GPII 1989 Insegnamenti - L'omelia durante la celebrazione eucaristica - Ai fedeli riuniti di Sumatra, Tuntungan (Indonesia)

L'omelia durante la celebrazione eucaristica - Ai fedeli riuniti di Sumatra, Tuntungan (Indonesia)

Come cattolici contribuite a dare un'anima umana e un cuore umano allo sviluppo sociale del paese



1. Miei cari figli e figlie di Sumatra in Gesù Cristo, nostro Signore.

Sono molto lieto di celebrare con voi questa santa Eucaristia, il centro e il culmine della nostra unità, qui sul suolo benedetto di Sumatra. Rivolgendo uno speciale saluto ai vostri Vescovi, in particolare all'Arcivescovo di Medan, monsignor Pius Datubara, desidero salutare tutti voi. Saluto anche i nostri fratelli cristiani protestanti che sono fra noi oggi con il loro coro e in amore fraterno. Oggi si manifesta il nostro amore fraterno.

Dal momento che ci troviamo in questo bellissimo scenario di Tuntungan, rallegriamoci per la meravigliosa fecondità con la quale la Chiesa di Sumatra è stata benedetta. Oggi ci sono circa settecentomila cattolici nell'arcidiocesi di Medan e nelle diocesi di Sibolga, Padang, Pangkalpinang, Palembang e Tanjung Karang. Dagli umili inizi missionari, poco più di centocinquanta anni fa, il seme della fede, sparso tra i vari popoli di questa isola, è diventato un grande albero. In una maniera particolare, anche la Chiesa rappresenta un esempio di ciò che viene menzionato nel motto nazionale," Bhinnaka Tunggal Ika": "l'unità nella diversità".

E' con grande gratitudine a Dio che proclamiamo insieme al salmista: "Poiché retta è la parola del Signore / e fedele ogni sua opera. / Egli ama il diritto e la giustizia / della sua grazia è piena la terra" (Ps 33,4-5).

Il Signore che riempie la terra con il suo amore è un Dio che ama la giustizia ed il diritto.


2. Nel Vangelo di oggi uno dei dottori della legge rivolge una domanda a Gesù: "Maestro, cosa devo fare per ricevere il dono della vita eterna?". Tuttavia questa domanda non venne rivolta solo da lui, ma da molte persone di ogni generazione, di ogni nazione, di ogni cultura e di ogni lingua. E' una domanda sulla vita eterna, sul futuro dell'uomo dopo la morte. Chiedendo "cosa devo fare?", "come dovrei comportarmi?", uomini e donne di ogni epoca e luogo vengono a conoscenza del fatto che la vita dopo la morte dipende dal bene che facciamo durante la vita terrena.

Noi sappiamo che Dio è colui il quale premia i buoni e punisce i peccatori.

La Chiesa di Sumatra è felice che tale certezza venga condivisa da tutto il popolo della regione: con i nostri fratelli e sorelle cristiani che credono nello stesso Signore e salvatore Gesù Cristo, ed anche con i seguaci dell'Islam che credono nello stesso Dio, buono e giusto. A loro, ai nostri fratelli e sorelle musulmani, rivolgo i miei più cordiali saluti, sperando che saremo uniti nella lode al grande Dio e che opereremo insieme affinché le generazioni future di Sumatra possano vivere in una società caratterizzata dal rispetto verso Dio ed i suoi comandamenti. In verità lui è il Signore che ama "il diritto e la giustizia".

"Cosa devo fare per avere la vita eterna?". Nel Vangelo Gesù non risponde direttamente alla domanda. Non ne ha bisogno, dato che la persona che rivolse tale domanda era un dottore della legge e sapeva bene ciò che vi è scritto. L'uomo stesso forni la risposta giusta citando il comandamento dell'amore già presente nell'antico testamento (cfr Dt 6,4-6 Lv 19,18): "Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza, e con tutta la tua mente; e amerai il prossimo tuo come te stesso" (Lc 10,27). Gesù conferma la correttezza di questa risposta: "Hai risposto bene; fai questo e vivrai" (Lc 10,28), cioè avrai la vita eterna.


3. Ma poi il dottore della legge rivolse un'altra domanda a Gesù: "Chi è il mio prossimo?" (Lc 10,29). Per rispondere a tale domanda il Signore usa la parabola del buon samaritano, la quale descrive vividamente come dovremmo trattare ogni persona se desideriamo seguire il comandamento dell'amore.

Attraverso questa toccante parabola Cristo ci dice che dobbiamo comportarci come il samaritano. Dobbiamo aprirci agli altri, dobbiamo avvicinarli, occuparci di loro, e aiutare in modo particolare i bisognosi.

Il modello che dovremmo seguire per comportarci così è la compassione e la misericordia che noi stessi abbiamo ricevuto da Dio. Perché la parabola del buon samaritano è innanzitutto e soprattutto un messaggio concernente la persona di Gesù Cristo stesso. Cristo, il Figlio di Dio, è il salvatore il quale trova l'umanità moribonda sul margine della strada e si ferma per guarire le nostre ferite. Con la sua morte sulla Croce, ha rivelato "la bontà misericordiosa del nostro Dio" (Lc 1,78), il quale desidera che tutti gli uomini vengano salvati (cfr 1Tm 2,4). Con la sua Risurrezione ci ha ridato la vita, la salute spirituale. E in cambio ci chiede di amare gli altri come lui ha amato noi.

Il nostro amore nei riguardi del prossimo non è altro che la nostra risposta all'amore con il quale Dio ci ha amati per primo. Noi, cui è stata dimostrata compassione, non possiamo negarla agli altri. Nè dobbiamo dimenticare che ogni cosa che noi facciamo a coloro che si trovano nel bisogno, la facciamo a Cristo stesso (cfr Mt 25,40). La notte prima di morire, Gesù lavo i piedi ai suoi discepoli, e disse che aveva dato loro un esempio, che "anche loro avrebbero dovuto fare come lui" (cfr Jn 13,15). Attraverso il nostro amore verso il prossimo, non solo imitiamo l'amore di Cristo per noi, ma adempiamo anche il supremo comandamento dell'amore.

In Cristo, l'amore per il prossimo è la più alta espressione della solidarietà che lega insieme tutti i popoli della terra. Questa solidarietà non è solo un sentimento vago; è una realtà radicata nella Incarnazione di Cristo.

Perché "assumendo la natura umana (Cristo) univa tutta l'umanità a se stesso in una solidarietà soprannaturale che ci rende una sola famiglia. Ha fatto della carità il segno di distinzione dei suoi discepoli, con le parole: "Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri" (Jn 13,35)". (AA 8). Cristo insegna un amore che è universale, perché tutte le persone costituiscono ciascuno il prossimo dell'altro, senza dare importanza alle origini, alla razza, alla cultura o alla religione.


4. La prima lettura di oggi dalla lettera agli Ebrei ci dà alcuni concreti esempi delle necessità umane quando ci esorta: "Perseverate nell'amore fraterno. Non dimenticate l'ospitalità. Ricordatevi dei carcerati come se foste loro compagni di carcere, e di quelli che soffrono essendo anche voi in un corpo mortale" (He 13,1-3).

In modo diverso ognuno di questi comandi fa eco alla regola d'oro che il Signore ha insegnato nel discorso della montagna: "Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro" (Mt 7,12).

Allo straniero ed al prigioniero possiamo aggiungere l'ammalato, l'handicappato, l'anziano, gli orfani e tutti coloro che sono poveri, oppressi o rifiutati nel mondo.

So che a Sumatra state lavorando duramente per promuovere una società più umana attraverso lo sviluppo economico e una maggiore giustizia sociale. La vostra vocazione cristiana sfida e vi ispira a fare tutto ciò che potete per raggiungere questi degni traguardi. Il vostro desiderio ardente del Regno di Dio dovrebbe aumentare e non diminuire la vostra aspirazione ad umanizzare la terra in attesa del mondo che verrà. Voi avete una responsabilità cristiana nel contribuire allo sviluppo umano autentico, nel promuovere una maggiore giustizia, amore e pace, nel portare al mondo una visione di unità basata sulla dignità di ogni essere umano creato a immagine e somiglianza di Dio (cfr GS 33-45). Vi raccomando questo particolare compito e responsabilità, figli e figlie della Chiesa di Sumatra, affinché in questa terra si affermi il principio sottolineato dal Concilio Vaticano II: "Anche nella vita economico-sociale sono da tenere in massimo rilievo e da promuovere la dignità ed integrale vocazione della persona umana come pure il bene dell'intera società. L'uomo è, infatti, l'autore, il centro e il fine di tutta la vita economico-sociale" (GS 63).

Come cattolici voi contribuite a dare allo sviluppo economico e sociale un'anima umana, un cuore umano, portando ad esso la compassione e l'impegno personale del buon samaritano. Questo è un compito che avete in comune con i membri di altre Chiese cristiane, mentre cercate una maggiore comprensione reciproca e la collaborazione con loro, tenendo presente la forza dei legami che ci uniscono in Cristo attraverso il nostro Battesimo e la nostra comune professione di fede in lui come Signore e salvatore. In effetti, unendovi a tutti i credenti nel rendere testimonianza a Dio, il "Padre misericordioso e Dio di ogni consolazione" (2Co 1,3), vi dimostrate prossimo amorevole per tutti. Perché non è piccola cosa ricordare agli altri il primato di Dio nelle loro vite. Senza fede in Dio non può esistere amore durevole per il prossimo, nessun autentico sviluppo umano, nessuna pace duratura.


5. Il dottore della legge chiese a Gesù: "Cosa devo fare per meritare la vita eterna?". Questa è la domanda più essenziale di tutte, perché, come ci dice la lettera agli Ebrei: "Non abbiamo quaggiù una città stabile, ma cerchiamo quella futura" (He 13,14). La nostra esistenza terrena non ha significato se non è riferita alla pienezza della vita che verrà.

Cristo ci ha mostrato la via per questa vita. Ci ha insegnato una nuova norma di condotta. La parabola del buon samaritano, con il suo messaggio di amore universale per il prossimo, è il fondamento di nuovi rapporti fra i popoli e nuova vita nella società. Per la potenza dell'amore di Cristo, le vite dei popoli sono trasformate ed essi sono resi eredi meritevoli della vita eterna.

In questa parte del mondo dove la speranza della vita eterna è forte fra i seguaci di tutte le religioni, è giusto chiedere a tutta la società di Sumatra dii unirsi per difendere e promuovere il carattere religioso della vita e la sua apertura ai valori trascendenti. I cristiani, come pure i seguaci dell'Islam, sono chiamati ad essere araldi di questo bene supremo e a dividerlo con quanti lo hanno perduto. Siate orgogliosi di testimoniare agli altri popoli - al di là del mare, nelle isole più lontane - che questo popolo dinamico è costruito sulla pietra angolare del primato di Dio e delle sue promesse.

Il Signore che ricolma la terra del suo amore è un Dio che ama la giustizia e il diritto.

Cari fratelli e sorelle in Cristo: che tutta la Chiesa a Sumatra trovi il coraggio di vivere e crescere nello spirito del buon samaritano. Tutti coloro che sono qui riuniti per questa solenne celebrazione eucaristica a Medan cerchino in tutti i modi di seguire fedelmente la Parola del Signore, e di servirlo in "giustizia e diritto". Perché egli è il Signore - il Signore che ricolma la terra con il suo amore (cfr Ps 33,5). Amen.

Tutti gli individui e tutta la società - soprattutto i poveri e i deboli - si rallegrino nel Signore e lo glorifichino e lo lodino grazie alla Chiesa cattolica. La Chiesa a Sumatra aiuti la società a scoprire la giustizia e ad avere un'alta considerazione della dignità umana. Dio vi benedica tutti.

1989-10-13

Venerdi 13 Ottobre 1989




Il caloroso ringraziamento al comitato organizzatore della visita - Jakarta (Indonesia)

La fama di gente straordinariamente ospitale ben si addice a tutta la popolazione d'Indonesia


Cari fratelli Vescovi, distinti signore e signori, cari amici.

Nel momento in cui la mia visita pastorale si avvicina alla conclusione, sono veramente felice di avere questa opportunità di esprimere la mia profonda gratitudine a tutti voi, qui presenti, che così generosamente ed efficacemente avete cooperato per rendere questa visita un meraviglioso successo. Offro queste poche parole nella speranza che, attraverso voi, possano raggiungere le migliaia di persone che mi hanno permesso di realizzare la mia missione di confermare nella fede i miei fratelli e le mie sorelle cattolici dell'Indonesia.

La mia sincera gratitudine va in maniera particolare ai miei fratelli Vescovi che mi hanno rivolto l'invito iniziale e che sono stati così perseveranti nel loro desiderio di una mia visita in Indonesia. Ci sono sicuramente molte altre persone non rappresentate in questo incontro che non posso dimenticare di menzionare con speciali ringraziamenti e sono sicuro che, in questo modo, faccio eco ai sentimenti dei miei fratelli Vescovi.

Sto pensando in primo luogo a sua eccellenza il Presidente Suharto per l'invito che egli mi ha rivolto ufficialmente e per l'ospitalità, estremamente generosa, offerta a me e a quanti mi accompagnano in questa visita. La squisita cortesia mostrata a tutti noi è un'altra prova che la reputazione goduta dagli Indonesiani come popolo straordinariamente ospitale è veramente ben meritata. Una parola di sincero apprezzamento deve anche andare ai ministri del governo e ai funzionari dello Stato che mi hanno incontrato e accompagnato, alle forze di sicurezza e a tutti coloro che hanno in vari modi contribuito all'ordinato e tranquillo svolgimento della visita. Senza l'assistenza dell'aeronautica militare indonesiana non sarebbe stato possibile realizzare il mio desiderio di giungere fino alle regioni più remote dell'arcipelago. Non dimentichiamo i mezzi di comunicazione - la televisione, la radio e la stampa - che hanno portato gli eventi di questi giorni a milioni di Indonesiani che, chiaramente, non hanno potuto essere presenti di persona.

A tutti voi esprimo ferventi voti affinché i vostri molteplici sforzi portino frutti abbondanti nella vita della Chiesa in questo Paese. Mi unisco a voi nella preghiera per queste intenzioni mentre vi assicuro delle mie continue preghiere per la prosperità e la pace della vostra amata Indonesia e per il benessere di tutto il suo popolo.

Vi ringrazio di cuore e Dio benedica voi tutti.

1989-10-13

Venerdi 13 Ottobre 1989




Alla Conferenza Episcopale Indonesiana - Jakarta (Indonesia)

Vivere il Vangelo in modo autenticamente indonesiano all'interno della Chiesa una, santa, cattolica e apostolica


Cari confratelli Vescovi.


1. Mentre la mia visita pastorale si avvia al termine, non posso esimermi dal ringraziare voi, i Pastori della Chiesa in Indonesia, per il vostro zelante servizio alla comunità cattolica di questo vasto arcipelago. E' vero, il Signore ha fatto "grandi cose" (cfr Lc 1,49). Qui, grazie al ministero di Pastori come voi che hanno predicato il Vangelo "non quale parola di uomini ma, come è veramente, quale parola di Dio" (1Th 2,13).

Sono venuto a voi come un fratello che vi porta i saluti e l'amore fraterno della Chiesa in Roma. Sono venuto anche come successore di Pietro, a cui Dio chiede una speciale sollecitudine come Pastore della Chiesa universale. Prima di partire voglio vivere questo momento di comunione collegiale con voi, meditando sulla vocazione del Vescovo ad essere segno vivente del Verbo incarnato, e sulla sua personale responsabilità della trasmissione del Vangelo per la santificazione del Popolo di Dio a gloria e lode della Santissima Trinità.


2. Nei giorni passati ho incontrato migliaia di cattolici indonesiani. Riconosco che essi costituiscono una minoranza rispetto alla totalità della popolazione. Ma, come ci dice san Paolo, al fine di realizzare il suo piano salvifico, Dio sceglie ciò che è piccolo, vulnerabile e apparentemente senza importanza agli occhi del mondo "perché nessun uomo possa gloriarsi davanti a Dio" (1Co 1,29). Perché è grazie al dono libero e sovrano di Dio che l'umanità caduta è restituita alla vita divina attraverso la morte e Risurrezione di suo Figlio.

Nell'adempiere a questo piano, la missione della Chiesa qui e in tutto il mondo è quella di essere "il segno e lo strumento dell'intima unione con Dio e dell'unità di tutto il genere umano" (LG 1); "segno elevato alla vista delle nazioni" (UR 2); "il fermento e quasi l'anima della società umana, destinata a rinnovarsi in Cristo e a trasformarsi in famiglia di Dio" (GS 40).

Queste ed altre immagini del nuovo testamento ci parlano di una Chiesa la cui fecondità, talvolta nascosta, è sproporzionata alla sua diffusione e alle sue risorse umane. E' una Chiesa la cui sopravvivenza e crescita non dipende dalla volontà dell'uomo, ma da quella di Dio, la cui missione è quella di essere coraggiosa nel predicare la buona Novella della salvezza "in ogni occasione opportuna e non opportuna" (2Tm 4,2).


3. Cari fratelli: quali Vescovi voi siete gli "araldi" della buona Novella della salvezza eterna in Cristo (cfr LG 25). Il vostro ministero quali Pastori e maestri è diretto sia ai membri del gregge di Dio, che contano su di voi per la guida, l'ispirazione e l'incoraggiamento, sia verso la società nel suo insieme. Sarà vostro impegno garantire che la Chiesa compia la sua missione non soltanto attraverso la predicazione del Vangelo, ma anche attraverso la testimonianza cristiana di tutti i fedeli, affinché, come nel caso di Natanaele, anche gli scettici possano "venire e vedere" (Jn 1,46).

Non abbiate paura di incoraggiare la popolazione cattolica ad una sempre maggiore testimonianza pubblica delle verità e dei valori della loro fede, mentre occupano il giusto posto nella società di cui sono degni cittadini. Nonostante occasionali difficoltà, la vostra costituzione nazionale garantisce ai cattolici e agli altri il pieno diritto alla libertà di religione e alla pratica della loro fede.

"Praticare la fede" significa molto di più di un obbligo e di una devozione religiosa privata. Uno dei grandi temi del Concilio Vaticano II è stato l'appello a riconoscere che il Vangelo tocca ogni aspetto della vita-culturale, economica, sociale e politica. Con le parole della "Gaudium et Spes": "La fede infatti tutto rischiara di una luce nuova e svela le intenzioni di Dio sulla vocazione integrale dell'uomo, orientando così lo spirito verso soluzioni pienamente umane" (GS 11). Ciò non significa che la Chiesa abbia soluzioni concrete da offrire per ogni problema riguardante la vita della società, piuttosto essa propone una dottrina sociale che offre principi per la riflessione, criteri di giudizio, come pure direttive di azione (cfr Congr. pro Doctrina Fidei, "Libertatis Conscientia" 72ss).


4. Questa ricerca di ciò che è "pienamente umano" sotto la potestà di Dio costituisce un punto di convergenza per gli Indonesiani di tutte le religioni. La Chiesa entra in dialogo e desidera cooperare con tutti in mutuo rispetto e buona volontà. Ma essa a sua volta resta ferma nella sua identità e nella sua missione, che sono innanzitutto cattoliche. La diversità religiosa nella unità dell'Indonesia non deve essere temuta, meno che mai dai cattolici indonesiani, i quali, come leali cittadini, partecipano alla vita nazionale così come è stata garantita dal Pancasila.

Allo stesso modo, un'adeguata applicazione del principio della libertà religiosa va anche a vantaggio dello Stato e della società nel suo insieme, in quanto la religione educa i cittadini a riconoscere le esigenze dell'ordine morale e di conseguenza "a svolgere le proprie attività con senso di responsabilità, e ad impegnarsi e perseguire tutto ciò che è vero e giusto, collaborando generosamente con gli altri" (DH 8). Ormai in molti campi dell'apostolato e del servizio sociale esiste una vasta collaborazione fra la Chiesa e le istituzioni civili, soprattutto nel campo dell'istruzione e dell'assistenza sanitaria. C'è da augurarsi che tale armonia possa proseguire e crescere, poiché rappresenta una forma vitale di rispetto per la dignità umana e i diritti umani fondamentali.

A questo proposito, tuttavia, una preoccupazione è costituita dalla tentazione del mondo d'oggi di ridurre il messaggio evangelico ad una forma di umanitarismo. La Chiesa quindi deve sempre riconoscere che la sua missione fondamentale di evangelizzare ha la propria "base, centro e insieme vertice... in una chiara proclamazione che in Gesù Cristo, Figlio di Dio fatto uomo, morto e risuscitato, la salvezza è offerta ad ogni uomo, come dono di grazia e misericordia di Dio stesso" (Pauli VI, EN 27). Ciò in nessun caso diminuisce, ma piuttosto accresce l'obbligo di cercare "soluzioni pienamente umane" e di promuovere l'autentico sviluppo, ma sempre avendo presente l'adeguata prospettiva del rapporto fra la "città di Dio" e la "città terrena". La missione della Chiesa non è limitata all'ambito della esistenza temporale, né si identifica completamente con i desideri, le speranze, i problemi e i conflitti temporali.

Piuttosto essa è al servizio di una salvezza trascendente ed escatologica, che ha il suo inizio in questa vita ma che si compie nella eternità (cfr Pauli VI, EN 27).


5. Cari fratelli, a voi è stato affidato con l'ordinazione episcopale il grande compito di continuare la missione apostolica "di predicare il Vangelo e raccogliere ogni razza e popolo in un unico gregge da guidare e governare sulla via della santità" (""Pontificale Romanum", "De ordinatione Episcopi"", Homilia).

Quali successori degli apostoli avete il duplice compito di preservare il Vangelo per le generazioni future in tutta la sua pienezza e integrità, e allo stesso tempo di assicurare che sia applicato in modo dinamico alle realtà odierne delle vostre Chiese locali.

La sfida quindi è quella di garantire la presenza e la vitalità della fede cattolica in ogni aspetto della vita degli individui e delle comunità, e nel contesto della diversità religiosa della società stessa. Ciò significa promuovere tra i fedeli senza esitazione o timore l'esplicita concezione cristiana della vita e del lavoro. E' il problema di trovare sempre nuove ed efficaci vie affinché il Vangelo sia vissuto in modo autenticamente indonesiano all'interno "della Chiesa una santa, cattolica e apostolica".


6. Se la Chiesa con il suo insegnamento cerca di promuovere "soluzioni che siano pienamente umane" ai problemi e alle sfide che la famiglia umana deve affrontare in ogni momento della storia, spetta ai laici, in particolare, "esplicare tutte le loro attività terrene unificando gli sforzi umani, domestici, professionali, scientifici e tecnici in una sola sintesi vitale insieme con i beni religiosi... (ed) essere testimoni di Cristo in mezzo a tutti, e cioè pure in mezzo alla società umana" (GS 43).

Spetta ai Pastori della Chiesa ispirare ed educare i laici su quanto la Chiesa offre alla società e alla vita pubblica. Amore e giustizia quali parametri della libertà, amore per il prossimo e dignità della persona creata a immagine di Dio, i principi di sussidiarietà e di solidarietà: questi sono i capisaldi fondamentali del contributo cattolico alla vita e alle istituzioni pubbliche (cfr. Congr. pro Doctr. Fidei, "Libertatis Conscientia" 26 et 73). Sull'esempio di Cristo, i cristiani devono essere pronti a rendere testimonianza profetica ovunque la dignità e i diritti delle persone siano minacciati o quando la giustizia e la carità lo richiedano.

Voi talvolta siete dolorosamente consapevoli che certe pratiche tradizionali e altre influenze sociali contemporanee portano con sé un oscuramento dei principi fondamentali relativi alla vita familiare e alla trasmissione responsabile della vita. Quali Pastori sapete che la stessa natura della vostra risposta personale a questa sfida determina in larga misura la vitalità di ogni Chiesa locale nell'aiutare le coppie cristiane ad adempiere il piano di Dio per le loro vite. Uno sforzo catechetico globale si rende necessario ovunque nella Chiesa per recuperare la consapevolezza del primato dei valori morali. Nella "Familiaris Consortio" ho scritto che "l'educazione della coscienza morale, che rende ogni uomo capace di giudicare e di discernere i modi adeguati per realizzarsi secondo la sua verità originaria, diviene così un'esigenza prioritaria e irrinunciabile" (FC 8).

Affinché i laici possano compiere la loro missione nel mondo, i Pastori devono aiutarli a coltivare una coscienza cristiana adeguatamente formata, in grado di guidarli in tutte le decisioni e le attività della vita. Perché nell'insegnare il cammino verso la salvezza, la Chiesa fa necessariamente riferimento all'ordine morale che governa il modo in cui le persone agiscono e si rapportano l'una all'altra, con ripercussioni in ogni campo della vita. La formazione di una coscienza cristiana, insieme al rafforzamento del carattere morale e all'approfondimento della vita spirituale, sono essenziali per la trasformazione del mondo dall'interno. E' l'unica garanzia sicura della fecondità dell'inculturazione.


7. Rivolgendomi a voi, desidero ringraziare Dio per la vita e per il ministero dei vostri sacerdoti, diocesani e religiosi, nativi o forestieri, che condividono con voi la fatica quotidiana di occuparsi della Chiesa in Indonesia. Poiché voi presiedete con amore il presbiterio, sapete quanto sia importante incoraggiare, sostenere e amare veramente i vostri sacerdoti. Sull'esempio di Cristo, il sommo sacerdote, che è in grado "di compatire le nostre infermità, essendo stato lui stesso provato in ogni cosa, come noi, escluso il peccato" (He 4,15), voi, con dolcezza ma con fermezza, li chiamerete alla santità, all'abbandono di sè nelle mani di Dio, ad una vita che sia umile e vicina ai poveri e ai più bisognosi. Per molti aspetti la vocazione sacerdotale è la chiamata ad una vita segnata dalla Croce, e veramente essa spesso diventa "un segno di contraddizione" (Lc 2,34). La vostra vicinanza ai vostri sacerdoti, la vostra apertura a loro, in giustizia e amore, e le vostre preghiere per la loro perseveranza, faranno molto per sostenerli.

Come non rallegrarci insieme per la crescita delle vocazioni al sacerdozio e alla vita religiosa che stanno registrando le vostre Chiese particolari? Questo è certamente un segno della provvidenza amorevole di Dio. Di fatto, fra i molti vivi ricordi che portero con me a Roma, uno dei più consolanti è la vista di tanti sacerdoti e religiosi, uomini e donne, felici e zelanti, che ho incontrato nel corso della mia visita.

Allo stesso tempo, questo dono del Signore lancia una sfida a voi in quanto Vescovi: quella di offrire a quanti rispondono alla chiamata del Signore una formazione spirituale e dottrinale che li prepari ad una vita di dedizione al servizio della Chiesa. Come ben sapete, i sacerdoti e i religiosi hanno bisogno di formazione, non soltanto durante gli anni di preparazione nei seminari e nelle case religiose, ma durante tutta la loro vita. E' necessario che vengano messe a loro disposizione opportunità di approfondire la loro comprensione del messaggio evangelico così come viene interpretato e insegnato dalla Chiesa. So che condividete questa sollecitudine per la loro formazione, consapevoli come siete del fatto che essi a loro volta sono chiamati a formare altre persone.


8. Cari fratelli: nel discorso di addio ai discepoli, che troviamo nel Vangelo di San Giovanni, Gesù prega: "(Padre) consacrali nella verità. La tua parola è verità. Come tu mi hai mandato nel mondo, anch'io li ho mandati nel mondo; per loro io consacro me stesso, perché siano anche essi consacrati nella verità" (Jn 17,17-19).

Queste parole si applicano pienamente ai Pastori della Chiesa. Mentre la mia visita volge al termine, esprimo la mia fervida preghiera e speranza che la Chiesa, la cui esistenza in Indonesia è una delle "grandi cose" che ha fatto la potenza di Dio, possa godere della guida di Vescovi che siano autentici discepoli ed apostoli di nostro Signore Gesù Cristo. Che possiate perseverare nella verità e crescere nella "santità della verità" (Ep 4,24). Perché è la verità che ci fa liberi (cfr Jn 8,32) e la verità è Gesù Cristo (cfr Jn 14,6). A lui la gloria per tutti i secoli dei secoli. Amen.

1989-10-13

Venerdi 13 Ottobre 1989




Alcune immediate riflessioni sulla visita pastorale - Ai Vescovi, Jakarta (Indonesia)

"Cercheremo di rendere questa esperienza fruttuosa per tutta la Chiesa"


[Ecco il testo del discorso improvvisato dal Santo Padre:] Saluto tutti i Vescovi dell'Indonesia qui riuniti, ed esprimo la mia gratitudine, per questa visita considerata un'esperienza ed un dono della Provvidenza, la quale mi ha dato questa possibilità. Prima della visita ho preparato un testo indirizzato ai Vescovi, che distribuiro. Dopo aver fatto l'esperienzà di questa visita potrei dire che tutto ciò di cui si parla in questo discorso è vero, ma per me non è abbastanza. perciò vorrei analizzare ancora una volta questa visita e i suoi molteplici aspetti. Dovrei riflettere su tanti elementi di cui ho avuto esperienza qui; su tanti elementi che ho visto e che ho sentito. Sono arrivato a una visione personale e più profonda di ciò che è l'Indonesia, di ciò che è la Chiesa in Indonesia. Ciò che è l'Indonesia è certamente un problema storico. Chiedendo che cosa l'Indonesia è chiediamo nello stesso tempo cos'era l'Indonesia: la parte antica del mondo, con molti popoli; specialmente che cos'è la moderna Indonesia. Cos'è l'Indonesia oggi? Cosa è stata negli ultimi quarantacinque anni? E poi cos'è la Chiesa in questo contesto, naturalmente cos'era nel contesto precedente, nel contesto storico? La cristianità in Indonesia, qualche volta, come per esempio a Flores, è vecchia di alcuni secoli. Ma oggi assistiamo a una nuova realizzazione della stessa cristianità, della stessa Chiesa. Mi sembra che questa realizzazione corrisponda profondamente alla visione del Concilio Vaticano II. E' necessario prendere nelle proprie mani, avere davanti agli occhi, nella mente, la visione della Chiesa in se stessa e della Chiesa nel mondo, dopo i documenti del Concilio Ecumenico Vaticano II, le sue costituzioni, e poi entrare in questa esperienza. Ieri nel seminario di Maumere mi è stato chiesto perché ho fatto questa visita. Ho risposto che la sto facendo perché il Signore ha detto: "Vai fino ai confini del mondo". Ma per un motivo speciale io sto facendo questa visita a causa del Concilio Vaticano II. Mi sembra che il Concilio Vaticano II abbia non solo facilitato ma stimolato l'esercizio dell'ufficio petrino nella Chiesa. La Chiesa ha facilitato il perseguimento dell'idea principale del Concilio Vaticano II. Sentiamo che la migliore realizzazione di questa idea principale è semplicemente andare, fare esperienza, incontrarsi, parlare, toccare. Il Papa naturalmente ha un dovere, un dovere espresso da nostro Signore, e poi da molti padri, san'Ireneo ed altri: ha il dovere di mantenere l'unità e l'universalità della Chiesa. E nel nostro tempo il compito di mantenere l'unità e l'universalità della Chiesa può essere svolto in questo modo: visitare, incontrare, toccare, udire, partecipare. Naturalmente la mia esperienza di ciò che è l'Indonesia e di ciò che è la Chiesa in Indonesia non è completa. E' solo di una parte, soltanto di alcuni punti di questa grande area, piena di acqua, ma anche piena di isole e di esseri umani.

Non è abbastanza. Specialmente rimpiango profondamente di non aver potuto visitare l'Indonesia settentrionale e nord-orientale, ma cerchero di completare almeno la mia visione. E' una Chiesa che cresce, che è visibile, che sta diventando adulta. Era una Chiesa di missionari. Tra di noi ci sono molti Vescovi missionari, soprattutto Vescovi olandesi che hanno portato la cristianità all'Indonesia. Ma adesso è una Chiesa indonesiana e la maggioranza dei Vescovi sono Vescovi indonesiani e stanno prendendo nelle loro mani tutta la responsabilità della Chiesa e del suo futuro, ed anche del futuro della società.

Forse dovrei dire alcune parole sul compito apostolico dei missionari e dei religiosi, uomini e donne. Ma sono stato colpito profondamente ieri dalla presenza, dalle attività e dall'apostolato dei laici. Di alcuni elementi - io presento questi elementi insieme con il testo che ho preparato -, ho fatto una nuova e diretta esperienza durante questa visita. E continuero le mie riflessioni insieme con i miei fratelli Cardinali, con tutta la Curia romana, con la segreteria di Stato, e specialmente con la congregazione per l'evangelizzazione dei popoli. Sono convinto che il Cardinale Tomko ha fatto le sue speciali osservazioni durante questa visita. Dopo il nostro ritorno a Roma rifletteremo su come approfondire questa esperienza, su come rendere questa esperienza indonesiana più fruttuosa per noi, per la Chiesa di Roma, per la Santa Sede, nella responsabilità verso l'unità e l'universalità della Chiesa. Ma su come rendere questa esperienza più fruttuosa anche per voi, Chiesa in Indonesia. Voi sapete che la struttura spirituale, divina ed umana della Chiesa è una struttura di comunione. Cosa è la comunione? Dice la "Lumen Gentium": la comunione è portare, uno porta agli altri, gli altri ricevono e nel ricevere portano a loro volta: è uno scambio. Spero che la Chiesa in Indonesia possa portare alla nascita di nuove forze, di una nuova vita, di nuovi elementi, di un nuovo carisma alla Chiesa universale, alla Chiesa di tutti i paesi del mondo nei diversi continenti.

così concludo questa allocuzione non preparata "in scriptis", ma preparata nel cuore, non completa, ma che deve essere completata.

1989-10-13

Venerdi 13 Ottobre 1989




Il discorso pronunciato all'aeroporto - Ai fedeli riuniti, Plaisance (Mauritius)

Crocevia e sintesi dei valori migliori dell'Est e dell'Ovest l'isola di Mauritius può favorire il dialogo tra il Nord e il Sud


Signor primo ministro, signor Cardinale, Signori membri del governo, caro popolo di Mauritius.


GPII 1989 Insegnamenti - L'omelia durante la celebrazione eucaristica - Ai fedeli riuniti di Sumatra, Tuntungan (Indonesia)