GPII 1990 Insegnamenti




Giovanni Paolo II

1990 Insegnamenti

XXIII Giornata della pace - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: "Sii fautore, non distruttore della vita!"




1. "Maria, da parte sua serbava tutte queste cose meditandole nel suo cuore" (Lc 2,19).

Il 1° gennaio la Chiesa conclude l'ottava di Natale, venerando la Maternità della Vergine Maria. Le parole del Vangelo di Luca mettono particolarmente in rilievo la dimensione interiore di questa sua Maternità. Tali parole sono oggi molto importanti per la Chiesa. Nel corso dell'ottava la Chiesa ha meditato il mistero della nascita del Figlio di Dio a Betlemme. Oggi si richiama a colei che, per prima, ha meditato nel suo cuore questo mistero. Poiché, come insegna il Concilio Vaticano II, "Maria è andata innanzi" a tutto il popolo di Dio "nella peregrinazione della fede e nell'unione con il Figlio" (cfr. LG 58), questo suo avanzare ha preso dunque inizio a Betlemme.

Esso comincia nel Cuore della Madre, e ivi continua senza sosta. Ogni madre vive in modo particolare del ricordo di aver dato alla luce un bambino.

Questa nascita vive in lei, essa la serba nel suo cuore. E che cosa pensare, allora, di questa nascita, unica, nella quale venne al mondo il Figlio di Dio? La Chiesa si richiama oggi alla dimensione interiore della maternità, e così venera insieme il mistero dell'incarnazione e la straordinaria dignità della Madre-Vergine.


2. Il mistero dell'incarnazione è un nuovo principio nella storia della salvezza.

Ed è anche un nuovo principio nella storia dell'uomo e della creazione. L'apostolo Paolo definisce questo nuovo principio come "la pienezza del tempo". "Quando venne la pienezza del tempo, Dio mando il suo Figlio, nato da donna... perché ricevessimo l'adozione a figli" (Ga 4,4-5).

Ciò che permane nella viva memoria di Maria - e contemporaneamente nella viva memoria della Chiesa - non è l'avvenimento di una sola volta, un avvenimento "chiuso". La nascita di Dio è aperta all'uomo di tutti i tempi. In esso si rivela e si plasma l'adozione a figli di Dio, che passa su tutti gli esseri umani: "E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi... A quanti... l'hanno accolto, ha dato potere di diventare figli di Dio" (Jn 1,14 Jn 1,12). Le parole del Prologo di Giovanni, ricordate nel corso dell'ottava di Natale, rendono testimonianza alla continua durata del mistero, iniziato nella notte di Betlemme.

Si! Il Figlio di Dio si è fatto uomo una sola volta, una sola volta nacque da Maria Vergine e tuttavia la figliolanza divina è una eredità continua dell'uomo.


3. Di quest'eredità parla ancora l'apostolo Paolo. Essa è l'opera incessante dello Spirito Santo: il frutto della sua azione in noi. "E che voi siete figli ne è prova il fatto che Dio ha mandato nei nostri cuori lo Spirito del suo Figlio che grida: Abbà, Padre! Quindi non sei più schiavo, ma figlio; e se figlio, sei anche erede per volontà di Dio" (Ga 4,6-7).

La Chiesa serba quest'eredità, ne è custode e amministratrice sulla terra. perciò fissa costantemente gli occhi sul mistero dell'incarnazione. E desidera guardarlo con gli occhi di Maria, partecipare alla sua memoria. In nessun'altra creatura il Natale è iscritto così profondamente come in lei. Esso infatti s'identifica con la sua maternità. La maternità umana di questa "Donna" è, nello stesso tempo, la maternità divina. Colui che è stato messo alla luce da lei è, in realtà, l'Uomo-Dio.

Maria "per la sua fede e obbedienza genero sulla terra lo stesso Figlio di Dio... Diede... alla luce il Figlio che Dio ha posto quale primogenito tra i molti fratelli (Rm 8,29), cioè tra i fedeli, alla cui rigenerazione e formazione ella coopera con amore di madre", come dice il Concilio Vaticano II (LG 63).


4. Questo giorno dell'ottava è quindi la festa dell'eredità divina, alla quale hanno parte tutti gli uomini. La figliolanza divina, quale dono dello Spirito Santo nell'uomo, compenetra l'intera eredità dell'umanità, della natura umana; l'intera eredità, anzi, della stessa creazione. L'uomo infatti è stato creato a immagine di Dio, ed è stato posto nel mondo visibile in mezzo a tutte le creature.

Se la Chiesa celebra oggi, nell'ottava di Natale, la Giornata internazionale della pace è perché esiste in questo fatto una profonda logica di fede. Infatti la pace esige una particolare responsabilità dell'uomo per l'intero creato.

Il messaggio pontificio per l'anno nuovo mette in particolare rilievo questa responsabilità: "Pace con Dio creatore - Pace con tutto il creato". Il messaggio del Vangelo della pace si richiama costantemente e sempre di nuovo al comandamento di "non uccidere". Non uccidere un altro uomo, non uccidere sin dal momento del suo concepimento nel grembo della madre, non uccidere! Non limitare l'esistenza umana sulla terra con il metodo della lotta: della violenza, del terrorismo, della guerra, dei mezzi di sterminio di massa. Non uccidere, perché ogni vita umana è eredità comune di tutti gli uomini.

E anche: non uccidere, distruggendo in diversi modi il tuo ambiente naturale. Questo ambiente appartiene pure alla comune eredità di tutti gli uomini, non soltanto alle generazioni passate e contemporanee, ma anche a quelle future.

Sii fautore, non distruttore della vita! Il primo giorno dell'anno nuovo chiede un particolare riferimento a questa eredità. L'eredità dei figli di Dio d'adozione è strettamente legata con l'imperativo della pace.


5. Oggi è non soltanto il primo giorno dell'anno nuovo 1990, ma anche del nuovo decennio. Questa è l'ultima decade degli anni del ventesimo secolo, e insieme del secondo millennio dalla nascita di Cristo.

La Chiesa ritorna a Betlemme. Là dove "andarono (i pastori) e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, che giaceva nella mangiatoia" (Lc 2,16). Nel corso degli anni che si susseguirono, la Chiesa non cessa di pregare la Madre di Dio che le sia particolarmente vicina per ricordare il mistero, che ella serbava e meditava nel suo cuore.

Alle soglie dell'ultimo decennio del nostro secolo e del secondo millennio, desideriamo partecipare in modo particolare a questo raccoglimento materno di Maria sul mistero del Figlio nato, crocifisso, risorto. In esso si rinnova costantemente l'"adozione a figli" di Dio di tutti gli uomini. Tutto il creato lo attende come eredità terrena dell'uomo, chiamato alla gloria eterna in Cristo.

Data: 1990-01-01

Lunedi 1 Gennaio 1990

All'Angelus - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Accogliere il dono della creazione come segno dell'amore di Dio"




1. "Il Signore rivolga su di te il suo volto e ti conceda pace" (Nb 6,26).

Con questo augurio della liturgia saluto oggi, primo giorno dell'anno, tutti voi, cari fratelli e sorelle, convenuti qui per la preghiera dell'Angelus.

L'inizio dell'anno, com'è noto, coincide con la celebrazione della festa di Maria santissima Madre di Dio e con la Giornata mondiale della pace.

Ritorniamo, quindi, col pensiero al mistero del Natale, al momento in cui "la Madre santa ha dato alla luce il Re, che governa il cielo e la terra per i secoli in eterno" (Introito della Messa). Confermiamo la nostra fede in questo mistero di suprema comunione tra Dio e l'umanità, mistero grazie al quale tutti gli uomini, proprio nel Figlio primogenito, sono stati predestinati a divenire figli di Dio e a vivere nella giustizia e nell'amore. Riascoltiamo, così, l'eco dell'annuncio angelico nella notte santa, "pace in terra", e lo accogliamo ancora una volta da Maria, che "serbava tutte queste cose nel suo cuore" (Lc 2,19), per farne il nostro impegno nel corso dell'anno che oggi si apre.


2. Vogliamo essere operatori di pace, perché riconosciamo nel creato i segni della sapienza di Dio, e vogliamo vivere in pace accogliendo il dono della creazione come "cosa buona" (Gn 1,12), come segno e sacramento dell'amore perenne di Dio verso tutti coloro che abitano questo pianeta.

Poniamo le nostre speranze nel Cuore di Maria, la Madre del Redentore, confidando nella sua sollecitudine. A lei, Madre di Dio e Madre nostra affidiamo le attese di pace del mondo contemporaneo, le attese dei nostri giorni così pieni di fatti significativi, così ricchi di profonde mutazioni. A lei affidiamo l'intenso desiderio che la giustizia e l'amore prevalgano su tutte le tentazioni di violenza, di vendetta, di corruzione. A lei chiediamo che la parola del Vangelo, la voce di Cristo Redentore, possa raggiungere il cuore di tutti gli uomini attraverso la missione della Chiesa.


3. Affidiamo al cuore di Maria i giorni di questo nuovo anno con l'animo trepidante, consapevoli che questo primo giorno del 1990 ci avvia nell'ultimo decennio del secondo millennio cristiano. In questa fase della vita dell'umanità, in cui sentiamo con crescente evidenza quanto siano importanti e quanto costino i doveri e i valori della solidarietà tra le nazioni, del cammino consapevole verso un'autentica comunità mondiale, noi chiediamo a Dio che ci aiuti a corrispondere al dono della riconciliazione e a costruire l'auspicata civiltà dell'amore.

Affidiamo alla madre del Redentore nato a Betlemme la nostra preghiera, affinché Dio rivolga verso di noi il suo volto e ci conceda la pace.

(Dopo la preghiera:) Desidero ora esprimere i miei fervidi auguri di buon anno, nella gioia e nella grazia di Dio, a tutti voi che prendete parte a questa preghiera mariana. Mi rivolgo anzitutto ai fratelli e sorelle della città e diocesi di Roma, a cui come vescovo, mi lega un vincolo particolare di amore. Ma il mio augurio si allarga anche a tutto il mondo, a tutti i governanti delle singole Nazioni della terra e ai responsabili delle Organizzazioni internazionali, perché nel segno della speranza del nuovo anno siano effettivamente promotori del bene comune e si dedichino alla causa della pacifica convivenza, del rispetto dei diritti civili e delle libertà fondamentali dell'uomo.

In particolare mi rivolgo a coloro che vivono il dramma di un sequestro, auspicando che il nuovo anno porti concreti segni di speranza anche per loro.

Faccio ancora una volta appello alla coscienza dei rapitori, perché non vogliano cancellare quella immagine di Dio che è in loro e, toccati da un senso di umanità, aprano il cuore al richiamo insopprimibile della giustizia e della pietà. Prevalga la coscienza del bene e dell'umana solidarietà! E Maria, Regina della pace, porti serenità alle famiglie tanto provate, restituendo finalmente ad esse i loro cari.

Il mio pensiero infine, agli ammalati, ai carcerati, agli emarginati, ai profughi e a tutti coloro che sono dimenticati o non ricevono auguri. A tutti apro il mio cuore e faccio voti perché l'anno nuovo sia per essi ricco di ogni consolazione.

Data: 1990-01-01

Lunedi 1 Gennaio 1990

Ai 7.000 pellegrini di Taranto - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Ho toccato con mano la vostra vitalità e genialità

Venerati fratelli nell'episcopato, cari fedeli di Taranto e della terra Ionica!


1. Vi saluto tutti e ciascuno nella gioia del Natale. Pace a voi, amati da Dio! Benvenuti sotto le volte di questa basilica Vaticana, che custodisce le memorie dell'apostolo Pietro. Guidati dall'arcivescovo di Taranto - che ha espresso sentimenti di devozione a nome di tutti - e dai vescovi di Castellaneta e Oria, siete qui venuti, numerosi ed entusiasti, per restituire la visita che ho avuto la gioia di farvi in due indimenticabili giorni dell'ottobre scorso.


2. Giorni indimenticabili per me, pastore della Chiesa universale, giunto tra voi per compiere la missione affidata da Gesù a Pietro, quella cioè di confermare nella fede un popolo cresciuto sul tronco di un'antica tradizione cristiana.

Stando in mezzo a voi, ho toccato con mano la vitalità di questa tradizione, insieme con la genialità e le attese della gente del Sud. Non è possibile dimenticare l'abbraccio che le vostre comunità hanno riservato al successore di Pietro: avete dimostrato visibilmente di apprezzare l'inestimabile dono della fede in Cristo Gesù, l'Uomo nuovo, il Vangelo vivente della pace e della giustizia, l'Unigenito del Padre che si è fatto "luce nuova all'orizzonte del mondo" (Colletta del 4 gennaio).

Ma giornate indimenticabili e significative anche per voi tutti, come si può capire dalle reazioni e dai commenti locali e, ora, da questo incontro a Roma.

Giorni significativi soprattutto per i riflessi morali, sociali e pastorali che hanno avuto e che voi state approfondendo, allo scopo di rendere operanti e concrete le esortazioni che ho affidato a voi e a tutti gli uomini di buona volontà di codesta terra generosa.


3. Cari fratelli e sorelle, in questo periodo liturgico della Natività di Nostro Signore Gesù Cristo, desidero richiamare la vostra attenzione sul mistero del Natale celebrato dai credenti in ogni Paese del mondo. La Chiesa contempla e annuncia il grande evento dell'incarnazione del Figlio di Dio nella natura umana.

Dio ha tanto amato gli uomini da farsi loro fratello. Facendosi uomo, il Verbo eterno ha offerto a tutti gli uomini la possibilità di diventare simili a Dio.

Nato, crocifisso, risorto, il Verbo incarnato bussa alle porte delle nostre case e della nostra storia. Quando l'uomo accoglie in modo consapevole e coerente il Cristo nella propria vita, allora la sua testimonianza diventa forza capace di trasportare le montagne, lievito che rinnova in profondità la vita sociale, amore che dà senso, unità e gioia al cammino personale e comunitario. "Coloro che credono alla carità divina - insegna il Concilio - sono da lui resi certi che è aperta a tutti gli uomini la strada della carità e che gli sforzi intesi a realizzare la fraternità universale non sono vani" (GS 38).

In questo scorcio del XX secolo, noi tutti ci rendiamo conto di vivere un tempo eccezionale. Mentre, da un lato assistiamo al crollo di progetti umani elaborati con l'esplicita esclusione di ogni riferimento a Dio, vediamo, dall'altro, nuovamente affermarsi una profonda fame della parola di Dio. Il cammino della storia torna a dimostrare - ancora una volta - che senza Dio lo sviluppo dell'uomo e della società non può che essere contro l'uomo. Tocca anzitutto ai cristiani, chiamati a testimoniare il mistero dell'incarnazione in Oriente come in Occidente, il compito di evangelizzare e promuovere la dignità della famiglia e del lavoro, della vita sociale e culturale, della politica e dell'economia. E tutto ciò nella consapevolezza che, per cambiare gli altri e la storia, è necessario cambiare prima se stessi.


4. Miei cari, ripensando con gioia alle giornate trascorse in mezzo a voi, è mio desiderio consegnarvi uno speciale saluto per tutti i Tarantini. Lo affido a voi, qui presenti, per i lavoratori delle diverse realtà joniche e, soprattutto, per i disoccupati e per le loro famiglie, per i malati e gli anziani, per i cari bambini e per i giovani: tutti desidero riabbracciare e benedire.

Questo pellegrinaggio diocesano a Roma, all'inizio del nuovo anno, rafforzi le speranze suscitate da quel nostro incontro.

Benedico di cuore il cammino della vostra città e dei comuni, nel contesto dello sviluppo regionale e di tutto il Mezzogiorno. Le sfide poste dalla crescita morale ed economica della vostra terra non vi scoraggino. Il Papa benedice gli sforzi compiuti per la ricerca del bene comune nella solidarietà e nell'armonia della vita sociale.

Benedico il cammino delle vostre comunità ecclesiali: l'impegno per una rinnovata evangelizzazione a tutti i livelli e per una più consapevole azione liturgica moltiplichi le vostre energie missionarie, nel servizio dei più poveri e nella testimonianza quotidiana della carità cristiana.

Maria, Madre del Redentore, conforti le vostre fatiche nel gettare le reti con fiduciosa lungimiranza e vi renda operosi e saggi nella ricerca di frutti di comunione e di pace.

Nella luce del Natale, auguro a tutti un felice anno nuovo! Con la mia benedizione.

Data: 1990-01-04

Giovedi 4 Gennaio 1990

Alla Pontificia Accademia dell'Immacolata - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: L'Immacolata Concezione sintesi della dottrina cristiana

Signor cardinale, egregi membri della presidenza e della segreteria della Pontificia Accademia dell'Immacolata!


1. Nel primo anniversario della revisione degli Statuti e delle finalità dell'Accademia avete chiesto di essere ricevuti in udienza speciale, per rinnovare personalmente i vostri sentimenti di fedeltà alla Sede di Pietro, e i vostri propositi di sempre più fervido impegno.

Sono molto lieto di incontrarvi, e mentre porgo a tutti il mio più cordiale saluto, vi ringrazio per la vostra presenza; e mi congratulo per la vostra profonda devozione a Maria santissima Immacolata, come per lo zelo che ponete affinché sia conosciuta e venerata.

La Pontificia Accademia dell'Immacolata ha infatti come scopo statutario "la promozione e il coordinamento degli studi miranti all'approfondimento del dogma mariano" e l'incremento di iniziative pastorali ispirate a tale verità di fede.


2. Questo incontro ribadisce ancora una volta l'apprezzamento della Chiesa per la benemerita istituzione, che onora ed esalta Maria, la nostra Madre celeste e la nostra perenne avvocata, mediante varie attività culturali e spirituali.

Nell'attuale situazione ecclesiale e sociale, è necessaria una conoscenza profonda e impegnata del messaggio cristiano, come è stato rivelato da Gesù, il Verbo incarnato, e come è insegnato dal magistero della Chiesa. Il dogma dell'Immacolata Concezione di Maria, solennemente definito da Pio IX l'8 dicembre 1854, potrebbe costituire una sintesi di tutta la dottrina cristiana. Esso, infatti, è strettamente collegato col dogma trinitario; con le verità della creazione, dell'incarnazione del Verbo e della redenzione mediante il sacrificio della croce; con la certezza circa l'infallibilità del magistero della Chiesa; con la realtà del "peccato originale", dal quale Maria fu preservata in vista dei meriti di Cristo e a motivo della divina maternità.

Sentitevi sempre a servizio di queste Verità, difendendole con coraggio e annunziandole con fervore, ben convinti che, testimoniando e propagando la devozione all'Immacolata, si annunzia la realtà della fede cristiana, e si edificano le coscienze sulla solida roccia della rivelazione.


3. San Massimiliano Kolbe, scrivendo da Nagasaki ai chierici dell'Ordine dei Frati Minori Conventuali per ricordare loro che la Vergine Maria a Lourdes aveva chiesto "penitenza" così diceva: "Ecco chi vuol proclamare la penitenza del nostro mondo corrotto: l'Immacolata!". E così esortava: "Permettiamo che ella predichi proprio a noi questa penitenza: apriamole il nostro cuore, lasciamola entrare e doniamo con generosità a lei il nostro cuore, la nostra anima, il nostro corpo e tutto senza restrizione o limitazione; consacriamoci a lei completamente... per essere suoi servi, suoi figli, sua cosa e sua proprietà incondizionata così da divenire, in certo qual modo, ella stessa vivente, parlante, operante in questo mondo" (28 febbraio 1933).

Sono parole commoventi di un innamorato dell'Immacolata, che mori, sereno e confidente, martire della fede e della carità! Parole che possono essere anche un programma per l'Accademia Pontificia, e che vi lascio come ricordo di questo incontro, mentre con grande affetto benedico voi e le vostre iniziative mariane.

Data: 1990-01-05

Venerdi 5 Gennaio 1990

Omelia all'ordinazione episcopale - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Dovete essere gli speciali ministri della divina Epifania

"Prostratisi lo adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra" (cfr. Mt 2,11).


1. Queste parole del Vangelo di Matteo contengono come la sintesi del mistero, che è espresso dal sostantivo greco "Epifania". I magi, provenienti dall'Oriente, depongono i doni ai piedi del Bambino di Betlemme: oro, incenso e mirra.

Questi doni sono la risposta al Dono. Il Dono dall'alto è stato loro annunziato mediante la stella splendente tra le tenebre. I magi dall'Oriente seguono la stella, poi a Gerusalemme domandano informazioni a Erode. Ricevono spiegazioni, che vengono loro date con le stesse parole del Profeta. Vanno con perseveranza verso Betlemme per accogliere il Dono dall'alto. Chiamano questo Dono "il re dei Giudei che è nato", mentre il Profeta lo chiama "un capo che pascerà il popolo". Egli è colui che il Padre ha unto con lo Spirito Santo e ha mandato nel mondo: il Messia. Il Figlio Unigenito, donato dal Padre.

I magi trovano il Bambino tra le braccia della Madre: trovano il Figlio dell'uomo. Sanno che egli è il Dono del Padre. Giungono da lontano per accoglierlo: per accogliere il Dono in cui l'Eterno esprime il suo amore: "Infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio Unigenito" (Jn 3,16). Magi dall'Oriente sono tra i primi ad accoglierlo. Sono i testimoni della divina Epifania.


2. Cari figli e fratelli! Voi oggi venite all'altare in questa basilica di San Pietro per ricevere l'imposizione apostolica delle mani e l'unzione episcopale; da questo momento la vostra vocazione sarà di accogliere lo stesso Dono: accogliere Cristo, nato a Betlemme, che il Padre ha mandato nel mondo. Il Figlio unigenito che il Padre ha donato per amore verso quel mondo che è suo, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna.

Nello Spirito Santo, voi riceverete il Dono del Padre, che è il Figlio unigenito, fattosi uomo per la redenzione del mondo. Gesù Cristo, nato a Betlemme, figlio della Vergine Maria. Gesù Cristo, crocifisso e risorto. Gesù Cristo, sacerdote della nuova ed eterna alleanza, che siede alla destra del Padre.

Cari fratelli e figli! Come vescovi della Chiese dovete essere gli speciali amministratori della divina Epifania.


3. Sui doni che i magi dall'Oriente offrirono al neonato Bambino, il profeta Isaia aveva detto le seguenti parole: "Tutti verranno da Saba / portando oro e incenso / e proclamando le glorie del Signore" (Is 60,6).

E Isaia lo aveva detto tenendo davanti agli occhi il meraviglioso corteo delle nazioni, che dovevano camminare verso quella luce, che avrebbe rifulso su Gerusalemme: "Tutti costoro si sono radunati, vengono a te. / I tuoi figli vengono da lontano... / perché le ricchezze del mare si riverseranno su di te, verranno a te i beni dei popoli" (Is 60,4-5).


4. Ciascuno di voi, carissimi figli, porta a questo altare, nella basilica di San Pietro, il suo "proprio dono": l'oro, l'incenso e la mirra della propria vita.

Questo dono che brilla nel vostro cuore mediante la luce dello Spirito della Verità, che matura al momento dell'odierno offertorio. Il vostro dono deve oggi essere consacrato di nuovo, e diventare una particolare risposta al Dono della divina Epifania in Gesù Cristo.

L'Epifania è la festa dello scambio dei doni. Quindi ciascuno di voi porta qui non soltanto il suo proprio dono. Attraverso ciascuno di voi si esprime "tutta la dovizia di capacità dei popoli". La vostra odierna consacrazione è il segno della cattolicità della Chiesa. Ecco "in tutte quante le nazioni della terra è radicato un solo popolo di Dio...". E in lui "le singole parti portano i propri doni alle altre parti e a tutta la Chiesa" (LG 13 LG 15).

In questo modo - mediante il dono che è proprio di ciascuno e mediante "tutta la dovizia di capacità dei popoli" che ognuno di voi porta dentro di sé - noi tutti cresciamo in questa particolare comunione che è la Chiesa, il Corpo di Cristo, e nello stesso tempo noi tutti formiamo e rendiamo più ricca questa comunione.


5. Saluto voi, cari fratelli - e saluto i popoli da cui provenite: l'Italia, l'Iran, il Venezuela, la Tanzania, la Polonia, la Francia, le Filippine. Le vostre nazionalità manifestano chiaramente l'universalità della Chiesa, che vive e opera per la salvezza di tutti i popoli della terra. I vostri nomi risuonino a gloria di Dio e a conforto delle anime affidate alle vostre cure pastorali: Giovanni Tonucci, nunzio apostolico in Bolivia; Ignace Bedini, arcivescovo d'Ispahan dei Latini; Mario Milano, arcivescovo di Sant'Angelo dei Lombardi-Conza-Nusco-Bisaccia; Giovanni Ceirano, pronunzio apostolico in Papua Nuova Guinea; Oscar Rizzato, arcivescovo titolare di Viruno e mio Elemosiniere; Ignacio Velasco Garcia, vicario apostolico di Puerto Ayacucho; Paul Razoka, vescovo di Kigoma; Marian Blazej Kruszylowicz, ausiliare del vescovo di Szczecin-Kamien; Pierre Duprey, segretario del Pontificio Consiglio per la promozione dell'unità dei cristiani; Domenico D'Ambrosio, vescovo di Termoli-Larino; Edward Dajczak, ausiliarie del vescovo di Gorzow; e Benjamin Almoneda, ausiliare del vescovo di Daet.

Mi è anche gradito salutare, in questa lieta circostanza, sua eminenza il metropolita Damaskinos di Svizzera, inviato di sua santità il patriarca ecumenico Dimitrios I, per condividere con noi questo importante avvenimento della nostra Chiesa.

Cari fratelli, chiamati oggi a esercitare il ministero episcopale, il Figlio di Dio nato dalla Vergine accolga i vostri doni, così come ha accolto i doni dei magi provenienti dall'Oriente, e vi aiuti sempre a rivelare, con la luce e la potenza dello Spirito Santo, a tutti gli uomini, a tutti i popoli e nazioni della terra il Dono del Figlio Eterno che è stato dato dal Padre, perché "chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna".

Vi aiuti a essere ministri della divina Epifania. Ministri fedeli e instancabili!

Data: 1990-01-06

Sabato 6 Gennaio 1990



All'Angelus - Rinnovata consapevolezza della vocazione missionaria


1. Ci ritroviamo, carissimi fratelli e sorelle, per la recita della preghiera dell'Angelus in questa solennità dell'Epifania, di grande rilevanza liturgica e spirituale. Oggi, infatti, la Chiesa medita, come ben sapete, sulla dimensione universale della salvezza e, quindi, sull'impegno, che le è stato affidato, di portare a tutte le genti l'annuncio del Vangelo. Lo fa considerando l'arrivo a Betlemme dei magi venuti dall'Oriente per riconoscere il Figlio di Dio fatto uomo.

Essi furono chiamati per adorarlo, per essere cioè associati nella fede al dono della grazia e della salvezza. Gerusalemme vedeva in tal modo una prima attuazione della profezia secondo cui tutti i popoli avrebbero camminato nella luce di Dio di Israele, e proclamato la sua gloria.


2. Oggi chiediamo a Dio per tutta la Chiesa, popolo di Dio in cammino, una rinnovata consapevolezza della vocazione missionaria, poiché essa "da Cristo è stata inviata a rivelare e a comunicare la carità di Dio a tutti i popoli" (AGD 10), senza esclusione di luoghi o di persone, senza distinzione di razze o di culture, per un universale "ministero della grazia di Dio" (Ep 3,2).

Una conferma dell'universalità della missione, affidata da Cristo alla Chiesa, ci è data dall'odierna elevazione all'ordine dell'episcopato di dodici nuovi vescovi, pastori d'anime inviati in diverse diocesi del mondo o collaboratori del successore di Pietro nel suo servizio all'intero popolo di Dio.

Chiediamo la protezione della Vergine santissima su di essi, come anche su tutti i missionari e le missionarie, sacerdoti e laici, che hanno consacrato la loro vita all'espansione universale del Vangelo. Domandiamo al tempo stesso, che i cuori si aprano ad accogliere il loro annuncio, affinché tutti gli uomini giungano "ad essere partecipi della promessa per mezzo del Vangelo" (Ep 3,6).

Affidiamo anche al Signore i lavori del Sinodo Africano annunciato un anno fa.

Data: 1990-01-06

Sabato 6 Gennaio 1990

All'Associazione Santi Pietro e Paolo - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: La vostra Associazione sia una comunità di fede e di carità

Carissimi.


1. Dopo aver insieme pregato per alcuni istanti davanti al presepio del Redentore e nella vostra bella cappella, desidero dirvi la mia viva gioia per essere qui, ancora una volta, tra di voi nella sede dell'Associazione, che si trova nella stessa Casa del Papa, come vollero i miei predecessori.

Il nostro ritrovarci in questa sera è quindi un incontro di famiglia, in cui l'affetto e la stima reciproca determinano un clima di intensa letizia e di serena pace. Letizia e pace che hanno a fondamento il mistero del santo Natale, nel quale ci è dato di contemplare e di partecipare al dono della carità del Padre: Gesù, nostro Signore e nostro fratello.

Tanto più crescerà la consapevolezza di essere oggetto della predilezione di Dio, che ci offre suo Figlio, tanto più la trepidazione dei pastori e lo stupore dei magi - come ha fatto cenno il vostro presidente Gian Luigi Marrone nelle parole di saluto, che ricambio di vero cuore - diverranno adorazione e impegno.


2. Non è possibile, in effetti, porsi davanti a Cristo senza adorarlo, vale a dire senza avere quel realistico, maturo atteggiamento di preghiera davanti al Verbo Incarnato: atteggiamento che invoca, loda e supplica Dio nella consapevolezza della nostra pochezza e della nostra indigenza spirituale. Né si può stare accanto al Signore della vita senza essergli vicini nel collaborare alla sua opera redentiva.

L'odierna solennità liturgica dell'Epifania mette in evidenza come il cristiano adulto deve portare la fede nel mondo, recando ai fratelli la verità lieta e sorprendente dell'opera e del messaggio del Salvatore. Come i magi, occorre in certe occasioni lasciare le proprie case per "vedere" e adorare il Redentore; come i pastori, dopo aver veduto il Bambino Gesù, occorre far conoscere agli altri quanto di lui è stato annunciato (cfr. Lc 2,17-20) Ciò facendo, sarete veramente fedeli laici che, in modo maturo, rispondono all'appello di Cristo a lavorare nella sua vigna, a prendere parte viva, consapevole e responsabile, alla missione della Chiesa in quest'ora magnifica e drammatica della storia, dell'imminenza del terzo millennio.

Impegnatevi pertanto con sempre maggiore entusiasmo perché la vostra Associazione, che vive e opera nel cuore della Chiesa, sia come questa "costruita e plasmata come comunità di fede: più precisamente come comunità di fede confessata nell'adesione alla Parola di Dio, celebrata nei sacramenti, vissuta nella carità, quale anima dell'esistenza cristiana" (CL 33)


3. Vi invito, pertanto, a crescere nella fede limpida e operosa, mediante la pratica assidua dei sacramenti e la partecipazione alla vita dell'Associazione, che prevede momenti di formazione catechistica, di attività liturgiche e di iniziative di carità.

Mentre accolgo con compiacimento l'attestazione della vostra costante fedeltà e sintonia con l'azione della Cattedra di Pietro, vi esorto a perseverare in quell'impegno di apostolato laicale, che distingue il nostro sodalizio, il quale prende forza e ispirazione dalla salda fede di san Pietro e dall'ardore apostolico di san Paolo.

Vi auguro che la gioia, che nasce dal dono di Gesù e si dilata nella dedizione a Dio e al prossimo, dimori sempre in voi e nelle vostre famiglie.

Tutti benedico di cuore, chiedendo alla Madonna, "Virgo Fidelis" che la pace, la letizia e la carità divina accompagnino ciascuno di voi e i vostri cari lungo tutto questo nuovo anno, da poco iniziato. La materna intercessione della Beata Vergine Maria trasformi questo augurio in una reale pienezza di doni celesti.

E di cuore vi imparto la mia benedizione.

Data: 1990-01-06

Sabato 6 Gennaio 1990

Festa del Battesimo di Gesù - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Il Battesimo: vita da trasmettere, luce da comunicare

"Questo è il Figlio mio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto" (Mt 3,17).


1. Dopo aver celebrato ieri, carissimi fratelli e sorelle, la solennità dell'Epifania, ci ritroviamo oggi, in questa prima domenica del nuovo anno, per la festa del Battesimo di Gesù nel Giordano. Con quest'evento si inaugura la missione pubblica del Messia, che a tutti si manifesta come "il Figlio prediletto del Padre" da ascoltare, da accogliere, da seguire. Gesù resta con noi, in ciascuno di noi, come nostro Salvatore. La sua salvezza ci giunge per mezzo della fede e della grazia del Battesimo, sacramento fontale della Chiesa.

In questo contesto liturgico oggi è per me, come ogni anno, rinnovata occasione di gioia accogliere voi, genitori, padrini e madrine, per il Battesimo di questi bambini, originari di diverse regioni d'Europa. Ed è anche circostanza provvidenziale che ci fa riflettere sul sacramento del Battesimo, la porta per la quale siamo entrati a pieno titolo nella comunità ecclesiale.

La Chiesa ha infatti coscienza che la sua missione profetica, sacerdotale e regale ha origine dal Battesimo: da esso prende forza il compito di testimoniare e diffondere a tutti gli uomini, raggiunti dal suo annuncio missionario, la salvezza operata da Cristo, "Figlio prediletto del Padre". Col Battesimo il cristiano accoglie il Salvatore e, in virtù dell'acqua e dello Spirito, cammina sulla strada dell'amore di Dio, essendo stato rinnovato profondamente a immagine di Colui che s'è manifestato nella nostra carne mortale.


2. Cari fratelli e sorelle, non dimenticate mai il dono ricevuto e l'alta missione a voi affidata il giorno del vostro Battesimo. Non dimenticatelo soprattutto voi, genitori, padrini e madrine di questi bambini, chiamati dalla bontà del Padre celeste a partecipare dell'eredità immarcescibile dei redenti.

In voi, queste tenere creature, rinnovate dalla forza dello Spirito, possano sempre incontrare testimoni coraggiosi e veri "padri" nell'itinerario della vita cristiana. L'acqua del Battesimo li libera oggi dalla schiavitù del peccato originale e li introduce nella pienezza della vita di Dio, manifestata in Gesù Cristo e da lui comunicata alla sua Chiesa attraverso il mistero della sua morte e risurrezione. Proprio perché inseriti nella Chiesa, questi bambini diventano membra vive del corpo stesso di Cristo, nostri fratelli nella fede, coeredi con noi della salvezza e compartecipi sin da questo momento della nostra comune missione del mondo.


3. La liturgia odierna, presentandoci la teofonia del Giordano, ci mostra il Messia come colui che ridona la vista ai ciechi e la libertà ai prigionieri. In questa occasione il Padre proclama solennemente Gesù come il suo "Figlio prediletto" e sancisce così il passaggio definitivo dall'Antico al Nuovo Testamento: dal battesimo di Giovanni - segno di penitenza e di conversione in attesa del compimento delle promesse messianiche - al Battesimo di Gesù, in "Spirito e fuoco" (Lc 3,16). Quindi è lo Spirito Santo l'artefice del Battesimo dei cristiani: di noi stessi, come tra poco di questi bambini. E' lui che fa risuonare nel nostro spirito la Parola rivelatrice del Padre: "Questi è il Figlio mio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto".

E' lui, lo Spirito Santo, che apre gli occhi del cuore alla Verità, a tutta la Verità. E' lui, lo Spirito Santo, che spinge la nostra vita sul sentiero rinnovato della carità. E' lui, lo Spirito Santo, il dono straordinario e incommensurabile che il Padre fa a ciascuno di questi neobattezzandi. E' lui, lo Spirito Santo, che ci riconcilia con la tenerezza del perdono divino e ci pervade totalmente con la forza della verità e dell'amore.


4. Cari fratelli e sorelle, l'odierna celebrazione, che è sovrabbondante effusione di Spirito Santo, deve dunque riempirci di gioia spirituale e spingerci a un rinnovato impegno di vita cristiana. In effetti, il Battesimo è vita da trasmettere, luce da comunicare. Ribadiamo pertanto la nostra fedele adesione a Gesù, unico Salvatore che oggi si manifesta nella pienezza della sua missione messianica. "Concedi, o Padre, a noi tuoi fedeli - così preghiamo nell'orazione dopo la comunione - di ascoltare come discepoli il Cristo, per chiamarci ad essere realmente tuoi figli".

Maria, Madre del Salvatore, accompagni i passi della nostra vita cristiana sul sentiero della Verità e dell'Amore e ottenga a questi bambini, ai genitori, ai padrini e alle madrine, il dono della perseveranza e della fedeltà.

Data: 1990-01-07

Domenica 7 Gennaio 1990


GPII 1990 Insegnamenti