GPII 1990 Insegnamenti - Solenne appello all'umanità in nome dell'umanità stessa - Ouagadougou (Burkina Faso)

Solenne appello all'umanità in nome dell'umanità stessa - Ouagadougou (Burkina Faso)

Titolo: Il mondo deve sapere che l'Africa conosce una profonda povertà

Signor Presidente, Signori Cardinali, Eccellenze, Signore e Signori,


1. Dieci anni fa, come ha appena ricordato il mio caro e venerato fratello il Cardinale Paul Zoungrana, toccavo per la prima volta il suolo del vostro bel paese. La mia gioia è grande nel ritrovarmi qui oggi.

Ringrazio il Cardinale per le sue parole. Ed esprimo inoltre la mia gratitudine al Segretario esecutivo del Comitato Interstatale per la Lotta contro la Siccità nel Sahel, per il messaggio che ha appena pronunciato.

Saluto il Rappresentante del Capo dello Stato che partecipa a questo incontro, insieme a tutte le Autorità burkinabé riunite intorno a lui. Esprimo tutta la mia stima alle personalità che rappresentano i paesi vicini, paesi amici, Istituzioni internazionali come la Commissione economica dell'Africa orientale che ci accoglie nella sua sede.

Voi avete, Signore e Signori, la responsabilità di orientare il cammino dei vostri popoli nei settori politico, economico, sociale, culturale e religioso.

Prego Dio di darvi la forza morale, la prudenza e il discernimento necessari per compiere le vostre alte missioni come un servizio della pace e della giustizia, non soltanto in questo paese, ma in tutta la terra del Sahel e nel continente africano nel suo insieme.


2. Nel 1980, avevo lanciato al mondo un appello solenne in favore del Sahel, crudelmente colpito dalla siccità e dalla desertificazione. Volevo unire la mia voce a tutte quelle che fanno appello ad una solidarietà generosa ed efficace nei confronti delle popolazioni che soffrono per la fame e la sete. Volevo far sentire il grido degli innocenti falciati dalla morte o minacciati di non poter sopravvivere.

Sforzi considerevoli erano già stati fatti, durante il lunghissimo periodo di sofferenze passato dai popoli di questa regione, per venire loro in aiuto. E, dal 1980, il mio appello è stato ascoltato. Ha suscitato nuovi slanci di solidarietà. I cattolici tedeschi, in particolare, hanno permesso la creazione nel 1984 della fondazione Giovanni Paolo II per il Sahel, che lavora al servizio di 8 paesi, e il cui consiglio di amministrazione ha sede nella vostra capitale.

Ringrazio il Cardinale Zoungrana e i membri del Consiglio della Fondazione per il loro tenace lavoro. E saluto oggi la presenza del Cardinale Roger Etchegaray, Presidente del Pontificio Consiglio "Co Unum", che ricopre importanti responsabilità nell'ambito della Fondazione.

La struttura di questo organismo è il risultato di alcune convinzioni profonde che la Chiesa ha di fronte ai problemi dello sviluppo. La collaborazione tra Nord e Sud permette una equa divisione delle risorse tra i più favoriti e i più poveri. Ma la condotta effettiva dell'azione sul luogo spetta ai rappresentanti diretti dei popoli coinvolti. C'è bisogno di ripetere che se aiuto e consigli possono venire da altri paesi, spetta a ciascun popolo assumere con lungimiranza il proprio sviluppo? D'altra parte, i mezzi ancora modesti della Fondazione sono utilizzati per la maggior parte per favorire la formazione di persone che si mettono al servizio del loro paese e dei loro fratelli, senza alcuna discriminazione, in uno spirito di promozione umana integrale e solidale per lottare contro la desertificazione e le sue cause e per soccorrere le vittime della siccità nei paesi del Sahel" (Statuto, art. 3,1).


3. Signore e signori, con le loro azioni congiunte i governi di ogni paese, le Organizzazioni internazionali governative e non-governative hanno fatto molto per allontanare lo spettro della fame e della sete. Apprezzo in particolar modo gli sforzi fatti dal Comitato Interstatale per la Lotta contro la Siccità nel Sahel (CILSS). Da responsabili quali siete contribuite con energia all'attuazione di questi compiti immensi e difficili. Infatti, nei paesi che sto visitando attualmente, la situazione rimane preoccupante, come in numerose regioni del continente africano.

Avere acqua e cibo a sufficienza, è sempre un reale problema per le popolazioni della zona del Sahel. I raccolti dei contadini laboriosi sono compromessi dall'insufficienza e dall'irregolarità delle pioggie, così come dai predatori. Mancano le attrezzature per sfruttare al meglio le terre, utilizzare al meglio l'acqua disponibile, trasportare i prodotti. Si è ancora lontani dal poter assicurare a tutti una formazione di base e l'acquisizione delle competenze professionali necessarie per permettere l'aumento regolare della produzione, il miglioramento delle condizioni di salute, in poche parole lo sviluppo armonioso dell'uomo stesso.

Bisogna che il mondo sappia che l'Africa conosce una profonda povertà: le risorse disponibili sono in diminuzione, la terra diventa sterile su superfici immense, la malnutrizione è cronica per decine di milioni di esseri umani, la morte colpisce troppi bambini. E' possibile che una tale indigenza non sia sentita come una ferita nel fianco di tutta l'umanità?


4. In questi giorni, mentre visito molti paesi del Sahel, devo constatare la gravità dei mali che affliggono tanti popoli dell'Africa. Di nuovo, devo lanciare un appello solenne all'umanità, a nome dell'umanità stessa. In terra d'Africa milioni di uomini, donne e bambini sono minacciati dalla possibilità di non poter mai godere di buona salute, di non giungere mai a vivere degnamente del loro lavoro, di non ricevere mai la formazione che aprirà la loro mente, di vedere il loro ambiente diventare ostile e sterile, di perdere la ricchezza del loro patrimonio ancestrale essendo privati degli apporti positivi della scienza e della tecnica.

In nome della giustizia, il Vescovo di Roma, il Successore di Pietro, supplica i suoi fratelli e sorelle nell'umanità di non disprezzare gli affamati di questo continente, di non negare loro il diritto universale alla dignità umana e alla sicurezza della vita.

Come giudicherebbe la storia una generazione che avendo tutti i mezzi per nutrire la popolazione della terra rifiutasse di farlo con indifferenza fratricida? In quale pace potrebbero sperare dei popoli che non mettessero in pratica il dovere della solidarietà? Quale deserto sarebbe un mondo nel quale la miseria non incontrasse l'amore che ci dà la vita?


5. L'appello che io oggi rinnovo si rivolge ai popoli del mondo, specialmente a quelli del Nord che dispongono di maggiori risorse umane ed economiche. Azioni generose sono già state intraprese sia dalle autorità pubbliche, sia dalle organizzazioni private, principalmente cattoliche. Ma se, ora, si vuole aiutare l'Africa a superare le sue difficoltà, è più necessario che mai un risveglio dell'opinione pubblica: la solidarietà non troverà la sua giusta misura se ciascuno di noi non prende coscienza delle sue necessità. Voglio qui ripetere ciò che ho scritto nell'enciclica Sollicitudo rei socialis: la solidarietà non è "un vago sentimento di compassione o di superficiale intenerimento per i mali di tante persone, vicine o lontane. Al contrario, è la determinazione ferma e perseverante di impegnarsi per il bene comune: ossia per il bene di tutti e di ciascuno, perché tutti siamo veramente responsabili di tutti" (SRS 38). Chi non vorrebbe che il mondo fosse fraterno? La fraternità, perché non resti una parola vana, comporta degli obblighi.

Un primo obbligo è quello di una riflessione sincera: le società "sviluppate" non devono forse interrogarsi sul modello che presentano al resto del mondo, sui bisogni che hanno creato, sulla natura e anche sulla provenienza delle ricchezze divenute necessarie? Un tale esame di coscienza dovrebbe convincere la maggior parte dei cittadini a fare appello ai loro governanti non soltanto a rendere più intensa la solidarietà con i popoli poveri, ma anche a guardarsi da ogni fuorviamento: non si tratta infatti di non vedere nei paesi più poveri che dei clienti o dei debitori più o meno solvibili. Questo tipo di comportamento, cosciente o no, ha portato a troppi punti morti.

Uno sviluppo reale non può essere efficacemente incoraggiato se non attraverso relazioni di fiducia tra le parti. Si condivide qualcosa di più delle merci. Si condivide anche il sapere e la ricerca scientifica, si rispettano le tradizioni e le ricchezze proprie di ognuno, si favorisce l'accesso alle responsabilità autonome di coloro ai quali si sono dati dei consigli per un certo periodo. E' così che lo sviluppo può divenire realmente opera umana e sociale.

Faccio appello ai popoli più favoriti perché riconoscano nei loro fratelli d'Africa la bellezza delle loro qualità, il loro amore per la vita, la loro dignità, il loro senso dell'aiuto reciproco, la loro apertura alla trascendenza. Possano i popoli del Nord mostrare tanto interesse per i valori e la cultura africana, quanto quelli del Sud ne danno ai contributi dei paesi ricchi!


6. Signore e signori, per favorire lo sviluppo, è particolarmente richiesta la responsabilità di coloro che hanno l'incarico di dirigere le istituzioni pubbliche, economiche, sociali e culturali, sia nei paesi del Nord che nei paesi stessi dell'Africa. Ogni autorità pubblica deve essere esercitata come un autentico servizio della popolazione, per rinnovare la speranza di coloro che contano sulla saggezza dei responsabili. Che i responsabili rimangano attenti ai bisogni reali dei loro concittadini, alle loro profonde aspirazioni, alla loro volontà di partecipare pienamente alla propria emancipazione! Che nessuno abbia paura di un dialogo franco e aperto con tutti! La giustizia fa più progressi quando esiste uno spirito di intesa e quando ciascuno dà il meglio di se stesso.

Voi conoscete quanta competenza, tenacia capacità di organizzazione e di previsione e volontà di agire sono necessarie per rimediare alle carenze dei servizi pubblici e delle infrastrutture, per assicurare a tutti i vostri compatrioti una buona formazione e le cure mediche indispensabili, per incrementare l'occupazione e per controllare l'urbanizzazione.

Non sta a me entrare nei dettagli, né di tracciare dei programmi. Ma, evocando alcuni aspetti dei servizi di cui voi siete incaricati, tengo a sottolineare che, anche in questo campo si impone il dovere della solidarietà. Con questi compiti di carattere tecnico è l'uomo che bisogna servire. Nell'azione pubblica, è la qualità morale di un popolo che bisogna rispettare, bandendo qualunque intolleranza, ogni forma di corruzione, di risentimento e anche di degradazione. Lo sviluppo è frutto della giustizia, della pace, della solidarietà.

Questo concetto, che la Chiesa propone instancabilmente, mostra le esigenze che si impongono a ogni persona investita di responsabilità pubblica nel mondo. Vi esorto ad agire con buona volontà e con il disinteressamento che suscitano la fiducia e stimolano la libera collaborazione di tutti.


7. Nel corso delle epoche, come sapete, gli apostoli del Vangelo hanno sempre voluto mettersi al servizio dell'uomo cercando di rispondere alle sue aspirazioni spirituali e di aiutarlo a soddisfare i suoi bisogni materiali.

Oggi, portando il loro contributo allo sviluppo integrale dell'uomo, i cattolici si sostituiscono ai pionieri di una volta, che fondavano la Chiesa e nello stesso tempo dissodavano la terra là dove era necessario.

Rivolgendomi a voi con questo spirito, ho voluto testimoniare l'amore di Cristo che arde in noi per ogni uomo, per l'uomo che è ferito, per l'uomo che non smette di sperare nella crescita della sua persona, per l'uomo che deve poter contare sulla solidarietà dei suoi fratelli.

Di fronte alle immense aspettative di questo continente, umilmente ma con audacia, chiedo al mondo di ascoltare il suo appello.

E prego Dio affinché unisca tutti i membri della grande famiglia umana in una giusta pace, per mezzo della potenza dell'amore.

(Traduzione dal francese)

Data: 1990-01-29

Lunedi 29 Gennaio 1990

Ai Vescovi nell'arcivescovado - Ouagadougou (Burkina Faso)

Titolo: Il Sinodo dell'Africa dovrà chiarire i fondamenti teologici della nostra azione a favore dell'uomo

Signor Cardinale, Cari fratelli nell'Episcopato,


1. Giunti alla conclusione di questa bella giornata di visita pastorale, sono felice di trascorrere con voi un momento di fraterna intimità. Sono riconoscente per la vostra accoglienza che testimonia la generosa vitalità di tutta la Chiesa che è solidamente fondata in questa terra, in questo popolo. Ringrazio Monsignor Jean-Marie Campaoré, vostro Presidente, per le sue parole tanto fiduciose.

Desidero esternare a tutti voi la mia cordiale simpatia, la mia profonda comunione nella preghiera, nella speranza dei frutti di un ministero a volte gravoso, ma fecondo, per grazia di Dio.

Rivolgo un saluto particolarmente affettuoso al mio Fratello Cardinale Paul Zoungrana che prossimamente festeggerà i venticinque anni di presenza nel Sacro Collegio. Con lui, rendo grazie per tutto quello che egli ha apportato alla Chiesa in Africa e alla Chiesa universale da lui beneficiata con la sua saggezza e la profondità della sua fede.


2. Naturalmente, voi affidate al Successore di Pietro le vostre preoccupazioni e le vostre speranze di Pastori di una Chiesa giovane, di una Chiesa che cresce, di una Chiesa che vorrebbe servire sempre meglio i suoi fratelli in un Paese materialmente povero, ma umanamente ricco della generosità e della vitalità del suo popolo. Condivido e porto nella mia preghiera le vostre preoccupazioni. E vi posso dire che la "Chiesa-Famiglia" che animate nel Burkina Faso e nel Niger ha il suo posto nella comunione d'amore che unisce tutta la famiglia della Chiesa in tutto il mondo.

Nel corso della nostra riunione, non tornero su tutti gli aspetti della vostra missione e delle difficoltà che comporta. Vorrei specialmente, per vostro mezzo, incoraggiare l'insieme dei costruttori della Chiesa, in questa terra. Penso ai sacerdoti e ai seminaristi, tanto vicini a voi, per i quali voi mostrate una grande sollecitudine e che collaborano con zelo all'opera pastorale: il clero autoctono, in grado di assicurare da solo il ministero in alcune delle vostre Diocesi e i missionari che continuano il fecondo servizio inaugurato all'inizio di questo secolo.

Ringrazio il Signore per aver donato al Burkina Faso la grazia di una considerevole fioritura della vita religiosa, contemplativa ed apostolica. Senza la preghiera costante ed i molteplici servizi degli uomini e delle donne consacrate, la Chiesa non potrebbe compiere pienamente la sua missione, né rendere in tutta la sua forza la testimonianza del dono di Dio che riempie l'anima dell'uomo.

I catechisti, uomini e donne, spesso insieme, sono fedeli servitori della Parola di Dio. Vicini ai loro fratelli e condividendo prontamente le loro preoccupazioni, preparano le numerose comunità a ricevere la grazia dei sacramenti, ad estendere la luce dell'amore che viene da Dio, a progredire nell'unità fraterna e nel servizio dei piccoli e dei poveri. Ringrazio per la loro disponibilità, bellissimo frutto del seme evangelico sparso in questa terra.


3. Nelle parrocchie e nelle cappellanie, la comunità cristiana cresce nella fede, con i movimenti e le opere ecclesiali; essa occupa il suo posto anche nella vita nazionale mettendo ivi in pratica un senso della solidarietà che nutre e rinforza la vocazione dei discepoli di Cristo a servire, nell'imitazione del loro Maestro.

Sotto la vostra guida di Pastori, la Chiesa partecipa, in tutta indipendenza, all'edificazione della dimora comune. Voi saprete illuminare il cammino dei cristiani, presentando loro, in particolare, i grandi orientamenti della dottrina sociale della Chiesa e l'insieme di luce che la morale evangelica dona. E' in questo modo, nel rispetto di tutti, che i cristiani hanno a cuore la promozione della giustizia e dei diritti della persona umana, in stretta collaborazione con tutti i loro concittadini, uomini e donne di buona volontà, sia che siano legati alle tradizioni religiose ancestrali oppure musulmani fedeli al loro Islam. Tutti possono condividere con noi valori comuni che garantiscono all'uomo la sua dignità, alla famiglia la sua importanza e alla società la sua solidarietà. I diritti dell'uomo non sono forse un patrimonio comune a tutti i credenti?


4. Il nostro incontro si svolge nel momento in cui i Pastori di tutto il continente sono stati invitati a iniziare la preparazione attiva dell'Assemblea Speciale per l'Africa del Sinodo dei Vescovi. Sono felice di parlarne con voi per qualche istante, poiché questo avvenimento costituirà una grazia. Attraverso la riflessione e nella preghiera di tutti i suoi membri, la Chiesa in Africa è chiamata ad approfondire il senso della sua "missione di evangelizzazione nella prospettiva dell'anno 2000". Il fatto che una simile assemblea possa svolgersi è un segno eloquente della maturità cui queste giovani Chiese sono ormai giunte. Il fatto che sacerdoti, religiosi, religiose e laici contribuiscano insieme ad illuminare il cammino della Chiesa in questa parte del mondo è ragione di fiducia nella presenza dello Spirito Santo nel cuore dei battezzati.

Cari fratelli, chiediamo insieme al Cristo Salvatore di colmare della sua Luce tutti i suoi discepoli in Africa, nel momento in cui essi si apprestano a segnare una tappa decisiva sulla rotta del Vangelo!


5. Dieci anni dopo la mia prima visita a Ouagadougou, ho appena rinnovato l'angosciato richiamo che avevo lanciato al mondo affinché questa regione non venga lasciata da sola davanti alle grandi difficoltà del suo sviluppo. So che le vostre comunità diocesane non restano inattive, non solo per la vostra partecipazione alla Fondazione per il Sahel, presieduta dal Cardinale Zoungrana, ma anche per le iniziative prese dal vostro Ufficio di Studi e di Collegamento e dalla Caritas. Avete la responsabilità di coordinare armoniosamente queste attività, intraprese da molteplici organismi, e soprattutto, da molti animatori locali della vita rurale, dagli educatori e da tutti coloro che lottano insieme per migliorare le condizioni della loro esistenza.

In previsione della prossima Assemblea del Sinodo per l'Africa, uno dei temi di riflessione proposti è appunto quello di chiarire i fondamenti teologici della nostra azione in favore dell'uomo. Infatti, per i cristiani la ricerca dello sviluppo e l'azione in favore della giustizia e della pace non possono essere separate dall'evangelizzazione. L'evangelizzazione implica l'amore per il prossimo, così com'è, con la fame e con la sete che prova nel corpo nell'intelletto, nel cuore.


6. Cristo, quando leniva la sofferenza, manifestava il suo amore per l'uomo. Come Buon Samaritano, Gesù risollevava, liberava, rendeva alla vita l'essere guarito dalla malattia, al tempo stesso in cui lo apriva alla fede, lo rendeva alla speranza e lo chiamava a rientrare nella comunità fraterna mediante la grazia del perdono e della conversione. E ha fatto dell'amore reciproco il segno di riconoscimento dei suoi discepoli: essi non possono affermare il loro amore per Dio se rifiutano l'amore per il prossimo, come afferma San Giovanni.

La Chiesa deve meditare senza posa sulle parole e gli atti del Signore e la testimonianza degli Apostoli se desidera preparare le vie per il Regno di Dio in cui il Creato sarà assunto e trasfigurato attraverso la Redenzione. Partendo da questi fondamenti essenziali si può elaborare, per il nostro tempo, una concezione veramente cristiana dello sviluppo.

Non sarà mai riaffermato abbastanza che è l'uomo stesso ad essere il vero soggetto dello sviluppo. Papa Paolo VI lo aveva detto energicamente nell'esporre la successione delle condizioni più umane alle quali bisogna che tutti possano accedere, "l'ascesa della miseria verso il possesso del necessario, la vittoria sui flagelli sociali, l'ampliamento delle conoscenze, l'acquisizione della cultura... il riconoscimento da parte dell'uomo dei valori supremi, e di Dio che ne è la sorgente e il termine" (PP 21). Sono queste tappe su un cammino che l'uomo africano deve oggi intraprendere. Gli sforzi che state sviluppando per assicurare ai vostri fratelli una formazione generale, professionale e spirituale vanno in questa direzione indispensabile. Spero che possiate amplificarli con sempre maggior successo.


7. So, cari fratelli, che le azioni per lo sviluppo di tutto l'uomo burkinabé e nigeriano sono prioritarie nella vostra pastorale. Spero che l'Assemblea Speciale del Sinodo consenta di stimolarle e di approfondirle secondo il Vangelo, insieme agli altri aspetti principali della missione ecclesiale, oggetto delle sue riflessioni. In prossimità del Terzo Millennio dell'era cristiana, i compiti più importanti che si presentano all'Africa, alla Chiesa in Africa, sono enormi. So che si può fare affidamento sulla lungimiranza ed il coraggio dei suoi Pastori e dei fedeli per avviare i loro fratelli verso la pienezza di vita cui aspirano. Per il vostro dinamismo apostolico, sarete insieme, per il mondo intero, testimoni dell'umanità fedele alla vocazione dei figli di Dio.

Possa la Divina Benedizione sorreggervi sul vostro cammino! (Al termine dell'incontro con i Vescovi Giovanni Paolo II ha rivolto ai Presuli presenti le seguenti parole:) E' stato, il nostro, un incontro spirituale perché abbiamo discusso di molti problemi concernenti la nostra missione. Abbiamo soprattutto notato l'importanza della collegialità. Ciò è molto importante per il vostro Paese, per la Conferenza Episcopale del Burkina e per il Vescovo del Niger, ma è importante anche per l'intero continente. L'iniziativa di un Sinodo continentale africano è stata molte volte ripensata e discussa: bisognava liberarsi di alcuni suggerimenti e quando ci si è liberati da tali suggerimenti errati, allora si è deciso questo passo che mi sembra molto importante.

In questo modo sarà infatti possibile creare una collegialità più forte su scala continentale, perché è di collegialità che il continente ha bisogno. Due sono i continenti che, per il momento, mi sembra abbiano bisogno di maggiore collegialità: l'Africa e l'Europa. Vedremo come il buon Dio, il Buon Pastore, ci aiuterà a promuoverla.

Devo in ogni caso ringraziare la Provvidenza che, dieci anni fa, mi ha condotto a Ouagadougou e mi ha permesso di pronunciare il primo appello per il Sahel. Questi appelli fanno parte dei compiti, delle responsabilità di un Papa.

Penso che difficilmente, in mancanza di simili appelli, un Papa possa presentarsi dinanzi al Signore. La visita di dieci anni fa costituisce evidentemente il punto di partenza di quella attuale. Devo quindi esprimere doppiamente la mia riconoscenza al Cardinale Zoungrana, al Burkina Faso, e alla città di Ouagadougou.

(Traduzione dal francese)

Data: 1990-01-29

Lunedi 29 Gennaio 1990

Omelia alla "Place de la Gare" - Bobo Dioulasso (Burkina Faso)

Titolo: Il Papa confida in voi per la crescita dell'albero della fede




1. "Il regno dei cieli si può paragonare a un granellino di senape" (Mt 13,31).

Cari fratelli e sorelle, con voi vorrei meditare sul mistero del Regno di Dio, del quale il Signore ci parla "per parabole" nel Vangelo d'oggi.

Sono felice di farlo celebrando il Sacrificio di Cristo, per voi e con voi, in questa bella festa della Diocesi di Bobo Dioulasso. Ringrazio il vostro Pastore, Monsignor Anselme Sanon, per le sue parole di benvenuto e vi ringrazio tutti per la vostra accoglienza.

Saluto le Autorità civili, esprimendo loro la mia gratitudine per la loro partecipazione alla nostra riunione.

Rivolgo inoltre un cordiale saluto ai nostri amici, fedeli della religione tradizionale e ai nostri amici musulmani che hanno voluto associarsi alla gioia dei loro fratelli.

Fratelli e Sorelle della Chiesa radicata sul suolo Bobolese e quanti sono giunti in questo crocevia di popoli, il Successore di Pietro vi saluta con gioia ed affetto!


2. Poichè ho ricevuto la missione di confermare i miei fratelli nella fede, come il Signore ha chiesto a Pietro, vorrei che tutti noi volgessimo lo sguardo innanzitutto al Cristo che ci ha donato le parole del Vangelo e che ci mostra i cammini del Regno dei cieli.

Il profeta Isaia, nella prima lettura, ci annuncia già chi è in verità Gesù di Nazareth: egli è "consacrato con l'unzione", dallo "spirito del Signore" (61,1). Egli è il Messia. E' inviato da Dio medesimo, dal Padre, con la potenza dello Spirito divino. E' il Figlio, della stessa sostanza del Padre, Colui che il Padre ha inviato nel mondo perchè ha amato il mondo sin dall'eternità. Dio ama il mondo, il Creatore ama la sua creatura.

L'amore del Creatore che è Padre si rivela nel Figlio, nella missione del Figlio. Ed ecco ciò che Cristo dice di Se medesimo riconoscendosi nella profezia di Isaia: "mi ha mandato a portare il lieto annunzio ai poveri, a fasciare le piaghe dei cuori spezzati, a proclamare la libertà degli schiavi, la scarcerazione dei prigionieri" (ls 61,1).


3. Gesù di Nazareth compiva questo e lo proclamava durante gli anni della sua missione messianica. La Lieta Novella, ovvero "il Vangelo", la proclamava attraverso la sua parola ed i suoi gesti. Le piaghe "dei cuori spezzati", le guariva, come leggiamo spesso nella Santa Scrittura. "Liberazione" e "libertà", erano i suoi doni: liberava gli uomini dal male nelle sue molteplici forme, in particolare il male del peccato. Liberava le coscienze umane dai pesi pio oppressivi che su esse gravavano.

Oggi, Cristo - crocifisso e risorto - non continua forse a fare questo, attraverso la sua Chiesa che, a suo nome, è al servizio dei poveri?


4. Attraverso la sua parola e la sua azione, Gesù rivelava il Regno dei Cieli. Il Regno "dei cieli" sarà pienamente realizzato nell'eternità. Ma esso comincia adesso. Inizia qui e fiorisce. E' presente nella persona stessa di Cristo, Salvatore del mondo: Egli lo ha ricevuto dal Padre e lo trasmette agli uomini.

Egli sparge il seme nei loro cuori affinchè cresca in ogni uomo, affinchè unisca gli uomini, le società umane, i popoli e le nazioni di questa terra.

Si, affinchè cresca...

Ecco perchè il Signore Gesù paragona questo Regno ad un granello di senape. "E il più piccolo di tutti i semi ma, una volta cresciuto...diventa un albero, tanto che vengono gli uccelli del cielo e si annidano fra i suoi rami" (Mt 13,32).

Gesù paragona il Regno anche al lievito, impastato "con tre misure di farina perchè tutta si fermenti" (Mt 13,33).


5. Sessant'anni fa, il seme ha cominciato a germogliare sulla vostra terra; il lievito ha cominciato a fermentare la farina. Il Regno di Dio ha iniziato a crescere nei vostri cuori, nelle vostre famiglie, nelle vostre comunità.

La pianta è diventata l'albero di una grande Diocesi. I rami delle comunità, i ramoscelli delle famiglie si sono messi a portare i frutti del Vangelo. Sulle antiche e forti radici dei vostri popoli, un innesto vigoroso ha consentito all'albero di crescere.

I missionari hanno piantato - con quanta fede e quanta pazienza! - e adesso i sacerdoti, i religiosi, le religiose, i catechisti burkinabè fanno maturare i frutti.

Il battesimo ha immerso figli e figlie di questa terra nella luce di Cristo. Essi costituiscono delle comunità calorose, generose. Possano essere sempre di più immagini del Corpo di Cristo, unite dal suo amore! Possano essere sempre di più il lievito della farina, innalzate ed unite dalla fede condivisa e dalla preghiera comune, animate dall'amore fraterno che non lascia il povero sul bordo del cammino! Possano portare pio lontano la luce del Vangelo!


6. La crescita del Regno passa attraverso la forza di vita che anima le famiglie.

L'uomo e la donna donano insieme, con la bellezza del loro amore, un'immagine preziosa dell'amore che giunge da Dio. A loro volta, danno la vita. Nel rispetto dei doni di Dio che ha consentito loro di essere padre e madre, rimangono uniti per sempre e fanno fruttificare la grazia del sacramento del matrimonio: si rispettano reciprocamente e pongono in comune le loro qualità. Aprono le vie della speranza per i figli che crescono nella gioia di essere amati. Rendono il loro focolare segno visibile della felicità dell'essere cristiani ed è attraverso la famiglia innanzitutto che progredisce l'evangelizzazione.

So che tutti non conoscono la stessa felicità e non possono vivere la stessa fedeltà. Ma ognuno può contare sull'amore fedele di Dio, che perdona, che fascia "le piaghe dei cuori spezzati" (Is 61,1).

E voi, giovani di quesfo popolo, fate crescere nei vostri cuori i doni che avete ricevuto. Spesso trovate il cammino difficile, ma se restate amici di Dio e veri fratelli e sorelle, allora sarete sulle vie della felicità, quella dei discepoli di Cristo che pensano a servire gli altri ed a compiere bene il lavoro di cui la società ha bisogno. Gli alunni di uno dei vostri collegi mi hanno scritto queste parole: "Vorremmo che attraverso il nostro lavoro di coltivatori, la terra che Dio ci ha donato nutra tutti gli uomini e che non vi siano più bambini che muoiono di fame intorno a noi e in tutto il mondo". Credo che essi abbiano intrapreso un buon cammino e li ringrazio per la loro testimonianza.

Alle famiglie, ai giovani, a tutti, vorrei dire: Aa bèè ka kè kogo, yeelen ani kogo nan ye! (Siate tutti sale, luce e lievito!).


7. Giunto in mezzo a voi, vorrei dire ad ogni parrocchia, ad ogni movimento: il Papa si affida a voi affinchè voi facciate crescere i rami dell'albero piantato dal Signore. Che ciascun laico prenda la sua parte di responsabilità per il servizio di tutti, nella Chiesa e per la società intera! So che fate molti sforzi per l'educazione dei giovani e la formazione degli adulti. Continuate instancabilmente! Il Vangelo rispetta l'uomo e lo esorta ad andare sempre più lontano nell'amore del prossimo. Questo deve ispirare i vostri incontri e la vostra collaborazione con i vostri compatrioti protestanti, con coloro che sono fedeli alla religione tradizionale e con i musulmani. Vi incoraggio a perseguire in tutta chiarezza ed amicizia il dialogo interreligioso.

Voi lavorate per lo sviluppo del vostro Paese. Chiedo appassionatamente a tutto il mondo di essere solidale con voi che conoscete il peso della povertà.

Vi chiedo anche di non scoraggiarvi. E' vostra la dignità di essere i primi artigiani del vostro sviluppo, nella concordia e nella pace. Voi siete spesso poveri di beni materiali, ma ricchi di generosità, di vita interiore, di capacità di accoglienza. Il Signore vi ha donato delle qualità che molti altri uomini hanno perso. Sappiate conservarle, affinchè lo sviluppo del vostro Paese si compia nel rispetto di ognuno.


8. Affinchè il Regno cresca in mezzo a voi, affinchè i doni di Dio siano resi accessibili a tutti, affinchè la Parola possa venire estesa, affinchè il Popolo di Dio sia unito, bisogna che alcuni discepoli di Cristo divengano gli intendenti cui egli possa affidare il ministero sacerdotale o i testimoni consacrati a Dio e alla missione. Saluto di tutto cuore i sacerdoti, i religiosi e le religiose che si sono già avviati su questi cammini.

Vedo qui i seminaristi di Koumi, giunti da tutta la regione. Il Successore di Pietro esterna a loro la sua amicizia e li incoraggia: giovani fratelli che avanzate verso il sacerdozio, donatevi completamente al servizio del Signore e degli uomini, preparatevi con tutta la vostra generosità, conoscerete una vera gioia! Vedo le giovani Sorelle dell'Annunciazione ed altre religiose. Anche a voi, il Papa dice quanto sia preziosa la vostra risposta all'appello del Signore.

Il dono di voi stesse, la contemplazione, l'apostolato e la carità che voi vivrete sono delle felici grazie per voi ed una testimonianza indispensabile per la Chiesa radicata nel vostro popolo.

Possano affiancarsi a voi altre persone! A ka wuli ka tagama, kibaro diman togo la! (Alziamoci, per il cammino nel nome della Lieta Novella!).


9. Ascoltiamo ancora il profeta: "Poichè come la terra produce la vegetazione e come un giardino fa germogliare i semi, così il Signore Dio farà germogliare la giustizia e la lode davanti a tutti i popoli" (Is 61,11).

Qui, a Bobo Dioulasso, oggi, Isaia ci chiama all'azione di ringraziamento e alla gioia in Dio.

"lo gioisco pienamente nel Signore, la mia anima esulta nel mio Dio, perchè mi ha rivestito delle vesti di salvezza, mi ha avvolto con il manto della giustizia, come uno sposo che si cinge il diadema e come una sposa che si adorna di gioielli" (Is 61,10).

Questi vestiti della salvezza, il profeta li paragona ai gioielli dello sposo e della sposa per le nozze.

Si, la Chiesa è la sposa di Cristo suo Redentore. Ciascuno di noi porta il vestito di cui Egli ci ha coperti con il nostro battesimo per portarlo tutta la vita fino all'ultimo giorno, veste purificata dal Sangue dello Sposo crocifisso e veste di luce del Risorto. Perchè portiamo in noi il lievito della vita eterna, il seme della santità che, nella Chiesa, deve crescere per la gloria del Dio vivente.

Ala ka aa to krista ka kanuya la! (Che Dio vi conservi nell'amore di Cristo!).

Papa bè duba kè aa yè (Il Papa vi benedice!).

(Al termine della celebrazione eucaristica il Papa ha rivolto ai fedeli presenti queste parole:) Grazie, Burkina Faso, per la tua accoglienza cordiale e calorosa; grazie per la tua presenza di ieri nel santuario mariano presso Ouagadougou, e per quella di oggi, qui, a Bobo Dioulasso. Grazie per la tua presenza spirituale. Tu hai saputo introdurre, Burkina Faso, gli elementi più nobili, più preziosi della tua cultura nella lode a Dio, nella celebrazione eucaristica. Noi abbiamo pregato insieme per tutti i popoli, per tutti i cittadini, per la lotta contro il Sahel dal punto di vista geografico e dal punto di vista materiale. Pregheremo nello stesso tempo per la crescita delle vocazioni contro il Sahel spirituale.

Grazie, Burkina Faso, ancora una volta. Devo lasciarti per continuare la mia visita nel Ciad. Ma conservero nel mio cuore l'esperienza indimenticabile del nostro incontro.

Che Dio sia con voi! (Traduzione dal francese)

Data: 1990-01-30

Martedi 30 Gennaio 1990


GPII 1990 Insegnamenti - Solenne appello all'umanità in nome dell'umanità stessa - Ouagadougou (Burkina Faso)