GPII 1989 Insegnamenti - Al capitolo delle suore insegnanti di nostra Signora di Kalocsa - Città del Vaticano (Roma)

Al capitolo delle suore insegnanti di nostra Signora di Kalocsa - Città del Vaticano (Roma)

Una nuova primavera per l'intera Chiesa ungherese attraverso il libero esercizio dell'attività pastorale


Care suore insegnanti di nostra Signora di Kalocsa!


1. E' per me una grande gioia potervi ricevere oggi in udienza speciale al termine del capitolo generale della vostra benemerita congregazione.

Rivolgo i miei più cordiali saluti alla nuova madre superiora generale ed a voi suore capitolari. Il mio saluto va anche alle vostre consorelle che, forzatamente ridotte da migliaia a circa duecento, svolgono il loro apostolato in Ungheria, Italia, Germania ed Australia.

Il vostro capitolo generale, conclusosi in questi giorni, sottolinea l'importanza storica dell'attuale momento per quanto riguarda il vostro ordine.

Infatti, oggi, dopo circa quarant'anni di forzata diaspora, durante i quali le suore insegnanti di nostra Signora, hanno dovuto compiere molti sacrifici per restare fedeli al carisma della loro fondazione, riuscendo nel loro intento grazie all'aiuto del Signore, l'istituto fondato nel 1860 in Ungheria può essere finalmente riorganizzato.

E' un segno della Provvidenza, che accompagna coloro che si impegnano unitamente alla Chiesa per diffondere una concezione umana e cristiana tra i popoli, capace di guidarli verso la luce del Vangelo. Si tratta pero di un compito difficile, che da un lato riempie i cuori di nuovi entusiasmi, ma dall'altro fa ricordare che siete chiamate ad aver cura del seme del Vangelo in modo nuovo e decisivo in quella terra così preziosa, testimoniando con la vostra vita l'assoluta priorità dei valori cristiani, che per tanto tempo sono stati repressi.


2. Il vostro capitolo generale si è dovuto occupare tra l'altro del problema della reintegrazione e riorganizzazione del vostro istituto in Ungheria. Le prospettive sono incoraggianti e piene di promesse sia per quanto riguarda la vostra congregazione sia per la Chiesa ungherese in generale. Io penso ad una nuova primavera per le vocazioni al sacerdozio ed alla vita religiosa che nasceranno, nonché per la libertà di professare la fede.

Per questo motivo preghiamo affinché il vostro istituto tenga presenti le necessità della Chiesa ungherese nella scelta delle priorità e sia disposto a collaborare in armonia con la gerarchia ecclesiastica, in modo che le forze dinamiche, che potreste impiegare in diversi settori del vostro apostolato, possano essere indirizzate in modo intelligente per la crescita concreta di questa comunità cristiana.

E le suore, che svolgono la loro opera in paesi in cui nel frattempo il vostro istituto si è consolidato, porteranno il loro nobile contributo spirituale e materiale per un veloce consolidamento della vostra comunità in Ungheria, dove la Chiesa, dopo anni di sofferenza, vede all'orizzonte la luce di un futuro che si preannuncia per tutti pieno di promesse.

Per edificare questo futuro la Chiesa ha bisogno della vostra leale, pronta e nobile collaborazione. D'altra parte è di particolare importanza che la vostra comunità religiosa non si riduca ad un'unione esclusivamente legale, ma partecipi attivamente alla vita della Chiesa, alle gioie ed ai problemi quotidiani della vita pastorale (cfr. LG 4). Le persone consacrate a Dio "animate dalla carità che lo Spirito Santo infonde nei loro cuori (cfr. Rm 5,5), sempre più vivono per Cristo e per il suo corpo che è la Chiesa" (PC 1). Infatti, "nell'apostolato che svolgono le persone consacrate, il loro amore sponsale per Cristo diventa in modo quasi organico amore per la Chiesa come corpo di Cristo, per la Chiesa come Popolo di Dio, per la Chiesa che è insieme sposa e madre". ("Redemptoris Donum", 15).

Sicuramente in questo capitolo generale avrete preso in considerazione il problema dell'"aggiornamento", per poter rafforzare il vostro istituto o, per quanto necessario, riportarlo sulla via di una maggiore autenticità adattandolo alle necessità dei tempi. In questo delicato compito che vi aspetta, seguite le direttive del Concilio Vaticano II, che ha ampiamente studiato i problemi generali legati alla vita religiosa. Attenetevi alle direttive emanate dalla congregazione per gli istituti religiosi e le comunità di vita apostolica, nonché alle sagge norme contenute nel nuovo Codice di Diritto Canonico.

In ogni caso, siate sempre pronte a difendere quei valori fondamentali, come la fedeltà al carisma dell'istituto, la vita impegnata secondo il Vangelo, gli obblighi di ogni religiosa, il comandamento dell'amore in nome di Cristo nella vita comunitaria e nell'ambito della scuola, che è appunto la prima attività del vostro istituto. Cercate di realizzare, sempre più concretamente, le opere spirituali e materiali della misericordia, proprie della vostra congregazione.

Nell'attesa di raccogliere i frutti delle nuove vocazioni in Ungheria siate coscienti che anche la formazione dei giovani richiede molto impegno e dedizione. I giovani, infatti, necessitano di una base spirituale e culturale per essere in grado di rispettare i loro obblighi morali e rispondere in modo adeguato alla loro vocazione. Per questa opera di formazione sarà di grande aiuto la vostra testimonianza di persone consacrate a Dio, che vivono la propria dedizione serenamente e con gioia, perché lo Spirito Santo si serve anche del nostro debole esempio per penetrare in profondità negli animi dei giovani. A loro volta le religiose hanno bisogno di essere costantemente aiutate e sostenute quali persone votate a Dio ed apostoli del Vangelo in questo mondo sempre più secolarizzato.


3. Per questo motivo invito tutte le suore insegnanti di nostra Signora di Kalocsa ad aiutarsi l'un l'altra come vere sorelle, con la preghiera, lo spirito di sacrificio, la reciproca comprensione e collaborazione, in modo che tutti nella comunità si sentano amati e, se necessario, riconciliati come in una vera famiglia. Questa sarà la più bella testimonianza di vita secondo il Vangelo che offrirete a coloro che seguono lo stesso vostro ideale di dedizione a Dio.

Confido, care sorelle, che, con l'aiuto di Dio, con la vostra saggezza e decisione, riuscirete a lavorare con successo per i prossimi sei anni sia per il progresso dell'istituto sia per il bene delle persone che incontrerete nello svolgimento della vostra missione, sviluppando programmi concreti. Non ho alcun dubbio sulla vostra piena disponibilità ad adempiere a queste mie indicazioni che vogliono essere anche di incoraggiamento. Affido le opere del vostro capitolo e la loro realizzazione all'intercessione di nostra Signora di Kalocsa, alla quale il vostro istituto è rimasto eroicamente fedele anche negli ultimi decenni di caos.

Nutro la fervida speranza che, seguendo il vostro esempio, altre comunità religiose, che negli ultimi quarant'anni hanno dovuto subire dure prove, possano riprendere la loro vita religiosa con impegno e coraggio.

Quale segno della mia stima, della mia gratitudine e del mio riconoscimento di tutto il bene che operate, imparto a voi e a tutte le congregazioni religiose ungheresi la mia benedizione apostolica.

1989-11-03

Venerdi 3 Novembre 1989




Ai partecipanti al colloquio promosso dall'accademia diplomatica internazionale - Città del Vaticano (Roma)

Nel dialogo tra gli Stati non si può transigere sulla verità e sul rispetto dell'interlocutore


Eccellenze, signore e signori.

Con grande piacere ricevo l'accademia diplomatica internazionale in occasione del colloquio che si svolge a Roma sulla Santa Sede nella comunità internazionale. La scelta di questo tema onora la Sede Apostolica, e specialmente i suoi rappresentanti presso le pubbliche autorità di numerose nazioni e presso organizzazioni internazionali. Ma senza dubbio voi puntate ad ampliare la vostra prospettiva ed esaminare il ruolo specifico svolto dalla Chiesa cattolica, in modi molto diversi, in tutto il mondo.

Il tema scelto per le vostre riunioni ben corrisponde alla vocazione propria della vostra istituzione. Fondata più di sessant'anni fa, quando le nazioni cercavano di organizzare il loro dialogo per superare lo sconvolgimento di un primo grande conflitto mondiale, l'accademia ha orientato anzitutto la sua riflessione sulle condizioni della pace e sulla difesa dei diritti umani. A questo titolo - non occorre sottolinearlo - i vostri obiettivi sono vicini a quelli perseguiti dalla Santa Sede quando può far sentire la sua voce. Ben volentieri esprimo pertanto la mia stima per la vostra istituzione.

Nel contesto di questo incontro, necessariamente breve, non intendo ripercorrere tutti gli argomenti da voi posti all'ordine del giorno e affrontati a partire dagli interventi di illustri universitari e di collaboratori della Curia romana. Mi limitero invece ad evocare quei principi che guidano senza tregua la Santa Sede nella sua azione all'interno della comunità internazionale.

In primo luogo, ripetero semplicemente che in ogni negoziato, in ogni accordo per quanto tecnico sia, noi desideriamo non perdere mai di vista che ad essere in gioco è l'uomo nella pienezza della sua vocazione. Si tratta sempre di permettere alla persona di realizzare tutto ciò che conta: il rispetto e la difesa della vita, la salute, la possibilità di guadagnarsi il pane con il lavoro, nella vita di famiglia, la conservazione del patrimonio culturale e la possibilità di sviluppare le sue conoscenze e di comunicare con altri gruppi, l'assenza di impedimenti nel muoversi, la libertà di coscienza, di aderire ad una convinzione di fede e alla pratica religiosa comunitaria. Questi accenni basteranno a comprendere la mia idea: l'uomo è uno; non ci sono decisioni in campi apparentemente specializzati e tecnici che non incidano sui cittadini, sui lavoratori, sulle famiglie, sui giovani o sui vecchi, i malati o gli handicappati, cioè sull'uomo concreto che ha il diritto di veder salvaguardata, in ogni circostanza, la sua dignità.

Quelli tra voi che esercitano la professione di diplomatici sanno bene che il loro metodo di azione naturale è il dialogo. E' utile ricordare le condizioni che consentono a questo dialogo e alle "relazioni" tra i responsabili degli Stati di raggiungere davvero il loro scopo. Al di là degli innumerevoli aspetti delle competenze tecniche necessarie, ricordiamo le esigenze prime: non transigere sulla verità e sul rispetto dell'interlocutore. Lo spirito, le convinzioni, la cultura possono essere diversi; gli interessi e gli obiettivi perseguiti possono essere opposti; ma in un negoziato, la ricerca di un accordo, o di un compromesso, non può mai essere condotta al prezzo di un occultamento della verità o del disprezzo di un interlocutore. Per giungere a un accordo, occorre che gli interlocutori si ascoltino e si rispettino a vicenda, e che possano fidarsi della parola pronunciata.

così enunciate, queste esigenze possono certo sembrare molto generali o lontane dai problemi concreti. Ma si può tacerle, pragmaticamente? Si deve forse rinunciare all'ideale perché è difficile realizzarlo? Il Papa Paolo VI ha scritto, nel suo messaggio per la Giornata Mondiale della Pace del 1973 che "la pace assoluta e definitiva tra gli uomini... non può che essere un ideale, non irreale, ma da realizzare". Vorrei applicare questa osservazione alle esigenze della verità nel dialogo per il servizio di ciascun uomo e di tutto l'uomo cui sono chiamati i diplomatici. Quando si prende coscienza della paura o del rifiuto della verità, o delle offese alla dignità dell'uomo, è legittimo reagire! Lavorare per riprendere insieme la strada della verità e della solidarietà non è perseguire una chimera, ma rispondere a ciò che ci si aspetta da persone responsabili e realiste.

Nella vita internazionale, se la Chiesa desidera far sentire la sua voce non è affatto - come sapete - per intervenire sugli aspetti tecnici della maggior parte dei problemi. Ma essa crede utile ricordare, "opportune et inopportune", le conseguenze umane di numerose decisioni pratiche e di disposizioni istituzionali.

Essa ritiene che non si possa compiere un autentico servizio alla comunità umana senza una regola etica che la sua esperienza e la sua indipendenza invitano a proporre senza tregua. Essa desidera anche riaffermare che la dimensione spirituale è essenziale per l'uomo, e anche che non si hanno felicità e pace durevoli se non quando ciascuna persona può scoprire nel profondo della sua coscienza i fondamenti trascendenti.

Signore e signori, con queste considerazioni, spero di incontrare le preoccupazioni presenti nello spirito e nel cuore di quanti operano per il bene dell'umanità mediante l'attività diplomatica. So che il compito è spesso arduo e che le delusioni possono offuscare lo sguardo rivolto alla strada già percorsa. Ma desidero esprimere di nuovo la stima della Santa Sede per l'insostituibile missione della diplomazia e la fiducia che nutre per l'alta coscienza e la dedizione disinteressata di quanti la esercitano.

Pregando per tutte le vostre intenzioni, chiedo al Signore di accordarvi i doni dell'eterna saggezza e le sue benedizioni.

1989-11-03

Venerdi 3 Novembre 1989




Alle famiglie aderenti alla confederazione delle associazioni familiari cattoliche di Francia - Città del Vaticano (Roma)

La famiglia cristiana deve vivere e testimoniare il Vangelo di Cristo


Signor Cardinale, cari fratelli nell'Episcopato, cari amici.


1. Al termine del vostro pellegrinaggio a Roma, sono lieto di incontrarvi presso la tomba di Pietro. Ringrazio il Cardinal Decourtray e il vostro presidente di avermi presentato le associazioni familiari cattoliche di Francia di cui siete un'importante delegazione.

Preghiera e riflessione hanno caratterizzato le vostre giornate in questa città dove, sulle orme di Pietro, primo degli apostoli, di Paolo, l'apostolo delle nazioni, i martiri, i santi e numerose generazioni di cristiani hanno lavorato intensamente all'edificazione della Chiesa. Anche voi, famiglie cristiane, prendete una coscienza rinnovata della vostra vocazione e della vostra missione, nella Chiesa e nel mondo.

L'insegnamento dell'ultimo Sinodo dei Vescovi ha riassunto qual è il compito dei fedeli laici. Voi avete voluto a vostra volta riflettere sul contenuto dell'esortazione apostolica post-sinodale; me ne rallegro. Era giusto fare questa sosta di meditazione, al fine di ripartire pieni di zelo nel vostro cammino di battezzati, sposi, genitori, giovani e bambini. Famiglie, voi costituite la cellula fondamentale della Chiesa. Riconoscete la vostra missione e sappiate che tutta la comunità ecclesiale conta sulla vostra vitalità e sulla vostra generosità!


2. In quanto membri delle associazioni familiari cattoliche, la prima testimonianza che ci si attende da voi, è di famiglie che vivono la propria vocazione secondo il Vangelo, in accordo con le indicazioni date dall'insegnamento della Chiesa. In questo senso, il vostro presidente ha parlato della vostra adesione a questo insegnamento che vi pare insieme vero e vicino alla vostra condizione. La testimonianza delle famiglie è essenziale: risponde all'intento profondo della dottrina morale della Chiesa che rispetta l'essere umano, vuole il suo bene, l'invita ad essere fedele a Dio creatore.

E' vero che vi trovate ogni giorno ad affrontare l'incomprensione o la contestazione dei principi etici fondamentali per la vita e lo sviluppo di ciascuno nella coppia e nella famiglia. Si giunge a dare poco valore alla fedeltà coniugale e perfino all'istituzione matrimoniale. Rivendicando la libertà di accettare o rifiutare la paternità e la maternità, si perviene ad alterare nel suo significato l'esercizio della responsabilità delle coppie, certo legittimo, ma a condizione di non fare violenza alla condizione naturale della sessualità umana che è dono di Dio. Si giunge anche, purtroppo, a non rispettare la vita stessa del bambino già concepito, a dichiararsi padroni del suo diritto di vivere. Insomma, nel mondo contemporaneo, le relazioni interpersonali vengono spesso ridotte a un desiderio di possesso, senza una reale accoglienza dell'altro. Si pensa di esaltare l'autonomia dell'uomo e si nega la sorgente viva dell'amore che è in Dio e l'infinita generosità di cui Dio rende capaci coloro che si sanno amati da lui.


3. Di fronte a quanto ci preoccupa, sapete bene che non basta parlare o mettere in guardia. La testimonianza più convincente viene data da coloro che vivono le esigenze evangeliche, le comprendono profondamente e vi trovano la loro realizzazione in una concezione equilibrata della vita familiare. Con il Battesimo avete accolto in voi la presenza del Salvatore e l'aiuto della sua grazia; siete membra vive della comunità ecclesiale; potrete proporre il "modello" cristiano della famiglia tanto meglio, quanto più il vostro modo di agire sarà fondato nella carità di Cristo salvatore. Per restare fedeli agli impegni del matrimonio, gli sforzi e le rinunce necessari, compiuti in unione con il sacrificio redentore di Cristo e offerti nel sacramento dell'amore salvatore che è l'Eucaristia, saranno come il frutto di una generosità senza irrigidimenti e perfino piena di letizia.

In un movimento familiare come il vostro, si può fare molto per assimilare l'insegnamento morale, dargli la semplice espressione che viene dall'esperienza, con maggior credito quando si vedono delle famiglie che si aiutano tra loro a risolvere ogni genere di difficoltà! Le famiglie sappiano mostrarsi accoglienti e capaci di aiutare quelle in difficoltà, bisognose di sostegno e comprensione.

Ho ricordato alcuni obiettivi della pastorale familiare: aiutare le famiglie a crescere in modo sereno e a svolgere il loro ruolo nella Chiesa. La prima responsabilità di questa pastorale è dei Pastori delle diocesi e di quelli da loro incaricati. Vi incoraggio a continuare una fiduciosa collaborazione con loro, in complementarietà con movimenti di spiritualità, con le organizzazioni di formazione per giovani e adulti, e quelle che preparano al matrimonio, poiché tutti lavorano per lo stesso scopo.


4. C'è un compito che vorrei sottolineare perché ne avete una responsabilità particolare. Penso all'educazione religiosa dei bambini e dei giovani. così ne parla il documento post-sinodale: "Certamente i genitori cristiani sono i primi e insostituibili catechisti dei loro figli, a ciò abilitati dal sacramento del Matrimonio (CL 34). I genitori per primi svolgono questo ruolo in casa nel risveglio religioso dei piccoli. Successivamente, la parrocchia e l'istituzione scolastica costituiscono un ambito essenziale per la formazione religiosa dei giovani. Ma, a questo livello, i genitori non possono essere degli osservatori esterni. Tocca a loro sostenere attivamente la scuola cattolica e anche collaborare personalmente alla catechesi, nelle scuole cattoliche come nelle strutture pubbliche. Tutti sono consapevoli delle difficoltà del compito e della necessità di coordinare l'impegno di molti di buona volontà. Occorre che i genitori stabiliscano un rapporto profondo e continuativo con gli educatori e che, avendone la possibilità, svolgano un ruolo attivo, se necessario dopo aver seguito la giusta formazione proposta dai responsabili diocesani. Le famiglie non dimentichino che la catechesi è una missione della Chiesa, madre che alleva i suoi figli e le sue figlie nella fede. E tutti i membri del Popolo di Dio sono chiamati a partecipare all'azione di "tradizione", cioè di trasmissione della Rivelazione ricevuta da Cristo.


5. Da un altro punto di vista, le vostre asssociazioni di famiglie compiono una importante funzione statutaria: far sentire la voce dei cristiani nella società e presso le autorità, al fine di ottenere per la famiglia condizioni più favorevoli, in particolare sul piano giuridico ed economico. A questo proposito, ricordo semplicemente quanto dice l'esortazione post-sinodale: "Urge così un'opera vasta, profonda e sistematica, sostenuta non solo dalla cultura, ma anche dai mezzi economici e dagli strumenti legislativi, destinata ad assicurare alla famiglia il suo compito di essere il luogo primario della "umanizzazione" della persona e della società" (CL 34). Tali iniziative acquisteranno presto una nuova dimensione, nella prospettiva europea; dovete esaminare con attenzione quali conseguenze avrà per le famiglie l'intensificarsi dei rapporti tra i paesi.

Vorrei anche accennare brevemente ad un tema di riflessione importante in questo con


la condizione della donna nella societa. Il Sinodo ha presentato la concezione cattolica; io stesso ho poi sviluppato la meditazione e la riflessione in una lettera apostolica. Come ho appena detto per l'insieme delle questioni di carattere etico, questi insegnamenti saranno compresi meglio da coloro cui si rivolgono, se le donne e gli uomini che costituiscono il Popolo di Dio sapranno assimilarli personalmente e darne una giusta pressione, testimoniata dalla loro esperienza.


6. Prima di concludere, desidero rivolgermi ai vostri bambini, che partecipano a questo pellegrinaggio. Cari amici, ho appena parlato ai vostri genitori, e il mio discorso vi è sembrato certo un po' difficile; grazie per essere stati pazienti.

Mi rallegro per la vostra presenza. Mi piacerebbe che voi conservaste un bel ricordo dei momenti lieti trascorsi con la famiglia a Roma, centro della Chiesa. Ricordatevi di san Pietro: siamo sulla sua tomba; ricordatevi di san Paolo. Entrambi sono stati fedeli a Cristo fino alla fine. La loro fede e il loro entusiasmo nel comunicarla ci sono ancor oggi di incoraggiamento. Ricordatevi anche di Maria, la madre di Gesù che è anche madre nostra; nei giorni lieti come in quelli tristi, voi sapete che ella ascolta la nostra preghiera con tenerezza.

Miei giovani amici, vi auguro si scoprire sempre, diventando grandi, la bellezza del messaggio del Vangelo e la felicità di essere fratelli nell'immensa famiglia che è la Chiesa di Cristo.


7. Al termine di questo incontro, desidero salutare con molta cordialità i sacerdoti che hanno l'incarico della pastorale familiare nelle vostre diocesi e quelli che seguono le vostre associazioni. Li incoraggio vivamente nel loro ministero.

Alle famiglie qui radunate, a quelle da voi rappresentate, confermo la loro missione, che ha la sua origine nel Battesimo e nel sacramento del Matrimonio. Seguendo Maria, accogliete la presenza di Cristo nella vostra vita e il suo appello alla santità! Seguendo Pietro e Paolo, siate pronti a rendere conto della speranza che è in voi! (cfr 1P 3,5). Vivete nell'unità dell'amore che è dono supremo di Dio! Vi lascio la parola di Gesù: "Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga... Questo vi comando: amatevi gli uni gli altri" (Jn 15,16-17).

Invoco su voi tutti la benedizione di Dio.

1989-11-03

Venerdi 3 Novembre 1989




All'Angelus la meditazione sulle litanie del Sacro Cuore - Ai fedeli riuniti.

Città del Vaticano (Roma)

Il Cuore di Gesù Cristo speranza e sicurezza per chi muore in lui


Carissimi fratelli e sorelle!


1. La recente commemorazione di tutti i fedeli defunti ci invita oggi a guardare, in una luce di fede e di speranza, alla morte del cristiano, per la quale le litanie del Sacro Cuore - oggetto delle nostre riflessioni in precedenti incontri domenicali - ci pongono sulle labbra l'invocazione: "Cuore di Gesù, speranza di coloro che muoiono in te, abbi pietà di noi".

La morte fa parte della condizione umana; è il momento terminale della fase storica della vita. Nella concezione cristiana, la morte è un passaggio: dalla luce creata alla luce increata, dalla vita temporale alla vita eterna.

Ora, se il Cuore di Cristo è la sorgente da cui il cristiano attinge luce ed energia per vivere come figlio di Dio, a quale altra sorgente egli si volgerà per attingere la forza di morire in modo coerente con la sua fede? Come "vive in Cristo", così egli non può che "morire in Cristo".

L'invocazione litanica riassume l'esperienza cristiana dinanzi all'evento della morte: il Cuore di Cristo, il suo amore e la sua misericordia sono speranza e sicurezza per chi muore in lui.


2. Ma conviene sostare un momento e interrogarsi: che cosa significa "morire in Cristo"? Significa anzitutto, carissimi fratelli e sorelle, leggere l'evento straziante e misterioso della morte alla luce dell'insegnamento del Figlio di Dio e vederlo, perciò, come il momento della partenza verso la casa del Padre, là dove Gesù, passando anch'egli attraverso la morte, è andato a preparare un posto per noi (cfr Jn 14,2); significa cioè credere che, nonostante il disfacimento del nostro corpo, la morte è premessa di vita e di frutto abbondante (cfr Jn 12,24).

"Morire in Cristo" significa, inoltre, confidare in Cristo e abbandonarsi totalmente a lui, consegnando nelle sue mani - di fratello, di amico, di Buon Pastore - il proprio destino, così come egli, morendo, consegno il suo spirito nelle mani del Padre (cfr Lc 23,46). Significa chiudere gli occhi alla luce di questo mondo nella pace, nell'amicizia, nella comunione con Gesù, perché nulla, "né morte né vita... potrà mai separarci dall'amore di Dio, in Cristo Gesù, nostro Signore" (Rm 8,38-39). In quell'ora suprema il cristiano sa che, anche se il cuore gli rimprovera delle colpe, il Cuore di Cristo è più grande del suo e può cancellare ogni suo debito, se egli è pentito (cfr 1Jn 3,20).


3. "Morire in Cristo" significa ancora, cari fratelli e sorelle, munirsi per quel momento decisivo dei "santi segni" del "passaggio pasquale": il sacramento della Penitenza, che ci riconcilia col Padre e con tutte le creature; il santo Viatico, pane di vita e farmaco di immortalità; l'Unzione degli infermi, che dà vigore al corpo e allo spirito per il combattimento supremo.

"Morire in Cristo" significa, infine, "morire come Cristo": pregando e perdonando; avendo accanto a sé la beata Vergine. Come madre, ella fu presso la croce del Figlio (cfr Jn 19,25); come madre è accanto ai suoi figli morenti, ella che, con il sacrificio del suo cuore, ha cooperato a generarli alla vita della grazia (cfr LG 53); è accanto a loro, presenza compassionevole e materna, perché dal travaglio della morte essi nascano alla vita della gloria.

partecipanti ad una marcia contro la droga:] Sono oggi presenti in questa piazza numerosi operatori di programmi terapeutici per tossicodipendenti, giovani, famiglie, autorità. Esprimo il mio apprezzamento per il loro impegno, teso non solo al recupero di tante vite, ma anche a diffondere una cultura di speranza contro la morte.

La partecipazione sempre più larga ed efficace del volontariato, che s'affianca in questa battaglia alle istituzioni, conferma che il fenomeno della droga è avvertito come problema gravissimo, per la cui soluzione è necessaria la collaborazione di tutti. E', questa, una delle grandi sfide a cui il genere umano è chiamato oggi a rispondere. Dare un senso alla vita dell'uomo, in particolare dei giovani; ritrovare i valori della famiglia, della comunità, del vivere insieme; favorire in ogni nazione lo sviluppo, la giustizia sociale e la pace: ecco le vie sulle quali occorre impegnarsi con urgenza.

E' necessario rispondere alla sfida della droga in maniera decisa.

Occorre individuare e smantellare gli interessi dei "mercanti di morte", che speculano sulla sofferenza di milioni di persone. Occorre poi realizzare una prevenzione ad ampio respiro che ponga al centro la promozione della responsabilità, della solidarietà, del rispetto, educando alla verità, al bene e alla giustizia.

La Vergine Maria, che abbiamo invocato, assista quanti lavorano con dedizione generosa in un settore di così grande rilevanza per il futuro dell'umanità.

1989-11-05

Domenica 5 Novembre 1989




Ad educatori ed alunni dell'istituto san Leone Magno - Roma

Una famiglia unita impegnata a formare uomini onesti e cristiani coerenti



1. Sono lieto di salutare tutti voi, cari fratelli maristi, professori, genitori, alunni ed ex-alunni dell'istituto san Leone Magno! Saluto il Cardinale Ugo Poletti e il Vescovo ausiliare del settore; ringrazio il direttore fratel Gildo per le cortesi parole che ha voluto rivolgermi.

Ho accettato ben volentieri l'invito di venire tra voi, in occasione del centenario della fondazione del vostro istituto, iniziato nel 1887 ad opera dei fratelli maristi, in ossequio ad un preciso programma pastorale voluto da Pio IX e proseguito da Leone XIII, da cui l'istituto prese il nome. In questa felice circostanza non posso non esprimere i miei sentimenti di affetto e di stima per la vostra scuola che per la serietà degli studi e l'efficacia dei metodi educativi si è affermata fra le istituzioni cattoliche più apprezzate e benvolute della diocesi di Roma. Nel rievocare il bene compiuto in questi cento anni di vita il mio pensiero corre doverosamente ai benemeriti fratelli maristi, la cui generosa dedizione si ispira alla geniale figura del loro fondatore, il beato Marcellino Champagnat, di cui ricorre pure il bicentenario della nascita. Nella sua illimitata fiducia verso la Vergine, egli volle fondare la comunità religiosa dei fratelli maristi per l'educazione dei giovani in Francia, in un periodo particolarmente difficile, quale fu quello che fece seguito alla rivoluzione francese.

Per tale ragione egli incluse nel suo progetto educativo il compito di inculcare negli alunni la devozione alla Vergine, come mezzo per amare e servire più perfettamente e più facilmente Gesù Cristo.


2. Desidero porgere a tutti voi qui presenti un fervido augurio che possiate costituire sempre una comunità sinceramente partecipe della missione educativa della Chiesa, in modo che tutti voi, insegnanti e fratelli, genitori ed alunni, possiate costituire una famiglia unita, corresponsabile nella delicata attività destinata a formare uomini onesti e cristiani coerenti.

La vostra scuola ha un programma vasto ed ampio, accolto dagli alunni e dalle loro famiglie, ed espresso con le stesse parole dei giovani riportate nel progetto educativo: "Noi chiediamo alla scuola di aiutarci ad acquistare gradualmente dei principi sicuri e una forte volontà per divenire capaci di manifestarci socialmente come viva testimonianza del nostro essere cristiani".

Mi associo a questa vostra richiesta, carissimi giovani, e desidero manifestarvi tutta la mia fiducia e la viva speranza che voi possiate attuarla.

Abbiate grande stima e considerazione della vostra scuola e guardate ad essa come ad una palestra di vita, dove la preghiera, l'istruzione e la disciplina si fondono insieme per fare di voi dei giovani ben formati: sani, forti, cristiani convinti, responsabili e capaci domani di svolgere un ruolo importante nella costruzione di una società migliore.


3. Affido a Cristo "Via, Verità e Vita", alla sua madre Maria, all'intercessione del beato Marcellino Champagnat tale vostro proposito, e di cuore imparto a tutti voi, ai responsabili e collaboratori della scuola e ai vostri genitori la mia benedizione apostolica.

[Dopo la preghiera in cappella, il Santo Padre si rivolge ai presenti salutandoli con queste parole:] Non so chi è il responsabile di questa pioggia. può essere il Papa, ma possono anche essere tutti i presenti, i ragazzi. Vorrei dire che questa pioggia è un buon segno, perché sappiamo bene che essa serve per la fertilità dei campi. E la scuola è un grande campo da coltivare: il campo delle personalità umane, della umanità giovane. Allora, questa pioggia è anche un simbolo della fertilità, di tutti i beni di ordine etico, di ordine spirituale, di un buon carattere, di una buona educazione, di una composita intelligenza, di tutto quello che si cerca nella scuola e che si deve anche augurare alla scuola. Nel nome di questa pioggia, io auguro questa fertilità spirituale a voi, alla vostra grande scuola nei suoi diversi livelli, cominciando dai più giovani, dai ragazzi, e passando poi al livello medio e anche superiore.

1989-11-05

Domenica 5 Novembre 1989





GPII 1989 Insegnamenti - Al capitolo delle suore insegnanti di nostra Signora di Kalocsa - Città del Vaticano (Roma)