GPII 1989 Insegnamenti - L'omelia della concelebrazione eucaristica - Taranto


1. "Dio è spirito, e quelli che lo adorano devono adorarlo in spirito e verità" (Jn 4,24).

Sono parole del Vangelo appena proclamato. Gesù parla con una donna samaritana al pozzo di Giacobbe. A poco a poco la introduce nel mistero della sua Persona e della sua missione. Egli è il Cristo, il Messia e la sua missione è collegata con il tempio. Il Messia infatti, è colui che apre davanti all'umanità le prospettive della salvezza. Le prospettive dell'unione con Dio. Ogni uomo è chiamato ad adorare l'eterno Padre.

Qui sorge la domanda: quale tempio è destinato a tale scopo? Quello samaritano sul monte Garizim? Oppure quello di Salomone a Gerusalemme? Gesù risponde alla Samaritana: "Voi adorate quel che non conoscete, noi adoriamo quello che conosciamo, perché la salvezza viene dai Giudei. Ma è giunto il momento ed è questo, in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità, perché il Padre cerca tali adoratori" (Jn 4,22-23).


2. Fratelli e sorelle della Chiesa di Taranto, lasciamo che queste parole di Cristo parlino a noi tutti, in particolare nel giorno in cui ricordiamo, nella liturgia, l'anniversario della consacrazione della vostra antica Basilica-cattedrale, dedicata all'Assunta e a san Cataldo. Proprio in quell'amato tempio ho concluso ieri sera la mia prima giornata tarantina. Vi ho incontrato le giovani coppie nel contesto più eloquente del vostro passato di popolo cristiano.

Ho incontrato, dunque, il passato ed il futuro di questa comunità, mirabilmente armonizzati da quell'edificio.

Ora la liturgia ci ricorda la consacrazione del santuario dell'antica alleanza, del tempio di Salomone a Gerusalemme.

Durante la cerimonia il re prega così: "Ma è proprio vero che Dio abita sulla terra? Ecco, i cieli e i cieli dei cieli, non possono contenerti, tanto meno questa casa che io ho costruita!" (1R 8,27).

Salomone è consapevole dell'assoluta trascendenza di Dio. Colui che è, Jahwè, non può essere racchiuso da alcuno spazio creato. E' invece lui stesso che abbraccia tutto. "In lui infatti viviamo, ci muoviamo ed esistiamo", come dirà un giorno Paolo di Tarso davanti all'areopago di Atene (Ac 17,28).

Si! Dio abbraccia e penetra nell'intimo di ogni cosa. E perciò Salomone osa chiedere che Dio infinito si degni di compenetrare questo luogo costruito per lui da Israele, il suo popolo eletto.

Questo è "il luogo di cui ha detto: Li sarà il mio nome" (1R 8,29).

Ecco il luogo della preghiera umana sulla terra, dell'intimità con Dio: "Ascolta la supplica del tuo servo e di Israele tuo popolo... ascoltali dal luogo della tua dimora, dal cielo; ascolta e perdona" (1R 8,30).


3. Rileggiamo questa preghiera di Salomone pensando alla vostra cattedrale. Il re di Israele ha reso davvero testimonianza alla verità su Dio. La sua preghiera si è avvicinata al contenuto delle parole che, molti secoli dopo, dirà Gesù: "Dio è spirito, e quelli che lo adorano devono adorarlo in spirito e verità".

Tuttavia le parole di Cristo vanno oltre. Da dove nascono i veri adoratori? Come si può adorare in spirito e verità Dio, che è spirito assoluto? Tutto questo diventa possibile, ma non per opera dell'uomo, non grazie al genio umano, fosse pure il più grande.

Tutto questo diventa possibile unicamente per opera della pietra angolare che è Cristo. Lui, unico nella storia dell'umanità dall'inizio alla fine, è uno col Dio infinito; egli è il Verbo-Figlio, della stessa sostanza del Padre.

E' Dio con la verità del suo essere Figlio, soprattutto con il sacrificio redentore della sua Croce e Risurrezione.

"Ecco io pongo in Sion una pietra angolare" (1P 2,6). Grazie alla potenza di questa pietra, l'adorazione del Dio infinito in spirito e verità si estende a tutti gli uomini redenti. Tutti diventiamo come pietre vive del tempio nel quale - insieme con Cristo - viene prestata adorazione in spirito e verità.

Infatti tutti siamo stati battezzati nello Spirito Santo. Tutti ci siamo dissetati a questo Spirito.


4. Ed ecco noi, pietre vive, professiamo questa verità sulla nostra vita nuova, sul nostro essere in Cristo, pietra angolare, sul fatto di essere compenetrati dallo Spirito della Pasqua e della Pentecoste.

Professiamo una verità che rendiamo manifesta mediante ogni tempio, ogni chiesa visibile che innalziamo sulla terra.

In modo particolare la manifestiamo mediante la cattedrale, di cui oggi celebriamo l'anniversario della consacrazione.

La cattedrale riflette il mistero di Dio che è in noi: ecco noi veniamo impiegati "come pietre vive per la costruzione di un edificio spirituale, per un sacerdozio santo, per offrire sacrifici spirituali graditi a Dio, per mezzo di Gesù Cristo" (1P 2,5).


5. Sii benedetta, cattedrale del Popolo di Dio nella città di Taranto! Ti chiamano benedetta le generazioni che qui sono passate durante i secoli.

Tutti costoro hanno vissuto la gioia di cui parla il salmista: "Quale gioia, quando mi dissero: / "Andremo alla casa del Signore". / E ora i nostri piedi si fermano / alle tue porte, Gerusalemme! / Gerusalemme è costruita / come città salda e compatta. / Là salgono insieme le tribù, / le tribù del Signore, / secondo la legge di Israele, / per lodare il nome del Signore" (Ps 122,1-4).

Posta in mezzo alle case, tra vie strette che tradiscono povertà e intimità, bisogno di difesa e ricerca di comunione, la vostra cattedrale racconta anche oggi, ai fedeli ed ai turisti, l'impatto della fede cristiana con il paganesimo, come pure l'incontro fra l'Oriente e l'Occidente cristiano, tra il mondo greco e il mondo latino.

Come le numerose altre chiese sorelle di Puglia, la vostra cattedrale, unica a ritrovarsi su di un'isola, è stata faro di luce per i fedeli di ogni generazione: - col suo battistero è stata ed è lavacro dell'uomo nuovo, icona del Risorto; - con le sue navate austere e semplici si è fatta e si fa eco fedele di quella Parola che "è utile per insegnare, convincere, correggere e formare alla giustizia" (2Tm 3,16) ogni popolo e cultura; - con le cappelle dell'Eucaristia e di san Cataldo è microcosmo di società e di Chiesa, comunità di santi e di peccatori chiamati alla pienezza dell'amore e del dono.


6. Sii benedetto, tempio del Popolo di Dio, cattedrale del Vescovo, madre delle Chiese dell'arcidiocesi.

Quanto grande è il tuo valore nei nostri tempi! Sei tu, tempio del Dio vivente, a parlare agli uomini di oggi, chiunque essi siano. Tu parli di Dio che abbraccia ogni cosa. Questo Dio è, nello stesso tempo, in noi. Egli è la pietra angolare della nostra esistenza nello spazio e nel tempo. Nel mondo dominato dalla temporaneità, nel mondo sottomesso all'esperienza sensibile e alla caducità, rivolgi una incessante chiamata ad ogni uomo: la chiamata ad adorare in "spirito e verità". La chiamata dell'amore e della vita eterna. La chiamata indirizzata ai "veri adoratori".

Sii benedetto, tempio, che sei il segno della nuova ed eterna alleanza in Gesù Cristo! Ecco, in lui, mediante la potenza dello Spirito Santo, noi siamo qui, in questo luogo come "sacerdozio regale, nazione santa, popolo che Dio ha acquistato perché proclamiamo le opere meravigliose di lui che ci ha chiamati dalle tenebre alla sua ammirabile luce" (cfr 1P 2,9).

Chiesa che sei in Taranto, riscopri oggi, con gioia rinnovata, la tua vocazione a proclamare davanti al mondo le "opere meravigliose" di Dio.

Riscopri la tua vocazione e impegnati ad adempierla. Iddio sia con te! Amen.

1989-10-29

Domenica 29 Ottobre 1989




La meditazione prima della preghiera mariana dell'Angelus - Ai fedeli riuniti, Taranto

"Come Maria, non temere, Chiesa santa di Taranto!"


"Ne timeas, Maria" (Lc 1,30).


1. "Non temere Maria!".

Carissimi fratelli e sorelle, queste parole, rivolte dall'angelo Gabriele alla Vergine Maria, fanno da cornice alla scena dell'Annunciazione, riprodotta nella vostra concattedrale. Alla fine del misterioso dialogo di fede col messo divino, Maria dichiara: "Eccomi, sono la serva del Signore! - "Ecce ancilla Domini!"" (Lc 1,38). Collocandomi idealmente davanti a quell'Immagine, nel posto che nel vostro tempio è riservato al successore di Pietro, desidero ripetere ora l'antica preghiera dell'"Angelus".


2. Lo faccio con voi qui presenti e con tutti i fedeli della vostra arcidiocesi profondamente mariana; lo faccio pensando ai titoli di lode, riservati alla beata Vergine dai vostri avi, ed alle invocazioni che dalle loro labbra sono tanto spesso salite verso di lei. In quelle espressioni, oltre alla storia di ieri, imparate a leggere anche le indicazioni per il vostro futuro.

Con i fedeli di Taranto città le attribuiamo i titoli dell'Immacolata e del Carmine, della Addolorata e del rosario; con gli abitanti di Martina e di Pulsano invochiamo la "Salus Infirmorum", speciale protettrice in ogni malattia; alla "Stella maris" affidiamo i pescatori e la gente del mare. Da Grottaglie e da San Marzano, da Lama e da Crispiano, da Talsano, Carosino e Monteparano, da ogni centro della Chiesa tarantina raccogliamo le note di questa concorde devozione verso la "Madre del Redentore".


3. Alla sua guida materna desidero affidare il cammino della vostra comunità, perché cresca nella fede e nella carità. Maria, che raccolse l'invito a non temere e rispose con un si senza riserve, aiuti i sacerdoti e i laici di Taranto a vincere ogni timore. Con la sua intercessione ed il suo esempio, Maria vi renda attenti e docili allo Spirito, testimoni liberi e gioiosi della "buona notizia", servi umili e coraggiosi dei vostri poveri e dei vostri piccoli. Come prima discepola e missionaria del suo Figlio Gesù, ella vi renda pronti e generosi nella vostra testimonianza cristiana, protesa non soltanto a conservare una incomparabile eredità di valori religiosi, ma ad irradiarla altresi verso altre terre ed altri fratelli.

Come Maria, dunque, ""ne timeas!" - Non temere!", Chiesa santa di Taranto! Il Signore è con te! Il Signore sia con te, sempre! [Prima della recita della preghiera il Santo Padre ha così parlato:] Desidero, ora, rivolgere un particolare saluto ai rappresentanti delle comunità italo-albanesi, che sono qui convenuti da San Marzano di San Giuseppe e da altre parrocchie di questa arcidiocesi.

Mi congratulo con voi, cari fratelli e sorelle, per l'impegno nel custodire con amore la lingua e le tradizioni dei vostri padri.

A voi, membri di quel nobile popolo, che nel corso della storia ha saputo difendere la sua identità culturale e la sua fede religiosa anche a costo di numerosi sacrifici e tribolazioni, va il mio pensiero affettuoso e benedicente, con l'augurio che possiate vivere in pace e in concordia con tutti i vostri fratelli.

1989-10-29

Domenica 29 Ottobre 1989




Ai sacerdoti, ai religiosi, alle religiose e ai laici impegnati - Taranto

Siate anche voi interpreti attenti e generosi degli aneliti di giustizia e di pace di questo amato mezzogiorno d'Italia


Carissimi presbiteri, religiosi, suore e laici della Chiesa di Dio che è in Taranto!


1. A tutti voi il saluto della pace e della grazia di Cristo: pace nella carità e nella fede, nella piena comunione ecclesiale.

Con l'apostolo Paolo, anch'io "ringrazio il mio Dio ogni volta che mi ricordo di voi, pregando sempre con gioia per voi, a motivo della vostra cooperazione alla diffusione del Vangelo" (Ph 1,3-5).

Vi saluto tutti. In particolare rivolgo il mio pensiero al diletto fratello, monsignor Salvatore De Giorgi, vostro Arcivescovo, ed al suo predecessore nel servizio pastorale dell'arcidiocesi tarantina, monsignor Guglielmo Motolese. L'uno e l'altro, testimoni di un costante ed instancabile donarsi a questa comunità, per l'approfondimento della fede e l'aggiornamento della vita pastorale, di fronte alla rapida crescita della realtà ionica in questi ultimi anni.

In questa concattedrale, simbolo della vostra vocazione a fare della società in cammino "un cuor solo e un'anima sola", incontro tutti voi che operate, con diverse responsabilità ma con solidale condivisione dell'ansia apostolica, al servizio della comunità diocesana, consapevoli delle richieste dell'oggi nel solco della tradizione cristiana di questo popolo. Ed è un incontro tanto significativo perché la vostra concattedrale, con idea geniale e tanto eloquente, racchiude anche una cattedra per il Papa.


2. Mi è gradito rivolgere il pensiero anzitutto alla figura del santo patrono della vostra arcidiocesi, san Cataldo, tanto amato ed onorato da tutta la comunità.

La tradizione lo ricorda proveniente dall'Irlanda, pellegrino di Terrasanta. Fatto Vescovo di Taranto. getto le fondamenta di questa Chiesa, predicandovi la vera fede.

La sua testimonianza, resa significativa dalla permanenza nella terra di Cristo, nel desiderio di rivivere i misteri della sua vita e di ripercorrere la storia del suo amore salvifico, anche oggi sottolinea come il cammino di ogni comunità ecclesiale debba rifarsi sempre al ministero apostolico, operando in continuità con il mandato del Signore: "Avrete la forza dello Spirito Santo, che scenderà su di voi e mi sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samaria e fino agli estremi confini della terra" (Ac 1,8). Il vostro patrono san Cataldo vi riporta, dunque, al senso autentico della Chiesa particolare: in ogni diocesi "è veramente presente e agisce la Chiesa di Cristo, una santa, cattolica e apostolica" (CD 11).

Anche voi desiderate incontrare il Signore nel vostro viaggio terreno, e ripercorrere i passi della sua vita. Come gli antichi pellegrini, dopo aver riconosciuto le testimonianze storiche del Figlio di Dio incarnato, se ne facevano missionari, anche voi dovete proclamare alle nuove generazioni che Gesù è risorto.

La misericordia di Dio, rivelatasi nel Redentore, vi chiama ad un cammino di conversione e di apostolato. Come membri della Chiesa di Taranto, voi siete un popolo pellegrinante sulle orme di san Cataldo; come membri della Chiesa universale, siete popolo nato dall'esodo pasquale di Cristo Signore. Nella forza dello Spirito Santo, siete perciò chiamati tutti alla santità specifica del vostro servizio alla Chiesa e all'uomo.


3. Ecco, allora, miei cari, che cosa dà motivo di gioia al Papa: la vostra cooperazione nella diffusione del Vangelo, specialmente attraverso la pastorale vocazionale e giovanile.

La preoccupazione di evangelizzare i giovani sta come alla base di tutte le iniziative ecclesiali. Voi dovete portare la gioia e la speranza della fede nel cuore e nell'intelligenza delle generazioni giovanili. Voi lavorate per la Chiesa tutta, per il suo futuro. Un lavoro che, per essere catechesi costante e organica dei giovani, deve anzitutto preoccuparsi dell'adeguata preparazione di catechisti e di animatori. Un lavoro che imparerà a servirsi di ogni forma di dialogo e di testimonianza, affinché i giovani possano sentirsi amati nel loro cammino ed impegnati a testimoniare la freschezza di una vita vissuta secondo il Vangelo.

All'interno del processo di formazione umana, con le sue difficoltà naturali e le alternanze tipiche dell'età, sappiate presentare il messaggio del Vangelo senza temere la fatica ed anche gli insuccessi. Non mancate di offrire ai giovani modelli credibili di vita evangelica, curando la loro formazione anche attraverso la graduale assunzione di responsabilità nella vita parrocchiale e sociale. L'educatore, il catechista, il sacerdote dovranno essere testimoni esemplari e concordi. E' l'esempio che aiuta i giovani ad aprirsi ai valori umani e cristiani ed a considerare le proposte sulle diverse vocazioni, specialmente sacerdotali e religiose, che saprete loro offrire in nome di Cristo, della Chiesa e dell'umanità di oggi.

Perseverate, dunque, in un lavoro parrocchiale e vicariale articolato e multiforme; stimolate i gruppi e le associazioni; camminate nella fiducia reciproca e nella collaborazione, riconoscendo che il lavoro pastorale poggia soprattutto sull'azione dello Spirito Santo.


4. Carissimi, proprio nella luce dello Spirito Santo considerate anche un altro delicato aspetto del vostro contesto pastorale. Mi riferisco alla religiosità tradizionale del vostra popolo, che sembra coesistere con taluni segni stridenti di secolarizzazione. La Chiesa italiana, proprio qui, di recente ha promosso un incontro di studio e di confronto.

Poiché la pietà popolare è sempre un veicolo corale che suscita attenzione verso l'annuncio della fede, voi non mancherete di arricchirla di contenuti biblici, liturgici e sociali, servendovi di elementi significativi delle tradizioni e della sensibilità del vostro popolo. Forse occorrerà purificarla da alcuni residui storici non del tutto in sintonia con la fede. Ma certamente bisognerà considerarla come una occasione privilegiata del servizio di formazione dei fedeli laici, che ogni diocesi deve ritenere prioritario (cfr CL 57). In questo modo voi potete incontrare molti adulti, ai quali - come raccomandai ai Vescovi pugliesi in visita "ad limina Apostolorum" nel 1986 - siete tenuti ad offrire "una adeguata catechesi permanente, che faccia sempre più approfondire il messaggio ed il mistero della salvezza, per riviverne e realizzarne le esigenze, senza rispetto umano e con grande franchezza, nell'ambito della professione e del lavoro quotidiano" ("", IX, 2 [1986] 2005).

L'attenzione agli adulti e alla famiglia vi spinga a nuova fiducia anche di fronte ai fenomeni dell'ateismo e della laicizzazione. Sappiamo bene che in ogni uomo esiste una fondamentale e radicale disponibilità alla fede, collegata con l'anelito alla giustizia, alla bellezza ed alla verità. Ogni uomo che cerca la verità, cerca anche Dio. "E' proprio all'interno dell'uomo - ci ricorda il Concilio - che molti elementi si contrastano... Da una parte infatti, come creatura, esperimenta in mille modi i suoi limiti; d'altra parte si accorge di essere senza confini nelle sue aspirazioni e chiamato ad una vita superiore" (GS 10).

A questa "situazione interiore" di ogni uomo noi vogliamo venire incontro per suggerire la risposta di Cristo a questioni che si pongono alla sua coscienza con sempre nuova acutezza: Che cos'è l'uomo? Qual è il significato del dolore, del male, della morte? Che cosa valgono le conquiste del benessere, ottenute tanto spesso a così caro prezzo? Dobbiamo avere fiducia che ogni uomo, quando riflette su tali interrogativi, già si trova nella condizione di presagire il valore dell'annuncio cristiano, che afferma, con grata sicurezza, che se l'uomo esiste, ciò è avvenuto perché Dio lo ha creato per amore e per amore non cessa di dargli l'esistenza e di chiamarlo a sé.

In questo lavoro di dialogo e di ricerca per condurre a Dio ogni persona ricordiamo sempre che la fede è, si, apertura dell'animo alla verità divina; ma è soprattutto grazia di Dio, il quale comunica se stesso all'uomo e lo chiama alla partecipazione della sua stessa vita.


5. Carissimi, chiedo ora a Maria una parola di incoraggiamento per tutti voi. Da Cana ella vi dice: "Fate tutto quello che vi dirà!" (Jn 2,5).

A voi, cari sacerdoti, religiosi e laici, ripeto le parole di Maria, sensibile ad ogni attesa dell'umana famiglia e pienamente fiduciosa nell'intervento del Figlio. Maria vi insegni ad essere servi della "gioia ritrovata", del "vino nuovo" che Cristo ci dona nella sua Parola e nel suo Sangue.

La comunione con Cristo, ravvivata dalla presenza materna di Maria e dalla custodia di san Giuseppe, rinnovi ogni giorno la nostra missione di evangelizzatori, impegnati a promuovere lo "sviluppo autentico dell'uomo e della società" (SRS 1). Crescete nella comunione tra voi e con tutte le Chiese di Puglia e del sud. In questi giorni i Vescovi italiani ricordano la lettera collettiva dell'Episcopato Meridionale, uscita nel 1948, con un documento che esige da tutti nuove sintonie culturali e pastorali, nel vostro impegno ecclesiale a favore delle società meridionali. Siate anche voi interpreti attenti e operosi degli aneliti di giustizia e di pace di questo amato mezzogiorno d'Italia, guidandolo sulle vie dell'unità e della solidarietà percorse dai vostri santi. E' la missione stessa di Cristo. Egli è con voi perché portiate frutto ed il vostro frutto rimanga.

E come pegno della grazia divina e dei doni dello Spirito di Cristo scenda su di voi la mia benedizione apostolica.

[Prima di lasciare la concattedrale il Santo Padre rivolge ai presenti le seguenti parole:] Devo ringraziarvi, e lo faccio con il cuore pieno di riconoscenza per questa stupenda accoglienza che ho ricevuto durante questa visita a Taranto. Allo stesso tempo devo lasciarvi anche un augurio. Questo entusiasmo, questa accoglienza, sono certamente un segno della vostra fede, del vostro attaccamento alla Chiesa di Cristo e, soprattutto, a Cristo stesso, a Cristo crocifisso, a Cristo risorto, a Cristo che vive attraverso i secoli dei secoli e ci conduce tutti verso il Padre. Vi auguro, carissimi, di perseverare in questa fede, di continuare con entusiasmo l'opera salvifica in cui Cristo ci ha coinvolti tutti.

Egli ci ha salvato ma ci ha anche fatto partecipi di questa opera della salvezza da lui compiuta. Con questo augurio voglio salutare i presenti e tutta la città di Taranto prima di ripartire per Roma dove è la mia Sede.

1989-10-29

Domenica 29 Ottobre 1989




Ai giovani di Taranto, di Oria e di Castellaneta - Taranto

"Non stancatevi di offrire a tutti la Parola della vita"


Carissimi giovani delle diocesi di Taranto, di Oria e di Castellaneta!


1. Ormai al termine del mio viaggio apostolico in terra tarantina, ho la gioia di incontrare voi, insieme con i vostri Vescovi e con i sacerdoti che quotidianamente vi accompagnano nella vostra vita ecclesiale. Il mio soggiorno, così intenso e ricco di emozioni, rimarrà perciò impresso in me con le immagini luminose e incoraggianti della vostra presenza e del vostro entusiasmo. Grazie, carissimi giovani e ragazze; grazie a tutti! Vedo in voi, nella vostra giovinezza, nel vostro entusiasmo, soprattutto nella vostra fede e nella generosità che lo Spirito Santo fa crescere in voi, la più sicura speranza per il futuro delle vostre Chiese e per la continuazione del cammino che insieme abbiamo intrapreso in questi due indimenticabili giorni.

Carissimi, la Chiesa vi conosce: vi conosce perché vi è vicina, perché vi vuole bene. Essa sa che il vostro animo è buono, pur nella fragilità della condizione umana; sa che siete sensibili ai grandi valori, che danno significato e dignità alla vita, come la solidarietà e la giustizia, la verità e la libertà. La Chiesa sa anche che spesso vi sentite soli, che troppe volte vi mancano sicuri e attendibili punti di riferimento, che la vostra speranza rischia di sentirsi tradita. Conosce in particolare il peso che grava su di voi e sul vostro futuro a causa del fenomeno drammatico della disoccupazione, che colpisce anzitutto voi, giovani e ragazze del mezzogiorno d'Italia.

La Chiesa conosce poi assai bene due tentazioni particolarmente insidiose, che minacciano la vostra giovinezza. Quella della droga, che significa negazione della parte migliore di se stessi, rottura di ogni autentico legame con i fratelli e, alla fine, distruzione della vita che Dio ci ha donato. Accanto a questa insidia, e spesso in stretto rapporto con essa, vi è l'altra tentazione, costituita dalle forme di devianza, che attirano i giovani con la lusinga del guadagno senza fatica e di una apparente affermazione di se stessi, ma che in verità li rendono prigionieri di forze e di legami oscuri e criminali, finendo molte volte col fare di loro stessi dei delinquenti, nemici non solo della vita dei fratelli, ma anche della propria vita.

La Chiesa, carissimi giovani, sa tutto questo, e sente di dover sconfiggere con voi le insidie del male, e di costruire insieme con voi quella esistenza più ricca di veri valori, quella società più giusta e più aperta al vostro futuro, alla quale aspirate.


2. Ma la Chiesa soprattutto conosce quel bisogno profondo, che in molti di voi è chiaro e consapevole, in altri rimane in qualche modo nascosto e inconscio, ma che è presente e bussa alla porta del nostro cuore.

E' il bisogno di Dio, il bisogno di Cristo: il bisogno di colui che, solo, può offrirci una speranza che non delude e dare senso e significato alla vita delle persone come della comunità, nel presente come nell'eternità, per la quale ci ha creato.

Quindi, la Chiesa vi è debitrice; ha un debito con voi, giovani, e intende onorarlo con tutte le proprie risorse. O meglio: voi giovani, che siete voi stessi Chiesa, Chiesa giovane in questa terra ionica, insieme con tutta la comunità ecclesiale, con i vostri Vescovi, i vostri sacerdoti, i religiosi e le religiose, e tutti i vostri fratelli e sorelle nella fede, avete un debito grande verso l'intera gioventù della vostra provincia e, sia pure in forme diverse, verso ogni giovane del mondo. Questo debito si chiama Gesù Cristo.

Voi avete il compito di portare Cristo ai vostri fratelli, di presentarlo ad essi per quello che egli è: l'unica fonte di vita autentica, la vera speranza del mondo. E, chiaramente, per poterlo presentare in questo modo, dovete viverlo in voi stessi. Solo così potrete suscitare negli altri rispetto, attenzione, interesse. E' questa la legge del missionario del Vangelo, della Chiesa comunità missionaria: evangelizzare continuamente se stessi, per poter a propria volta evangelizzare gli altri; lasciarsi convertire da Cristo e dal suo Spirito al Vangelo per diventare nelle sue mani, strumenti di fede e di conversione.


3. Il nostro trovarci insieme in questo stadio, cari giovani e ragazze di Taranto, Oria e Castellaneta, non deve servire soltanto a richiamare questi aspetti centrali del nostro essere cristiani: il Signore ci dà l'occasione di tradurli in precisi impegni di Chiesa e in scelte di vita.

So bene come questo mio viaggio apostolico, e in particolare il vostro incontro di oggi, siano stati preparati mediante l'invio di oltre cento "missionari giovani" in ogni parrocchia. So come sia in corso un forte rilancio della pastorale giovanile, che punta soprattutto sull'impegno missionario e sulle vocazioni: già se ne è raccolto un frutto altamente significativo col notevole incremento del numero dei seminaristi.

Qui voglio incoraggiare i sacerdoti, i religiosi e le religiose, le parrocchie, e soprattutto voi giovani, a sostenere con sempre maggiore determinazione la scelta preferenziale della Chiesa tarantina per la pastorale dei giovani e delle vocazioni. Occorre che le parrocchie spalanchino le proprie porte ai giovani, perché i giovani a loro volta spalanchino a Cristo le porte della loro vita.


4. Voglio aggiungere una parola specifica su un problema di particolare importanza, quello delle vocazioni femminili. Per poter svolgere la propria missione pastorale sui molteplici versanti della preghiera, dell'evangelizzazione, della catechesi, dell'educazione dei ragazzi e dei giovani, dell'assistenza agli ammalati e agli anziani, la Chiesa ha un grandissimo bisogno di donne che, accogliendo con fede e generosa dedizione la chiamata di Dio, si consacrino totalmente a lui e al servizio dei fratelli.

Mi rivolgo pertanto a voi, carissime giovani, perché apriate fiduciose il vostro cuore all'ascolto dell'invito del Signore; mi rivolgo ai sacerdoti, alle parrocchie, alle famiglie, perché incoraggino e sostengano le giovani che si inoltrano in questo cammino. Auspico per le diocesi di Taranto, Oria e Castellaneta un rifiorire delle vocazioni femminili non meno consistente e qualificato di quello delle vocazioni maschili.


5. Tra gli ambiti specifici di impegno missionario dei giovani e per i giovani, emergono con forte rilievo la pastorale degli studenti e quella dei giovani lavoratori. La scelta a favore dell'insegnamento della religione, che nelle vostre scuole avviene in misura tanto elevata da raggiungere talvolta l'unanimità, deve costituire non un punto di arrivo sul quale arrestarsi; ma piuttosto il punto di partenza per un comune impegno, che abbracci non soltanto lo studio e la scuola, ma la vita, e che si esprima nell'adesione pratica, coerente e coraggiosa a quei valori e a quei comportamenti, che trovano nel Vangelo di Cristo il riferimento e la loro motivazione essenziale.

Più ardue possono apparire le difficoltà per quanto riguarda la pastorale dei giovani lavoratori. A lungo infatti, anche tra voi, è stata debole la presenza cristiana nel mondo del lavoro; si è diffusa quindi la diffidenza nei confronti della Chiesa, e la sensazione che essa sia estranea ai problemi del lavoro. Ora si avvertono i segni di una inversione di tendenza, di una nuova consapevolezza che il "Vangelo del lavoro" è parte essenziale nel messaggio cristiano e che la Chiesa è e vuole essere sempre più vicina e solidale con i lavoratori.

Ma perché questa nuova consapevolezza si allarghi e metta solide radici occorre l'impegno di tutte le strutture della Chiesa tarantina in una pastorale organica del mondo del lavoro. Dico a voi, giovani lavoratori che mi ascoltate: la Chiesa è vostra, la Chiesa è mandata per voi, la Chiesa ha bisogno di voi, per portare Cristo ai vostri amici e colleghi, per camminare insieme su quella strada di libertà, di giustizia, di solidarietà, di salvezza che Cristo ha aperto per noi.


6. Una calda parola di affetto, di riconoscimento e di incoraggiamento desidero poi rivolgere a quanti sono impegnati nelle comunità terapeutiche per il recupero dei tossicodipendenti: è un'opera delicata, ma di inestimabile valore, perché rivolta a dei vostri fratelli per aiutarli a ritrovare se stessi, a recuperare la fiducia nella vita; ed è un'opera di fede, perché Gesù ci viene incontro anzitutto in coloro che più gravemente e drammaticamente si trovano nel bisogno.

In questa luce di solidarietà cristiana, accanto al recupero dei tossicodipendenti si collocano tutte le altre iniziative di servizio all'uomo, che fioriscono nelle vostre Chiese. Non stancatevi, cari giovani e ragazze, di fare il bene, di donare qualcosa di voi stessi ai fratelli meno fortunati. E ancor meno stancatevi di offrire a tutti la Parola della vita, il Vangelo del Signore Gesù che è la verità di Dio e la verità dell'uomo, la verità che ci fa liberi e buoni.


7. All'inizio di questo incontro ricordavo i problemi che pesano sulla vostra vita di giovani, a cominciare da quello della disoccupazione. Vorrei ora lanciare un appello a tutta la gente di questa terra tarantina, e in particolare ai responsabili politici e delle istituzioni, ai rappresentanti dell'imprenditoria, dei sindacati, di ogni forza sociale, per un impegno solidale affinché sorgano in queste zone nuove possibilità e nuovi spazi di lavoro, soprattutto per i giovani.

Sarà questo anche un contributo a prevenire i fenomeni di devianza e le varie patologie sociali.

Maria santissima, stella dell'evangelizzazione, che so da voi tanto amata e venerata, vi sostenga, carissimi giovani, con la sua materna e potente intercessione, sia per voi e per le vostre Chiese modello di una fede più forte di ogni dubbio e di ogni timore, sia guida ai vostri passi sulle vie dell'evangelizzazione! A tutti la mia affettuosa benedizione! [Al termine del discorso ai giovani, il Santo Padre improvvisa le seguenti parole:] Prima di concludere, vorrei amche dire bravi, bravissimi. Vorrei dirlo per tutta la vostra adunanza, così numerosa, così vivace. E vorrei, allo steso tempo, dirlo per quanto avete preparato come vostra "parola". Ho molto apprezzato l'introduzione della votra amica che ha parlato all'inizio, Fabrizia, ma voi avete espresso questa parola attraverso tutta la parte visuale, la visualizzazione di come voi cercate di esprimere la vocazione cristiana, le diverse vocazioni che confluiscono in una vocazione cristiama e, questa cristiana, è sempre vocazione all'apostolato. Tutto è cominciato con gli apostoli. Questi sono poi quasi scomparsi qui a lato e sono entrati i giovani con gli anelli, la vocazione matrimoniale. E poi i giovani e le giovani con le lampade, la vocazione alla vita consacrata. E tutto ciò ha costituito una visualizzazione del cammino del Popolo di Dio, della Chiesa che vive sempre da Gesù Cristo, dal suo Spirito e che vive sempre per Gesù Cristo e in lui. Era una visualizzazione molto suggestiva. Voglio ringraziarvi per questa "parola" espressa al Papa attraverso la visualizzazione di come i giovani di Taranto intendono e presentano, a se stessi, agli altri e anche al Papa, l'evangelizzazione, oggi. Vi ringrazio.

1989-10-29

Domenica 29 Ottobre 1989





GPII 1989 Insegnamenti - L'omelia della concelebrazione eucaristica - Taranto