GPII 1989 Insegnamenti - Recita dell'Angelus - Ai fedeli riuniti, Città del Vaticano (Roma)

Recita dell'Angelus - Ai fedeli riuniti, Città del Vaticano (Roma)

Maria ha contribuito a preparare il Figlio alla sua missione sacerdotale


Carissimi fratelli e sorelle!


1. Il nostro pensiero, in occasione della preghiera dell'"Angelus", va anche oggi al Sinodo dei Vescovi, che nel prossimo anno tratterà della formazione sacerdotale. La riflessione dell'assemblea sinodale non potrà svilupparsi che alla luce di Cristo.

Egli infatti è il sacerdote unico ed eterno, giacché nella Chiesa, i sacerdoti sono tali in quanto resi partecipi del suo sacerdozio mediante il "carattere", un segno spirituale che li configura a lui, Cristo. Essi esercitano il loro ministero sempre e solo nel nome e per autorità di Cristo. Per questo si può dire che soprattutto il sacerdote è un altro Cristo: "sacerdos alter Christus".


2. In questo tempo d'Avvento, in cui attendiamo la venuta di Cristo, è spontaneo pensare che ci prepariamo a festeggiare la venuta del sacerdote ideale, perfetto, il Figlio di Dio mandato a santificarci e a salvarci.

Secondo le parole dell'angelo al momento della Annunciazione, l'opera dello Spirito Santo farà si che il Bambino sia santo, ossia consacrato fin dalla nascita. Lo Spirito Santo realizza in Cristo Gesù - il Messia, l'unto, il consacrato per eccellenza - la prima consacrazione sacerdotale, fonte di tutte le altre. Sarà lui ancora, in ogni ordinazione sacerdotale, ad operare quella consacrazione, che prende in tutta la sua profondità la persona umana per conformarla a Cristo e per impegnarla nel servizio al suo Regno.


3. L'importanza fondamentale dell'azione dello Spirito Santo non può farci dimenticare il valore della cooperazione di Maria. Questa si è esercitata, in particolare, negli anni oscuri di Nazaret, con l'educazione data a Gesù. Maria ha contribuito a preparare il Figlio alla sua missione sacerdotale, favorendo lo sviluppo di tutte le sue qualità umane. Quando Gesù rivelerà il suo cuore mite e umile, aperto a tutti, accogliente e benevolo, pieno di compassione per gli infelici, a tutti offrirà i frutti di uno sviluppo, in cui Maria ha avuto una parte notevole anche se nascosta.


4. Alla luce di questi dati si comprende come la formazione sacerdotale sia prima di tutto opera dello Spirito Santo che esercita la sua potenza di santificazione, preparando il futuro prete ad essere uomo di Dio a immagine di Cristo. Da Maria, tale formazione attende anche un aiuto allo sviluppo di tutte le qualità umane che possono esprimere concretamente la carità nelle relazioni sociali, rendendo il sacerdote capace di penetrare nell'ambiente di vita in cui è posto.

Rivolgiamoci, in questo Avvento, verso il Cristo che viene, perché ci aiuti a vedere sempre più chiaramente in lui il sacerdote, dal quale scaturisce ogni sacerdozio. Guardiamolo come la luce che deve illuminare il Sinodo e chiediamogli che il suo modello possa riflettersi e rinnovarsi in tutti coloro che oggi si preparano al sacerdozio.

[Al termine il Santo Padre ha pronunziato le seguenti parole:] Rivolgo il mio cordiale saluto ai membri delle comunità neocatecumenali dlel parrocchie di san Giovanni evangelista e del Sacro Cuore di Mestre (diocesi di Venezia) e delle parrocchie della beata Vergine delle Grazie e di san Sergio martire nella diocesi di Trieste.

Auguro a tutti si saper cogliere la Parola di Dio con la generosa e fedele disponibilità, con cui la Vergine santissima pronuncio il suo "Fiat" all'annuncio dell'angelo.

A tutti la mia benedizione apostolica.

[Poi il Santo Padre prosegue:] Giovedi prossimo, 14 dicembre, celebrero nella Basilica di san Pietro, come è ormai tradizione nel tempo di Avvento, la liturgia eucaristica con gli studenti delle università e degli istituti superiori di cultura romani, con la partecipazione anche di rettori e docenti di altri atenei d'Italia.

In quell'incontro, che attendo con vivo desiderio, vogliamo esprimere, in particolare, la nostra solidarietà per tutti gli universitari della cara nazione libanese, i quali vivono in condizioni tanto difficili la loro preparazione alle future responsabilità professionali e sociali.

Invito fin d'ora tutti coloro che sono sensibili ai problemi culturali ed umanitari a prendere spiritualmente parte alla celebrazione, come segno della loro fede nel mistero del Natale, ormai vicino, e come solidale testimonianza cristiana.

1989-12-10

Domenica 10 Dicembre 1989




Ai pellegrini belgi - Città del Vaticano (Roma)

Il "Fratello che pregava sempre" vi aiuti a conoscere la gioia della scoperta di Dio


Cari amici.

Sono felice di ritrovarmi con voi, all'indomani della canonizzazione di Muziano-Maria. Saluto cordialmente i Vescovi di Namur e di Liegi, e monsignor De Hovre, ausiliare di Malines-Bruxelles; la loro presenza, con numerosi pellegrini, testimonia della fama raggiunta da fratel Muziano ben oltre il suo istituto e il collegio di Malonne.

Ringrazio il caro fratello superiore generale per le parole appena pronunciate. Esse esprimono il ringraziamento dei fratelli, degli alunni e dei loro amici. Saluto i membri del consiglio generale, i visitatori provinciali e i molti fratelli. La vostra partecipazione alle celebrazioni di questi giorni sottolinea che il nuovo santo è proprio uno dei vostri, cari fratelli. Egli aveva le sorgenti della sua vita spirituale nel patrimonio comune dei figli di Giovanni Battista di La Salle. Era anzitutto un religioso fedele, osservante delle regole e delle consuetudini senza riserve. E, nel condurre la vita di comunità con i suoi compiti quotidiani, era come naturalmente alla presenza di Dio in ogni istante.

Possiamo ammirare in lui quella forma di semplicità che permette a un religioso di avanzare verso la santità per le vie ordinarie dell'obbedienza, della castità, della povertà. La Parola di Dio che egli conosceva profondamente e gli scritti spirituali erano l'alimento della sua preghiera e del suo apostolato. Al di sopra di tutto, egli accoglieva il Corpo di Cristo nella comunione frequente con la felicità di un discepolo appassionato.

San Muziano si unisce ad altri fratelli delle Scuole cristiane che ho avuto la gioia di proporre alla venerazione della Chiesa, Fratel Scubilion a La Réunion, fratel Cordero in Ecuador. Insieme a molti altri, essi sono per voi intercessori e modelli. E' significativo che i fratelli che devono formare i novizi della congregazione siano oggi qui presenti. Li incoraggio vivamente nella loro preparazione per uno dei compiti più importanti per la vita dell'istituto.

E ora, vorrei dire ai fratelli insegnanti e ai loro collaboratori laici tutta la mia stima per la loro missione di educatori. Talvolta possono trovare difficile questo compito. Si ricordino allora del coraggio perseverante di cui diede prova fratel Muziano, della sua probità, del suo amore per i giovani e della sua disponibilità in ogni momento! Noi lo invochiamo perché sostenga, con la sua intercessione coloro che continuano l'opera educativa a san Berthuin e in tutte le vostre case.

Vedo con piacere tra voi un gruppo numeroso di giovani, tra cui gli allievi di Malonne. Cari giovani, mi rallegro con voi che vi unite alla gioia dei fratelli per la canonizzazione di uno di loro. Il modo di vivere e di esprimersi di fratel Muziano era certo diverso dal vostro di oggi. Ma credo che voi possiate comprendere bene l'essenza della sua testimonianza. Uno dei vostri predecessori - l'ho ricordato ieri - l'aveva identificato come "il Fratello che pregava sempre".

Egli vi aiuterà a conoscere anche voi la gioia che viene dalla scoperta di Dio, l'intimità continua con lui. Questo religioso era anche un uomo di parola: si poteva contare su di lui per il lavoro che gli era affidato, ed era sempre a disposizione per accogliere e sostenere chi lo cercava. Si preoccupava poco del proprio vantaggio e teneva anzitutto a mettersi al servizio degli altri.

Scoprirete certo meglio ora la sua personalità; riconoscete in lui un amico che vuole mettervi a parte di ciò che lo rende felice: servire il Signore, ciascuno secondo la propria vocazione.

Insieme con i fratelli, gli insegnanti e i loro allievi, il gran numero di pellegrini venuti a Roma testimonia della venerazione per san Muziano-Maria.

Era un uomo modesto, che viveva in modo nascosto.

Ma quanti lo incontravano, riconoscevano in lui uno di quei "piccoli" che il Signore ama e pone al primo posto nel suo Regno. Anni dopo la sua morte, egli continua a intercedere per coloro che a lui fanno ricorso; molti di voi lo sanno bene. Il buon fratello di Malonne si era lasciato riempire dalla presenza di Dio che abitava in lui. La sua canonizzazione spero contribuisca ad attirare ancora più uomini e donne del Belgio e di altri paesi sulle strade della fedeltà al Signore.

Ogni giorno, fratel Muziano-Maria prendeva il cammino della grotta di Lourdes costruita nel giardino; con la sua stessa fiducia, noi invochiamo la Madre di Gesù, e le affidiamo tutte le vostre intenzioni. Mentre prego fan Muziano-Maria per voi e per quanti non sono potuti venire, vi rinnovo di cuore la mia benedizione apostolica.

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1989-12-11

Lunedi 11 Dicembre 1989




Messaggio alle religiose di clausura dell'America Latina - Città del Vaticano (Roma)


"Voi siete "l'amore" che mette in moto tutte le membra della Chiesa"


L'ormai prossima celebrazione del quinto centenario della evangelizzazione dell'amato continente della speranza mi spinge a confidare a voi, amate religiose contemplative dell'America Latina, le gioia e le tristezze, i desideri e la sollecitudine che ho sentito per le nobili popolazioni di questa terra sin dal primo momento del mio ministero universale.

Questa felice circostanza vede già impegnate da un punto di vista pastorale tutte le componenti ecclesiali desiderose di accrescere, mediante l'annuncio della Parola di Dio la vitalità apostolica di tutta la Chiesa che qui vive ed opera.

I religiosi e le religiose occupano un posto di primo piano in questa azione evangelica e sentono vivo nel proprio cuore l'anelito spirituale di una propria testimonianza che contribuisca all'opera dei Pastori nelle diverse comunità, a quella dei sacerdoti e dei laici, per dare al volto della Chiesa quella luce che la trasformi in strumento di salvezza per tutti i popoli (cfr LG 1).

Ma, senza la preghiera, vano sarebbe il nostro sforzo e la nostra speranza di una nuova evangelizzazione che possa portare i suoi frutti potrebbe rimanere senza le fondamenta. Questa è la ragione per cui mi rivolgo a voi, amate religiose contemplative, perché siate aperte e attente a tutte le necessità della Chiesa.

Il Concilio Vaticano II, nel decreto "Perfectae Caritatis", ha fissato un obiettivo straordinario quando ha affermato: "Tutta la vita... sia compenetrata di spirito apostolico e tutta l'azione apostolica sia informata di spirito religioso" (PC 8). E rivolgendosi in modo particolare alle contemplative, ci ricorda che, con la vostra vita nascosta, siete evangelizzatrici "con una misteriosa fecondità apostolica" (PC 7).

Coscienti di questa verità guardiamo ai vostri monasteri come luoghi privilegiati dell'amore di Dio e come centri di preghiera e di doni celesti per tutta l'America Latina.

Non si può pensare a questa nuova evangelizzazione senza ricordare quella che ebbe inizio con la scoperta del Nuovo Mondo e che vide, tra le prime missionarie chiamate a sostenere e a completare l'opera di cristianizzazione, le suore della Concezione della Madre di Dio, completamente dedite alla preghiera, alla contemplazione e al sacrificio nel silenzio del chiostro. In Messico sotto la direzione e con il sostegno dell'Arcivescovo Fray Juan de Zumarraga, queste religiose di clausura nacquero sotto la protezione di nostra Signora di Guadalupe la cui immagine rappresenta Maria nella sua Immacolata Concezione. In questo modo la vita contemplativa, illuminata da questo mistero accompagno i primi passi e contribui alla crescita della Chiesa nelle terre del Nuovo Mondo.

Le molteplici esperienze e le forme di vita di clausura sorte e mirabilmente sviluppate in Europa furono fedelmente accolte e generosamente coltivate nel vostro continente. E, in questo modo arrivarono immediatamente le clarisse, le suore dell'Immacolata Concezione, le domenicane, le agostiniane, le carmelitane A.O., le carmelitane scalze, le benedettine, le cistercensi, le trappiste, le suore del santissimo Salvatore e di santa Brigida, le adoratrici, le salesiane, le cappuccine, le passioniste. Avete poi formato una grande famiglia di suore contemplative e dedite alla preghiera, solidamente radicate in un passato fecondo di frutti di santità, e rimanete strettamente unite alla grande famiglia ricca di carisma che è la santa madre Chiesa.

Ai nostri giorni, care sorelle, siete ancora una volta chiamate a collaborare alla missione della Chiesa. Per questo, in una occasione come la presente, desidero esortarvi a fare della vostra vita un messaggio di pace simbolizzata in quella colomba inviata da Noè che, come scrive santa Teresa di Gesù la grande riformatrice del carmelo, "ha trovato la terraferma tra acque e tempeste di questo mondo" ("Castillo Interior", morada séptima, III, 13), e annuncia un periodo di serenità, di giustizia e di pace.

Una moltitudine di persone si rivolge ai vostri cuori e si unisce spiritualmente a voi nei canti e nelle preghiere che non saranno mai soltanto vostri ma di tutta l'umanità. E' il richiamo di tanti fratelli e sorelle carichi di sofferenza ridotti in povertà ed emarginazione. Sono molti i senza patria e i rifugiati, coloro che soffrono per la mancanza di amore e di speranza; coloro che hanno ceduto al male e che sono sordi ad ogni richiamo spirituale, coloro che hanno il cuore pieno di amarezza, che sono vittime dell'ingiustizia e del potere dei più forti. Invece voi - immerse nel mistero di Dio che vi dona la capacità morale e la forza spirituale che vi distingue - mediante la preghiera, la penitenza e la vita di clausura, potete far scaturire dal cuore divino l'amore che ci unisce come fratelli, frena le passioni e crea la comunione degli spiriti portando frutti di solidarietà e di carità evangelica.

Le vostre ferventi preghiere, sia in comunità che nel colloquio intimo con Dio, avranno un potere propiziatorio e riparatore capace di portare la benedizione di Dio su questa umanità sofferente.

La liturgia delle ore, con la quale la Chiesa si esprime e completa il culto divino al cui perfettissimo compimento siete chiamate (cfr SC 99 LG 44) segna il cammino della vostra vita e vi permette di collaborare in maniera particolare e attiva all'edificazione della Chiesa. Segnando di volta in volta tutta la giornata e centrandola sul mistero dell'Eucaristia, l'ufficio divino unisce tutta la vostra esistenza al mistero di Cristo, un'esistenza che voi conducete nel vostro tempo e che rende il tempo della Chiesa un tempo di salvezza.

Aiuti alla Chiesa evangelizzatrice Teresa di Gesù, la santa di Avila sentiva vivamente questo amore per la Chiesa, nato proprio dalla sua esperienza più intima. Per questo scrive: "mi sembra che offrirei mille vite per la salvezza di un'anima. O sorelle mie in Cristo! aiutatemi a chiedere questo al Signore. Per questo vi ho radunato qui nel nome del Signore; questa è la vostra chiamata; queste dovranno essere le vostre preoccupazioni; questi devono essere i vostri desideri, qui saranno le vostre lacrime, queste le vostre richieste" ("Camino de Perfecion" 1, 2. 5).

Ogni sofferenza, per minima che sia, se viene offerta a Dio sarà capace di moltiplicarsi all'infinito grazie alla misericordia del Signore e si trasformerà in feconda sorgente di grazia per la crescita di tutta la comunità ecclesiale.

Santa Teresa del Bambin Gesù e del santo Volto mentre era alla ricerca della sua collocazione nel corpo mistico della Chiesa capi quale era il suo posto: "Nel cuore della Chiesa, madre mia, io saro l'amore" ("Historia de un alma", n. 254 Roma, 1980).

In questo corpo mistico che è la Chiesa - ciascuno nel posto che gli compete - anche voi avete scelto di essere il cuore. Voi siete "l'amore" che mette in moto tutte le membra di questo Corpo mistico. Fate in modo dunque di essere il cuore della Chiesa per essere una cosa sola con il corpo di Cristo a favore di ciascuna comunità di questo continente (cfr. Pauli VI, "Venite Seorsum", III).

Contro tutte le tendenze secolarizzatrici e contro tutte le tentazioni che antepongono l'azione alla vita interiore, la Chiesa dichiara che questa vostra solitudine piena di vita nella contemplazione non si può considerare oziosa, ma "sorgente di grazie celesti" (cfr PC 7).

Pertanto tutti gli impegni e i ministeri che siete in grado di esercitare devono rimanere ordinati e disposti - in riferimento al luogo, al tempo e alle modalità - in modo tale che, non soltanto venga mantenuto ma che si alimenti e si rafforzi una vita vera e solidamente contemplativa sia per la comunità che per ciascuna delle religiose (cfr Pio XII, "Sponsa Christi": AAS 43 [1951] 5).

Quanti slanci apostolici nella vostra vita! Quanto dinamismo missionario in ciascuna delle vostre giornate! Quanta attività pastorale racchiude la vostra vocazione alla clausura! Cuore e anima dell'apostolato "Nella vita è necessario sacrificarsi, come i martiri si sacrificarono sino alla morte" (santa Juana Francisca Frémiot de Chantal). Le suore di clausura sanno riscoprire nelle cose semplici e nelle attività abituali che sono loro familiari una fonte di vita disponibile a arricchire la loro vita affinché attraverso una crescita continua possano viverla sempre in pace e renderla feconda per il bene delle anime. Ciò fa dimenticar loro la fatica e l'affanno e le riempie di ardore apostolico che le trasforma in missionarie mediante il sacrificio nascosto della loro vita; unite spiritualmente ai missionari, esse si fanno collaboratrici di ogni attività evangelizzatrice.

Lo stesso scorrere del tempo vi porta alla determinazione nella vostra dedizione. I travagli del mondo, agitato da tensioni e conflitti, trovano un'eco nella vostra preghiera, affinché gli uomini, attraverso gli avvenimenti, giungano a percepire la vicinanza di ciò che li trascende e resta per sempre. E mentre in voi tutto confluisce in una traiettoria retta e luminosa, orientata verso Dio e i fratelli, dal vaso del raccoglimento trabocca anche la ricchezza interiore che riempie la vostra anima. In questo modo seminate ovunque il seme della fede, nutrite la speranza e la carità di tutti gli operatori pastorali delle vostre diocesi.

Care religiose di clausura dell'America Latina, sentite sempre più vivamente la vostra responsabilità nella costruzione della Chiesa. Con la vostra preghiera e i vostri sacrifici giungete al cuore di ogni diocesi e di ogni comunità ecclesiale del continente, affinché su di esse si diffondano le benedizioni del Signore. Questo sarà di gran conforto per l'azione pastorale dei Vescovi e dei sacerdoti; incoraggerà l'apostolato dei religiosi e delle religiose di vita attiva; favorirà la pratica religiosa e l'impegno evangelico di tutti i fedeli laici.

Con la preghiera, con i sacrifici nascosti, con la penitenza e col vostro affetto, continuate ad aiutare il Popolo di Dio pellegrino. Continuate a coltivare lo spirito missionario consapevoli che fra una contemplativa che prega e soffre e un missionario che predica c'è una profonda affinità nell'ordine della grazia.

Che la Chiesa dell'America Latina, attraverso il vostro modo di vivere, "ogni giorno meglio presenti Cristo ai fedeli e agli infedeli" (LG 46). Il vostro sostegno mediante la preghiera, sin dal silenzio del chiostro, aiuterà anche a essere fedeli al Magistero della Chiesa contro tutte le deviazioni dottrinali o le tendenze secolarizzatrici.

Che nella vostra vita di abnegazione e di impegno vi conforti la Madre del Signore, tanto venerata in queste terre e così amata a pregare affinché ella sia sempre la prima "Evangelizzatrice" di questo amato continente.

Nell'invocare su voi tutte e su ciascuna di voi in particolare, religiose contemplative dell'America Latina, la costante protezione divina, insieme ai miei più cordiali auguri per le feste di Natale così vicine vi imparto la mia apostolica benedizione.

Dal Vaticano, 12 dicembre, festa di nostra Signora di Guadalupe.

1989-12-12

Martedi 12 Dicembre 1989





Ad alunni ed ex alunni del seminario regionale "Benedetto XV" di Bologna - Città del Vaticano (Roma)

Ciascuno sia per gli altri giovani una esemplare proposta di vocazione


Signori Cardinali, venerati fratelli nell'Episcopato, carissimi alunni ed ex alunni.


1. La vostra gradita visita rafforza ed arricchisce il particolare legame di comunione, che si è venuto instaurando con i precedenti incontri che la Provvidenza mi ha dato di realizzare col clero emiliano-romagnolo nel 1982, nel 1986 e nell'anno scorso. Ma quello di oggi acquista un significato tutto proprio per la ricorrenza del settantesimo anniversario dell'inaugurazione del vostro seminario.

La vostra venuta alla Sede di Pietro riprende le fila di una lunga tradizione di amore e di fedeltà al Papa, della quale il vostro istituto ha dato prova fin dal suo sorgere, e che era nella mente di colui che lo progetto e lo volle, l'allora Arcivescovo di Bologna, Cardinale Giacomo Della Chiesa, il futuro Papa Benedetto XV, al quale giustamente fu intitolato il seminario.

A testimoniare questa continuità di fedeltà vedo presenti, qui, non soltanto i giovani che si preparano all'ordinazione sacerdotale, ma anche molti fratelli che, da tempo più o meno lungo, stanno fruttuosamente operando come ministri di Dio nella vigna del Signore. Alcuni di essi sono stati investiti di speciali incarichi, perché rispondano con maggiore generosità ai talenti ricevuti.

Il ministero di altri è invece, forse, meno vistoso, ma ben conosciuto da Dio, che non mancherà di elargire il premio meritato.


2. Il vostro seminario, nel corso di questi anni, è andato soggetto ad una certa evoluzione istituzionale, che lo ha portato ultimamente a collegarsi con la facoltà teologica dei padri domenicani di Bologna per la creazione di un organismo comune - il cosiddetto STAB, "Studio Teologico Accademico Bolognese" - che si esprime in due indirizzi di fondo per il conseguimento dei gradi accademici: quello prevalentemente orientato ai temi della pastorale e dell'evangelizzazione con sede nel seminario regionale, e quello destinato ad approfondire la conoscenza del pensiero di san Tommaso d'Aquino, secondo le indicazioni del Concilio Vaticano II e in relazione ai problemi del nostro tempo.

Questa nuova struttura giuridico-organizzativa rappresenta certamente una bella testimonianza di fraterna collaborazione tra clero secolare e clero regolare per il bene della Chiesa locale, con particolare riferimento a questo campo così delicato della vita ecclesiale, qual è appunto la formazione dei giovani al sacerdozio. E del resto, ci si poteva ben attendere una simile collaborazione in una città come Bologna, la quale da tanti secoli svolge un eminente servizio culturale a favore della Chiesa e della società; e si sa quanta larga parte, nel corso di questo tempo, abbiano avuto e tuttora hanno le varie componenti ecclesiali, sia quelle di carattere diocesano, che quelle di vita consacrata.


3. Questo incontro è opportuno per riflettere un momento sulla soprannaturale bellezza di questo "ministero della riconciliazione" - come lo chiama san Paolo (2Co 5,18) che è il sacerdozio; ministero che alcuni di voi hanno già ricevuto, mentre altri si preparano a riceverlo.

"Abbiamo questo tesoro - dice pero l'Apostolo (2Co 5,7) - in vasi di creta". Il sacerdote infatti se da una parte resta come affascinato dalla sublime bellezza del dono ricevuto e dai meravigliosi poteri che esso comporta, dall'altra resta confuso e come smarrito nel considerare le proprie capacità inadeguate a tali compiti salvifici. Tale contrasto, pur apparendo a prima vista sconcertante, conduce tuttavia il sacerdote ad un alto grado di virtù per un fruttuoso e fedele adempimento dei propri doveri sacerdotali. Infatti questa duplice consapevolezza porta il ministro di Dio ad essere ad un tempo zelante, deciso, entusiasta di fronte alla grandezza e all'importanza del mandato ricevuto, ma nel contempo lo porta pure ad essere discreto, umile, diffidente di sé a motivo dei suoi limiti.


4. Fratelli carissimi! Ringraziate il Signore per la stupenda vocazione che vi ha dato. Chi ha già ricevuto il sacerdozio sia veramente modello e guida per i giovani che vi si stanno preparando. E questi ultimi, a loro volta, siano aperti ad accogliere la guida di coloro che li stanno formando, approfondendo di giorno in giorno la propria vocazione senza lasciarsi scoraggiare dalle difficoltà, ma facendo leva sulla potenza del Signore che, avendo iniziato l'opera, la condurrà a termine.

Ma soprattutto pregate il Signore, invocate "il padrone della messe perché mandi operai alla sua messe" (Mt 9,38). E' un imperativo, questo, che deve interpellare la vostra fede e la vostra coscienza di battezzati, oltre che di aspiranti al sacerdozio. All'aumento vertiginoso delle urgenze di evangelizzazione e di animazione cristiana, in tanti ambienti, nessuno può restare insensibile.

Ciascuno sia per gli altri giovani una esemplare proposta di vocazione. Chi ha avuto la chiamata di Gesù deve avvertire la necessità di comunicare la sua scoperta ad altri. E quello che fece l'apostolo Andrea, portando a Gesù il fratello Simon Pietro (cfr Jn 1,41). Non vi stancate di chiedere numerose vocazioni per la vostra arcidiocesi e per il mondo intero: Cristo ha impegnato la sua parola e non vi negherà quanto egli stesso ha comandato di chiedere.

La Vergine di san Luca, così cara al cuore di voi bolognesi; Maria, regina degli apostoli, vi guidi tutti alla piena e perfetta imitazione di Cristo sacerdote, per essere effettivamente santi e santificatori.

Mentre vi esprimo di cuore gli auguri di buon Natale, a tutti imparto la mia benedizione, che estendo volentieri ai vostri familiari.

1989-12-14

Giovedi 14 Dicembre 1989




Ai partecipanti all'incontro promosso dalla pontificia accademia delle scienze sulla "determinazione del momento della morte" - Città del Vaticano (Roma)

La ricerca scientifica e la riflessione morale devono procedere insieme in spirito di cooperazione


Signore, signori.


1. E' sempre un grande piacere per me incontrare uomini e donne di scienza e di cultura che si riuniscono sotto gli auspici della pontificia accademia delle scienze per scambiare le loro idee e la loro esperienza su argomenti che presentano il più alto interesse per il progresso delle conoscenze e lo sviluppo dei popoli. Sono lieto di accorgliervi oggi, al termine della vostra riunione dedicata all'esame dei gravi problemi posti dalla definizione del momento della morte, tema che l'accademia ha deciso di adottare nel quadro di un progetto di ricerca iniziato nel 1985, nel corso di una settimana di studio. Un altro motivo di soddisfazione è la collaborazione con la congregazione per la dottrina della fede per l'organizzazione di questa riunione, a dimostrazione dell'importanza che la Santa Sede annette al tema trattato.

Per essere il più possibile fruttuosa, l'azione della Chiesa nel mondo e sul mondo trae grande profitto da una conoscenza sempre in progresso e costantemente approfondita dell'uomo, delle situazioni in cui è posto, dei quesiti che si pone. Il ruolo specifico della Chiesa non è certamente quello di far progredire un sapere di natura strettamente scientifica; non può tuttavia ignorare o trascurare i problemi strettamente legati alla sua missione di portare il messaggio evangelico nel pensiero e nella cultura del nostro tempo (cfr GS 1-3).

Ciò vale in particolare quando si tratta di precisare le norme che devono regolare l'azione umana. Questa azione riguarda la realtà concreta e temporale. Per questo bisogna che i valori che dovrebbero ispirare la condotta dell'uomo tengano conto di questa realtà, delle sue possibilità e dei suoi limiti.

Per adempiere al suo ruolo di guida delle coscienze e non deludere coloro che attendono da essa una luce, la Chiesa ha bisogno di essere informata su questa realtà che presenta un campo immenso per nuove scoperte e nuove realizzazioni scientifiche e tecniche, pur comportando anche audacie talvolta sconcertanti che sono spesso causa di smarrimento per le coscienze.


2. Questo si verifica particolarmente quando la realtà in questione è la vita umana stessa, nel suo inizio e nel suo compimento temporale. Questa vita, nella sua unità spirituale e somatica, s'impone al nostro rispetto (cfr GS 14 GS 27). Non possono attentarvi nè gli individui, nè la società, qualunque sia il vantaggio che ne potrebbe risultare.

Il valore della vita risiede in ciò che nell'uomo è spirito, ma il suo corpo riceve dal principio spirituale - che abita in lui e lo fa essere ciò che è (Conc. Vindobon., Const. "Fidei Catholicae": DS 902) - una dignità eminente e quasi un riflesso dell'assoluto. Questo corpo è quello di una persona, di un essere aperto ai valori superiori, di un essere capace di realizzarsi nella conoscenza e nell'amore di Dio (cfr GS 12 GS 15).

Poiché pensiamo che ciascun individuo sia una unità vivente e che il corpo umano non sia semplicemente uno strumento o un possesso, ma che è partecipe del valore dell'individuo in quanto essere umano, ne risulta che il corpo umano non può in alcun modo essere trattato come una cosa di cui disporre a proprio piacimento (cfr GS 14).


3. Non è lecito fare del corpo umano un semplice oggetto, strumento di esperimenti, senza altre norme che non siano gli imperativi della ricerca scientifica e delle possibilità tecniche. Per quanto interessanti ed anche utili possano apparire certi tipi di esperimenti resi possibili dallo stato attuale della tecnica, chiunque abbia realmente il senso dei valori e della dignità dell'uomo ammette spontaneamente che bisogna abbandonare questa pista apparentemente promettente, quando passi attraverso la degradazione dell'uomo o l'interruzione volontaria della sua esistenza terrena. Il bene al quale sembrerebbe condurre sarebbe, in definitiva, un bene illusorio (cfr GS 27 GS 51). Ciò impone di conseguenza agli scienziati ed ai ricercatori una specie di rinuncia. può sembrare quasi irragionevole ammettere che un esperimento, in se stesso possibile e pieno di promesse, sia impedito da imperativi morali, soprattutto quando si è praticamente sicuri che altri, i quali si sentono meno vincolati da imperativi etici, metteranno in opera questa ricerca. Ma non è forse questo il caso di qualsiasi prescrizione morale? E coloro che vi sono fedeli, non vengono forse considerati spesso ingenui, e trattati come tali? La difficoltà è ancora maggiore in questo caso, perché un divieto in nome del rispetto della vita sembra entrare in conflitto con altri valori importanti: non soltanto quelli della conoscenza scientifica, ma anche altri che riguardano il bene reale dell'umanità come il miglioramento delle condizioni di vita, della salute, il sollievo o la guarigione della malattia e delle sofferenze.

Sono questi i problemi che esaminate. In che maniera conciliare il rispetto della vita, che vieta ogni azione suscettibile di causare o affrettare la morte, con il bene che può derivare all'umanità dal prelievo di organi da trapiantare in un malato che ne ha bisogno, tenendo conto del fatto che il successo dell'intervento dipende dalla rapidità con la quale gli organi sono prelevati sul donatore dopo la sua morte?


4. In quale momento avviene quella che chiamiamo la morte? Ecco il punto cruciale del problema. In sostanza, cosa è la morte? Come sapete, e come hanno dimostrato le vostre discussioni, non è facile arrivare ad una definizione della morte che sia compresa e ammessa da tutti. La morte può significare decomposizione, dissoluzione, una rottura (cfr "Salvifici Doloris", 15; GS 18). Sopravviene quando il principio spirituale che presiede all'unità dell'individuo non può più esercitare le sue funzioni sull'organismo e nell'organismo, i cui elementi, lasciati a se stessi, si dissociano.

Certo, questa distruzione non colpisce l'essere umano intero. La fede cristiana - e non solo essa - afferma la persistenza, oltre la morte, del principio spirituale dell'uomo. Ma per coloro che non hanno la fede, questa condizione "al di là" non ha una configurazione o una forma chiara, e tutti sentono una angoscia di fronte ad una rottura che contraddice così brutalmente il nostro voler vivere, il nostro voler essere. L'uomo, a differenza dell'animale, sa che deve morire perché la sua è una condizione di carne, e comprende anche che non dovrebbe morire perché porta in sè un'apertura, un'aspirazione all'eterno.

Perché esiste la morte? Qual è il suo senso? La fede cristiana afferma l'esistenza di un legame misterioso tra la morte e il disordine morale, il peccato. Ma nello stesso tempo la fede pervade la morte di un senso positivo, perché ha come prospettiva la risurrezione. Ci mostra il Verbo di Dio che assume la nostra condizione mortale e che offre la sua vita in sacrificio per noi peccatori, sulla Croce. La morte non è una semplice conseguenza fisica, nè soltanto un castigo. Diventa il dono di sè per amore. Nel Cristo risuscitato, la morte appare definitivamente vinta: "La morte non ha più potere su di lui" (Rm 6,9). Il cristiano, anche lui, spera fiduciosamente di ritrovare la sua integrità personale trasfigurata e definitivamente posseduta in Cristo (cfr 1Co 15,22).

Tale è la morte, vista nell'ottica della fede: non tanto la fine della vita quanto l'ingresso in una vita nuova senza fine. Se risponderemo linearmente all'amore che Dio ci offre, avremo una nuova nascita, nella gioia e nella luce, un nuovo "dies natalis".

Questa speranza non impedisce tuttavia che la morte sia una rottura dolorosa, almeno secondo la nostra esperienza al livello ordinario della nostra coscienza. Il momento di questa rottura non è direttamente percettibile, ed il problema è quello di identificarne i segni. Quanti quesiti si pongono qui, e di quanta complessità! Le vostre comunicazioni e le vostre discussioni li hanno messi in evidenza e hanno fornito elementi preziosi di soluzione.


5. Il problema del momento della morte ha gravi incidenze sul piano pratico, e questo aspetto presenta anche per la Chiesa un grande interesse. Sembra infatti che sorga un tragico dilemma. Da una parte, vi è urgente necessità di trovare organi sostitutivi per malati i quali, in loro mancanza, morirebbero o per lo meno non guarirebbero. In altre parole, è concepibile che per sfuggire ad una morte certa ed imminente, un malato abbia bisogno di ricevere un organo che potrebbe essergli fornito da un altro malato, forse il suo vicino in ospedale. In questa situazione appare dunque il pericolo di porre fine ad una vita umana, di rompere definitivamente l'unità psicosomatica di una persona. Più esattamente, esiste una reale probabilità che la vita della quale si rende impossibile la continuazione con il prelievo di un organo vitale sia quella di una persona viva, mentre il rispetto dovuto alla vita umana vieta assolutamente di sacrificarla, direttamente e positivamente, anche se fosse a beneficio di un altro essere umano che si ritiene motivatamente di dover privilegiare.

Non è sempre facile neanche l'applicazione dei principi più fondati, perché il contrasto fra esigenze opposte oscura la nostra visione imperfetta e di conseguenza la percezione dei valori assoluti, che non dipendono nè dalla nostra visione nè dalla nostra sensibilità.


6. In queste condizioni, bisogna adempiere ad un doppio dovere. Gli scienziati, gli analisti, e gli eruditi devono portare avanti le loro ricerche ed i loro studi per determinare nel modo più esatto possibile il momento preciso ed il segno irrecusabile della morte. Una volta acquisita questa determinazione, il conflitto apparente tra il dovere di rispettare la vita di una persona e il dovere di curare o addirittura di salvare la vita di un altro scompare. Si sarebbe in grado di conoscere il momento in cui ciò che era certamente vietato fino allora - il prelievo di un organo per trapiantarlo - diventerebbe perfettamente lecito, con le migliori prospettive di successo.

I moralisti, i filosofi ed i teologi devono trovare soluzioni appropriate ai problemi nuovi o agli aspetti nuovi dei problemi di sempre, alla luce dei dati nuovi. Dovranno esaminare situazioni che erano prima inconcepibili, e dunque non erano mai state valutate. In altre parole, dovranno esercitare quella che la tradizione morale chiama virtù di prudenza, che presuppone la rettitudine morale e la fedeltà al bene. Questa virtù permette di valutare la rispettiva importanza di tutti i fattori e di tutti i valori in gioco. Ci protegge dalle soluzioni facili o da quelle che, per risolvere un caso difficile, introducono surretiziamente principi erronei. L'apporto di dati nuovi può così favorire e affinare la riflessione morale, in modo che, d'altra parte, le esigenze morali che danno talvolta agli scienziati l'impressione di limitare la loro libertà possono essere per loro, come in realtà, spesso sono, un invito a proseguire in ricerche fruttuose.

La ricerca scientifica e la riflessione morale devono andare di pari passo, in uno spirito di cooperazione. Non dobbiamo mai perdere di vista la dignità suprema dell'uomo, del quale la ricerca e la riflessione sono chiamate a servire il benessere, ed in cui il credente riconosce niente di meno che l'immagine di Dio stesso (cfr Gn 1,28-29 GS 12).

Signore, signori, che lo Spirito di verità vi assista nei vostri lavori difficili ma necessari, che rivestono un grande valore. Vi ringrazio della vostra collaborazione con la pontificia accademia delle scienze, che desidera promuovere un dialogo interdisciplinare e larghi scambi d'informazioni in settori dell'impegno umano che comportano molte decisioni di ordine morale e responsabilità d'importanza ultima per il benessere della famiglia umana. Che Dio vi colmi delle sue benedizioni!

1989-12-14

Giovedi 14 Dicembre 1989





GPII 1989 Insegnamenti - Recita dell'Angelus - Ai fedeli riuniti, Città del Vaticano (Roma)