GPII 1990 Insegnamenti - All'ospedale delle suore "Figlie di San Camillo" - Acqua Bullicante (Roma)

All'ospedale delle suore "Figlie di San Camillo" - Acqua Bullicante (Roma)

Titolo: Umanizzare e rendere più vivibili gli ospedali della città

Carissimi fratelli e sorelle.


1. Siamo ormai vicini ai giorni in cui celebreremo i più grandi misteri della nostra redenzione. Nella prospettiva della Pasqua ho voluto venire tra voi, per portarvi il mio augurio e la mia benedizione. Saluto e ringrazio il signor direttore sanitario per le nobili parole con cui, a nome di tutti, mi ha dato il benvenuto e rivolgo il mio cordiale saluto al signor cardinale vicario, al delegato per l'assistenza religiosa agli ospedali di Roma, mons. Brandolini, ai medici, al personale paramedico, ausiliario, amministrativo e tecnico. Saluto, in particolare i cari malati, ospiti di questa casa di cura, i loro parenti e amici e quanti si prestano per offrir loro assistenza.

In questi ultimi giorni del cammino quaresimale che ci prepara alla Pasqua del Signore, come nel crescendo di una grande sinfonia, la liturgia della Chiesa intensifica i suoi messaggi, volti a farci scoprire il significato e la portata dell'evento che stiamo per rivivere. Oggi ci presenta Gesù che proclama: "Io sono la risurrezione e la vita".

Se c'è un luogo nel quale queste parole risuonano con una particolare carica di consolazione e di speranza, questo è l'ospedale, ogni ospedale e casa di cura, dunque anche la vostra. Qui, infatti, tutto è orientato a servire la vita, nell'intento di restituire alla salute chi è stato colpito dalla malattia e ridonarlo all'affetto dei suoi cari.


2. Nella prospettiva del pieno ricupero della salute, vorrei tuttavia invitarvi, cari malati, a non sottovalutare il periodo che state ora vivendo. Fa parte anch'esso di un disegno provvidenziale. Tutti sappiamo, per esperienza diretta, che la sofferenza e la malattia appartengono alla condizione dell'uomo, creatura fragile e limitata, segnata fin dalla nascita dal peccato originale. Accade non raramente che coloro che ne sono colpiti cedano alla tentazione di considerarle un "castigo" divino e dubitino in conseguenza, della bontà di Dio, che Gesù ci ha rivelato come "Padre" che ama sempre e comunque i suoi figli.

In una società come quella attuale, poi, che pretende di costruirsi sul benessere e sul consumismo e tutto valuta sulla base dell'efficientismo e del profitto, il problema della malattia e della sofferenza, non potendo essere negato, o viene "rimosso" oppure si pensa di poterlo risolvere affidandosi esclusivamente ai mezzi offerti dalla moderna tecnologia avanzata. Tutto ciò costituisce una vera e propria "sfida" per coloro che si professano credenti e che hanno dalla rivelazione, e soprattutto dal Vangelo, una risposta da accogliere nella loro vita e da proporre al mondo come segno di speranza e come luce che dà senso all'esistenza.

E' la "parola della croce", che tutti coloro che lavorano nel mondo della salute e della malattia sono chiamati a far propria, a testimoniare e annunciare agli altri.


3. Voi malati, anzitutto! Il Papa, venuto oggi tra voi, vi dice dunque: guardate a Cristo crocifisso e imparate da lui! Egli, assumendo totalmente la condizione umana, ha voluto liberamente caricarsi delle sofferenze umane e, offrendosi al Padre come vittima innocente per noi uomini e per la nostra salvezza "con forti grida e lacrime" (He 5,7), ha redento la sofferenza, trasformandola in un dono d'amore per la redenzione di tutti.

Certo, la malattia e la sofferenza restano un "limite" e una "prova"; possono perciò costituire una pietra d'inciampo nel cammino della vita.

Nell'ottica della croce, tuttavia, diventano un momento di crescita nella fede e uno strumento prezioso per contribuire, uniti a Cristo, alla realizzazione del progetto divino della salvezza.

Carissimi fratelli e sorelle ammalati, vivete così la vostra esperienza! Non vi mancheranno l'aiuto di Dio e la forza che viene dallo Spirito Consolatore.

Il Papa è con voi e vi accompagna ogni giorno con la sua preghiera. La Chiesa di Roma, chiamata al rinnovamento spirituale e pastorale con il Sinodo diocesano, conta sul vostro prezioso contributo di offerta e di supplica per vivere più intensamente la comunione e dedicarsi con rinnovato impegno a una "nuova evangelizzazione" della città.


4. La "parola della croce" ha un messaggio anche per voi, operatori sanitari, che, a vari livelli e con diverse responsabilità, svolgete il vostro servizio in ospedale. E' Cristo Gesù, infatti, che si nasconde e si svela nel volto e nella carne, nel cuore e nello spirito di coloro che voi siete chiamati ad assistere e curare. Egli considera fatto a sé ciò che si fa a uno di questi fratelli più piccoli, malati e spesso soli ed emarginati dalla società. Ciò esige da voi atteggiamenti interiori, parole e gesti ispirati non solo da una profonda e ricca umanità, ma da un autentico spirito di fede e di carità.

Vi so già impegnati in questa delicata e difficile missione. Vi esorto tuttavia a crescere e progredire sempre più in questa direzione. Chiedo dunque a voi, e attraverso voi a tutti coloro che lavorano nelle strutture sanitarie della città, di vincere la tentazione dell'indifferenza e dell'egoismo e di adoperarvi anzitutto per umanizzare e rendere più vivibili gli ambienti sanitari, in modo che l'uomo malato sia curato nella sua totalità di corpo e di spirito. Adoperatevi perché siano riconosciuti e promossi tutti i diritti fondamentali e i valori della persona umana, primo fra tutti quello della vita, dal suo sorgere fino al suo naturale compimento. Ciò esige attenzione alle diverse situazioni, dialogo rispettoso e paziente, amore generoso per ogni uomo considerato come immagine di Dio, e per chi è credente, "icona" di Cristo sofferente.


5. Ciò esige non solo spiccate qualità umane, competenza professionale e seria volontà di collaborazione, ma una profonda coerenza morale e una matura consapevolezza dei valori etici che sono in gioco quando la vita è minacciata dalla malattia e dalla morte. Occorre accostarsi come "buoni samaritani" all'uomo che soffre, come ha fatto Gesù e come egli ha insegnato a fare a coloro che vogliono essere suoi discepoli. Bisogna saper "vedere" le sofferenze dei propri fratelli, non "passando oltre" per fretta o pigrizia, ma facendosi "prossimi", sostando accanto a loro, per dire le parole della consolazione e somministrare le cure necessarie, con gesti di servizio e di amore rivolti alla salute integrale della persona umana.

Ciò è particolarmente compito della pastorale sanitaria, che si propone di realizzare una presenza efficace della Chiesa per recare la luce del Vangelo e la grazia del Signore, attraverso i sacramenti, a coloro che soffrono e a quanti se ne prendono cura, primi fra tutti i familiari dei malati che spesso sono i più esposti ai contraccolpi che la sofferenza comporta nell'esistenza umana.

Anche in questo settore il Sinodo pastorale diocesano dovrà portare frutti di rinnovamento e di maggiore impegno, sulla linea della comunione e della missione.


6. Carissimi fratelli e sorelle, sono queste le "lezioni" che ci giungono dalla "parola della croce", dal mistero pasquale di Gesù, che ci prepariamo a celebrare in pienezza nei prossimi giorni. In comunione con tutta la Chiesa accogliamole con fede, viviamole con impegno. Impariamole da Maria, che ai piedi della croce ha unito le sue sofferenze a quelle del Figlio suo, contribuendo così alla redenzione dell'umanità. Diciamo come lei e con lei il nostro "si", per fare della nostra sofferenza o del nostro servizio a chi soffre un "dono di amore". Per la gloria di Dio e la salvezza dell'uomo. Amen!

Data: 1990-04-01

Domenica 1 Aprile 1990

Alle suore "Figlie di San Camillo" - Acqua Bullicante (Roma)

Titolo: "Rimanete fedeli a questa meravigliosa missione"

Grazia, misericordia e pace a tutte voi, care sorelle, da Dio Padre e dal Signore nostro Gesù Cristo!


1. Ringrazio di cuore la madre generale per il saluto che mi ha rivolto ed esprimo vivo compiacimento per le parole con cui, riaffermando l'amore vostro e di tutta la Congregazione delle "Figlie di san Camillo" per la Chiesa, ella ha voluto rinnovare l'impegno di un servizio fedele a favore dei malati e dei sofferenti.

Mi è caro, in questa circostanza, ricordare quanto la vostra Famiglia religiosa, che si prepara a celebrare il centenario della fondazione, ha compiuto e compie nel vasto e delicato settore della pastorale sanitaria. Non solo in questo ospedale, che quest'anno celebra il suo decennale, ma nelle numerose Opere di assistenza presenti nei cinque continenti, con l'intento evangelico di rendere visibile e operosa la carità di Cristo, "buon samaritano" dell'uomo piagato nel corpo e nello spirito.


2. La vostra Congregazione, sorta nel solco della famiglia camilliana, "ha ricevuto dallo Spirito Santo il dono di testimoniare l'amore sempre presente di Cristo verso gli infermi, nel ministero spirituale e corporale esercitato anche con rischio della vita".

Questo è il carisma che vi distingue nella Chiesa, anche in forza di un quarto voto - quello appunto del servizio ai malati - che voi emettete nella vostra professione religiosa. E' un dono e un compito che vi colloca al cuore della vita e della missione della Chiesa, che è "sacramento", segno e strumento cioè dell'amore di Dio verso tutto l'uomo e tutti gli uomini, con particolare attenzione ai piccoli, ai malati, ai peccatori.

E' vero, ogni forma di vita consacrata nella Chiesa, dedicandosi al servizio di Dio e dei fratelli con la professione dei consigli evangelici, è chiamata a prolungare nel tempo, nelle diverse situazioni di vita e di fronte agli innumerevoli bisogni umani, la multiforme carità di Cristo. Ma è ancor più vero che quando la carità si rivolge ai sofferenti, con i quali Cristo si è identificato e che sono porzione del popolo di Dio più bisognosa di cure e di amore, essa domanda un impegno che può giungere fino al supremo dono di sé, diventando carità eroica e quindi "perfetta". Non c'è un amore più grande di questo!


3. Voi, care sorelle, avete ricevuto e abbracciato con gioia questo carisma di misericordia e, come discepole, vi siete messe alla "scuola di carità" di quel grande maestro e testimone che è san Camillo de Lellis. Rimanete fedeli a questa meravigliosa vocazione, nell'umiltà e con grande disponibilità e dedizione al bene integrale della persona umana, offrendo a tutti gli operatori sanitari e agli stessi ammalati una viva e coerente testimonianza di servizio ai valori del regno di Dio, nello spirito delle beatitudini.

Comportandovi così seguirete più facilmente Cristo, che è passato tra gli uomini facendo del bene e sanando tutti come "medico dei corpi e delle anime", per realizzare il progetto salvifico affidatogli dal Padre.

Care sorelle, siate voi stesse: oltre ad adempiere il vostro specifico carisma, voi avrete così parte attiva all'edificazione e all'incremento della Chiesa, Corpo mistico di Cristo, e contribuirete alla promozione di una società più aperta e solidale con i sofferenti e gli emarginati.

Questo, del resto, è anche ciò che da voi, religiose, s'attende il prossimo Sinodo pastorale diocesano, il quale si propone di realizzare una "nuova evangelizzazione", fatta di parole e gesti evangelicamente ispirati, per rispondere alle antiche e nuove povertà e malattie che affliggono la società del nostro tempo.


4. Questo impegno non può essere frutto soltanto di buona volontà. Esso esige anzitutto una ricca e profonda esperienza di Dio, attinta alla preghiera personale e comunitaria che, anche nel vostro quotidiano e faticoso lavoro, dovrà sempre avere il primo posto.

In una situazione di pluralismo ideologico e culturale e quindi di indifferenza religiosa; in un mondo, come quello della salute, spesso lacerato e contraddittorio, dovete offrire una testimonianza evangelica coerente e forte, capace di muovere i cuori dei malati, dei loro familiari e degli altri operatori sanitari, per aprirli alla speranza e alla vita che viene da Dio. Sappiate vivere e agire in comunione di fede e di carità, in serena e operosa collaborazione tra voi e con tutti coloro che hanno a cuore il bene totale dell'uomo malato e contribuirete efficacemente a costruire una più fraterna convivenza all'interno della struttura sanitaria.

Vi conforti la paterna protezione di Dio, ricco di misericordia. Vi illumini l'esempio di Cristo, fattosi Servo obbediente e sofferente per la salvezza degli uomini. Vi accompagni la forza dello Spirito consolatore. E vi assista Maria, salute degli infermi, modello perfetto di carità e Madre premurosa di tutti i sofferenti.

A conferma di questi voti vi imparto di cuore la mia benedizione, che estendo volentieri a tutte le consorelle della vostra Congregazione.

Data: 1990-04-01

Domenica 1 Aprile 1990

Alla "Papal Foundation" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Lavorare per il bene della chiesa

Cari fratelli vescovi, cari amici.

Sono felice di salutare il Consiglio di Amministrazione e i membri della Papal Foundation degli Stati Uniti. Il nostro incontro oggi offre a me la gradita opportunità di estendere ad ognuno di voi la mia profonda gratitudine per i vostri generosi sforzi volti ad offrire la diretta assistenza al successore di Pietro nel suo ministero presso Chiesa in ogni parte del mondo. Vi ringrazio per lo spirito di abnegazione con cui vi siete impegnati nell'incarico che a voi è stato richiesto. Tramite il vostro presidente, il card. John Krol, e gli altri cardinali americani, così come tramite l'arcivescovo McCarrick e gli altri vescovi che hanno dato così liberamente del loro tempo, voi siete stati resi consapevoli dei grandi bisogni della Santa Sede. Questi bisogni nascono dalla vera natura del ministero affidato al Papa. Nella sua "preoccupazione per tutte le Chiese" (cfr. 2Co 11,28), il successore di Pietro deve raggiungere il popolo di Dio in ogni parte del mondo, adempiendo all'incarico affidatogli dal Signore stesso. Voi siete familiari anche con i coscienziosi tentativi della Santa Sede, soprattutto negli ultimi anni, di amministrare responsabilmente le risorse a sua disposizione. Vi assicuro che questi tentativi continueranno in conformità con le crescenti domande fatte soprattutto agli Uffici della Curia Romana. Come sapete, il Concilio Vaticano II ha già assegnato alla Chiesa un vasto programma di rinnovamento pastorale. Particolarmente sorprendente è la visione dei Padri conciliari presentata nella costituzione pastorale sulla Chiesa nel mondo contemporaneo. Li troviamo l'immensa sfida per la Chiesa a portare all'umanità la luce del Vangelo.

Rendendo testimonianza e dando voce alla fede di tutto il popolo di Dio, i Padri conciliari stabilirono di non poter dare una dimostrazione più eloquente della loro solidarietà verso l'intera famiglia umana che impegnandosi con essa in un fruttuoso dialogo sui problemi che questa deve affrontare, allo scopo di mettere a sua disposizione quelle energie di salvezza che la Chiesa stessa, sotto la guida dello Spirito Santo, ha ricevuto dal suo Fondatore (cfr. GS 3).

Tocca al vescovo di Roma, come capo del Collegio dei vescovi, favorire e promuovere questo dialogo, in conformità con l'unico servizio che egli rende alla Chiesa universale. Confido che voi siate sensibili a questo speciale ruolo che sono stato chiamato a ricoprire nella "famiglia dei fedeli" (cfr. Ga 6,10), dal momento che è precisamente questa sensibilità che vi ha spinto a farvi carico delle sfide lasciate prima di voi. Colgo quindi quest'occasione per incoraggiarvi nei vostri altruistici sforzi. E allo stesso tempo, non posso mancare di riconoscere che la vostra presenza qui è per me una sorgente di incoraggiamento, mentre sono informato del vostro ardente desiderio di lavorare per il bene della Chiesa e della vostra fervente devozione al successore di Pietro, che sempre rimane "il perpetuo e visibile principio e fondamento dell'unità sia dei vescovi che della massa dei fedeli" (LG 23). A ognuno di voi, a tutte le vostre famiglie e ai vostri cari che sono a casa, volentieri imparto la mia benedizione apostolica come pegno di grazia e pace nel nostro Signore Gesù Cristo.

Data: 1990-04-02

Lunedi 2 Aprile 1990



Omelia all'ordinazione episcopale - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Il vescovo promotore di santità nel popolo di Dio

"Ho fatto conoscere il tuo nome" (Jn 17,6).


1. Far conoscere il "nome", cioè la persona del Padre, è il fine della missione di Cristo. Dalla conoscenza di questo "nome" scaturisce infatti la salvezza, poiché "questa è la vita eterna: che conoscano te, l'unico vero Dio, e colui che hai mandato" (Jn 17,3).

Carissimi fratelli e sorelle, qui convenuti per partecipare all'ordinazione di questi nuovi vescovi della Chiesa: l'ultima cena, il momento privilegiato che Gesù ha scelto per lasciare ai suoi discepoli il sacramento del suo corpo e del suo sangue, è anche l'occasione in cui egli affida loro questo urgente compito di far conoscere il nome del Padre, così come egli lo ha fatto conoscere. In Cristo il Padre si è rivelato come sommo amore, avendo consegnato al mondo il suo Figlio unigenito. Gesù, per parte sua, ha manifestato pienamente l'amore del Padre, annunciando agli uomini il suo disegno salvifico e offrendo se stesso in sacrificio.

Questa è anche la missione degli apostoli e della Chiesa: far conoscere al mondo il "nome" di Dio, e manifestarne l'amore redentore mediante la testimonianza del dono di sé, spinto, se necessario, fino al sacrificio.


2. Far conoscere il "nome" del Padre è la missione che oggi il Cristo affida, anche a voi, fratelli eletti all'ordine episcopale. Questo dice oggi la Parola di Dio a te, mons. Edward Nowak, Segretario della Congregazione per le cause dei santi; a te, mons. Giacinto Berloco, pro-nunzio apostolico in Zimbabwe, delegato apostolico in Mozambico; a te, mons. Erwin Josef Ender, pro-nunzio apostolico in Sudan e delegato apostolico nella Regione del Mar Rosso; a te, mons. Francesco Gioia, cappuccino, arcivescovo di Camerino-San Severino Marche. Voi, che uno stesso onore accomuna - quello del servizio alla Chiesa e alla Santa Sede, prestato ormai da lunghi anni con dedizione e fedeltà - sarete ora chiamati, sia pure a diverso titolo, a far conoscere il "nome" di Dio, a essere testimoni del suo amore, con la forza dello Spirito Santo, anche fino alle estremità della terra.

Le parole di Gesù, poc'anzi proclamate, ne manifestano la volontà di rendervi partecipi del mistero della sua missione. Per questo egli prega nello stesso tempo per voi, perché possiate conoscerlo più profondamente, così da vivere nella sua verità ed essere in grado di diffondere e far conoscere la fede nel mondo. Egli ha dato a voi "la sua parola". così, divenuti in forza della elevazione all'ordine episcopale "testimoni" del Regno, voi, come gli apostoli, condurrete a Cristo un numero sempre più grande di uomini.

Per voi oggi la Chiesa, unita a Cristo, prega e intercede, affinché possiate "insegnare a tutte le genti" e "predicare il Vangelo ad ogni creatura".

Essa prega perché siate partecipi in pienezza del mistero della vita e della missione di Cristo e possiate così testimoniarlo, essendo anche voi "consacrati nella verità" (Jn 17,19).


3. La risposta alla preghiera di Cristo e della Chiesa, carissimi fratelli, sia quella che abbiamo proclamato nel Salmo: "Cantero senza fine le grazie del Signore, con la mia bocca annunziero la tua fedeltà nei secoli" (Ps 88,2). Con la mia bocca, cioè con tutte le forze della mente e del corpo. Col suono della parola, con la sollecitudine dell'andare, con la dedizione di ogni momento, per raggiungere gli uomini nella loro concreta situazione esistenziale; ma ancor più con l'intelligenza della fede, con la potenza della carità, con la fiducia profonda nell'azione divina dello Spirito che agisce nel ministero di Cristo.

Annunzierete così la fedeltà del Signore, cioè la sua volontà di salvare questa umanità, e di venire incontro agli uomini della nostra epoca, così desiderosi di conoscere le risposte che trascendono lo stretto orizzonte delle prospettive terrene. Sarete annunciatori di speranza per ogni uomo affamato di giustizia, di pace, di amore. Voi saprete far convergere l'attenzione di chi cerca la salvezza verso il mistero di Dio e di Cristo, saprete "fasciare le piaghe dei cuori spezzati" e dare "olio di letizia" che "allieta gli afflitti di Sion".

Con la vostra bocca annunzierete la fedeltà di Dio, poiché proclamerete che, nel mistero della redenzione, il Cristo si è unito per sempre con l'uomo, con ogni uomo concreto, per sollevarlo dalla colpa e avviarlo verso la salvezza.


4. "Per loro io consacro me stesso", dice Gesù, per loro io "santifico" me stesso.

Il vescovo è promotore di santità nel popolo di Dio. Ma deve anche impegnarsi in un cammino di santificazione personale sull'esempio di Cristo: com'egli si è santificato nella verità, manifestando con una vita santa la sua figliolanza divina e operando incessantemente in atteggiamento di perfetta obbedienza al Padre, così ogni apostolo deve "santificarsi" in lui, per essere, a sua volta, santificatore mediante l'azione dello Spirito.


5. Canteremo - dunque - senza fine la bontà del Signore, che vi ha chiamati ad essere vescovi, e a rivivere in voi l'intima esperienza dell'unione con la sua missione.

Canteremo la bontà di Cristo che vi ha chiamati ad essere una cosa sola nello Spirito del suo Amore, costituendovi operatori di santità nella sua Chiesa, e affidandovi il compito di guidare verso l'unità il popolo di Dio.

Canteremo la misericordia di Dio, che vi ha chiamati ad essere operatori di misericordia, annunciatori di pace, di liberazione, di consolazione.

Canteremo senza fine la bontà del Signore, che vi ha costituiti maestri di verità, affidando a voi la sua parola, nella quale è la risposta esauriente agli interrogativi più profondi del cuore umano. Invocheremo per voi lo Spirito Santo, perché porti a compimento in voi la preghiera di Cristo: "Consacrati nella verità... li ho mandati nel mondo... per loro io consacro me stesso, perché siano anch'essi consacrati nella verità" (Jn 17,6 Jn 17,17-19).

Data: 1990-04-05

Giovedi 5 Aprile 1990

Alla "Nippon Television Network Corporation" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Il linguaggio universale dell'arte promuove unità e pace

Cari amici.

Sono lieto di porgervi il mio saluto, illustri rappresentanti della Nippon Television Network ed editori del volume "New Light on Michelangelo" ("Nuova luce su Michelangelo"). La vostra visita in Vaticano coincide con lo svolgimento di un Simposio sui restauri che sono stati eseguiti nella Cappella Sistina, e mi offre la gradita opportunità di ringraziare tutti coloro che stanno contribuendo a questa importante impresa. La Chiesa cattolica non ha esitato a rivolgersi al genio di eminenti artisti per illustrare il suo insegnamento e il suo culto, poiché essa è cosciente della potenza dell'arte nell'esprimere qualcosa dell'infinita bellezza di Dio, il Creatore, e di toccare il cuore umano con un vivo desiderio per tutto ciò che è buono e vero. La vera opera d'arte ha un'innata capacità di ispirare la contemplazione delle esperienze e dei valori umani universali. La vera arte unisce le persone in un modo che trascende ogni differenza di linguaggio, di cultura e di tempo. E' mia speranza che l'attenzione ora rivolta al genio artistico di Michelangelo Buonarroti aspiri alla riscoperta della visione religiosa perennemente valida che ha ispirato la sua opera. Sono certo che la potenza di quella visione nell'elevare lo spirito umano può essere di decisiva importanza nel favorire lo sviluppo dell'unità e della pace vera tra i popoli del mondo. Con questi cordiali voti, invoco su di voi e sulle vostre famiglie abbondanti benedizioni divine.

Data: 1990-04-06

Venerdi 6 Aprile 1990

Ai Militari del Presidio di Roma - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Contributo per nuove prospettive di pace e di dialogo




1. Sono lieto di rivolgere a tutti voi il mio cordiale saluto, cari militari del Presidio di Roma, qui convenuti per ricordare e per ricambiare la visita pastorale che un anno fa ebbi modo di compiere alla città militare della Cecchignola.

Ringrazio, per le parole che mi ha rivolto, il vostro ordinario militare, l'arcivescovo Giovanni Marra, che da appena tre mesi ho chiamato a guidare la Chiesa di Dio che opera in mezzo a voi. Un rispettoso saluto rivolgo al generale Giuseppe D'Ambrosio comandante della Regione Militare Centrale del Presidio di Roma; con lui saluto tutti gli altri generali e comandanti qui presenti, gli ufficiali, i sottufficiali con i loro familiari e tutti i soldati di ogni arma, ordine e grado. Un saluto ancora ai cari cappellani militari, sacerdoti e guide delle vostre comunità, come pure alle religiose che prestano il loro amorevole servizio ai malati negli ospedali militari.

Ho ancora vivo nella memoria il ricordo della mia visita alla Cecchignola, il 2 aprile dell'anno scorso, e del dialogo che li cominciai a intrecciare con voi. Oggi il dialogo prosegue e, nell'imminenza della Giornata della gioventù di domenica prossima, assume un significato particolare, perché si tratta di un incontro tra la Chiesa e i giovani, che avviene a livello mondiale.


2. Il dialogo con i giovani militari, dunque, continua. Proprio alla Cecchignola constatavo che tutti "vedono nel servizio militare una prova per il giovane".

Ognuno di voi fa esperienza di ciò che significa vivere lontano dai propri cari e vedere i propri progetti temporaneamente interrotti. Il Papa vi invita a riflettere come va vissuta questa prova per trarne tutte le positive possibilità ch'essa pure contiene.

Il tempo della giovinezza - il vostro tempo - è il tempo stupendo dei progetti e dei sogni, di pensieri grandi e di slanci generosi. Ma è pure tempo di frustrazioni e di cocenti delusioni, di facili evasioni e di ripiegamenti individualistici. In questo contesto, la prova del servizio militare si inserisce come una opportunità formativa, sotto un duplice aspetto.

In primo luogo, il periodo del servizio militare - sottraendovi provvisoriamente alle consuete forme di vita e agli affetti rassicuranti - vi consente quel distacco critico necessario per provare, appunto, e valutare quanto di fecondo e quanto invece di improduttivo c'è stato nelle vostre precedenti esperienze. La stessa disciplina che accompagna la vita militare, irrobustendo il carattere, vi aiuta a riscattare i vostri progetti da ogni caduta velleitaria e a saper convogliare le vostre risorse fisiche e morali verso traguardi alti e nobili, che valgono la pena di essere vissuti in pienezza. Anche il confronto fraterno con altri giovani e il dialogo amichevole con i cappellani sul senso delle scelte personali nel campo degli affetti e del lavoro professionale, come pure sull'orientamento complessivo e sulle grandi domande della vita concorrono a saggiare la consistenza e la maturazione della vostra personalità.

Un secondo aspetto ci è stato messo in evidenza dal Concilio Vaticano II quando parla di coloro che servono la Patria nelle file dell'esercito come di "ministri della sicurezza e della libertà dei loro popoli" (GS 79). Il senso della vita militare e dello stesso servizio di leva sta tutto qui.

Non si può dimenticare che il servizio delle forze armate, garantendo la sicurezza della Patria, ha contribuito - per la sua parte - ad aprire quelle nuove prospettive di pace e di dialogo internazionale che oggi registriamo con grande speranza. Ma al di là della valutazione storica dei mutamenti epocali che stiamo vivendo, l'indicazione conciliare ha una grande valenza educativa di grande rilievo. Vita militare e servizio di leva sono un utile esercizio di preparazione alla vita civile, un allenamento a compiti di pubblica utilità, ed esigono un'assunzione di responsabilità verso gli altri e verso la comunità nazionale e internazionale. Dedicando la vostra vita o parte di essa a salvaguardare la sicurezza della patria e l'indipendenza delle sue istituzioni, le memorie collettive della Nazione e la libertà di tutti, voi giovani imparate a riscoprire la comunità come luogo della crescita personale e a realizzare la vostra libertà come effettivo dono di sé e servizio al prossimo.


3. Questi preziosi valori della vita militare hanno particolare affinità con i tratti fondamentali di un'autentica vita cristiana, che è vita di chi incontra Cristo e lo segue facendosi suo discepolo. Ma dove si incontra Cristo con la sua parola e i suoi sacramenti, se non dentro la comunione della Chiesa? Cristo vive nella Chiesa e la Chiesa è il mistero di Cristo vivente e operante in mezzo a noi.

Nella Chiesa ci si incontra con altri che sanno di non poter trovare salvezza se non in Gesù e decidono di farsi suoi discepoli e si lasciano conformare a lui nella libertà dei figli di Dio. Dalla comunione con Cristo nasce la comunità dei cristiani e cresce la vita della Chiesa. Di essa ogni cristiano è parte vitale e in essa deve trovare la sua personalissima vocazione per contribuire alla salvezza di tutta l'umanità. Anche qui, la libertà della realizzazione personale dipende dalla capacità del dono di sé e del servizio alla comunità.


4. Per questo motivo, carissimi giovani militari, nell'imminente "Giornata Mondiale della gioventù" vi invito a scoprire la Chiesa, la vostra particolare Chiesa diocesana, la Chiesa di Dio che è tra i militari d'Italia: "Di questa Chiesa concreta voi giovani dovete essere tralci vivi e fecondi, cioè coscienti e responsabilmente partecipi della sua missione" ("Insegnamenti", XII/2 (1989) 1363).

Sono informato dal vostro arcivescovo che nel mondo militare italiano la Chiesa viene accolta con fede e con amore di figli e che la presenza dei cappellani è significativamente apprezzata. E so che in questa Chiesa molti giovani ritrovano la fede e, con la fede, il senso della vita. Alcuni giovani, ogni anno, ricevono il battesimo. A tutti si offre la possibilità di seguire corsi regolari di catechesi, anche in preparazione alla prima Comunione e alla Cresima.

Cresce nel vostro ordinariato militare l'attenzione alla pastorale familiare, sia come proposta spirituale per le famiglie dei militari di carriera, che come preparazione al matrimonio dei giovani di leva. Né posso tralasciare di sottolineare e incoraggiare la collaborazione pastorale dell'Associazione "Per l'assistenza spirituale alle forze armate" (PASFA). Ciascuno di voi può dunque trovare il suo posto in questa Chiesa e offrire la sua responsabile disponibilità per la comune edificazione.

Vi esprimo di tutto cuore il mio compiacimento e il mio incoraggiamento per il vostro impegno ecclesiale. In segno di copiosi doni celesti vi imparto la benedizione apostolica, che volentieri estendo ai vostri familiari e a quanti vi sono cari.

Data: 1990-04-06

Venerdi 6 Aprile 1990

Ai costruttori di automobili del MEC - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: I dirigenti dell'industria possono fare molto

Signori e signore.

Sono lieto di avere questa opportunità per porgere i miei saluti a voi, illustri rappresentanti dell'industria automobilistica europea e membri del Comitato dei costruttori di automobili del Mercato Comune, in occasione del meeting della vostra associazione a Roma. Nel suo insegnamento sociale la Chiesa insiste che tutto il valido progresso economico dovrebbe essere guidato dal rispetto per le esigenze di giustizia e dalla riverenza nei confronti della dignità della persona umana. Recentemente ho avuto occasione di ripetere questo fondamentale principio morale nel contesto del mio Messaggio per la Giornata della Pace 1990. Come dirigenti di un'industria che impiega un vasto numero di persone in ogni parte d'Europa e i cui prodotti sono così importanti per il vivere moderno, voi siete familiari con le tensioni che possono sorgere quando vi sforzate di equilibrare l'interesse per la produttività e il profitto con una sensibilità alle questioni etiche sempre più complesse associata con l'amministrazione dei vostri interessi d'affari. Considerando che molte di queste questioni trascendono i confini nazionali, le organizzazioni come le vostre possono recare un grande servizio alla società.

Approfondendo la vostra preoccupazione per le dimensioni etiche e adottando un atteggiamento di effettiva solidarietà, i dirigenti dell'industria possono fare molto nell'affrontare problemi come la disoccupazione, la protezione dell'ambiente naturale, e la necessità di una più equa distribuzione delle risorse del mondo. Queste, infatti, sono le condizioni essenziali perché si stabiliscano strutture sociali ed economiche più giuste. Con il conseguente miglioramento sia nelle dimensioni materiali che spirituali della vita di milioni di esseri umani.

Signori e signore: è mia speranza che il vostro incontro vi metta in grado di raggiungere una più vicina e fruttuosa cooperazione nel perseguire questo nobile e urgente ideale. Offro il mio incoraggiamento ai vostri sforzi e volentieri invoco su voi e i vostri familiari le abbondanti benedizioni dell'Altissimo.

Data: 1990-04-07

Sabato 7 Aprile 1990

Ai giovani pellegrini di Rouen - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Nella comunità diocesana testimoniate la speranza

Cari amici.

E' con grande piacere che vi accolgo, giovani di Rouen, insieme al vostro arcivescovo mons. Joseph Duval, ai vostri animatori, cappellani, religiose e laici. Questo incontro rappresenta una tappa del vostro pellegrinaggio ed è prossimo alla Giornata Mondiale della gioventù. Per questo motivo desidero proporvi alcune brevi riflessioni proprio a partire dal tema di questa Giornata, ovvero la frase di Gesù: "Io sono la vite, voi siete i tralci" (Jn 15,5). Il problema fondamentale è quindi riscoprire la relazione vitale con il Cristo che fa condividere la ricchezza della sua vita di Figlio di Dio agli uomini che lui ha chiamato a formare la sua Chiesa. Avete scelto Roma come meta del vostro pellegrinaggio. Qui è possibile avvertire numerosi aspetti del volto della Chiesa.

Pietro e Paolo vi sono venuti per gettarne le fondamenta; generazioni successive di martiri, santi e molti altri cristiani hanno continuato a costruire, ciascuno secondo la propria capacità e vocazione, un edificio che rimane pieno di vitalità.

E ora dai quattro angoli del mondo convergono tutti coloro che qui trovano il centro dell'unità per tutta la Chiesa viva. E voi potete rinsaldare, proprio qui, la vostra solidarietà con fratelli e sorelle dell'universo intero.

Tuttavia, al di là del pellegrinaggio, voi rappresentate, stretti intorno al vostro arcivescovo, la comunità diocesana di Rouen. Proprio in questo voi siete concretamente legati al ceppo che è Cristo. E' nella comunità che potete essere insieme in comunione con lui. In essa potete alimentare la vostra fede e la vostra preghiera, esprimere le vostre aspirazioni e le vostre domande, approfondire il senso della vostra esistenza. In essa, ancora, condividete giorno per giorno le richieste, le inquietudini e le gioie della vostra e delle altre generazioni. In essa siete chiamati a testimoniare la speranza che vi è data con il battesimo.

Mentre vi parlo, nel cuore della Chiesa universale, penso alla Chiesa particolare di cui fate parte. In questa prospettiva vi dico, nel nome del Signore: "Andate, anche voi, alla vite" (Mt 20,4)! Ciò significa che dovete maturare in voi gli orientamenti che sceglierete per il vostro futuro. Le strade che vi si prospettano sono diverse. Ma, in quanto cristiani, sapete che vi condurranno alla vite, che è Cristo, solo se resterete nel suo amore (cfr. Jn 15,9).

Nella vostra futura vita professionale e familiare, siate testimoni fedeli dei doni che ricevete nella comunione ecclesiale. Rimanete tralci vivi, che portano frutti in abbondanza. Certo, come dice Gesù, bisognerà accettare che si tagli il tralcio perché produca i frutti migliori, cioè occorrerà accettare la prova e alcune rinunce. E, in questi giorni santi, è proprio necessario insistere su questo punto, mentre ci prepariamo a seguire Cristo fino alla croce prima di celebrare la sua risurrezione, fonte di vita nuova per tutti? Alcuni di voi, spero, imboccheranno la strada di una vita completamente donata al servizio del Signore, nel ministero sacerdotale o nella vita consacrata. La Chiesa ha bisogno di giovani generosi che vadano alla vite con incondizionata disponibilità, essi saranno amministratori, nella gioia, dei misteri di Dio, facendosi servi dei loro fratelli. Cari amici, vi incoraggio con tutto il cuore, all'avvicinarsi della Pasqua, a camminare sulla via del Redentore e ad avere "tra di voi i sentimenti che sono nel Cristo Gesù" (Ph 2,5).

Che questo pellegrinaggio sia per voi una profonda esperienza e un felice punto di riferimento per la vostra vita! Nella preghiera e nell'azione, siate solidali con tutti i vostri fratelli e sorelle dell'umanità, uniti dall'unico amore per il Salvatore! Invoco su di voi il conforto della grazia di Dio e vi benedico con tutto il cuore.

Data: 1990-04-07

Sabato 7 Aprile 1990

Messaggio per il Raduno a Notre-Dame di Parigi - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Scoprire le ricchezze insondabili della vita che Dio ci dona

Cari giovani di Parigi.

Sia benedetto Dio che mi dà la gioia di parlarvi questa sera in occasione della solennità delle Palme! Vi saluto molto cordialmente, giovani di Parigi. Voi costituite il futuro della capitale, assicurate il ricambio. E' dunque importante che siate spinti da un ideale generoso. Dieci anni fa, ho incontrato per la prima volta i giovani di Francia al Parco dei Principi... ne ho conservato un vivo ricordo! Da allora vi ho incontrato in diverse occasioni: a Lourdes, a Lione, a Strasburgo, e ancora a Compostela e a Roma. Noi tutti siamo membra del Cristo e parte della grande famiglia umana. Amiamo la vita. Amare la vita vuol dire già intuire che ci è data da Dio e che non possiamo essere felici senza di lui. Vi invito, giovani di Parigi, ad aprire gli occhi sulle ricchezze insondabili della vita che Dio ci dona. Se ascoltiamo la sua parola, se scopriamo la grandezza del suo amore per noi tutti, uomini e donne di ogni razza ed età, allora sapremo che la vita vale la pena di essere vissuta e anche di essere donata! E' proprio questo che festeggiamo in questo giorno in cui Cristo entra nella sua passione.

Attaccatevi alla sua persona... Trovate il tempo per riflettere sul suo messaggio e meditare la Bibbia con i vostri pastori, animatori, educatori, nei gruppi parrocchiali, nelle scuole, nei cappellanati, nei movimenti.

Ben formati nella fede, con l'esperienza della preghiera e dei sacramenti, potrete dunque coinvolgere i più giovani diventando voi stessi apostoli tra i vostri amici, poiché anche voi dovete annunciare la buona novella! Gesù vi ama. Ha persino invitato alcuni di voi a seguirlo più da vicino... Tra voi, alcuni sono chiamati a mettersi al seguito di Cristo diventando sacerdoti, religiosi e religiose, in modo da proseguire l'annuncio del Vangelo. Perché non domandare, qui e adesso: "Signore, cosa vuoi che io faccia?".

Siamo alle soglie di questa Settimana santa in cui rivivremo le grandi tappe della vita di Cristo nel suo cammino di morte e risurrezione. Vorrei rivolgermi a ognuno di voi. Tu che sei stato battezzato, tu che sei stato messo una volta per tutte su questa strada, ascolta chi è entrato a Gerusalemme come un re, ascolta chi è stato crocifisso sul Golgota come uno schiavo, ascoltalo parlare al tuo cuore. Ascoltalo, lui che ti dice: Tu vali molto per me. E' per te che ho dato la mia vita. "Pensavo a te durante la mia agonia, per te ho versato gocce di sangue" (Pascal, "Pensées", 553).

La tua vita sarà bella se la donerai. Già lo fai, e puoi farlo ancora di più. Sarà bella la tua vita se risponderai al mio invito: "Vieni e seguimi!". Cari giovani, vi invito alla solidarietà e alla tolleranza in ogni vostra azione.

Un'opera, un cantiere, iniziative realizzate insieme creano un clima di fiducia che permette a ciascuno di esprimersi al meglio. Mettendo in comune tutto ciò che siete, potrete costruire in modo solido e utile una comunità veramente ecclesiale e fraterna intorno al vostro arcivescovo, mio fratello nell'episcopato. Durante i vostri faticosi ritmi scolastici o universitari, davanti alle immagini e alle informazioni che vi giungono, con i giovani di tutto il mondo che vivono tante situazioni delicate, non lasciatevi aggredire e ingannare da mercanti di ideologie o da felicità illusorie... Abbiate il coraggio di resistere: per la vostra vita meritate quanto c'è di meglio! Non abbiate paura! Spalancate i vostri cuori! Siate degni della vostra vocazione di uomini e donne per rispondere meglio a quello che Dio si aspetta da voi! Preparate con tutte le vostre forze l'avvento di un mondo nuovo in cui Dio sia al primo posto, un mondo in cui gli uomini che egli ama si aiutino tra loro come fratelli! Giovani di Parigi, che Dio, fonte di giustizia e di pace, vi accordi la vera gioia! Che Cristo vi mantenga uniti, poiché voi siete le membra del suo corpo che è la Chiesa! Che la Nostra Signora di Parigi vi apra le porte della misericordia e dell'amore.

Data: 1990-04-07

Sabato 7 Aprile 1990

L'omelia nella Domenica Delle Palme - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: "Giovani, questo giorno è vostro"

"Osanna al Figlio di Davide, / Benedetto colui che viene nel nome del Signore... / Osanna nell'alto dei cieli" (Mt 21,9).


GPII 1990 Insegnamenti - All'ospedale delle suore "Figlie di San Camillo" - Acqua Bullicante (Roma)