GPII 1990 Insegnamenti - Alla parrocchia di San Frumenzio - Prati Fiscali (Roma)

Alla parrocchia di San Frumenzio - Prati Fiscali (Roma)

Titolo: Non restare alla finestra o chiudersi nel privato

(Ai bambini:) Saluto cordialmente tutti i presenti, tutti i parrocchiani di questa parrocchia che non ho potuto visitare domenica scorsa. Oggi arrivo con tanto amore ed entusiasmo per incontrare la vostra comunità cristiana. Vi saluto di cuore. Il primo incontro del Papa è sempre con i bambini, con i parrocchiani più giovani.

Questi sono i primi a incontrare il Papa, a salutare il Papa, a raccontare tante cose interessanti al Papa, come abbiamo appena sentito. Ma insieme con i bambini sono i loro genitori come anche i loro insegnanti, catechisti, catechiste, maestre. Possiamo dire che attraverso i bambini si manifesta tutta la parrocchia.

La parrocchia è una comunità della Chiesa di Roma, una comunità del popolo di Dio, una comunità in cui è presente e vive Cristo. Attraverso la sua parola, il suo Vangelo, soprattutto attraverso i sacramenti, l'Eucaristia, Cristo vive e fa vivere noi. E sono i bambini i primi a sperimentare questa vita che viene da Cristo, prima il battesimo, quando sono ancora piccoli e non si rendono conto del mistero che opera in loro, poi consapevolmente si preparano alla Comunione per ricevere Cristo, per nutrirsi con il suo corpo e il suo sangue nel sacramento dell'altare. E sono appunto questi bambini i primi qui presenti. Poi, dopo la prima Comunione si preparano alla Cresima, a questa confermazione dello Spirito Santo per maturare come cristiani. così cresce la comunità, così cresce la persona, la personalità cristiana di ciascuno di noi, cresce la comunità cristiana, la parrocchia, la Chiesa di Roma.

Ma allo stesso tempo vi sono tante altre Chiese. Io porto ancora nei miei occhi le Chiese in Africa che ho visitato dieci giorni fa, queste Chiese povere materialmente, perché vivono nel deserto o nel semi-deserto, dove non crescono le cose necessarie ad alimentare le persone e le famiglie. Questa zona si chiama Sahel. Dobbiamo sempre ricordare questa parola perché essa ci ricorda dei nostri fratelli più bisognosi e noi dobbiamo pensare a loro così come tutta la comunità internazionale deve cercare di aiutare questi nostri fratelli e sorelle africani dei paesi della zona desertica. Ecco con questo ricordo voglio entrare nella chiesa ringraziandovi per la vostra presenza, per la vostra pazienza, perché avete dovuto aspettare una settimana, ma lo avete fatto con grande virtù. Anch'io gioisco di questo incontro, un po' ritardato, ma che avviene nel pieno senso della visita pastorale.

(Omelia:) "Se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli" (Mt 5,20).


1. Carissimi fratelli e sorelle, in queste parole è racchiusa la grande novità della legge della nuova alleanza che Gesù, nuovo Mosè, ha promulgato sul monte delle beatitudini davanti ai discepoli e alla folla, riuniti intorno a lui.

Gesù, Maestro che parla con autorità, non è venuto ad abolire l'antica legge data ad Israele, ma a portarla a compimento. Lui stesso - come annota più volte il Vangelo - l'ha osservata fedelmente. Tuttavia ha dato al nuovo Israele quel "di più" che gli consente di superarla come legge puramente esteriore, fatta di decreti e prescrizioni avvertiti e vissuti talora come pesanti e insopportabili, e di trasformarla in "scelta interiore", frutto della docilità allo Spirito e di amore a Dio e ai fratelli.

La "giustizia" dei farisei, infatti, si limitava spesso all'osservanza materiale delle norme, si arrestava alla "lettera" e non ne coglieva lo "spirito".

Finiva così per scivolare nel formalismo e nell'ipocrisia, sia nell'esercizio del culto come nel comportamento di vita. Per questi motivi era frequentemente oggetto della denuncia e del rimprovero di Gesù.


2. La giustizia, invece, che Cristo propone a quanti vogliono essere suoi discepoli e formare il nuovo popolo di Dio, non si arresta alla materialità delle azioni, ma si rifà alle intenzioni con cui esse devono essere compiute. E' nel cuore che si decide l'atteggiamento più vero e più radicale dei suoi discepoli; nel cuore maturano le scelte finalizzate alla gloria di Dio e all'autentico bene della persona e della società. La "nuova legge" dell'amore non è scritta su tavole di pietra, ma nell'intimo del cuore e quindi nella coscienza dell'uomo. A scrivere questa legge nel cuore dei discepoli è lo Spirito Santo, che Cristo risorto dona ai suoi per farli "nuove creature". Lo Spirito, dunque, è la "legge interiore", che li rende puri di cuore e retti nell'intenzione; è lui che li illumina e li muove interiormente ad agire secondo la volontà di Dio; è lui che li abilita a conformare la propria vita all'unico comandamento dell'amore, che è il compimento di tutta la legge. E' in forza della sua azione, segreta ma efficace, che è possibile ai discepoli vivere non più come schiavi e quindi nella paura, ma come figli e perciò nella gioia e nella verità.

Questo è il "di più" con cui Gesù porta a compimento e a perfezione la legge antica.


3. così il Maestro divino svela ai suoi il significato autentico della fedeltà alla legge: non un'osservanza esterna, ma un'"obbedienza" di fede alla volontà di Dio che si manifesta attraverso di essa. Nel rapporto con l'uomo, scoperto come fratello, non basta "non uccidere", è necessario non offendere; non basta non commettere adulterio, occorre guardare con purezza d'intenzione ogni donna. Nel rapporto con Dio, amato come Padre, e particolarmente nel culto, non basta l'osservanza scrupolosa delle norme rituali; bisogna puntare alla comunione con lui e all'atteggiamento di misericordia e di riconciliazione. Il servizio a Dio senza il servizio ai fratelli è falso e perciò non gradito al Signore.

Alla scuola di Cristo i discepoli imparano in questo modo a vivere con coerenza la loro vita, nella vera libertà, e cioè nella verità e nella carità. E così diventano testimoni e annunciatori del regno di Dio a tutti gli uomini. Lo slancio missionario si fonda infatti nella "coscienza di verità" e nel dinamismo di una carità a tutta prova che bandisce ogni forma di convenienza e di interessi privatistici. Ciò è possibile solo a coloro che si lasciano guidare dallo Spirito e ascoltano la parola di Dio, autorevolmente interpretata e proposta alla comunità dei credenti da parte di coloro che ne sono dispensatori e garanti.

E' questa la testimonianza che gli uomini si attendono da parte dei discepoli del Signore, che hanno il dono e perciò la consapevolezza di essere portatori della verità che salva.


4. In una situazione di scristianizzazione, che si caratterizza per la perdita di molti valori morali, per l'incoerenza di vita anche di coloro che si professano cristiani, per egoismi che producono lacerazioni e ingiustizie nel tessuto sociale, una decisa e diffusa "coscienza di verità" e una forte testimonianza di rigore e di coerenza morale, di riconciliazione, di amore e di servizio, diventano fattori indispensabili per una "nuova evangelizzazione". Tutto ciò da parte specialmente dei fedeli laici che sono chiamati ad essere sale della terra e luce del mondo, con la specifica vocazione e missione di "cercare il regno di Dio trattando le cose temporali e ordinandole secondo Dio" (LG 31).

I cristiani, come non devono essere dei rinunciatari restando alla finestra e chiudendosi nel privato, così non possono assimilarsi alla mentalità e al costume correnti, limitandosi a un'osservanza puramente esteriore della legge di Cristo.

Nella complessità del mondo moderno e in mezzo alle contraddizioni, frutto talora di formalismo e di ipocrisia, i cristiani sono chiamati ad agire "nella verità" e quindi con coerenza, specialmente quando sono in gioco i valori relativi alla famiglia e alla fraternità, all'onestà nella vita pubblica e sociale; sono sollecitati a celebrare il culto della nuova alleanza "in spirito e verità", sensibili e disponibili alle esigenze di riconciliazione e di pace, di amore e di servizio, proprie della liturgia cristiana, che è memoriale del sacrificio redentore di Cristo.


5. Queste riflessioni acquistano particolare significato e spessore, se collocate nel quadro degli impegni che il Sinodo pastorale diocesano domanda a voi, fedeli della comunità parrocchiale di San Frumenzio e a quelli dell'intera Chiesa di Roma.

Saluto il cardinale vicario con il vescovo ausiliare mons. Salvatore Boccaccio, al quale è particolarmente affidato questo settore della diocesi.

Saluto il parroco, don Enrico Feroci, col viceparroco e gli altri sacerdoti che offrono la loro collaborazione nelle varie attività pastorali. Saluto le Suore Missionarie della Consolata, la cui cappella è stata il cuore della parrocchia quando ancora non esisteva questa bella chiesa e che ancora continuano a prestare generosamente la loro opera a sostegno delle iniziative comunitarie.

E di iniziative la vostra parrocchia ne ha molte e ben avviate, grazie alla notevole mobilitazione dei laici, i quali mostrano di sapersi assumere le loro responsabilità con disponibilità degna d'encomio. A tutti coloro che recano un proprio contributo nei diversi settori nei quali s'esprime la vita della comunità va il mio saluto, insieme col più caloroso incoraggiamento a perseverare.

Le possibilità di impegno in attività di servizio sono molteplici: dai corsi catechistici ai campi-scuola; dai gruppi di approfondimento della parola di Dio agli incontri per la preparazione ai sacramenti; dalle attività caritative e di accoglienza verso i piccoli, handicappati, anziani, alle iniziative di carattere culturale e ricreativo. C'è spazio per tutti: spazio per donare e spazio per ricevere, spazio per crescere con gli altri verso il traguardo di una piena maturità cristiana.


6. Il prossimo Sinodo costituisce un momento privilegiato in questo processo di crescita personale e comunitaria nella "coscienza di verità" e nella fedeltà alla legge nuova dell'amore cristiano. Esso, proprio perché "evento di popolo", chiede a tutti i fedeli, e in particolare a voi, laici, di sentirvi maggiormente impegnati nella formazione di una coscienza morale retta e quindi nella missione a cui la Chiesa è chiamata oggi nel mutato contesto socio-culturale. Il Sinodo vi chiede di sentirvi personalmente responsabili di quella "nuova evangelizzazione", che è uno dei suoi principali obiettivi.

Questo è dunque il momento favorevole per essere sempre più testimoni coerenti del Vangelo. E' questa l'occasione propizia per prendere più viva coscienza e per dedicarsi con maggior vigore ad animare di spirito evangelico la realtà in cui vive oggi la Chiesa, con particolare attenzione al "mondo vasto e complicato della politica, della realtà sociale, dell'economia; così pure della cultura, della scienza e delle arti, della vita internazionale, degli strumenti della comunicazione sociale; e anche di altre realtà particolarmente aperte alla evangelizzazione quali l'amore, la famiglia, l'educazione dei bambini e degli adolescenti, il lavoro professionale, la sofferenza" (EN 70).


7. Nessun dubbio: il compito è arduo! occorrono persone responsabili e mature nella fede. Per questo il Sinodo diocesano dovrà porre tra le sue priorità quella di incrementare e qualificare le iniziative e gli strumenti per un'integrale formazione dei fedeli laici. Occorrerà predisporre un progetto più organico, che sviluppi tutti gli aspetti di tale formazione, superando il rischio della frammentarietà e le spinte dell'autonomia da parte di espressioni e articolazioni particolari della comunità ecclesiale.

Questo impegno, mirante alla formazione di una coscienza cristiana sempre più vera e certa nella fede, in vista di una testimonianza più coerente, deve avere il suo perno nella parrocchia e nella diocesi e deve stare particolarmente a cuore ai pastori quali maestri ed educatori della comunità ecclesiale. In questo modo essi riusciranno anche ad aprire ai fedeli laici spazi più vasti e significativi nella vita e nella missione della Chiesa. A tale proposito, penso all'importanza e al ruolo che rivestono oggi gli organismi di partecipazione - e tra questi, in specie, il "Consiglio pastorale" e il "Consiglio per gli affari economici" -, mediante i quali si attua e si esprime concretamente la comunione ecclesiale, si progetta e si verifica l'azione evangelizzatrice, in rapporto ai bisogni e alle istanze degli uomini che vivono nel territorio. Sono perciò organismi da rilanciare e rivitalizzare.

Vorrei finalmente ricordare il valore che assume l'apostolato dei fedeli laici, se compiuto in forma associata. La Chiesa di Roma si presenta particolarmente ricca e vivace sotto questo profilo. Molti sono i gruppi, le associazioni, i movimenti in essa presenti e operanti. Costituiscono un dono dello Spirito e un aiuto prezioso per una vita cristiana coerente e per un impegno apostolico e missionario più incisivo. Questa ricchezza, tuttavia, andrebbe incontro a seri inconvenienti, se le singole articolazioni ecclesiali ignorassero le altre, prescindendo dalla vita globale della diocesi e assolutizzando la propria esperienza. L'istanza della comunione, prima forma di evangelizzazione, dovrà perciò condurre tutti a camminare insieme, a convergere intorno al progetto pastorale, della Chiesa locale, apportandovi l'originalità e la ricchezza dei carismi particolari, sotto la guida del vescovo e del suo magistero.


8. Fratelli e sorelle, ascoltiamo ancora le parole del Salmo: "Beato l'uomo di integra condotta, che cammina nella legge del Signore. / Beato chi è fedele ai suoi insegnamenti e lo cerca con tutto il cuore".

Carissimi, se vi sforzerete di camminare nella verità e nell'amore, se custodirete la parola di Dio con cuore retto e sincero, sarete "beati", diventerete stabile dimora di Dio e darete un fattivo contributo alla "nuova evangelizzazione". Amen! (Al Consiglio pastorale:) Grazie di cuore per questa presentazione così concisa ma allo stesso tempo così ricca. Mi trovo davanti al Consiglio pastorale della parrocchia di San Frumenzio e non posso fare a meno di ringraziare tutti i presenti e i membri del Consiglio per il loro apostolato. Questo è il modo di esercitare l'apostolato dei laici accanto e insieme ai sacerdoti, ai vescovi, nella Chiesa e, in questo caso, nella Chiesa di Roma. Va sempre mantenuta questa prospettiva della parrocchia inserita nella Chiesa di Roma, nella Chiesa particolare, diocesana, ma inserita, attraverso questa Chiesa, nella Chiesa universale. Vi auguro, carissimi fratelli e sorelle, ciò che si deve augurare ai membri di un Consiglio pastorale. Vi auguro il dono divino, il dono dello Spirito Santo che viene chiamato "dono del consiglio". Questa è una grazia specifica per tutti i consiglieri, consultori, membri dei consigli. Vi auguro questo nella vostra assemblea, qui riunita, ma ve lo auguro allo stesso tempo nella vostra famiglia, nel vostro ambiente di lavoro, ambiente di vita, in ogni ambiente in cui vi trovate. così si costruisce la Chiesa, perché la Chiesa si costruisce non solamente nella Chiesa ma da per tutto.

Apostolato vuol dire andare in tutto il mondo, in tutte le dimensioni del mondo, in tutti gli ambienti del mondo, e per questo ci vuole anche il "dono del consiglio" dappertutto presente e dappertutto operante.

(Il commovente incontro con gli handicappati:) Molte grazie per questa spiegazione della realtà in cui ci troviamo. E' una realtà particolare, una realtà da una parte difficile, anche dolorosa, ma d'altra parte molto preziosa, molto promettente, perché tutti questi fratelli e sorelle stanno così vicino alla croce di Cristo, forse più vicino di qualsiasi altra persona. Nella croce di Cristo c'è la salvezza, loro sono quindi operatori della salvezza, collaboratori di Cristo. Forse non lo sanno, non se ne rendono conto, ma lo sa Cristo, e questa è la cosa principale. Ringrazio tutti coloro che si occupano dei fratelli handicappati, sono le mamme, i padri, i fratelli, le sorelle e i volontari. Vi ringrazio di cuore per la vostra opera che fa parte della missione della Chiesa, anzi ne è una parte essenziale, perché missione della Chiesa è soprattutto promuovere la carità, predicare la fede, promovendo la carità. La promozione della carità è la più grande, la più efficace predicazione della fede. Vorrei ringraziare questo gruppo che si chiama "ciao", dicendo "ciao" a tutti "contenti, insieme, andremo ovunque".

(Agli anziani:) Grazie per le bellissime parole, ma grazie soprattutto per il vostro essere insieme. E' per me una grande consolazione vedere che non vivete isolati, solitari, ma che avete trovato un ambiente e che avete chiamato questo ambiente "amicizia". Non basta che le persone stiano insieme, ci vuole amicizia per fare comunione e questo è mistero di Dio. Dio è uno, ma misteriosamente trino, perché è comunione. Noi attraverso le nostre diverse comunioni ci avviciniamo a questo mistero di Dio, grande, impensabile, superiore ai nostri pensieri, ai nostri cuori, ma nel nostro cuore si trova un indirizzo verso questo mistero. Io penso che voi avete trovato appunto questo indirizzo nella vostra amicizia, in questo ambiente che si chiama amicizia. Mi raccomando a voi e alle vostre preghiere, mi affido a queste preghiere. Sono convinto che potete molto davanti al Signore.

(Ai giovani:) Il vostro assistente mi ha spiegato all'inizio che qui mi trovo con alcuni giovani, ma soprattutto con quelli che sono gli animatori degli altri giovani, i catechisti. Voglio esprimere la mia gioia per questo, perché noi sappiamo bene che come il corpo senza anima non vive, così anche le comunità umana e cristiana non vivono senza animatori, senza coloro che portano l'anima. Vi auguro di essere animatori, di avere quest'anima sempre più ricca, più piena per poi dare agli altri. E' questa la migliore realizzazione della vostra umanità, della vostra personalità, della vostra giovinezza.

Vorrei ringraziare ancora i membri del coro per il loro canto che è anche un'animazione. Il canto è sempre un po' un'anima per l'assemblea liturgica.

Lo sapeva molto bene sant'Agostino, ma non solamente lui. Già san Paolo parla della stessa cosa. Vi ringrazio anche per la vostra solidarietà con il Papa così come è trapelato dalle parole del vostro collega che ha parlato della mia ultima visita apostolica nei Paesi africani del Sahel. Vorrei dare una breve risposta alla domanda, perché il vostro accompagnamento nel mio viaggio attraverso Capo Verde, la Guinea-Bissau, il Mali, il Burkina Faso e fino al Ciad è stato per me molto prezioso così come l'accompagnamento di tanti altri fratelli e sorelle di tutto il mondo. La Chiesa è una comunità e anche se uno solo fa qualcosa, specialmente se questi è il Papa, il vescovo di Roma, lo facciamo tutti. Questa comunità è solidarietà.

Cosa ci vuole ora per dare una risposta al secondo appello di Ouagadougou, che è stato un po' più forte del primo? Io penso che si deve intensificare la nostra consapevolezza dell'ineguaglianza, dell'ingiustizia che esiste in noi. Si deve intensificare, perché è molto facile semplicemente "passare" come nella parabola del buon samaritano: uno ha visto ed è passato oltre, l'altro ha visto ed è passato oltre, ma il terzo si è fermato. Il problema è fermarsi davanti a questa realtà, e questo è il primo frutto. Io mi rendo conto che questi appelli si ripetono. Specialmente il mondo ricco è abituato: "il Papa parla, il Papa parla, lasciamo passare, lasciamo passare". Bisogna fermarsi! Bisogna cominciare a riflettere personalmente, poi nei gruppi, per cercare le soluzioni forse piccole, parziali, ma, finalmente, dalle soluzioni piccole, parziali, arriveremo forse a una soluzione globale. I mali del mondo sono tanti, questo è un male specifico, in un certo senso esemplare. Ma i mali del mondo sono molti, noi non possiamo lasciar passare, dobbiamo fermarci e riflettere, cercare, trovare, anche pregare. Penso che noi in questo mondo ricco dobbiamo pregare con tanta insistenza il Signore Gesù, suo Padre, lo Spirito Santo, affinché ci faccia capire, affinché ci faccia soffrire per queste situazioni per questa ingiustizia che è il mondo. Non basta ripetere le parole, bisogna formare un altro uomo, un'altra consapevolezza umana in questi ambienti. La ricchezza in se stessa non è una cosa cattiva, è un bene. Vi sono tanti ricchi che hanno dato tutto, come quell'industriale italiano, Candia, che dopo aver venduto tutto è andato a servire i lebbrosi in Brasile e tutto il ricavato della sua industria, della sua fabbrica, della sua impresa è stato investito in questo lebbrosario. Naturalmente questo è un esempio radicale, sono necessari questi esempi, ma si deve fare almeno un qualcosa, anche minimo, e forse un giorno questo può dimostrarsi troppo poco.

Bisogna allora alzare sempre più le esigenze che ci facciamo.

Questa è la risposta alla vostra domanda. Vi ringrazio per quello che siete in questa parrocchia. La parrocchia ha bisogno di voi, della vostra animazione. Vi auguro di continuare sempre su questa strada.

Data: 1990-02-10

Sabato 10 Febbraio 1990

All'Angelus - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: "Prendere Maria con sé": dovere e privilegio di ogni sacerdote

Carissimi fratelli e sorelle!


1. L'anniversario delle apparizioni della Vergine santissima a Massabielle, presso Lourdes, c'invita a volgere i nostri sguardi alla Madre celeste. Nella prospettiva del prossimo Sinodo dei vescovi, che affronterà il problema della formazione sacerdotale, vogliamo, oggi, riflettere sul senso della presenza di Maria nella vita del sacerdote.

Questa presenza è stata voluta da Cristo quando, al Calvario, disse alla Madre: "Donna, ecco il tuo Figlio!". Donando a Maria, come figlio, il discepolo prediletto, Gesù stabiliva una maternità universale, in forza della quale Maria avrebbe avuto per figli tutti i cristiani, anzi quanti, in Cristo, erano chiamati a ricevere la salvezza, ossia tutti gli uomini. Era, questo, il dono supremo, che il Salvatore faceva all'umanità prima della morte: egli donava la propria madre a tutti. Ciascuno di noi ricevette allora questo primo frutto del sacrificio redentore: una madre per condurlo lungo il cammino della grazia e questa era la Madre di Dio!


2. La nostra attenzione, pero, è attirata dalla scelta di colui che allora fu chiamato a diventare il figlio di Maria. Giovanni era un sacerdote! Poco prima del dramma del Calvario, egli aveva ricevuto il potere di celebrare l'Eucaristia in nome di Cristo: a lui, come agli altri apostoli, era stato rivolto il mandato: "Fate questo in memoria di me" (Lc 22,19).

Essendo stata proclamata da Gesù madre di un sacerdote, ed essendo, soprattutto, la madre di Gesù, sommo sacerdote, Maria è diventata in modo specialissimo la madre dei sacerdoti. Ella è incaricata di vigilare sullo sviluppo della vita sacerdotale nella Chiesa, sviluppo intimamente legato a quello della vita cristiana.

Gesù non si limito ad affidare a Maria questa missione nei riguardi dei sacerdoti. Egli si rivolse anche a Giovanni per introdurlo in un rapporto filiale con Maria: "Ecco la tua madre!". Egli desiderava che il discepolo riconoscesse in Maria la propria madre e che le riservasse un profondo affetto.

A questo desiderio del maestro crocifisso il discepolo prediletto rispose subito prendendo Maria con sé. Stando alla tradizione, egli visse i primi anni del suo ministero apostolico in compagnia di colei che gli era stata data per madre, trovando in lei un aiuto incomparabile.


3. "Prendere Maria con sé": ecco il dovere e il privilegio di ogni sacerdote. Per il fatto che egli riceve il potere di parlare e di agire in nome di Cristo, deve amare Maria come l'ha amata Gesù. In nome di questo vincolo di amore filiale, egli può affidarle tutto il suo ministero sacerdotale, i suoi progetti e le difficoltà che incontra sulla sua strada.

Pregheremo oggi la Vergine affinché la formazione sacerdotale conduca i giovani a "prendere Maria con sé". E pregheremo perché la Chiesa sia ricca di sacerdoti sempre più ardenti nel testimoniare il loro affetto a colei che è stata data loro per Madre!

Data: 1990-02-11

Domenica 11 Febbraio 1990

Omelia per gli ammalati - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: La trasformazione del cuore è il miracolo di Lourdes

"Quelle cose che occhio non vide, né orecchio udi, né mai entrarono in cuore di uomo, queste ha preparato Dio per coloro che lo amano" (1Co 2,9).


1. Carissimi fratelli e sorelle che, rinnovando un incontro ormai tradizionale, vi siete raccolti in questa Basilica Vaticana nel giorno dedicato al ricordo delle apparizioni della Beata Vergine Maria nella Grotta di Massabielle, presso Lourdes, quale avvincente prospettiva recano in sé queste stupende parole dell'apostolo Paolo! Si, ogni cristiano, ma specialmente chi è provato dalla sofferenza, guarda con cuore colmo di speranza alle cose che "Dio ha preparato per coloro che lo amano".

Questa sera, carissimi, è la stessa Vergine santa a invitarci a levare lo sguardo, illuminato dalla "sapienza che non è di questo mondo" (1Co 2,6), verso tale orizzonte. Non fu forse lei a dire alla semplice fanciulla dei Pirenei: "Io non ti prometto che sarai felice in questo mondo, ma nell'altro"? Sostenuta da questa speranza, santa Bernardetta seppe fare, giorno dopo giorno, la volontà di Dio, desiderosa soltanto di conformarsi pienamente ai sentimenti di Gesù crocifisso.


2. Fate la volontà di Dio! Non sta forse in ciò la quintessenza della santità? Già il libro del Siracide, nella pagina che abbiamo poc'anzi ascoltato, poneva proprio in questa disposizione interiore l'elemento qualificante di ogni vita retta: "Se vuoi, osserverai i comandamenti; l'essere fedele dipenderà dal tuo buonvolere" (Si 15,15).

Bernardetta Soubirous è stata "fedele", perché ha saputo maturare in se stessa il "buonvolere" necessario per "osservare i comandamenti". Povera di tutto, non meno che di cultura, ella possedeva pero l'unica sapienza che conta davanti a Dio: conosceva la sua legge e si sforzava di osservarla. "Indicami, Signore - ella ha continuato a pregare nel corso della sua vita, breve, ma tanto provata - la via dei tuoi precetti / e la seguiro sino alla fine. / Dammi intelligenza, perché io osservi la tua legge / e la custodisca con tutto il cuore" (salmo responsoriale).


3. "Con tutto il cuore"! E' infatti nel cuore, carissimi fratelli e sorelle, che si gioca il mistero profondo della libertà, attratta dal bene e tentata dal male.

Nel cuore l'essere umano fa le sue scelte, "stendendo la sua mano" verso "il fuoco o l'acqua", come dice ancora con espressione immaginosa il Siracide: Il fuoco, che brucia e distrugge; l'acqua, da cui scaturisce la vita.

Nel cuore. La parola di Gesù nel Vangelo è estremamente chiara al riguardo. Di fronte all'insegnamento legalistico degli scribi e dei farisei, che ponevano la "giustizia" in determinate osservanze esteriori, fermandosi a quelle, Gesù riporta il discorso morale alla sua sede propria, il cuore dell'uomo o, come in seguito si preferirà dire, la sua coscienza. In essa, infatti, risiede - come ha sentenziato il Concilio Vaticano II - "il nucleo più segreto e il sacrario dell'uomo, dove egli si trova solo con Dio" (GS 16).

Nel cuore, insegna Gesù, si realizza quella "giustizia superiore", grazie alla quale soltanto è possibile "entrare nel regno dei cieli". Alla luce di tale criterio egli traccia, nella pagina evangelica or ora proclamata, alcune indicazioni concrete, sottolineandone con forza la novità rispetto al modo di pensare consueto: "Avete inteso che fu detto agli antichi... Ma io vi dico...".

Che cosa ci dici, Signore Gesù? Ci dici che non basta non uccidere, occorre anche non odiare il fratello; non basta non commettere adulterio, occorre anche evitare il desiderio di compierlo; non basta rispettare le formalità della legge nel divorzio, occorre escludere l'intenzione stessa di divorziare; non basta non spergiurare, occorre anche coltivare una limpidezza interiore che si esprima nel linguaggio lineare del si quando è si, no quando è no.


4. Questa morale del cuore è stata perfettamente capita da santa Bernardetta, la quale poté apprenderne la non facile lezione alla scuola di colei che aveva penetrato a fondo i misteri di Dio "meditandoli nel suo cuore". Scriveva: "O mio Dio, se non posso versare il mio sangue e dare la vita per voi, voglio almeno morire a tutto ciò che vi dispiace... Gesù mio, io vi pongo come sigillo sul mio cuore, riposatevi per sempre" ("Carnet de notes intimes", 20).

Anche oggi chi va a Lourdes e sosta presso la grotta di Massabielle, questa lezione si sente nuovamente proporre. E anche oggi il più grande, il più misterioso, il più ininterrotto miracolo che a Lourdes si compie è la trasformazione del cuore, grazie alla quale la volontà, prima ribelle, si apre ad accogliere il disegno di Dio, assaporandone la sapienza, "che non è di questo mondo".

Molti di voi, carissimi fratelli e sorelle, hanno già fatto questa esperienza, recandosi a Lourdes o in qualche altro santuario mariano. Presi maternamente per mano dalla Vergine hanno capito che le proprie sofferenze non erano inutili, perché partecipazione diretta alla forza sanante della redenzione compiuta dal Figlio di Dio. E hanno scoperto così il ruolo fondamentale a cui il malato è chiamato nella Chiesa, per l'attuazione di quella "superiore giustizia" che ha la sua sede propria non nelle opere esterne, ma nel cuore, secondo quanto Gesù ci ha ricordato.


5. Ecco perché il pellegrinaggio al santuario mariano si trasforma in risorsa per la fede, in cammino di conversione, in tempo forte di preghiera e di fraternità, in possibilità di evangelizzazione e di valido annuncio della speranza cristiana.

Nell'odierna memoria liturgica della Beata Maria Vergine di Lourdes, il mio pensiero ammirato e commosso va a quanti - persone, enti, associazioni - si adoperano per l'organizzazione dei pellegrinaggi e per la fraterna, assidua ed esemplare assistenza ai malati presso i santuari. Saluto in modo particolare, per questo tradizionale appuntamento, i membri dell'Unitalsi e i rappresentanti dell'Opera Romana Pellegrinaggi.

L'iniziativa del pellegrinaggio a Lourdes vede riuniti, in singolare ed edificante comunità di servizio, malati, sacerdoti, operatori sanitari, medici, infermieri, barellieri, sorelle assistenti. E' questo uno dei modi in cui "la comunità cristiana ha ritrascritto di secolo in secolo, nell'immensa moltitudine delle persone malate e sofferenti, la parabola evangelica del buon samaritano, rivelando e comunicando l'amore di guarigione e di consolazione di Gesù Cristo". A nessuno può sfuggire quale scuola di conversione, di rinnovamento spirituale, di autentica e credibile testimonianza cristiana rappresenti questa particolare comunità di servizio. Per i sacerdoti e le persone consacrate, in primo luogo, che nella pastorale sanitaria verificano la propria vocazione, riaccendono l'entusiasmo della loro dedizione, incontrano nel malato Cristo sofferente. E poi per i laici, la cui presenza negli ospedali e nelle case di cura cattoliche si fa sempre più numerosa e talora anche totale ed esclusiva: "Proprio loro - medici, infermieri, altri operatori della salute, volontari - sono chiamati a essere l'immagine viva di Cristo e della sua Chiesa nell'amore verso i malati e i sofferenti". E' quindi indispensabile che questa preziosissima eredità, lasciata da Cristo alla sua Chiesa, non solo non abbia a venire meno, ma "sia sempre più valorizzata ed arricchita attraverso una ripresa ed un rilancio deciso di una azione per e con i malati e sofferenti" (CL 53-54).


6. Non senza motivo recano la data odierna due iniziative del mio pontificato che, dal suo stesso inizio, volli affidare anche alla preghiera e all'aiuto dei malati e dei sofferenti. L'11 febbraio 1984 pubblicavo la lettera apostolica "Salvifici Doloris" sul significato cristiano della sofferenza umana, e l'11 febbraio 1985, col motu proprio "Dolentium Hominum", istituivo il Dicastero della pastorale per gli operatori sanitari. Questo Pontificio Consiglio, così atteso e tanto favorevolmente accolto in ogni parte del mondo, conclude oggi la sua prima Assemblea plenaria dopo il primo quinquennio di intensa attività. Mi è grato salutare con il suo presidente, l'arcivescovo mons. Fiorenzo Angelini, tutti gli autorevoli membri, i consultori, gli esperti, i collaboratori e le collaboratrici anche volontari.

Ma il mio saluto e il mio incoraggiamento vanno in modo del tutto speciale a voi, carissimi ammalati, che costituite, in definitiva, l'essenziale ragion d'essere di tale organismo e delle molteplici iniziative che esso è venuto assumendo in questi anni. Per voi imploro la Vergine santa, perché vi aiuti in ogni circostanza della vostra vita a levare gli occhi verso la straordinaria ricompensa che "ha preparato Dio per coloro che lo amano".

Voi amate Dio, e con voi lo amano pure quanti vi assistono e vi curano.

Per tutti Dio prepara la sua ricompensa. Maria Immacolata ravvivi in voi questa certezza e vi conforti nei momenti difficili del vostro cammino. Amen!

Data: 1990-02-11

Domenica 11 Febbraio 1990


GPII 1990 Insegnamenti - Alla parrocchia di San Frumenzio - Prati Fiscali (Roma)