GPII 1990 Insegnamenti - Al Pontificio Consiglio per la pastorale degli operatori sanitari - Città del Vaticano (Roma)


1. L'odierno incontro con voi assume un particolare significato, poiché avviene in occasione della prima Assemblea plenaria di codesto Pontificio Consiglio, che - com'è noto - è subentrato alla Pontificia Commissione della pastorale per gli operatori sanitari.

Il mio cordiale saluto va, innanzitutto, al presidente del Dicastero, l'arcivescovo mons. Fiorenzo Angelini, ai signori cardinali e ai venerati fratelli nell'episcopato, che ne sono membri. Si estende, poi, al segretario e al sottosegretario, ai sacerdoti, ai religiosi e ai laici, ai consultori e anche agli esperti. Tutti avete contribuito in maniera generosa ed encomiabile al vasto e delicato lavoro, che è stato assolto con grande efficacia dal Dicastero nel primo quinquennio di vita. Di ciò mi compiaccio vivamente con ciascuno di voi.

La mole di attività svolta in così breve tempo conferma l'opportunità, anzi la necessità, che tra gli Organismi centrali della Chiesa vi fosse anche un Dicastero specificamente dedicato alla pastorale per il mondo tanto ampio e complesso della sanità. Un Dicastero, il vostro, che sebbene "giovane" per l'istituzione e la strutturazione, è chiamato ad assolvere compiti che sono stati sempre primari e costanti nella vita della Chiesa di tutti i tempi. "Di fatto la Chiesa, nel corso dei secoli, ha fortemente avvertito il servizio ai malati e sofferenti come parte integrante della sua missione", seguendo in ciò "l'esempio molto eloquente del suo Fondatore e Maestro" ("Dolemtium Hominum", 1).


2. Questo Pontificio Consiglio della Pastorale per gli Operatori Sanitari non è stato creato soltanto per rispondere ad un'urgenza oggi particolarmente avvertita nella vita della Chiesa, ma per andare incontro in modo nuovo, più organico e incisivo alle esigenze del nostro tempo, ai problemi e alle istanze che toccano direttamente il bene della persona umana e della società. Infatti, prima ancora di essere uno specifico settore della pastorale d'insieme o globale, la pastorale sanitaria è una prerogativa che non può non accompagnare e integrare l'azione evangelizzatrice della Chiesa. Le nuove frontiere aperte dal progresso della scienza e della tecnica, la cosiddetta socializzazione della medicina, la crescente interdipendenza tra i popoli collocano i problemi della sanità e della salute al centro dell'impegno per la promozione dei diritti umani, e tra questi - non c'è dubbio - fondamentali sono quelli che riguardano la tutela della vita dal suo concepimento fino al suo naturale tramonto.

Già nel 1982 (3 ottobre), parlando ai medici cattolici di tutto il mondo, sottolineavo l'urgenza che le molteplici istituzioni, create e promosse direttamente o indirettamente dalla Chiesa in campo sanitario, trovassero un nuovo ordinamento operativo ("Dolemtium Hominum", 6). E aggiungevo: "Una coordinazione a livello mondiale potrebbe consentire infatti un migliore annuncio e una più efficace difesa della vostra fede, della vostra cultura, del vostro impegno cristiano nella ricerca scientifica e nella professione". Ciò vale per tutti coloro che, con funzioni e compiti diversi, operano nell'ambito della sanità e della salute intendendo ispirarsi all'insegnamento e all'esempio di Cristo, sotto la guida del magistero della Chiesa. Dal tempo in cui il Signore Gesù visse su questa terra fino ai nostri giorni, infatti, l'annuncio della buona novella è stato sempre preparato e accompagnato da una preferenziale attenzione verso i sofferenti, sotto le cui sembianze volle nascondersi lo stesso Figlio di Dio.

Opportunamente, quindi, il Concilio Vaticano II nella Costituzione dogmatica sulla Chiesa ha voluto ribadire il rapporto tra evangelizzazione e pastorale sanitaria: "Come Cristo infatti fu inviato dal Padre "a portare la buona novella ai poveri, a guarire coloro che hanno il cuore contrito", "a cercare e salvare ciò che era perduto" così la Chiesa circonda di affettuosa cura quanti sono afflitti dall'umana debolezza, anzi riconosce nei poveri e nei sofferenti l'immagine del suo divino Fondatore, povero e sofferente, si premura di sollevarne l'indigenza e in loro intende servire a Cristo" (LG 8).


3. Il coordinamento e la collaborazione sul piano ecclesiale e su quello delle relazioni tra i popoli è il primo frutto di quella solidarietà che è non solo una virtù umana, ma che, alla luce della nostra fede, "tende a superare se stessa, a rivestire le dimensioni specificamente cristiane della gratuità totale, del perdono e della riconciliazione. Allora il prossimo non è soltanto un essere umano con i suoi diritti e la sua fondamentale eguaglianza davanti a tutti, ma diviene la viva immagine di Dio Padre, riscattata dal sangue di Cristo e posta sotto la permanente azione dello Spirito" (SRS 40). Allorché tale collaborazione e coordinamento sono attuati sul piano della sanità e della salute, viene veramente data voce anche ai più deboli e indifesi e si ricupera in tutti gli uomini il legame che più profondamente e quasi necessariamente li unisce, cioè l'amore alla vita.

In questo scopo generale rientrano le finalità distintive di questo Dicastero, quali sono state formulate nel motu proprio istitutivo. Il quadro delle attività svolte dal Pontificio Consiglio nel passato quinquennio ben dimostra lo zelo, la dedizione e il rigore con cui i suoi responsabili, i suoi membri e i generosi collaboratori volontari - ai quali vanno il mio grato apprezzamento e vivo incoraggiamento - hanno tenuto fede alle indicazioni contenute in detto documento. L'ampiezza del lavoro compiuto, la sua ricca articolazione, le molteplici iniziative portate a termine, o già avviate, hanno messo in luce tre prerogative particolari, che meritano di essere rilevate: intendo dire la visione integrale dei concetti di sanità e di salute, che è venuta affermandosi; la prospettiva internazionale, che ha assunto la vostra azione; e, nell'ambito del mondo cristiano, la dimensione ecumenica del vostro impegno.


4. La visione integrale dei concetti di sanità e di salute - l'una intesa come politica, legislazione e programmazione sanitaria, l'altra come benessere fisico, psichico e spirituale - comprende tutto un insieme di interessi e interventi che vanno ben oltre la semplice attenzione o cura degli infermi. Con essa si abbraccia, infatti, il vastissimo campo delle esigenze poste dall'educazione sanitaria e dalla medicina preventiva, curativa e riabilitativa, con le relative e inscindibili implicazioni di ordine etico, morale, spirituale e sociale. Salute individuale e salute della comunità politica, infatti, "sono condizioni necessarie e garanzia sicura di sviluppo "di tutto l'uomo e di tutti gli uomini"" (SRS 44).

In altre parole, come la pastorale sanitaria è chiamata a rivestire di speranza tutta l'azione pastorale della Chiesa, così la sollecitudine per la salute integrale dell'individuo e della comunità sociale implica attenzione non soltanto ai problemi medici, ma anche a tutte le ansie, agli interrogativi e alle aspettative da cui è sempre "toccato" l'uomo che soffre.

Questi e altri temi, affrontati e approfonditi nel corso di questa Assemblea plenaria, rivestono una singolare importanza pastorale. In effetti, tra i vari argomenti da voi studiati c'è anche l'impegno per la formazione di chi è chiamato al servizio spirituale dei malati: tema, questo, che è strettamente legato all'oggetto del prossimo Sinodo dei vescovi. Del resto, non sarà mai abbastanza sottolineata la funzione formativa che la pastorale sanitaria svolge in favore dei candidati al sacerdozio e alla vita religiosa di speciale consacrazione: essa è per loro un'autentica scuola di vita e mezzo sicuro di maturità personale e di scelte generose, poiché si ispira direttamente all'esempio di Gesù, medico delle anime e dei corpi.


5. La prospettiva internazionale dell'azione della Chiesa è stata una preoccupazione profonda del Concilio Vaticano II, che ha esplicitamente invitato i cristiani a cooperare con ogni generoso sforzo all'edificazione dell'ordine internazionale. I risultati ottenuti dal vostro Dicastero e le premesse poste per ulteriori passi avanti in questo campo, stanno a confermare che il mondo della sanità e della salute presenta singolari opportunità di cooperazione a livello internazionale. Del resto, i problemi della salute, intesa nel suo senso più lato, non sono mai estranei alle massime questioni dell'ordine internazionale, come testimonia, ad esempio, il grave problema ecologico.

Gli stessi temi trattati nelle Conferenze internazionali promosse dal vostro Dicastero - dai farmaci all'umanizzazione della medicina, dalla longevità e qualità della vita all'AIDS e alla riflessione sulla mente umana, su cui si soffermerà un'altra Conferenza in preparazione - sono così strettamente legati al problema dei diritti umani e del persistere degli squilibri tra le diverse aree del mondo, da rendere chiaro che nulla, come il diritto alla salute, riconduce alla difesa del diritto prioritario alla vita e alla sua qualità nel contesto del rispetto della persona umana, creata a immagine e somiglianza di Dio.


6. La dimensione ecumenica, infine, già felicemente prospettata al momento dell'istituzione di questo Dicastero, ha consentito al vostro lavoro di esprimersi con creatività e dinamismo, tenendolo lontano da ogni rischio di burocratizzazione e di inaridimento. Se niente come il bisogno della salute favorisce l'incontro tra gli uomini, indipendentemente dalla loro condizione, cultura, mentalità e ideologia, questa stessa esigenza in campo cristiano contribuisce efficacemente a promuovere l'incontro tra membri di Chiese e comunità ecclesiali diverse nello spirito di quella carità indivisa, che qualifica, deve qualificare davanti al mondo i veri discepoli di Cristo. Questo spirito di apertura e di dialogo ha reso possibili anche forme di stretta e utile cooperazione con Istituzioni sanitarie e parasanitarie non legate alla Chiesa cattolica, ma che con essa sono disposte a operare e, in molti casi, hanno proficuamente operato.

Ho osservato con gioia dalle vostre relazioni l'apporto dato a questa dimensione ecumenica dalla fattiva collaborazione prestata dalle rappresentanze pontificie, come anche dal Pontificio Consiglio "Co Unum" e dalla "Caritas" in ogni parte del mondo.


7. All'interno, poi, della comunità ecclesiale il compito del vostro Dicastero è e resta sempre prezioso e insostituibile. A conferma, mi piace ricordare la rapidità con la quale il Pontificio Consiglio ha sollecitato da parte delle Conferenze Episcopali - trovando pronta accoglienza - la nomina di un vescovo delegato per la pastorale sanitaria; l'avvio del censimento, che ha dato già origine a un primo catalogo delle istituzioni sanitarie cattoliche; l'impegno massiccio per un'informazione costante circa le direttive del magistero della Chiesa sui più gravi problemi connessi all'etica medica e alla ricerca scientifica (informazione assicurata dalla rivista in più edizioni linguistiche "Dolentium hominum. Chiesa e salute nel mondo" e da altri opportuni sussidi). Voglio anche ricordare gli incontri numerosi in vari Paesi e a tutti i livelli; la promozione di aiuti ad aree e luoghi bisognosi di attrezzature mediche, anche sofisticate; lo sforzo compiuto per accrescere la sensibilità delle Chiese particolari e degli Istituti religiosi nei confronti della pastorale sanitaria; la costante disponibilità a tenere il collegamento con gli altri Dicasteri della Curia romana in relazione al mondo sanitario e ai suoi problemi. Tutto ciò costituisce concreta espressione di quell'ansia pastorale che, mentre ha contribuito ad aggiungere significativi consensi all'azione della Chiesa, ne ha ampliato l'interno coinvolgimento nella pastorale sanitaria.

In ogni parte del mondo la Chiesa cattolica è presente accanto a chi soffre con le sue molteplici Istituzioni, la cui storia è ricca di fulgidi esempi di santità, di silenziosa ed eroica dedizione, di laboriose ma sicure conquiste. E non è senza significato che gli anni di vita del vostro giovane Dicastero siano scanditi dall'elevazione all'onore degli altari di figure di sacerdoti, religiosi e laici che hanno esaltato, con la carità cristiana, la scienza medica e la pastorale sanitaria.

Pastori, sacerdoti, religiosi, religiose e fedeli laici costituiscono una forza molto rilevante al servizio della sanità e della salute. Oggi, tuttavia, problemi nuovi sollecitano la coscienza cristiana, esigendo, da parte sia di quanti sono impegnati nella pastorale sanitaria, sia di quanti, per professione, operano nella ricerca scientifica e nell'assistenza medica, un aggiornamento formativo, al quale il vostro Dicastero è in grado di offrire un contributo determinante.


8. Carissimi fratelli e sorelle, sia per voi motivo di crescente entusiasmo nel vostro impegno la consapevolezza che il mandato di evangelizzare, affidato alla Chiesa, è strettamente legato all'annuncio del Vangelo della sofferenza: "Nel programma messianico di Cristo, che è insieme il programma del regno di Dio, la sofferenza è presente nel mondo per sprigionare amore, far nascere opere di amore verso il prossimo, per trasformare tutta la civiltà in civiltà dell'amore" ("Salvifici Doloris" 30). In questa luce, il vostro Dicastero è chiamato a farsi "segno" della missione che la Chiesa ha di incontrare l'uomo nella sua sofferenza.

Accogliete, pertanto, il mio cordiale incoraggiamento a perseverare con immutata dedizione nel vostro lavoro. Vi sia di sprone la preghiera dei tanti e tanti che nel loro dolore, si affidano alla misericordia e all'infinita bontà del Signore. E la Vergine santissima, Sede della Sapienza e Salute degli infermi, Madre dell'amore e del dolore, conforto di quanti soffrono e sostegno di chi opera al loro servizio, arricchisca il vostro ministero con le prerogative della bontà, della misericordia, della tenerezza soccorrevole e dell'inesauribile generosità.

Con questi voti vi impartisco di cuore la benedizione apostolica.

Data: 1990-02-09

Venerdi 9 Febbraio 1990

A un convegno sui religiosi - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: La vita consacrata componente vitale della Chiesa italiana

Venerati fratelli!


1. Sono lieto di accogliervi e di rivolgervi il mio cordiale saluto in occasione del Convegno che la Conferenza episcopale italiana ha promosso su di un tema importante quale "La teologia della vita consacrata". Esso consente alla Chiesa italiana di studiare e di approfondire una propria componente vitale: la funzione della vita consacrata all'interno del popolo di Dio.

La vita religiosa non nasce da un progetto umano, ma è iniziativa di Dio. E' quindi dono della bontà del Signore per la vita e la santità della Chiesa.

L'attualizzazione concreta di questo dono sia manifesta attraverso segni, ugualmente concreti, che esigono trasparenza per essere letti e compresi da tutti.


2. "Se ci domandiamo: chi siete voi religiosi per la Chiesa? - si chiedeva Paolo VI nel discorso ai religiosi del 6 novembre 1976 - immediata e ovvia è la risposta. Voi siete seguaci di Cristo e a ciascuno di voi, come a ciascuno dei religiosi sparsi nel mondo, si applica "ad litteram", in segno di riconoscimento e di identità, la parola di Cristo: "Vos... secuti estis me". E' questa la parola che rende autentica la sequela, che avete liberamente scelto e vi sollecita alla fedeltà e alla coerenza, stimolandovi a camminare rettamente dietro le orme del Cristo, senza sbandamenti e deviazioni. Né è difficile individuare determinazioni ulteriori di una tale sequela: se Gesù è maestro, anzi il Maestro, come seguaci siete insieme discepoli; se Gesù è esemplare di vita, anzi la vita, come seguaci dovete essergli imitatori; se Gesù è il Signore, come seguaci ne siete i servitori. Siate dunque gli innamorati di Gesù, che avendo abbandonato ogni cosa del mondo, avete la possibilità e il dovere di attendere alla contemplazione e alla preghiera, in unione con lui" ("Insegnamenti di Paolo VI, XIV (1976) 914).

Al di fuori di ogni ripiegamento o chiusura, i religiosi scrutino i segni dei tempi ed esaminino l'incidenza della loro presenza all'interno della Chiesa e all'interno dei loro Istituti. Su loro incombe l'obbligo di esprimersi in aderenza al messaggio evangelico, nel nome di Dio, per essere segno di speranza all'uomo moderno, che spesso risulta debole, incerto, disorientato e soprattutto bisognoso di trovare luce e senso alla propria esistenza.

A quest'uomo va mostrato un modello spirituale per una valutazione cristiana della vita e della storia. I religiosi, oggi, sono consapevoli della necessità della loro testimonianza e del dovere di offrire in se stessi una presenza che sia segno e profezia del futuro di Dio.

Non v'è dubbio che i religiosi e le religiose costituiscano una grande ricchezza e una forza considerevole per la Chiesa universale e per le Chiese particolari, a motivo anzitutto del bene spirituale immenso che essi hanno fatto e che continuano a fare, ispirandosi alle specifiche finalità dei loro istituti, ma anche a motivo delle varie opere e strutture di cui dispongono per il bene delle anime. Tale forza e tale ricchezza possono e debbono essere utilizzate in modo sempre più efficace per l'apostolato e possono e debbono diventare elementi vivi e vitali nella globalità della pastorale diocesana, a tutti i livelli.


3. Il Concilio Vaticano II, nel trattare della vita religiosa, ha affrontato a varie riprese il problema dell'inserimento e della collaborazione dei religiosi e delle religiose nella vita delle singole diocesi. Il Concilio parla infatti della "necessaria unità e concordia nel lavoro apostolico" (LG 45); definisce i religiosi-sacerdoti "provvidenziali collaboratori dell'ordine episcopale" e afferma che "anche gli altri religiosi, tanto gli uomini come le donne, appartengono anch'essi, sotto un particolare aspetto, alla famiglia diocesana e recano un notevole aiuto alla sacra gerarchia" (CD 34).

I religiosi in Italia sono in genere già fattivamente inseriti nella pastorale diocesana e collaborano con sensi di corresponsabilità alle iniziative di apostolato nelle comunità diocesane, partecipando attivamente, non solo all'esecuzione dei piani pastorali, ma anche alla loro formulazione.

Il Vaticano II, con un colpo d'ala veramente profetico, è andato al di sopra di tutte le contese giuridiche e temporalistiche e, con piena fiducia e coraggio soprannaturali, ha inteso e voluto valorizzare l'intera vita religiosa come una delle fondamentali componenti ecclesiali. Secondo la dottrina del medesimo Concilio, l'immagine della Chiesa sarebbe veramente incompleta, se non si tenesse conto dello stato religioso, non solo come stato, ma altresi come ministero e dono, come elemento concreto del suo corpo vivo.

In questi giorni di comune preghiera, di studio e di orientamento, i relatori approfondiranno i contenuti dei testi conciliari in merito alla vita consacrata, e vorranno tener ben presente anche il documento "Mutuae Relationes", perché nelle varie diocesi italiane la presenza, numericamente ancora rilevante, di religiosi e di religiose costituisca una prova e un segno di ardore apostolico e un valido aiuto per affrontare e risolvere, con realismo, gli svariati problemi che emergono dal contesto socio-culturale del Paese.

Auspico pertanto che questo specifico convegno sulla vita consacrata segni un'ulteriore tappa nel cammino di comunione ecclesiale nella Chiesa italiana per la riscoperta della complementarità nella varietà dei carismi, con cui lo Spirito Santo arricchisce la sua Chiesa e la rende sempre più idonea alla missione di salvezza che il Signore ha affidato ai suoi discepoli.


4. Certamente, per vivere in pienezza le esigenze della vocazione religiosa occorre un costante spirito di sacrificio. Ma vale la pena affrontare tali difficoltà per rispondere con generosità all'invito di Gesù: "seguimi!". Penso che tale capacità di dedizione a Gesù non sia diminuita nemmeno negli uomini e nelle donne di oggi. Sono anzi convinto che molti, in particolare tra i giovani e le giovani, sentano una profonda esigenza di verità, di giustizia, di amore, di solidarietà, così da essere potenzialmente disposti a vivere fino in fondo l'esperienza della vita religiosa.

L'augurio è che sappiano accogliere e seguire l'invito di Cristo. Già altre volte ho ricordato come il problema vocazionale costituisce l'urgenza fondamentale della Chiesa, e quindi anche di ogni famiglia religiosa.

I documenti conciliari e post-conciliari insistono perché ogni comunità cristiana lavori con sollecitudine a promuovere l'incremento delle vocazioni religiose. I sacerdoti e gli educatori cristiani mettano in evidenza il valore dei consigli evangelici e aiutino al servizio di Dio nello stato religioso. Occorrerà poi curare la formazione dei giovani che hanno accolto tale chiamata, svolgendo un'azione più profonda nella fase di accompagnamento vocazionale, così che essi possano meglio comprendere l'importanza e il ruolo della vita consacrata nella Chiesa e la spiritualità specifica di ogni famiglia religiosa.


5. Alla crescita vocazionale contribuirà in modo determinante l'esempio dei religiosi e dei sacerdoti, che vivono serenamente giorno dopo giorno la loro vocazione, fedeli agli impegni assunti, umili e nascosti costruttori del regno di Dio. Essi, irradiando con la loro vita la gioia della scelta fatta, sproneranno altri ad accogliere nel loro cuore il dono della vocazione.

Tutto ciò può essere acquisito soltanto se per tutta la vita i religiosi si impegneranno a perfezionare diligentemente la loro formazione spirituale, dottrinale e pastorale, per attuare quel rinnovamento interiore auspicato dal Concilio e che caratterizza i personali rapporti con Dio e con i fratelli.


6. Maria, la Vergine dell'ascolto e la prima consacrata a Dio e al suo progetto di salvezza, guidi la comunità ecclesiale italiana nel suo impegno di studio e di discernimento e ottenga dal Signore numerosi operai apostolici per questa sua vigna.

Con questo augurio mariano, rinnovo la mia parola di apprezzamento a tutti i religiosi d'Italia per il loro meritorio apostolato, auspicando che la grazia della loro vocazione religiosa produca abbondanti frutti di vita spirituale nella Chiesa universale e nelle Chiese particolari d'Italia, dove ogni giorno essi rendono la loro preziosa testimonianza di amore verso Dio e verso i fratelli.

Impartisco di cuore l'apostolica benedizione a tutti voi che partecipate al Convegno e su tutti i religiosi d'Italia.

Data: 1990-02-09

Venerdi 9 Febbraio 1990

All'ispettorato di Pubblica Sicurezza - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Servizio prezioso, efficace segno di amore alla Santa Sede

Signor dirigente generale, e voi tutti, funzionari, graduati e dipendenti dell'Ispettorato di Pubblica Sicurezza presso il Vaticano!


1. Fa parte di una ormai consolidata tradizione quest'incontro, all'inizio del nuovo anno fra il successore di Pietro e voi, operatori dell'Ispettorato di Pubblica Sicurezza presso il Vaticano. Sono pertanto lieto di cogliere questa gradita occasione per rinnovare di tutto cuore a ciascuno di voi i migliori auguri per il nuovo anno. Possa il 1990, da poco iniziato, trascorrere nella serenità e nella pace, sia per voi che per tutte le vostre famiglie.


2. Ho particolarmente gradito le parole del vostro dirigente generale che, ancora un volta, hanno sottolineato il senso e il valore del vostro servizio, sicuramente non facile e tuttavia indispensabile per il buon ordine e il tranquillo svolgersi della vita intorno alla Città del Vaticano e ai luoghi sacri alla fede cattolica.

Ma la vostra preziosa opera diviene ancor più meritevole durante le visite pastorali nella Città di Roma e in Italia, dovunque mi conduce l'esercizio del Ministero petrino. Presenza discreta è la vostra, ma quanto attenta ed efficace! Servizio faticoso e costante il vostro, che traduce, oltre al rigore professionale l'amore sincero e il fedele attaccamento alla Sede Apostolica. Come non ricordare, inoltre, gli eventi e le visite di personalità politiche alla Sede di Pietro che durante il 1989 vi hanno particolarmente impegnati? Di tutto, specialmente del vostro quotidiano lavoro, svolto sempre in modo encomiabile, vi sono personalmente riconoscente, e in questa circostanza intendo rinnovarvi la mia stima per lo spirito che anima il vostro servizio.


3. La gioia di ritrovarci in quest'incontro quasi familiare, si traduce da parte mia in preghiera e auspicio. All'inizio di questo nuovo anno affido alla materna intercessione di Maria santissima, la Vergine Potente, le vostre intenzioni, e, col suo aiuto invoco la protezione del Signore su ogni vostra attività, sull'intera vostra vita, con i suoi ideali, propositi e aspirazioni.

Auspico infatti di tutto cuore che ogni vostra quotidiana fatica, talora non scevra da rischi, sia sempre animata da fede profonda, da gioiosa speranza e dalla luce della carità.

Con questi sentimenti, vi prego di trasmettere i miei auguri a tutte le vostre famiglie e ai vostri cari. Per tutti invoco dal Signore Gesù la prosperità, la concordia e la pace.

Vi accompagni sempre la mia benedizione apostolica.

Data: 1990-02-10

Sabato 10 Febbraio 1990

A vescovi brasiliani in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Annuncio e testimonianza evangelica, missione della Chiesa

Cari fratelli nell'episcopato.


1. Dopo il breve colloquio con ognuno di voi, è arrivato il gradito momento di incontrarci tutti insieme: i vescovi della regione "Sul-Três", della Conferenza Nazionale dei vescovi del Brasile che qui si trovano in visita "ad limina Apostolorum" e il successore di Pietro. Sentendo profondamente la "sollicitudo omnium ecclesiarum" (2Co 11,28), di cuore do adesso il benvenuto a tutti voi.

Voglia Dio che questa visita preparata con tanta cura possa portare a ogni singola Chiesa, di cui voi siete pastori, a quante costituiscono la regione e la provincia ecclesiastica che con essa coincide, a tutto il popolo di Dio del Brasile e di conseguenza alla Chiesa universale, i più abbondanti frutti. Frutti di grazia e pace che non si può cessare di ricercare nel compimento di questo speciale dovere che la carica episcopale impone (CIC 399 CIC 400). E che il Dio della pace vi renda tutti sempre più "perfetti in ogni bene, perché possiate compiere la sua volontà, operando in voi ciò che a lui è gradito, per mezzo di Gesù Cristo" (He 13,20). RicevendoVi oggi, penso di accogliere tutti i cari fratelli e sorelle, vostri diocesani, per i quali spendete la maggior parte delle vostre energie, seguendo il cammino del buon pastore (Jn 10,11), in una vita interamente dedicata al gregge affidato alle vostre cure. Nella Chiesa-Comunione, nel Corpo mistico di Cristo, oltre che a voi e ai fedeli di "Rio Grande do Sul", queste stesse parole sono dirette anche agli altri fratelli vescovi del Brasile; così come continuero a pensare ai pastori della Regione "Sul-Três", nei prossimi incontri con altri gruppi, che verranno anch'essi in questo anno alla Città eterna in visita "ad limina" per venerare le tombe dei santi apostoli Pietro e Paolo.


2. Non potrei fare a meno di volgere, subito dopo l'inizio di queste parole di fraterno saluto, il mio pensiero e il mio affetto a tutta la grande Nazione brasiliana. Perdura in me il ricordo vivo della calda accoglienza che mi porse l'affettuoso popolo delle vostre terre che in modo manifesto conquisto il mio cuore nel corso della mia indimenticabile visita pastorale, ormai quasi dieci anni fa. D'altra parte non si può dimenticare che il Brasile cattolico rappresenta una considerevole parte della Chiesa, in termini di circoscrizioni ecclesiastiche, con un corrispondente episcopato: da qui deriva la sua importanza, particolarmente preponderante, soprattutto nel contesto dell'America Latina. Non ignoro le grandi ricchezze umane della gente brasiliana, frutto soprattutto della meravigliosa mescolanza di razze e di culture che li si è verificata, grazie anche a una convergente visione cristiana dei valori umani. Questi stessi valori trovano il loro fondamento nella profonda religiosità che continua a caratterizzare ancora in modo particolare quella "Terra de Santa Cruz", come quasi cinque secoli or sono venne denominata dai primi portoghesi che sbarcarono nel nuovo Continente. Non ignoro, d'altra parte, l'immenso numero di problemi di ogni specie che gravano sempre di più e in percentuale crescente su questo popolo tanto devoto, ma il più delle volte anche sofferente; in modo particolare nell'attuale congiuntura, caratterizzata dalla contrapposizione discriminatoria e indiscutibilmente ingiusta, di un mondo diviso in blocchi, vale a dire Nord e Sud, la qual cosa non ho potuto fare a meno di denunciare già varie volte.


3. Di conseguenza si può ben stimare quanto deve pesare nei vostri cuori di pastori questa serie di problemi di un Brasile che sta certo attraversando sotto vari aspetti uno dei momenti difficili della sua storia, sebbene voi rappresentiate uno degli Stati ancora privilegiati grazie al suo dinamismo nel superamento dei problemi nazionali comuni che in altri Stati raggiungono dimensioni fino a pochi anni fa impensabili. E' quindi comprensibile la preoccupazione dei pastori riguardo la promozione dell'uomo. Tuttavia sarebbe doloroso e persino dannoso se essa diventasse tanto coinvolgente e a volte persino vincolata a scelte ideologiche estranee al messaggio evangelico, al punto da alterare del tutto il fine principale della Chiesa.

Certamente la Chiesa, nella ricerca del suo fine principale, e cioè la "salus animarum" nel reale senso dell'espressione, non si oppone alla realizzazione terrena dell'uomo, né se ne dimentica. E' da tutti riconosciuto quanto l'umanità sia debitrice alla Chiesa riguardo la difesa dei diritti umani e del progresso, così come per ciò che concerne lo sviluppo e la promozione delle persone. Tuttavia questa promozione dell'uomo sempre è stata e sempre deve essere per la Chiesa risultato della ricerca del suo fine specifico. E' con gli occhi su di esso che la Chiesa si preoccupa della formazione e dell'esperienza religiosa dei cittadini di qualsiasi Stato, con una speciale impostazione della sua etica sociale basata sul fine ultimo di ogni società. Questo è il miglior contributo che la Chiesa può dare per la costruzione della società civile.

Attraverso la storia, per potere devolutivo e con carattere assolutamente straordinario e transitorio, la Chiesa, senza rinunciare alla sua dottrina sui due poteri autonomi e sovrani, dovette risolvere problemi civili in circostanze di estrema necessità. Pretendere per ciò di rivendicare per la Chiesa un potere che assolutamente non le compete è certamente servirla male, nel peggiore dei modi. Si può comprendere la facile e forte tentazione che in certe circostanze potrebbe avere un pastore di canalizzare nella direzione univoca o quasi della promozione umana tutto il suo impegno pastorale. Ma si tratta di una tentazione che egli deve superare, come la supero Cristo, il buon pastore. Nel suo esempio certamente possiamo e alcune volte dobbiamo, come Chiesa, all'interno della sua competenza e in modo sussidiario, trovare soluzioni anche per problemi di ordine temporale, soprattutto nelle situazioni in cui si vede compromessa la dignità dell'uomo e sono calpestati i suoi più elementari diritti.


4. Tuttavia, ricordiamo che il "misereor super turbas" (Mc 8,2), che porto Gesù addirittura alla moltiplicazione dei pani, non allontano minimamente il Maestro dalla propria missione. Le moltiplicazioni dei pani non furono fine a se stesse, e ancor meno potrebbero servire (nonostante le insistenze di coloro che avevano ricevuto la grazia, per nominarlo re, salvatore) come pretesto per far si che il Maestro assumesse una guida politica o qualcosa di simile. Ma il modo di procedere del Maestro fini per diventare motivazione e preparazione per la grande promessa dell'Eucaristia, di quell'alimento che non perisce, del pane vivo disceso dai cieli, del pane che dà la vita eterna (Jn 6,15 Jn 6,26 Jn 6,58).

E' ancora il Maestro, il buon pastore, a ricordarci: "Rendete dunque a Cesare quel che è di Cesare" (Mt 22,21). Dal Vangelo emana, trasparente, la volontà di Dio, rivelata da Cristo e in Cristo: Re si, ma "non di questo mondo" (Jn 18,36). Dio vuole che siano due i poteri che governano la città terrena e la città celeste: poteri distinti e autonomi, armoniosamente compenetrati. La recente sintesi conciliare di questa dottrina non meno trasparente ci ricorda con insistenza la distinzione tra la città terrena o degli uomini, che è la società civile, e la Chiesa, che è città e regno di Dio. E' compito degli uomini, secondo le leggi divine, incise nella stessa natura umana, organizzare la città terrena e designare le autorità che la governano. La Chiesa, da parte sua, venne costituita direttamente per volontà di Gesù Cristo che le diede le sue leggi fondamentali, le sue finalità e le sue funzioni proprie (cfr. GS 76).


5. Per il cristiano c'è la "compenetrazione della città terrena e di quella celeste" e a lui spetta di compiere i doveri corrispondenti all'una e all'altra all'interno delle rispettive leggi. Ma "la missione propria che Cristo ha affidato alla sua Chiesa non è d'ordine politico, economico o sociale: il fine, infatti, che le ha prefisso è d'ordine religioso". Pertanto, solo gli aspetti religiosi, spirituali e morali della città terrena fanno parte della missione propria della Chiesa. Riguardo alle attività economico-sociali, "i cristiani che partecipano attivamente allo sviluppo economico-sociale contemporaneo e alla lotta per la giustizia e la carità, siano convinti di poter contribuire molto alla prosperità del genere umano e alla pace del mondo".

E' di grande importanza, tuttavia, soprattutto in una società pluralistica, che si abbia una giusta visione dei rapporti tra la comunità politica e la Chiesa. E' necessario fare una chiara distinzione tra le azioni che i fedeli, individualmente o in gruppo, compiono in nome proprio, come cittadini, guidati dalla loro coscienza cristiana, e le azioni che realizzano in comunione con i loro pastori, in nome della Chiesa. "La Chiesa che, in ragione del suo ufficio e della sua competenza, in nessuna maniera si confonde con la comunità politica e non è legata ad alcun sistema politico, è insieme il segno e la salvaguardia del carattere trascendente della persona umana" (GS 42 GS 72 GS 76).

Tutto quello che la Chiesa, come popolo di Dio in pellegrinaggio nella realtà contingente del mondo presente, ha fatto e non potrà mai smettere di fare in favore della realizzazione terrena dell'uomo, in armonia con la sua realizzazione cristiana, è in quanto Chiesa che sempre dovrà farlo, rispettando i principi sopra ricordati. Il suo coinvolgimento nei problemi socio-economici e nella vita della comunità politica, deve essere sempre e soltanto conseguenza o corollario della sua missione principale; questa è, come si sa, l'annuncio e la testimonianza di Gesù Cristo, Vangelo del Padre, seguendo l'unico spirito della verità. Pensare, parlare e agire in senso diverso sarebbe ovviamente svilire completamente la natura della Chiesa stessa, quale la fondo nostro Signore Gesù; oltre ad essere una forma di clericalismo che appare oggi più che mai anacronistica.


6. Non possiamo mai scordare che la Chiesa nella stessa enciclica "Gaudium et Spes" (GS 1-5), riferendosi al mondo contemporaneo, con "le sue gioie e speranze, tristezze e angosce", e dirigendosi ad esso, si proclama apertamente: "comunità di uomini i quali, riuniti insieme nel Cristo, sono guidati dallo Spirito Santo nel loro pellegrinaggio verso il regno del Padre"; oltre a questo presenta apertamente il "Cristo crocifisso e risorto come la sua unica redenzione e salvezza". La grande riflessione conciliare sulla Chiesa, dalla quale risulto l'Enciclica dogmatica, "Lumen Gentium" non ha lasciato nessun dubbio rispetto la natura e finalità della Chiesa stessa. E si defini: "in Cristo, sacramento, ossia il segno e lo strumento dell'intima unione con Dio e dell'unità di tutto il genere umano".

In essa si attua il piano di salvezza universale del Padre, il regno rivelato e inaugurato da Cristo, Figlio di Dio incarnato nello Spirito Santo. La Chiesa, manifestazione visibile del Cristo invisibile, popolo sacerdotale, profetico e regale, continua a fare la proclamazione e l'instaurazione crescente di quel regno di Dio, "in pellegrinaggio tra le persecuzioni del mondo e le consolazioni di Dio". La "salus animarum" è il suo fine essenziale e la sua legge suprema. La santificazione è l'apice e l'obiettivo ultimo di tutto il suo impegno di salvezza, secondo la vocazione di tutti alla santità (LG 1 LG 6-8 LG 39).

Verso la salvezza e la santificazione si devono quindi orientare gli sforzi di evangelizzazione con tutti i mezzi, e con tutti gli operai. Conviene pero chiarire che, nella evangelizzazione in campo sociale, che è un aspetto della funzione profetica della Chiesa, l'annuncio è sempre più importante della denuncia, e questa non può prescindere da quello (cfr. SRS 41). Verso la salvezza e la santificazione deve orientarsi ogni esercizio del sacerdozio comune del popolo di Dio, più ancora del sacerdozio ministeriale, secondo la riflessione del più recente Sinodo dei vescovi, presente nell'esortazione apostolica "Christifideles laici" (CL 41). E tale esercizio deve essere sempre guidato dalla carità. Questa, paradossalmente, "si fa più necessaria quanto più le istituzioni, diventando complesse nell'organizzazione e pretendendo di gestire ogni spazio disponibile, finiscono per essere rovinate dal funzionalismo impersonale, dalla esagerata burocrazia, dagli ingiusti interessi privati, dal disimpegno facile e generalizzato".


7. Cari fratelli nell'episcopato, so bene quanto voi siete coscienti delle responsabilità strettamente ecclesiastiche che vi competono, che esse accompagnino sempre ognuno di voi nella sua singola Chiesa, nella Regione e nel Brasile. E' grande il compito che grava sulle vostre spalle, ma la certezza che deriva dalla fede in Cristo incoraggia tutti noi. Basti pensare all'impegno fondamentale dell'evangelizzazione del Brasile che è prossimo a celebrare i suoi cinque secoli d'evangelizzazione, tale impegno attinge proporzioni veramente impressionanti, come lo dimostrano i programmi pastorali consapevolmente elaborati dalla Conferenza Nazionale, dalle Province ecclesiastiche e dalle Regioni, così come da ogni singola Chiesa. Il "prodigarsi" e il "superprodigarsi" dell'Apostolo (2Co 12,15) non può cessare di essere la ragione di vita per ognuno di voi, per i padri e gli altri consacrati, così come per ogni fedele cosciente della sua dignità e responsabilità, in relazione al servizio del Regno, che è Regno di amore e di pace.

Solo una Chiesa unita, come la vuole Gesù, il buon pastore, "una sola cosa con lui e con il Padre" (cfr. Jn 17,21-23), potrà portare avanti la meravigliosa ma tanto impegnativa missione che egli le ha affidato. E soprattutto non si può permettere, per le ragioni sopra ricordate che, a causa di una promozione umana mal interpretata, vi sia una spaccatura della sua unità, nella verità e nella carità. Tale comunione è la più grande grazia che Gesù chiese insistentemente al Padre, quando ci fece il dono supremo dell'Eucaristia: "ut omnes unum sint" (Jn 17,21).


8. Che Maria Immacolata, "Nossa Senhora Aparecida", patrona del Brasile, vegliando su tutti i suoi figli della Patria brasiliana ad ella consacrata, conservi sempre nell'unità la Chiesa pellegrina in questa "Terra de Santa Cruz".

Concludo, pieno di speranza, augurandomi che l'unione delle singole Chiese che si trovano a "Rio Grande do Sul", riunite nella Provincia ecclesiastica che ha le sue radici nell'antica diocesi dedicata a san Pietro, continui a splendere nell'unità della Chiesa universale che qui oggi celebriamo. E' questo che chiedo insistentemente al buon pastore, salutando per tramite vostro i suoi presbiteri, le comunità di consacrati, le parrocchie, le famiglie, i giovani e i bambini, gli anziani e tutti quelli che soffrono, infine, tutti i cari "gauchos", diocesani vostri. Portate loro la certezza del mio affetto e il mio incoraggiamento a vivere la propria vocazione cristiana, cercando prima di tutto l'unico regno di Dio e la sua giustizia, con la piena benedizione apostolica che io do loro di tutto cuore.

Data: 1990-02-10

Sabato 10 Febbraio 1990


GPII 1990 Insegnamenti - Al Pontificio Consiglio per la pastorale degli operatori sanitari - Città del Vaticano (Roma)