GPII 1989 Insegnamenti - Le visite pastorali del Vescovo di Roma


1. "Questi è il re dei Giudei" (Lc 23,38). Intorno a queste parole, carissimi fratelli e sorelle, si incentra il messaggio dell'odierna solennità di Cristo re dell'universo, che conclude l'itinerario salvifico percorso dalla Chiesa nell'anno liturgico.

Non si tratta di una semplice scritta, che registra il motivo della condanna di Gesù, salvatore dei poveri e dei peccatori; nella prospettiva liturgica, essa acquista tutto lo spessore di una vera "professione di fede", che la comunità cristiana è chiamata a compiere nel momento in cui celebra il memoriale del sacrificio di Cristo.

Nel Vangelo di Luca, che ci ha accompagnato e illuminato lungo tutto l'anno, la morte in Croce di Gesù costituisce la conclusione del suo esodo pasquale, il traguardo della sua salita a Gerusalemme, là dove dovevano compiersi le profezie, che avevano annunciato la morte del servo-Figlio, inviato dal Padre nel mondo per la piena e definitiva liberazione dell'uomo.

Sulla Croce Gesù "regna" rivelandosi come il pastore che riunisce i figli di Dio dispersi (cfr Jn 11,52), come il re dell'universo. perciò è "degno di ricevere potenza e ricchezza e sapienza e forza e onore" (Ap 5,12).

In questa luce l'odierna solennità mi offre, ancora una volta, l'occasione per svolgere alcune riflessioni intorno al Sinodo pastorale diocesano, al quale la Chiesa di Roma si sta preparando, e a cui anche la vostra comunità intende certamente offrire un fattivo contributo, soprattutto in ordine ad alcuni contenuti e obiettivi della "nuova evangelizzazione", che l'assemblea sinodale vuole rilanciare nella città, con rinnovata consapevolezza e con più forte vigore.


2. Base, centro e vertice del dinamismo dell'evangelizzazione è la "proclamazione che, in Gesù Cristo, Figlio di Dio fatto uomo, morto e risuscitato, la salvezza è offerta ad ogni uomo, come dono di grazia e misericordia di Dio. E non già una salvezza immanente, a misura dei bisogni materiali o anche spirituali che si esauriscono nel quadro dell'esistenza temporale e si identificano totalmente con i desideri, le speranze, le occupazioni, le lotte temporali; ma altresi una salvezza che oltrepassa tutti questi limiti per attuarsi in una comunione con l'unico Assoluto, quello di Dio: salvezza escatologica che ha certamente il suo inizio in questa vita, ma che si compie nell'eternità" (Pauli VI, EN 27).

Questa salvezza la Chiesa è invitata a testimoniare e annunciare; è la stessa che Gesù offre sulla Croce al ladrone, crocifisso accanto a lui e che a lui si rivolge e si affida: "Oggi sarai con me in paradiso" (Lc 23,43).

Roma metropoli moderna insidiata dall'indifferenza religiosa, distratta dal benessere consumistico, disorientata dal relativismo morale, afflitta da tante povertà materiali e spirituali, ha bisogno di ascoltare di nuovo questo annuncio di salvezza.

Ciò avverrà se il nome, l'insegnamento, la vita e le promesse, il mistero, in una parola il Regno di Gesù di Nazaret, redentore dell'uomo, saranno proclamati con nuovo coraggio, senza facili riduzioni opportunistiche e ambiguità, e soprattutto con parole e gesti comprensibili e credibili da parte degli uomini d'oggi, di quanti - e dovrebbero essere tutti - sono stati salvati, liberati cioè dal potere delle tenebre e trasferiti nel Regno del Figlio diletto di Dio. E' un dovere che ci interpella e ci coinvolge come singoli cristiani e specialmente come comunità.


3. Due istanze fodamentali si pongono al riguardo: esse costituiscono altrettanti obiettivi da perseguire nella riflessione e nell'impegno, ai quali il Sinodo ci chiama.

Anzitutto quella di una forte e concorde testimonianza personale e soprattutto comunitaria della salvezza-comunione, che ci è stata donata da Cristo con la sua morte gloriosa. Gli uomini, che ancora non hanno incontrato il Signore o lo hanno perduto, aspettano, anche forse inconsciamente, da noi questa testimonianza e noi abbiamo il dovere di offrirla loro. Una testimonianza di solidarietà, di fraternità, di disponibilità e di servizio a Dio e ai fratelli, che proprio nella celebrazione eucaristica, memoriale della Pasqua di Cristo, raggiunge la sua più alta ed eloquente manifestazione.

Sarà proprio tale testimonianza a suscitare in molti, che chiamiamo "lontani" o in coloro che sono distratti ma pure cercano qualcosa o Qualcuno che li "salvi", l'interesse, il desiderio e - lo speriamo - l'invocazione del Salvatore. Proprio come avvenne per il ladrone crocifisso accanto a lui.


4. La seconda istanza è espressa nella preghiera della Messa, che ci fa chiedere a Dio di camminare sulle orme di Cristo, per diventare come lui capaci di donare la vita per amore dei fratelli.

L'evangelizzazione, per essere credibile ed efficace, domanda a chi si fa testimone e annunciatore di Cristo l'impegno della sequela e dell'assimilazione a lui. Evangelizzatori si diventa nella misura in cui ci si pone, come Cristo e insieme con lui, in cammino verso Gerusalemme, disposti a lasciarsi guidare dallo Spirito e pronti ad entrare nella logica della Croce, dell'amore cioè che si fa dono per gli altri.

Ciò comporta che noi per primi ci lasciamo evangelizzare, cioè afferrare e salvare da Cristo. La missione, prima che un "fare", è un "essere". Solo chi sta con Cristo può diventare suo apostolo.

Ciò esige uno sforzo costante di conversione, un impegno di fedeltà, un dovere di coerenza morale, una profonda esperienza di fede. Si tratta in una parola di essere veri discepoli, cristiani maturi nella fede, capaci di rendersi disponibili per il servizio dei fratelli.

Il rinnovamento, a cui il Sinodo ci chiama, parte da qui e qui deve costantemente fare riferimento.


5. Affido questa duplice istanza a tutta la Chiesa che è pellegrina in Roma; l'affido particolarmente oggi alla vostra comunità parrocchiale, di cui saluto il parroco, don Romano Roberi, ed i tre sacerdoti suoi collaboratori, tutti provenienti dalla diocesi di Mondovi, qui rappresentata stasera dal Vescovo monsignor Enrico Masseroni. Egli ha voluto essere presente con noi in questa circostanza, per sottolineare una bella forma di collaborazione che la sua Chiesa offre da anni a quella di Roma; ed io colgo volentieri l'occasione per ringraziarlo.

Saluto il signor Cardinale vicario e il Vescovo responsabile del settore, monsignor Remigio Ragonesi, come pure i sacerdoti e i religiosi, che svolgono attività pastorale nel territorio della parrocchia e della prefettura. Un pensiero di speciale apprezzamento e di sentita riconoscenza va, poi, alle religiose dei vari istituti, per il prezioso contributo offerto alle numerose iniziative parrocchiali. Con esse saluto e ringrazio anche tutti i laici impegnati nelle attività catechistiche, liturgiche, caritative della comunità e li esorto a perseverare generosamente nella loro meritoria disponibilità.


6. La vostra parrocchia è posta sotto la protezione dei santi Francesco d'Assisi e Caterina da Siena, che esattamente cinquant'anni fa furono proclamati patroni d'Italia.

Se c'è una caratteristica che unisce questi due giganti della santità è proprio la fedeltà con cui essi hanno seguito Cristo come discepoli. Da tale fedeltà trasse forza l'amore alla Croce, al cui mistero parteciparono in modo tanto singolare; la passione per l'edificazione del Regno di Cristo; l'impegno per il rinnovamento della Chiesa; la promozione della giustizia e della pace nella comunità degli uomini contemporanei alla loro vita.

Sono i medesimi obiettivi a cui guarda il Sinodo diocesano, in questo momento storico non dissimile da quello in cui hanno vissuto san Francesco e santa Caterina. Ci stimolino questi grandi santi, con il loro insegnamento e il loro esempio, ci aiutino con la loro intercessione.

Con questa intenzione ci prepariamo adesso ad entrare nella celebrazione eucaristica offrendo insieme con Cristo tutto quello che siamo, tutto quello che facciamo e anche tutto quello che soffriamo. Portiamo sull'altare, sotto le specie del pane e del vino, il nostro dono, perché diventi l'offerta di Cristo stesso nella sua Eucaristia.

Sia lodato Gesù Cristo.

[Al Consiglio pastorale e ai catechisti] Grazie per queste parole profonde. In queste parole è stata delineata la caratteristica, la natura stessa della parrocchia come una porzione del Popolo di Dio, una parte della Chiesa di Cristo. Questa partecipa all'insieme del Corpo di Cristo. E una partecipazione omogenea, autentica: diciamo la Chiesa, questa grande universalità del Popolo di Dio, diciamo la Chiesa di Roma e, con la stessa analogia, diciamo la Chiesa della vostra parrocchia.

Le stesse cose che si dicono essenzialmente della Chiesa, ad esempio nella "Lumen Gentium", documento chiave, si possono dire analogicamente per la Chiesa particolare, diocesana, la Chiesa di Roma e, con un'altra analogia, della Chiesa parrocchiale, specialmente quando questa Chiesa parrocchiale vive il suo giorno insieme con i suoi Vescovi, si vive sempre questa comunione con il Vescovo.

Certamente, la caratteristica del Consiglio pastorale della parrocchia è sempre profondamente teologica, ecclesiologica. Nello stesso tempo è anche pratica, pastorale. Quest'ultima parola caratterizza la natura del vostro Consiglio. Ciò ci rimanda a quell'unico pastore che è Cristo, Cristo Re dell'universo, pastore dell'universo. In un certo senso egli è il primogenito di tutte le creature, è pastore di tutte le creature. In un modo speciale lui è pastore della famiglia umana, dell'umanità, della Chiesa e attraverso di essa, della famiglia umana.

Ecco, noi tutti, come pastori della Chiesa, pastori ordinati con uno speciale sacramento, il sacramento dell'ordine: all'episcopato e al presbiterato, noi tutti partecipiamo a questa missione di Cristo Pastore. Ma il Consiglio pastorale vuol dire che anche voi, carissimi fratelli e sorelle, membri di questa parrocchia, partecipate a questa sollecitudine pastorale della Chiesa, soprattutto di Cristo Pastore, e in modo concreto e diretto del pastore della vostra parrocchia.

Questa specificità pastorale del vostro consiglio, della vostra comunità come consiglio, è in questo senso anche pratica perché si deve vedere la finalità della Chiesa. Questa finalità è tutta centrata in Dio stesso. Possiamo dire, da questo punto di vista che oggi è la festa di tutti i Consigli pastorali. Allo stesso tempo questa stessa finalità della Chiesa è centrata sull'uomo perché egli è destinato al Regno di Dio, a partecipare alla vera vita che ci ha portato Cristo. Egli è destinato a far parte di questo Regno.

Voi avete davanti ai vostri occhi, attraverso la vostra esperienza umana, cristiana, tutte le persone, tutti i vostri fratelli e sorelle di questa comunità parrocchiale. Dovete sempre pensare che tutti loro, come ciascuno di noi, sono destinati ad entrare nel Regno di Dio. Cosa dobbiamo fare per aiutare loro in questo cammino? Cosa dobbiamo fare per facilitare la loro entrata nel Regno? Ecco un criterio con cui si deve leggere ogni giorno il Vangelo, con cui si deve leggere ogni giorno anche la nostra esperienza esistenziale, personale e comunitaria.

Rispondendo anche alla domanda conclusiva del vostro presidente, vorrei lasciarvi questa consegna: vivere con questo criterio, che ho cercato di delineare nelle mie parole. Vivendo sempre di più la vita degli altri, della comunità parrocchiale, trovare i mezzi, trovare i consigli da dare al vostro parroco, a voi stessi, alle diverse comunità, associazioni, movimenti, che sono qui presenti.

così si realizza la Chiesa nella sua intima natura, e questa natura è comunione.

Dio Uno e Trino, vuol dire comunione. così si manifesta questa natura della Chiesa in un consiglio.

Sono riflessioni che voglio condividere con voi ringraziandovi per la vostra opera, per il vostro apostolato in questa parrocchia che si vanta di essere dedicata ai patroni d'Italia.

[Alle suore] Vi ringrazio per queste parole.

Oggi ci sono particolarmente vicine le parole di Cristo quando ci dice che il Regno di Dio è in noi. Benché sia ancora escatologico, sia il futuro del mondo, dell'umanità, allo stesso tempo si trova in noi. E già e non ancora. Questa verità è in Dio che è in noi. Esso si realizza in modo speciale e privilegiato in ciascuna delle persone consacrate, in ciascuna di voi. La vostra consacrazione è quella dimensione del Regno di Dio che si trova nell'uomo, nella persona umana.

Il Regno che è già presente, è presente in modo speciale perché è presente il Re dell'universo, questo Re è presente come uno sposo e la sua sposa gli ha donato totalmente la sua vita, gli ha consacrato la sua vita, alla sua persona e al suo corpo mistico, la Chiesa.

Questa presenza del Regno in noi deve emanare, andare agli altri. Questo è vero per ognuno di noi ma in modo speciale per ciascuna di voi. Questa emanazione del Regno di Dio si ha attraverso le vostre parole, le vostre opere, i vostri servizi, ma soprattutto attraverso il vostro essere, le vostre persone: più attraverso ciò che siete che attraverso ciò che fate.

Ringraziamo per questo Regno di Cristo presente in tutte le suore in questa parrocchia dedicata a due persone consacrate, di grandissima statura, san Francesco e santa Caterina da Siena. Ringraziamo per questo Regno di Dio presente in ciascuna di voi. E quando preghiamo "Adveniat Regnum tuum", questo esprima il vostro profondissimo desiderio che questa presenza del Regno sia sempre più attuale, in diverse persone, in diversi ambienti, in questa parrocchia perché questa parrocchia è per voi la Chiesa nel suo senso più diretto. Attraverso questa parrocchia è per voi presente la Chiesa di Roma e anche la Chiesa universale.

E si realizza, il Regno di Dio, in tante persone, in tanti ambienti. Che il Regno di Dio veramente, ci liberi dalle tenebre come ci dice la liturgia di oggi con le parole di san Paolo, ci liberi dalle tenebre e ci trasferisca nel Regno di suo Figlio.

[Ai gruppi parrocchiali] Grazie per questo incontro. Qui si vede la parrocchia nella sua crescita, nel suo sviluppo, anche secondo l'età e gli anni diversi, cominciando dai più piccoli, passando ai ragazzi, arrivando ai giovani che costituiscono il gruppo centrale dell'assemblea. E poi dai giovani alle giovani coppie, alle famiglie e anche alle persone anziane, o almeno alle persone mature, che già prendono responsabilità sociali e anche responsabilità parrocchiali, specialmente verso gli handicappati, verso quelli che hanno bisogno di aiuto.

Ecco, qui si vede come vive la parrocchia. Come vive crescendo con ciascuno di noi. D'altra parte ciascuno di noi cresce nella parrocchia. Essa cresce in ciascuno di noi, e ciascuno di noi cresce nella parrocchia. E una crescita parallela o mutua, reciproca. Questo significa la vostra assemblea.

Vorrei sottolineare un aspetto. In questa crescita c'è sempre un guardare verso il futuro. I giovani, i bambini, i ragazzi guardano verso quelli che già, dopo la scuola elementare, vanno alle scuole medie, poi alle superiori e poi all'università. E questi a loro volta guardano ai fidanzati, agli sposi, alle famiglie: cercano il proprio futuro, la propria vocazione, la soluzione della propria vita e secondo l'esempio che trovano nelle coppie, nelle famiglie, cercano di costruire, di plasmare la propria vita umana e cristiana.

D'altra parte coloro che hanno già formato la famiglia, che educano i propri figli, che vedono come essi crescono, diventando sempre più maturi, guardano nuovamente verso i più giovani e cercano di vedere in questi i frutti della propria vita, dei propri impegni, dei propri lavori, delle proprie sofferenze. così cresce la parrocchia. Ciascuno di noi cresce nella parrocchia e la parrocchia, la Chiesa, cresce in noi. Attraverso la Chiesa cresce in noi Cristo, perché la Chiesa è il suo corpo, è lui stesso nella sua moltiplicazione spirituale, attraverso lo Spirito Santo. E così è moltiplicato Cristo.

Questa moltiplicazione è anche sacramentale, attraverso l'Eucaristia.

Allora cresce Cristo. Ciò che in noi cresce, grazie a lui, si chiama Regno di Dio.

Noi tutti siamo partecipi di questo Regno. Oggi e la sua festa, di Cristo Re, ma allo stesso tempo, la nostra festa, la festa di questa comunità parrocchiale, di tutta la Chiesa, della Chiesa contemporanea e della Chiesa attraverso le generazioni, i secoli, i millenni, della Chiesa italiana. Molto significativo è che la vostra parrocchia porta il nome dei due santi patroni d'Italia, san Francesco di Assisi e santa Caterina da Siena.

Regno di Dio, Regno di Cristo. Questo Regno si trova in noi e cresce in noi e noi cresciamo in questo Regno, perché Cristo ci ha lasciato il suo Regno. Ha detto una volta agli apostoli: "Questo Regno che il Padre mi ha consegnato, io consegno a voi". A noi è consegnato il Regno di Dio, e tutti siamo partecipi, tutti siamo cooperatori, tutti siamo corresponsabili di questo Regno.

Volevo dire questo oggi, incontrando la vostra comunità, non solo giovanile, ma la comunità, direi, diacronica, che passa attraverso le diverse età, dai più piccoli ai più anziani.

Auguro la crescita del Regno di Dio in ciascuno di voi, nella vostra comunita, e, attraverso di voi, alla vostra parrocchia.

1989-11-26

Domenica 26 Novembre 1989




Le credenziali del nuovo ambasciatore di Jugoslavia presso la Santa Sede - Città del Vaticano (Roma)

Si rispettino nella lettera e nello spirito i documenti che garantiscono i diritti umani e quindi la pace


Signor ambasciatore.

La sua visita in Vaticano questa mattina segna l'inizio della sua missione di ambasciatore straordinario e plenipotenziario della Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia presso la Santa Sede. Sono lieto di ricevere le sue lettere credenziali e la prego di trasmettere il mio saluto alla presidenza della Repubblica e al suo Presidente, Drnovsek. In questa occasione, desidero assicurarla della mia profonda stima verso tutto il popolo della federazione insieme con i migliori auspici di pace e prosperità.

Nel suo indirizzo di saluto, lei ha parlato degli obiettivi della pace mondiale e di un ordine internazionale fondato sulla giustizia e il rispetto dei diritti dell'uomo, come pure della convinzione che l'eliminazione di ogni forma di discriminazione è condizione necessaria per la coesistenza pacifica di tutta la razza umana. Questi principi sono ampiamente condivisi dalla Santa Sede, e la loro difesa e promozione costituisce il motivo costante della partecipazione della Santa Sede alla vita della comunità internazionale. Ho avuto spesso l'occasione di ricordarlo, non può esserci una pace giusta e duratura fra le nazioni e i gruppi sociali finché vengono calpestati i fondamentali diritti umani, e le stesse persone umane.

Come ho scritto nella mia prima enciclica più di dieci anni fa "la pace si riduce al rispetto dei diritti inviolabili dell'uomo" (RH 17). Questa verità dovrebbe risultare evidente a tutti alla luce degli eventi del nostro secolo. Gli orrori senza precedenti dell'ultimo conflitto mondiale hanno avuto ultimamente origine da un disprezzo della dignità dell'uomo. In risposta a questo attentato alla dignità dell'uomo e alla pace nel mondo, la comunità internazionale nel periodo postbellico ha sentito la necessità di definire quei fondamentali diritti umani che nessuna persona o collettività hanno il diritto di violare. I documenti redatti, cui vostra eccellenza ha fatto riferimento nell'indirizzo di saluto, forniscono una solida base per la promozione della pace e della collaborazione tra le nazioni. E' imperativo che vengano rispettati nello spirito e nella lettera.

All'interno della comunità internazionale, la difesa da parte della Chiesa dei diritti umani è strettamente collegata con la sua missione religiosa universale. Nel predicare la Parola di Dio e insegnare la legge iscritta dal Creatore nella natura e nella coscienza dell'uomo, la Chiesa insegna il rispetto dell'inalienabile dignità di ogni persona e serve così l'autentico bene dell'umanità. Per la sua missione religiosa di lavorare per il bene integrale dell'uomo, "contribuisce a rafforzare la pace in ogni parte del mondo, ponendo la conoscenza della legge divina e naturale a solido fondamento della solidarietà fraterna tra gli uomini e tra le Nazioni" (GS 89) La Chiesa non pretende di avere una competenza tecnica nell'ordine politico, economico o sociale. La sua missione resta specificamente religiosa: essa cerca di aprire il cuore degli uomini alla verità e, nel servire la verità, si impegna per il bene di tutto il genere umano.

E' convinzione della Chiesa che il rifiuto della discriminazione e dell'ingiustizia può essere frutto solo di una umana solidarietà che sia radicata nella fraternità e nell'uguale dignità di tutti i membri della famiglia umana. Ai nostri giorni, siamo testimoni di una crescente consapevolezza dei potenti vincoli di solidarietà che uniscono individui e nazioni di tutto il mondo nella loro ricerca di una vita politica e sociale autenticamente umana. Nella mia recente enciclica "Sollicitudo Rei Socialis" ho precisato il positivo valore morale di questa consapevolezza, che richiede da noi "la determinazione ferma e perseverante di impegnarsi per il bene comune: ossia per il bene di tutti e di ciascuno" (SRS 38).

All'interno della comunità delle nazioni, la Santa Sede desidera rafforzare questa consapevolezza morale ed incoraggiare iniziative che cercano di dare espressione ad essa nelle circostanze mutevoli del mondo contemporaneo. Sono fiducioso che queste aspirazioni sono condivise dal governo e dal popolo della Jugoslavia e continueranno a trovare espressione nella vostra cura di proteggere i diritti legittimi e la libertà degli individui e dei popoli in patria e all'estero. Come presidente del movimento dei non-allineati, la sua Nazione ha un ruolo significativo da svolgere nella promozione del dialogo, della reciproca comprensione e della pace tra paesi e gruppi sociali.

Dentro il suo Paese, c'è una comunità cattolica grande ed attiva. Come Pastore della Chiesa universale, noto con piacere che le condizioni della Chiesa locale in Jugoslavia sono notevolmente migliorate negli ultimi anni. Ho fiducia che questo processo continuerà e che la Chiesa in Jugoslavia avrà garantita la piena libertà nell'esercizio della sua missione, anche nel campo dell'educazione religiosa a tutti i livelli e dell'assistenza spirituale negli ospedali e nel servizio militare.

E' mia speranza, signor ambasciatore, che la sua missione di rappresentante della Repubblica Socialista Federale della Jugoslavia presso la Santa Sede possa servire ad aumentare lo spirito di collaborazione che ha caratterizzato nel passato le nostre relazioni. Nell'assicurarle la pronta collaborazione dei vari dicasteri della Santa Sede nel compimento della sua missione, le offro i miei migliori auguri e chiedo al Signore di benedirla nell'importante lavoro intrapreso.

1989-11-27

Lunedi 27 Novembre 1989









A Vescovi della Colombia in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)

"Basta con lo scontro e con l'odio che generano la morte! Che tutti rifiutino la nuova schiavitù del narcotraffico"


Signor Cardinale, amati fratelli nell'Episcopato.


1. Con gioia vi rivolgo il mio affettuoso saluto nel Signore, Vescovi dell'occidente colombiano, che siete venuti a Roma per la vostra visita "ad limina", che ci offre la possibilità di un incontro desiderato e fraterno, che rafforza ancora di più gli stretti vincoli che ci uniscono nella fede, nella preghiera e nella carità operosa. Desideriamo con ciò dare testimonianza dell'unità della Chiesa, per la quale il Signore prego ardentemente (cfr Jn 17,11), e che desidera essere luce e guida per un mondo che, fra le contraddizioni, cerca affannosamente di essere una famiglia di fratelli.

La vostra presenza qui, oggi, mi ricorda in modo speciale le intense giornate di fede e amore condivise con l'amatissimo popolo colombiano durante il mio viaggio apostolico di tre anni fa. In quell'occasione ho potuto avvicinarmi alle radici della fede cristiana della Colombia e apprezzare la vitalità del suo cattolicesimo, che io mi sforzai di incoraggiare e che, per grazia di Dio, ha ricevuto un nuovo dinamismo che voi, Vescovi, avete saputo concretizzare in efficaci programmi pastorali.

Con la mia esortazione a continuare la vostra opera per ravvivare il senso della Chiesa nel vostro popolo annunciando Gesù Cristo, salvatore e speranza degli uomini, desidero esprimervi la mia stima e il sincero ringraziamento per la vostra generosa dedizione alle comunità ecclesiali che vi sono state affidate.

Continuate a stimolare nel popolo cristiano l'incontro con il Dio vivo e vero come cammino per trasformare quelle realtà sociali che affliggono oggi il vostro cuore di Pastori e di figli della terra colombiana.


2. A questo riguardo, il signor Cardinale Alfonso Lopez Trujillo, Arcivescovo di Medellin e Presidente della Conferenza Episcopale, ha voluto esprimermi a nome di tutti la preoccupazione pastorale che vi assorbe nei difficili momenti che attraversa il vostro Paese. Con le parole dell'Apostolo vi dico: "Virtus in infirmitate perficitur" (2Co 12,9). Questa convinzione nata nell'esperienza cristiana di san Paolo, può sostenere anche il vostro coraggio nelle circostanze dolorose che vivono i cristiani della Colombia. Si tratta in fondo, del paradosso della fede cristiana, che vede la Risurrezione e la vita come il contrario della Croce e della morte.

In mezzo alle difficoltà, la vostra autorità morale sostiene la speranza del popolo fedele, cercando di instaurare una cultura di pace, che si basa sul riconoscimento della dignità della persona umana, e che promuove la riconciliazione e la solidarietà. Desidero in questa circostanza manifestare nuovamente il mio appoggio al vostro ministero; e, accogliendo la vostra richiesta, vorrei proporvi ora alcune riflessioni a questo riguardo, che rafforzino il vostro impegno nella missione e incoraggino la speranza delle vostre comunità.

Con gli occhi della fede percepite tutta la crudezza della situazione.

Infatti, si è scatenata una spirale di sangue e violenza che ha alterato persino le basi della convivenza umana. La sua forza cieca sembra attentare contro la prospettiva del futuro, necessaria per animare gli sforzi e il dinamismo di un paese. Inoltre questa ondata generatrice di morte e distruzione, ha visto fra le sue numerose vittime anche vari sacerdoti e religiosi, e recentemente il caro Vescovo di Arauca, monsignor Jesùs Emilio Jaramillo Monsalve. Non posso fare a meno di rinnovare ancora una volta la mia condanna per questi atti di ingiustificabile violenza contro i servitori del Vangelo; mentre prego il Signore affinché il loro sacrificio sia un appello alla riconciliazione e al perdono.

In questi tempi difficili che dovete affrontare, viene messo a dura prova il coraggio cristiano dei Colombiani. Le ferite aperte nel tessuto sociale minacciano di paralizzare le risorse morali da cui deve sorgere il necessario rinnovamento. Di fronte a questo la Chiesa, che conta sui mezzi della riconciliazione e del perdono, deve accompagnare tutti in questo cammino faticoso, e operare per la costruzione di una società più giusta e pacifica. A questo fine si esige la collaborazione di tutti.


3. Urge, allo stesso tempo, avviare una nuova cultura della solidarietà (cfr SRS 38-40). I Colombiani non possono perdere la fiducia nella propria capacità di risolvere, collettivamente, la situazione che li affligge. Devono dimostrare a se stessi che, unendo le forze, possono affrontare e risolvere i loro problemi, per gravi che siano.

Tutto questo deve portarvi a riflettere. La partecipazione di tutti, specialmente dei costruttori della società deve dar vita a un progetto per il futuro della comunità nazionale. In questo senso non sono poche le questioni da esaminare, soprattutto se consideriamo i fattori che hanno portato alla situazione attuale, e se si vuole cercare la soluzione appropriata.

Questa stessa situazione sociale deve portarvi a predicare instancabilmente la conversione dei cuori, il cambiamento della mentalità. I progetti per il futuro dipendono sempre, in grande misura, dalle virtù di coloro che li strutturano e concretizzano. Tuttavia, nella situazione attuale, il bisogno è maggiore perché le questioni da risolvere sembrano esigere un nuovo tipo di convivenza fra gli uomini. Nuovi ideali e valori devono farsi strada, insieme a ciò che è perennemente valido nella storia culturale della Colombia.

Sulla base di una profonda conversione, di una coscienza comune solidale e di un ampio consenso di collaborazione, sarà possibile intraprendere una azione portatrice di pace e promotrice degli autentici valori etici e sociali. Chiedo perciò ai cristiani della Colombia, specialmente ai fedeli laici, di non tirarsi indietro; di non aspettarsi da altri la soluzione, perché quest'ultima dipende da tutti. E' affidata al cuore di ogni uomo e di ogni donna della nobile terra colombiana.


4. Come in tutta la vita cristiana, ma in modo particolare in queste circostanze, bisogna rivolgere lo sguardo verso la Croce di Cristo. Infatti il superamento della situazione attuale esigerà sacrifici di ogni tipo. Ma, paradossalmente, la Croce fa fruttificare ogni sofferenza, perché accettandola, l'uomo si sa inserito in un dinamismo volto alla vittoria; e non un trionfo qualunque, ma qualcosa di trascendente, definitivo. E questo inserimento consiste nel sapere amare come Cristo amo, arrivando persino al sacrificio della Croce.

Nella sua Passione Gesù affronto la morte con "l'amore più grande" (cfr Jn 15,13), e la sconfisse con la forza di questo stesso amore. "Perché forte come la morte è l'amore" (Ct 8,6), e ancora di più, è capace di vincerla. Per questo l'amore si trova anche nella Risurrezione, come frutto del sacrificio della propria vita.

Nell'Eucaristia ci offre il suo Corpo e il suo Sangue di Risuscitato, affinché agisca anche in noi la potenza della sua vittoria pasquale. Come la morte è capace di distruggere tutto, ancora di più l'amore vittorioso di Cristo è capace di ricomporre tutto dando nuova vita.


5. Nella vostra missione come "veri e autentici dottori nella fede" (CD 2), siete chiamati a servire l'uomo "in tutta la sua verità, nella sua piena dimensione" (RH 13). I fedeli, e anche la società aspettano da voi la parola orientatrice che li illumini a livello personale come pure a quello familiare e sociale. I giovani, desiderosi di ideali alti e nobili, ma disorientati a causa di un nocivo relativismo morale; la famiglia, minacciata nei suoi valori umani e cristiani; l'uomo delle zone rurali, spesso dimenticato da tutti; gli abitanti delle città, molti dei quali oppressi dalla mancanza di una casa degna, dalla disoccupazione e il costo della vita; i poveri e i bisognosi, che subiscono l'abbandono e la mancanza di solidarietà da parte di coloro che potendo aiutarli non lo fanno. Tutti costoro sono destinatari privilegiati del Vangelo e dell'amore di Gesù, attraverso il vostro ministero pastorale. Pertanto le vostre comunità ecclesiali devono distinguersi grazie alla testimonianza e ad uno stile di vita chiaramente evangelico.

Per questa ingente opera apostolica c'è bisogno di uomini e donne che, sotto la vostra guida e con il vostro incoraggiamento, si dedichino entusiasti alla proclamazione del messaggio cristiano con la parola e con la vita. Se in qualsiasi circostanza la santità e la generosa dedizione sono necessarie al ministro di Dio, oggi lo sono ancora di più. Il sacerdote deve essere ricolmo dello spirito di preghiera e di dedizione, disposto al sacrificio, entusiasta per l'ideale di servire Cristo attraverso i fratelli.


6. Mi ricordo con particolare affetto l'incontro nello stadio "Atanasio Girardot" di Medellin, durante il mio viaggio apostolico in Colombia. Riferendomi alla pastorale sociale che deve inserirsi nell'insieme dell'azione della Chiesa particolare, ho voluto ricordarvi che "la Chiesa non può in alcun modo lasciarsi strappare da nessuna ideologia o corrente politica la bandiera della giustizia, che rappresenta una delle prime esigenze del Vangelo e, nello stesso tempo, il frutto della venuta del Regno di Dio" ("Medellii, Allocutio iis qui humanam pauperum fovent dignitatem", 6 die 5 iul. 1986: , IX, 2 [1986] 155).

Guidati sempre dalla Parola di Dio, e in sintonia profonda con il Magistero della Chiesa, continuate a stimolare nelle vostre comunità ecclesiali un attivo interesse sociale che non si limiti alla sola dimensione di promozione umana, ma che tenga anche in conto le esigenze della vocazione cristiana come pure dell'appartenenza al Corpo Mistico di Cristo. Siate allo stesso modo promotori di giustizia, difendendo in ogni momento la dignità della persona. Questa è una causa pienamente assunta dalla Chiesa e dalla sua dottrina sociale, "per favorire sia la corretta impostazione dei problemi, che la loro migliore soluzione" al fine di raggiungere "uno sviluppo autentico dell'uomo e della società che rispetti e promuova in tutte le sue dimensioni la persona umana" (SRS 41).

Si tratta, di conseguenza, di trarre dalla propria fede e dai principi del Vangelo, la forza e l'ispirazione affinché nelle vostre comunità la pratica dell'amore solidale sia una feconda realtà, poiché, come scrive l'apostolo Giovanni, "chi non pratica la giustizia non è da Dio, nè lo è chi non ama il suo fratello" (1Jn 3,10).

Questo amore deve essere il criterio di giudizio per ogni cristiano. Per questo, è sempre riprovevole ricorrere alla violenza e all'odio come mezzi per raggiungere mete di pretesa giustizia.


7. Mi risulta che nella vostra attività pastorale state facendo ripetuti richiami alla pace, la riconciliazione e la concordia. Cessi lo scontro e l'odio, generatori di distruzione e di morte! Che nessuno che si fregia del nome di cristiano offra il minimo appoggio ai seminatori di violenza e di terrore! Che tutti ripudino questa "nuova forma di schiavitù" che è il traffico di droga! (cfr "Allocutio in Sanctuario S. Petri Claver, Carthagena habita", die 6 iul. 1986: IX, 2 [1986] 197). Ma al contrario, la ragione e il diritto prevalgano sull'intolleranza e l'estremismo che distruggono la convivenza pacifica.

Annunciare la pace, il perdono e la riconciliazione è qualcosa di connaturale al Vangelo del quale voi, cari fratelli, siete diffusori e generosi servitori.

Desidero concludere questo colloquio fraterno chiedendovi di portare ai vostri sacerdoti, come pure alle anime consacrate, il mio affettuoso saluto. Dite loro che il Papa li ricorda nelle sue preghiere e che li ringrazia per la loro opera per il Vangelo, nella fedeltà alla Chiesa.

A voi rinnovo la mia vicinanza e il costante appoggio nella vostra sollecitudine pastorale per le Chiese che il Signore vi ha affidato, affinché crescano secondo verità e giustizia, in santità e amore.

Con questi auguri vi accompagni la mia benedizione apostolica, che estendo a tutti gli amatissimi fedeli della Colombia.

1989-11-30

Giovedi 30 Novembre 1989





GPII 1989 Insegnamenti - Le visite pastorali del Vescovo di Roma