GPII 1990 Insegnamenti - A vescovi brasiliani in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)


1. Siate benvenuti a quest'incontro! E' sempre un momento di profonda gioia il breve "convivio", che la visita "ad Limina Apostolorum" dei miei "fratelli" nel Collegio episcopale mi offre. Oggi incontro Voi, Vescovi del "Regional Sul-IV" della Conferenza Nazionale dei Vescovi del Brasile, che comprende le Diocesi dello Stato di Santa Caterina.

Dopo aver parlato brevemente con ciascuno, gioisco della vostra professione di fede, nel venerare i sepolcri dei Beati Apostoli Pietro e Paolo. E voglio ringraziarvi per aver condiviso con me e con i vari Organi centrali della Sede Apostolica di Roma, a servizio della mia "preoccupazione per tutte le Chiese" (2Co 11,28), che è anche Vostra, le consolazioni di Dio e le privazioni, le lotte e le speranze. E' fatta di questo la guida pastorale delle greggi diocesane che vi sono state affidate.

Pastori "secondo lo spirito di Dio" quali volete essere, disposti ad agire sempre come "buoni amministratori della multiforme grazia divina" (cfr. 1Pr 5,2; 4,19), siete venuti a questa visita accompagnati spiritualmente dalle vostre Comunità ecclesiali. Nel salutarvi cordialmente desidero estendere il mio saluto anche ai fedeli delle vostre Diocesi: ai sacerdoti, vostri intimi collaboratori, ai religiosi, alle religiose e tutti i consacrati come pure a coloro che sono impegnati nell'apostolato, infine a quanti condividono ed a quanti dispensate il vostro ministero episcopale.


2. Nel corso dei nostri brevi colloqui, ho potuto confermare l'impressione che avevo, riguardo alla vitalità religiosa delle vostre Chiese particolari, che ho sentito molto vicine al mio cuore di Pastore, ascoltando le confidenze che mi avete fatto. I Caterinensi sono conosciuti come popolo stimato, pacifico e lavoratore, che coltiva valori umani, religiosi e morali capaci di illuminare i diversi campi dell'esistenza. Questo è il frutto di una evangelizzazione che viene da lontano; essa ha lasciato segni profondi e ha aperto il cammino perché si crei un'ordinata comunità umana, formata da persone provenienti da diverse culture: dai portoghesi delle Azzorre ai tedeschi, dagli italiani ai polacchi; senza dimenticare, naturalmente, popolazioni indigene che si sono fuse nel popolo caterinense, nel Popolo brasiliano.

Questa gente, laboriosa e fedele a Dio - la cui adesione e il cui affetto per il Successore di Pietro mi avete confermato - con la propria dignità, sta contribuendo affinché il Brasile costruisca una società a misura d'uomo e degna di ogni uomo e di tutti gli uomini. Questo si è concretizzato nell'impegno per la tutela della famiglia, nell'amore per il lavoro e nella dignità, nella convivenza fraterna, animata da spontanea solidarietà. Tali caratteristiche hanno fatto della vostra regione un autentico granaio delle vocazioni per la consacrazione alla vita sacerdotale e religiosa: una grazia per l'evangelizzazione del Brasile, e non solo; lo dimostra la partecipazione al noto "progetto Chiese-Sorelle".


3. Non ignoro, d'altro canto, ed anche Voi mi avete riferito, che, a Santa Caterina, cominciano ad aumentare gli squilibri sociali che legittimano altre religioni vicine. Una moderazione relativa, in termini di proprietà, di produzione e di urbanesimo, comincia a risentire degli inconvenienti del fenomeno dei grandi agglomerati di popolazione, nei quali affluiscono tanti poveri senza terra, senza tetto, e senza mezzi di sussistenza. così, vi sono minacce di destabilizzare le comunità, distruggere le famiglie, tradizionalmente solide e sane, ed alterare la gerarchia dei valori sinora coltivati.

In tal modo, dal momento che aumentano le sollecitazioni nel vostro campo di lavoro pastorale, comprendo e condivido la vostra preoccupazione di fronte alle sfide che oggi si presentano all'evangelizzazione nelle vostre Diocesi. Si possono considerare indice di tale preoccupazione alcune decisioni del vostro "Regional Sul-IV", che sono presenti nel nuovo Piano di Pastorale.


4. Incontri come questo mi fanno ricordare l'esperienza descritta nel Libro degli Atti degli Apostoli, quando Paolo e i suoi compagni, giunti a Gerusalemme, riferirono a quella Chiesa quanto il Signore avesse operato tramite il loro "ministero" del Vangelo. Chiarite alcune questioni, fu resa grazia a Dio e furono fatte alcune considerazioni riguardo alla futura Evangelizzazione (cfr. Ac 21,17-22).

Nell'esercizio del mio ministero di successore di Pietro, desideroso di poter sempre "confermare i fratelli", anch'io vi presento oggi alcune considerazioni sull'Evangelizzazione, compito essenziale della Chiesa, che è divenuto così evidente in America Latina, negli ultimi tempi. Evangelizzare costituisce, realmente, la grazia e la vocazione propria della Chiesa, la sua identità più profonda.

Dall'appello che ho lanciato a Porto Principe, ad Haiti, nel 1983, per una nuova Evangelizzazione, i Fratelli Vescovi latino-americani si sono preoccupati di assumere come motto - nelle commemorazioni del quinto centenario dell'arrivo della Buona Novella in questo continente - di suscitare in quel luogo un nuovo impulso evangelizzatore. Anche tra Voi Vescovi brasiliani, la Nuova Evangelizzazione è stata parola d'ordine negli ultimi tempi, e di ciò mi rallegro.


5. Rimane valido quanto il mio predecessore Paolo VI, che ricordo con rimpianto, ha sintetizzato nella nota Esortazione Apostolica Evangelii nuntiandi. Le sue analisi e i suoi orientamenti hanno avuto ovviamente, lo sviluppo e le applicazioni che situazioni particolari, vecchie e nuove, sollecitano. Queste esigono che noi, Vescovi, viviamo coraggiosamente e fedelmente questa dimensione del mandato apostolico episcopale, che lo Spirito Santo ci ha conferito. Ma "annunciare a tutte le genti", per noi, Pastori, comprende anche la verifica dell'autenticità dei doni elargiti ai battezzati con l'annuncio della Buona Novella.

Evangelizzare, come sappiamo, è la testimonianza che il Figlio dell'uomo dà di se stesso, perpetuato nella missione della Chiesa. L'Incarnazione stessa è evangelizzazione: poiché il Verbo, fatto carne, è l'ultima e definitiva Parola che Dio rivolge all'umanità, dopo averle parlato molte volte ed in molti modi (cfr. He 1,1-3). Evangelizzare fu il compito, per eccellenza, del Signore Gesù, come degli Apostoli: "povero me se non annunziassi" il Vangelo (cfr. 1Co 9,16). In modo analogo, ciò dovrà costituire la preoccupazione di ogni battezzato, consapevole della propria dignità e della propria missione ecclesiale.

E' stato detto molte volte che il grande Evangelizzatore, il vero Vangelo, è lo stesso Gesù Cristo, così come ci viene storicamente presentato dalle Sacre Scritture e trasmesso dalla Tradizione. Questa, lo sappiamo, è la forma con la quale Dio "dialoga" senza interruzione con la Chiesa, Sposa del suo amato Figlio; è la forma cui lo Spirito Santo - per mezzo del quale la voce del Vangelo risuona viva nella Chiesa, e attraverso di essa nel mondo - introduce coloro che credono nella piena verità (cfr. Const. DV 8).


6. La Chiesa, nata dall'azione evangelizzatrice di Gesù, è a sua volta "mandata" da Lui a evangelizzare. Da evangelizzata essa diviene evangelizzatrice, luce delle nazioni e segno della presenza di Cristo stesso (cfr. Esort. Apost. EN 15); e suo Corpo mistico, essa è sacramento di salvezza per tutti.

Fra Gesù Cristo, la Chiesa e il contenuto dell'evangelizzazione c'è un nesso, un vincolo inscindibile: "Chi ascolta voi ascolta me, e chi disprezza voi, disprezza me" (Lc 10,16). Da ciò l'insistenza con la quale San Paolo insegna che nessuno deve predicare se stesso; bensi, Cristo Gesù, come Signore (cfr. 2Co 4,5); e ancora, che l'Evangelizzazione non consiste nel parlar bene o nel fare prodigi; bensi nell'annunciare Cristo, che ha salvato l'umanità, attraverso la virtù del Mistero Pasquale, fatto di Morte e Resurrezione (cfr. 1Co 18,22-23).

Nello sforzo della nuova evangelizzazione - "nuova nel suo vigore, nei suoi metodi e nelle sue espressioni" (AAS 75 (1983), 778), spetta a Voi salvaguardare, nelle Vostre Chiese particolari, l'integrità e l'autenticità del concetto di Evangelizzazione e del modo di evangelizzare, così come li proclama la Chiesa universale. Si tratta di un impegno assunto con l'Episcopato. Ed è qualcosa che riguarda l'essenza stessa della Chiesa. Questa, come sappiamo, ha progredito nella sua missione evangelizzatrice nel corso della storia, nella misura in cui è rimasta fedele a Gesù Cristo, nella misura in cui ha seguito i passi del suo Signore.


7. Nell'enfatizzare, quindi, un aspetto o un determinato contenuto del Vangelo, bisogna stare attenti a non farlo a discapito di altri aspetti o contenuti, di uguale, se non addirittura di maggior importanza. Nell'adattare l'annuncio della Fede alla mentalità e alla cultura degli evangelizzandi, non ci possono essere riduzioni né alterazioni dell'unico Vangelo, evitando confusioni di metodo con altri processi di umanizzazione.

Di fronte a qualsiasi riduzione della verità evangelica, il nostro ministero di Pastori e Maestri della Fede impone ineludibilmente l'obbligo di discernere, chiarire e applicare rimedi alle deviazioni, quando è necessario. La trascendenza del messaggio del Vangelo non può essere mai oscurata da una legittima attenzione rivolta ai problemi di ordine sociale. così, in un contesto come quello brasiliano, dove s'impone sempre alla preoccupazione dei Pastori una promozione umana autentica, l'integrità dell'annuncio evangelico deve riflettersi in ogni magistero ed in ogni azione di chi ha ricevuto, con il dono apostolico-episcopale, la responsabilità di annunciare, di santificare e di governare la Chiesa di Dio.


8. E' molto indicativo verificare come, durante i due millenni di presenza della Chiesa nel mondo, i messaggeri della salvezza di Gesù Cristo hanno saputo infondere solidarietà, senza dimenticare mai la promozione dell'uomo, il valore trascendente della sua umanità e il senso della sua esistenza, nella prospettiva di quel "mistero dell'economia divina, che ha unito la salvezza e la grazia con la croce", (Enc. RH 11).

Così comincio ad operare il Maestro. Nel passare "facendo il bene" curando le malattie e promuovendo la giustizia e la solidarietà fra gli uomini del proprio tempo, egli distingueva, con lungimiranza, il piano di Dio e il piano di Cesare. La salvezza che annunciava era trascendente, escatologica: con inizio in questo mondo, è vero; ma con il compimento nel mondo che verrà (cfr. Esort. Apost. EN 27).

Così operarono anche i primi cristiani. Nella purezza e nell'entusiasmo della prima esperienza pasquale, essi condividevano i beni ed assistevano i bisognosi; ma non per questo dimenticavano i doveri della preghiera e della predicazione della Parola. I primi Diaconi, anzi, furono istituiti affinché gli Apostoli potessero continuare a dedicarsi, con assiduità, a ciò che era specifico della "missione": "noi, invece, ci dedicheremo alla preghiera e al ministero della parola" (Ac 6,2 Ac 6,4). Essi erano sensibili a tutto; ma in un'opera pastorale ordinata.


9. Nel corso della storia, la Chiesa, annunciando il Regno di Dio, è stata allo stesso tempo, promotrice di condizioni umane sempre migliori, ma, come sappiamo, essa, come "inviata", nel luogo ove si fonda; ha cercato sempre di armonizzare il valore trascendente e la dimensione sociale dell'uomo.

Come in ogni luogo, anche l'uomo brasiliano, quali che siano le sue condizioni sociali, spera e desidera di scoprire la sublimità della propria vocazione, la grandezza dell'amore per il prossimo e il senso della propria attività nelle "imperscrutabili" ricchezze di Cristo (Ep 3,8). Come è stato previsto nella Costituzione conciliare Gaudium et spes, la Chiesa con la sua "missione", lo deve aiutare a incontrarsi con Cristo. La Chiesa particolare e Voi, in qualità di Vescovi, in essa responsabili ultimi del buon esito della "missione", dovete fornire tale aiuto.

Così, nel promuovere l'apertura per la dimensione sociale dell'evangelizzazione, non dimenticate di tener presente che ciò rimane espressione ecclesiale della "missione". Dando spazio all'assistenza e alla promozione umana, e dando nei vostri cuori di padri e pastori la preferenza ai "più poveri", fate in modo che rimangano primari i beni della salvezza; fate si che si rispettino le finalità specifiche dei ministeri ordinati e fate si che queste si nutrano della preghiera e della Parola di Dio, senza riduzioni né ambiguità.

A tale proposito, non è mai troppo ricordare che le Sacre Scritture non possono essere distorte né usate a piacimento per giustificare e difendere posizioni personali di tipo politico-partitico. Conserva piena attualità il monito dell'Apostolo Pietro: "sappiate anzitutto questo: nessuna scrittura profetica va soggetta a privata spiegazione, poiché non da volontà umana fu recata mai una profezia, ma mossi da Spirito Santo, parlarono quegli uomini da parte di Dio" (2P 1,20-21). Quanto all'esercizio della "missione" da parte di ogni battezzato, fate di tutto affinché essa sia attuata ordinatamente, nel rispetto dei diritti di ognuno. Il recente Sinodo dei Vescovi è stato molto preciso in materia. Uno è il campo e il modo di intervenire di un laico. Sarà necessariamente un altro il campo e il modo di intervenire di un battezzato al quale è stato conferito un ministero ordinato.

10. Cari fratelli nell'episcopato, l'evangelizzazione avrà molto da guadagnare nel rispetto di tali principi, che applicate già e continuerete ad applicare con abbondantissimi frutti, ne sono certo, nei diversi settori della vita ecclesiale in mezzo al Vostro popolo, tanto profondamente legato alla Chiesa. Che nessun timore possa adombrare la Vostra speranza: "Non sia turbato il vostro cuore" (Jn 14,1), ci disse il Signore nell'Ultima Cena.

Chiedo a Dio che effonda la forza del suo Spirito su di Voi, affinché con il vostro orientamento sollecito e coraggioso, le vostre Chiese particolari siano sempre più evangelizzate ed evangelizzatrici. E che diffondiate quella speranza che la vita cristiana può suscitare, come cammino efficace affinché siano superati meglio i problemi umani, di tipo individuale e sociale.

Tornate alle vostre Diocesi, quindi, con rinnovata fiducia! Gesù Cristo, che vi ha chiamati per guidare il suo gregge, non cesserà di essere con voi, per assistervi nelle vostre opere e per far si che il vostro ministero episcopale dia molti frutti in amore e santità. Vi accompagni il mio ricordo nella preghiera, affinché in ognuno continui l'azione di Colui che, "secondo i suoi benevoli disegni, opera in noi il volere e l'agire" (cfr. Ph 2,13). E che la Madre della nostra fiducia, Nossa Senhora Aparecida, guidi i vostri passi e illumini le vostre menti come "speranza nostra".

Con questo augurio vi imparto, insieme alle vostre Comunità Diocesane, la Benedizione Apostolica, che sia per tutti i caterinensi garanzia di grazie divine, con l'intercessione di Santa Caterina.

(Traduzione dallo spagnolo)

Data: 1990-02-24

Sabato 24 Febbraio 1990

La visita al Pontificio Seminario Maggiore - Laterano (Roma)

Titolo: Ogni cristiano è chiamato alla santità nel suo stato di vita

Ci sono certamente molti motivi in questo "Mosè" (composizione del m° Marco Frisina), ma tra tutti si deve scegliere quello più adatto alla festa di oggi: ed è il motivo vocazionale. Possiamo dire che, dopo Abramo, Mosè è il più grande paradigma di vocazione nella rivelazione divina, nella Sacra Scrittura; dopo di lui sono venuti tanti altri grandi in Israele: profeti e re. Poi sono venuti gli apostoli. Questo paradigma di vocazione, questo motivo vocazionale, è certamente uno di quelli fondamentali nella storia della salvezza per l'economia divina, per l'identità del popolo di Dio: per l'identità del popolo di Dio nell'Antico Testamento e del popolo di Dio nel Nuovo Testamento, cioè della Chiesa.

Ecco, io penso che questo tema è il più vicino alla celebrazione liturgica odierna perché, oggi, è la festa del vostro seminario, cioè di quella realtà che continuamente esprime, evoca questo paradigma, questo motivo vocazionale nella vita del popolo di Dio. Popolo di Dio vuol dire Chiesa come insieme; e Chiesa come ciascuno di noi. Sappiamo bene che la Chiesa ha questa doppia dimensione: di comunità ma anche di interiorità. Ciascuno di noi è un tempio e lo Spirito Santo abita in noi. Il seminario come comunità, come istituzione, e anche come edificio, come struttura, è tutto quello che serve a far presente un motivo vocazionale. In questo senso più ovvio, più semplice, il seminario rappresenta il luogo ove si entra quando si sente la vocazione a diventare sacerdote, al fine di provare questa vocazione e di confermarla fino al momento - se la grazia ci accompagna - dell'ordinazione sacerdotale. Questo è il senso, il significato, l'interpretazione più semplice. Ma il seminario non è solamente questo. L'esistenza dei seminari, l'esistenza del Seminario Romano nella nostra città, parla a tutti noi, alla comunità della Chiesa, ai cristiani, ai credenti - forse anche ai non credenti e ai non sicuramente credenti - parla della vocazione che è propria di ciascuno di noi. Ogni uomo, ogni donna ha una vocazione: la vita così modellata, così strutturata da Dio. Dio ci chiama. Noi siamo tutti - tutti senza eccezione - chiamati in Gesù Cristo. Questa è la grande visione, la grande sintesi vocazionale che ci viene soprattutto da san Paolo: siamo tutti eternamente chiamati da Dio in Cristo. In questa chiamata universale ciascuno è chiamato alla santità. Ciascuno ha la propria chiamata, ciascuno ha una propria "particola". Il seminario diocesano, il Seminario Romano ci parla - parla a tutti - di questa vocazione, di questa particolare chiamata divina, che non è necessariamente chiamata a diventare seminarista e poi sacerdote, ma chiamata ad essere cristiano e, come cristiano, ad essere, per esempio, buon artista, buon cantante, buon ingegnere, buon medico. Sono diversi e numerosi i significati di questa vocazione, che a ciascuno di noi proviene da Dio in Cristo. Il Concilio Vaticano II ha certamente confermato questo paradigma vocazionale, questa visione vocazionale della vita umana, della teologia e dell'antropologia, e ciò costituisce anche una ricchezza essenziale dell'insegnamento, del magistero del Vaticano II.

E' conforme a questa visione conciliare anche il modo in cui la vostra comunità seminaristica celebra il giorno della Madonna della Fiducia, che è uno dei giorni patronali del vostro seminario. In questo giorno il seminario apre la Cappella a tutti coloro che vogliono venire, e che frequentano questa Cappella spesso, non solamente oggi; si tratta di persone che non si trovano qui per la prima volta, ma persone che ritornano e che ritorneranno, come hanno fatto oggi.

Sono tutti coloro che, attraverso il fatto stesso, attraverso l'esistenza stessa di questo seminario, sono interrogati, sono interpellati sulla loro vocazione: una vocazione che hanno da Dio, vocazione cristiana, vocazione - chissà - anche sacerdotale, religiosa, ma anche vocazione laicale, diversa come sono diverse le possibilità di essere cristiano e di essere cristiano laico nella Chiesa e nel mondo.

Vi ringrazio per la nuova ispirazione che ci avete dato con la vostra realizzazione artistica e musicale. Vi ringrazio cordialmente e vi auguro che questa opera artistica, questa ispirazione artistica sia fruttuosa per ciascuno di noi, per ciascuno dei presenti, per riscoprire più profondamente la propria vocazione, per confermarla e per approfondirla; per ciascuno di noi, lo dico anche per me, e che sia di ispirazione anche per il cardinale vicario, per il rettore, per tutti. Auguro che questa ispirazione sia buona e fruttuosa, perché la vocazione divina non è una cosa che si risolve e si realizza in una volta: essa si realizza sempre, nel corso di tutta la vita, si realizza sempre più profondamente.

O cresce o si perde, o aumenta o diminuisce.

Questa ispirazione è anche molto opportuna se prendiamo in considerazione la preparazione di tutta la Chiesa al Sinodo sulla formazione sacerdotale, che avrà luogo quest'anno in ottobre. Forse i padri sinodali dovrebbero ascoltare il vostro oratorio per essere ispirati, come ne sono stato ispirato io.

Data: 1990-02-24

Sabato 24 Febbraio 1990

All'Angelus - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: La forma comunitaria del ministero sacerdotale

Carissimi fratelli e sorelle!


1. Quando Cristo istitui il sacerdozio ministeriale, gli diede una forma comunitaria: affido al gruppo dei Dodici l'ufficio pastorale nella chiesa, chiamandoli ad assolverlo sotto la direzione di Simon Pietro. Il ministero sacerdotale è un'opera collettiva alla quale prendono parte tutti i sacerdoti.

Coloro che ricevono l'ordine sacro sono destinati a lavorare insieme e devono dunque essere formati allo spirito di collaborazione. E' una delle esigenze della formazione sacerdotale, che il Sinodo prenderà in considerazione.

I sacerdoti manifestano la carità che li anima, impegnandosi in modo coordinato e concorde nella grande opera dell'edificazione e dello sviluppo della comunità cristiana. Abbiamo già sottolineato che essi devono agire da testimoni della carità di Cristo: e questa si esprime in particolare nelle buone relazioni che intrattengono tra di loro.


2. Lo spirito di reciproco aiuto e di cooperazione deve animare il sacerdote nell'adempimento di tutti i suoi compiti ministeriali. Egli, infatti, non svolge questi compiti per il suo vantaggio personale o per spirito d'ambizione, ma per rispondere all'invito di Cristo. Se vuol compiere veramente l'opera di Cristo, non può che agire in pieno accordo con i suoi fratelli nel sacerdozio. Ad essi dovrà perciò fornire tutto l'aiuto possibile, cercando di coordinare la sua azione con quella dei confratelli, sotto la direzione impressa dal vescovo all'opera pastorale. Egli è condotto così ad accettare tutti i sacrifici richiesti da una vera cooperazione.

Il Concilio Vaticano II ha sottolineato la disposizione di amore fraterno che deve ispirare la cooperazione: "Tutti i presbiteri, costituiti nell'Ordine del presbiterato mediante l'ordinazione, sono intimamente uniti tra di loro con la fraternità sacerdotale". Tale non è soltanto una fraternità di azione, ma anche una fraternità affettiva.


3. In questo campo, la formazione dei futuri sacerdoti svolge un ruolo importante: essa porrà quindi l'accento sullo sviluppo dell'amore fraterno tra coloro che si preparano al sacerdozio. Certo, questo amore fraterno si estende oltre, aprendosi ad una dimensione universale. Concretamente e immediatamente, tuttavia, esso si esercita nell'ambiente di vita costituito dal seminario e dal noviziato. E' li che i giovani imparano ad amarsi reciprocamente e a intrattenere rapporti fraterni nell'ambito della comunità che essi formano.

Preghiamo la Vergine Maria perché, grazie al contributo del prossimo Sinodo, i giovani seminaristi siano formati a una fraternità sacerdotale, che manifesti sempre più vivamente la carità di Cristo.

Data: 1990-02-25

Domenica 25 Febbraio 1990

Alla parrocchia Sacro Cuore di Gesù Agonizzante - Vitinia (Roma)

Titolo: Compiere con coraggio la scelta di Dio e del suo regno

(Alla popolazione del quartiere:) Ringrazio il vostro parroco, pastore di questa parrocchia per le sue parole evangeliche e mi rivolgo a tutti i presenti e a tutti quelli che compongono questa comunità parrocchiale, a tutti i parrocchiani, a tutti i fedeli di questa parrocchia, fratelli e sorelle, di tutte le età e generazioni, dai più anziani ai più giovani e piccoli, anche a quelli che, appena nati, sono qui presenti. I più piccoli attraggono sempre l'interesse del Papa. Sono pero più sicuri dei loro genitori che di questo uomo che è venuto qui e che non sanno chi sia. Ma sono tanto simpatici e ci danno tanta gioia, questi piccoli, in ogni famiglia e in ogni casa, ma anche nella famiglia della parrocchia, della comunità. La vostra parrocchia è dedicata a Gesù Agonizzante. E' un titolo commovente, profondissimo, perché ci parla della passione redentrice di Gesù, soprattutto della sua agonia nel Getsemani, della sua agonia spirituale, ma anche della sua agonia fisica, sulla croce. Gesù Agonizzante vuol dire Gesù nel momento, vertice della sua missione salvifica, in cui offre se stesso, la sua vita e tutto il suo essere, al Padre, per tutti noi, per arricchirci con la sua povertà. Perché Gesù Agonizzante, con la sua estrema povertà, ci fa fondamentalmente ricchi, tutti senza eccezione, tutti quelli che lo sanno, credendo, e anche tutti quelli che non lo sanno, non avendo ascoltato il nome di Gesù, non avendo ascoltato della sua agonia sulla croce. Ma la sua agonia è per tutti. Con la sua agonia e la sua morte ha riscattato l'umanità intera. Ha pagato un prezzo altissimo per i peccati di tutto il mondo. Sono veramente profonde, commoventi, stupende queste parole, Gesù Agonizzante, che la vostra parrocchia porta come titolo. Io vengo tra voi nel giorno in cui tutta la Chiesa si avvicina e si prepara alla Quaresima e vorrei augurare a tutti i presenti, a tutti i romani e a tutti i cristiani, una Quaresima fruttuosa. E' un tempo forte, è un tempo della grazia, della conversione, ma è anche un tempo pasquale, che vuol dire un tempo in cui noi ci prepariamo a passare dal peccato alla vita, dalla morte alla vita. Gesù Agonizzante è colui che ci conduce, attraverso la sua morte, dalla nostra morte, spirituale, morte del peccato, alla vita, e ci porta anche dalla morte fisica alla risurrezione.

Guardando la sua agonia sulla croce e sapendo di questo terzo giorno della sua risurrezione, noi crediamo anche nella risurrezione della nostra carne, come destino ultimo, escatologico, di ogni uomo. Saluto ancora una volta cordialmente tutti i presenti, tutti i parrocchiani e vi offro una benedizione ringraziandovi per questo invito a visitare la vostra parrocchia.

(Ai bambini:) Sono tanto contento di essere qui, in questa parrocchia e in questa assemblea, non solamente io, ma anche il cardinale vicario è molto contento e, naturalmente, anche mons. Riva che è il vescovo di questo settore. Per me la visita è specialmente importante perché essendo vescovo di Roma, mi trovo intenzionalmente presente in ogni parrocchia e quando arriva il giorno in cui posso essere fisicamente presente in una parrocchia, è per me un giorno di grande gioia. C'è poi la gioia di incontrare i parrocchiani più giovani, i bambini.

Alcuni sono in età prescolare, frequentano l'asilo, ci sono poi quelli che si preparano alla prima Comunione e ci sono anche i più grandi che, dopo la prima Comunione, si preparano alla Cresima. E' la parrocchia più giovane, e questa parrocchia più giovane ha la sua vita particolarmente intensa. così, come anche nella vita di ogni persona umana, l'intensità più grande dell'evoluzione del progresso vitale, corrisponde ai primi anni, quando cresce l'intero organismo.

Cresce e deve quindi nutrirsi, deve essere protetto in maniera speciale perché questo piccolo essere umano ha un grande compito, quello di conservarsi, di crescere e di svilupparsi.

Nella vita spirituale, nella vita della parrocchia accade una cosa simile. I giovani, i bambini, costituiscono questa fascia di una speciale intensità della vita religiosa, della vita sacramentale, della catechesi, perché come crescono i vostri corpi, così devono crescere anche i vostri spiriti. Dovete crescere come il Vangelo ci dice di Gesù, crescere negli anni, ma crescere anche nella grazia di Dio. Questa grazia, che ci è offerta da Dio in Gesù Cristo, nella Chiesa viene distribuita, applicata a ciascuno di noi attraverso i sacramenti. Gli anni giovanili, specialmente gli anni dell'infanzia, i vostri anni, sono anni di speciale intensità della vita sacramentale, della preparazione ai sacramenti.

Questa si chiama iniziazione cristiana. Nei tempi passati, nei primi tempi della Chiesa, per questa iniziazione passavano gli adulti perché ricevevano il battesimo in età avanzata. Adesso ciò avviene con voi giovani. Questa iniziazione è la vostra parte della comunità parrocchiale, della comunità ecclesiale e cristiana.

Vedo qui molti genitori, maestri, catechisti, catechiste, suore, religiose, tutti quanti collaborano nel processo della vostra crescita spirituale e cristiana. Voglio ringraziarli per il loro apostolato. Ho detto che i bambini vivono il periodo dell'iniziazione cristiana, ma posso aggiungere che l'iniziazione cristiana si vive lungo tutta la vita. Voi tutti, genitori, insegnanti, catechisti, siete privilegiati perché potete vivere di nuovo questa vostra iniziazione cristiana con i vostri figli, con questi educandi. Questo incontro è importante. Voglio offrire questa comunità più giovane della parrocchia di Gesù Agonizzante al suo cuore santissimo e offrirla anche alla sua Madre Addolorata. così, offrendo tutti voi al Cuore di Gesù e a sua Madre Addolorata, voglio offrire a voi una benedizione.

(All'omelia durante la Messa:) "Cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta" (Mt 6,33).


1. Carissimi fratelli e sorelle, il discorso della montagna che ci ha accompagnati nella liturgia di queste prime domeniche del tempo ordinario, giunge oggi in certo senso alla sua conclusione. "Cercate prima il regno di Dio...". Con queste parole Gesù vuole introdurre i suoi discepoli nella conoscenza di ciò che veramente conta e perciò deve essere posto a fondamento della vita personale e comunitaria.

Il regno di Dio! Annunciato già nell'Antico Testamento e pienamente rivelato in Cristo, esso si identifica col dono della comunione, alla quale Dio invita e ammette gli uomini che lo riconoscono nella verità e fedelmente lo servono. Un dono gratuitamente offerto, da accogliere nella fede come germe di vita nuova e da far crescere fino a che non giunga a maturazione, allorché Dio sarà tutto in tutti.

Un'esperienza, nella quale si è introdotti e si vive, nella misura in cui Dio e la sua volontà sono collocati al primo posto nella scala dei valori e degli obiettivi da perseguire. Un bene da desiderare e ricercare quotidianamente vivendo "secondo giustizia", testimoniando nella propria vita la sovranità del padre celeste e orientando a lui e al suo progetto di comunione tutti gli avvenimenti e le realtà terrene.


2. Essere discepoli di Cristo comporta quindi l'impegno di compiere con coraggio la scelta prioritaria di Dio e del suo regno. Una scelta che consente a chi liberamente la fa, illuminato e guidato dallo Spirito, di realizzare tutto il resto: di discernere con sapienza evangelica ciò che veramente conta nella vita per costruire la comunione; di soppesare nel modo giusto, e cioè nell'ottica del progetto di Dio, i beni creati e la stessa attività umana.

Gesù pone dunque i suoi di fronte a una scelta radicale: o Dio e il suo regno, oppure la ricchezza, il potere e il successo. Quando tutte queste cose vengono considerate "beni assoluti", si trasformano inevitabilmente in "idoli" e l'uomo finisce per diventarne schiavo. E "chi è schiavo delle ricchezze diventa schiavo anche di colui che il Cristo ha definito principe di questo mondo". L'uomo perde così il senso pieno della sua esistenza, è diviso in se stesso e diviene artefice di divisioni e di ingiustizia nella società di cui è cittadino.


3. Il primato di Dio nella vita del discepolo esige da lui un atteggiamento interiore che appartiene al dinamismo stesso della fede: la fiducia in lui e l'abbandono alla sua volontà e alla sua provvidenza. Dio, infatti, è un Padre che ama i suoi figli ed è sollecito per il loro bene, così come è attento a tutte le sue creature: "nutre gli uccelli del cielo" e "veste i gigli del campo", conferendo ad essi una bellezza e uno splendore che superano quelli delle corti di questo mondo.

Dubitare dell'amore di Dio, che è di gran lunga superiore alla tenerezza che una madre ha nei confronti del suo bambino, è un peccato. "Si dimentica forse una donna del suo bambino, così da non commuoversi per il figlio del suo grembo? Anche se vi fosse una donna che si dimenticasse, io invece non ti dimentichero mai". Alla luce di questa fiducia sta la certezza che Dio è fedele, mantiene sempre le sue promesse e veglia su tutte le sue creature, dando a ciascuna il cibo a suo tempo. Egli è fedele nonostante le infedeltà degli uomini e le loro continue cadute nell'"idolatria". E' la "rupe" a cui bisogna aggrapparsi per essere salvati; è la "roccia" di difesa che consente di non vacillare e cadere (salmo responsoriale).


4. Tuttavia, il "non affannarsi" che Gesù chiede ai suoi discepoli non è affatto cieco fatalismo o attesa passiva di ciò che è necessario all'uomo per vivere; e neppure è un rifiuto d'impegnarsi a costruire un mondo più giusto e fraterno, lasciando ogni cosa all'azione di Dio. Tutt'altro! Il cristiano, consapevole della sua responsabilità, vive, soffre e lavora come se tutto dipendesse da lui; al tempo stesso pero, memore di questa rassicurante parola del suo Maestro, resta fiducioso e sereno, come se tutto dipendesse da Dio. Egli è, perciò, disposto a posporre ogni cosa al progetto di Dio e alla sua volontà. Il dovere prioritario di cercare il regno di Dio e la sua giustizia non elimina, dunque, ma potenzia e dà pieno significato all'attività del cristiano per la piena realizzazione di sé, l'integrale promozione dell'uomo e l'autentico sviluppo della società. "L'attività umana individuale e collettiva - ha ricordato il Concilio -, ossia quell'ingente sforzo col quale gli uomini nel corso dei secoli cercano di migliorare le proprie condizioni, corrisponde al disegno di Dio..." (GS 34).


5. Carissimi fratelli e sorelle della comunità parrocchiale di Vitinia, il Sinodo pastorale diocesano deve costituire per voi e per tutta la Chiesa di Roma un importante momento di verifica: occorre cioè esaminare se e come l'insegnamento di Gesù, che abbiamo appena ascoltato, è accolto e vissuto da coloro che si professano suoi discepoli. Ciascuno dovrà perciò interrogarsi: Cerco davvero prima di tutto il regno di Dio e la sua giustizia, oppure cedo alla tentazione dell'"idolatria", che rende schiavi e genera schiavitù intorno a me? Il mio lavoro e tutte le mie azioni sono fondati sulla fiducia in Dio e orientati alla costruzione del regno di Dio nella società? Il Sinodo chiede a tutti un corale "esame di coscienza" a tale riguardo.

Da esso - se preso sul serio - matureranno nuove scelte e impegni più decisi per una maggiore fedeltà a Dio e alla sua parola e ne verrà un impulso più forte alla testimonianza evangelica e quindi a una "nuova evangelizzazione".

Si vive oggi in un clima di secolarismo, che fa perno più sull'"avere" che sull'"essere". Ciò crea in molti una sete mai paga di possesso e una corsa sfrenata verso la ricchezza, considerata talvolta come unico fattore per contare nella società. D'altra parte lo sviluppo disordinato e il consumismo esasperato ingenerano la convizione che si valga in base a ciò che si produce e a ciò che si possiede. Sono le nuove forme del peccato di idolatria, che mentre cancellano Dio dall'orizzonte della propria vita, determinano anche situazioni drammatiche di emarginazione e di ingiustizia, che sono in aperto contrasto col regno di Dio e col progetto di fraternità e di comunione rivelatoci da Cristo, e per il quale egli ha dato la vita.


6. In questo contesto il ruolo dei cristiani nella comunità degli uomini diventa determinante. Si tratta di superare la logica diffusa dell'affanno e dell'accumulo dei beni materiali, la brama del successo ad ogni costo e del potere senza scrupoli, la tentazione di traffici illeciti per arricchire sempre di più.

Ciò è possibile solo a chi si fida di Dio e crede nella sua sovranità e nella sua provvidenza. Egli assume di fronte alle cose un atteggiamento di libertà interiore: si serve di esse per la gloria di Dio e per costruire una convivenza umana più giusta e fraterna e non ne rimane asservito.


7. Pericolo grave per molti cristiani che vivono in una società pluralistica è quello del compromesso. Formalmente ed esplicitamente Dio non viene eliminato dall'orizzonte dei propri interessi, anzi si cerca in qualche modo di rispettare e onorare il suo nome con atti di culto e di ossequio. Solo che tutto questo lo si vorrebbe poi accordare con scelte e comportamenti di vita che obbediscono ad altri criteri: quelli dell'interesse, della ricchezza e del potere. Ciò contraddice totalmente il messaggio che abbiamo appena ascoltato.

Gesù lo afferma con chiarezza e con forza: Dio non sopporta la coabitazione dell'idolo accanto a lui. "Io sono il Signore tuo Dio: non avrai altri dei di fronte a me". Egli non tollera nessun comodo compromesso tra il bene e il male: non sopporta cuori e comunità divisi. O Dio o il denaro; o la giustizia che rende figli di Dio o l'ingiustizia che produce il peccato e la divisione; o il regno di Dio o il regno dell'uomo. "Nessuno può servire due padroni..." (Mt 6,24).

Una testimonianza di fedeltà e di coerenza, di distacco e di servizio, è richiesta a tutti i cristiani, ma particolarmente a coloro che hanno pubbliche responsabilità nella vita sociale e politica. Ad essi è richiesta una fede robusta, che non sia smentita sul piano dei fatti; è richiesta la trasparenza nella gestione dei beni di tutti; il rigore morale che non sopporta compromessi e l'impegno generoso - anche se non sempre compreso - per il bene comune.

Il Sinodo attende anche da questi un contributo forte e concorde per l'integrale promozione umana, che è strettamente connessa con l'evangelizzazione.


8. Carissimi fratelli e sorelle di Vitinia! Di fronte a compiti tanto ardui e non conformi al corrente modo di pensare e di agire, potreste provare un senso di timore e di scoramento. Vi sostenga la certezza che l'amore fedele di Dio e la sua provvidenza vi accompagnano. Il Papa è qui, tra voi, per portarvi la sua parola di incoraggiamento e di sostegno. Ciò che è impossibile agli uomini è possibile a Dio. Coraggio, dunque! Sono lieto di vedervi numerosi a questa celebrazione eucaristica. A tutti rivolgo il mio saluto cordiale, con un particolare pensiero per il signor cardinale vicario e per il vescovo ausiliare del settore, mons. Clemente Riva.

Saluto pure il vostro parroco, don Marino Bruno, con i sacerdoti e il diacono che lo coadiuvano. Una parola di apprezzamento rivolgo pure alle religiose dei due Istituti presenti sul territorio, esortandole a perseverare nella loro testimonianza evangelica e nella collaborazione alle molteplici attività della parrocchia.

Un saluto particolarmente caloroso va, poi, ai laici impegnati negli organismi parrocchiali, nelle associazioni, nei gruppi, nei movimenti. La comunità ha bisogno del vostro apporto generoso per raggiungere un più intenso spirito di solidarietà, grazie al quale affrontare e risolvere i problemi che la angustiano.

Di voi ha bisogno la parrocchia per far risuonare l'annuncio evangelico nei diversi ambienti e farlo giungere anche agli indifferenti e ai lontani. Occorre ritrovare fiducia nella potenza liberatrice della parola di Dio e riproposta al mondo non contando sulle proprie capacità di convincimento ma sulla forza rinnovatrice che da essa si sprigiona.

"Confida sempre in lui, o popolo; davanti a lui effondi il tuo cuore. Il potere appartiene a Dio; tua, Signore, è la grazia" (salmo responsoriale). Si, la grazia di Dio è con voi, carissimi fedeli di Vitinia. Con voi essa rimanga sempre, affinché il regno di Dio e la sua grazia siano in cima ai vostri pensieri e al centro delle vostre anime di discepoli del Signore nella città degli uomini! Amen.

(Al Consiglio pastorale:) Vi ringrazio per la vostra presenza, ma soprattutto per la vostra presenza continua e operativa in questa comunità parrocchiale. Certamente molte assemblee vengono chiamate in questo modo, ma il "Consiglio" ha la sua radice nella struttura dell'agire umano, personale e anche comunitario. E' un atto intellettuale, della conoscenza, che presiede la decisione in quanto la decisione dà un corso all'agire. Intendo così anche il compito del Consiglio pastorale nella vita della parrocchia. Non è un elemento astratto, ma composto dalle persone concrete, rappresentanti della comunità, delle diverse comunità che è la parrocchia e, anche, indirettamente, per quella più grande comunità che è la Chiesa di Roma. Essi cercano, con la riflessione, di preparare le decisioni adeguate alla comunità parrocchiale, per dare impulso alle opere cristiane caratteristiche per una Chiesa, per una parrocchia, anzi per la Chiesa nel mondo, in questo mondo in cui viviamo e in cui vive la vostra parrocchia, in questo ambiente.

Questa piccola analisi, che nasce dall'analisi dell'agire umano, può essere utile per l'orientamento dei vostri impegni e per il consolidamento del vostro gruppo, che è un Consiglio comunitario. E' la comunità che si chiama Consiglio, la comunità scelta tra i parrocchiani, scelta, secondo un criterio speciale, per preparare la specifica attività che costituisce il compito della parrocchia, di questa parrocchia, inserita in questo ambiente, e che porta anche il titolo stupendo del Cuore di Gesù Agonizzante. Vi ringrazio per il vostro impegno, per il vostro apostolato di laici, per la vostra collaborazione con il parroco e vi auguro tutto il bene per le vostre persone e per le vostre famiglie.

Ai Gruppi parrocchiali:) Sarebbe bene forse rivolgere una parola a ogni gruppo secondo la sua specificità, ma penso che se il vostro parroco vi ha invitato tutti insieme ha usato un criterio giusto, perché tutti i gruppi, con le diverse articolazioni, trovano un denominatore comune che è l'apostolato, l'apostolato dei laici, soprattutto. Quasi tutti i presenti sono laici fedeli, "Christifideles Laici", come ci dice l'ultimo documento, l'esortazione post-sinodale, dopo l'ultimo molto importante Sinodo dei vescovi, sull'apostolato dei laici. Se potessi in qualche modo coordinare logicamente queste diverse articolazioni che si presentano con i diversi gruppi comincerei con la preghiera, perché certamente il primo apostolato è sempre la preghiera, che è l'anima dell'apostolato. Preghiera compresa nel senso ancora più pieno, più completo, preghiera come vita interiore, la vita della grazia, la vita spirituale. Secondo la definizione classica è l'anima di tutto l'apostolato, non c'è apostolato senza preghiera, non c'è vita cristiana senza preghiera. Possiamo dire che l'Alfa e l'Omega della vita cristiana è la preghiera. Sul fondamento della preghiera crescono le diverse forme dell'apostolato, dell'impegno cristiano. Alcune incentrate soprattutto sull'essere cristiani, essere cristiani come marito e moglie essere cristiani come sposi, prima ancora essere cristiani come fidanzati.

Questa è una formazione vocazionale.

Per divenire sacerdoti ci vuole una preparazione in seminario che dura sei anni e qualche volta anche di più, specialmente nelle comunità religiose. Per essere sposi, per divenire famiglia attraverso il sacramento del matrimonio, ci vorrebbe una preparazione più completa. Tradizionalmente questa preparazione si affidava alla famiglia, che era la guida della nuova famiglia che si formava. Oggi questo non è più così chiaro, così univoco e per questo deve subentrare la Chiesa, la parrocchia con la sua iniziativa pastorale e apostolica per dare un'articolazione alla formazione al sacramento del matrimonio, alla vita coniugale e familiare. E' un grande sacramento, un sacramento base della vita umana, della vita sociale e della vita ecclesiale e cristiana. Questo è l'apostolato del nostro essere cristiano, ma forse è l'apostolato del nostro agire cristiano.

Possiamo sottolineare questi due orientamenti. L'orientamento catechetico è molto sviluppato in Roma con mia grande soddisfazione, con mia grande gioia, perché vedo che c'è un grande apostolato della catechesi. Sono molti i laici, giovani e adulti, che si impegnano in questo apostolato della Chiesa, un campo importantissimo, specialmente se si prende in considerazione la situazione generale della nostra civiltà contemporanea, molto secolarizzata, un po' priva di elementi cristiani che nel passato facevano da sé catechesi. Oggi è necessaria una catechesi molto più esplicita, tanto più esplicita perché i giovani, cominciando dai bambini, devono affrontare queste realtà che sono diverse, che sono vuote, dove non c'è più la presenza di Dio. Devono essere allora preparate ad avere la presenza di Dio nel loro cuore, nella loro formazione, così che possano vincere la loro sfida con il mondo.

L'altro orientamento, che appartiene alla Chiesa sin dagli inizi, come anche la catechesi, è naturalmente la carità. Non c'è Chiesa senza carità, non c'è cristianesimo senza carità. Io conosco molto bene la situazione nel mio Paese natio, nella mia Patria, dove il sistema marxista ha eliminato tutte le organizzazioni cattoliche di carità, la Caritas, o ha cercato di subordinarle alle istituzioni politiche e governative. In quella situazione si sarebbe potuto dire "Non c'è niente da fare", ma ciò era impossibile, perché la Chiesa non può vivere senza carità. Si sono quindi trovati altri modi, al di fuori di questi organismi tradizionali della Caritas. Si sono trovati diversi modi di fare la carità, anche senza mezzi materiali, perché sappiamo bene che la Caritas è costituita dalla generosità, dalle offerte. Anche questo era vietato. Forse non tanto vietato quanto tassato. Tasse enormi pendevano sui doni devoluti in beneficenza. Dico ciò in base alla mia esperienza passata per confermare che senza carità la Chiesa non può essere viva veramente. Appartiene talmente alla sua natura, alla sua missione, alla sua costituzione, al suo carattere cristologico e pneumatologico, che non sarebbe possibile senza carità. Per questo l'apostolato caritativo è tanto importante dappertutto e deve essere anche molto creativo come è qui che si cercano le strade e i modi per poter fare ancora meglio. Il tema sull'apostolato caritativo e catechistico potrebbe essere ancora discusso a lungo. Sappiamo bene che non solamente nei sistemi oppressivi e totalitari ma anche nei campi di concentramento, in situazioni in cui c'era veramente dura oppressione, la vita cristiana era qualche volta più viva, fiorente. La vita caritativa e catechetica era fiorente perché il lievito evangelico ci è dato da Dio, ci è dato da Cristo per difendere la nostra umanità. Non c'è una difesa più profonda, più completa, più efficace della nostra umanità, che questo lievito evangelico.

Voi tutti portate questo lievito evangelico in voi e cercate di attuarlo, di esplicitarlo e vi auguro di continuare e di coinvolgere altri, di mostrare loro che la vita cristiana è ricca, che non si può essere indifferenti, che si deve dare l'anima, come dice Gesù in molti momenti del Vangelo. Si deve dare se stessi e quando si dà se stessi si trova se stessi. L'indifferenza è anche una auto-perdita, si perde se stessi. Quando si dà se stessi si trova se stessi in Cristo. Questo è il mistero di Cristo. In lui si trova se stessi.

Auguro a tutti una buona Quaresima e una buona Pasqua e auguro alla vostra parrocchia che questi diversi apostolati dei laici siano sempre più fiorenti e sempre più efficaci per cambiare il volto della terra, di questa terra che è il vostro quartiere, la vostra parrocchia.

(Ai giovani:) Ho ascoltato quest'ampia e accurata presentazione sulla vostra partecipazione alla vita della parrocchia, sulla vostra presenza attiva in questa comunità dedicata al mistero di Cristo Agonizzante. Si vede che c'è una presenza ricca, si vede che voi trovate in questa parrocchia lo spazio, o diversi spazi, per essere insieme, per approfondire la vostra fede e anche per costruire più profondamente la vostra personalità umana e cristiana. Quella che ho ascoltato era un'informazione, un'illustrazione di questo impegno giovanile caratteristico della vostra parrocchia. C'era il coro che abbiamo ammirato durante la liturgia eucaristica e anche all'inizio di questo incontro. Ma non vorrei entrare nei dettagli.

Voglio invece dirvi una cosa che è essenziale, centrale per tutto questo. Certamente, i giovani hanno molti interessi e possono orientare la loro ricerca giovanile verso diversi campi, perché l'uomo è un soggetto che cerca e può cercare dappertutto nei diversi campi della vita culturale, della vita sociale, artistica, politica. Ma c'è un elemento che distingue profondamente quella scelta che avete fatto voi tutti e ciascuno di voi, perché non si tratta solamente di una scelta comunitaria, ma di una scelta personale. Questa scelta è stata fatta da voi, ma non solo da voi. Gesù ha detto agli apostoli: "Non voi avete scelto me, io vi ho scelti". Questa è la specificità dell'impegno e dell'apostolato, dell'essere cristiani. Noi, si, scegliamo e seguiamo Cristo, e cerchiamo anche di dare diverse espressioni alla nostra scelta, ma ancora più importante è quella scelta che precede la nostra. lui ci sceglie, lui ci ha scelti. Questa è alla base della nostra scelta. così il nostro impegno cristiano diventa, sin dall'inizio, una comunione. E' un impegno comunionale, un impegno interpersonale, ma ha un carattere profondamente personale, perché coinvolge la nostra persona verso Cristo, coinvolgendo prima la persona di Cristo verso di noi, ciascuno di noi.

Questa è la caratteristica della vita cristiana in genere, cominciando dal Battesimo, dalla prima Comunione fino alla morte. Lui ha scelto noi. Ha scelto tutti, senza nessuna eccezione, senza discriminazioni. Ma non tutti hanno sentito, hanno trovato questa sua scelta indirizzata a lui o a lei. Non tutti hanno risposto. Conosciamo bene quel bellissimo e drammatico momento del Vangelo in cui un giovane va da Cristo e pone la domanda essenziale su cosa si deve fare per avere la vita eterna, ricevendo la risposta. Ma quando ripete la sua domanda e chiede come essere perfetto, Cristo dice: "Devi lasciare tutto quello che hai, seguimi, abbandona tutto e seguimi". In quel momento il giovane non lo ha seguito perché aveva troppi beni a cui era attaccato.

In questo dramma personale di un giovane, si trova un elemento paradigmatico, un modello che può essere imitato in modi diversi. Questo conferma ancora una volta come importante, per le nostre scelte, è la scelta precedente di Cristo. Noi dobbiamo crescere nei diversi impegni dell'apostolato cristiano, della ricerca, degli studi, della creatività artistica, ma soprattutto dobbiamo crescere in questa comunione con Cristo, perché ciò costituisce il nucleo stesso dell'essere cristiani, della crescita come cristiani.

Vi lascio questa risposta alle vostre iniziative, alla vostra presenza tanto numerosa e alle vostre aspettative, perché certamente voi cercate di essere cristiani sempre di più, di seguire Cristo. E trovate già in questa "sequela Christi", la soluzione più completa possibile ai problemi della vostra vita. Che le parole che ho detto vi aiutino a continuare in questa strada con una consapevolezza più profonda. Molti dei giovani qui presenti sono stranieri. Il numero dei presenti è aumentato grazie a questi stranieri, americani e tedeschi.

Ma innanzitutto c'è la parrocchia, la vostra parrocchia. Si vede che la vostra parrocchia è talmente attraente che anche i giovani del Texas vengono qui.

Data: 1990-02-25

Domenica 25 Febbraio 1990


GPII 1990 Insegnamenti - A vescovi brasiliani in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)