GPII 1989 Insegnamenti - Alla comunità croata durante la Messa - Roma

Alla comunità croata durante la Messa - Roma

"Solo con la preghiera e nella preghiera si può salvare la fede, messa fortemente alla prova dalle tribolazioni"



1. "Rimani saldo in quello che hai imparato e di cui sei convinto, sapendo da chi l'hai appreso (2Tm 3,14).

Le parole dell'apostolo Paolo al discepolo Timoteo acquistano particolare intensità di significato risuonando in questa chiesa di san Girolamo dei Croati, rinnovata e restaurata per le celebrazioni del centenario della sua costruzione, che avvenne per opera del mio predecessore, Papa Sisto V. Egli, che era stato Cardinale di questo titolo, volle onorare il santo dalmata e la comunità dei Croati in Roma, edificando questo tempio, sul luogo della già fatiscente cappella dedicata a san Girolamo presso il porto di Ripetta.

Le parole di san Paolo acquistano qui una forza particolare, poiché questo tempio costituisce per la comunità croata di Roma una viva memoria ed una vigorosa testimonianza della fede antica e delle tradizioni cristiane dei padri.

Il popolo della Croazia è rimasto saldo in esse attraverso vicende storiche complesse e difficili, che hanno coinvolto il territorio e la popolazione in dure prove, perché "sapeva da chi aveva appreso" le immutabili verità della fede.

"Rimani saldo...". Timoteo, il destinatario della lettera or ora proclamata, è invitato a ricordare i maestri della sua fede: la madre e la nonna, i numerosi testimoni davanti ai quali aveva pronunciato la sua "bella confessione" (cfr 1Tm 6,12), oltre, naturalmente, all'apostolo Paolo, il suo maestro, che lo aveva associato a sé, nella predicazione del Vangelo e nella guida delle comunità.

Anche a voi oggi, carissimi fratelli e sorelle, con la stessa forza l'Apostolo dice di tener vivo il ricordo di quanto vi è stato insegnato e tramandato. Vi chiede, cioè, di essere anche in Roma, in questo luogo caro ai pellegrini romei della vostra Nazione, testimoni affidabili del Vangelo, annunciatori coraggiosi delle meraviglie di Dio a beneficio di quanti sanno accogliere la sua Parola.


2. Un esempio mirabile di dedizione senza riserve alla parola di Dio è stato colui al quale è dedicato questo luogo: il vostro conterraneo san Girolamo. Egli prese alla lettera l'ammonimento dell'Apostolo circa le Sacre Scritture: "Queste - egli scriveva a Timoteo - possono istruirti per la salvezza, che si ottiene per mezzo della fede in Gesù Cristo" (2Tm 3,15). San Girolamo capi che la fede è obbedienza alla Parola con la quale Dio comunica se stesso all'uomo, e che perciò essa richiede - come anche il Concilio ha ribadito - il totale abbandono dell'uomo a Dio, al quale occorre prestare il pieno ossequio dell'intelligenza e della volontà, acconsentendo con amore e fiducia alla rivelazione che da lui proviene (cfr DV 5). Il grande dalmata, singolare modello di devozione e di servizio alla Parola rivelata, non si stancava di ricordare alla Chiesa che Dio stesso ha parlato all'anima degli scrittori sacri, ed ammoniva che "colui che non conosce le Scritture, non conosce la potenza di Dio, né la sua sapienza. Ignorare le Scritture significa ignorare Cristo" (S. Hieronymi, "Comm. in Is. proph.", Prol.: CSCL 73, 1).

San Girolamo vi ottenga, carissimi fratelli e sorelle, una conoscenza viva e penetrante della Scrittura, così che anche voi, con tutto il popolo cristiano vi nutriate sempre più largamente della Parola divina, e troviate in essa una sorgente di vita (cfr. "Collecta ad Missam in memoria S. Hieronymi").


3. Ogni casa di Dio, e quindi anche questa vostra chiesa antica e veneranda, è luogo di preghiera, è richiamo alla costanza nell'orazione.

"Quando Mosè alzava le mani, Israele era il più forte; ma quando le lasciava cadere, era più forte Amalek... così le sue mani rimasero ferme fino al tramonto del sole" (Ex 17,11-12).

Il valore della preghiera di intercessione è chiaramente proposto alla nostra considerazione dalla liturgia odierna. E' la preghiera di Mosè, l'insistente invocazione con le mani alzate, che ottiene da Dio la vittoria degli Israeliti; è l'insistenza della vedova che costringe il giudice iniquo a fare giustizia.

"E Dio non farà giustizia ai suoi eletti, che gridano giorno e notte verso di lui? Li farà a lungo aspettare?" (Lc 18,7).

Il cristiano non deve mai abbandonare la preghiera, specialmente quando, a causa della tribolazione, la fede è messa fortemente alla prova. Come la donna della parabola, egli deve continuare ad insistere, soprattutto quando il buio della sofferenza, le "assurdità" della vita, gli allettamenti di un benessere senza anima, rischiano di incrinare la sua fiducia nell'onnipotenza provvida del Padre celeste. Solo nella preghiera il credente troverà la forza per riconoscere i segni e la presenza di Dio nelle prove sociali, culturali, politiche e morali che lo assillano, e potrà far si che il Signore, al suo ritorno, trovi ancora "sulla terra" la fede che egli è venuto a portare.

La donna della parabola costituisce il modello di tutti coloro che nella fede sanno presentare a Dio il gemito del loro cuore provato: "Fammi giustizia contro il mio avversario" (Lc 18,3). Liberami, Signore, dalle insidie del male, "libera nos a malo".

Il Signore stesso commenta la parabola, narrata ai discepoli per istruirli sulla "necessità di pregare sempre, senza stancarsi" (Lc 18,1): se il giudice malvagio giunge a rendere giustizia alla vedova a motivo della sua insistenza, quanto maggiormente Dio, giudice di infinita santità, farà giustizia ai suoi eletti che gridano giorno e notte verso di lui (cfr Lc 18,7).


4. Mi è gradito rivolgere un saluto cordiale ed affettuoso al signor Cardinale Franjo Kuharic, Arcivescovo di Zagabria, ai numerosi Arcivescovi e Vescovi della Croazia, qui giunti per la singolare circostanza.

Saluto il rettore della chiesa, monsignor Ratko Peric, ed i sacerdoti croati che collaborano negli uffici della Curia romana. Il mio pensiero va poi ai sacerdoti studenti del collegio annesso alla Chiesa, al presidente dell'accademia mariana internazionale, padre Melada, ai religiosi croati ed alle suore che in questa casa ed in altre comunità ospedaliere, assistenziali ed educative svolgono il loro servizio.

Infine mi rivolgo a tutti i numerosi fedeli di Croazia che vivono attualmente in Roma, ai giovani, alle famiglie, a coloro che per l'occasione sono giunti direttamente dalla Patria e da territori molto lontani: dal Canada, dagli Stati Uniti, come anche da altre nazioni e continenti.

La popolazione croata è presente un po' dappertutto. Il mio augurio è che voi sappiate restar fedeli alla vostra cultura, alle tradizioni acquisite con l'educazione familiare, al patrimonio religioso degli avi. Sforzatevi di trasmettere ai vostri figli tali valori, affinché diventino anch'essi testimoni della parola evangelica ovunque si trovino.

La vostra presenza in questa chiesa di san Girolamo dice che essa costituisce per voi un valido punto di riferimento, in cui far comunione tra quanti siete emigrati dalla terra dei padri: essa diventa come un lembo di patria, ancor più significativo perché situato in Roma, accanto alla Sede di Pietro. Il mio saluto vuole essere anche un augurio di cristiana prosperità, un'invocazione di pace per le vostre famiglie in Patria ed all'estero, e, nello stesso tempo, un incitamento ad inserirvi attivamente nella vita delle Chiese locali di cui ora fate parte, per recarvi la ricchezza delle vostre tradizioni cristiane. L'incontro della vostra con le altre culture varrà a promuovere un'esperienza della fede più profonda e matura.


5. "Alzo gli occhi verso i monti: da dove mi verrà l'aiuto? Il mio aiuto viene dal Signore... Non lascerà vacillare il tuo piede, non si addormenterà il tuo custode... Il Signore veglierà su di te" ("Psalmus responsorius").

Confortati da queste parole, fratelli e sorelle, rivolgiamo la nostra preghiera insistente a Dio in ogni necessità, in qualsiasi prova interiore ed esteriore, in qualsiasi tribolazione.

La storia della Croazia, come ben sapete, è stata spesso turbata da tribolazioni e prove di ogni genere; ma proprio nelle difficoltà più dure voi avete sempre saputo erigere e conservare in Patria i segni della fiducia in Dio nei numerosi santuari, chiese e cappelle che costellano il territorio. Ora, dalle diverse regioni della vostra Patria e della vostra diaspora, voi guardate a questa chiesa di san Girolamo in Roma come ad un luogo privilegiato di preghiera e di comunione fra voi. Parta da questo tempio, ora riportato al suo antico splendore, un messaggio per tutti i Croati: il messaggio del valore della preghiera, della sua necessità per condurre una vita degna di esseri umani, chiamati a partecipare alla vita stessa di Dio.

Questa vostra chiesa nazionale ricordi a ciascuno di voi che il precetto del Signore di pregare con insistenza e senza stancarsi è un richiamo serio, perché solo nella preghiera e con la preghiera si può salvare la fede nei momenti di prova e di tentazione. Solo l'esperienza della preghiera conferma nel cuore dell'uomo la fiducia nella protezione e nell'aiuto di Dio.

Solo "il Signore ti proteggerà da ogni male" (Ps 120,8).

Solo il Signore darà vigore a coloro che vogliono annunciare la sua Parola (cfr 2Tm 4,1).

Solo il Signore "farà giustizia ai suoi eletti che gridano giorno e notte verso di lui" (Lc 18,7).

Solo il Signore! Amen.

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Sabato 21 Ottobre 1989 Pag. 14951




Ai sacerdoti del collegio croato - Roma

"Prego ogni giorno nella speranza di poter visitare il vostro Paese"


Ricordo quando sono entrato per la prima volta in questo collegio. Credo fosse la fine di novembre o l'inizio di dicembre del 1962; allora ero vicario capitolare.

Venni qui ad incontrare il Cardinale Seper, allora Arcivescovo di Zagabria. Fu come il primo incontro tra i due poli di due Chiese che avevano esperienze simili.

La Chiesa croata aveva un'esperienza dolorosa. Il segno di questa esperienza è certamente la figura del Cardinale Stepinac; ma anche quella di tanti altri fratelli e sorelle della vostra Chiesa. L'esperienza che portavo allora con me, forse non era così radicale, ma le si avvicinava molto. Noi due venivamo da Paesi dominati dallo stesso sistema e per noi era molto importante poter scambiare esperienze ed anche opinioni e suggerimenti. Anche sul Concilio che era già a buon punto, ormai vicino alla sua prima sosta. Ecco, questo è il mio ricordo principale. Poi ce ne sono tanti altri perché, prima di divenire Vescovo di Roma, sono stato anche rettore per tanto tempo ed anche per questo ho visitato altre volte questo collegio. Anzi mi sono chiesto come mai, da quando sono Vescovo di Roma, non sono venuto prima a visitare il collegio. La decisione è giunta improvvisa in questi giorni e mi sono subito messo in cammino passando pero dalla Corea, dall'Indonesia e da Mauritius.

Ammiro sempre, come lo ammira tutta la Chiesa, san Girolamo, il dalmata vostro connazionale, dei tempi passati. Al Cardinale Kuharic e a tutti gli altri Vescovi presenti voglio augurare la benedizione del Signore, che da loro si estenda a tutta la Chiesa in Croazia, in Slovenia ed in tutto il Paese, in un contesto pluralistico giacché con i cattolici convivono ortodossi e musulmani. Ho cercato più volte di recarmi in questo Paese, ma non mi è stato possibile fino ad oggi. E dunque per il momento mi accontento di pregare ogni giorno e non solo per il vostro popolo nella speranza che si presenti la possibilità di recarmici. Il vostro Paese non è lontano, anzi e più vicino della mia Patria, e certamente, è molto più vicino della Corea, dell'Indonesia e di Mauritius.

1989-10-21

Sabato 21 Ottobre 1989




L'omelia durante la celebrazione della Giornata Missionaria Mondiale e la proclamazione di sette beati thailandesi - Città del Vaticano (Roma)

I martiri, i confessori, le vergini rinnovano l'impegno della Chiesa per l'annunzio della verità



1. "Ma il Figlio dell'uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?" (Lc 18,8).

In questa domenica la Chiesa affronta con profonda umiltà questa domanda e cerca di dare ad essa una risposta. Si tratta infatti di un interrogativo, reso oggi particolarmente pressante perché si celebra la Giornata Missionaria Mondiale.

Che cosa sono le missioni? Di che cosa parlano le schiere di missionari e di missionarie, ecclesiastici e laici, in tutta la terra? Che cosa testimonia l'attività missionaria di tutte le Chiese locali e della Sede Apostolica, in particolare della congregazione per l'evangelizzazione dei popoli? Di che cosa parlano le pontificie opere missionarie e quelle diocesane? Tutto questo vuol dire: noi, tuoi discepoli, noi, tua Chiesa, o Cristo, o Figlio dell'uomo, desideriamo con tutta l'anima la tua venuta alla fine della storia! Desideriamo che quando verrai, tu trovi la fede sulla terra.

"Guai a me se non predicassi il Vangelo!" (1Co 9,16) grida ancora oggi con l'Apostolo dei gentili tutta la Chiesa.


2. Facciamo nostra perciò l'accorata esortazione di Paolo, proclamata nella seconda lettura: "Ti scongiuro davanti a Dio e a Cristo Gesù che verrà a giudicare i vivi e i morti per la sua manifestazione e il suo regno: annunzia la parola, insisti in ogni occasione opportuna e non opportuna, ammonisci, rimprovera, esorta con ogni magnanimità e dottrina" (2Tm 4,1-2).

Si, Paolo, amante instancabile di Cristo! Si, Apostolo dei gentili! Noi accogliamo il tuo grido, la tua pressante invocazione, così come l'accolse Timoteo, il tuo discepolo amato.

Desideriamo annunziare la Parola. Desideriamo insistere in ogni occasione opportuna e non opportuna, desideriamo esortare con tutta magnanimità e lungimiranza.

Questo ci è stato insegnato dalle schiere dei santi missionari, che di generazione in generazione non hanno cessato di lavorare nella vigna del Signore.

La messe è molta! La messe è continuamente molta!


3. Quindi noi preghiamo il Padrone della messe perché mandi operai (cfr Lc 10,2).

La tua Chiesa, o Cristo, desidera essere come Mosè durante la battaglia di Israele contro gli Amaleciti. La Chiesa tutta desidera rimanere con le mani alzate nella supplica. E quando le mani pesano per la stanchezza, altri fratelli le sosterranno. L'azione missionaria raggiunge la sua pienezza mediante la preghiera e il sacrificio. Raggiunge la pienezza nella clausura del carmelo, come ci insegna santa Teresa di Lisieux. La raggiunge grazie al sacrificio e alle sofferenze di tutti questi esseri umani che - dimenticando se stessi - invocano dal proprio letto di dolore: "Venga il tuo regno".

Ecco, infatti, in questa lotta per il Regno di verità e di grazia, di pace e di salvezza, il nostro aiuto è in lui: nel nostro Signore e Creatore: "Il mio aiuto viene dal Signore... Non si addormenterà, non prenderà sonno il custode di Israele... Il Signore è il tuo custode... Il Signore ti proteggerà da ogni male... veglierà su di te...., da ora e per sempre" (Ps 121, passim).


4. Oggi, nella Giornata Missionaria Mondiale, celebriamo la beatificazione dei santi martiri della Thailandia. In unione con tutta la Chiesa, rendiamo grazie alla Santissima Trinità per la testimonianza esemplare data da quei martiri a tutto il mondo cristiano. Il loro esempio di pronta accettazione della proclamazione della fede ha avuto la sua più alta conferma nel nobile martirio che dovettero sostenere. E' significativo che il loro generoso sacrificio sia avvenuto all'interno di una comunità cristiana che, seppur giovane, era preparata a dare testimonianza a Gesù Cristo e alla potenza del suo amore con la piena donazione di sè: "Sarete miei testimoni... fino agli estremi confini della terra" (Ac 1,8).

I martiri di cui oggi celebriamo la memoria - alcuni dei quali molto giovani - sono vissuti in una terra che il resto del mondo considera remota: il villaggio di Songkhong, nel nord-est della Thailandia. In questa situazione, Philip Siphong, un catechista laico padre di famiglia, si convinse di avere un compito attivo nella diffusione della fede. Ecco un laico profondamente consapevole della sua appartenenza, mediante il Battesimo, a Cristo, sacerdote, re e profeta e pertanto chiamato personalmente ad annunciare il Vangelo ("Nuntius ob diem statutum ad Missiones fovendas", die 14 maii 1989: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, XII, 1 [1989] 1224). Philip senti l'obbligo di colmare, il più possibile, il vuoto lasciato dal sacerdote che era stato allontanato dal villaggio. In questo spirito, egli si diede ad annunciare la Parola con insistenza, "opportune et inopportune", e ad esortare con incrollabile pazienza ed insegnamenti (cfr 2Tm 4,2). Philip si diede generosamente come "uomo di Dio", perché ciascuno dei suoi fratelli e delle sue sorelle nella fede potesse essere "completo e ben preparato per ogni opera buona" (2Tm 3,17), perfino per l'eroica testimonianza del martirio. Questa testimonianza egli stesso doveva essere il primo a dare, lasciandosi arrestare ed uccidere piuttosto che abiurare la sua fede.

Philip Siphong fu seguito su questa strada da suor Agnes Phila e suor Lucy Khambang, che sostenevano la comunità cristiana nella sua fedeltà al Signore per tutti quei difficili giorni. Arrestate pochi giorni dopo Philip, insieme con alcune compagne - Agatha Phutta, Cecilia Butsi, Bibiana Kamphai, Maria Phon - affrontarono la morte per fucilazione con grande coraggio e pagarono con il sangue l'amore che provavano per Cristo. Per questo Dio esaudi la preghiera espressa da suor Agnes in una lettera scritta la notte prima del martirio: "Ti chiediamo di essere tue testimoni, Signore, Dio nostro" (cfr. "Final Letter of Sr. Agnes Phila").

Agnes, Lucy, Agatha, Cecilia, Bibiana, Maria: i nomi delle prime martiri cristiane, vergini e sante donne che diedero la vita per la fede, echeggiano nuovamente nella storia della nascente Chiesa di Thailandia. Là, attorno alla figura del catechista e martire Philip - il "grande albero", come veniva chiamato nel villaggio - il Vangelo di Gesù Cristo affonda le sue radici e conosce una nuova fioritura.

"Siamo liete di restituire al Signore la vita che egli ci ha donato...

Ti imploriamo di aprirci le porte del paradiso... Tu agisci secondo gli ordini degli uomini, ma noi agiamo secondo i comandamenti di Dio". Queste espressioni tratte dall'ultima lettera di suor Agnes, potrebbero trovarsi facilmente negli Atti dei primi martiri cristiani. La stessa testimonianza a Cristo offerta dai martiri della Thailandia alla loro giovane Chiesa la offrono oggi, giorno della loro beatificazione, a tutta la Chiesa del mondo.


5. "Ma il Figlio dell'uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?" (Lc 18,8).

L'interrogativo che Gesù pone ancor oggi ai suoi discepoli ha sempre suscitato nella Chiesa rinnovato impegno per l'annuncio della verità. Il Regno di Dio, regno di verità, di grazia, di giustizia e di pace, richiede dedizione, esige prontezza nel saper cogliere ogni momento propizio, ogni occasione favorevole per annunciare la Parola ed esortare "con ogni magnanimità e dottrina" (2Tm 4,2).

E' proprio la missione di una Chiesa inserita nel nostro tempo, nel quale tanta importanza hanno assunto le strutture e i mezzi della comunicazione, che ha suscitato in Timoteo Giaccardo, figlio della diocesi di Alba, in Piemonte, la volontà di mettersi radicalmente a servizio della Parola mediante la stampa e tutte le nuove vie della trasmissione delle idee.

Di fronte ad un mondo in cui la fede incontra difficoltà e insidie di ogni genere, che ne mettono in pericolo la stessa sopravvivenza in molte anime, Timoteo Giaccardo, primo discepolo di don Alberione, interpreto la fedeltà alla propria vocazione sacerdotale assumendosi l'incarico di lavorare per un annuncio che raggiungesse mediante la stampa una diffusione sempre più vasta e incisiva tra i fratelli. così egli si propose di divulgare il Vangelo e gli insegnamenti della Chiesa con i mezzi moderni della comunicazione sociale, intesa come l'apostolato principale e tipico del mondo moderno: e questo nella fedeltà assoluta al Magistero della Chiesa, nella vita spirituale alimentata mediante l'adorazione eucaristica quotidiana e la devozione alla Madonna, negli esempi persuasivi di una umiltà e dolcezza, che lo resero caro all'intera famiglia paolina. Essa oggi - nel settantacinquesimo anniversario della sua fondazione - trova in lui l'ideale a cui guardare per la continuazione della missione affidatale da don Alberione.

"Il divino Maestro deve regnare su tutto, deve essere dato tutto a tutti: con il suo Vangelo alle menti; con la sua Santità alla volontà ed ai costumi; con il suo Cuore ai cuori; con la sua Croce al corpo; con la sua Preghiera e la sua Eucaristia allo spirito e alla vita mediante l'apostolato delle Edizioni". Questo egli scriveva, ed in tale progetto santifico la sua vita, nella consapevolezza che la vocazione missionaria della Chiesa può e deve farsi carico della diffusione del Vangelo non solo in ogni luogo, ma anche nel contesto sociale e morale di tutte le meravigliose invenzioni tecniche che, soprattutto nel nostro tempo, l'ingegno umano è riuscito a trarre dal creato, come ha sottolineato il Concilio, esattamente venticinque anni fa, nel decreto "Inter Mirifica". Anche le meraviglie delle comunicazioni sociali moderne sono "luogo" e "voce" ove s'incarna il messaggio della parola rivelata, strumento che gli apostoli devono usare perché non venga meno la fede e l'accoglienza della salvezza quando il Figlio dell'uomo verrà per portare a compimento il destino dell'uomo.


6. "Ecco, io vengo a fare la tua volontà" (He 10,9). Queste parole attribuite a Cristo dalla lettera agli Ebrei mostrano bene che cosa Marie Deluil-Martiny fu chiamata a compiere lungo tutta la sua vita. Molto presto ella fu mossa a compassione delle "ferite fatte all'amore di Gesù" e dal rifiuto di Dio troppo frequente nella società. Nello stesso tempo, ella scopriva la grandezza del dono fatto da Gesù al Padre per salvare gli uomini, la ricchezza d'amore che irradia dal suo Cuore, la fecondità del sangue e dell'acqua che sgorgano dal suo fianco aperto. Ella si convinse che occorreva partecipare alla sofferenza redentrice del Crocifisso, in spirito di riparazione per i peccati del mondo. Maria di Gesù si offri lei stessa al Signore, attraverso le prove e una costante purificazione.

Poteva dire con verità: "Ho per Gesù una grande passione... La sua vita in me; la mia vita in Lui" (1884).

Presto Maria riusci a far partecipi quanti aveva vicino del suo desiderio di vivere l'oblazione del Salvatore, in un'ardente partecipazione al sacrificio della Messa. Quando fondo le figlie del Cuore di Gesù, ella pose al centro della vita religiosa l'adorazione eucaristica. Comprendendo in profondità il sacrificio di Cristo, ella desiderava unirsi senza sosta all'offerta del sangue di Cristo alla Santissima Trinità. Con una giusta comprensione dell'Eucaristia, ella inseriva tra gli orientamenti dell'istituto sia "una continua azione di grazie" al Cuore di Gesù per i suoi benefici e la sua misericordia, sia "continue suppliche per ottenere l'avvento del regno di Gesù Cristo nel mondo". Tra le sue intenzioni di preghiera, un posto di rilievo avevano i sacerdoti, la loro santità e la loro fedeltà.

Al servizio di questa esigente spiritualità, Maria di Gesù istitui una vita religiosa semplice e austera, ritmata dall'ufficio solenne, penetrata dall'adorazione, e in cui la vita consacrata fosse un autentico dono di sè perché l'amore di Cristo sia conosciuto e stimato. Scrisse un giorno: "Il mio cuore è pieno di grandi cose: l'oblazione, l'immolazione, la comunione... O Dio, se il sacrificio della mia miserabile vita può servire a propagare questo amore segreto, prendetela..." ("Journal", die 23 oct. 1874). Quando le venne tolta la vita, ella era pronta a offrirsi con Cristo.

Maria di Gesù contemplava la Madre del Salvatore, ai piedi della Croce e presente in mezzo alla Chiesa nascente. La Vergine Madre era il suo vero modello.

Con Maria, la fondatrice delle figlie del Cuore di Gesù prega e veglia perché i discepoli del Figlio di Dio non cessino di annunciare al mondo le meraviglie del suo amore.


7. "Ma il Figlio dell'uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?".

Rispondono oggi i martiri; in essi la Parola di Dio è viva ed efficace, capace di scrutare i desideri e i pensieri del cuore.

Rispondono i confessori e predicatori della fede. Rispondono le anime consacrate alla adorazione ed alla riparazione.

Rispondono Filippo - Agnese - Lucia e le loro quattro compagne.

Rispondono Timoteo e Maria di Gesù.

Rispondono con la testimonianza della propria vita e morte. Potente è, come la morte, l'amore! Da questo amore germina la Parola di Dio: efficace e vivificante.

Nei martiri, nei confessori, nelle vergini, di generazione in generazione, si riconferma e rinnova la consapevolezza di Paolo: "Guai a me se non predicassi il Vangelo!".

Vieni Signore Gesù!

1989-10-22

Domenica 22 Ottobre 1989




Recita dell'Angelus - Ai fedeli riuniti, Città del Vaticano (Roma)

"Mi faccio voce dei poveri delle Chiese lontane che attendono la carità e la generosità del mondo"


Fratelli e sorelle carissimi.


1. Oggi, Giornata Missionaria Mondiale, è stata appena celebrata nella Basilica di san Pietro, la beatificazione di alcuni martiri della Thailandia, di Timoteo Giaccardo e di suor Maria di Gesù: una coincidenza significativa, perché la santità cristiana, in quanto corrispondenza fedele ed eroica alla grazia ricevuta da Dio, costituisce sempre un contributo efficace all'espansione del Regno di Dio sulla terra.

"La messe è molta - ci dice Gesù - ma gli operai sono pochi. Pregate dunque il padrone della messe che mandi operai nella sua messe!". (Mt 9,37-38).

Queste parole assumono oggi una singolare attualità. Il lavoro che attende l'operaio del Vangelo è sempre molto ed è anche sempre fruttuoso, anche se sul momento sembra non portare risultati o addirittura suscita ostilità - i nuovi beati ne sono conferma -; in realtà, a tempo debito, viene fatto abbondantemente e durevolmente fruttare da Dio.


2. Considerando nel suo insieme l'attività che oggi la Chiesa svolge nelle missioni, dobbiamo ringraziare il Signore per il progresso che il Vangelo sta facendo nel mondo, e che si esprime nella nascita e nello sviluppo di sempre nuove e ferventi comunità cristiane. Nel messaggio, che a Pentecoste ho indirizzato per la Giornata Missionaria, ho messo in luce il consolante sviluppo del clero nelle giovani Chiese, ed ho ricordato, al riguardo, che quest'anno ricorre il centenario di fondazione dell'Opera di san Pietro apostolo, la quale, sorta per lo zelo di Giovanna e Stefania Bigard, si propone appunto di promuovere la preghiera e l'aiuto concreto a favore delle vocazioni sacerdotali in terra di missione. Questi consolanti ed incoraggianti risultati non devono tuttavia assolutamente allentare il fervore missionario, dato che è ancora vasto il numero di fratelli che non conoscono il nome di Cristo e la sua dottrina di salvezza.


3. La Giornata Missionaria impegna la carità e la generosità di tutto il mondo, e perciò mi faccio voce dei poveri di quelle Chiese lontane, unendomi ai missionari che, ai fratelli di fede e a tutti gli uomini di buona volontà stendono la mano per essere aiutati a sollevare le immense miserie che incontrano.

L'aiuto e l'offerta, che ogni fedele è richiesto di dare con generosità per le missioni, non vuole tuttavia far dimenticare che per l'evangelizzazione del mondo occorrono, anzitutto, gli evangelizzatori, le vocazioni specificamente missionarie, sia sacerdotali e religiose che laicali, le quali sorgono dalle famiglie cristiane di tutti i paesi e continenti dove la Chiesa è presente.

E' soprattutto per le vocazioni missionarie che, come il Signore ci ha raccomandato, dobbiamo rivolgere la nostra preghiera al Padrone della messe.

E questa supplica fiduciosa affidiamo ora a Maria, che è stata la prima missionaria, avendo donato al mondo Gesù, nostro salvatore. A lei raccomandiamo tutti i missionari e le missionarie, che in questa domenica sentiamo a noi vicini con particolare amore e riconoscenza.

[Al termine della preghiera mariana il Santo Padre ha pronunciato il seguente appello:] Dalla Terrasanta giungono le invocazioni di aiuto e di solidirietà degli abitanti della Cisgiordania e di Gaza. Sono le grida di un intero popolo che oggi è particolarmente provato e si sente più debole, dopo decenni di conflitto con un altro popolo legato a quella medesima terra dalla propria storia e dalla propria fede.

Non è permesso essere indifferenti a queste invocazioni e di fronte al quotidiano dolore di tante persone. Ad esse vorrei esprimere la mia più profonda solidarietà, assicurando che il Papa continua a far propria la loro legittima richiesta di vivere in pace in una propria patria, rispettando il diritto di ogni altro popolo e godere delle necessarie sicurezze e tranquillità.

Preghiamo Dio onnipotente affinché ispiri tutti i responsabili, in modo che si ponga fine al più presto a tanta sofferenza e, con impegno, vengano ricercate la pace e la concordia per quella Terra che è santa per milioni di credenti, cristiani, ebrei e musulmani.

1989-10-22

Domenica 22 Ottobre 1989




Ai partecipanti alla plenaria della congregazione per l'educazione cattolica - Città del Vaticano (Roma)

La scuola cattolica luogo privilegiato per un appello personale alla vocazione



1. Le sono grato, signor Cardinale, per le elevate parole che mi ha rivolto a nome dei convenuti. Con gioia accolgo lei, i membri, i superiori e gli officiali della congregazione per l'educazione cattolica in occasione della plenaria, che ha visto il dicastero impegnato nell'esame di alcuni argomenti importanti per la vita della Chiesa.

Le quattro relazioni informative presentate alla vostra comune considerazione sono, si può dire, altrettante finestre aperte su specifici settori della vita ecclesiale, che si è cercato di analizzare in profondità per individuare i problemi emergenti e prospettare le opportune soluzioni. La preoccupazione che ha guidato il vostro lavoro è sempre stata la stessa: quali iniziative promuovere, come più fruttuosamente e organicamente attuare la collaborazione tra la Santa Sede e le Chiese particolari, quali aiuti offrire all'Episcopato, perché la luce e la forza del Vangelo fecondino il lavoro formativo nei seminari, gli sforzi delle scuole cattoliche nello svolgimento della loro missione, l'attività investigativa e didattica delle università cattoliche e la pastorale delle vocazioni.


2. Quest'anno avete concentrato la vostra attenzione, in primo luogo, sull'esame del documento sulle Università Cattoliche. Lo avete fatto a ragion veduta giacché è la prima volta nella storia della Chiesa che viene presa in considerazione l'opportunità, anzi la necessità di arrivare alla pubblicazione di una costituzione apostolica sulle Università Cattoliche.

Il progetto di emanare un tale documento, di fondamentale importanza, si inserisce nel contesto della preoccupazione, sottolineata dal Concilio Vaticano II, di realizzare "una presenza per così dire pubblica, stabile e universale del pensiero cristiano in tutto lo sforzo diretto a promuovere la cultura superiore e formare gli studenti in modo tale che essi diventino uomini veramente insigni per sapere, pronti a svolgere compiti impegnativi nella società e a testimoniare la loro fede di fronte al mondo" ("Gravissimun Educationis", 10).

Il testo del progettato documento era già stato esaminato dai delegati delle università cattoliche e delle Conferenze Episcopali, riuniti in congresso nei giorni 18-25 dell'aprile di questo anno qui in Vaticano, ed era stato rivisto dai quindici delegati dello stesso congresso nei giorni 6-9 del mese scorso. Ora la preparazione è entrata nella fase più importante e impegnativa, alla quale i padri presenti alla plenaria non hanno certo mancato di contribuire con preziosi suggerimenti.

Alla conclusione del citato congresso dei delegati delle Università Cattoliche e delle Conferenze Episcopali, come pure alla fine della citata riunione dei delegati del congresso, ho voluto sottolineare alcuni principi, alcune urgenze che le Università Cattoliche devono tener presenti per compiere con responsabile consapevolezza la propria missione. Occorrerà adoperarsi affinché il progettato documento costituisca una vera carta d'identità dell'Università Cattolica, nella quale siano definiti con chiarezza la natura della sua identità cattolica, i fini che essa persegue in rapporto con i pastori, e il contributo che è chiamata a dare ai problemi che la cultura e la scienza pongono alla Chiesa.


3. Nella relazione sui seminari merita di essere rilevata la parte dedicata alle visite apostoliche ai centri di formazione ecclesiastica nei vari paesi e ai pontifici seminari, collegi e convitti ecclesiastici romani. A nessuno può sfuggire l'importanza di tale iniziativa: le visite apostoliche hanno anche lo scopo, in questo momento, di verificare - a poco più di vent'anni dalla conclusione del Concilio Vaticano II - come sono state recepite e attuate le direttive del decreto "Optatam Totius", relative alla formazione dei candidati al sacerdozio e concretate in seguito nella "Ratio fundamentalis institutionis sacerdotalis".

I risultati delle visite permettono non soltanto di conoscere la situazione dei seminari dei vari paesi, ma di individuare alcune linee di fondo sulle quali occorrerà insistere. In questo contesto desidero richiamare l'attenzione su alcune esigenze che appaiono molto importanti ed attuali.

a) E' necessario che i responsabili della formazione dedichino maggiore cura a radicare nella coscienza dei seminaristi la chiara nozione dell'identità sacerdotale, perché possano realizzare fedelmente il sacerdozio voluto da Cristo.

b) Occorrerà adoperarsi perché i seminaristi ricevano una solida e adeguata formazione filosofico-teologica, presupposto indispensabile per coloro che, come pastori, saranno responsabili della predicazione ufficiale della Chiesa.

c) E' necessario che la formazione filosofico-teologica venga inserita vitalmente e organicamente nella formazione globale, così che valga ad alimentare, insieme con gli altri elementi, una autentica spiritualità sacerdotale.

Mi piace far riferimento, in questo contesto, all'ultimo documento preparato dal dicastero: "Orientamenti per lo studio e l'insegnamento della dottrina sociale della Chiesa". Esso intende proporre una sintesi chiara circa la natura, le finalità e le componenti essenziali della dottrina sociale della Chiesa, in modo che ogni futuro sacerdote diventi "messaggero illuminato e responsabile di questa moderna espressione della predicazione evangelica" (Congr.de Institutione Catholica, "Orientamenti per lo studio e l'insegnamento della dottrina sociale della Chiesa", 78).

Meritevole di menzione è anche la commissione interdicasteriale permanente per la formazione dei candidati agli ordini sacri, istituita secondo le direttive della costituzione apostolica "Pastor Bonus". Essa potrà contribuire a realizzare una maggiore ed effettiva collaborazione tra i vari dicasteri interessati alla preparazione del clero diocesano e religioso di tutto il mondo.


4. Non è possibile parlare dei seminari e della formazione sacerdotale senza pensare al vasto campo della pastorale vocazionale. E' motivo di conforto rilevare, sulla base dei dati statistici elaborati con molta diligenza dal dicastero, un generale aumento dei candidati al sacerdozio nei seminari maggiori del mondo. E soddisfazione si può trarre pure dal progressivo diffondersi della coscienza che la pastorale specifica delle vocazioni deve essere inserita nella pastorale giovanile e nella pastorale d'insieme, e dalla crescente persuasione che non è sufficiente un annuncio generico delle vocazioni, ma che occorre anche un appello personale rivolto ai giovani.

Un luogo privilegiato per tale appello è la scuola cattolica.

Opportunamente il vostro dicastero ha nuovamente volto la sua attenzione a questo importante settore della vita ecclesiale, pubblicando un documento dal

"Dimensione religiosa dell'educazione nella Scuola cattolica". Esso, si può dire, arriva con la sua tematica al cuore stesso della questione educativa, improntata ai principi cristiani.

Vi sono vicino nello svolgimento del vostro non facile compito di sostegno all'attività educativa delle scuole cattoliche. Nel pensare alla situazione di queste scuole nei paesi dove la legislazione civile mira a restringere lo spazio della libertà di insegnamento, vi esorto a perseverare nell'opera di sensibilizzazione dell'opinione pubblica circa l'importanza di una formazione scolastica ispirata ai principi cristiani. Sono certo che i Vescovi vi sono grati per l'aiuto che offrite loro nell'azione di difesa dei diritti della scuola cattolica.

Mentre ringrazio di cuore tutti voi per quanto è stato felicemente realizzato in questi anni, auspico che possiate proseguire nel vostro impegno a servizio del Popolo di Dio e, con questi sentimenti, di cuore vi benedico.

1989-10-23

Lunedi 23 Ottobre 1989





GPII 1989 Insegnamenti - Alla comunità croata durante la Messa - Roma