GPII 1989 Insegnamenti - Ai membri del "Centre de Liaison des Equipes de Recherche" - Città del Vaticano (Roma)

Ai membri del "Centre de Liaison des Equipes de Recherche" - Città del Vaticano (Roma)

Il cristiano deve reagire di fronte all'aborto


Cari amici.


1. Nell'accogliervi stamane, ricordo con piacere il mio primo incontro col vostro movimento, dieci anni or sono, nella casa del successore di Pietro. Saluto cordialmente monsignor Pierre Eyt, che vi accompagna a nome dei Vescovi di Francia. Do il benvenuto a tutti e ringrazio il vostro presidente, Madame Christiane Férot, per la presentazione che ha fatto dell'attività del centro di collegamento dei gruppi di ricerca (CLER).

In questi ultimi mesi, avete condiviso le vostre riflessioni sulla base del documento postsinodale "Christifideles Laici". Un brano di tale esortazione sarà il punto di partenza del mio discorso: "Riscoprire e far riscoprire la dignità inviolabile di ogni persona umana costituisce un compito essenziale, anzi, in un certo senso, il compito centrale ed unificante del servizio che la Chiesa e, in essa, i fedeli laici sono chiamati a rendere alla famiglia degli uomini" (CL 37).

I diversi compiti svolti dal CLER rientrano effettivamente nel quadro di tale servizio alla persona umana che coinvolge i membri della Chiesa.


2. Voi siete chiamati in particolar modo a servire la dignità della persona nella sua vocazione alla vita familiare che prospera nell'unione d'amore fedele fra l'uomo e la donna. Io non mi dilunghero oggi su tale tema essenziale che approfondite continuamente. Ma vorrei sottolineare l'importanza del vostro compito, poiché dovete affrontare l'indifferenza o il rifiuto troppo diffuso dei principi che la Chiesa afferma come fondamento di ogni etica sana e quindi come condizione necessaria al benessere. Dovete reagire a quelle correnti di pensiero molto forti nell'opinione pubblica che parlando indebitamente della "liberalizzazione" dei costumi, diffondono una permissività che è in realtà contraria alla dignità della persona ed alla verità della sua vocazione.

Di fronte a tale situazione i cristiani sono chiamati a far crescere la fede e la carità. Partecipare alla pastorale familiare implica, più che mai di essere, nella vigna del Signore, dei tralci attaccati alla vite, potati quando ce n'è bisogno, consapevoli che solo attraverso la grazia porteranno il frutto che il Signore attende. Uniti nella fede, nutriti dalla preghiera, resi forti dai sacramenti, i fedeli possono testimoniare l'amore di Dio con cui tutti gli uomini sono amati. La loro lingua è quella del "si" agli appelli del Vangelo, tradotti nell'insegnamento della Chiesa, e quella della chiarezza dei concetti dottrinali e morali che emergono dalla verità dell'uomo, riconosciuto in colui che è la luce "che illumina ogni uomo" (Jn 1,9).


3. All'origine del CLER vi è stata la preoccupazione di aiutare le coppie a controllare la procreazione, nel pieno rispetto di tutta la ricchezza della sessualità, ricorrendo ai metodi naturali di controllo quando si impone una diminuzione delle nascite. Molti di voi hanno saputo aiutare le famiglie ad accogliere i propri bambini nel modo migliore. Hanno anche potuto far comprendere che la dottrina espressa da Paolo VI nell'enciclica "Humanae Vitae", e confermata in seguito, non aveva quella negatività che le è stata attribuita; al contrario si tratta di permettere all'uomo e alla donna di affrontare in modo responsabile la paternità e la maternità, con delle decisioni comuni, con un amore ed un rispetto reciproco che il controllo della sessualità fa maturare e rinforza. Possiate estendere la vostra azione, per far scoprire maggiormente il carattere umano positivo di questo insegnamento della Chiesa! Sappiamo che oggi molti uomini e molte donne sono tentati di privare della vita il bambino già concepito invece di donare la vita volentieri e liberamente. L'aborto è un dramma di fronte al quale i cristiani non possono rimanere senza reagire e senza difendere con fermezza il rispetto per la vita. Ci sono delle sofferenze che dovete cercare di alleviare. Ci sono miserie ed ingiuste solitudini che richiedono il soccorso davvero fraterno dei discepoli di Cristo salvatore il cui amore predilige i piccoli indifesi, i bambini che devono nascere, fragili e innocenti. Alla radice di tale tentazione contro la vita, vi è molto spesso un disordine della vita sessuale al quale l'enciclica "Humanae Vitae" ha voluto reagire. E' per questo che nelle esigenze della vita coniugale, la norma morale non può essere considerata come un semplice ideale da perseguire in futuro, ma come un comandamento che la Chiesa deve formulare a nome del Signore, esigendo la ferma volontà di superare gli ostacoli (cfr FC 34).


4. L'esperienza dell'incontro con le coppie per iniziarle ai metodi naturali vi ha mostrato la grandezza delle difficoltà presenti nelle famiglie. Voi siete stati portati naturalmente ad estendere il dialogo e ad offrire ai vostri interlocutori la pratica della consulenza coniugale. La conoscenza profonda delle sofferenze che vi vengono confidate vi permette di testimoniare le drammatiche conseguenze dell'infedeltà, delle rotture e delle deviazioni morali nella vita degli sposi e dei loro figli. L'alcol, la droga e perfino il suicidio dei giovani sono i segni più manifesti. Ma potete anche testimoniare la bellezza della mutua fedeltà che resiste anche oltre la prova, e della possibilità di non abbandonarsi alla deviazione e di rifiutare di giustificarla, di tornare uno verso l'altro per ricostruire una famiglia provata, con il perdono e la riconciliazione.

A questo proposito il vostro compito è molto delicato: un consulente coniugale cristiano deve aiutare i suoi interlocutori a scoprire i valori che sono alla base delle norme della vita coniugale. Deve essere aperto ed avere la pazienza di ascoltare, la capacità di rispettare e di amare le persone così come sono, con i problemi che hanno. Ma la qualità di un consulente cristiano dipende anche dalla propria capacità personale di contribuire ad un discernimento esercitato nella verità delle esigenze coniugali. La decisione finale, come in ogni azione morale, viene presa in ultima istanza dal soggetto, in piena coscienza. Il consulente da parte sua, si ricorda del Signore che non condanna la donna adultera ma le dice: "Va', e non peccare più" (cfr Jn 8,1-11). Come testimone degli appelli evangelici e della grazia della Redenzione, il consulente gioisce quando vede le persone orientare di nuovo la loro vita "secondo la verità e nella carità" (cfr Ep 4,15); aver contribuito a un tale rinnovamento lo rafforza nel suo impegno di apostolato.


5. In breve, vorrei incoraggiarvi inoltre nella vostra azione educativa. Educare i giovani ad una sana concezione della sessualita, a gestire bene la loro affettività, è un servizio insostituibile per il quale le famiglie hanno spesso bisogno del contributo di educatori esperti. Mostrate ai giovani la grandezza e la bellezza dell'uomo quando agisce secondo la sua condizione di creatura fatta a immagine di Dio e quando rapporta le proprie azioni a Cristo, l'uomo perfetto! Fate scoprire ai giovani i fondamenti e la coerenza di una morale che troppo spesso viene presentata loro come un insieme di precetti privi di un vero senso o inapplicabili. Bisogna che i giovani siano motivati per prepararsi a costruire la loro vita sulla roccia.


6. Coloro che svolgono i servizi sempre più numerosi e diversificati del vostro movimento necessitano di una reale competenza. So che dedicate molto tempo alla preparazione per i ruoli di consulente e di educatore che in seguito svolgete con generosità. Desidero esprimere la stima e la gratitudine che questa generosità ispira. Mi auguro che molti comprendano che non si possono affrontare le gravi questioni legate al rispetto della vita stessa senza avere una conoscenza approfondita di varie discipline, senza riflettere in gruppo, senza aprirsi attraverso la preghiera allo Spirito del Signore e senza vivere pienamente la comunione ecclesiale. Incoraggio le iniziative del vostro movimento per permettere ai suoi membri di allargare la propria formazione personale sul piano intellettuale, sul piano della conoscenza dell'uomo così come su quello della vita spirituale.

Prima di concludere, desidero sottolineare il vostro contributo alla ricerca scientifica, soprattutto al fine di giungere ad un approccio più sicuro delle condizioni della procreazione. Sono già stati ottenuti risultati significativi, il campo di ricerca rimane aperto; è bene che gli scienziati cristiani vi lavorino assiduamente.


7. Auguro al CLER di proseguire la propria attività nell'ambito della pastorale familiare in Francia, negli altri paesi dove è presente, nella coordinazione assicurata dalla federazione internazionale di azione familiare, in collegamento con il pontificio consiglio della famiglia.

Torno ad esprimere la gratitudine delle famiglie e dei giovani che vengono aiutati da voi a trovare il cammino felice dello sviluppo umano nel senso voluto dal Creatore, con la grazia infinita della Redenzione. Affido la vostra opera, i vostri interlocutori, le vostre persone e tutti i vostri familiari all'intercessione di Maria, madre degli uomini. E vi imparto con tutto il cuore la mia benedizione apostolica.

1989-11-10

Venerdi 10 Novembre 1989




All'Ordine Francescano Secolare d'Italia per il settimo centenario dell'approvazione della regola - Città del Vaticano (Roma)

Laici francescani per servire la Chiesa testimoniando il Vangelo con la vita



1. Carissimi fratelli e sorelle dell'Ordine Francescano Secolare d'Italia, siete convenuti a Roma per pregare sulla tomba dell'apostolo Pietro, come amava fare san Francesco, e per celebrare il settimo centenario della bolla "Supra Montem", con la quale il mio predecessore Nicolo IV, il 18 agosto dell'anno 1289, istitui il Terzo Ordine, allora chiamato dei fratelli e delle sorelle della penitenza.

Il mio saluto a tutti voi ed a tutti gli appartenenti all'Ordine Secolare delle comunità italiane. Saluto anche la presidente nazionale, signora Emanuela De Nunzio, l'assistente nazionale padre Giuseppe Marini, tutti i rappresentanti delle diverse famiglie francescane qui presenti.

So bene che i francescani secolari in Italia sono numerosi e vantano una singolare tradizione di servizio ecclesiale. Di questo mi compiaccio vivamente.


2. L'Ordine Francescano Secolare, come è noto, rappresenta la più antica forma di organizzazione di laici che, sotto la guida della Chiesa, fraternamente uniti, ed ispirandosi al carisma di san Francesco, si impegnano a testimoniare con la vita il Vangelo, dedicandosi all'apostolato secondo le forme richieste nelle condizioni proprie dello stato laicale. Chiamati a vivere nel secolo ma spinti dallo Spirito Santo a raggiungere la perfezione della carità, sul modello di vita del serafico Poverello di Assisi, voi operate nel mondo a guisa di fermento, ripieni di spirito cristiano, consapevoli di dover camminare generosamente nella vita della santità (cfr AA 2).

E' proprio questo che san Francesco chiedeva nella sua esortazione ai fratelli ed alle sorelle della penitenza, rivolgendosi a "tutti coloro che amano il Signore con tutto il cuore... ed amano il prossimo come se stessi, ed odiano il proprio corpo con i suoi vizi e peccati, e ricevono il corpo e il sangue del Signore nostro Gesù Cristo, e fanno degni frutti di penitenza") ("Esortazione di S. Francesco ai Fratelli ed alle Sorelle della Penitenza", prologo; ed. K. Esser, "Die Opuscula des H. Franziskus von Assisi", Nuova ediz. critica, Grottaferrata, 1976).


3. Secondo la bolla "Supra Montem", la vita francescana secolare ha esigenze ben precise. Essa è anzitutto fondata "sopra la roccia della fede cattolica", quella fede, cioè, che i discepoli del Cristo, con ardore di carità verso il loro maestro, hanno insegnato e che la Chiesa romana professa e custodisce. San Francesco ha raccomandato - e la bolla lo ricorda - con la parola e con l'esempio il valore di questa norma prima e fondamentale per la santificazione di ogni cristiano. perciò a tutti i fedeli continuatori della missione francescana è chiesta la "sincerità di questa stessa fede", tenuta sempre con fermezza, espressa nelle opere (cfr. Nicolai IV, "Supra Montem", prol.).

Alla coerenza ed all'unità della fede corrisponde nella tradizione francescana secolare una rigorosa condotta di vita. Essa si fonda anzitutto sullo spirito della povertà, adattato, si alle esigenze di coloro che rimangono nel secolo, ma non per questo meno rigoroso. La rinuncia a uno stile di vita costoso per l'abbigliamento, il cibo e lo svago costituiva alle origini dell'ordine un segno necessario anche per i laici che volevano sinceramente testimoniare la povertà di Cristo. Ciò costituisce tuttora l'essenza della vita francescana.

Ma anche la povertà, perché sia veramente virtù, ha bisogno di sostenersi con una intensa preghiera. La bolla "Supra Montem" raccomanda perciò vivamente l'orazione, specialmente quella liturgica, la frequenza ai sacramenti della Riconciliazione e dell'Eucaristia, il digiuno e la penitenza praticati per amore di Dio ed in spirito di carità.

Inoltre lo spirito francescano non può disinteressarsi della pace. Di qui l'invito ad operare concretamente per essa, secondo le proprie possibilità e condizioni: "Ristabilire la pace tra i fratelli e le sorelle, o anche tra gli estranei caduti in discordia" (Nicolai IV, "Supra Montem").


4. Anche oggi la regola fondamentale di tutti i figli di san Francesco nell'Ordine Secolare chiede di conformare il proprio modo di pensare e di agire a quello di Cristo, mediante un radicale mutamento interiore ed una vera conversione attuata giorno per giorno (cfr. Pauli VI "Seraphicus Pater", 7,). Ovviamente le condizioni del mondo contemporaneo esigono altri segni, altre maniere di realizzare una vita santa, nel quotidiano impegno di apostolato. E' chiaro, tuttavia, che rimangono identiche le regole fondamentali per vivere realmente secondo il Vangelo. La regola francescana insegna ancor oggi come si debba aprire il cuore a Cristo, come si possa camminare con lui e come si possa far conoscere ai fratelli che l'adesione alla Parola divina elargisce un dono che libera e santifica. Con un autentico stile di vita francescano, in una parola, si propone ad ogni uomo e donna un'effettiva crescita nel modo di agire cristiano, e perciò corrispondente alla stessa dignità umana.


5. Considerate allora quanto sia preziosa la regola di vita proposta dal vostro ordine. L'uomo moderno coinvolto nella civiltà dei consumi, ha bisogno di ritrovare un vero orientamento per il programma delle sue scelte quotidiane. Oggi c'è bisogno di annunciare che il primato dello spirito è essenziale per affermare in maniera autentica anche i valori umani. Voi dovete far comprendere che la povertà secondo il Vangelo è davvero liberazione e beatitudine; che l'amore a Cristo è fonte di gioia; che la carità verso il prossimo e in se stessa una valida ragione di vita. L'uomo moderno chiede alla Chiesa ed a tutti voi, discepoli di san Francesco, come vivere effettivamente le esigenze del Vangelo, "sine glossa", pur conservando la propria condizione di laici, impegnati nell'ordine temporale.

La vocazione universale alla santità, la missione affidata ai laici nella redenzione delle realtà terrene, il valore della preghiera, così chiaramente intuiti da san Francesco, siano dunque per tutti voi il programma da confermare e rinvigorire.

Vi aiuti in tale proposito la benedizione apostolica che, auspice il serafico padre San Francesco, imparto di cuore a tutti voi ed alle vostre comunità.

[Il saluto del Santo Padre ai delegati delle confraternite:] Sono anche presenti i delegati delle confraternite delle diocesi d'Italia, riuniti per un incontro di studio, sotto la presidenza del Cardinale vicario di Roma e Presidente della Conferenza Episcopale, Ugo Poletti.

Auspico che da tale assemblea, impegnata a valutare le vie nuove della partecipazione attiva alla missione della Chiesa nel servizio della carità, secondo il programma pastorale della Conferenza Episcopale Italiana, sorgano valide iniziative e spunti di aggiornata testimonianza.

Benedico tutti di cuore.

1989-11-11

Sabato 11 Novembre 1989




Alla confcooperative e federcasse rurali ed artigiane italiane - Città del Vaticano (Roma)

Solidarietà e partecipazione per ridurre le distanze esistenti tra uomini e tra nazioni


Carissimi.


1. Mi congratulo vivamente con voi, cooperatori cattolici e soci delle casse rurali e srtigiane, venuti in così gran numero e con tanto entusiasmo per ricordare il settantesimo anniversario della costituzione della confcooperative, e del settantacinquesimo di fondazione della federazione delle casse rurali ed artigiane.

Ringrazio i presenti per i cordiali indirizzi rivoltimi ed esprimo a tutti il mio saluto e l'augurio che questa fausta ricorrenza serva di stimolo per la vostra presente attività e per quella che intendete svolgere nel prossimo futuro.

Il tema da voi scelto, per questa circostanza, "un passato, un presente, un futuro di solidarietà, democrazia, imprenditorialità", richiama con forza i principi della cooperazione: la solidarietà e la partecipazione.

Mi è caro soffermarmi su questi due importanti temi, che sono fondamentali nell'insegnamento sociale della Chiesa.

La confcooperative, nell'articolo primo del proprio statuto, si richiama appunto al Magistero e alla dottrina sociale della Chiesa e pone a fondamento della vita associativa i valori di solidarietà economica e sociale, di libertà e di partecipazione.

La cooperazione, ispirandosi ai principi della dottrina sociale, ricerca prima di tutto la valorizzazione della persona umana; realizza in concreto l'ideale della fraternità e si pone, con finalità proprie, quale strumento di trasformazione delle strutture sociali. Questa cooperazione si costituisce ed opera al di sopra delle lotte di classe, di cui respinge gli obiettivi ed i metodi.

E pur vero che la crescita dell'esperienza cooperativistica dipende dalla soluzione dei problemi economici e dalle situazioni, che di volta in volta si presentano in vari campi e con varie esigenze; ma è altrettanto importante che, insieme a questi problemi, si guardi anche alla crescita umana e sociale, culturale e morale degli aderenti. In una società che talora disprezza gli urgenti problemi dell'uomo, quasi incapace di chinarsi verso le sue esigenze, la cooperazione, come ebbi già occasione di affermare a Faenza il 10 maggio 1986, "si caratterizza sul piano economico per lo sviluppo di una economia locale che cerca di meglio rispondere alle necessità della comunità", e, "sul piano morale si distingue per l'accentuazione del senso di solidarietà, pur nel rispetto della necessaria autonomia del singolo che deve crescere verso una piena maturità". ("", IX, 1 [1986] 1342).

E' questo un aspetto fondamentale della cooperazione: l'accento posto sul ruolo di ciascun membro nelle proprie comunità, attraverso un impegno di carattere etico, che non esclude la difesa degli interessi legittimi delle persone.


2. L'esperienza delle cooperative è oggi ancora di grande attualità, quale veicolo di un nuovo modo di concepire l'economia sociale, alla luce del Magistero della Chiesa, così ricco di principi che possono illuminare anche e soprattutto le mutate circostanze dei nostri giorni.

Occorre pero riflettere sul pericolo che il successo della cooperazione possa essere misurato solo dai risultati di crescita economica: tale prospettiva così riduttiva, non potrebbe certamente armonizzarsi con la visione cristiana della persona umana. Attraverso gli sforzi cooperativistici occorre anzitutto che venga riconosciuta ed avvalorata la persona, in ogni sua dimensione: essa, infatti, è la vera misura di ogni comunità, che intenda favorire un cammino di crescita e di progresso.

In questo modo la cooperazione diventa attenzione ai problemi; servizio alle categorie degli ultimi, di chi non ha lavoro e quindi possibilità di sostentamento; è un modo per inserire nel lavoro i giovani, spesso delusi dalla mancanza di spazi per una loro presenza; senza dimenticare le emarginazioni che ci fanno vedere tanti nostri fratelli in una situazione di disagio e di sfruttamento.

La solidarietà di un gruppo sociale che ha dato vita alla società cooperativa, non si esaurisce così all'interno di essa, ma si espande nell'assumere una responsabilità verso altre persone, altri gruppi sociali, altre aree del territorio del proprio Paese e anche altri popoli, che si trovano in condizioni di svantaggio, per proporre un aiuto fraterno, che solleciti a sua volta chi lo riceve a sviluppare un atteggiamento di responsabilità, di iniziativa e di solidarietà.


3. A questo riguardo, penso sia bene servirsi dell'esperienza delle cooperative per la solidarietà verso altri paesi in via di sviluppo. Il richiamo del vostro presidente a queste iniziative non può lasciarci indifferenti. può senz'altro essere un modo di servizio, di stimolo, di solidarietà reale. Riuscire in questo modo ad accorciare le enormi distanze fra Paesi che vivono in agiatezza ed altri che non hanno di che sostenersi.

La vostra esperienza di questi anni deve darvi questi impulsi! Non abbiate perciò paura di mettervi al servizio dei fratelli e diventare in questo modo strumenti di crescita.

La cooperazione, tuttavia, oltre che per queste finalità di sviluppo economico e sociale, si presta bene a realizzare altre iniziative di carattere educativo e culturale, ad esempio nella scuola e nella informazione. Queste riflessioni si applicano anche alle cooperative di credito e alle vostre casse rurali ed artigiane, la cui origine, spesso con l'attiva promozione di sacerdoti, è pure fortemente improntata alla solidarietà tra i soci e verso le comunità locali. In un'epoca nella quale la funzione del credito e degli strumenti finanziari assume un'importanza crescente è bene che queste funzioni siano costantemente poste a servizio del lavoro e della iniziativa umana, e contribuiscano attivamente a sviluppare una solidarietà più ampia sia tra le diverse componenti del movimento cooperativo, sia verso le situazioni di bisogno, che ho richiamato. Per conseguire questo fine occorre che le casse rurali ed artigiane, come anche le cooperative operanti negli altri settori, conservino e perfezionino i valori umani e cristiani connessi con la scelta cooperativa.


4. Cari fratelli e sorelle, l'enunciazione di principi deve riuscire a calarsi nella realtà per diventare luce, forza al cammino del mondo: il domani della società, e il futuro di solidarietà morale, sociale, economica, stanno quindi nelle vostre mani.

Maria santissima, madre di Cristo, che ha cooperato con la sua disponibilità al disegno di Dio Padre per la salvezza dell'uomo, vi conforti con la sua materna protezione.

Con questi sentimenti vi imparto la mia speciale benedizione.

1989-11-11

Sabato 11 Novembre 1989




Al termine del concerto sinfonico offerto dalla RAI - Città del Vaticano (Roma)

L'anelito dell'uomo verso la risurrezione


Nel clima di spirituale elevazione, in cui tutti siamo stati posti dall'ascolto della sinfonia numero 2 in do minore "La Risurrezione", desidero esprimere il mio vivo compiacimento per l'esecuzione della nota opera di Gustav Mahler, com'è stata interpretata dal maestro direttore Gabriele Ferro, dal maestro dei cori Fulvio Angius, dai solisti il soprano Gabriela Benackova e il mezzo-soprano Hanna Schwarz, dai componenti dell'orchestra sinfonica e coro di Roma e dal coro da camera della RAI.

Mentre manifesto a voi, illustri e cari artisti, la mia gratitudine, rivolgo la mia parola di saluto al dottore Biagio Agnes, che sentitamente ringrazio per l'omaggio di questo concerto.

Nel gesto vostro e della radiotelevisione italiana ravviso non solamente un pensiero di attenzione alla mia persona, ma anche di deferenza verso la Santa Sede e la Chiesa, che il Signore mi ha chiamato a presiedere nella carità e nella verità.

E' proprio per amore del vero e del bene che la Chiesa ha avuto ed ha sempre un'attenta premura nei confronti dell'arte, in tutte le sue espressioni.

L'arte genuina, infatti, è sempre un'esperienza di verità non solo da parte di chi ne fruisce, ma anche e soprattutto di chi la realizza, poiché l'uomo intende fissare nel segno artistico la percezione della bellezza e del dramma dell'esistenza umana.

Anche la sinfonia, che abbiamo or ora ascoltato, è di ciò una significativa testimonianza. In essa è stato riproposto il grido dell'uomo, che, pur in una condizione di morte, chiede di vivere, rivelando il suo potente ed incoercibile anelito verso una risurrezione ed una luce, che lo illumini sino alla beatitudine eterna.

Noi sappiamo che la speranza dell'uomo ha una risposta in Cristo, il Figlio di Dio, nella cui Risurrezione ogni uomo è risorto.

Auspico che il desiderio di immortalità, in tutti vivo e presente, possa essere confortato anche da questa pregevole esecuzione. Elevo poi la mia preghiera perché la risposta del Vangelo a questa istanza fondamentale sia accolta da quanti si interrogano sul futuro definitivo dell'uomo.

Su tutti invoco la benedizione di Dio.

1989-11-11

Sabato 11 Novembre 1989




L'omelia per la canonizzazione di una figlia del popolo boemo e un figlio del popolo polacco - Città del vaticano (Roma)

Agnese di Boemia e Alberto Adamo Chmielowski



1. "Imparate da me" (Mt 11,29).

Oggi, domenica 12 novembre 1989, noi qui riuniti abbiamo ascoltato queste parole di Gesù nostro maestro e Signore, contenute nel Vangelo di Matteo: "Imparate da me, che sono mite e umile di cuore".

"Imparate da me... il mio giogo infatti è dolce e il mio carico leggero".

"Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me" (Mt 11,29).

Meditando su queste parole, la Chiesa guarda oggi verso due persone che, con tutta la loro vita, hanno accolto questo invito del Maestro divino: la beata Agnese di Boemia e il beato fratel Albert Chmielowski di Cracovia. Molti secoli li separano l'una dall'altra: dal XIII al XX secolo. Li unisce pero una particolare affinità spirituale: l'eredità di san Francesco d'Assisi e di santa Chiara: come pure la vicinanza delle nazioni da cui provengono: la Boemia e la Polonia.


2. Oggi li unisce la comune canonizzazione, con la quale la Chiesa iscrive nell'albo dei suoi santi questa figlia del popolo boemo e questo figlio del popolo polacco.

E ciò accade nel mese di novembre, quando nei nostri cuori risuonano ancora con viva eco le parole dell'Apocalisse di san Giovanni: "Vidi... una moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, razza, popolo e lingua. Tutti stavano in piedi davanti al trono... e gridavano a gran voce...

Amen! Lode, gloria, sapienza, azione di grazia, onore, potenza e forza al nostro Dio nei secoli dei secoli" (Sg 7,9-12).

Ecco, "essi sono coloro che sono passati attraverso la grande tribolazione e hanno lavato le loro vesti rendendole candide col sangue dell'Agnello" (Ap 7,14).

La verità della loro vita è stata questa: essi "hanno imparato" da Cristo, il quale è "mite e umile di cuore"; essi "hanno preso il suo giogo sopra di sè". Ed ecco, hanno trovato un ristoro per le loro anime: la santità, e cioè la perfezione eterna in Dio.


3. La beata Agnese di Boemia, pur essendo vissuta in un periodo tanto lontano dal nostro, rimane anche oggi un fulgido esempio di fede cristiana e di carità eroica, che invita alla riflessione ed alla imitazione.

Ben si addicono alla sua vita ed alla sua spiritualità le parole della prima lettera di Pietro: "Siate moderati e sobri, per dedicarvi alla preghiera".

così scriveva il capo degli apostoli ai cristiani del suo tempo; e soggiungeva: "Soprattutto conservate tra voi una grande carità... Praticate l'ospitalità gli uni verso gli altri, senza mormorare" (1P 4,7-9). Proprio questo è stato il programma di vita di sant'Agnese: fin dalla più tenera età ella oriento la propria esistenza alla ricerca dei beni celesti. Rifiutate alcune proposte di matrimonio, decise di dedicarsi totalmente a Dio, perché nella sua vita egli venisse glorificato per mezzo di Gesù Cristo (cfr 1P 4,11).

Essendo venuta a conoscere dai Frati Minori, allora giunti a Praga, l'esperienza spirituale di Chiara di Assisi, volle seguirne l'esempio di francescana povertà: con i propri beni dinastici fondo a Praga l'ospedale di san Francesco e un monastero per le "Sorelle Povere" o "Damianite", dove lei stessa fece il suo ingresso il giorno di Pentecoste del 1234, professando i voti solenni di castità, povertà e obbedienza.

Sono rimaste famose le lettere che santa Chiara d'Assisi le indirizzo per esortarla a proseguire nel cammino intrapreso. Sorse così un'amicizia spirituale, che duro per quasi vent'anni, senza che le due sante donne si incontrassero mai.


4. "Praticate l'ospitalità gli uni verso gli altri, senza mormorare" (1P 4,9). Fu la norma a cui santa Angnese ispiro costantemente la propria azione, accettando sempre con piena fiducia gli avvenimenti che la Provvidenza permetteva, nella certezza che tutto passa, ma la Verità rimane in eterno! E', questo, l'insegnamento che la nuova santa dona anche a voi, cari suoi connazionali, e dona a tutti. La storia umana è in continuo movimento; i tempi cambiano con le varie generazioni e con le scoperte scientifiche; nuove tecniche ma anche nuovi affanni si affacciano all'orizzonte dell'umanità, sempre in cammino: ma la verità di Cristo, che illumina e salva, perdura nel mutare degli eventi. Tutto ciò che avviene sulla terra è voluto o permesso dall'Altissimo perché gli uomini sentano la sete o la nostalgia della Verità, tendano ad essa, la ricerchino e la raggiungano! "Ciascuno viva secondo la grazia ricevuta, mettendola a servizio degli altri", così scriveva ancora san Pietro, e concludeva: "Chi esercita un ufficio, lo compia con l'energia ricevuta da Dio, perché in tutto venga glorificato Dio per mezzo di Gesù Cristo" (1P 4,10-11). Nella sua lunga vita, travagliata anche da malattie e sofferenze, sant'Agnese ha davvero compiuto con energia il suo servizio di carità, per amore di Dio, contemplando come in uno specchio Gesù Cristo, come le aveva suggerito santa Chiara: "In questo specchio rifulgono la beata povertà, la santa umiltà e l'ineffabile carità" (Lettera IV: "Fonti Francescane", ed. 1986, n. 2903).

E così Agnese di Boemia, che oggi abbiamo la gioia di invocare "Santa", pur vissuta in secoli tanto lontani da noi, ha avuto un notevole ruolo nello sviluppo civile e culturale della sua Nazione e resta nostra contemporanea per la sua fede cristiana e per la sua carità: è esempio di coraggio ed è aiuto spirituale per le giovani che generosamente si consacrano alla vita religiosa; e ideale di santità per tutti coloro che seguono Cristo; è stimolo alla carità, esercitata con totale dedizione verso tutti, superando ogni barriera di razza, di popolo e di mentalità; e celeste protettrice del nostro faticoso cammino quotidiano. A lei possiamo dunque rivolgerci con grande fiducia e speranza.


5. Ed ecco fratel Alberto: è un personaggio che ha lasciato un'orma profonda nella storia di Cracovia e del popolo polacco, come nella storia della salvezza. Bisogna "dare l'anima"): sembra questo il filo conduttore della vita di Adam Chmielowski, fin dai suoi giovani anni. Come studente diciassettenne della scuola di agricoltura partecipo alla lotta insurrezionale per la libertà della sua Patria dal giogo straniero - e in essa riporto la mutilazione di una gamba. Cerco il significato della sua vocazione attraverso l'attività artistica, lasciando opere che ancora oggi impressionano per una loro particolare capacità espressiva.

Mentre si dedicava sempre più intensamente alla pittura, Cristo gli fece sentire la chiamata per un'altra vocazione e lo invito a cercare sempre più oltre: "Impara da me... che sono mite e umile di cuore... Impara".

Adam Chmielowski fu discepolo pronto a ogni chiamata del suo maestro e Signore.


6. Di questa chiamata decisiva, che traccio la sua strada verso la santità in Cristo, parla il testo della prima lettura della liturgia della odierna canonizzazione, tratto dal profeta Isaia: "...sciogliere le catene inique, togliere i legami del giogo, rimandare liberi gli oppressi e spezzare ogni giogo" (Is 58,6). E' questa la teologia della liberazione messianica, che contiene quella che oggi siamo abituati a definire "opzione per i poveri": "dividere il pane con l'affamato, introdurre in casa i miseri, i senza tetto, vestire chi è nudo, senza distogliere gli occhi dalla tua gente" (Is 58,7).

Proprio così fece fratel Alberto. In questo instancabile, eroico servizio a favore dei diseredati egli trovo finalmente il suo cammino. Trovo Cristo. Prese su di sè il suo giogo e il suo carico; e non fu soltanto "uno che fa la carità", ma divenne fratello di coloro che egli serviva. Il loro fratello. Il "fratello grigio", come era chiamato.

Altri lo seguirono: i "Fratelli grigi" e le "Sorelle grigie", per i quali oggi è una grande festa comune. Ecco, infatti: si sono compiute le ulteriori parole della profezia di Isaia: "Davanti a te camminerà la tua giustizia, la gloria del Signore ti seguirà. Allora lo invocherai e il Signore ti risponderà: implorerai aiuto ed egli dirà: Eccomi!" (Is 58,8-9).


7. "Eccomi".

Nel Vangelo che abbiamo ora ascoltato Cristo dice: "Tutto mi è stato dato dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio" (Mt 11,27).

"Eccomi": soltanto il Figlio! e "colui al quale il Figlio lo voglia rivelare" (Mt 11,27). E a chi il Figlio rivela? A chi si rivela il Padre nel Figlio? "Ti benedico, o Padre... perché hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelati ai piccoli. Si, o Padre, perché così è piaciuto a te" (Mt 11,25-26).

Ti benedico, o Padre, perché / hai rivelato il mistero del tuo amore / a suor Agnese di Boemia e a fratel Alberto di Cracovia / "Perché così è piaciuto a te". / Per questo ti rendiamo grazie.

Ti benediciamo, o Padre, insieme con il Figlio e con lo Spirito Santo.

Benediciamo te, che sei l'amore.

1989-11-12

Domenica 12 Novembre 1989





GPII 1989 Insegnamenti - Ai membri del "Centre de Liaison des Equipes de Recherche" - Città del Vaticano (Roma)