GPII 1989 Insegnamenti - A pellegrini dell'alta Austria - Città del Vaticano (Roma)

A pellegrini dell'alta Austria - Città del Vaticano (Roma)

Il Natale è irruzione di luce divina nell'oscurità delle nostre esistenze


L'albero di Natale che avete portato dall'alta Austria rallegra il Natale del Vescovo e dei fedeli di Roma. Il vostro dono, denso di significati, e la vostra venuta qui, oggi, risvegliano il ricordo della mia seconda visita pastorale in Austria, che mi porto appunto anche nella vostra Patria. Allora mi resi conto personalmente che l'albero di Natale rappresenta l'immagine della vostra Patria ed è presente anche oggi in molti settori commerciali. Mi è gradita l'occasione per rinnovare i miei ringraziamenti alla diocesi di Linz e all'alta Austria per la cordiale accoglienza riservatami durante la mia visita.

A voi tutti va il mio caloroso saluto. In particolare vorrei salutare il rappresentante della diocesi di Linz, il Vescovo Maximilian Aichern, i rappresentanti dell'alta Austria nelle persone del dottor Josef RatzenbOck, presidente della regione, della signora Johanna Preinstorfer, presidentessa regionale, e del dottor Karl GrUnner, vice-presidente della regione. Il mio saluto inoltre è rivolto ai componenti del coro, ai gruppi di canto e alle bande musicali che in questi giorni rallegrano Roma con le loro musiche ed i loro canti natalizi.

Rivolgo un particolare benvenuto a tutti coloro tra voi che hanno pensato a questo dono natalizio. L'iniziativa è venuta dalla parrocchia Kopfing, del distretto Scharding nonché da tutta l'alta Austria, che si sente fedelmente legata alla Chiesa ed al successore di san Pietro. Il merito va attribuito soprattutto alle "signore" del "Goldhaubengruppe" del distretto Scharding, che hanno lavorato per mesi per approntare gli addobbi dell'albero. A tutti coloro che si sono impegnati con grande solidarietà per la realizzazione dell'albero di Natale, al trasportatore, che a prezzo di grandi sacrifici e difficoltà, ha portato l'albero fino a piazza san Pietro, a tutti coloro che hanno collaborato a questa iniziativa per rallegrare la festa natalizia di Roma va il mio augurio: Che Dio ve ne renda merito! Per concludere vorrei salutare anche i numerosi pellegrini provenienti dall'alta Austria, che sono venuti a Roma per partecipare alla festosa consegna dell'albero di Natale.

Questo albero verde rappresenta per noi la speranza di un risveglio della natura dopo il freddo e la neve dell'inverno. Per noi cristiani esprime contemporaneamente la speranza, che, grazie alla buona Novella dell'Incarnazione di Cristo, la fede e la disponibilità ad operare la pace e la giustizia tra gli uomini possano restare sempre vive e più forti.

Le luci dell'albero di Natale, che rischiarano il periodo più buio dell'anno, dovrebbero ricordarci che la vera luce è venuta in terra con la nascita di Gesù. A Natale festeggiamo questa apparizione della luce nella nostra oscurità, i nostri dolori e le nostre lacrime, le nostre malattie e le nostre sofferenze. In Gesù, attraverso il quale ci è apparsa la luce divina, il Signore ci dà la vita e la vive in noi.

Il Natale per noi è vero se è veramente presente "in noi". Potremo essere veramente liberi e felici "solo" quando rinasceremo nello spirito di Gesù, se terremo presente che solo l'uomo rinnovato rende più luminosa e serena la terra.

L'amore del Bambino divino ci accetta così come noi siamo. E noi dobbiamo solo accoglierlo; solo allora il Signore ci aiuterà ad accettarci reciprocamente con pazienza e misericordia, capaci di operare in pace ed armonia.

Per quanto riguarda la pace, la nostra fede in Dio, il creatore, ci deve aiutare nel nostro impegno per il bene dell'intero creato. Nel mio messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 1990 richiamo l'attenzione sul fatto che "il rispetto della vita e della dignità dell'uomo comprende anche il rispetto e la cura del Creato, chiamato insieme agli uomini a rendere gloria a Dio".

Nella speranza che la nascita del Figlio di Dio doni a noi tutti luce, gioia e speranza, affinché possiamo continuare il difficile cammino della pace con Cristo, imparto la mia benedizione augurale a voi tutti, alle vostre famiglie e comunità in occasione della celebrazione della nascita di nostro Signore e per l'anno nuovo. A voi e ai vostri cari a casa imparto di cuore la mia particolare benedizione apostolica.

1989-12-16

Sabato 16 Dicembre 1989




Recita dell'Angelus - Ai fedeli riuniti, Città del Vaticano (Roma)

La fede: esigenza della formazione sacerdotale


Carissimi fratelli e sorelle!


1. Il periodo liturgico dell'Avvento ci aiuta a comprendere le esigenze della formazione sacerdotale, che saranno studiate dal Sinodo del prossimo anno. Tra queste esigenze ve n'è una che si accorda particolarmente con la nostra preparazione al Natale: la fede. In effetti, non si può accogliere la venuta di Cristo se non con la fede; in questi giorni che ci separano dal Natale, ci impegnamo a rinnovare la nostra fede, a risvegliarla, nella sempre maggiore convinzione che tutta la nostra vita dipende dal Salvatore.

Se la nostra fede ci apparisse troppo debole o vacillante, possiamo sempre ricorrere a Maria che - ancor prima della nascita di Gesù - è stata proclamata beata per aver creduto: nella sua fede, infatti, l'attesa del popolo di Israele ha raggiunto il suo culmine ed ha trovato il suo compimento.


2. L'importanza fondamentale della fede è particolarmente evidente nella formazione dei futuri sacerdoti. Se, infatti, questa virtù è necessaria per tutti, lo è specialmente per il presbiterio, che ha la missione di comunicare la fede agli altri con l'annuncio della Parola. Egli non può predicare il Vangelo in maniera efficace, se non ne ha assimilato profondamente il messaggio. Il sacerdote è chiamato a dare testimonianza della fede con la sua attività e con tutta la sua vita. Quando celebra l'Eucaristia e amministra i sacramenti, egli manifesta la sua fede. Nei suoi contatti pastorali deve sostenere i fratelli nella fede, rispondere ai loro dubbi ed obiezioni, rafforzare coloro che sono turbati o esitanti.

Quando le persone si recano dal sacerdote per chiedergli un consiglio o per confidargli le loro difficoltà, attendono non una semplice risposta di buon senso, ma una parola di fede. Esse sono deluse quando non trovano in lui un atteggiamento di fede; al contrario, quando riconoscono in lui un testimone della fede, si sentono confortate nelle loro convinzioni.


3. Ogni sacerdote deve essere, per la comunità cristiana, un animatore della fede.

E' una missione molto alta e una grande responsabilità, alla quale deve prepararsi con cura. Occorre pertanto che nei seminari la dottrina rivelata sia insegnata in modo tale che i giovani capiscano bene ciò che forma l'oggetto della loro fede.

E' pure necessario che, nella preparazione al ministero sacerdotale, si provveda alla educazione della fede. I giovani destinati ad annunciare il Vangelo, devono impegnarsi a sviluppare la loro vocazione in un clima di fede. Di qui l'esigenza che i corsi di studio non solo siano ispirati dalla fede, ma conducano a una fede sempre più solida, meglio fondata sulla rivelazione.

Ricorriamo alla Vergine dell'Annunciazione, che ha risposto con fede alla chiamata divina, perché rafforzi in questa virtù tutti coloro che sono incaricati della formazione sacerdotale e perché guidi il Sinodo a formulare le proposte adatte a favorire la formazione dei futuri sacerdoti alla fede.

[Al termine il Santo Padre ha pronunziato le seguenti parole:] Oggi desidero che vi uniate a questa preghiera alla Vergine Maria anche per una intenzione che mi sta particolarmente a cuore.

Si tratta della sorte di migliaia di rifugiati vietnamiti che, attualmente ospitati nei campi di accoglienza di Hong Kong, sono minacciati di essere rimpatriati forzatamente, come è accaduto nei giorni scorsi per un piccolo gruppo di persone, Il nostro cuore non può rimanere insensibile e indifferente di fronte a simili gravi decisioni che incidono così drammaticamente sulla vita di tante persone, donne e bambini inclusi.

Voglia il Signore Gesù, che ha sperimentato la difficile vita del profugo, illuminare le menti di coloro che reggono le sorti dei popoli, perché a questo grave e complesso problema umano sia finalmente trovata una soluzione più rispettosa della dignità dell'uomo. Voglia altresi suscitare, a tal fine, la partecipazione della comunità internazionale la quale, nel prendere ancor più coscienza della propria corresponsabilità, non può esimersi dal dare il suo generoso contributo.

La solidarietà internazionale si è già espressa attraverso valide iniziative di paesi e di organismi vari. Ci auguriamo che nascano subito altre concrete iniziative, con la pronta collaborazione di tutti, per affrontare sempre meglio e dare una soluzione a tale grave problema umanitario.

A te, Regina del Vietnam, affidiamo queste nostre fervide preghiere.

[Il Papa ha poi benedetto le statuine del bambin Gesù portate dai bambini:] Cari bambini, la vostra presenza, i vostri canti ci immergono nel clima natalizio. Siete venuti qui, accompagnati dai vostri familiari, dai vostri parroci, dagli insegnanti delle vostre scuole, per far benedire dal Papa le statuine del bambino Gesù, che nella notte santa collocherete nel presepe, che avete allestito nelle vostre case. Questa felicità che invade i vostri cuori, in questo periodo, inondi anche il cuore di tanti bambini sparsi nel mondo, che soffrono a causa della povertà, della guerra, o della emarginazione. Con la vostra solidarietà e le vostre preghiere fate si che tutti possano godere della gioia e della pace che viene dalla culla di Betlemme. Vi ringrazio per la vostra visita, ed auguro tutto il bene alle vostre famiglie, a tutti i presenti dico "Buon Natale", specialmente a voi, bambini della Chiesa di Roma.

Sia lodato Gesù Cristo.

1989-12-17

Domenica 17 Dicembre 1989




Le visite pastorali del Vescovo di Roma

Parrocchia di san Leone I in via Prenestina


[Alla popolazione del quartiere] Vi ringrazio per il vostro benvenuto, soprattutto espresso nelle parole del vostro parroco, ma anche nelle parole degli oratori più giovani. Vi ringrazio di cuore. In questo periodo, nel quale ci avviciniamo alla grande solennità natalizia, tutti si dicono "Buon Natale". Tanti di voi mi hanno fatto questo augurio e anche io ho fatto questo augurio a tanti di voi.

Ma cosa vuol dire "Buon Natale"? Si deve forse guardare al testo liturgico che viene letto durante la celebrazione dell'Eucaristia di mezzanotte, dove l'evangelista ci presenta l'arrivo della Madre, Maria, e di Giuseppe a Betlemme, dove non hanno trovato posto.

"Buon Natale", vuol allora dire trovarsi per Gesù, vuol dire trovarsi fuori casa senza tetto, una situazione simile a quella di molte persone anche nell'epoca odierna. "Buon Natale" vuol dire questo. Dobbiamo riflettere sulla circostanza, molto significativa, che Dio, fattosi uomo per nascere in questa terra, in Betlemme, non ha trovato un posto, non ha trovato una casa.

Cosa vuol dire ancora "Buon Natale"? "Buon Natale" vuol dire preparare la casa, preparare il posto. Un posto esterno non è sufficiente, non basta, perché Gesù che viene, Emanuele, Dio che viene, cerca soprattutto un altro posto, cerca il posto interno ai nostri cuori, dentro di noi. Ecco "Buon Natale" vuol dire preparare il posto interno, una abitazione, una casa "di cuore" per Gesù, per il Figlio di Dio che viene ad abitare tra noi, ma soprattutto in noi. Vi ripeto ancora una volta "Buon Natale" con questo significato. Auguro a tutti un "Buon Natale" che sia una casa, una accoglienza per Gesù, nelle vostre case, nei vostri cuori, nelle vostre famiglie. E l'augurio che faccio a ciascuno dei presenti, a ciascuno che vive in questa parrocchia, a ogni persona, a ogni famiglia, a ogni ambiente. così veramente il "Buon Natale" sarà vissuto da tutta la vostra comunita.

Vi ringrazio per l'augurio di "Buon Natale" e vi faccio lo stesso augurio. Vi ho detto cosa vuol dire e come io interpreto, come vorrei trasmettere questo augurio, in quale senso. Penso che solamente in questo senso l'augurio di "Buon Natale" abbia il suo pieno significato.

[L'omelia durante la celebrazione eucaristica]


1. "Sei tu colui che deve venire?" (Mt 11,3).

La domanda dei discepoli di Giovanni Battista attraversa tutto il brano evangelico di questa terza domenica d'Avvento, chiamata a giusto titolo "della gioia".

Al precursore, finito in carcere per la testimonianza coraggiosa resa alla verità, era giunta l'eco delle parole e dei gesti di Gesù: erano parole e gesti che contraddicevano le attese di un Messia politico e violento, com'era quello aspettato da molti in Israele. Ciò aveva fatto sorgere in loro il dubbio; in alcuni persino lo scandalo.

"Sei tu... o dobbiamo aspettarne un altro?". La domanda dei discepoli di Giovanni conserva una sua attualità. Se la pone, in certo modo, anche il nuovo Israele, la Chiesa, che attende la venuta, quella ultima soprattutto, del suo Signore. Se la pongono particolarmente molti uomini sfiduciati e smarriti che, con cuore sincero, cercano la via della salvezza.


2. La risposta a tale domanda non può essere data poggiando sulla semplice logica umana. L'identificazione del Messia-salvatore non è facile. E' possibile soltanto per coloro che hanno orecchi per udire le parole e occhi per vedere le opere di Cristo alla luce della fede e nell'ottica del progetto salvifico di Dio, già annunciato dai profeti.

Di tale progetto Isaia aveva offerto una sintesi particolarmente eloquente. Gesù si rifà a quella predicazione per svelare la sua vera identità messianica e la sua missione: "I ciechi recuperano la vista, gli storpi camminano, i lebbrosi sono guariti, i sordi riacquistano l'udito, i morti risuscitano, ai poveri è annunziata la buona novella".

Con le sue parole, dunque, Gesù offre i "segni" della venuta del Regno promesso e presenta le credenziali della sua missione; con la sua predicazione porta a compimento la liberazione già annunciata. Egli, infatti, è il Messia-servo, salvatore di tutto l'uomo e di tutti gli uomini, dei poveri, dei sofferenti, degli emarginati soprattutto. Attraverso le sue parole e i suoi gesti il Regno di Dio "viene" per la salvezza e la gioia dei poveri che riconoscono in lui "la gloria e la magnificenza" di Dio e sono salvati. Per essi la liberazione sarà un "nuovo esodo": una "via santa" da percorrere in atteggiamento di conversione e di fedeltà alla sua parola, quale buona notizia di speranza e di gioia.


3. La risposta offerta da Gesù è motivo di fiducia e stimolo all'impegno per ogni persona di buona volontà. Lo è, in particolare, per questa vostra comunità parrocchiale, carissimi fedeli di san Leone I al Prenestino. Anche qui ci sono sofferenti, emarginati, poveri, ai quali Gesù vuole portare la buona Novella della salvezza. Lo fa attraverso i suoi ministri: il vostro parroco, don Vito di Nuzzo, e i sacerdoti suoi collaboratori, ai quali va il mio saluto cordiale. Lo fa attraverso l'opera del Cardinale vicario e del Vescovo del settore, monsignor Giuseppe Mani, che sono qui stasera con noi per rendere più bello quest'incontro.

Lo fa mediante la persona del Papa, che è venuto tra voi per esprimervi il suo affetto e la sua sollecitudine pastorale nei confronti dei problemi che affliggono la vostra comunità.

Conosco le difficoltà con cui dovete quotidianamente misurarvi a motivo della insufficienza di infrastrutture e di servizi sociali fondamentali. Confido che con l'impegno di tutti - autorità civiche, forze sociali e imprenditoriali, responsabili di enti pubblici, privati si affrettino le desiderate soluzioni.

Prendo atto con gioia delle molteplici iniziative che la parrocchia come tale ha avviato nel campo della catechesi, della liturgia, della carità, contando sull'apporto prezioso di laici qualificati per competenza e generosità. Mentre incoraggio ciascuno a farsi carico della propria parte di responsabilità e a perseverare in una collaborazione alla quale Dio non farà mancare la giusta ricompensa, esorto a privilegiare - nella luce del brano evangelico ascoltato poc'anzi - l'attenzione verso gli ultimi. E a loro in primo luogo, ai "poveri", che il Signore Gesù vuol portare per mezzo vostro la buona Novella.

Egli vi è accanto, nell'adempimento di questo compito, col sostegno della sua grazia. In questo momento, poi, egli apre dinanzi a voi, e a tutta la Chiesa che è in Roma, una "via santa" di rinnovamento mediante il Sinodo pastorale diocesano. E, questa, una via da fare insieme in piena fedeltà agli esempi e agli insegnamenti di Cristo, maestro e Signore.


4. La situazione della città in cui viviamo, anche quella del vostro popoloso quartiere, si presenta talora - per usare le parole del profeta Isaia - come un "deserto", una "terra arida", difficile da dissodare e refrattaria alla seminagione evangelica, Ci sono gli "smarriti di cuore", che hanno perduto la strada della verità e della vita; molte le "mani fiacche", incapaci di fare il bene; molte le "ginocchia vacillanti" nel cammino della sequela di Cristo.

Con le parole del profeta, Dio ci invita a non scoraggiarci e ci esorta alla speranza: "Coraggio, non temete; ecco il vostro Dio... viene a salvarvi!".

Si, fratelli e sorelle, il Signore viene; anzi è qui tra noi. I segni della sua presenza salvifica sono già visibili nella nostra città. Molte sono, infatti, le iniziative poste in atto nella comunità ecclesiale per annunciare la buona notizia del Vangelo ai poveri. Molte sono le opere di carità e di servizio realizzate per offrire ai malati, ai sofferenti e agli emarginati una liberazione integrale. Roma, Chiesa chiamata a presiedere le altre Chiese nella carità cerca di dare a tutte una eloquente e coraggiosa testimonianza in questo importante campo della sua missione salvifica. Glielo riconoscono, con apprezzamento, gli uomini abituati a giudicare con animo libero da pregiudizi e le stesse autorità pubbliche, disponibili alla collaborazione per la promozione dell'uomo e il bene comune.

La salvezza che Gesù viene a portare non è, pero, un dono che ha raggiunto tutti; molti "poveri" che abbiamo con noi non hanno ancora accolto l'annuncio della buona Novella e non sono stati ancora liberati dal peccato e da tutto ciò che li umilia e li pone al margine di una convivenza umana fraterna e solidale; molti "scandalizzati" hanno preso le distanze da Cristo, e dalla Chiesa.

E' necessario, allora, incrementare la missione di evangelizzazione e di promozione umana, per aprire a tutti le porte del Regno di Dio, che viene in Gesù Cristo. Nascono da ciò gli impegni del Sinodo pastorale diocesano.


5. Per una concorde ed efficace realizzazione di questi impegni, vorrei ricordarne alcune fondamentali esigenze.

Anzitutto il rapporto necessario tra la "nuova evangelizzazione", a cui il Sinodo ci sollecita, e la promozione integrale dell'uomo. Ci sono profondi legami che uniscono questi due aspetti della missione ecclesiale. "Legami di ordine teologico, poiché non si può dissociare il piano della creazione da quello della Redenzione che arriva fino alle situazioni molto concrete di ingiustizia da promuovere. Legami dell'ordine evangelico, quale è quello della carità; come infatti proclamare il comandamento nuovo senza promuovere nella giustizia e nella pace la vera, autentica crescita dell'uomo?" (Pauli VI, EN 31).

Occorre tuttavia fuggire due pericolose tentazioni. Da una parte, bisogna evitare di ridurre la missione della Chiesa alle sole dimensioni di un progetto temporale, con il rischio di far perdere al messaggio evangelico della liberazione la sua originalità (cfr Pauli VI, EN 32).

Dall'altra parte, nel cammino della liberazione umana, è necessario escludere ogni forma di violenza, perché questa "genera irresistibilmente nuove forme di oppressione e di schiavitù" (Pauli VI, EN 37).

"Per questo, col predicare la liberazione e con l'associarsi a coloro che operano e soffrono per essa, la Chiesa - senza accettare di circoscrivere la propria missione al solo campo religioso, disinteressandosi dei problemi temporali dell'uomo - riafferma il primato della sua vocazione spirituale, rifiuta di sostituire l'annuncio del Regno con la proclamazione delle liberazioni umane e sostiene che anche il suo contributo alla liberazione è incompleto, se trascura di annunziare la salvezza in Cristo Gesù" (Pauli VI, EN 34).


6. I credenti, peraltro, sanno che questa salvezza offerta da Cristo non si esaurisce in una dimensione esclusivamente terrena e temporale essa è trascendente, escatologica e avrà il suo compimento definitivo al secondo Avvento del Signore. Ha certamente qui e ora il suo inizio, ma solo alla fine la sua piena realizzazione.

Per questo anche la Chiesa di Dio che è in Roma, per mezzo del Sinodo pastorale diocesano, s'impegna attivamente nella promozione dell'uomo.

Lo fa in quell'atteggiamento di speranza e di attiva pazienza, che san Giacomo ci ha chiesto nella seconda lettura della Messa, sicura che il deserto fiorirà e la terra darà il suo frutto.

Lo fa cercando di accompagnare le sue opere con la testimonianza coraggiosa e coerente della vita. Come Giovanni Battista.

Lo fa orientando nella vera direzione gli sforzi di tutti coloro, e sono tanti, che, come singoli o in gruppo, lavorano per la giustizia, la solidarietà e la pace. Affinché tutti gli uomini, ma soprattutto i poveri e gli oppressi, vedano la gloria del Signore, la magnificenza del nostro Dio e siano salvati.

"Coraggio! Non temete, - essa ripete col profeta Isaia - ecco il vostro Dio... Egli viene a salvarvi".

Si, vieni, Signore Gesù, vieni a salvarci.

[Al Consiglio pastorale] Vi ringrazio per questa preziosa presentazione della vostra realtà del Consiglio pastorale della parrocchia stessa, parrocchia come comunità, non solamente come unità amministrativa della Chiesa, ma una comunità delle persone credenti chiamate a vivere tutte in Cristo. Vivere personalmente - questo è un profilo molto profondo, imperscrutabile - ma vivere anche come comunità, come insieme, come una parte del Popolo di Dio. E molto piacevole questo segno della comunità parrocchiale che è il Consiglio pastorale. Perché il Consiglio, come abbiamo sentito, è un organo di animazione. Allora non è solamente un organo di consultazione per il parroco o anche per il gruppo dei sacerdoti, ma è un organo di animazione. Il suo compito e il suo scopo è di promuovere la vita cristiana, questo essere in Cristo come comunità, come parrocchia. Vorrei ringraziarvi per la vostra opera, per il contributo di ciascuno e di tutti in questo Consiglio pastorale.

Qui sono i rappresentanti dei diversi gruppi delle associazioni, dei movimenti, delle opere della parrocchia. Già in questi campi separati, diversi, ciascuno contribuisce a suo modo. Ma poi tutti portano le proprie esperienze per contribuire insieme, comunitariamente, al bene della parrocchia intera. Questo è un valido aiuto prima di tutto e naturalmente per il vostro parroco e per i sacerdoti qui impegnati, ma lo è allo stesso tempo per il Vescovo di Roma. Vi ringrazio, come pastore, per la vostra collaborazione in questa parrocchia.

Qui ci troviamo sulle orme di un grande Papa, di san Leone Magno.

Possiamo dire che riecheggia ancora la sua voce nella storia della Chiesa, nella Chiesa di Roma ma non soltanto. Vorrei mettervi, come tutta la comunità parrocchiale, sotto la sua protezione, per elaborare sempre di più questo spirito della Chiesa che vuol dire spirito di essere insieme, di essere comunità di Cristo. Approfitto della circostanza per augurare buon Natale a tutti voi, alle vostre famiglie e a tutte le persone che vi sono care.

[Agli anziani] Non saprei dire se tutti i presenti sono anziani. E un buon segno, perché, non contano gli anni, si vede ancora la giovinezza. Mi congratulo con voi.

Forse anche il gioco delle bocce serve a mantenervi sempre in forma e giovani.

Ecco, io vi auguro, carissimi fratelli e sorelle, di sentirvi sempre bene in questa parrocchia, in questa comunità, è una casa di tutti. Vi auguro di avere sempre un posto sicuro in questa comunità, di essere apprezzati, di essere rispettati, perché questo vi è dovuto per i vostri meriti, per i vostri anni, per le vostre sofferenze, per la vostra esperienza. Sappiamo bene che con gli anni si acquista un'esperienza maggiore che è tanto necessaria a quelli più giovani, giovani secondo gli anni, perché qui nello spirito tutti sono giovani. Vi auguro anche che troviate una situazione familiare favorevole nelle vostre case, tra i vostri cari, tra i vostri figli e nipoti, che troviate non solamente il rispetto dovuto alla vostra età, ma anche quell'amore che si deve ai parenti, ai genitori, ai nonni. Vi auguro tutto questo ed è certamente un augurio molto attuale specialmente nella vicinanza del santo Natale, perché il Natale è la festa della famiglia in cui tutti devono incontrarsi insieme, vicini. Gesù è venuto nel mondo per creare una famiglia dei figli di Dio, figli del Figlio. Auguro a tutte le vostre case, a tutte le vostre famiglie che questo clima, quest'atmosfera della famiglia dei figli di Dio, sia anche parte delle vostre famiglie, qui nella parrocchia di san Leone Magno.

[Ai gruppi parrocchiali] Vi ringrazio per questo incontro molto prezioso. E forse la prima volta che incontriamo un tale gruppo durante le visite qui a Roma. Cosa potrei dirvi, soprattutto nella prospettiva del santo Natale? Il Messia, secondo le parole del profeta Isaia, è anche un liberatore. Un liberatore deve soprattutto liberare. In Israele si pensava che dovesse liberare quel popolo che era caduto nella schiavitù dei romani. Ma egli è liberatore in senso molto più profondo, non solamente politico, ma in senso molto più umano. Deve liberare l'uomo da tutto ciò che per la persona umana costituisce una schiavitù, una limitazione delle sue doti, della sua personalità. Ricordo queste parole del profeta Isaia che anche Gesù ha riferito a se stesso all'inizio della sua missione. Lo dico perché in queste parole trovo il contenuto dell'augurio che voglio fare a voi tutti e alle vostre famiglie. Io penso che è una grande gioia per ciascuno di noi se può liberarsi dei suoi vizi, delle sue limitazioni, dei suoi peccati.

Penso che sia la stessa gioia per ciascuno di voi quando potete liberarvi di queste abitudini che vi rendono in un certo senso limitati, subordinati, dipendenti. L'uomo è creato per essere libero. Essere libero vuol dire avere piena responsabilità di tutto ciò che si fa. E così anche il dominio della propria vita e dei propri comportamenti. Vi auguro di continuare per questa strada, anzi di introdurre su questa strada tanti altri vostri concittadini di Roma e di altre città italiane. Vi auguro di andare avanti e di mostrare che qui esiste una possibilità. Ecco, questo è Cristo. Egli ci ha mostrato che esiste una possibilità di liberarci da tutto quello che non è degno dell'uomo. Liberarsi da ciò vuol dire acquistare la piena dignità umana.

[Ai giovani] Vorrei ringraziare per la presenza della comunità giovanile della parrocchia di san Leone Magno. Vi saluto cordialmente. Voglio ringraziare per l'analisi del vostro collega approfondita, molto realistica perché ha parlato anche della realtà del quartiere. Poi ha caratterizzato molto bene questa comunità giovanile nella sua consistenza, nella sua apertura e, nello stesso tempo, anche delle sue difficoltà.

Possiamo dire difficoltà intrinseche, che provengono dalla natura umana, in un certo senso, dalla debolezza umana. Ci sono poi anche situazioni indotte da proposte che porta la civiltà contemporanea, moderna, proposte forse facili, ma certamente non efficaci.

La vera proposta è quella che ci ha fatto una volta Gesù, Dio, Figlio di Dio venendo tra noi come EmanueIe. Questa proposta è sempre valida, profonda e completa. Io penso che tutti i cristiani hanno bisogno di convincersi sempre più di questa proposta che è Gesù, del suo messaggio, di convincersi del suo carattere completo. E una risposta senza lacune, è una risposta completa. E i giovani ne hanno bisogno in modo speciale.

Questa è direi la specificità del lavoro che dovete compiere, questa evangelizzazione continua a cui siete chiamati tra gli altri giovani, nei vostri ambienti, con i sacerdoti che collaborano con voi, con i vostri colleghi più qualificati, più maturi.

Tra voi vuol dire dentro soprattutto in voi, nella vostra coscienza e nel cuore di ciascuno e di ciascuna.

Questo lavoro, avviare alla condizione sempre più piena, sempre più matura della integrità di questa proposta cristiana, proposta che viene da Gesù attraverso la Chiesa. Io mi congratulo con voi che avete questa comunità nella parrocchia di san Leone Magno, questa comunità giovanile, che vi ritrovate e discutete, che pensate, che prendete mutue responsabilità. Come ha detto l'Apostolo dobbiamo portare i pesi l'uno dell'altro. Dobbiamo sempre aiutarci e questo è vero in diverse epoche della vita, questo è vero anche nella vostra età giovanile. Ha detto il vostro collega che qualche volta arriva anche un momento di abbandono in quest'ambiente in questa comunità, in questa parrocchia. Forse avete bisogno, soprattutto voi, di più preghiera comunitaria e anche personale, una preghiera reciproca, quasi uno all'altro.

La preghiera è sempre la dimensione più profonda della comunione. La preghiera è sempre la dimensione più profonda dell'amicizia umana e dell'amore umano.

Questo vostro periodo di vita è anche il periodo nel quale si forma l'amore umano su cui viene basata anche la decisione, la scelta di tutta la vita; è una scelta importante. E qui ci vuole una preghiera profonda, insistente.

Dobbiamo creare la nostra vita umana, specialmente quella giovanile, insieme con Gesù. Questa è la preghiera. La preghiera è sforzo di costruire la nostra vita insieme con Gesù. Anzi lui ci ispira questa iniziativa.

Lo Spirito Santo viene da Gesù per ispirarci in questa iniziativa di collaborazione con Gesù, di costruzione, insieme con lui, della nostra vita personale della nostra vita familiare, comunitaria, qui e da per tutto.

Con queste brevi parole vorrei rispondere anche alla domanda fatta dal vostro collega e da tutti voi.

Vi voglio ringraziare per tutti i doni. Anche per il dono caratteristico offertomi dalla comunità dei Filippini, perché in quest'ambiente si trovano non solamente italiani ma anche stranieri. Vi esorto a cercare una buona convivenza con tutti.

Infine voglio ringraziare per i diversi canti che sono stati eseguiti durante la celebrazione eucaristica e anche dopo. Avete cantato anche in polacco un canto alla Madonna Nera. Devo dire che quando si canta in polacco la pronuncia è molto più precisa di quando si parla.

Buon Natale a tutti. Che la venuta di Gesù sia per voi, per ciascuno di voi, per la vostra comunità una santa sfila. Egli infatti viene non solamente per venire. Egli viene a cercarvi, ad incontrarci; viene per noi. Se lui fa questo cammino divino verso l'uomo, anche l'uomo deve trovare la sua strada verso di lui.

Quando vi dico buon Natale vi auguro appunto questo cammino, che vi aiuti ad incontrarlo per la prima volta.

1989-12-17

Domenica 17 Dicembre 1989




Al Presidente della Repubblica di Malta - Città del Vaticano (Roma)

Il discorso del Santo Padre


Signor Presidente.


1. E' per me un grande piacere riceverla in occasione della sua visita di Stato in Vaticano. La ringrazio per le sue cortesi parole, che hanno evocato la grande eredità della fede cristiana a Malta, e il saldo e perseverante vincolo di comunione sempre esistito tra il suo Paese e la Sede Apostolica. Nel presentarle il mio cordiale saluto personale, la prego di trasmettere al popolo maltese l'assicurazione della mia profonda affezione e delle mie preghiere a Dio, nostro Padre celeste, perché li benedica in Cristo con ogni benedizione spirituale (cfr Ep 1,3).

Come Vescovo di Roma, chiamato per grazia di Dio con la missione di confermare nella fede i miei fratelli e le mie sorelle (cfr Lc 22,32), sono pienamente consapevole del significato della mia prossima visita pastorale a Malta. Per quasi duemila anni, fin dall'inizio dell'èra cristiana, il Vangelo di Gesù Cristo è stato predicato e ha messo radici in mezzo al popolo maltese. Ho fiducia che quando il successore di Pietro visiterà Malta per la prima volta nella sua storia, sarà accolto con la stessa straordinaria gentilezza (cfr Ac 28,2) con cui furono accolti l'Apostolo e i suoi compagni quando misero piede sulle sue coste.


2. La permanenza di san Paolo nell'isola di Melita fu relativamente breve. Gli Atti degli Apostoli raccontano che si imbarco per Roma dopo soli tre mesi (cfr Ac 28,11). Tuttavia l'arrivo dell'Apostolo dei gentili doveva dimostrarsi di importanza decisiva per il futuro di Malta e della sua popolazione. Attraverso la predicazione di Paolo, la fede cristiana conobbe la prima "implantatio". Nei secoli successivi, la fede doveva lasciare un'impronta indelebile sulla storia e il carattere della Nazione.

Anche oggi, "la fede cattolica che viene dagli Apostoli" (cfr. "Prex Eucharistica" I) continua ad essere di ispirazione e sostegno per il popolo maltese nell'impegno nei valori spirituali e morali che sono indispensabili per l'autentico benessere e crescita della Nazione: valori come il rispetto della vita dal primo momento dell'esistenza fino alla morte naturale, il vincolo matrimoniale, l'unità della famiglia, l'educazione religiosa, la dignità di tutti i lavoratori e una reale solidarietà. E' essenziale che questi fondamentali valori umani e sociali vengano salvaguardati e promossi attraverso leggi e iniziative adeguate.


3. Nel suo ministero di educare alla fede gli abitanti di Malta, la Chiesa ha cercato di dar loro la forza che viene dall'annuncio della Parola di Dio e l'amministrazione dei sacramenti, servendo insieme i loro bisogni materiali e spirituali con le diverse opere di apostolato. Il suo impegno soprattutto verso i meno privilegiati, ha contribuito non poco alla crescita della sensibilità del popolo maltese verso la dignità di ciascuna e di tutte le persone sia come individui che come membri di quella comunità più ampia che è la Nazione.

Nei nostri giorni, la Chiesa non ha diminuito il suo impegno nel nobile compito di servire il bene dell'uomo. Lavorando con i mezzi e i metodi che le sono propri, e soprattutto nel campo dell'educazione, essa cerca di far si che gli uomini e le donne possano riconoscere i molti doni divini e rispondere all'appello della sua grazia. Formando dei buoni cristiani, essa cerca anche di formare buoni cittadini, poiché il Vangelo sa ispirare a chi lo sente e lo accoglie un fermo impegno nelle virtù che garantiscono l'autentico progresso degli individui e delle società. Alla luce della Parola di Dio, gli uomini imparano a equilibrare gli interessi individuali e di gruppo con le esigenze del bene comune, a vedere nell'attività politica un servizio al prossimo e a rispettare la verità e i diritti degli altri. Alla scuola del Vangelo, i cristiani imparano il valore del dialogo e della tolleranza; imparano a lavorare per la giustizia sociale e la solidarietà tra i popoli, e crescono nella sollecitudine per i diseredati e per la protezione dei fondamentali diritti umani.


4. Pertanto, quando la Chiesa cerca un rapporto di dialogo e franca collaborazione con lo Stato, essa non è mossa dal desiderio di godere di uno statuto privilegiato a spese della legittima sovranità dello Stato, nè da un desiderio di intervenire in settori e responsabilità che le sono estranei. Piuttosto, essa desidera accordare la sua attività all'interno delle aree di competenza sue proprie con le attività dello Stato nel campo di sua competenza. Poiché Chiesa e Stato lavorano entrambi per il bene delle stesse persone, che sono insieme cristiani e cittadini, la loro feconda collaborazione porta grandi benefici non solo ai singoli credenti ma alla società nel suo insieme.

La collaborazione della Santa Sede con gli Stati, una collaborazione in cui i Vescovi cattolici sono uniti, non è che una espressione della continua sollecitudine del Pastore supremo per tutte le Chiese (cfr 2Co 11,28). A questo proposito, sono lieto di ricordare la conversazione avvenuta a Malta tra la Santa Sede e le autorità civili, che hanno portato alla firma di importanti accordi. E' mia fervida speranza che con la grazia di Dio e la buona volontà delle parti in causa, possano essere presto firmati altri progettati accordi.


5. Signor Presidente, sono lieto di sapere le posizioni assunte dal governo maltese a livello internazionale in difesa di valori strettamente legati alla dignità della persona umana, come i problemi degli anziani e la protezione dell'ambiente. Queste posizioni riflettono qualcosa della ricca identità morale e civile del popolo maltese così come si è sviluppata nel corso della sua lunga storia.

Per secoli, Malta è stata un crocevia dello sviluppo storico della regione mediterranea. Davvero, la sua posizione geografica, la sua storia e la sua cultura sembrano confermare una speciale vocazione del suo Paese, signor Presidente, ad agire come mediatore e promotore della pace nella complessa situazione dell'intera area. E' mia fiduciosa preghiera che Malta saprà rispondere a questa sfida con sapiente e generosa dedizione.

Nonostante la sua piccolezza, Malta ha svolto un ruolo significativo nella difesa e nella promozione dei valori sociali e religiosi che stanno alla base dell'identità culturale dell'Europa. Il compito che attende oggi la nostra società richiede una profonda, perfino eroica determinazione spirituale. Se l'Europa vuol essere fedele alla eredità ricevuta, deve assumere di nuovo quei nobili ideali spirituali che animarono la costruzione delle città, la crescita delle università e l'unità di popoli diversi in una comune fede, una comune concezione, manifestata in una ricchezza di espressioni religiose, culturali e giuridiche. Nei mesi passati, si sono verificati nuovi e promettenti segni di speranza. E' mia fervida preghiera che Malta, in piena fedeltà al suo nobile passato, impegnata nella costruzione di un futuro pieno di speranza, svolgerà un ruolo di rilievo nel promuovere nuove forme di collaborazione tra i popoli per il bene e l'autentico progresso di tutti.

Nell'esprimere questa preghiera, invoco i doni divini della grazia e della pace su tutta la popolazione di Malta, che attendo con gioia di incontrare nella mia prossima visita.

Benedica Dio con abbondanza vostra eccellenza e tutti i suoi connazionali.

Il-Milied it-tajjc. lilek, eccellenza, u lill-poplu kollu ta' Malta u Ghawdex.

(Buon Natale a vostra eccellenza e a tutto il popolo di Malta e Gozo!).

1989-12-18

Lunedi 18 Dicembre 1989










GPII 1989 Insegnamenti - A pellegrini dell'alta Austria - Città del Vaticano (Roma)