operato molte guarigioni di ciechi, come viene raccontato nei Vangeli. Parlando a un altro gruppo tre anni fa, ho ricordato la precisa descrizione, nel Vangelo di Giovanni, della guarigione di un cieco nato; in quel caso, la guarigione fisica era chiaramente collegata con la guarigione spirituale ("Allocutio ad eos qui conventui ophtalmicorum interfuerunt", die 5 maii 1986: , IX, 1, [1986] 1243ss). Nel simbolo della vista, Cristo adombra il mistero del nostro itinerario spirituale alla salvezza.

L'occhio è infatti, come allora, il punto di contatto tra la realtà del mondo e la realtà interiore dell'uomo, così come l'intelletto è il punto di incontro tra la scienza e la fede. Attualmente voi siete riuniti per studiare nuovi metodi per recuperare la funzione dell'occhio, e in particolare della retina, per proteggerla dagli effetti dell'età e vari fattori patologici. Potete giustamente parlare di sviluppi positivi a vantaggio della persona ammalata. La vostra opera è una nobile ricerca specialistica.

Oltre ai migliori auguri per il successo del vostro lavoro scientifico, esprimo la speranza che questo tipo di specializzazione sia più prontamente messa a disposizione dei settori più poveri dell'umanità, in cui la cecità è molto diffusa. Pare che ci siano ancora quaranta milioni di vittime della cecità nel mondo, di cui la maggior parte nelle nazioni sottosviluppate. Purtroppo le diseguaglianze che esistono nel mondo sono evidenti anche nell'ambito medico e scientifico. Esprimo la speranza che la scienza unisca i propri sforzi alla fede e alla solidarietà umana nell'impegno a recare sollievo là dove è maggiormente necessario. Preghiamo insieme perché venga il giorno in cui il Signore "tergerà ogni lacrima" dagli occhi dell'umanità sofferente (cfr Ap 21,4). Nel nome del Signore della vita esprimo la mia stima per il vostro lavoro e la dignità della vostra missione. Su tutti voi invoco l'abbondanza delle divine benedizioni.

1989-09-15

Venerdi 15 Settembre 1989




Recita dell'Angelus - Ai fedeli riuniti, Castel Gandolfo (Roma)

Gesù Cristo è l'epifania dell'amore salvifico del Padre


Carissimi fratelli e sorelle!


1. In quest'ora dell'"Angelus", fermiamoci per qualche istante a riflettere su quell'invocazione delle litanie del Sacro Cuore che dice: "Cuore di Gesù, salvezza di coloro che sperano in te, abbi pietà di noi".

Nella Sacra Scrittura ricorre costantemente l'affermazione che il Signore è "un Dio che salva" (cfr Ex 15,2 Ps 51,16 Ps 79,9 Is 46,13) e che la salvezza è un dono gratuito del suo amore e della sua misericordia. L'apostolo Paolo, in un testo di alto valore dottrinale, afferma incisivamente: Dio "vuole che tutti gli uomini siano salvati e arrivino alla conoscenza della verità" (1Tm 2,4 cfr 1Tm 4,10).

Questa volontà salvifica, che si è manifestata in tanti mirabili interventi di Dio nella storia, ha raggiunto il suo culmine in Gesù di Nazaret, Verbo incarnato, Figlio di Dio e Figlio di Maria. In lui, infatti, si è compiuta pienamente la parola rivolta dal Signore al suo "Servo": "Io ti rendero luce nelle nazioni / perché porti la mia salvezza / fino all'estremità della terra" (Is 49,6 cfr Lc 2,32).


2. Gesù è l'epifania dell'amore salvifico del Padre (cfr Tt 2,11 Tt 3,4). Quando Simeone prese tra le braccia il bambino Gesù, esclamo: "I miei occhi hanno visto la tua salvezza" (Lc 2,30).

In Gesù, infatti, tutto è in funzione della sua missione di salvatore: il nome che porta ("Gesù" significa "Dio salva"), le parole che pronunzia, le azioni che compie, i sacramenti che istituisce.

Gesù è pienamente cosciente della missione che il Padre gli ha affidato: "Il Figlio dell'uomo è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto" (Lc 19,10). Dal suo Cuore, cioè dal nucleo più intimo del suo essere, sgorga quell'impegno per la salvezza dell'uomo che lo spinge a salire, come mite agnello, il monte Calvario, a stendere le braccia sulla croce e a "dare la propria vita in riscatto per molti" (Mc 10,45).


3. Nel Cuore di Cristo noi possiamo, dunque, riporre la nostra speranza. Quel Cuore - dice l'invocazione - è salvezza "per coloro che sperano in lui". Il Signore stesso che, la vigilia della sua Passione, chiese agli apostoli di avere fiducia in lui - "Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fiducia in Dio e abbiate fiducia anche in me" (Jn 14,1) - oggi chiede a noi di confidare pienamente in lui: ce lo chiede perché ci ama, perché, per la nostra salvezza, ha avuto il Cuore trafitto, le mani e i piedi forati. Chiunque confida in Cristo e crede nella potenza del suo amore, rinnova in sè l'esperienza di Maria di Magdala, quale ce la presenta la liturgia pasquale: "Cristo, mia speranza. è risorto!" ("Sequentia "in Dom. Paschae"").

Rifugiamoci, dunque, nel Cuore di Cristo! Egli ci offre una Parola che non passa (cfr Mt 24,25), un amore che non viene meno, un'amicizia che non s'incrina, una presenza che non cessa (cfr Mt 28,20).

La beata Vergine, "che accolse nel suo cuore immacolato il Verbo di Dio e merito di concepirlo nel suo grembo verginale" (cfr "Praefatio "in Missa vot.

B.V.M. Matris Ecclesiae""), ci insegni a riporre nel Cuore del suo Figlio la nostra totale speranza, nella certezza che questa non sarà delusa.

1989-09-17

Domenica 17 Settembre 1989




Ai dirigenti e operai delle autostrade - Orte (Roma)

Cristo è la via dell'uomo. Maria ne è la guida sicura


Fratelli e sorelle!


1. Rivolgo il mio sentito ringraziamento al Vescovo, monsignor Divo Zadi, al presidente della società autostrade ed al sindaco di Orte per le parole di omaggio a me ora indirizzate. Saluto le autorità religiose, politiche, militari, che hanno voluto onorare con la loro partecipazione quest'incontro. Ringrazio i presenti per la loro calorosa accoglienza, e tutti saluto di cuore, con un particolare pensiero per i dirigenti e gli impiegati dell'IRI e della Società Autostrade, che si sono generosamente prodigati per l'iniziativa che vede oggi il suo coronamento.

Sono lieto di aver potuto accogliere l'invito a benedire questo monumento, dedicato a Maria sotto il titolo di "Virgo prudentissima", e collocato in questo punto panoramico dell'autostrada del sole, presso l'importante nodo stradale di Orte. Debbo complimentarmi con gli organizzatori di tale iniziativa, in particolare col padre Felice Rossetti, promotore dell'idea, e con lo scultore Roberto Joppolo, che l'ha realizzata. Siamo davanti a un'opera d'arte e di fede atta a richiamare alla riflessione e alla preghiera, in mezzo al flusso incessante del traffico e ai ritmi sempre più rapidi della vita moderna.


2. Questa statua in marmo bianco di Carrara, che si staglia sullo sfondo del cielo e delle colline, in mezzo a un ampio e suggestivo scenario naturale, è stata eretta a ricordo dell'anno mariano 1987-1988 e rappresenta la Vergine Madre come modello dell'umano pellegrinaggio. Per questo l'immagine assume un significato, che va al di là della semplice circostanza.

Maria, a imitazione del Figlio Gesù, è stata pellegrina sulla terra.

L'evangelista san Luca la descrive "in viaggio verso la montagna" (Lc 1,39), dopo l'annuncio dell'angelo. Da allora, la vita di Maria fu più volte segnata dalle esigenze del cammino. Il Vangelo ne segnala le tappe principali sia all'interno della Palestina, sia fuori: Nazaret, Betlemme, Egitto, Cana, Gerusalemme, e anche, talora, sulla scia dei viaggi apostolici del Figlio. E, dopo la sua Assunzione, una tradizione la presenta ancora a Efeso, in Asia Minore.

Maria sa che cosa vuol dire camminare per le strade della terra, con tutti i pericoli e gli imprevisti che ciò comporta. Come allora fu vicina al suo Figlio così lo è anche oggi a noi, con la sua materna presenza, perché le difficoltà o le attrattive del cammino terreno non ci distolgano dalla visione del finale traguardo del cielo.


3. Se Cristo è la via dell'uomo, Maria ne è la guida sicura.

Cristo è il sole divino, che illumina ogni uomo che viene in questo mondo. A Maria la Chiesa ha applicato le parole del libro dell'Apocalisse, dove si parla della donna "vestita di sole". Illuminata dalla pienezza della luce del Cristo, Maria, mediatrice di grazie, lo riflette per donarlo a tutti i figli che sono ancora impegnati nella fatica e nei rischi del pellegrinaggio terreno.

Non è senza significato che questa immagine, collocata lungo l'asse di un'autostrada che prende nome dal sole, si trova entro i confini della parrocchia di santa Maria della Strada, dove mi rechero tra poco.

Su questo tratto dell'autostrada sfrecciano velocemente, ogni giorno, migliaia di automobilisti. Ora la statua della "Virgo prudentissima" è qui per richiamare dolcemente ciascuno alla necessità della prudenza, non solo come virtù soprannaturale, ma anche come dovere civico fondato sul rispetto del prossimo; essa inoltre ricorda a ciascuno che su questa terra l'uomo è soltanto di passaggio, e la mèta definitiva, a cui tutti tendiamo, è altrove. Questa statua di Maria si colloca, perciò, con finalità altissima e precisa, entro il tessuto della vita di oggi, ed aiuta i passanti a non smarrirsi ed a camminare più sicuri.

E' il voto cordiale che porgo in questa circostanza felice.

Il salvatore Gesù, che conosce le strade della nostra terra, benedica per intercessione di Maria, madre sua e nostra, tutti coloro che transitano su questa e su tutte le altre vie di grande traffico, nonché quanti hanno collaborato alla realizzazione dell'opera e l'hanno sostenuta con spirito di fede.

1989-09-17

Domenica 17 Settembre 1989




L'omelia alla celebrazione eucaristica - Ai fedeli riuniti, Trevignano Romano (Roma)

Dobbiamo far conoscere agli uomini che nel mondo opera l'amore, più potente del peccato e del male



1. "Ci sarà più gioia in cielo per un peccatore che si converte..." (Lc 15,7).

Con queste parole del Vangelo, che sono annuncio di sicura speranza ed invito alla gioia per la salvezza ritrovata in Cristo, saluto tutti voi, cari fratelli e sorelle di Trevignano Romano, come anche voi, membri dell'Ente Nazionale Sordomuti, qui raccolti per celebrare l'Eucaristia nel "giorno del Signore" e per ricordare, al tempo stesso, il secondo centenario della morte di un illustre figlio di questa terra, il sacerdote Tommaso Silvestri, che fu apostolo benemerito dei sordomuti.

"Ci sarà più gioia..."! Questo è lo scopo a cui mira l'azione di Dio nel mondo: la gioia per la liberazione dell'uomo dalla miseria morale della colpa, ma anche la gioia per il suo affrancamento da ogni infermità o malanno, che in qualche modo ostacola la sua piena realizzazione. Nel male fisico. infatti, si rivela in ultima analisi l'efficienza negativa di quel peccato delle origini che ha condizionato tanto pesantemente la storia della umanità.

La lotta contro l'una forma di male s'affianca alla lotta contro l'altra e la mèta tanto dell'una quanto dell'altra è la gioia della liberazione.


2. La Prola di Dio in questa domenica invita, in particolare, ad impegnarsi nella forma di lotta più radicale, quella contro il peccato. Il tema centrale delle letture, che abbiamo poc'anzi ascoltato, è costituito dall'annuncio dell urgenza della conversione.

Che cosa essa significhi, quali mutamenti supponga, quali effetti produca è indicato nei vari elementi di tali letture ed è espresso con singolare vivezza nelle parole del padre della parabola evangelica: "Facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato" (Lc 15,24).


3. Siamo così introdotti a riflettere sulla complessa dinamica di ogni conversione. Che cosa avviene quando un uomo "si converte"? Avviene, innanzitutto, che Dio "si converte". cioè si volge verso di lui, torna a cercarlo. Dio si commuove e va incontro per primo all'umanità oppressa dal peccato. Anzi, se per la preghiera di Mosè - è detto nella prima lettura - Dio "abbandono il proposito di nuocere al suo popolo" (Ex 32,14), nel nuovo testamento, nella parabola di Gesù che è immagine della misericordia del Padre, ci è detto che questi non vuole "nuocere": tace quando il figlio lo abbandona, ma lo aspetta ogni giorno, si direbbe con ansia, perché scruta l'orizzonte lontano in attesa di rivederlo.

Questa è la realtà più stupenda di tutto il processo della conversione, la sua ragione più profonda, a voler vedere le cose in senso teologico: Dio "volge" il suo cuore verso il peccatore perché è fedele a se stesso, alla sua promessa, al suo progetto di salvezza, all'alleanza. Egli non si lascia vincere dal peccato dell'uomo. anche se grande. Dio rimane fedele nell'amore, "fedele alla sua paternità, fedele a quell'amore che da sempre elargiva al proprio figlio" (DM 6). Egli è, così, il vero protagonista della riconciliazione: l'iniziativa è sua, sua la volontà di "correre incontro" agli uomini che egli vuole amare, affinché ritrovino la pienezza del bene perduto.

Proprio a tale gratuità dell'amore di Dio fa appello Mosè, nella sua preghiera: "Ricordati di Abramo, di Isacco, di Israele tuoi servi, ai quali hai giurato per te stesso" (Ex 32,13). "Per te stesso", cioè in forza del tuo essere divino, della tua infinita grandezza, dell'inimmaginabile generosità del tuo cuore misericordioso, dell'affetto che scaturisce dall'essenza eterna della tua paternità divina.


4. All'iniziativa di Dio corrisponde il ritorno, la "conversione" dell'uomo. Essa comporta tutto un interiore processo di chiarificazione: la faticosa riscoperta dell'importanza dei beni perduti; riscoperta stimolata dal sofferto sentimento di una profonda e mortale indigenza: "Io qui muoio di fame" (Lc 15,17).

Il peccato, così puntualmente descritto nell'atteggiamento del figlio prodigo, consiste nella ribellione a Dio, o almeno nella dimenticanza o indifferenza di fronte a lui ed al suo amore. Tale atto violento e disordinato interrompe il rapporto con Dio e culmina nell'allontanamento da lui, cioè che egli in realtà è per l'uomo: "Parti per un paese lontano e là sperpero le sue sostanze" (Lc 15,3).

Ma questa "fuga da Dio" ha come conseguenza per l'uomo una situazione di confusione profonda circa la propria identità, insieme con un'amara esperienza di impoverimento e di disperazione: il figlio prodigo, è detto nella parabola, dopo tutto, comincio a trovarsi nel bisogno e fu costretto a mettersi al servizio - egli che era nato nella libertà - di uno degli abitanti di quella regione.

L'allontanamento da quel Dio che è principio fondamentale della vita, si rivela così come una scelta nociva: come una morte che si annuncia già, nelle profondità dell'anima, quale profonda inquietudine e tristezza, quale disperata insoddisfazione del modo di essere a cui ci si è ridotti.

E' qui che l'uomo riscopre la nostalgia della casa paterna e torna a coltivare la speranza di poter essere riaccolto in essa: "Mi alzero, e andro da mio padre" (Lc 15,18).

La fiducia nella potenza del rapporto d'amore tra padre e figlio consente a quest'ultimo di riprendere il cammino faticoso del ritorno, sorretto non tanto dal timore, quanto dall'amore.


5. Meditiamo questa verità fondamentale della misericordia paterna di Dio nella parrocchia di Trevignano Romano, in questa comunità, che oggi è invitata ad esprimere la sua fede, accogliendo l'annuncio che "c'è più gioia davanti agli angeli di Dio per un solo peccatore che si converte" (Lc 15,10).

Saluto il vostro Vescovo, monsignor Divo Zadi, primo testimone tra di voi della misericordia annunciata dal Vangelo. Saluto il signor sindaco e il presidente dell'Ente Nazionale Sordomuti, e li ringrazio per le nobili parole che mi hanno rivolto. Saluto anche il vostro parroco, al quale va l'augurio fervido di copiosi doni celesti, a conforto del suo ministero. Saluto, infine, la folta rappresentanza di sordomuti e tutte le associazioni di apostolato, di carità, di catechesi, che prendono parte alla celebrazione.

Il mio pensiero va poi alle famiglie, alle persone anziane, agli ammalati, e, in particolare, ai giovani.

Essere giovani significa appartenere a quella fascia di popolazione che si proietta con l'immaginazione e con i propositi verso il futuro. Le scelte, che si maturano negli anni giovanili, comportano una responsabilità seria ed impegnativa, proprio perché da esse dipende il domani dei singoli e delle comunità.

Spetta a voi, giovani, raccogliere la parte migliore del secolo che si conclude - cioè quell'ansia di giustizia, di solidarietà, di libertà, di pace, che anima la presente generazione - per trarne i frutti attesi a vantaggio vostro e delle generazioni che verranno.

A questo fine, sappiate guardarvi da proposte e suggestioni che mettono da parte i valori della fede e della religione, o che irridono all'onestà, al rispetto dell'altro, al senso di responsabilità nell'adempimento del proprio dovere.

Tocca a voi, giovani, trasformare in realtà le speranze e le attese di promozione umana, di progresso, di sviluppo, così acutamente sentite da tutti coloro che, con voi, vivono ai margini della metropoli. Tocca proprio a voi cercare soluzioni adeguate ai problemi emergenti, realizzare forme di partecipazione responsabile ed onesta alla vita politica e sociale, col fermo proposito di servire e non di profittare, quando è in gioco il bene di tutti. E' compito vostro dimostrare che siete capaci di realizzare atteggiamenti coerenti e generosi verso le esigenze del bene comune e del progresso civile, a vantaggio soprattutto dei più deboli.


6. Oggi noi ricordiamo con ammirazione e riconoscenza una esemplare figura di sacerdote, totalmente dedito al servizio di una categoria di giovani particolarmente bisognosa: l'abate Tommaso Silvestri. Questo sacerdote non si chiuse nella difesa egoistica del proprio quieto vivere, ma - in ciò incoraggiato dal Papa Pio VI - volle rendersi utile proprio ai sordomuti, aiutandoli ad esprimersi "con la parola viva". Per questo divenne inventore di un intelligente ed efficace metodo di istruzione, grazie al quale anch'essi potessero parlare e lodare Dio nella ritrovata possibilità di comunicare con gli altri.

Le migliaia di persone appartenenti all'Ente Nazionale Sordomuti, che oggi hanno voluto essere qui presenti per celebrare questa ricorrenza, sono la testimonianza più bella a favore del valore umanitario e cristiano del ministero dell'abate Silvestri e di quanti ne hanno continuato l'opera preziosa.

I sordomuti devono lottare con una forma di menomazione, che ne ostacola pesantemente le possibilità di contatto e di comunicazione con l'ambiente circostante. Desidero esprimere loro il mio apprezzamento per la costanza con cui si sforzano di superare questo limite, ottenendo risultati spesso sorprendenti. Vi esorto, carissimi fratelli e sorelle, a perseverare senza lasciarvi scoraggiare dalle difficoltà, ma proseguendo nel vostro cammino con l'aiuto di quanti, sull'esempio di quel grande figlio di Trevignano che fu l'abate Silvestri, si prodigano con ammirevole dedizione al vostro fianco.

"Signore, apri le mie labbra - abbiamo cantato nel Salmo - e la mia bocca proclami la tua lode" (Ps 50,17). Che il Signore, carissimi, apra sempre meglio le vostre labbra, e vi conceda di trovare comprensione e sostegno da parte dell'ambiente sociale che vi circonda.


7. "Cristo Gesù è venuto nel mondo per salvare i peccatori... Ho ottenuto misericordia, perché Gesù Cristo ha voluto dimostrare in me... tutta la sua magnificenza" (1Tm 1,15-16).

In Gesù si manifesta la magnanimità di Dio verso ogni uomo bisognoso, che è e resta sempre figlio amato e desiderato.

L'amore di Dio, che non conosce confini, traspare da tutti i testi della Parola divina, oggi proclamata qui, a Trevignano.

così è Dio, buono, ricco di comprensione, trabocchevole di amore, desideroso di essere compreso e ricambiato nel suo immenso affetto.

così dobbiamo essere anche noi verso i nostri fratelli. Sia nostro impegno condividere i sentimenti di Dio, che è Padre, e far conoscere agli uomini che nel mondo è presente l'amore, più potente del peccato e di ogni sua manifestazione: un amore che sa far germinare la gioia già quaggiù nel tempo, per poi renderla eterna nella beatitudine del cielo.

1989-09-17

Domenica 17 Settembre 1989










GPII 1989 Insegnamenti - Con un messaggio al Cardinale Gantin per l'inaugurazione della nuova sede del CELAM - Castel Gandolfo (Roma)