GPII 1990 Insegnamenti - L'omelia allo Stadio nazionale - Bissau (Guinea-Bissau)


2. Considerate - prosegue l'Apostolo - la nostra vocazione in Gesù Cristo: Egli "è diventato per noi la sapienza che viene da Dio, come anche giustizia, santificazione e redenzione. Ed in tal modo, come sta scritto, "chi si vanta si vanti nel Signore"" (1,30-31).

E qual è la nostra vocazione in Gesù Cristo? E' Egli stesso, il Signore, che ci dà una risposta molto profonda nel discorso della montagna, col messaggio delle otto beatitudini. Oggi stesso lo abbiamo udito nella lettura del Vangelo del giorno: beati i poveri nel loro intimo, nello spirito, beati quelli che piangono, beati i miti, gli umili, beati quelli che hanno fame e sete di giustizia, beati i misericordiosi, beati i puri di cuore, beati gli operatori di pace, beati coloro che patiscono persecuzioni per amore della giustizia.

Queste beatitudini - le otto beatitudini del discorso della montagna - mostrano, in forma molto chiara, quale sia in questo mondo la nostra vocazione in Gesù Cristo.

La vocazione cristiana ci è data nel sacramento del Battesimo e confermata con quello della Cresima. Ma si esprime nella sua pienezza attraverso l'Eucarestia il sacramento che stiamo celebrando. Questi tre sacramenti vengono chiamati "i sacramenti dell'iniziazione cristiana".


3. La vocazione di voi tutti che qui in Guinea-Bissau costituite la Chiesa di Cristo è quella dei "beati".

Rimanete radicati in Cristo e siate vivificati per grazia Sua, come membra vive del suo Corpo, tralci della stessa vite, rami di ulivo innestati nell'unico tronco.

La vostra vocazione, pertanto, esige da voi che portiate frutto, in virtù del vostro modo specifico di essere in Cristo, ovvero in comunione con Lui.

Dare frutto è un'esigenza essenziale della vita cristiana; in questo modo, comunione e missione vanno insieme e l'una comporta l'altra. Colui che non dà frutto, colui che si dispensa dal lavorare alla missione affidatagli da Cristo, o non risponde all'invito di annunciare il Vangelo, si autoesclude dalla vita e dalla comunione col Maestro. Egli è, allo stesso tempo, la sorgente ed il frutto della missione (cfr. CL 32).

Cari fratelli e sorelle della Guinea-Bissau, ho cercato di rendervi coscienti della vostra vocazione, che è essenzialmente missionaria: Cristo vi ha chiamati affinché, attraverso di voi, nella vostra terra tutti conoscano ed accolgano la nuova vita che è entrata nella storia del mondo mediante il Figlio di Dio.


4. Ho cercato di tener sempre presente la comunione missionaria che vi unisce a tutte le Chiese particolari dell'Africa e che impegna la vostra Comunità alla testimonianza di tanti altri fratelli del Continente. Siate quindi vigili, generosi e perspicaci nel discernere le funzioni e le responsabilità che vi furono affidate, per arrivare a conoscere qual è il significato autentico della vita cristiana nel cuore delle tradizioni culturali e religiose delle terre africane, felici di scoprire in esse i germi del Verbo. Osservate le profonde evoluzioni prodottesi nei tempi recenti, pronti ad interpretare ed illuminare le ricchezze ed i problemi con la luce del Vangelo, in un dialogo sincero ed aperto.

Come sapete, è questa una delle finalità che si propone l'Assemblea straordinaria del Sinodo dei Vescovi, che tratterà il tema della Chiesa in Africa alle soglie del terzo Millennio. Ci avviciniamo sempre di più a questo avvenimento che costituirà per tutti i cristiani dell'Africa un momento privilegiato di responsabilità nel complesso cammino dell'evangelizzazione. Un'evangelizzazione attesa da molte amate popolazioni, alle quali mi sento oggi particolarmente vicino.


5. La Comunità cattolica della Guinea-Bissau vive in una società caratterizzata da un clima di pace, di tolleranza e di rispetto tra le comunità religiose presenti nella popolazione. Molti, qui, guardano alla Chiesa cattolica con interesse e viva speranza, fiduciosi nel suo messaggio. La guardano con simpatia molti fratelli musulmani. La interrogano, speranzosi, soprattutto coloro che, essendo eredi delle più antiche tradizioni animiste, proprio dalla Chiesa attendono una risposta chiarificatrice, ai loro molti dubbi sul mistero di Dio.

In questo territorio, la Chiesa sta inoltre percorrendo, con tutti gli uomini, il difficile cammino della liberazione, della conquista e della promozione dei diritti fondamentali dell'uomo, di ogni persona, e condivide l'aspirazione comune ad una autentica solidarietà e cooperazione sociale ed economica, frutto del superamento di ideologie statiche e condizionanti. Ci troviamo in un momento di ricerca di una giusta e pacifica convivenza, di partecipazione e di apertura, sulla strada di un autentico progresso umano.


6. Questo impegno caratterizza tutti i figli della Chiesa, e specialmente i laici.

Essi devono sforzarsi di agire con senso di responsabilità, illuminati dalla fede e dalla dottrina sociale della Chiesa, per essere al servizio della persona umana e della società nella carità e nella verità.

La Chiesa è in cammino con tutti gli uomini, vive con loro ed è solidale con la loro storia; ma, allo stesso tempo, permane nella ferma coscienza che l'offerta della salvezza in Cristo e l'annuncio del suo Regno costituiscono il suo obbiettivo primario e la fonte, particolarmente efficace, della piena liberazione e della salvezza integrale di ogni uomo.

La Chiesa sa molto bene quanto il cristiano può e deve offrire alla sua società concreta, nel cammino del progresso e dello sviluppo; sa quanto l'immagine cristiana dell'uomo, della sua dignità e del suo destino, si proietti, in certo qual modo, in tutti i settori della vita. Cristo rivela pienamente l'uomo all'uomo stesso. E l'annuncio di questa rivelazione che porta l'uomo a incontrare di nuovo i valori propri della sua umanità. In questo modo, Cristo migliora ed eleva la persona umana; e, attraverso i rapporti sociali, consolida la collaborazione organica e disinteressata nelle strutture che si occupano del bene comune.

E' necessario poi che venga debitamente esaltata l'inviolabile dignità della persona umana, in modo che tutti siano portati a riscoprirla alla luce del Vangelo. Ponete in questo, carissimi fratelli e sorelle, il vostro impegno prioritario ed unificante, al servizio del bene comune della vostra diletta Nazione.

Sforzatevi di agire nel pieno rispetto dell'ordine morale, come cittadini che obbediscono ad una autorità. Allo stesso tempo, tuttavia, dovete sentire una sollecitudine responsabile per l'autentica libertà, impegnati come lo siete ora nell'affermazione dei diritti di tutti, e disposti a collaborare per ottenere ciò che è buono e giusto per tutti.

Siate vigilanti e non lasciatevi vincere dalle tentazioni della corruzione e dell'abuso di potere e dalla ricchezza. Contrastate sempre, cristianamente, ciò che è lesivo dei diritti e dei beni indispensabili alla dignità di tutti i vostri fratelli. Siate fermi nel mantenere il principio secondo cui "la dignità personale è proprietà inalienabile di ogni essere umano"; per questo, la persona è assolutamente irriducibile a tutto ciò che pretenda di schiacciarla o annullarla nell'anonimato della collettività, dell'istituzione, della struttura, del sistema (cfr. CL 37).


7. Siate in Cristo Gesù (cfr. 1Co 1,30). Siate testimoni del suo amore. Anche di quell'amore divino col quale Cristo stesso vuole restituire al matrimonio tutta la sua dignità ed alla famiglia tutta la sua solidità.

La famiglia cristiana è segno ed annuncio del profondo rapporto esistente tra il matrimonio e il mistero di Cristo e della Chiesa. Amatevi, quindi, "come Cristo ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei" (Ep 5,25).

Specialmente nel mondo missionario, la famiglia cristiana rappresenta un luogo particolarmente privilegiato per far conoscere il valore salvifico del Vangelo.

Cristo proclama l'unità dell'amore coniugale e la sua fedeltà assoluta, in un mondo in cui sovente vengono presentati altri modelli di cultura e di morale; un mondo che ha accettato le tradizioni poligame, ed ha ammesso e tollerato il disprezzo della donna, spesso considerata più come un oggetto che come una persona, per servire gli interessi di una cultura del potere. "Il cristiano poi è chiamato a sviluppare un atteggiamento di amore nuovo, manifestando verso la propria sposa la carità delicata e forte che Cristo ha per la Chiesa" (FC 25).

Fatevi difensori coraggiosi di questo annuncio liberatore della famiglia, di tutte le famiglie! Siate pronti a superare, con energia, tutte le forme di disuguaglianza discriminante, di maltrattamenti, di disprezzo e di negligenza per la dignità della sposa, dei bambini, dei minori! Testimoniate, in modo chiaro ed evidente, la stima che avete per la vita, impegnandovi a proteggerla, sin dal suo inizio, e rifiutando ogni sorta di disinteresse o di trascuratezza nei confronti dei più piccoli! I vostri focolari domestici, i vostri nuclei familiari dovranno costituire un esempio di accoglienza, di amore e di servizio, come è proprio di una famiglia cristiana. Fate tutto il possibile perché la famiglia sia considerata come il primo nucleo della vita sociale. E che tutti, a partire dalle pubbliche autorità e dalle leggi della comunità, rispettino i suoi diritti naturali!


8. La Chiesa considera suo dovere preoccuparsi dello sviluppo degli uomini e dei popoli; e considera questa preoccupazione parte del suo compito pastorale. E l'amore di Cristo che la muove; alla luce di questo amore essa deve arrivare a conoscere l'autentica promozione umana.

E' noto quanto le opinioni sullo sviluppo possono essere riduttive, il che avverrà se le vie del progresso garantiranno solo una maggiore disponibilità di beni materiali e di consumo, o se privilegeranno una mera espansione delle tecnologie in funzione della crescita economica.

Ma è chiaro che il mero possesso dei beni materiali se non è accompagnato dalla coscienza della dimensione morale, può facilmente portare l'uomo ad una schiavizzante avidità del possesso e del godimento immediati. Ora, questo conduce inevitabilmente al consumismo, e provoca, in ultima allalisi, una radicale insoddisfazione nella vita stessa.

Il vero sviluppo umano esige che l'uomo riscopra il piano di Dio, che a lui affido il creato, affinché lo conoscesse e lo dominasse, nel contesto della sapienza della sua legge divina. Dio vuole che l'uomo conosca i beni e le potenzialità energetiche della natura e se ne serva, considerandoli come un dono necessario alla sua realizzazione personale, senza che questo comporti un offuscamento dei valori dello spirito.

Per arrivare ad un rapporto armonioso tra l'uomo e il creato, è necessario percorrere le vie della cultura del pensiero e dell'amore; è in queste dimensioni che l'uomo si eleva alla sua dignità suprema, quella di essere spirituale e libero. Questa cultura progredisce sviluppando le conoscenze ed i mezzi di espressione, apprezzando il proprio patrimonio culturale, senza trascurare il dialogo, tanto favorito dal mondo moderno.

E' questo ciò che si propongono le scuole che la Chiesa apre, per arricchire anche la popolazione della Guinea di questa "cultura animi" (Cicerone), ovvero di una solida preparazione umana e professionale in funzione del progresso, indispensabile perché ognuno possa realizzare la propria vocazione in modo autentico. Dalla stessa intuizione sono guidati i figli della Chiesa qui pellegrina, quando, specialmente nel settore sanitario, si sforzano di consolidare la loro vocazione con la pratica delle opere di misericordia (cfr. 2P 1,10), in un lavoro che esorto vivamente a continuare e per il quale esprimo in questa sede il mio più sentito apprezzamento.


9. Consideriamo, fratelli e sorelle, la nostra vocazione in Cristo Gesù! E tornando, ancora una volta, alle otto beatitudini del discorso della montagna, ascoltiamo il Maestro che ci dice: beati... perché di essi è il Regno dei Cieli; perché saranno consolati... saziati... otterranno misericordia... vedranno Dio... saranno chiamati figli di Dio, quelli che misero in pratica le beatitudini.

La nostra vocazione in Gesù Cristo è una vocazione per la vita eterna in Dio: "Rallegratevi ed esultate, poiché grande sarà la vostra ricompensa nei cieli" (Mt 5,12). Questo ci dice il nostro Salvatore. Questo ci insegna il Redentore del mondo: Colui che ha parole di vita eterna! Ascoltiamo le sue parole. Crediamo in Lui! Infatti Dio è fedele in eterno alla sua Parola (cfr. Ps 145-146).

Per questo, col Profeta, dico qui, a quanti abitano nella Guinea-Bissau: "Cercate il Signore, voi tutti, poveri della terra... Cercate la giustizia, cercate l'umiltà...". Ed abbiate fiducia nel nome del Signore (cfr. So 2,3 So 3,13).

"Dio è fedele per sempre!" (Ps 145,6).

(Traduzione dallo spagnolo)

Data: 1990-01-27

Sabato 27 Gennaio 1990

All'inaugurazione del Seminario Minore - Bissau (Guinea-Bissau)

Titolo: Abbiate un cuore aperto nel consacrare la vostra vita

Monsignor Vescovo, Reverendi Padri, Cari seminaristi della Diocesi e della Famiglia Francescana, rappresentanti della Commissione per le Vocazioni,


1. A tutti i presenti, il mio saluto cordiale, rivolto specialmente ai Superiori ed ai professori di questo Seminario, alle giovani della Casa di Formazione femminile, al personale missionario ed a tutti gli amici di questa istituzione.

Insieme a questa comunità diocesana ed al suo Pastore rendo grazie al Signore per l'opera che oggi ho il piacere di inaugurare e di benedire, e che rappresenta un'espressione della volontà di Dio resa concreta dalla Chiesa.

Infatti Dio continua a chiamare i suoi collaboratori, nell'intimo delle coscienze; e desidera che essi siano preparati alla missione, come furono preparati gli Apostoli. Quindi la Chiesa Madre e Maestra ricca di esperienza, vede nei seminari il mezzo migliore per la preparazione di coloro ai quali, un giorno, per mezzo del Vescovo ordinante, verrà riconosciuta la vocazione interiore, mediante la pubblica vocazione agli Ordini Sacri.

E voi, cari seminaristi, siete giunti a questa fase di preparazione. In questo momento siete come il piccolo Samuele: qualcuno che sta cercando di identificare, chiarire ed accettare la sublime chiamata del Signore: "Parla, perchè il tuo servo ti ascolta" (1S 3,10).


2. Entrando in questo edificio ci si presentano, nell'atrio, tre iscrizioni molto significative. Le conoscete bene e dovete aver già compreso che esse racchiudono tutto un programma di preparazione per il servizio missionario nella Chiesa: "Bo bim nha tras: n'na bim fassi bos piscaduris di pecaduris"; e poi, "Bo firmanta um utro"; ed infine, "Bo bai pa tudo mundo".

Sono esortazioni che il Signore vi rivolge e da parte vostra c'è la responsabilità di dare una risposta ad ognuna di esse. Una risposta concreta, effettiva, generosa; aperta alle esigenze e alle necessità urgenti della popolazione della vostra terra e aperta agli insistenti appelli di tante anime che sperano nella verità di Cristo o si interrogano sul messaggio del Vangelo.

In realtà, essere sacerdote, essere missionario, significa aver ascoltato, come Pietro, l'invito a lasciare tutto e a seguire Cristo, confidando unicamente sulla sua rassicurante promessa: "Non aver timore, faro di te un pescatore di uomini".


3. Nella preghiera e nella meditazione, nel corso di questi anni nei quali vi preparate al futuro, per servire la diffusione del Regno di Dio, tenete sempre presente questo dialogo fra Pietro e Gesù. Che vi sia nel vostro intimo il desiderio di parlare con Cristo della missione che vi attende; parlargli della scelta che state compiendo ed alla quale vi preparate, con l'atteggiamento di chi confida nella grazia del Signore; parlargli delle cose che Egli ci ha indicato nel "Padre Nostro" e nel Cenacolo, durante l'ultima cena. Abbiate un cuore aperto per consacrare la vostra vita a questa missione! E andate avanti con umiltà, consapevoli del fatto che il servizio sacerdotale è davvero esigente e che il dedicarsi al prossimo vi porterà ad affrontare situazioni complesse e difficili.

Vivete l'unione con Cristo, con fede ardente, nella preghiera, affinchè possiate sempre trovare in Lui la forza necessaria per perseverare e divenire, come Lui, "uomini per il prossimo". Egli continua ad invitare e a proporre ad ognuno di voi: "Faro di te un pescatore di uomini".


4. "Bo firmanta um utro". Aiutatevi l'un l'altro! Questo vuol dire: cercate di vivere la carità, nella comunione con tutta la Chiesa con la Chiesa che dà testimonianza di Cristo in Guinea Bissau, molto attenti alle sue esigenze; insieme alla Chiesa universale, della quale siete parte viva ed attiva. La vostra preparazione all'annuncio del Vangelo dipende dalla vostra adesione alla fede degli Apostoli, dalla vostra comunione, tramite la dottrina della Chiesa, con la testimonianza di coloro che hanno incontrato ed amato il Maestro.

Cercate, inoltre, sin d'ora di vivere la carità fraterna secondo gli schemi che la vita sacerdotale e la cooperazione nel ministero pastorale esigono.

Questa carità deve essere la forza della vostra futura missione. Essa troverà un ottimo sostegno nella vera amicizia, ispirata all'esempio di Cristo e alla sua familiarità con gli Apostoli: "Voi siete miei amici".

La vostra carità sacerdotale deve esprimersi, sin d'ora, in tutte le forme di aiuto reciproco e di collaborazione che troverete possibili ed opportune, secondo l'orientamento dei vostri formatori: dal sostegno spirituale al conforto nelle difficoltà fino all'aiuto concreto e materiale, quando è necessario. Siate, per la vostra carità reciproca, un riflesso della Chiesa, che si costruisce come comunità cristiana nell'unità di una sola fede, alimentata dalla Parola di Dio e dalla forza dell'unico Pane di vita, che è l'Eucarestia.


5. "Bo bai pa tudo mundo". Andate per il mondo! Anche voi sarete inviati presso tutti gli uomini, poichè fate parte della Chiesa universale, nella sua concreta universalità, che si esprime nella vostra terra come una pluralità di uomini e di donne che appartengono a gruppi etnici differenti e hanno culti e dottrine diversi. Sarete inviati, innanzitutto, come Pastori dei fratelli nella fede presso coloro che, con coerenza, vivono il proprio battesimo, presso quelli che solo alcune volte riflettono sulla parola di Cristo e partecipano occasionalmente ai misteri che celebra l'intera Comunità. Sarete inviati inoltre presso i fratelli musulmani "che adorano l'unico Dio, vivente e sussistente, misericordioso e onnipotente, creatore del cielo e della terra" (Nostra Aetate, NAE 3): anche loro hanno bisogno di conoscere Gesù Cristo.

Sarete inviati in particolare nel campo che più si apre alla speranza della Chiesa in questa terra: presso coloro che ancora non conoscono il vero Dio, nè suo Figlio Gesù Cristo, Redentore dell'uomo; ma che, in generale si mostrano sensibili alla Chiesa, rispettano ed apprezzano la sua carità e le sue iniziative di promozione umana e da lei aspettano luce: la grande luce della rivelazione che si è compiuta in Cristo.

Vivete in un ambiente missionario. Ben sapete che l'amore e la conoscenza profonda che avete di Cristo hanno risvegliato in voi il desiderio profondo di farlo conoscere e farlo amare. Continuate in questo proposito, invocate Nostra Signora, "Stella dell'Evangelizzazione", guida e maestra del pellegrinaggio nella Fede; e, con fiducia, chiedete al Signore che invii insieme a voi molti altri lavoratori per la messe, poichè è immenso il campo che vi aspetta.

Con questi sentimenti vi imparto di tutto cuore la mia Benedizione Apostolica.

(Traduzione dallo spagnolo)

Data: 1990-01-27

Sabato 27 Gennaio 1990

Agli ammalati di lebbra - Cumura (Guinea-Bissau)

Titolo: "Vi amo molto, soffro nel vedervi soffrire"

Miei amati fratelli e sorelle in Gesù Cristo, La vostra presenza suscita in me tenerezza e compassione, alcuni dei sentimenti che provava Gesù Cristo, quando riceveva gli ammalati. Egli si chinava sulla sofferenza umana, sulle ferite del corpo e faceva rinascere, nel cuore degli uomini, la serenità, la fiducia ed il coraggio. Io vorrei che anche questa visita avesse lo stesso effetto spirituale; e mi piacerebbe avere più tempo per parlare con ognuno, perché vi amo molto, soffro nel vedervi soffrire e voglio confortarvi tutti.

E per quale motivo vi amo? Perché siete persone umane, amati da Dio, e da suo figlio Gesù Cristo, che ha sofferto tanto per voi, perché la Chiesa Cattolica, come Gesù Cristo, vi ama e farà tutto ciò che potrà per voi.

Io parto; ma chiedo al Monsignor Vescovo - che è vostro grande amico e al quale si deve quest'opera di Cumura - e ai medici, agli infermieri e a quanti vi assistono, che vi facciano tutto il bene che il Papa desidererebbe farvi se potesse rimanere qui con voi. E vi lascio, come ricordo, il messaggio che, da qui e ora, rivolgo a tutta la Chiesa, con un appello in vostro favore.

Non lasciatevi abbattere! La sofferenza ha sempre un valore. può insegnare al mondo che cosa significhi un amore come l'amore di Gesù. E questa vostra vita serva per aiutare il prossimo, per ricevere e trasmettere forza morale; e, se siete cristiani, potete trasmettere la forza del rinnovamento e la gioia di Cristo. Egli è risuscitato affinché tutti potessero accedere alla vita eterna. La vostra sofferenza potrà rendere migliore il mondo, se sarete amici di Dio ed amici l'uno dell'altro, se unirete la serenità, la fiducia ed il coraggio al progresso della medicina ed alla buona volontà di quelli che vi assistono con amore.

Io non vi dimentichero mai e confido nel vostro amichevole ricordo.

Preghero per voi e mi affido alla vostra preghiera. Vi imparto di tutto cuore la Benedizione Apostolica.

(Traduzione dal portoghese)

Data: 1990-01-28

Domenica 28 Gennaio 1990

Il messaggio per la Giornata mondiale dei malati di lebbra consegnato a Cumura (Guinea-Bissau)

Titolo: La diffusione della lebbra uno scandalo per la comunità mondiale




1. L'annuale celebrazione della Giornata mondiale contro il flagello della lebbra ripropone alla riflessione di tutti gli uomini di buona volontà e, in modo particolare, di quanti portano il nome di cristiani, il dovere di un'azione urgente ed efficace per sconfiggere questa gravissima infermità, da cui sono, ancora oggi, colpiti milioni di esseri umani, che uniscono quasi sempre, alla condizione di malattia, quella di un'esistenza segnata dalla povertà, dall'insufficiente assistenza sanitaria, dall'emarginazione e dall'abbandono.

Richiamando il profeta Isaia (cfr. Is 35,5), il Vangelo ci ricorda che grazie all'azione di Gesù i ciechi vedevano, i sordi udivano e i lebbrosi erano mondati (Mt 11,5). Gli apostoli, per parte loro, sapevano di adempiere un esplicito comando del loro Maestro, quando nelle loro peregrinazioni missionarie si dedicavano a curare e a sanare i lebbrosi (cfr. Mt 10,8).

La Chiesa, che in tutta la sua storia ha considerato la sollecitudine verso chi soffre come parte integrante della propria missione, da secoli opera in prima persona sia per l'assistenza a quanti sono colpiti dalla lebbra in ogni parte del mondo, sia per creare condizioni di idonea prevenzione contro i rischi di questo temibile contagio.


2. Tra le iniziative che associano evangelizzazione e promozione umana, la doverosa attenzione e la cura verso i colpiti dalla lebbra possono ancora oggi considerarsi prioritarie. In questa speciale Giornata, desidero ricordare i pastori, i sacerdoti, i religiosi, le religiose, i laici consacrati e la schiera di volontari che, nelle aree più difficili e spesso in situazioni di vera e propria emergenza, hanno scelto di essere vicini ai malati di lebbra, per assisterli e per favorire condizioni più umane di vita nei lebbrosari, impegnandosi in una azione sanitaria volta a contenere e circoscrivere la diffusione di questa malattia endemica.

Insieme con tutti costoro, io non posso dimenticare il contributo delle Comunità ecclesiali dei Paesi del mondo non toccati da questo flagello: esse dimostrano di avvertire in maniera crescente le dimensioni e la gravità del problema e, con esemplare generosità, sostengono iniziative pubbliche e private, istituzioni ed organizzazioni specificamente impegnate nella lotta alla lebbra.

Grazie a questa prova tangibile di solidarietà e di carità cristiana, si è riusciti a limitare in modo decisivo la diffusione del contagio anche nelle aree a più alto rischio, sicché ora è legittimo intravedere, almeno in prospettiva, la possibilità di una sconfitta definitiva di questa malattia.

Non esistono ormai problemi di un Paese che non chiamino in causa la responsabilità di tutti gli altri. Ciò vale anche per questa malattia. L'odierna Giornata Mondiale ha innanzitutto lo scopo di ricordare che non si opera pienamente per la salute di nessun Popolo, se non ci si impegna al tempo stesso per la salute di tutti. Anche di fronte al problema dei lebbrosi, le cui immagini devastate, in un mondo contrassegnato dall'ampiezza e tempestività delle comunicazioni, sono davanti agli occhi di tutti, la solidarietà internazionale costituisce la prima e più urgente risposta. D'altra parte, le cifre della diffusione della calamità, confrontate con la modesta entità delle risorse necessarie per sconfiggerla definitivamente, non possono non essere considerate come uno scandalo per l'intera comunità internazionale.


3. Urge, pertanto, risvegliare la sensibilità delle singole persone e delle pubbliche istituzioni nei confronti di questo problema. Infatti, "le istituzioni sono molto importanti e indispensabili; tuttavia, nessuna istituzione può da sola sostituire il cuore umano..., l'iniziativa umana, quando si tratti di farsi incontro alla sofferenza dell'altro. Questo si riferisce alle sofferenze fisiche, ma vale di più se si tratta delle molteplici sofferenze morali, e quando, prima di tutto, a soffrire è l'anima" (cfr. Lett. Ap. Salvifici Doloris, 29). E' quindi importante recepire, in tutta la sua vastità fisica, morale e spirituale, il dolore indotto dalla lebbra nei milioni di persone che ne sono vittime.

Nell'antica tradizione biblica la guarigione dalla lebbra è costantemente associata al concetto di purificazione, quasi a volerci ricordare che, per essere interamente mondata da questa malattia, l'umanità deve purificarsi dalle molteplici forme di egoismo e di indifferenza al dolore altrui che deturpano lo spirito. Quando il cuore di ciascuno si sarà aperto più generosamente alle necessità del fratello, saranno certamente abbreviati i tempi della definitiva sconfitta anche di questo morbo. Si, lo straordinario progresso della scienza e della tecnica, se sarà posto senza riserve a servizio dell'uomo, mediante i doni divini dell'intelligenza e della grazia, si farà strumento della virtù sanante di Gesù, medico delle anime e dei corpi.


4. In questa Giornata di riflessione, di preghiera e di rinnovato impegno, il mio pensiero si volge con profondo affetto a tutti coloro che, in ogni parte del mondo, vivono nella propria carne il dramma della lebbra. Tornano alla mente le parole indirizzate dal lebbroso al Signore Gesù e la consolante risposta che ne ricevette: "Se vuoi, puoi guarirmi!". E Gesù: "Si, lo voglio, sii sanato" (cfr. Mc 1,40-41).

Amati fratelli, che soffrite di questa dolorosa infermità, non cessi la vostra preghiera al Signore e non si spenga mai la speranza. Dallo scrigno prezioso della vostra sofferenza scaturisce, se saprete accettarla con fiducioso abbandono in Dio e speranza nella Vergine Madre, una sorgente di grazia per la Chiesa e per l'umanità. Sappiate "nell'amore... trovare il senso salvifico del vostro dolore e risposte valide a tutti i vostri interrogativi" (Lett. Ap.

Salvifici Doloris, 31).

A coloro che, in varie forme, sono al servizio dei malati di lebbra, vada il doveroso riconoscimento di tutta la Chiesa, la quale, grazie anche alla loro azione articolata e diffusa, avverte ancor più l'impegno di farsi sollecitatrice di interventi più estesi ed etficaci. L'azione pastorale della Chiesa nel campo della sanità e della salute - come già ho più volte ripetuto - si pone sotto il segno della speranza, poiché essa, mentre assiste l'uomo che soffre nel corpo, opera per consolare e dare fiducia al suo spirito.

La "Giornata Mondiale contro la lebbra" sia, quindi, per tutti occasione di preghiera e di rinnovato concreto impegno. Ogni vittoria contro i mali fisici è vittoria dello spirito, perché raggiunta mediante lo sforzo della mente, la dedizione della volontà, la sollecitudine partecipe del cuore.

In questo giorno, io invoco ben volentieri su quanti sono affltti da questa malattia, sugli operatori sanitari, sulla schiera sconosciuta dei servitori dei lebbrosi, sulle istituzioni ed organizzazioni impegnate contro la lebbra, la speciale benedizione di Dio e la protezione di Colei che, in Cristo suo Figlio, guarda a ciascuno con cuore di madre.

(Traduzione dallo spagnolo)

Data: 1990-01-28

Domenica 28 Gennaio 1990

Discorso di congedo all'aeroporto - Bissau (Guinea-Bissau)

Titolo: Siate i testimoni della perfetta simbiosi tra fede annunciata e anima africana

EcceIlentissimo Signor Presidente della Repubblica, Monsignor Vescovo di Bissau, Eccellenze, Signore e Signori, cari abitanti della Guinea,


1. Al momento di lasciare la vostra terra, per proseguire la visita pastorale in altri paesi dell'Africa, ho la sensazione che le ore trascorse con voi siano passate in fretta; ma sono state molto intense, grazie a Dio.

Esprimo la mia viva riconoscenza, attraverso i presenti, a quanti hanno collaborato a questa breve visita. In particolare a Sua Eccellenza, il Signor Presidente della Repubblica, per avermi accolto così bene in questo Paese, affidato alla sua alta responsabilità. Ho potuto incontrare molti suoi compatrioti, in un clima di serenità, grazie alle disposizioni date e alle misure prese da Sua Eccellenza.

Ringrazio tutte le Autorità nazionali e locali, che si sono impegnate per il buon andamento di questa visita e hanno onorato, di volta in volta, con la loro presenza, gli avvenimenti che tale visita ha comportato.

Ringrazio tutti coloro che hanno prestato la loro collaborazione ai lavori e alle attività che richiedono spostamenti, la sicurezza e il servizio d'ordine, la sistemazione dei locali e la diffusione degli avvenimenti attraverso i mezzi di comunicazione sociale.

Esprimo anche la mia stima, con sentimenti fraterni, a quanti, pur non appartenendo alla fede cattolica, sono venuti a incontrarsi con me, consapevoli che tutti cerchiamo il miglior bene per l'uomo, secondo il piano di Dio.


2. Ho compiuto questa visita pastorale soprattutto per i fratelli e le sorelle che condividono la mia fede e fanno parte della Chiesa cattolica nella Guinea-Bissau.

Ho potuto verificare che si erano preparati con cura. Mi congratulo con Monsignor Vescovo della Diocesi e con i suoi diretti collaboratori, in quanto l'impegno comune ha contribuito a rendere i nostri incontri momenti di comunione intensa nella preghiera, nella fratellanza e nella gioia di essere Chiesa. Serbo in me la felicità che ho potuto riscontrare in molti per il fatto di sentirsi più vicini a Gesù Cristo, il Capo invisibile della Chiesa stessa, una, santa, cattolica e apostolica, nel contatto con il Successore di San Pietro.

Le circostanze esigono che io sia breve in questo congedo. Ma sono grato al Buon Pastore per i sentimenti che avete manifestato; e non posso nascondere ciò che io stesso ho vissuto: emozione e gratitudine, per aver visto il lavoro missionario realizzato e l'impegno attuale della Chiesa qui pellegrina, con sincerità e serietà nella Fede. Sono veramente felice di essere stato in mezzo a voi, anche se per poco tempo.

Interpreto gli omaggi che mi sono stati tributati come diretti a Colui che disse all'Apostolo, di cui sono il successore, le intense e straordinarie parole: "Tu sei Pietro e su questa Pietra edificherai la mia Chiesa" (Mt 16,18).

Durante il mio breve passaggio fra voi avrei voluto essere stato un'eco e un riflesso, limitato ma autentico, dello stesso Signore Gesù, che passo tra gli uomini, sollecito nel portare la "salvezza di Dio per tutti gli uomini" (Tt 2,11) senza esclusivismi né discriminazioni; ma con particolare attenzione ai poveri, ai "più piccoli" e ai sofferenti.


3. L'ultima immagine che ho appena colto nella vostra terra, visitando il lebbrosario di Cumurà, è emblematica; mi ha fatto pensare ai drammi che molti abitanti della Guinea ancora vivono, dibattendosi fra mali e carenze deprimenti e paralizzanti, per risolvere i quali, probabilmente, non è neanche necessario ricorrere ai miracoli. Mi viene in mente in modo spontaneo, il Maestro, Gesù Cristo, che, con parole e opere, ha ben evidenziato che evangelizzazione e attenzione alle necessità concrete degli uomini sono legate. Annunziando il Regno di Dio, Egli moltiplicava i gesti concreti d'amore verso tutti coloro che soffrivano: i lebbrosi, i ciechi, i paralitici, persone in lutto, ecc. E diceva, spiegando il Giudizio delle "genti", che il Regno è stato preparato per coloro che, usando la misericordia, partecipano alla vita dei poveri, visitando gli ammalati e i carcerati e si pongono al servizio dei "fratelli più piccoli" (cfr. Mt 25).

In particolare mi ha ricordato la scena del paralitico presso la piscina di Betzata. Mentre Gesù passava, gli lesse negli occhi la speranza e il desiderio di vivere meglio e ascolto da lui questa frase molto significativa: "lo non ho nessuno..." (Jn 5,7). Nessuno che mi aiuti e mi mostri solidarietà. Voglia Dio che una simile esclamazione mai possa uscire dalle labbra di un abitante della Guinea.

Piaccia a Dio che i poteri pubblici, insieme all'iniziativa privata, con la collaborazione della Chiesa e con la solidarietà della famiglia umana, possano offrire a tutti i poveri e ai sofferenti di questa Nazione la possibilità di spezzare il cerchio della povertà e di avere accesso ai beni che permettano loro di "essere molto di più".

Pertanto, come ho detto nell'Enciclica Sollicitudo rei socialis, bisogna eliminare dall'uomo il peccato, che impedisce quella visione dell'"altro, persona, popolo o Nazione... come un nostro "simile", un "aiuto", da rendere partecipe, al pari di noi, del banchetto della vita, a cui tutti gli uomini sono egualmente invitati da Dio" (SRS 39).


4. Agli oppressi dalla povertà e dalla malattia, rivolgo in questa occasione una parola di conforto: che si sentano amati e stimati dalla Chiesa e dal Papa, così come li ama e li stima lo stesso Gesù Cristo, Figlio di Dio. Egli ha dato la vita per tutti; e stabilendo le fondamenta del suo Regno, si propose come modello di amore fraterno ai discepoli (Jn 13,34); e dette loro un codice per giungere a tale amore: "le Beatitudini".

Vorrei che questa mia parola fosse al tempo stesso di speranza e di stimolo: non si lascino scoraggiare dalle difficoltà attuali! Conservino sempre viva la fiducia in un domani migliore, con l'aiuto di Dio e con l'aiuto solidale di molti! Senza deprimersi né rinunciare alle proprie capacità, facciano tutto ciò che possono per superare le difficoltà della povertà non voluta, con il suo bagaglio di amarezze; lo facciano, non per passare alla ricchezza dell'iniquità, ma per conservare la dignità di uomini, di figli di Dio.


5. Ai miei fratelli e sorelle cattolici ricordo ancora: la Chiesa non deve limitarsi ad essere semplicemente un segno di speranza nel mondo. Deve anche dare le ragioni di questa speranza. Deve aiutare non soltanto a mettere in luce i problemi, ma anche a trovar loro le soluzioni, alla luce dei disegni divini che si scorgono nella Parola rivelata.

Continuate, dunque, ad ascoltare la parola con cui Cristo vi invia: "Mi sarete testimoni" (Ac 1,8)! continuate a evangelizzare, con gli stessi sentimenti che c'erano in Gesù Cristo (cfr. Ph 2,1-5), perché si operi una simbiosi perfetta tra la fede annunciata e l'anima africana, saldi nella certezza che, per questo motivo, il Vangelo non ha bisogno né può cambiare. Siate coraggiosi nell'affrontare i problemi pastorali: quelli antichi e quelli nuovi, quelli portati dai mutamenti della vita moderna, per esempio, dall'urbanizzazione o dall'accesso agli studi di molti giovani di questa Nazione.

Signor Presidente e cari abitanti della Guinea, per concludere, desidero dire: ho apprezzato la Guinea-Bissau e il suo popolo. Porto con me un gradito ricordo. Esorto tutti a vivere come buoni cittadini in armonia operosa. Lasciando questo Paese rinnovo gli auguri che il mio servizio apostolico possa contribuire a migliorare le condizioni della società nazionale; e che si continui a costruire qui una comunità dove regnino la solidarietà, la pace, la giustizia e l'amore. E imploro Dio affinché, fedeli alla propria identità, tutti i suoi abitanti siano sempre più felici, lungo la via del progresso e della prosperità.

Molte grazie a tutti! E che Dio Onnipotente benedica la Guinea-Bissau e tutto il suo caro Popolo! Addio! (Traduzione dallo spagnolo)

Data: 1990-01-28

Domenica 28 Gennaio 1990


GPII 1990 Insegnamenti - L'omelia allo Stadio nazionale - Bissau (Guinea-Bissau)