GPII 1989 Insegnamenti - La meditazione all'Angelus - Ai fedeli riuniti, Città del Vaticano (Roma)

La meditazione all'Angelus - Ai fedeli riuniti, Città del Vaticano (Roma)

Maria, la donna della verità


Cari fratelli e sorelle.


1. "Benedetto sia Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, che ci ha scelti prima della creazione del mondo, per essere santi e immacolati al suo cospetto nella carità" (Ep 1,3-4). così ci saluta san Paolo nella Messa dell'odierna solennità dell'Immacolata, e così voglio salutarvi anch'io quest'oggi. "Essere immacolati"! Ecco l'ideale cristiano. E noi oggi festeggiamo ed imploriamo quella creatura che tra tutte, dopo Cristo (che non è solo creatura, ma anche Dio), ci si presenta come modello e maestra di immacolatezza in tutte le dimensioni del proprio essere, riflesso e partecipazione dell'infinita purezza di Dio.

E questa creatura è una donna. Ognuno di noi potrebbe ripetere, come Adamo, in riferimento a Maria - ma in ben altro senso: "La donna che Tu, o Signore, mi hai posta accanto" (Gn 3,12). Si, Maria è la "donna" che Dio ha posto accanto ad ogni uomo per il conseguimento della salvezza. Maria è la donna che non è ingannata dal serpente, nè in complicità col serpente, inganna l'uomo circa il suo fine ultimo, che è la contemplazione di Dio verità. In ciò sta il presupposto originario dell'interiore immacolatezza di Maria: nel rapporto limpido, leale e cristallino che l'anima di Maria ha con la verità. Proprio perché è tutta di Dio.

E Dio è verità. Per questo Maria è via alla verità divina. Ed è via obbligata.

"Ianua Coeli".


2. L'anima di Maria non è mai stata contaminata da alcunché di peccaminoso. Come essa è uscita dalle mani del Creatore, così è rimasta, in un crescendo, anzi, di perfezione morale, fino al vertice supremo dell'assunzione nella gloria celeste in anima e corpo.

Questa suprema immacolatezza non deve farci sentire Maria lontana, nonostante la nostra condizione di peccatori. Tale immacolatezza è, infatti, tutta al servizio degli uomini. Dobbiamo considerarla come sostegno sicuro nella lotta contro le potenze del male, come luce fulgidissima di verità, come motivo invincibile di speranza e di gioia. Maria ci parla di una vittoria totale sul male, per cui, mettendoci al suo seguito - e perciò al seguito di Cristo - noi possiamo sperare di essere totalmente purificati dal peccato e di diventare anche noi "santi" e "immacolati".


3. O Maria, quale semplice creatura umana è più di te amica e testimone della verità? Quale è più nemica del male e dell'errore? Insegnaci a credere, innanzitutto, nella possibilità di una piena immacolatezza, anche se le nostre miserie - personali e sociali - ce la fanno pensare quasi irraggiungibile.

Insegnaci a credere fermamente in questa possibilità e a perseguirla con coraggio per tutto il corso della nostra vita, fino al compimento celeste. Amen.

[Il Papa non ha letto il testo che precede, a causa del cattivo tempo. Ha invece salutato la folla con le seguenti parole:] Voglio salutare cordialmente tutti i presenti, romani e pellegrini; voglio ricordare insieme con voi il mistero dell'Immacolata Concezione di Maria, questo mistero profondissimo che oggi celebra tutta la Chiesa. Un mistero legato al periodo dell'Avvento che adesso tutta la Chiesa sta vivendo e noi nella Chiesa.

Ci avviciniamo in questo periodo al santo Natale e questo cammino porta in sè il mistero di Maria, specialmente quello della sua Immacolata Concezione. Maria è stata concepita senza l'eredità del peccato originale, è stata concepita nella grazia, piena di grazia. Noi vogliamo celebrare questo evento come sempre facciamo nei giorni della domenica, nei giorni festivi, nelle solennità come quella di oggi, con questa preghiera dell'"Angelus Domini".

1989-12-08

Venerdi 8 Dicembre 1989




La preghiera in piazza di Spagna - Ai fedeli riuniti (Roma)

"Vogliamo aprire davanti a te il cuore dell'umanità della nostra epoca"


1 "Tutte le generazioni mi chiameranno beata" (Lc 1,48).

Veniamo oggi noi, abitanti di Roma, insieme con i pellegrini dall'Italia e dal mondo per chiamarti beata: qui, in questa piazza, nella quale i romani del secolo scorso hanno eretto una colonna in tuo onore, o Immacolata Concezione! Veniamo qui ogni anno nel giorno del grande incontro col mistero divino che è in te: serva del Signore! Proprio per questo tutte le generazioni ti chiamano beata, perché sei serva. così hai chiamato te stessa nel momento dell'Annunciazione.

Innalzata al di sopra di tutti gli uomini mediante la grazia della maternità divina, sapevi che il Padre eterno ti chiamava ad un particolarissimo servizio.

Infatti egli è colui che "innalza gli umili e rimanda i ricchi a mani vuote" (cfr Lc 1,52-53).

Egli è colui che "da ricco che era, si è fatto povero per noi perché noi diventassimo ricchi per mezzo della sua povertà" (cfr 2Co 8,9). Il tuo Figlio!


2. Da questa celebre colonna, su cui i romani hanno posto la tua statua, tu guardi alla nostra città.

E non soltanto ad essa. Tu guardi a tutta la famiglia umana, alle nazioni, ai popoli e alle generazioni - a tutti coloro tra i quali il tuo Figlio è venuto, per farli ricchi della sua divina povertà.

E sei vicina a ciascuno di noi. Guardi ai cuori umani come guarda la Madre.

Oggi vogliamo aprire i nostri cuori davanti te. Noi qui riuniti, insieme a tanti altri nostri fratelli e sorelle, che si trovano in diversi luoghi della terra.

Vogliamo aprire davanti a te il cuore dell'umanità della nostra epoca - cuore inquieto, cuore minacciato, cuore che sta cercando.

"Rivolgi a noi gli occhi tuoi misericordiosi".

Aiutaci a ritrovare noi stessi in Cristo, tuo Figlio. In lui si è rivelato l'amore, col quale il Padre eterno "ha amato il mondo" (cfr Jn 3,16).

Ogni uomo è abbracciato in questo amore. Ognuno ha un esso la propria "parte".

Madre, parla a tutti, parla a ognuno e digli che non può ritrovarsi in altro modo se non mediante questo amore. Se non in questo amore soltanto.


3. Noi, raccolti ai tuoi piedi - in questo scorcio del millennio che sta per terminare - preghiamo: Tu che conosci molto bene il "prezzo" con cui il Figlio di Dio ha redento ciascuno di noi, aiutaci a vivere nella prospettiva di questo "prezzo".

Aiutaci affinché in ciascuno di noi vinca quell'amore col quale Dio ha amato il mondo. Quell'amore ha il nome del Figlio di Dio.

Del tuo Figlio che in questo tempo di Avvento ci prepariamo ad accogliere nel mistero del Natale e a venerare nella carne di un bimbo, deposto in una mangiatoia dalle tue mani premurose: noi tutti, figli tuoi nel tuo Figlio!

1989-12-08

Venerdi 8 Dicembre 1989




L'omelia nella Basilica di santa Maria Maggiore - Ai fedeli riuniti, Roma

Nella storia del grande avvento dell'umanità la Vergine risplende come aurora sul cielo



1. "Cantate al Signore un canto nuovo... / Gli ha dato vittoria la sua destra" (Ps 98,1).

Cantate al Signore! Veniamo oggi in questa Basilica, che le generazioni cristiane dei primi secoli hanno edificato in onore di Maria santissima e che oggi i fedeli di Roma e di ogni parte del mondo, con tanta generosità e sensibilità a cui va il mio plauso e il mio incoraggiamento, contribuiscono a riportare agli antichi splendori, sostenendo i necessari lavori di restauro. Veniamo a colei, che è la "Salus Populi Romani". Veniamo a "cantare un canto nuovo": cioè il canto dell'Immacolata Concezione.

E veniamo per meditare la vittoria che nella Vergine di Nazaret, scelta per essere la madre del redentore, ha riportato Cristo: il suo Figlio.

Veniamo per rallegrarci, insieme con Maria, di questo mistero, che si iscrive nella storia del grande avvento dell'umanità; e sullo sfondo di questa storia ella risplende come l'aurora sul cielo: quando la notte fa posto al giorno, le tenebre alla luce.


2. La liturgia di oggi parla di vittoria, perché parla di lotta.

"lo porro inimicizia tra te e la donna, tra la tua stirpe e la sua stirpe: questa ti schiaccerà la testa e tu le insidierai il calcagno" (Gn 3,15).

Queste parole del libro della Genesi appartengono al brano che rende testimonianza all'origine del peccato nella storia dell'uomo: al peccato "originale".

In questo peccato "il padre della menzogna" (Jn 8,44) si è messo contro il Padre della luce. Ed è riuscito ad attirare a sè l'uomo, che Dio aveva creato maschio e femmina e a cui aveva dato al grazia della sua amicizia: la partecipazione alla vita, che è in Dio stesso.

Il Concilio Vaticano II insegna: "Costituito da Dio in uno stato di santità, l'uomo pero, tentato dal Maligno, fin dagli inizi della storia abuso della sua libertà, erigendosi contro Dio e bramando di conseguire il suo fine al di fuori di Dio" (GS 13).

Da quel momento "l'uomo... guardando dentro al suo cuore si scopre inclinato al male... si trova in se stesso diviso. Per questo tutta la vita umana, sia individuale che collettiva, presenta i caratteri di una lotta drammatica tra il bene e il male, tra la luce e le tenebre" (GS 13).


3. La liturgia di oggi parla di questa lotta. Risale agli inizi stessi della storia del peccato nel genere umano.

Ma, nello stesso tempo, parla della vittoria.

E tale vittoria è già annunziata con le parole del libro della Genesi, ricordate dalla prima lettura di questa solennità dell'Immacolata Concezione della beata Vergine Maria.

Esse accennano alla "stirpe della donna", che "schiaccerà la testa del serpente".

Successivamente, abbiamo ascoltato nel Vangelo le parole rivolte dall'angelo dell'Annunciazione a Maria di Nazaret: "Ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù... Lo Spirito Santo scenderà su di te, su te stenderà la sua ombra la potenza dell'Altissimo. Colui che nascerà sarà dunque Santo e chiamato Figlio di Dio... Il suo regno non avrà mai fine" (Lc 1,31 Lc 1,35 Lc 1,33).


4. Il nome Gesù significa "Dio salva" (Dio è il salvatore). "Salva", cioè libera dal male. "Salva", cioè "vince il male". E' proprio ciò che, nel linguaggio metaforico del libro della Genesi, significano le parole: "schiaccerà la testa del serpente".

Tuttavia, già quel primissimo annunzio parla del prezzo che pagherà il salvatore, Figlio di una donna.

Sappiamo quale prezzo ha pagato Gesù, Figlio di Maria, il nostro salvatore. Sappiamo che "siamo stati comprati a caro prezzo" (cfr 1Co 6,20). La Croce di Cristo sta al centro della storia della salvezza - al centro della storia dell'uomo.

Maria starà sotto la Croce. Proprio sulla Croce si compirà la vittoria.

Proprio attraverso la Croce "il suo regno non avrà fine".

E' "la destra" del Figlio, inchiodato alla Croce, che ha operato questa vittoria sul peccato.


5. Essa è celebrata dalla odierna liturgia della Chiesa.

Di qui prende inizio l'Immacolata Concezione della beata Vergine Maria.

Il Figlio ha riportato questa vittoria nella sua Madre e per la sua Madre, preservandola dall'eredità del peccato di Adamo fin dal primo momento della sua esistenza - già nel momento stesso della concezione.

Ella, come tutti gli uomini, aveva bisogno di Redenzione. Ed è stata redenta grazie al prezzo del sacrificio della Croce del suo figlio. E' stata redenta grazie a questo sacrificio.

E' stata redenta in modo particolare.

La Chiesa professa questa singolare ed eccezionale redenzione della madre di Cristo celebrando l'Immacolata Concezione di Maria.


6. Oggi, insieme con l'Apostolo, la Chiesa benedice Dio: il Padre del Signore nostro Gesù Cristo.

Infatti, "in lui (il Padre) ci ha scelti prima della creazione del mondo, per essere santi e immacolati al suo cospetto... a lode e gloria della sua grazia, che ci ha dato nel suo Figlio diletto" (Ep 1,4 Ep 1,6).

Questa benedizione si riferisce a tutti gli uomini redenti dal Cristo.

In modo particolare ed eccezionale si riferisce a Maria. A colei, alla quale l'angelo Gabriele ha detto nell'Annunciazione: "Ti saluto, o piena di grazia, il Signore è con te..."; e verso la quale Elisabetta esclamo: "Benedetta tu fra le donne" (Lc 1,28 Lc 1,42).

Cantiamo al Signore un canto nuovo! Nel giorno della solennità dell'Immacolata Concezione della beata Vergine Maria l'Avvento diventa: "un canto nuovo", con cui la Chiesa canta al suo Signore e redentore.

1989-12-08

Venerdi 8 Dicembre 1989




Ai dirigenti della federazione internazionale calcio - Città del Vaticano (Roma)

La coppa del mondo "Italia '90" sia un contributo alla fraternità universale


Signor presidente, signore e signori.


1. Sono lieto di ricevervi, se pur brevemente. Ringrazio il signor presidente Joao Javelange per l'indirizzo di saluto a me rivolto, sottolineando che lo spirito di fraternità universale, aspirazione fondamentale di tutti i popoli della terra, impregnerà i prossimi campionati. Nel salutare cordialmente tutte le personalità presenti, desidero ribadire il mio apprezzamento per i sentimenti che sono stati espressi.

In effetti, sono profondamente convinto che la persona umana non può svilupparsi in tutta la sua dignità se non in un'atmosfera di fraternità autentica o, per riprendere la celebre formula di Paolo VI, in una "civiltà dell'amore".


2. La Chiesa è consapevole di dover lavorare per l'avvento di una simile civiltà.

Ella continua "l'opera stessa di Cristo, il quale è venuto nel mondo a rendere testimonianza alla verità, a salvare e non a condannare, a servire e non a essere servito" (GS 3).

Senza perseguire ambizioni terrene, la Chiesa proclama la grandezza della vocazione dell'uomo, che porta in sè l'immagine di Dio. In virtù della sua fede, ella desidera contribuire, in modo disinteressato, al rafforzamento della fraternità universale degli uomini, chiamati tutti a condurre una vita libera nella giustizia.


3. Lo sport, attività umana particolare, deve integrarsi in questa prospettiva.

Ogni competizione si basa sulla padronanza di sè dal punto di vista fisico e psicologico, per migliorare continuamente il rendimento personale e della squadra.

Essa consente alla persona di maturare per l'impegno individuale e lo spirito di gruppo.

La pratica dello sport apre gli atleti a un senso comunitario che rende più armonioso e più fruttuoso ogni lavoro fatto con gli altri. La sua influenza si estende anche in altri campi. Si tratta di dividere le proprie azioni, le proprie conquiste e la propria esperienza, per progredire nella realizzazione piena di sè in rapporto con gli altri.


4. In questo spirito, vi incoraggio nello svolgimento dell'importante lavoro a voi affidato. Fin d'ora, sono lieto di esprimere l'auspicio che la coppa del mondo di calcio, "Italia '90", sia un contributo al progresso della conoscenza e del rispetto reciproco dei popoli, nella gioia e la serenità di una autentica fraternità.

Un raduno così importante di sportivi e di pubblico rifletterà, noi lo speriamo, l'unità fondamentale della famiglia umana. Potrà dunque essere l'occasione, per molti attori e spettatori, di riscoprire che l'"altro" - persona, popolo o nazione - è un proprio "simile", nella gioia, nella vita stessa (cfr SRS 39).

Il Signore vi assista! Prego perché vi siano accordati i doni e la benedizione di Dio, a voi e ai vostri collaboratori, ai vostri cari e a tutti coloro che trarranno beneficio dal vostro lavoro di organizzatori.

1989-12-09

Sabato 9 Dicembre 1989




Lettera al Cardinale Gonzalez Martin - Città del Vaticano (Roma)

Quattro secoli di presenza


Al nostro venerabile fratello il signor Cardinal Gonzales Martin Arcivescovo di Toledo.

Dove tu, nostro venerabile fratello, un tempo sei stato felicemente e con buoni frutti precettore, nel "Collegio de Ingleses" di Valladolid, dedicato a sant'Albano, noi ora sappiamo che verranno fatte solenni celebrazioni in occasione, nel mese di dicembre, dell'anniversario della fondazione dell'istituto.

Infatti sono trascorsi quattro secoli da quando, per i motivi che tutti conoscono, è stata fondata quella illustre sede di studi, dove si preparano al sacerdozio seminaristi provenienti dall'Inghilterra in pace e libertà, e studiano per il conseguimento di titoli accademici. E questo per quattro secoli. Quanti testimoni della fede e confessori e santi e beati martiri sono usciti dalle aule di quel collegio! Quanti degnissimi ministri della Chiesa, formatisi li, sono ritornati in patria o sono andati in tutto il mondo ad annunciare il Vangelo di Cristo e la dottrina dell'unica Chiesa! Non vogliamo pertanto che tale anniversario e tale occasione di esortare e rassicurare gli animi passi senza la nostra personale preghiera sia per gli attuali studenti del collegio, sia per gli ex-studenti, sia anche per gli studenti della gloriosa istituzione ormai defunti. perciò nominiamo e destiniamo te, nostro venerabile fratello, in forza in questa lettera, nostro inviato speciale alle celebrazioni in occasione del quarto centenario della fondazione del collegio di sant'Albano degli Inglesi a Valladolid in Spagna, perché tu sia presente a nome nostro e parli con la nostra autorità esponendo il nostro pensiero sul memorabile evento.

Vediamo infatti li un grande esempio e una grande testimonianza di perseveranza nella fede e di forza nella professione di fede e nell'attuazione pratica della fede cattolica nel mondo.

Con questi nostri saluti ed esortazioni a far rivivere la memoria del passato e ad imitare l'esempio degli studi cattolici, impartirai anche la nostra benedizione apostolica, che noi invocheremo come se fossimo presenti là perché cresca l'amore per il Vangelo di Cristo con l'accresciuto fervore per l'unità dei cristiani e la carità verso tutti, tra i futuri ministri della Chiesa che usciranno dal collegio di Valladolid, e cresca la massima fedeltà alla Chiesa.

1989-12-09

Sabato 9 Dicembre 1989




A un congresso di odontostomatologia e chirurgia maxillo-facciale - Città del Vaticano (Roma)

La scienza medica in tutte le sue discipline è per definizione servizio all'essere umano


Illustri signori!


1. A voi il mio saluto deferente e cordiale. Sono lieto di accogliere in speciale udienza voi, partecipanti Italiani e voi, rappresentanti di altri paesi, riuniti per la prima volta a Roma per i lavori del ventiduesimo congresso nazionale della società italiana di odontostomatologia e di chirurgia maxillo-facciale. Esprimo il mio vivo apprezzamento ai promotori, agli organizzatori e agli illustri ospiti di questa importante assise di studio, che vede l'apporto convergente di ricercatori, scienziati e chirurghi impegnati in questo promettente settore della medicina, pervenuto in questi anni a singolari e lusinghieri successi. Sono in particolare debitore di una parola di profonda riconoscenza per il prezioso dono di alcune modernissime apparecchiature che in questa circostanza è stato offerto. Attraverso la persona del presidente del comitato organizzatore del congresso, il professor Giovanni Dolci, il mio grazie intende raggiungere quanti hanno contribuito al magnifico gesto.


2. Il vostro settore, illustri signori, ha conosciuto grandi progressi. La recente introduzione nei cicli universitari italiani dei corsi di laurea in odontoiatria e protesi dentaria conferma non soltanto l'attualità, ma la rilevanza delle speciali discipline che voi rappresentate con tanto prestigio. Quanto cammino s'è compiuto da quando il Papa Pio XII, nel 1958, cinque giorni prima del suo sereno e pio transito, intrattenendosi magistralmente su temi di vostra pertinenza, qualificava la chirurgia plastica ed estetica come "nuovo ramo della scienza medica" (cfr "Discorsi ai Medici", a cura di F. Angelini, Roma 1960, p. 716)! Le possibilità oggi offerte alla odontostomatologia ed alla chirurgia maxillo-facciale sono vastissime, mentre la socializzazione della medicina e dell'assistenza sanitaria assegna a queste particolari e specifiche discipline nuovi e importanti compiti.

In una civiltà come la nostra, in cui la vita delle persone è tanto legata ai mezzi della comunicazione di massa ed ai sempre più stretti e necessari rapporti interpersonali e sociali, assumono nuovo risalto i problemi attinenti alla sanità dell'apparato orale e dentario come pure quelli dell'estetica fisica.

In realtà, la soluzione di tali problemi dal punto di vista medico e chirurgico non può dirsi eticamente irrilevante, dal momento che quanto contribuisce a migliorare l'essere umano, anche nella sua corporeità, è celebrazione della vita e servizio alla sua più degna qualità.

Voi che curate in maniera specialistica e con l'apporto di tecnologie sempre più avanzate l'apparato orale, più di ogni altro conoscete la sua importanza determinante in ordine alla corretta e idonea utilizzazione della parola, nonché di altre funzioni che rientrano nell'abito della piena vitalità dell'organismo umano. Nè minore incidenza sia nella vita individuale e familiare sia in quella sociale, hanno le lesioni che deturpano l'aspetto fisico in conseguenza o di imperfezioni congenite o di infortuni sul lavoro, di incidenti domestici, e di tanti altri eventi connessi col convulso sistema moderno di vita associata.


3. Come ho avuto occasione di ricordare in più circostanze, l'unità inscindibile della persona fa si che quanto è difettoso o carente nell'organismo abbia riflessi anche gravi sulla psiche dell'uomo. Ne consegue che la scienza che voi coltivate - e che a ragione viene sempre più spesso qualificata come vera e propria arte - si traduce, se intesa quale servizio all'armonica composizione e al buon funzionamento delle varie parti del corpo umano, in nobilissima missione.

La Chiesa che dalla Rivelazione divina e dalla sua viva e perenne Tradizione attinge una profonda stima per il corpo umano, originariamente plasmato dalla mano del Creatore, sostiene ed incoraggia le vostre ricerche ed è vicina al vostro lavoro così delicato. Curando l'uomo nella sua dimensione corporea, voi vi rendete promotori e artefici di un servizio che esalta la scienza medica spingendola verso nuovi e sempre più vasti orizzonti.

Efficienza e bellezza fisica, infatti, sono fattori di piena valorizzazione dell'uomo, giacché in esse si manifesta ed opera la sua dimensione spirituale, protesa ad assolvere in maniera idonea i compiti ricevuti dal Creatore. Ecco perché le pubbliche istituzioni devono far si che non soltanto a pochi privilegiati sia possibile accedere alle provvide terapie ed ai preziosi interventi delle discipline da voi esercitate, bensi a sempre più larghe fasce di cittadini.


4. In questa prospettiva la vostra attività, illustri signori, le vostre ricerche, i vostri studi costituiscono un segno di speranza e si traducono in nuova espressione di solidarietà umana, nella linea della più fedele adesione alla finalità primaria della medicina, la quale, in tutte le sue numerose e promettenti branche, è per definizione servizio all'uomo. In tale dimensione, odontostomatologia e chirurgia maxillo-facciale possono e devono rispondere non già ad effimere e strumentali esigenze, bensi alle richieste legittime di chi ha bisogno di recuperare qualche funzione che risulta determinante per la sua piena realizzazione umana.

Proseguite perciò con convinzione ed entusiasmo nel vostro generoso ed encomiabile impegno. Per parte mia, invoco di cuore sulla vostra attività e su quanti avete la missione ed il dono di servire nell'esercizio della vostra arte, la benedizione di Dio, apportatrice di luce e di spirituale conforto.

1989-12-09

Sabato 9 Dicembre 1989




Per la canonizzazione del religioso belga fratello delle Scuole cristiane - Ai fedeli riuniti, Città del Vaticano (Roma)

San Mutien-Marie Wiaux ha tutta la grandezza degli umili



1. "Convertitevi perché il Regno dei cieli è vicino!" (Mt 3,2).

In questo tempo di Avvento la Chiesa ci rivolge di nuovo l'invito di Giovanni Battista. Essa lo rivolge ad ognuno di noi! Giovanni, il precursore, si è appartato nel deserto, nell'austerità. Egli non ha altro compito che quello di preparare la via del Signore. La sua voce è ascoltata e giungono le folle.

All'invito di Giovanni esse si sottopongono al battesimo riconoscendo i propri peccati. Il loro cammino è quello della conversione.

Con Giovanni, queste folle preparano la via del Signore. Infatti il Regno dei cieli è ormai vicino! Giovanni annunzia: "Colui che viene dopo di me è più potente di me" (cfr Mt 3,11). L'ultimo e il più grande dei profeti annunzia il Messia, il virgulto germogliato dalle radici di Jesse, che il profeta Isaia attendeva.


2. Quando oggi ascoltiamo i profeti, quando in questo giorno ascoltiamo Giovanni Battista, che ci conduce sulla via del Messia, noi non percepiamo soltanto l'eco di una parola antica. E' la Chiesa di Cristo che ad ogni generazione, a questa generazione della fine del secondo millennio, ritorna a dire che il Regno dei cieli è ormai vicino nel Messia annunziato dai profeti.

Viene in mezzo a noi colui sul quale si posa "lo Spirito del Signore, spirito di sapienza e di intelligenza, spirito di consiglio e di fortezza, spirito di conoscenza e di timore del Signore..." (Is 11,2).

Se ci è richiesta la conversione, è per accogliere colui che viene, per ricevere i doni della giustizia e della pace, per diventare artefici di pace, poiché, come dice il profeta Isaia: "Egli giudicherà con giustizia i poveri e prenderà decisioni eque per gli oppressi del paese" (Is 11,4). Per preparare la sua venuta, per divenire suoi discepoli, è necessario lasciarsi trasformare dalla sua giustizia e guidare dalla sua sapienza. Noi comprendiamo che "per mezzo dello spirito di sapienza e di intelligenza" (Is 11,2), il Messia scopre il nostro peccato e ci invita a conformarci alla legge di amore e di verità del suo Regno.


3. Il profeta dice ancora del Messia che "fascia dei suoi lombi sarà la giustizia" (Is 11,5). Egli inaugura un regno di pace: "Il lupo dimorerà insieme con l'agnello..., il vitello e il leoncello pascoleranno insieme e un fanciullo li guiderà. (...) Non agiranno più iniquamente nè saccheggeranno in tutto il mio santo monte" (Is 11,6 Is 11,9).

Si tratta forse di un'illusione, dal momento che conflitti senza fine in tanti punti del mondo sembrano renderla vana? Sarebbe così se questa parola non venisse da Dio, se non si rivolgesse alle coscienze, se non fosse essa stessa sorgente di giustizia, la giustizia secondo Dio, la giustizia di Dio! Il messaggio di Isaia, l'ardente appello del precursore e poi la venuta stessa di Gesù portano dei frutti di pace, nel cuore e nelle azioni di coloro che si lasciano convertire.

Giovanni il Battista proclama l'urgenza della conversione: "Già la scure è posta alla radice degli alberi" (Mt 3,10). Ascoltiamo bene questo avvertimento: ogni persona è chiamata a produrre frutti buoni di giustizia e di pace; ogni momento, ogni azione ha la sua importanza in funzione del Regno che viene e di cui non deve tradire lo spirito. Ogni uomo, per quanto modesto, è insostituibile nella famiglia umana; il più umile gesto ispirato dall'amore rende gloria a Dio.


4. La Chiesa oggi esalta un religioso molto semplice. Per tutta la vita egli ha compiuto la volontà del Signore senza mai tardare. Fedele alle esigenze e alle rinunce della regola, san Muziano-Maria ha tutta la grandezza degli umili.

Per sessant'anni di vita religiosa trascorsa nell'ombra, ha praticato le osservanze dei fratelli delle Scuole cristiane con una generosità totale. Per lui, nulla fu più importante dell'obbedienza, nulla più gioioso della povertà, nulla più urgente degli obblighi della vita comune, dell'accoglienza dei suoi alunni e di chiunque veniva a lui. Fedele ai compiti nascosti a lui affidati, giorno dopo giorno fratel Muziano offriva la sua vita al Signore, in una dimenticanza di sè che per lui era diventata naturale. Già per questo è una figura esemplare: è giunto alla santità nel quotidiano, seguendo con docilità il cammino dei figli di san Giovanni Battista di La Salle.

Semplice assistente dei maestri di musica e di disegno, o occupato nei numerosi servizi necessari in una grande struttura scolastica, fratel Muziano restava sempre illuminato dalla presenza di Dio. Il suo senso della preghiera impressionava confratelli ed allievi, tanto da essere chiamato "il Fratello che pregava sempre".

E' un ammirevole modello della "vita di preghiera". Prolungava l'adorazione e la meditazione davanti al Santissimo fino quando poteva; risplendeva di gioia nel comunicarsi ogni giorno al Corpo di Cristo; non cominciava un lavoro senza invocare il Signore e venerare la Croce. In ogni momento, con il rosario in mano, invocava la santa Vergine con una giusta devozione, come dimostrano queste parole: "Per arrivare ad un'intima unione con nostro Signore, prendete la strada di Maria dove non c'è compito nè ombra che possano fermare il vostro cammino verso Gesù" (S. Mutien-Marie Wiaux, "Lettre du 3 janvier 1914").

Con l'intensità della sua vita spirituale, san Muziano-Maria "preparava la via del Signore, raddrizzava i suoi sentieri (cfr Mt 3,3). Quanti lo vedevano pregare si stupivano di non trovare in lui "niente che non fosse semplicemente sincero". C'è nell'uomo di Dio come una trasparenza che lo rende testimone autentico del Signore presente in lui. La Parola di Dio viveva in lui, gli autori spirituali l'avevano nutrito; ne traeva una saggezza che sapeva comunicare con naturalezza. Pensiamo alle parole di Isaia ascoltate oggi: "la saggezza del Signore riempirà il paese come le acque ricoprono il mare" (Sg 11,9).


5. San Muziano ebbe a Malonne una influenza discreta dovuta alla sorgente viva della sua pietà, della sua preghiera. I bambini del catechismo, gli allievi che gli stavano sempre vicino, sentivano che la forza di quest'uomo veniva dalla sua intimità con Dio e che un'instancabile carità aveva più valore di qualsiasi altra capacità.

Il suo messaggio non si esprime nei termini della saggezza di questo mondo. Egli mostra ai suoi fratelli, agli educatori, ai giovani la vera fecondità di una vita umilmente offerta. Egli poteva dire, come il Salmo di questa liturgia che Dio "avrà pietà del debole e del povero e salverà la vita dei suoi miseri" (Ps 72,13). Lui stesso si considerava debole e povero, e questo lo rendeva disponibile verso chiunque gli confidava le sue pene. Dopo la sua morte, venne riconosciuto naturalmente come l'intercessore che la Chiesa ormai onora, un amico di Dio che resta un fratello degli uomini.

Con l'istituto dei fratelli delle Scuole cristiane, con i suoi connazionali del Belgio, noi siamo meravigliati per la fama di questo umile religioso. Noi rendiamo grazie oggi per la santità di fratel Muziano-Maria. Gli chiediamo di aiutare gli educatori dei nostri tempi perché sappiano accompagnare i giovani sul cammino della fede, aprirli alla bellezza del messaggio evangelico, invitarli a rinnovare continuamente la conversione richiesta da Cristo salvatore, a prendere parte attivamente alla vita della Chiesa.


6. Il lungo cammino di santità percorso da fratel Muziano sembra essere una risposta fedele alle parole di san Paolo che la Chiesa ci fa ascoltare in questa seconda domenica di Avvento: i libri santi sono scritti "per nostra istruzione, perché in virtù della perseveranza e della consolazione che ci vengono dalle Scritture teniamo viva la nostra speranza" (Rm 15,4). Il santo fratello diede prova di perseveranza e di coraggio. Ci aiuti su questa strada ad appoggiarci alla potenza della Parola di Dio per affrontare le sfide di ciascuna delle nostre esistenze, le sfide di ciascuna delle nostre famiglie e delle nostre comunità.

San Paolo aggiungeva: "Il Dio della perseveranza e della consolazione ci conceda di avere gli uni verso gli altri gli stessi sentimenti ad esempio di Cristo Gesù" (Rm 15,5). Sull'esempio del santo fratello di Malonne, tutto compenetrato dello spirito di Cristo, accoglieremo meglio il salvatore che viene tra noi se, nell'unità, riceviamo la Parola e agiamo in comunione nello stesso Spirito e condividiamo i medesimi doni. "Accoglietevi perciò gli uni gli altri come Cristo accolse voi, per gloria di Dio" (Rm 15,7-9). Vivere l'Avvento è preparare i giorni in cui "fiorirà la giustizia", i giorni in cui conosceremo "l'abbondanza della pace" (cfr Ps 72,7), i giorni in cui "saranno benedette tutte le stirpi della terra" (Ps 72,17).


7. Fratelli e sorelle, l'esempio di un santo che è vissuto vicino a noi può rendere forte in noi il coraggio della speranza. Fratel Mutieno-Marie ci precede nel cammino della fedeltà agli inviti di Dio e all'instancabile servizio dei fratelli. Noi chiediamo la sua intercessione, affinché ci sia dato di spianare a nostra volta la via del Signore e la via dell'uomo, che è la via della Chiesa. Noi invochiamo la sua intercessione affinché ci sia data la capacità di produrre i frutti che esprimano una reale conversione, di annunziare senza sosta il Regno dei cieli ormai vicino in colui che battezza nello Spirito Santo (cfr Mt 3,2-11).

E così noi potremo "con un solo animo e una voce sola rendere gloria a Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo" (cfr Rm 15,6).

1989-12-10

Domenica 10 Dicembre 1989





GPII 1989 Insegnamenti - La meditazione all'Angelus - Ai fedeli riuniti, Città del Vaticano (Roma)