GPII 1989 Insegnamenti - Lettera che verrà consegnata dal Cardinale Agostino Casaroli durante una Santa Messa nel bicentenario della diocesi di Baltimora - Ai Vescovi degli Stati Uniti d'America, Città del Vaticano (Roma)

Lettera che verrà consegnata dal Cardinale Agostino Casaroli durante una Santa Messa nel bicentenario della diocesi di Baltimora - Ai Vescovi degli Stati Uniti d'America, Città del Vaticano (Roma)

Lettera del Santo Padre nel bicentenario dell'istituzione della diocesi di Baltimora


Ai miei Fratelli Vescovi degli Stati Uniti d'America.


1. Il 6 novembre 1789 il mio predecessore, Papa Pio VI promulgo la bolla apostolica "Ex Hac Apostolicae", con cui istitui la diocesi di Baltimora nominando come primo Vescovo John Carroll. Fu spinto a questo dalla sollecitudine pastorale per i "molti fedeli cristiani" in America che "erano uniti in comunione con la sede di Pietro, in cui è posto il centro dell'unità cattolica". Molti di loro desideravano che "fosse stabilito sopra di loro un Vescovo... per esercitare le funzioni dell'ordine episcopale; per nutrirlo con abbondanza del cibo della dottrina di salvezza".

La prima lettera pastorale di John Carroll, firmata il 28 maggio 1792, lo manifesta come un Pastore coscienzioso e di grande profondità. Egli incoraggiava amorevolmente il suo povero e piccolo gregge cattolico ad essere fedele nel compimento dei doveri religiosi verso Dio e la Chiesa, e ad essere generoso nel sostenere iniziative "che dovevano produrre effetti duraturi non solo per il presente ma per le generazioni future". Nel leggere le sue parole ci torna in mente l'immagine dell'uomo saggio che "volendo costruire una torre, si siede prima a calcolarne la spesa, se ha i mezzi per portarla a compimento" (Lc 14,28).

Come Pastore di una diocesi che abbracciava tutti gli Stati Uniti, il Vescovo Carroll desiderava istruire i cattolici americani su alcuni fondamenti della vita ecclesiale e della pietà cattolica. Parlava della "formazione cristiana e virtuosa dei giovani"; "un attento insegnamento dei principi della fede e della morale cristiana"; la necessità di più "zelanti e capaci pastori", della loro formazione e sostegno; l'"assistenza ai poveri"; la celebrazione dell'Eucaristia con "ogni reverenza e rispetto"; l'"obbligo di presenza alla Messa ogni domenica e festività"; l'importanza di "preghiere e sacrifici" per i morti, e di "fervente e ben ordinata devozione alla Santa Madre di nostro Signore". E come maestro l'autentico e Pastore di anime, sollecitava il suo gregge a formare le coscienze non secondo i principi dell'"interesse mondano", ma in un modo che li avrebbe resi capaci di compiere il loro "necessario ed essenziale dovere verso Dio Onnipotente".

Queste fondamentali e lungimiranti preoccupazioni pastorali non erano del solo Vescovo Carroll. Certamente, egli parlava anche per i grandi uomini e donne missionari e pionieri, che lo avevano preceduto e seguito, quando diceva che intenzione della Chiesa era "preservare e diffondere la fede..., santificare le anime", e "far crescere la vera religione, per il bene del nostro comune Paese, il cui benessere dipende dalla coscienza morale dei suoi abitanti". Due secoli dopo questi scopi non hanno per niente perduto di importanza e significato nella vita della Chiesa degli Stati Uniti.


2. Cari fratelli: in duecento anni pieni di gioia ed afflizioni, benedizioni e difficoltà, la fede cattolica si è davvero "mantenuta e diffusa" nel vostro Paese.

I membri del piccolo gregge di John Carroll si sono moltiplicati, soprattutto attraverso ondate di immigrazioni che e gli non poteva prevedere. La gente che abbandona la patria per raggiungere l'America, lo fa spesso per ottenere la libertà di praticare la propria religione. Attraverso un enorme impegno nell'educazione religiosa, nelle case, nelle parrocchie e nelle scuole, e attraverso il sostegno generoso dell'attività missionaria in patria e all'estero, la Chiesa negli Stati Uniti ha fatto molto per "preservare e diffondere" la buona Novella della salvezza in obbedienza al mandato di Cristo.

La fede della Chiesa e il Vangelo da essa annunciato la riempiono di zelo per "la santificazione delle anime". Anche qui gli Stati Uniti sono stati fecondi per i due secoli trascorsi non solo nei santi canonizzati, che sono modelli perenni e patroni celesti per i credenti di ogni luogo, ma anche nell'esempio di vita cristiana dato da tanti sacerdoti zelanti, religiosi e religiose consacrati e laici virtuosi. La forte vita sacramentale e devozionale sviluppatasi tra i cattolici americani è parte importante di quella "perfezione della carità" (cfr LG 40) con la quale hanno cercato la gloria di Dio e il bene del prossimo. I frutti di quell'amore sono la preghiera, la penitenza e la generosità nei singoli gesti di servizio, come pure nel sostegno delle organizzazioni caritative cattoliche e dell'attività missionaria della Chiesa in tutto il mondo.

La vita e la missione della Chiesa hanno apportato a straordinarie conseguenze per tutti i vostri connazionali, poiché - come puntualizzava il Vescovo Carroll - la religione fa del bene a tutto il Paese, "il cui benessere dipende dalla moralità dei suoi abitanti". Davvero, il rispetto di quelle leggi divine che sono "scritte nel cuore dell'uomo" (cfr Rm 2,15) costituisce la condizione indispensabile per la vittoria della giustizia e del bene nelle vicende umane, sia per gli individui che per la stessa società. I cattolici degli Stati Uniti hanno svolto un ruolo significativo nel sostegno dei principi morali della giustizia, della libertà e del rispetto per la dignità e i diritti dell'uomo che sono fondamentali per il bene comune e senza i quali una nazione non può vivere.


3. Fratelli miei, la saggezza del Vescovo Carroll e le lezioni della vostra storia hanno molto da insegnare ai Pastori della Chiesa di ogni epoca. Al passato siete debitori delle salde fondamenta su cui la Chiesa degli Stati Uniti vive e cresce oggi. Come Vescovi, voi siete le "sentinelle" (cfr Ez 3,17ss) scelte dal Signore per custodire quello che avete ricevuto; voi e il vostro popolo dovete anche essere simili a quell'"uomo saggio" del Vangelo che costruisce la sua casa "sulla roccia" (cfr Mt 7,24ss). Ancora, come "servi buoni e fedeli" il Padrone vi chiarna non solo a custodire il dono ricevuto, ma a portare frutti abbondanti e prender parte così alla sua gioia (cfr Mt 25,14ss).

Alcune delle sfide affrontate dal Vescovo Carroll due secoli fa sono ancora oggi attuali. Come Pastori, voi vi preoccupate che i fedeli, in particolare i giovani, siano istruiti adeguatamente in una solida dottrina ed insegnamento morale, e che formino rettamente le loro coscienze; che ci sia un numero sufficiente di sacerdoti ben formati e dediti; che la liturgia della Chiesa, e soprattutto l'Eucaristia, sia celebrata con profonda fede e rispetto; che si raccolgano i fondi necessari per il sostegno della Chiesa e per i poveri; che i cattolici contribuiscano in modo efficace al bene morale e alla nascita culturale della società americana.

A queste si devono aggiungere le sfide particolari del nostro tempo, sia dentro la Chiesa come nel mondo intero. Dal momento che continua l'immigrazione e permangono residui di razzismo, i cattolici sono chiamati a un sempre più profondo amore, rispetto e sollecitudine reciproca nell'unico Corpo di Cristo, così da essere un modello di armonia per tutti. In un mondo che sempre più spesso dimentica le realtà spirituali, voi siete chiamati a una testimonianza profetica del primato di Dio e della vocazione trascendente dell'uomo che sola rivela il significato e lo scopo dell'esistenza. il pluralismo religioso, filosofico ed etico del vostro Paese è un invito a cercare la collaborazione degli altri credenti e di tutti gli uomini di buona volontà nella promozione della dignità e dei diritti della persona, dal momento del concepimento fino alla morte naturale.

Forza e ispirazione per il vostro impegno vi viene dalla stessa fede cattolica.

Come sottolineato nelle vostre lettere pastorali degli ultimi anni, molte grandi questioni del mondo di oggi esigono una profonda riflessione teologica che dia continuità alla grande eredità di insegnamento della Chiesa.


4. Il Vescovo Carroll concludeva la sua prima lettera pastorale con queste esortazioni ai cattolici degli Stati Uniti: "La Chiesa rende (a Maria) questa onorevole testimonianza, che è spesso per il suo patronato che le nazioni mantengono o ricostruiscono l'integrità della fede e della moralità cristiana.

Diamo esempio di questo nel nostro Paese".

E così a Maria, che sotto il titolo dell'Immacolata Concezione è patrona degli Stati Uniti d'America, affido ciascuno di voi, cari, fratelli, e tutti i sacerdoti, i religiosi e i laici della Chiesa del vostro meraviglioso Paese, nella lieta occasione dell'attuale bicentenario. Continui ella a guidare la Chiesa del vostro Paese nel suo pellegrinaggio di fede verso un futuro pieno di abbondanti grazie divine. Con fiducia nella sua materna intercessione e con affezione nel Signore nostro Gesù Cristo, vi imparto di cuore la mia apostolica benedizione.

Dal Vaticano. 28 ottobre 1989.

1989-10-28

Sabato 28 Ottobre 1989




L'incontro con i lavoratori dell'industria e con i loro familiari - Taranto

La dignità della persona e la dignità del lavoro sono i criteri morali di fondo dello sviluppo industriale


Cari amici, fratelli e sorelle.


1. A voi il mio saluto deferente e cordiale. E' stato mio preciso impegno cominciare qui, tra voi, la mia visita pastorale in terra ionica. Siete infatti voi, lavoratori, abitanti di Taranto e della provincia o provenienti da tutta la Puglia, e perfino da varie regioni italiane e dall'estero, il primo motivo della presenza del Papa nella vostra città. In questo momento e da questo stabilimento il mio pensiero va a tutti i lavoratori che, in questa area del sud d'Italia, così provata e pur così ricca di potenzialità, vivono le speranze e le delusioni del lavoro moderno.

Ringrazio per i cortesi indirizzi di saluto che mi sono stati rivolti dai rappresentanti del governo italiano, della direzione aziendale e di tutti i lavoratori. Ho ascoltato con attenzione gli accenni da essi fatti alle difficoltà della situazione presente e alle ansie che si nutrono per il futuro. Sono qui per dirvi che partecipo intimamente a queste vostre preoccupazioni.

Ho seguito giorno per giorno le vicende delle ultime settimane e, pur senza entrare nel merito delle questioni sindacali che sono state all'origine della recente vertenza, desidero esprimere soddisfazione per la soluzione positiva che essa sembra avere finalmente raggiunto. Purtroppo, i problemi che interessano il settore siderurgico sono oggi particolarmente complessi e giustificano le apprensioni che voi manifestate, pensando alle ripercussioni che ogni riduzione di posti di lavoro ha sulle vostre famiglie e sulle prospettive dei giovani, in attesa di inserirsi attivamente nel ciclo produttivo.


2. La Chiesa non può restare indifferente di fronte a questa situazione, che coinvolge tanti suoi figli, ponendo una pesante ipoteca sul loro presente e sul loro futuro. Nella questione sociale entrano sicuramente fattori di ordine economico, tecnico, politico; essa, pero, ha innanzitutto risvolti direttamente umani, che non possono essere posposti agli altri nella ricerca di una soluzione adeguata. Il Papa è qui per ricordarlo a quanti debbono dare il loro contributo all'adozione di opportune misure per fronteggiare la crisi.

Questo stesso intendimento mosse il mio predecessore, Papa Paolo VI, a venire tra voi, vent'anni or sono, quando questo centro siderurgico era in piena espansione. Nel Natale del 1968, fra questi altiforni, egli volle ancora una volta sottolineare con forza la necessità di saldare tra loro il progresso tecnologico e la ricerca della giustizia, nella prospettiva del messaggio di "Gesù, l'operaio profeta, il maestro e l'amico dell'umanità, il Salvatore del mondo" ("Insegnamenti di Paolo VI", VI, [1968] 695). Alcuni tra voi, forse, sono stati presenti allora e possono aiutarci a ricordare quell'evento, che fece di Taranto il podio per lanciare, "come uno squillo di tromba risonante nel mondo", un rinnovato richiamo all'insopprimibile aspetto etico della questione sociale.


3. Cari amici, nella scia del mio grande predecessore, vengo oggi ad incontrarvi, portandovi lo stesso messaggio da parte di Cristo e della Chiesa.

Questo impianto, in cui ci troviamo, e le officine, nelle quali voi lavorate e trascorrete buona parte delle vostre giornate, sono un segno eloquente delle capacità dell'uomo di trasformare la materia prima per adattarla alle proprie necessità. Lo stabilimento, che attualmente impiega circa sedicimila persone, si avvia a celebrare i trent'anni della posa della prima pietra. E' un traguardo che, mentre registra innegabili successi, sollecita opportuni, indilazionabili ripensamenti. Non solo dei metodi operativi e delle strategie di mercato - cosa già in corso con la creazione della Società ILVA - ma anche, e soprattutto, della concezione di sviluppo, a cui ci si è, nel passato, ispirati.

Tuttavia, promuovere la capacità produttiva di un complesso industriale non è tutto, e non è neanche quello che più conta. Il valore e la grandiosità di un impianto di produzione, sia pure così impressionante come è questo vostro, non devono misurarsi unicamente con criteri di progresso tecnologico o di sola produttività e redditività economica e finanziaria, ma anche e soprattutto con criteri di servizio all'uomo e di corrispondenza a ciò che la vera dignità del lavoratore, in quanto immagine di Dio, richiama ed esige.


4. Ora, qual è, da questo punto di vista, la realtà attuale dell'ILVA di Taranto? Vi è, anzitutto, la pesante situazione relativa all'occupazione, aggravata dal ridimensionamento della capacità produttiva dell'impianto, nel quadro di una crisi più generale concernente la produzione dell'acciaio. Vi sono i fenomeni connessi del pre-pensionamento e del ricorso alla cassa integrazione, rimedio, quest'ultimo, parziale e temporaneo in relazione alla mancanza o alla stasi del lavoro. Non mi sfuggono di certo le complesse componenti della crisi siderurgica, che è fenomeno di dimensione internazionale. Non posso pero non rilevare le gravi conseguenze di questa situazione per gli operai stessi e per le rispettive famiglie, che dal loro lavoro traggono il necessario sostentamento.

Vorrei far sapere a quanti vivono tale situazione, uomini e donne, ma in modo particolare ai giovani, i quali non riescono ad inserirsi in un'attività adeguata alla loro preparazione, che sono vicino ad ognuno dei disoccupati e dei cassintegrati, e che porto loro la comprensione e la solidarietà di tutta la Chiesa.

Vi è, inoltre, la grave situazione ecologica, con le sue preoccupanti ripercussioni sulla natura, sul patrimonio zoologico ed ittico e sulla vita quotidiana delle persone. Il campanello di allarme è già scattato, anche qui a Taranto. Occorre ora far si che le decisioni dei responsabili ne tengano conto, cosicché l'ambiente non venga sacrificato ad uno sviluppo industriale dissennato: la vera vittima, nel caso, sarebbe l'uomo; saremmo tutti noi.


5. Quando si tratta di ripensare una situazione come questa, carissimi, due sono i criteri morali di fondo, di cui si deve tener conto.

Il primo è la dignità della persona umana, creata ad immagine di Dio: "L'uomo, infatti, è l'autore, il centro e il fine di tutta la vita economico-sociale" (GS 63).

Il secondo è la dignità stessa del lavoro, che è parte della vocazione dell'uomo chiamato da Dio a realizzarsi e perfezionarsi come persona (cfr LE 4). All'uomo non è dato altro mezzo per sviluppare i talenti e le qualità ricevute, oltre che per guadagnarsi la vita.

Ora, tutto questo significa che il lavoro deve essere considerato non solo come potenziale fonte di beni economici, ma anche come occasione di arricchimento spirituale in un processo di crescita verso la pienezza della propria auto-realizzazione.

Per i lavoratori, ciò implica l'impegno morale di adempiere nel migliore dei modi il proprio compito, nella consapevolezza non solo dei propri diritti, ma anche dei propri doveri. Per coloro nelle cui mani è il potere di decidere - dirigenti aziendali, operatori economici, politici - ciò significa che il valore del lavoratore e la dignità del suo lavoro debbono prevalere nelle decisioni, anche e soprattutto in momenti di crisi. Sono gli uomini e non i numeri che contano.


6. E' vero che le decisioni circa le finalità e le dimensioni dei complessi industriali e dell'indotto devono oggi essere nel contesto di una pianificazione economica che va ben oltre i limiti della singola città e dell'intero paese: effetto, questo, dell'interdipendenza sempre più stretta, in cui ormai si svolgono i rapporti economici, commerciali e finanziari nel mondo ed in particolare in Europa.

Ma tale interdipendenza ha un risvolto morale di grande valore: quello della solidarietà, che nell'enciclica "Sollicitudo Rei Socialis", ho definito come "la determinazione ferma e perseverante di impegnarsi per il bene comune, per il bene di tutti e di ciascuno" (38). Questa, in realtà, è la strada per rimediare agli effetti del ridimensionamento. Ciò che non si può mantenere perché l'equilibrio dell'insieme non lo permette, deve venire adeguatamente compensato in altri modi e, magari, in altri ambiti industriali, per servire al bene di tutti, ed in particolare a quello dei più deboli, come i disoccupati, i cassintegrati e quanti cercano il primo impiego.

Le nuove circostanze richiedono da tutti uno sforzo di rinnovata analisi e di creatività, affinché agli uomini e alle donne di Taranto vengano offerte nuove possibilità di lavoro, possibilmente più confacenti alla realtà ambientale in cui essi vivono: le industrie del cosiddetto terziario, ma anche un'agricoltura rinnovata e tutto ciò che può gravitare intorno alla ricchezza del mare.


7. Cari amici, concludo con un augurio di pace e di giustizia, radicato nella buona volontà e nel dialogo costruttivo, illuminato dall'insegnamento sociale della Chiesa e dalle tradizioni di equilibrio e laboriosità della gente del Sud.

So che ogni anno, soprattutto a Natale e a Pasqua, amate realizzare voi stessi un altare e preparare un ambiente in cui radunarvi con l'Arcivescovo, con i vostri cappellani, e spesso anche con giovani del seminario e delle parrocchie vicine. In quell'occasione vi riconciliate scambiandovi gli auguri e la pace, vi alimentate alla sorgente della giustizia e della solidarietà che è Cristo, vi ricordate di chi più soffre e pregate anche per coloro che ci hanno lasciati, a volte in modo drammatico o prematuro.

Il Papa, che oggi condividerà la vostra mensa aziendale, vuole dirvi la sua gioia per questo evento che gli consente di sentirsi idealmente ospite anche delle vostre famiglie, in mezzo ai vostri figli, ai vostri nipoti e ai vostri anziani, soprattutto ai vostri malati.

Questa mensa sarà inoltre, per me e per voi, simbolo vivo di quell'altra mensa, quella eucaristica, nella quale Cristo, donandosi a noi sotto le specie del pane, fa di tutti noi una cosa sola in lui. Sia egli sempre in mezzo a voi, a sostenere il vostro lavoro, ad alimentare le vostre speranze di una vita migliore, a cementare la vostra solidarietà.

E con lui sia Maria, come a Cana, a dirvi di far sempre ciò che egli vi dirà (cfr Jn 2,5). E ci sia sempre anche san Giuseppe, patrono dei lavoratori, al quale, proprio qualche giorno fa, ho dedicato un particolare documento, scrivendo tra l'altro: "Grazie al banco di lavoro presso il quale esercitava il suo mestiere insieme con Gesù, Giuseppe avvicino il lavoro umano al mistero della redenzione" ("Redemptoris Custos", 22): egli vi ottenga dal Signore i doni che attendete per voi e per le vostre famiglie.

Su tutti e su ciascuno invoco la benedizione del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.

1989-10-28

Sabato 28 Ottobre 1989




La visita alla "Cittadella della Carità" - Ai fedeli riuniti, Taranto

"La "Cittadella della Carità" è un atto di coraggio, un monumento alla vostra sensibilità umana e cristiana"


Carissimi fedeli!


1. Incontrandomi con voi in questa Cittadella della Carità, non posso non esclamare: "Ecce quam bonum et quam iucundum habitare fratres in unum! - Che cosa buona e lieta che i fratelli si trovino insieme!". Si, che cosa buona e lieta essere riuniti qui, in un luogo, il cui solo nome è un messaggio e un programma: Cittadella della Carità! Cioè una città, una casa fondata sulla carità, fortificata dalla carità, propugnatrice della carità.

Con questi sentimenti vi saluto tutti con grande affetto: innanzitutto il venerato fratello Guglielmo Motolese, Arcivescovo emerito di questa diocesi, il quale nel 1983, quasi a suggello dell'anno santo e del suo lungo e fecondo Episcopato tarantino, lancio un grande appello alla solidarietà verso i più bisognosi e diede l'avvio a questa coraggiosa iniziativa. Saluto con lui l'attuale Arcivescovo, monsignor Salvatore De Giorgi, e tutti i benefattori e collaboratori nella realizzazione di quest'opera.

Saluto, poi, con profonda benevolenza gli ospiti della cittadella, il personale e i volontari, che qui prestano il loro servizio, come pure gli ammalati delle diverse parrocchie e gli accompagnatori dell'UNITALSI, i membri del centro volontari della sofferenza e del movimento apostolico non-vedenti.

Infine, il mio pensiero particolarmente affettuoso va a tutti i ragazzi delle scuole catechistiche parrocchiali, qui convenuti, e ai fedeli di questo quartiere "Paolo VI", inaugurato dal mio venerato predecessore nella notte di Natale del 1968.


2. La "Cittadella della Carità" è un'opera che fa onore a Taranto; è un atto di coraggio, un monumento alla vostra sensibilità umana e cristiana! Quando sarà completata, come sono stato informato, essa comprenderà varie strutture per l'assistenza agli anziani soli e bisognosi, alle persone non autosufficienti, ai malati di lunga degenza ed anche ai sacerdoti anziani. La cittadella ha in programma ancora l'accoglienza di persone emarginate e nullatenenti come pure una comunità per il recupero di tossicodipendenti. Sono, inoltre, previsti una scuola di formazione al volontariato e un centro di studi sull'emarginazione.

Tutta questa complessa struttura è coordinata dai vari servizi generali e particolari, che la rendono tecnicamente efficiente ed accogliente.

Di fronte ad una iniziativa così articolata e lungimirante, sgorga spontanea una parola di sincero plauso a chi ne è stato l'ideatore ed ai tanti benefattori, che hanno già reso possibile l'apertura del primo nucleo.

La gara di generosità in cui si stanno impegnando singoli fedeli ed enti pubblici dimostra la validità dell'opera e la bontà dei vostri animi.

Certo, è preferibile che ogni famiglia curi ed assista nel focolare domestico i propri cari, anziani o malati; ma a volte, purtroppo, ciò non è possibile. La "Cittadella della Carità", allora, viene incontro sicura di poter contare ancora sul "cuore" di Taranto. Una sicurezza fondata sulla Parola di Dio, che dichiara beato l'uomo che si prende cura del debole (cfr Ps 41[40],2).

La mia parola di incoraggiamento va in modo speciale ai volontari, che prestano in vari modi il loro servizio, sia in questo luogo sia nelle diverse associazioni, coordinate dalla commissione diocesana per la pastorale sanitaria.

Sapendo che "la carità non avrà mai fine" (1Co 13,7), continuate con grande generosità e delicatezza il vostro servizio. Servite l'uomo col cuore di Cristo, servite Cristo nell'uomo che soffre. Alla scuola dei poveri, sull'esempio di Maria, imparate a chiedere e a donare i primi "frutti dello Spirito", che sono carità e gioia, pace e pazienza (cfr Ga 5,22).


3. Rivolgendo ora il mio pensiero a voi, cari anziani e malati, vi esprimo la mia viva comprensione per le vostre sofferenze e vi assicuro il costante ricordo nella preghiera. Voglio anche esortarvi ad essere sempre sereni e fiduciosi, ben sapendo che l'intera storia dell'umanità fa parte di un disegno d'amore, eterno e provvidenziale, del Padre. Ogni sofferenza, per quanto dolorosa e difficile da sopportare, trova nella Pasqua di Cristo, la sua funzione salvifica. La malattia è una sapiente maestra per tutti gli uomini! Confidate, quindi, sempre nello Spirito del Signore e in Maria santissima! La recita del rosario vi accompagni e vi consoli! Pregate anche per la Chiesa, per i sacerdoti e per le vocazioni sacerdotali e religiose! Pregate per l'umanità intera! Colgo l'occasione per estendere la mia esortazione anche a coloro che, nelle strutture sanitarie pubbliche, sono a servizio dei malati e conoscono l'arte di curare e guarire: sappiano essi esercitare anche l'arte di consolare e confortare! Nella società odierna si è un po tutti tentati dalla fretta e dall'individualismo; occorre reagire, specialmente, quando davanti a noi c'è un fratello reso debole dall'età o dalla malattia. Grazie alla formazione etica e professionale, l'operatore sanitario deve affinarsi spiritualmente, nella convinzione che "non la scienza, ma la carità trasforma il mondo", secondo la lezione di quel medico santo del Sud, Giuseppe Moscati, che io stesso ho avuto la gioia di iscrivere nell'albo dei santi due anni fa.


4. In questo nostro incontro lasciate, ora, che mi rivolga anche agli alunni del catechismo ed ai loro insegnanti, ai genitori ed ai parroci. Anzitutto a voi, alunni, va il mio saluto affettuoso e il mio incoraggiamento ad arricchire la scuola di catechismo con l'ardore dello studio, la varietà dei vostri interessi, l'assiduità della vostra presenza. Amate il catechismo come il momento più bello delle vostre giornate! E' Gesù che, in esso, vi parla, come già ai piccoli della Palestina: ascoltate la sua parola, seguite i suoi insegnamenti, restategli accanto come all'amico più grande e più vero. Sono poi a conoscenza dell'impegno generoso con cui nelle parrocchie si è svolta l'opera fondamentale dell'istruzione religiosa. Nelle difficoltà dei tempi attuali, risuonano più forti le parole del divin Maestro al Padre: "Questa è la vita eterna: che conoscano te, unico vero Dio, e colui che hai mandato, Gesù Cristo" (Jn 17,3). La promozione di tale "conoscenza" impegna tutta la Chiesa diocesana. Bisogna, pertanto, curare con assiduità la formazione dottrinale e morale dei catechisti e delle catechiste, particolarmente con le scuole vicariali, in modo che ogni insegnante sia davvero maestro qualificato e testimone autentico di vita cristiana.

Nell'incoraggiare il lavoro di ogni parrocchia, vi invito a cercare sempre l'unità attraverso utili direttive diocesane circa l'età e la preparazione ai sacramenti dell'iniziazione cristiana, in modo che essi siano veri momenti di approfondimento e di maturazione, tappe di un cammino spirituale, ecclesiale e sociale. Tutto questo lavoro porterà frutti più duraturi se crescerà l'istruzione religiosa nel periodo giovanile e nell'età adulta, con un maggiore e più responsabile coinvolgimento dei genitori nel cammino di fede dei propri figli.


5. Voglio rivolgere, infine, un pensiero particolare agli abitanti del quartiere "Paolo VI". Il nucleo iniziale delle famiglie di lavoratori dell'area siderurgica è, oggi, di gran lunga cresciuto rispetto al Natale 1968; ormai la zona abitata si è estesa in più direzioni e, con tenacia e fatica, si cerca di provvederla di strutture sociali e di condizioni ambientali indispensabili per una comunità in crescita. Il ritorno del Papa in mezzo a voi dica la concreta attenzione con cui la Chiesa desidera vedervi circondati da tutti, ma anche l'esigente fiducia che il Papa ripone in voi.

I problemi che vi assillano sono tanti, ma non perdetevi d'animo! Ognuno si impegni per rendere sempre più umano e cristiano l'ambiente in cui vive. Molte indubbiamente sono le necessità nel campo sociale, culturale, ricreativo: di gran cuore auspico che si venga incontro ad esse con tempestività e sensibilità.

Tuttavia, il fondamento di una vita civile serena e dignitosa sta nell'amore vicendevole e nel dialogo costruttivo, ispirati da quella carità che "non cerca il proprio interesse... non gode dell'ingiustizia, ma si compiace della verità" (1Co 13,5-6). Essenziale è che ognuno cerchi ogni giorno di essere più buono, e quindi più coerentemente cristiano; essenziale è che cerchi di aiutare, di soccorrere gli altri nelle necessità. Il resto viene di conseguenza, e il Signore benedirà i vostri propositi e i vostri sforzi.


6. Carissimi! Lo stemma della "Cittadella della Carità" riproduce la figura del pellicano, che secondo l'antica iconografia rappresenta l'amore sacrificale di Gesù, il redentore, che dà il suo sangue e la sua carne come nutrimento e riscatto degli uomini.

E' un simbolo molto significativo: portatelo spiritualmente impresso nei vostri animi.

Questo incontro sia per tutti voi uno stimolo potente a credere sempre di più nella Parola di Cristo, ad amare e servire sempre meglio nel suo nome! Con questi voti vi imparto di cuore la mia benedizione.

1989-10-28

Sabato 28 Ottobre 1989




L'incontro con le maestranze dell'arsenale e con i loro familiari - Taranto

Le prospettive di pace verso il Medio Oriente e verso l'Africa sollecitano una risposta unita delle forze militari e di quelle sociali


Cari fratelli e sorelle!


1. Nel corso della mia visita pastorale all'arcidiocesi di Taranto, non poteva mancare questo incontro con la realtà, antica e poliedrica, dell'arsenale della marina militare.

Ringrazio le autorità militari, civili e religiose, che mi hanno accolto, e in particolare l'ammiraglio in capo del dipartimento dello Ionio e del canale d'Otranto, che mi ha rivolto il saluto anche a nome del personale civile e militare di terra e di mare. Un grazie cordiale, poi, all'operaio che ha dato voce ai sentimenti e alle attese di quanti lavorano in questo complesso.


2. Cari amici, è un incontro, il nostro, che avviene in un momento particolarmente significativo per la vita e le prospettive del nostro stabilimento e della città, ad esso intimamente collegata. Il primo centenario dell'avvio di questo singolare e fecondo rapporto mi sembra un'occasione preziosa per un bilancio sereno e costruttivo, che impegni tutti voi a prendere in considerazione il prima e il dopo, la situazione precedente della cittadina ottocentesca e il futuro globale del capoluogo ionico, chiamato in questi cento anni a svolgere un ruolo sempre più determinante per lo sviluppo delle relazioni economiche e culturali non solo della regione, ma anche del Paese e della intera area mediterranea.

Alla Taranto delle barche e delle nasse, che aveva la sua culla e, in un certo senso, ha ancora il suo riferimento principale nella città vecchia, si è affiancata una Taranto nuova, industriale e commerciale, tuttora alla ricerca di una fisionomia unitaria. Da circa vent'anni, poi, anche Taranto nuova - il borgo - non sembra più rispondere alle accresciute esigenze della città, sicché nuovi quartieri vanno affiancandosi in direzione nord e verso est. Per questo l'arsenale rientra ormai di fatto - e non solo per motivi cronologici - nella zona storica della città.


3. Carissimi, nel volgere uno sguardo retrospettivo al cammino compiuto dalla vostra amata città, ho accennato al successivo "affiancarsi" di realtà nuove al nucleo iniziale, ben sapendo che voi tutti siete alla ricerca di qualcosa di più profondo: sentite il bisogno di una vera integrazione delle novità di questi anni con le dimensioni peculiari del popolo tarantino, perché si realizzi una convivenza sociale veramente armonica e arricchente.

Questa aspirazione sta a cuore a tutti i tarantini, vorrei dire ai "cataldiani", le cui radici affondano nell'antico tessuto socio-religioso dell'isola, ma anche a quei cittadini delle recenti generazioni, qui trasferitisi a poco a poco per motivi di lavoro.

Ed è un'aspirazione altrettanto viva nelle varie migliaia di militari, di carriera e di leva, che vivono per periodi più o meno lunghi in questa città, affrontando si disagi di adattamento, ma spesso anche legandosi stabilmente ad essa.


4. Come è possibile conseguire questo "di più", a cui tutti aspirate? La domanda è importante ed attende una risposta. Proviamo a riflettere insieme.

Per muoversi verso un simile traguardo sembra innanzitutto necessario imparare a riconoscere, nella vostra storia, il contributo che ogni realtà locale ha dato e ricevuto, senza nascondersi eventuali lacune. Come non ricordare, qui, il grande influsso dell'arsenale nella crescita economica e nella formazione professionale, oltre che civica ed etica, di intere generazioni di Tarantini? E come non ricordare, d'altro canto, la preziosa risorsa umana - oltre che ambientale - che la città e la provincia hanno offerto al Paese, mediante questo arsenale, anche in ore drammatiche del recente passato? Siamo di fronte ad una reciprocità diventata ormai cultura, dato incancellabile.

In secondo luogo, è necessario che tutte le realtà ioniche vogliano progettare insieme il loro futuro, senza esclusivismi autolesivi, ma anche senza confusioni gratuite. Nell'enciclica "Sollicitudo Rei Socialis", parlando dello sviluppo dell'uomo e della società, ho mostrato che esso si rivolge contro l'uomo ed il bene comune, quando sia non solo influenzato in modo distorto dalle manipolazioni dirette, ma anche sviato dalle omissioni e dalla mancata attenzione alle responsabilità personali (SRS 36). E' per questo che, mentre auspico dalle autorità competenti, nazionali e locali, l'urgente definizione di progetti capaci di diversificare l'economia ionica e di creare nuovi posti di lavoro, a tutti chiedo una coraggiosa diversificazione morale, una svolta capace di difendere da ogni attentato e deformazione la dignità del lavoro umano ed il senso sociale di ogni posto di lavoro. Sappiamo bene che, specialmente nei momenti di crisi, è più amara, oltre che moralmente indegna, ogni forma di corruzione e di clientelismo, a qualsiasi livello ed in qualsiasi istituzione avvenga.

Infine, miei cari, oltre a questi problemi locali, è necessario interrogarsi sul tipo di relazioni che siete storicamente chiamati a tessere in campo nazionale ed internazionale, non dimenticando, ma anzi rendendovi più consapevoli dei valori genuini della vostra tradizione. Le odierne prospettive di pace e di solidarietà, rivolte verso il Medio Oriente, verso l'Africa o verso qualsiasi altra direzione, sollecitano da Taranto una risposta unita, anche se distinta, delle forze militari, patrimonio di tutto il Paese, e di quelle sociali, espressione specifica della crescita della città.

Quell'olivo, che stasera benediro nella vostra cappella, vi ricordi questa triplice consegna di pace: pace, innanzitutto, all'interno della realtà molteplice dell'arsenale tra civili e militari, tra statali e privati, tra residenti e imbarcati, tra ufficiali, sottufficiali e reclute; pace, poi, tra l'arsenale e la città, per cercare insieme vie nuove e sane di collaborazione, capaci di arginare le devianze e di costruire il bene comune; pace, infine, come vocazione che tutte le realtà del golfo di Taranto hanno nei confronti del Mediterraneo e del mondo intero. Un olivo che metto idealmente tra le cose a me più care, come richiamo della pacifica Puglia e del terribile 1° settembre di cinquant'anni fu. Quell'olivo vi impegna a "ricavare una lezione da quel passato" ed a collaborare perché mai più si rinnovi quel "fascio di cause", che innesco i tristissimi eventi di allora (cfr. "Mi hai gettato nella fossa", Lettera Apostolica in occasione del 50° anniversario dell'inizio della Seconda Guerra Mondiale, 2).


5. Vi affido ancora un'esortazione, carissimi, per la ricerca di quel "di più" personale e sociale, di cui vi parlavo prima.

Il vostro lavoro in arsenale è multiforme: ogni giorno qui si incontrano e si armonizzano competenze diverse, della mano e della mente. Potessi girare con calma nei vostri reparti! Potessi seguirvi da vicino nei vostri viaggi da un paese all'altro! Certamente avrei la possibilità di ammirare sul nascere la varietà e bellezza delle vostre opere! Dall'idea generale al disegno dettagliato e alla realizzazione finale: quale contributo di genialità umana, accresciuto da tecnologie dell'avanguardia! Cari amici, questa vostra attività, tecnica ed artistica, specifica e collegiale insieme, mi fa pensare ad una significativa pagina della Bibbia sul rapporto tra abilità nel lavoro e sapienza nel vivere. Leggiamo nel libro del Siracide che "sarebbe impossibile costruire una città, abitare e circolare in essa, senza l'opera di quanti sono esperti nel proprio mestiere" ed "hanno fiducia nelle proprie mani". Ma tutto ciò non basta. E' necessaria - aggiunge l'autore sacro - l'opera di chi "indaga la sapienza di tutti gli antichi, viaggia tra genti straniere investigando il bene e il male in mezzo agli uomini e medita la legge dell'Altissimo" (cfr ).

Ecco, miei cari, una via maestra, per tutti i lavoratori, in ogni tipo e ambiente di lavoro: il "di più" personale e sociale è frutto di questa sintesi tra lavoro delle mani e saggezza della mente e del cuore. Essa è insieme frutto della vostra ricerca, e dono dell'Altissimo. Senza di essa la vita è povera ed il contributo dato alla costruzione della città dell'uomo rimane superficiale e caduco.

Questo vi augura il Papa: che tutti sperimentiate la saggezza di questo "di più" che viene dalla fede in Cristo e troviate nella Chiesa quella "casa in festa" nella quale si ritrovino unite tutte le vostre famiglie e tutta la vostra cara città. Questa realtà di comunione una volta sperimentata, ci proietta oltre il tempo, verso la comunione perfetta del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.

Con questi sentimenti ed auspici imparto a tutti di cuore la mia benedizione.

1989-10-28

Sabato 28 Ottobre 1989





GPII 1989 Insegnamenti - Lettera che verrà consegnata dal Cardinale Agostino Casaroli durante una Santa Messa nel bicentenario della diocesi di Baltimora - Ai Vescovi degli Stati Uniti d'America, Città del Vaticano (Roma)