GPII 1990 Insegnamenti - All'Angelus - Città del Vaticano (Roma)

All'Angelus - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Il sacerdote compie il gesto essenziale che fa cristiano l'uomo

Carissimi fratelli e sorelle!


1. La liturgia ricorda il battesimo di Gesù nel fiume Giordano. Fu un battesimo unico, eccezionale; con esso il Salvatore volle mostrarsi come uno di noi, bisognosi di conversione, e preannunciare così la remissione universale dei peccati, ch'egli veniva a compiere.

Secondo i racconti evangelici, il cielo si apri allora per la discesa dello Spirito Santo su Gesù, in vista del compimento della sua missione. L'evento assume tutto il suo significato nella proclamazione della filiazione divina da parte del Padre: "Tu sei il mio Figlio prediletto; in te mi sono compiaciuto".


2. Pur essendo diverso dal sacramento successivamente istituito dal Figlio di Dio, tale evento costituisce una prefigurazione del rito battesimale, in virtù del quale l'uomo rinasce alla vita cristiana. Esso c'invita, perciò, a pensare al nostro battesimo e a cogliere tutto il valore di questo rito che, conferendoci la grazia del Salvatore, ci ha fatti entrare nella Chiesa. Al momento del battesimo siamo stati segnati da un "carattere", da un "sigillo", che ha stabilito in modo definitivo la nostra appartenenza a Cristo, dandoci una personale consacrazione, principio dello sviluppo della vita divina in noi. Tale consacrazione fonda il sacerdozio comune di tutti i cristiani, cioè il sacerdozio universale dei fedeli che tende a esprimersi nei vari gesti della liturgia, della preghiera e dell'azione.

Pensando al battesimo che abbiamo ricevuto, non possiamo fare a meno di ringraziare il Cristo, che ha voluto prendere possesso del nostro essere e santificare tutta la nostra vita. Dobbiamo anche ringraziare lo Spirito Santo per i numerosi doni con i quali, dal momento del nostro battesimo, ha arricchito la nostra esistenza cristiana.


3. Il battesimo ci fa pure apprezzare il valore del sacerdozio ministeriale: il sacerdote è il ministro ordinario del battesimo. Infatti Cristo ha affidato agli apostoli la missione di battezzare: "Andate e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo" (Mt 28,19).

Tutti noi, anche se forse non abbiamo mai conosciuto chi ci ha battezzati, non possiamo dimenticare che un sacerdote ha compiuto per noi, in nome di Cristo, questo gesto essenziale.

La nostra attenzione è così condotta verso il tema del prossimo Sinodo: la formazione sacerdotale. Tale formazione deve tendere a fare del sacerdote un buon amministratore dei sacramenti, a cominciare dal battesimo. E' importante che il battesimo sia pastoralmente ben preparato. Quando si tratta del battesimo di un adulto, l'apposito cammino del catecumenato impegna il candidato in un tirocinio di fede. Per il battesimo di un bambino è tutta la famiglia che viene chiamata a impegnarsi nella preparazione dell'avvenimento mediante un approfondimento della propria fede e una più consapevole assunzione delle proprie responsabilità.

Preghiamo la Vergine Maria affinché il Sinodo contribuisca, con le sue direttive, alla formazione di sacerdoti che sappiano svolgere, con animo di pastori e intenso spirito di fede, la missione di battezzare.

Alle Chiese Orientali Rivolgo ora un cordiale saluto alle Chiese Orientali che, seguendo il calendario Giuliano, celebrano oggi il Natale del Signore. Spiritualmente unito in comunione di preghiera, partecipo alla loro gioia per la nascita nel tempo dell'eterno Figlio di Dio, il quale "da ricco che era, si è fatto povero per noi, perché noi diventassimo ricchi per la sua povertà" (2Co 8,9). A tutti i cari fedeli di quelle Chiese vada il più vivo augurio di pace e di spirituale progresso nella grazia del Signore.

Data: 1990-01-07



Domenica 7 Gennaio 1990

All'Angelus - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Il sacerdote compie il gesto essenziale che fa cristiano l'uomo

Carissimi fratelli e sorelle!


1. La liturgia ricorda il battesimo di Gesù nel fiume Giordano. Fu un battesimo unico, eccezionale; con esso il Salvatore volle mostrarsi come uno di noi, bisognosi di conversione, e preannunciare così la remissione universale dei peccati, ch'egli veniva a compiere.

Secondo i racconti evangelici, il cielo si apri allora per la discesa dello Spirito Santo su Gesù, in vista del compimento della sua missione. L'evento assume tutto il suo significato nella proclamazione della filiazione divina da parte del Padre: "Tu sei il mio Figlio prediletto; in te mi sono compiaciuto".


2. Pur essendo diverso dal sacramento successivamente istituito dal Figlio di Dio, tale evento costituisce una prefigurazione del rito battesimale, in virtù del quale l'uomo rinasce alla vita cristiana. Esso c'invita, perciò, a pensare al nostro battesimo e a cogliere tutto il valore di questo rito che, conferendoci la grazia del Salvatore, ci ha fatti entrare nella Chiesa. Al momento del battesimo siamo stati segnati da un "carattere", da un "sigillo", che ha stabilito in modo definitivo la nostra appartenenza a Cristo, dandoci una personale consacrazione, principio dello sviluppo della vita divina in noi. Tale consacrazione fonda il sacerdozio comune di tutti i cristiani, cioè il sacerdozio universale dei fedeli che tende a esprimersi nei vari gesti della liturgia, della preghiera e dell'azione.

Pensando al battesimo che abbiamo ricevuto, non possiamo fare a meno di ringraziare il Cristo, che ha voluto prendere possesso del nostro essere e santificare tutta la nostra vita. Dobbiamo anche ringraziare lo Spirito Santo per i numerosi doni con i quali, dal momento del nostro battesimo, ha arricchito la nostra esistenza cristiana.


3. Il battesimo ci fa pure apprezzare il valore del sacerdozio ministeriale: il sacerdote è il ministro ordinario del battesimo. Infatti Cristo ha affidato agli apostoli la missione di battezzare: "Andate e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo" (Mt 28,19).

Tutti noi, anche se forse non abbiamo mai conosciuto chi ci ha battezzati, non possiamo dimenticare che un sacerdote ha compiuto per noi, in nome di Cristo, questo gesto essenziale.

La nostra attenzione è così condotta verso il tema del prossimo Sinodo: la formazione sacerdotale. Tale formazione deve tendere a fare del sacerdote un buon amministratore dei sacramenti, a cominciare dal battesimo. E' importante che il battesimo sia pastoralmente ben preparato. Quando si tratta del battesimo di un adulto, l'apposito cammino del catecumenato impegna il candidato in un tirocinio di fede. Per il battesimo di un bambino è tutta la famiglia che viene chiamata a impegnarsi nella preparazione dell'avvenimento mediante un approfondimento della propria fede e una più consapevole assunzione delle proprie responsabilità.

Preghiamo la Vergine Maria affinché il Sinodo contribuisca, con le sue direttive, alla formazione di sacerdoti che sappiano svolgere, con animo di pastori e intenso spiritle ("pneumatikon", cioè completamente permeato e trasformato dallo Spirito di Dio), poiché sta scritto che il primo uomo, Adamo, divenne un'anima vivente, ma l'ultimo Adamo è divenuto spirito che fa vivere".

Cristo risorto, nuovo Adamo, è talmente permeato, nella sua umanità, dallo Spirito Santo, che può essere chiamato lui stesso "spirito". Infatti questa sua umanità non ha solo la pienezza dello Spirito Santo per se stessa, ma anche la capacità di comunicare la vita dello Spirito a tutti gli uomini. "Se qualcuno è in Cristo, scrive ancora san Paolo, è una nuova creatura".

Si manifesta così pienamente, nel mistero di Cristo morto e risorto, l'azione creatrice e rinnovatrice dello Spirito di Dio, che la Chiesa invoca dicendo: "Veni Creator Spiritus", "Vieni, Spirito Creatore".

Data: 1990-01-10

Mercoledi 10 Gennaio 1990

All'Ambasciatore dell'India - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Trascurare la dimensione morale dello sviluppo comporta conseguenze negative per il bene comune

Signor Ambasciatore, Sono lieto di riceverla in Vaticano e di accogliere le Lettere che La acreditano come Ambasciatore Straordinario e Plenipotenziario della Repubblica d'India presso la Santa Sede. La Sua presenza ravviva il ricordo della mia Visita nel Suo Paese nel febbraio 1986, che fu soprattutto un viaggio spirituale di buona volontà e di pace. Sono questi i sentimenti che rinnovo ora verso il Suo Presidente, il Governo e il popolo d'lndia.

Un momento speciale di quel viaggio fu la mia visita a Raj Ghat, dedicata alla memoria del Padre della nazione, Mahatma Gandhi. Li ho pagato il mio tributo alla potenza della verità che ci induce "a riconoscere con il Mahatma Gandhi la dignità, l'uguaglianza e la solidarietà fraterna di tutti gli esseri umani, e ci incita a rifiutare ogni forma di discriminazione... (mostrandoci) ancora una volta la necessità della reciproca comprensione, dell'accettazione e della collaborazione tra gruppi religiosi nella società pluralista dell'lndia moderna e in tutto il mondo" (Discorso a Raj Ghat, Nuova Delhi, 1 febbraio 1986).

Le Sue parole qui oggi, Signor Ambasciatore, hanno ribadito la posizione dell'lndia di non-discrimininazione e uguale rispetto per tutte le religioni. E in questo contesto che la Chiesa cattolica nel Suo Paese può continuare ad adempiere alla sua missione religiosa ed umanitaria, nonostante alcune difficoltà, per l'avanzamento di quei valori essenziali e delle libertà che soli salvaguardano l'inalienabile dignità di ogni essere umano.

Una società politica esiste per promuovere l'affermazione della giustizia, il progresso del bene comune e la partecipazione di tutti i suoi membri nei processi che sostengono e guidano la vita della comunità (cfr. il Messaggio per Ia Giornata Mondiale della Pace, 1 gennaio 1982).

In un mondo che ogni giorno diviene sempre più interdipendente i singoli Paesi, mentre si sforzano di far fronte a queste esigenze all'interno dei loro confini, non possono mancare di essere attivamente coinvolti nella promozione della pace, e quindi dello sviluppo e del disarmo come condizioni che la rendono possibile, ad un livello globale.

Senza un accordo e una collaborazione internazionali questi gravi problemi rimarranno privi di un'adeguata soluzione. Colgo quindi l'occasione per richiamare l'attività dell'lndia in alcune aree di impegno internazionale e per esprimere la speranza che il pensiero e la ricerca religiosa, elementi fondamentali della cultura indiana, favoriscano un ulteriore rafforzamento della cooperazione tra il Suo Paese e la Santa Sede in quel campo.

Difatti, il credo e la pratica religiosa, così come il dialogo tra le grandi religioni presenti in India, non sono distaccati o estranei agli sforzi tendenti a rispondere alle sfide che riguardano la direzione dello sviluppo presente e futuro. L'opinione pubblica sta diventando sempre più consapevole che lo sviluppo non è dato solo dall'applicazione della scienza e della tecnologia ai problemi che riguardano gli individui e le società. Tutte queste attività hanno una dimensione morale, che non può essere ignorata senza conseguenze seriamente negative per il bene comune. Inserendo i loro membri nella comunione con il Creatore e insegnando la responsabilità verso la vita e il mondo in cui viviamo, le religioni ricoprono un ruolo vitale nello stimolare uno sviluppo genuino e nell'assicurare che la voce della saggezza sia ascoltata nella piazza del mercato così come nel tempio. Parlando ai rappresentanti della vita religiosa, culturale e sociale dell'lndia, a Nuova Delhi il 2 febbraio 1986, ricordavo che "per perseguire l'integrale sviluppo umano è necessario prendere posizione su ciò che di più grande e più nobile vi è nell'uomo: riflettere sulla sua natura, la sua vita e il suo destino. In una parola, l'integrale sviluppo umano richiede una visione spirituale dell'uomo" (2 febbraio 1986). Ho espresso la convinzione che "la missione dell'India in seno a tutto ciò è importantissima, per via della sua intuizione della natura spirituale dell'uomo. Effettivamente il maggior contributo dell'lndia al mondo può essere quello di offrirgli una visione spirituale dell'uomo. E il mondo fa bene a prestare attenzione con gioia a quest'antica saggezza e a trovare in essa un arricchimento per la vita umana" (ibidem). Mentre il mondo subisce trasformazioni radicali, quella visione spirituale e quella saggezza sono tutto ciò di cui ha bisogno se l'umana famiglia intende perseguire il progresso percorrendo il sentiero della vera pace e del bene.

Come Lei ha fatto notare, Signor Ambasciatore, l'esistenza del Cristianesimo in India è coeva alla sua presenza in Europa; ovvero, la sua presenza nel Suo Paese risale al tempo delle origini, ai tempi Apostolici. La Chiesa oggi è impegnata in diverse forme di servizio per la comunità nazionale. E' mia fervida speranza che lo spirito di comprensione e cooperazione possa aiutare tutti i settori della popolazione a vedere le attività educative sanitarie e sociali della Chiesa per ciò che sono realmente: una manifestazione di amore per gli esseri umani, figli di Dio, e una forma di profonda solidarietà umana, specialmente verso coloro che sono maggiormente nel bisogno.

Signor Ambasciatore, confido che nell'esercizio della Sua alta missione si adopererà per fortificare l'amicizia e la comprensione tra il Suo Governo e la Santa Sede. Prego che il successo arrida al Suo incarico. Dio Onnipotente benedica Lei e il Suo Paese.

(Traduzione dall'inglese)

Data: 1990-01-11

Giovedi 11 Gennaio 1990

Al Pontificio Consiglio per la Cultura - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Crollano muri, si aprono frontiere ma permangono enormi barriere

Signori Cardinali, Cari Amici,


1. Sono lieto di porgervi il benvenuto. Riuniti attorno al Cardinale Paul Poupard e ai suoi collaboratori, ancora una volta vi fate portavoce, presso la Santa Sede, dei grandi mutamenti culturali che scuotono il mondo. In tal modo aiutate la Chiesa a discernere i segni dei tempi e le nuove vie dell'inculturazione del Vangelo e dell'evangelizzazione delle culture. A questo riguardo, l'anno che si è appena concluso è stato ricco di avvenimenti eccezionali, che sollecitano giustamente la nostra attenzione, in questo ultimo decennio del nostro millennio.

Un comune sentimento sembra dominare oggi la grande famiglia umana.

Tutti si chiedono quale avvenire costruire nella pace e nella solidarietà, in questo passaggio da un'epoca culturale a un'altra. Le grandi ideologie hanno mostrato il loro fallimento dinanzi alla dura prova degli avvenimenti. Sistemi che si autoproclamavano scientifici di rinnovamento sociale, oppure di redenzione dell'uomo da sé, miti della realizzazione dell'uomo attraverso la rivoluzione, si sono rivelati, agli occhi di tutti, per quel che erano: tragiche utopie che hanno provocato un regresso senza precedenti nella storia tormentata dell'umanità. In mezzo ai loro fratelli, la resistenza eroica delle comunità cristiane contro il totalitarismo disumano ha suscitato ammirazione.

Il mondo attuale riscopre che, lungi dall'essere l'oppio dei popoli, la fede in Cristo è la migliore garanzia e stimolo della loro libertà.


2. Alcuni muri sono crollati. Alcune frontiere si sono aperte. Ma barriere enormi s'innalzano ancora fra le speranze di giustizia e la loro realizzazione, fra l'opulenza e la miseria, mentre le rivalità rinascono nel momento in cui la lotta per l'avere prende il sopravvento sul rispetto dell'essere. Un messianismo terreno è crollato e sorge nel mondo la sete di una nuova giustizia. E' nata una grande speranza di libertà, di responsabilità, di solidarietà, di spiritualità. Tutti chiedono una nuova civiltà pienamente umana, in quest'ora privilegiata che stiamo vivendo. Quest'immensa speranza dell'umanità non deve essere disattesa: tutti noi dobbiamo rispondere alle attese di una nuova cultura umana. Questo compito esige la vostra riflessione e richiede le vostre proposte. Non mancano nuovi rischi di illusione e di delusione. L'etica laica ha sperimentato i suoi limiti e si scopre impotente dinanzi ai terribili esperimenti che si effettuano su esseri umani considerati come semplici oggetti di laboratorio. L'uomo si sente minacciato in modo radicale dinanzi a politiche che decidono arbitrariamente sul diritto alla vita o sul momento della morte, mentre le leggi del sistema economico gravano pesantemente sulla sua vita familiare. La scienza dichiara la sua impotenza a rispondere alle grandi domande sul senso della vita, dell'amore, della vita sociale, della morte. E gli stessi uomini di Stato sembrano esitare su quali cammini intraprendere per costruire questo mondo fraterno e solidale che tutti i nostri contemporanei chiedono a viva voce; sia all'interno delle nazioni che su scala continentale.

E' compito delle donne e degli uomini di cultura di pensare questo avvenire alla luce della fede cristiana da cui sono ispirati. La società di domani dovrà essere diversa in un mondo che non tollera più le strutture statali inumane.

Dall'Est all'Ovest e dal Nord al Sud, la storia in movimento rimette in causa l'ordine che si fondava innanzitutto sulla forza e sulla paura. Questa apertura verso nuovi equilibri richiede saggia meditazione ed audace previsione.


3. Tutta l'Europa s'interroga sul suo avvenire, quando il crollo di sistemi totalitari esige un profondo rinnovamento delle politiche e provoca un vigoroso ritorno delle aspirazioni spirituali dei popoli. L'Europa, per necessità, cerca di ridefinire la sua identità al di là dei sistemi politici e delle alleanze militari. Essa si riscopre continente di cultura, terra irrigata dalla millenaria fede cristiana e, al tempo stesso, nutrita da un umanesimo laico percorso da correnti contraddittorie. In questo momento di crisi, l'Europa potrebbe essere tentata di ripiegarsi su se stessa, dimenticando momentaneamente i legami che la uniscono al vasto mondo. Ma forti voci, dall'Est all'Ovest, la esortano ad innalzarsi alla dimensione della sua vocazione storica, in quest'ora al tempo stesso drammatica e grandiosa. Spetta a voi, nella vostra posizione, di aiutarla a ritrovare le sue radici e a costruire il suo avvenire, conformemente al suo ideale e alla sua generosità. I giovani che ho incontrato con gioia sui cammini di Santiago di Compostela hanno manifestato con entusiasmo che questo ideale viveva in loro.


4. Sull'altra riva del Mediterraneo, l'Africa tormentata, contraddittoria, a volte affamata, si fa più vicina, proclamando con vigore la sua propria identità e il suo posto specifico nel concerto delle nazioni. La prossima Assemblea Speciale per l'Africa del Sinodo dei Vescovi, in comunione con la Chiesa universale, permetterà a questo continente del futuro di mostrare come il Vangelo nel nostro tempo sia un fermento di cultura incomparabile nello sviluppo integrale e solidale delle persone e dei popoli. In seno alla Chiesa, l'Africa è creatrice di culture radicate nella saggezza millenaria degli anziani, e rinnovate dal vigore del lievito evangelico di cui sono portatrici le comunità cristiane.


5. L'America Latina si prepara a celebrare con fervore il quinto centenario della sua evangelizzazione. E' già annunciata per il 1992 la IV Conferenza Generale dei suoi Vescovi, che sarà tutta orientata verso una nuova tappa dell'evangelizzazione dei suoi popoli e delle sue culture, e che darà un nuovo impulso a questo continente della speranza. Fra l'angoscia e la speranza, è in gioco l'avvenire della società e della Chiesa, soprattutto presso i più poveri. Fra l'America del Sud, impegnata in un processo di rinnovamento, e l'America del Nord, ricca di potenzialità economiche incomparabili, l'America Centrale intende vivere la sua vocazione alla confluenza e al crocevia delle culture. I cristiani, che sono la larga maggioranza nell'insieme del continente americano, hanno per questo una vocazione culturale e spirituale all'altezza delle loro immense possibilità. Il Pontificio Consiglio della Cultura saprà, da parte sua, aiutarli a prendere pienamente il loro posto in questo processo così promettente, superando le tentazioni egoistiche e i ripiegamenti nazionalisti. E sono felice che nuovi membri del vostro Consiglio siano venuti a dare il loro contributo al compimento di questa indispensabile missione.


6. I contrasti che si evidenziano sulle vaste rive del Pacifico attirano l'attenzione di tutto il mondo. Uno sviluppo economico senza precedenti dà a questa zona geografica un ruolo nuovo nella storia umana, con un peso enorme negli affari internazionali. Al tempo stesso, in numerose regioni, le popolazioni stentano a liberarsi dalla miseria inumana. La Cina è alla ricerca di un nuovo destino, all'altezza della sua cultura millenaria. Nessuno dubita che le sue ricchezze umane e il suo desiderio di una rinnovata comunione con le culture del mondo odierno potranno apportare a quest'ultimo nuove energie. Attendo con ansia il giorno in cui potrete, singolarmente, arricchire con questo notevole contributo il vostro dialogo fra le culture e il Vangelo.


7. Cari amici, questi sono i temi che alimentano le vostre riflessioni, al tramonto di un secolo che ha conosciuto troppo orrore e terrore e che riprende ad aspirare a una cultura pienamente umana.

Se l'avvenire è incerto, ci conforta una certezza. Questo avvenire sarà quello che gli uomini faranno, con la loro libertà responsabile, sostenuta dalla grazia di Dio. Per noi, cristiani, l'uomo che noi desideriamo aiutare a crescere in seno a tutte le culture è una persona dalla dignità incomparabile, a immagine e somiglianza di Dio, di questo Dio che ha preso sembianza d'uomo in Gesù Cristo.

L'uomo può apparire oggi esitante, a volte oppresso dal suo passato, inquieto per il suo avvenire, ma è anche vero che un uomo nuovo emerge con una nuova statura sulla scena del mondo. La sua aspirazione profonda è quella di rafforzarsi nella sua libertà, di accrescersi con responsabilità, di agire per la solidarietà. A questo crocevia della storia in cerca di speranza, la Chiesa apporta la linfa sempre nuova del Vangelo, creatore di cultura, sorgente di umanità e allo stesso tempo promessa di eternità. Il suo segreto è l'Amore. E' il bisogno primordiale di ogni cultura umana. E' il nome di questo Amore è Gesù, Figlio di Maria. Cari amici, portatelo, come lei, con fiducia su tutti i cammini degli uomini, al cuore delle nuove culture, che noi dobbiamo costruire come uomini, con gli uomini e per tutti gli uomini. Siatene certi: la forza del Vangelo è capace di trasformare le culture del nostro tempo, attraverso il suo fermento di giustizia e di carità, nella verità e nella solidarietà. Questa fede che diviene cultura è sorgente di speranza.

Forte di questa speranza e lieto di vedervi all'opera, invoco su di voi la benedizione del Signore.

(Traduzione dal francese)

Data: 1990-01-12

Venerdi 12 Gennaio 1990

Al nuovo Ambasciatore della Tanzania - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: L'Africa ha molto da offrire per soddisfare le attese mondiali di libertà e di dialogo sincero

Signor Ambasciatore, Nell'accoglierla in Vaticano all'inizio della Sua missione come Ambasciatore della Repubblica Unita di Tanzania presso la Santa Sede, sono lieto di accettare le Sue Lettere Credenziali. In questa circostanza, Le estendo i miei migliori auguri per il successo della missione che Le è stata affidata. Le chiedo di portare i miei saluti al Presidente della Repubblica Unita, Sua Eccellenza Ali Hassan Mwinyi, e di assicurarLo delle mie preghiere per la pace e la prosperità di tutto il popolo tanzaniano.

Sua Eccellenza ha accennato al mio prossimo Viaggio Pastorale in Tanzania. Attendo con gioia l'opportunità di visitare il vostro Paese e di incontrare i suoi governanti e il suo popolo. Come sempre, lo scopo principale della mia Visita sarà di confermare nella fede le mie sorelle e i miei fratelli cattolici. Allo stesso tempo spero di incoraggiare tutti gli uomini e le donne di buona volontà, quali che siano i loro credo religiosi, ad impegnarsi nel costruire una società in cui la giustizia, l'armonia e la pace costituiranno la struttura per un integrale sviluppo umano di tutti i Suoi concittadini. Il perseguimento di quel nobile traguardo ha guidato lo sviluppo della Tanzania durante tutti i venticinque anni della sua esistenza come nazione, e in molti modi l'esempio del Suo Paese ha dimostrato di ispirare e incoraggiare molti dei popoli ad essa vicini nell'Africa dell'est.

Oggi l'attenzione del mondo è sempre più focalizzata sul desiderio degli individui e di interi popoli di un'autentica libertà e dell'avvento di una nuova era segnata dal dialogo sincero e dalla cooperazione per il bene comune. Le giovani nazioni dell'Africa hanno, a questo riguardo, la possibilità di contribuire in modo vitale. Attingendo ai profondi valori umani delle loro culture tradizionali, queste nazioni possono aiutare a favorire la crescita di ciò che il Concilio Vaticano II ha chiamato "un nuovo umanesimo, in cui l'uomo si definisce anzitutto per la sua responsabilità verso i suoi fratelli e verso la storia" (GS 55).

All'interno della comunità internazionale, la Santa Sede ha cercato di incoraggiare ogni iniziativa volta a promuovere la crescita della collaborazione e della solidarietà tra gli individui, le nazioni e i gruppi sociali. La Chiesa, alla luce della sua fede cristiana, fermamente crede che proprio la solidarietà costituisca il sentiero verso la vera pace nel nostro mondo. Come ho avuto occasione di osservare, "il traguardo della pace... sarà certamente raggiunto con l'attuazione della giustizia sociale e internazionale, ma anche con la pratica delle virtù che favoriscono la convivenza e ci insegnano a vivere uniti, per costruire uniti, dando e ricevendo, una società nuova e un mondo migliore" (SRS 39).

Tale unità e tale solidarietà sono inseparabili dal dovere morale di rispettare la dignità della persona umana in tutte le dimensioni dell'esistenza, includendo quelle culturale e religiosa. Per questa ragione, sin dall'inizio del mio Pontificato ho cercato di attirare l'attenzione sulla necessità di salvaguardare i diritti umani fondamentali quali la libertà di coscienza e di pratica religiosa. L'esercizio di questi diritti è essenziale per l'autentico sviluppo degli individui, delle nazioni e dell'intera famiglia umana. Ho notato che è "dalle sorgenti inesauribili della retta coscienza" che i credo religiosi possono attingere "motivazioni superiori per l'impegno a costruire una società più giusta e più umana" (Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace, 16 dicembre 1987).

I cattolici della Tanzania sono una minoranza tra i loro concittadini.

Ma questo non impedisce loro di contribuire al progresso della Nazione lungo la via dell'autentico sviluppo sociale. Essi apprezzano il rispetto per il Governo grazie alla loro esperienza e alle loro convinzioni. Per esempio, prendendo parte al dialogo nazionale sulla popolazione, hanno cercato di contribuire alla formulazione di quelle linee politiche che sono in pieno accordo con la legge morale e con le migliori tradizioni dei popoli africani. Desidero compiacermi con il Govemo tanzaniano per aver ascoltato la loro voce su questo problema che direttamente concerne la verità integrale della persona umana, la dignità degli individui e il bene ultimo della società in genere.

Signor Ambasciatore, mentre il vostro governo cerca di promuovere la costruzione di una società segnata dalla fratellanza, dal rispetto e dal dialogo, confido nella continua e volenterosa cooperazione dei vostri concittadini cattolici. Nel rinnovarLe i miei migliori auguri all'inizio della Sua missione come Ambasciatore presso la Santa Sede, Le assicuro il pronto ausilio della Curia Romana. Su Lei e su tutto il diletto popolo della Tanzania invoco copiose benedizioni dall'Altissimo.

(Traduzione dall'inglese)

Data: 1990-01-11

Giovedi 11 Gennaio 1990

Al vicepresidente del Senato austriaco - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Ciò' che profondamente ci unisce

Carissimi fratelli e sorelle.

Vi saluto di cuore in questo odierno incontro in Vaticano. Avete pregato per questo e avete manifestato così la vostra particolare unità con il successore di Pietro. Ciò che profondamente ci unisce è soprattutto la comune fede in Gesù Cristo e l'amore alla sua Chiesa. Il mio saluto di benvenuto si rivolge, in particolare, al vicepresidente del Senato austriaco, il professor Herbert Schambeck. A lei esprimo la mia sincera partecipazione per la recente, grave scomparsa della sua consorte. Lei è giunto a Roma con i suoi ospiti per consegnare al reverendissimo card. Agostino Casaroli, segretario di Stato, un'ampia raccolta di discorsi e relazioni, intitolata "Fede e responsabilità". Le fa molto onore, signor vicepresidente, che lei, accanto alle molteplici e pretenziose attività nella politica e nell'insegnamento universitario, trovi anche sempre il tempo e l'energia per una collaborazione, sempre servizievole, alla Chiesa e per diverse pubblicazioni, dedicate alla Santa Sede e in particolare all'espressione e all'operato di Papa Pio XII e alla meritevole attività dell'allora cardinale, segretario di Stato.

Anche queste pubblicazioni sono un prezioso servizio religioso, con il quale lei manifesta la sua profonda unità con la Chiesa e con la Santa Sede. Per questo le esprimo in questa occasione il mio sincero ringraziamento. "Fede e responsabilità": con questo titolo lei indica in maniera pregnante il desiderio fondamentale e la finalità dell'operato del card. Casaroli, e quindi della Santa Sede, nella molteplice vita sociale. La fede, la missione religiosa della Chiesa sono sempre l'impulso determinante e la forza ispiratrice di tutte le iniziative della Chiesa. Anche quella che viene indicata come "politica Est del Vaticano" corrisponde al compito pastorale della Chiesa e sussiste come servizio di salvezza verso gli uomini e i popoli e non serve nessun tipo di finalità politica.

Tuttavia, proprio gli insoliti sviluppi degli ultimi mesi hanno mostrato in modo impressionante quale grande significato possano avere la fede e la religione per la trasformazione delle condizioni sociali e politiche. In questo punto di partenza, sorprendente e non violento, verso la libertà e la giustizia, verso un'attenzione ai diritti degli uomini e verso un sicuro progresso sociale dell'ordine democratico la Chiesa e la Santa Sede possono certo scorgere anche un germogliare di pazienti semi, seminati da loro rappresentanti e anche da molti credenti, in condizioni spesso difficili e contro ogni aspettativa umana, per il bene degli uomini e dei popoli. A questo riguardo spetta un particolare merito al reverendissimo card. Casaroli per i suoi diversi uffici alla Santa Sede. Possano questi promettenti sviluppi, avviatisi alla fine dello scorso anno in molti Paesi, consolidarsi, dunque, in un più ampio annuncio e possano manifestarsi ulteriormente e fruttuosamente in un nuovo ordinamento di pace, giusto e sicuro, in tutta Europa e nel mondo. Il ringraziamento, che ho rivolto a lei, carissimo signor vicepresidente, per le sue pubblicazioni, relative alla Santa Sede, è esteso anche alla casa editrice e a tutti i suoi collaboratori. Auguro a lei e ai suoi ospiti un buon anno del Signore 1990, pieno di gioia e di soddisfazione, e imparto di cuore a voi e alle vostre famiglie in patria la mia particolare benedizione apostolica che invochi e rafforzi la presenza di Dio.

Data: 1990-01-12

Venerdi 12 Gennaio 1990

Al Corpo Diplomatico - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Interi popoli hanno preso la parola, hanno vinto la paura

Eccellenze, Signore, Signori,


1. A tutti voi, ai popoli ed ai governi da voi rappresentati, alle vostre famiglie, rivolgo i miei auguri più calorosi di felicità e di prosperità per l'anno iniziato. Questi auguri si fanno preghiera mentre chiedo a Colui che "si fece carne" e venne ad abitare in mezzo a noi (cfr. Jn 1,14) di benedirvi, di far fruttare il vostro lavoro al servizio della comprensione tra gli uomini e di riconfortare quelli di voi che sperimentano l'angoscia o la prova.


2. Desidero ribadire ai diplomatici recentemente accreditati presso la Santa Sede la gioia che provo nell'accoglierli, e quanto i miei collaboratori ed io stesso contiamo sulla loro cooperazione.

Noto anche con soddisfazione la presenza tra voi dell'Ambasciatore di Polonia, una nazione che, dopo una lunga parentesi, ha riallacciato le sue relazioni diplomatiche con la Santa Sede.


3. Tengo infine a ringraziare cordialmente il vostro decano, l'Ambasciatore della Costa d'Avorio il quale, con la sua consueta delicatezza, si è fatto interprete dei vostri pensieri e dei vostri auguri. Oltre a menzionare sviluppi positivi, spesso inattesi, che hanno caratterizzato l'attualità internazionale dell'anno trascorso, Lei ha anche voluto sottolineare, Signor Ambasciatore, gli sforzi della comunità internazionale per rimediare alle crisi e alle situazioni d'ingiustizia denunziate ancora oggi da troppi popoli, spesso quelli più soggetti a privazioni.

Le sono grato del caloroso apprezzamento che ha voluto esprimere nei confronti dell'attività della Chiesa cattolica e di questa Sede apostolica le quali, attraverso la diffusione del messaggio evangelico, si sforzano di dare il loro speciale contributo alla causa della giustizia ed alla ricerca della pace.


4. Signore e Signori, la vostra presenza manifesta chiaramente che, per i popoli ai quali appartenete e per i loro dirigenti, la Chiesa e la Santa Sede non sono estranee alle loro realizzazioni ed alle loro speranze, e tanto meno ai problemi ed alle avversità che costellano la loro strada. Lo sapete - ne siete testimoni diretti - che la presenza della Chiesa nel mondo e la azione diplomatica della Santa Sede in particolare desiderano contribuire a rafforzare e completare l'unione della famiglia umana. Ricordate ciò che dichiara a questo proposito la Costituzione pastorale Gaudium et spes del Concilio Vaticano Secondo: "Siccome in forza della sua missione e della sua natura, non è legata ad alcuna particolare forma di cultura umana o sistema politico, economico o sociale, la Chiesa per questa sua universalità può costituire un legame strettissimo tra le diverse comunità umane e nazioni, purché queste abbiano fiducia in lei e riconoscano realmente la vera sua libertà in ordine al compimento della sua missione" (GS 42).


5. Per questa sollecitudine e questo interesse per il benessere spirituale e materiale di tutti gli uomini, la Santa Sede ha accolto con soddisfazione le grandi trasformazioni le quali, particolarmente in Europa, hanno segnato in questi ultimi tempi la vita di diversi popoli.

La sete irreprimibile di libertà manifestatasi in essi ha accelerato le evoluzioni, ha fatto crollare i muri e aprire le porte: tutto ha assunto il ritmo di un autentico sconvolgimento. Come avrete certamente notato, il punto di partenza o il punto d'incontro è stato sovente una chiesa. Poco a poco si sono accese candele per formare un vero cammino di luce, come per dire a coloro che per anni hanno preteso limitare gli orizzonti dell'uomo, a questa terra, che egli non può rimanere indefinitivamente incatenato. Sembra rinascere sotto i nostri occhi una "Europa dello spirito", sul filo dei valori e dei simboli che l'hanno modellata, "di questa tradizione cristiana che unisce tutti i popoli" (Allocuzione al Congresso per il V Centenario della nascita di Martin Lutero, 24 marzo 1984).

Pur costatando questa felice evoluzione che ha portato tanti popoli a ritrovare la loro identità e la loro uguale dignità, non si deve dimenticare che niente è definitivamente acquisito. Gli strascichi della seconda guerra mondiale, scatenata cinquant'anni fa, incitano alla vigilanza. E' sempre possibile che riemergano rivalità secolari, che si riaccendano conflitti tra minoranze etniche, che s'inaspriscano nazionalismi. Ecco perché è necessario che un'Europa, concepita come una "comunità di nazioni", si affermi in base ai principi così opportunamente adottati a Helsinki nel 1975 dalla Conferenza sulla Sicurezza e la Cooperazione in Europa (CSCE).


6. Questa Conferenza ha finito per imporre, infatti, la fondamentale convinzione che la pace del continente non dipende soltanto dalla sicurezza militare ma anche - e forse soprattutto - dalla fiducia che ogni cittadino deve poter riporre nel proprio paese e dalla fiducia tra i popoli. Il 1989 era iniziato del resto con l'adozione a Vienna, il 19 gennaio, del Documento finale della terza riunione di quella stessa Conferenza. I trentacinque paesi partecipanti hanno adottato un testo importante: con gli impegni concreti, con l'equilibrio che viene a stabilirsi tra gli aspetti militari, umanitari ed economici della sicurezza, questo testo ha messo bene in rilievo che la stabilità della comunità delle nazioni europee poggia innanzi tutto su valori condivisi e su un codice esigente di condotta. Questo codice non autorizza i dirigenti di un paese di diventare guide intellettuali dei propri concittadini, o le nazioni più forti ad imporsi alle più vulnerabili, nel disprezzo della loro dignità.


7. Varsavia, Mosca, Budapest, Berlino, Praga, Sofia, Bucarest, per citare solo le capitali, sono diventate praticamente le tappe di un lungo pellegrinaggio verso la libertà. Dobbiamo rendere omaggio ai popoli che, al prezzo di sacrifici immensi, hanno coraggiosamente intrapreso questo pellegrinaggio ed ai responsabili politici che l'hanno favorito. La cosa più ammirevole negli avvenimenti dei quali siamo stati testimoni, è che interi popoli abbiano preso la parola: donne, giovani, uomini hanno vinto la paura. La persona umana ha manifestato le risorse inesauribili di dignità, di coraggio e di libertà che custodisce in sé. In paesi nei quali per anni un partito ha dettato la verità in cui credere e il senso da dare alla storia, questi fratelli hanno dimostrato che non è possibile soffocare le libertà fondamentali che danno un senso alla vita dell'uomo: la libertà di pensiero, di coscienza, di religione, d'espressione, di pluralismo politico e culturale.


8. E' necessario che queste aspirazioni, espresse dai popoli, siano soddisfatte dallo Stato di diritto in ogni nazione europea. La neutralità ideologica, la dignità della persona umana sorgente di diritti, la priorità della persona rispetto alla società, il rispetto delle norme giuridiche democraticamente consentite, il pluralismo nell'organizzazione della società, sono valori insostituibili senza i quali non è possibile costruire durevolmente una casa comune all'est e all'ovest, accessibile a tutti e aperta sul mondo. Non può esservi società degna dell'uomo senza il rispetto dei valori trascendenti e permanenti. Quando l'uomo fa di sé la misura esclusiva di tutto, senza riferirsi a Colui dal quale tutto viene ed al quale questo mondo ritorna, egli diventa presto schiavo della propria finitudine. Il credente invece sa per esperienza che l'uomo è veramente uomo solo riconoscendosi da Dio e accettando di collaborare al piano di salvezza: "Riunire insieme i figli di Dio che erano dispersi" (Jn 11,52).


9. Il momento è venuto per gli europei dell'Occidente, i quali hanno il vantaggio di aver vissuto lunghi anni di libertà e di prosperità, di aiutare i loro fratelli del Centro e dell'Est a riprendere pienamente il posto che spetta loro nell'Europa di oggi e di domani. Si, il momento è propizio per raccogliere le pietre dei muri abbattuti e costruire insieme la casa comune. Troppo spesso, purtroppo, le democrazie occidentali non hanno saputo fare uso della libertà conquistata in passato al prezzo di duri sacrifici. Non si può fare a meno di rammaricarsi della deliberata assenza di ogni riferimento morale trascendente nella gestione delle società dette "sviluppate". Accanto agli slanci generosi di solidarietà, ad una reale preoccupazione per la promozione della giustizia e ad una costante preoccupazione per il rispetto effettivo dei diritti dell'uomo, è necessario costatare la presenza e la diffusione di controvalori quali l'egoismo, l'edonismo, il razzismo e il materialismo pratico. Non bisogna che i nuovi arrivati alla libertà e alla democrazia siano delusi da coloro che in qualche modo ne sono i "veterani". Tutti gli europei sono provvidenzialmente chiamati a ritrovare le radici spirituali che hanno fatto l'Europa.

Vorrei ripetere a questo proposito, davanti a questo uditorio qualificato, quanto ebbi occasione di dire ai parlamentari del Consiglio d'Europa a Strasburgo nell'ottobre del 1988: "Se l'Europa vuole essere fedele a se stessa, bisogna che sappia riunire tutte le forze vive di questo continente, rispettando il carattere originale di ciascuna regione, ma ritrovando nelle sue radici uno spirito comune... Nell'esprimere il desiderio ardente di vedere intensificarsi la cooperazione già abbozzata con le altre nazioni, particolarmente quelle del Centro e dell'Est, sento d'interpretare il desiderio di milioni di uomini e donne che si sanno legati in una storia comune e che sperano in un destino di unità e di solidarietà alla misura di questo continente" (Discorso all'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa, 8 ottobre 1988). Signore e Signori, è questo a mio parere ciò che non solo sperano gli europei, ma che il mondo intero attende da un continente che ha dato tanto agli altri.

10. Per questo motivo saluto fiduciosamente gli sforzi intrapresi dai responsabili degli Stati Uniti d'America e dall'Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche, desiderosi di dialogo e di pace. I contatti che ho avuto con loro mi hanno dato modo di costatare la loro volontà di fondare la cooperazione internazionale su basi più sicure, e fare in modo che ogni paese sia considerato sempre più come un socio e non come un concorrente.

Questo potrà essere realizzato soltanto se tutti i membri della comunità delle nazioni, e particolarmente quelli che hanno maggior peso e quindi maggior responsabilità nella tutela della pace, s'impegneranno a rispettare scrupolosamente i principi del diritto internazionale che hanno così felicemente contribuito a consolidare un'armoniosa collaborazione tra Stati.

Il nuovo clima che si è così instaurato progressivamente in Europa ha favorito progressi considerevoli nei negoziati per il disarmo nucleare, chimico e convenzionale. L'anno 1989 potrebbe certamente contrassegnare il declino di quella che veniva chiamata "la guerra fredda", della divisione dell'Europa e del mondo in due campi ideologici opposti, della corsa sfrenata agli armamenti e dell'incapsulamento del mondo comunista in una società chiusa.

Siano rese grazie a Dio che ha voluto ispirare agli uomini questi "pensieri di pace" che Cristo, venendo a noi nella notte di Natale, ha deposto in ognuno come un retaggio e un fermento, capaci di cambiare il mondo! 11. Questa atmosfera nuova si è anche estesa, molto felicemente, ben oltre l'Europa. Hanno progredito processi di pacificazione, specialmente grazie alla lungimirante azione della Organizzazione delle Nazioni Unite cui mi è gradito dare il mio riconoscimento.

Sono state tenute libere elezioni in Namibia, paese che dovrebbe accedere presto all'indipendenza tanto attesa dalla popolazione.

Bisogna incoraggiare negoziati nell'Angola e nel Mozambico, affinché la buona volontà di tutti permetta di rimuovere gli ostacoli persistenti che ne ritardano la conclusione. Sarà posto termine così alle crudeli prove cui sono state sottoposte popolazioni, già poco favorite dal punto di vista materiale, che potranno meglio essere artefici del proprio sviluppo.

Le riforme politiche e costituzionali verso le quali sembra avviarsi la Repubblica del Sud Africa dovrebbero tradursi sempre meglio in realtà, così da favorire il clima di fiducia e di dialogo di cui tutte le popolazioni sentono l'urgente necessità.

Il Burundi sembra essersi avviato anch'esso al superamento definitivo dei conflitti etnici che lo laceravano fino a poco tempo fa.

Sempre sul continente africano, dobbiamo prendere atto della nascita dell'Unione Araba Maghrebina, punto di partenza di una necessaria cooperazione regionale che dovrebbe favorire non soltanto gli scambi economici, ma anche la composizione pacifica dei problemi in sospeso, ed infine rapporti vantaggiosi con la Comunità Economica Europea.

Infine in una regione molto lontana da questa, nell'America del Sud, le elezioni democratiche tenute recentemente nel Cile e nel Brasile costituiscono una tappa importante nel cammino delle nazioni sudamericane verso una maggior libertà e democrazia, tappa che deve essere ancora intrapresa da altri.

12. Ma come nell'ora in cui albeggia su certe terre, altre sono ancora all'ombra del crepuscolo, così avviene nella scena internazionale: se si possono registrare progressi qua e là, sono ancora numerosi i paesi in preda all'incertezza ed alle prove. Il mio pensiero va prima di tutto al Medio Oriente, sempre vittima dell'ingiustizia e della violenza. Il futuro del Libano, nonostante tutti gli sforzi fatti, resta precario. E' oramai urgente che i libanesi siano messi in condizione di prendere decisioni sovrane sul loro avvenire, nella fedeltà ai valori della civiltà che hanno modellato l'affascinante fisionomia di questo paese.

Molto vicino alla terra libanese, le popolazioni della Cisgiordania e di Gaza sono ancora in preda a sofferenze difficilmente ammissibili. Come non ripetere, ancora una volta, che solo il negoziato sarà in grado di garantire alle parti contrapposte il rispetto delle loro legittime aspirazioni, la pace immediata e la sicurezza del domani? Nel Golfo, terminata la guerra tra l'lraq e l'lran, resta da risolvere tra l'altro il problema del rimpatrio dei prigionieri di guerra, problema umano per eccellenza. Mentre giungono a termine le feste della fine dell'anno, occasione di gioiosi incontri famigliari, non possiamo dimenticare la sorte riservata a quelle persone, in maggioranza giovani, ancora trattenute lontano dai loro cari senza motivo giustificabile.

Più ad est, un problema dello stesso ordine è quello dei rifugiati afghani che attendono di poter ritornare alla loro terra. La comunità internazionale non può disinteressarsi della loro situazione, né del resto di quella delle popolazioni dell'Afghanistan che subiscono ogni giorno gli effetti devastanti di un micidiale conflitto. Anche li è ormai tempo che le parti interessate raddoppino i loro sforzi affinché, nel rispetto delle aspirazioni legittime di tutti, venga posto fine alle ostilità endemiche e alle sofferenze imposte a civili innocenti.

13. Un rapido sguardo all immensa Asia Orientale pone davanti agli occhi grandi popoli, dalle nobili tradizioni culturali e religiose, che dovrebbero contribuire di più al progresso armonioso della vita internazionale. Accanto a segni positivi portatori di speranza sussistono purtroppo situazioni dolorose.

Penso alla Cambogia dove, nonostante un primo tentativo di negoziato, si è ancora in attesa di una transizione pacifica verso un futuro che ispiri fiducia a tutti. Auguriamoci che una cooperazione internazionale efficace impedisca il ritorno delle terribili prove già sostenute da un intero popolo.

Lo Sri Lanka continua purtroppo ad essere scosso da ostilità di ogni genere, le quali per tutto l'arco dello scorso anno hanno causato numerose vittime e compromettono pericolosamente la coesione di una nazione pure così pacifica.

Va ricordato anche il Vietnam.

Vorrei dare il mio incoraggiamento ai segni discreti di apertura che si sono recentemente manifestati, riguardanti anche la libertà di religione. La Chiesa e la Santa Sede sono evidentemente disponibili per qualsiasi dialogo suscettibile di migliorare la situazione in questo settore. La comunità internazionale, da parte sua, dovrebbe sentire il dovere di stimolare di più il coraggioso popolo vietnamita aiutandolo a occupare sempre meglio il posto che gli compete nel concerto delle nazioni. La grave questione posta dai rifugiati di questo paese potrà essere risolta soltanto attraverso questa stessa solidarietà internazionale.

Infine non vorrei lasciare l'argomento di questa regione senza menzionare la nazione cinese. I gravi avvenimenti di giugno del 1989 mi hanno profondamente impressionato e sin dall'inizio, facendomi un poco portavoce di coloro che sono attenti alla sorte dell'umanità, non ho mancato di esprimere, con i miei sentimenti di cordoglio, il sincero augurio che tante sofferenze non siano vane ma servano invece a rinnovare la vita nazionale di questo nobile paese. Alle soglie del nuovo anno, voglio formulare ancora una volta questo stesso augurio, nella convinzione che i problemi della pace hanno oggi dimensioni tali da coinvolgere tutti gli uomini e tutte le donne di buona volontà. Tutti i popoli del mondo sono chiamati infatti a fare opera di pace nel rispetto della verità, della giustizia e della libertà.

14. In America Centrale, le prospettive di una ripresa del processo di pace sotto gli auspici dell'Organizzazione delle Nazioni Unite, che aveva suscitato tante speranze, si sono alquanto attenuate. Recentemente il Salvador è stato teatro di violente lotte che hanno colpito soprattutto la popolazione civile. Ricordiamo in particolare il barbaro assassinio di sei religiosi della Compagnia di Gesù. Voler risolvere problemi della società attraverso la violenza è una pura e semplice illusione, una illusione suicida. Per questo ho accolto con sollievo il vertice tenuto recentemente dai Presidenti dei paesi dell'America Centrale, a San José de Costa Rica, lo scorso mese. Essi hanno opportunamente dichiarato la loro profonda convinzione "che è indispensabile suscitare nella coscienza dei popoli la necessità di rigettare l'uso della forza e del terrore per perseguire fini e obbiettivi politici" (Dichiarazione di San Isidro de Coronado, 12 dicembre 1989).

Il flagello della violenza e del terrorismo, aggravato dall'infame commercio della droga che ne è spesso la causa, ha imperversato duramente nel Perù e in Colombia, al punto di mettere in pericolo l'equilibrio sociale di questi paesi. In questo clima di anarchia, deploriamo il vile assassinio di un Vescovo, il pastore diocesano colombiano di Arauca, Monsignor Jesus Jaramillo Monsalve.

E recentemente è venuta ad aggiungersi a queste preoccupazioni la crisi di Panama. Anche qui è stata la popolazione civile a soffrire più di tutti. E' auspicabile che il popolo panamense possa ritrovare senza tardare una vita normale, nella dignità e nella libertà alle quali ha diritto ogni popolo sovrano.

15. Infine, dopo questo giro di orizzonte, conviene fare tappa sul continente africano nel quale due popoli, in particolare, subiscono da anni una sorte tragica. Il Sudan, infatti, ha visto aggiungersi alle calamità naturali quelle ancora più nefaste della guerra nella parte meridionale del paese. Città devastate ed esodo delle popolazioni hanno provocato situazioni inenarrabili di miseria ed indigenza, cui si è aggiunto il problema dei rifugiati. L'aiuto internazionale è ovviamente urgente, ma potrà essere assicurato solo a condizione che sia osservata la tregua delle armi, in attesa della ripresa dei colloqui di pace che avevano suscitato tante speranze. Al silenzio delle armi dovrà aggiungersi il rispetto autentico dei diritti fondamentali di tutti gli elementi che compongono la società sudanese, in particolare delle minoranze, nella partecipazione alla gestione del potere, alla produzione e all'uso delle risorse naturali; e tutto nella piena libertà e senza discriminazioni di razza o di religione.

Non meno preoccupante è la situazione delle popolazioni dell'Etiopia, alle quali del resto la Chiesa cattolica non ha mancato di venire in aiuto attraverso le sue organizzazioni caritative che si sono associate alle iniziative dei Vescovi locali e agli sforzi dei governi e delle organizzazioni non governative. Anche qui gli effetti drammatici della siccità, le malattie e la fame hanno reso ancora più devastanti le conseguenze dei conflitti interni. Auguriamoci che possa ricominciare l'invio dei soccorsi agli abitanti del Tigrai, se vogliamo evitare nei prossimi mesi una tragedia dalle dimensioni gigantesche. Inoltre i negoziati in corso con l'Eritrea e il Tigrai dovrebbero contribuire anch'essi a far prevalere la convinzione che questo conflitto non può trovare uno sbocco militare.

E' chiaro che ogni soluzione dovrà tener conto delle legittime aspirazioni dell'amato popolo eritreo, che ha già sofferto tanto.

16. Eccellenze, Signore e Signori, tale è il contesto, fatto di ombre e di luci, nel quale la Chiesa cattolica è chiamata dal suo Signore a dare testimonianza di fede, di speranza e di carità. E' reso visibile dalla buona volontà dei suoi fedeli più umili, dalla instancabile dedizione dei suoi Vescovi e dei suoi sacerdoti, dall'impegno senza riserve dei suoi religiosi e delle sue religiose.

Ancora recentemente, pellegrino in Estremo Oriente e nell'lsola di Maurizio, ho potuto costatare i frutti copiosi prodotti dal lavoro e dalla perseveranza apostolica di tanti operai del Vangelo di ieri e di oggi. Siano rese grazie per questo a Dio! Il mio ardente desiderio è che, in questo clima nuovo di libertà che sembra diffondersi un poco dovunque, i credenti possano non solo praticare la fede - mentre certi paesi e certe religioni maggioritarie non lo permettono sempre -, ma partecipare anche attivamente e a pieno diritto al progresso politico, sociale e culturale delle nazioni di cui sono membri.

L'incredulità e la secolarizzazione, infatti, pongono sfide che devono essere raccolte da tutti i credenti, chiamati a testimoniare insieme il primato di Dio su ogni cosa. Per questo, oltre alla libertà religiosa che lo Stato deve garantire loro, è essenziale che esistano una miglior conoscenza e una miglior collaborazione tra religioni. A questo riguardo ho potuto costatare di persona gli effetti positivi di questa comprensione interconfessionale in Indonesia dove i principi del "Pancasila" permettono all'lslam e alle altre religioni praticate dagli abitanti di questo paese d'incontrarsi in un dialogo armonioso da cui trae beneficio l'intera società. Purtroppo non è sempre così. Non posso tacere sulla situazione preoccupante in cui si trovano i cristiani in certi paesi dove la religione islamica è maggioritaria. L'esperienza del loro sconforto spirituale mi giunge costantemente: spesso privi di luoghi di culto, guardati con sospetto, impediti di organizzare un'educazione religiosa secondo la loro fede o attività caritativa, hanno la sensazione dolorosa di essere cittadini di second'ordine.

Sono convinto che le grandi tradizioni dell'lslam, quali l'accoglienza dello straniero, la fedeltà nell'amicizia, la pazienza nelle avversità, l'importanza data alla fede in Dio, siano altrettanti principi che dovrebbero permettere di superare atteggiamenti settari inammissibili. Mi auguro vivamente che se i fedeli musulmani trovano oggi giustamente i mezzi essenziali per soddisfare le esigenze della loro religione nei paesi di tradizione cristiana, i cristiani possano beneficiare a loro volta di un trattamento paragonabile in tutti i paesi di tradizione islamica. La libertà religiosa non può essere limitata ad una semplice tolleranza. E' una realtà civile e sociale, dotata di diritti precisi che permettono ai credenti ed alle loro comunità di dare senza timore testimonianza della loro fede in Dio, e viverne tutte le esigenze.

17. Il contributo dei credenti non è mai stato così utile come oggi in un mondo dove sono numerosi coloro che sono alla ricerca di un senso da dare all'esistenza ed alla Storia. Sono convinto, in particolare, che la testimonianza della preghiera, della vita comunitaria nella Chiesa e della carità efficace sia altrettanto necessaria allo sviluppo di questo mondo quanto il progresso tecnico o la prosperità materiale. E' questo che ho voluto dire in un messaggio al Convegno Ecumenico Europeo di Basilea, nello scorso maggio: "I patti ed i negoziati politici sono mezzi necessari per arrivare alla pace, e la nostra riconoscenza è grande nei confronti di coloro che vi si dedicano con convinzione, con perseveranza e con generosità. Ma per essere fruttuosi in maniera duratura, hanno bisogno di un'anima. Per noi, è un'ispirazione cristiana che può fornirla riferendosi a Dio, Creatore, Salvatore e Santificatore, ed alla dignità di ogni uomo e ogni donna, creati a sua immagine" (18 maggio 1989).

Si! Che la forza dello Spirito procuri dovunque a questa umanità uno slancio spirituale rinnovato che l'avvicini al suo Creatore! Nella nostra epoca in cui si parla e si pensa molto in termini di redditività, in cui s'invoca con forza la libertà, non manchino mai i segni della trascendenza, dell'attenzione ai più deboli e del rispetto delle aspirazioni degli altri! 18. Il 1990 apre il decennio che ci porterà alla fine del secondo millennio dell'era cristiana. Per ogni uomo, per ogni popolo, per la nostra terra, facciamo di questo periodo un "avvento". Prepariamo le vie di Dio che non cessa di venire a noi, come nella notte di Natale, per arricchirci della sua vita e della sua presenza. Resta sempre nel cuore dell'uomo uno spazio che Lui solo può colmare.

Possiamo noi, ciascuno al suo posto, nell'adempimento dei compiti che ci sono provvidenzialmente affidati, aiutare gli uomini di questo tempo a scoprire sempre meglio, attoniti e fiduciosi, che Dio è il loro bene! Questi sono gli auguri che vi faccio, Eccellenze, Signore e Signori, per i vostri concittadini, per la famiglia umana intera! Di gran cuore li affido "a Colui che in tutto ha potere di fare molto più di quanto possiamo domandare o pensare" (Ep 3,20). Che la sua Benedizione sia con tutti voi! (Traduzione dal francese)

Data: 1990-01-13

Sabato 13 Gennaio 1990


GPII 1990 Insegnamenti - All'Angelus - Città del Vaticano (Roma)