GPII 1990 Insegnamenti - Al Centro San Domenico di Bologna - Città del Vaticano (Roma)


1. Dopo circa dieci anni dalla vostra precedente visita nel 1979, ci incontriamo di nuovo per festeggiare il ventennale della fondazione del centro San Domenico di Bologna.

In questi ultimi anni la vostra attività si è notevolmente arricchita e allargata, ottenendo consensi non solo nella Chiesa locale, ma anche nella società civile e in numerosi ambienti culturali sia in Italia che all'estero. Di particolare rilievo, al riguardo, è stata la collaborazione del vostro Centro con l'Università di Bologna e con l'Amministrazione pubblica della città, in occasione delle recenti celebrazioni del IX centenario della fondazione di quell'antichissima Università.

Mentre, pertanto, vi saluto tutti con affetto, desidero esprimere il mio vivo compiacimento per gli obiettivi raggiunti e per l'attività svolta, manifestando altresi la gratitudine della Chiesa per la testimonianza, che date al mondo, della verità del Vangelo.


2. Il vostro Centro è sorto per iniziativa di alcuni laici bolognesi e di un sacerdote domenicano. Pertanto non può non risentire dell'equilibrio e della saggezza caratteristici della spiritualità domenicana e tomistica, la quale, mentre da una parte esalta l'ordine soprannaturale della fede e della divina rivelazione, verso il quale fa convergere tutta l'attività dell'uomo, dall'altra riconosce la dignità e l'autonomia della natura umana e della sua capacità di conoscere e di compiere in questo mondo, tutto quanto è utile e necessario al progresso dell'uomo.

Da qui il carattere "laicale" del Centro San Domenico, che non significa certamente laicismo agnostico e chiuso alla dimensione del Trascendente, ma che esprime al contrario, secondo il profondo insegnamento dell'Aquinate, la sostanziale capacità della ragione umana di cogliere, nonostante le ferite del peccato, le importanti verità concernenti la grandezza e il fine dell'uomo e di elevarsi, partendo dalle creature, alla conoscenza del Creatore. Questa consapevolezza del valore della ragione umana vi consente di aprire e intrattenere un dialogo anche con coloro che, pur non essendo illuminati dalla fede cattolica, sono disposti tuttavia a seguire il cammino della verità, indicato dalla ragione e dalla scienza.


3. Certamente, il compito che state realizzando ormai da anni non è agevole.

Alcune ideologie odierne cercano di mettere in cattiva luce il messaggio di Cristo, screditando agli occhi dei nostri contemporanei la missione della Chiesa e del suo magistero. D'altra parte il vostro intento è precisamente quello di confrontarvi e di dialogare con queste correnti e queste tendenze di pensiero. In tale difficile programma si tratta di applicare con umiltà e coraggio i principi della sapienza cristiana, della quale parla san Paolo e, al suo seguito, il Dottore Angelico: quella superiore e soprannaturale sapienza, ispirata alla verità della fede, che ci porta ad "esaminare ogni cosa, tenendo ciò che è buono" (1Th 5,21).

Questo sapiente discernimento esige da una parte la necessaria fedeltà alla Chiesa e, dall'altra un'autentica capacità di incidere sugli ambienti della cultura e della società di oggi, che vi consenta di realizzare la specifica vostra missione evangelizzatrice e umanizzatrice di discepoli del Signore Gesù Cristo.


4. Con tali sentimenti e voti, mi rallegro ancora con la Famiglia domenicana, e a voi tutti del Centro rinnovo il mio augurio di un'attività sempre più ricca e feconda, generosa e coraggiosa, sapiente e intelligente, da veri amici di san Domenico, che contribuisca allo sviluppo della Chiesa e alla crescita delle speranze di pace e di giustizia per gli uomini del nostro tempo, mentre, di vero cuore, vi benedico tutti, insieme con i soci e le persone care assenti.

Data: 1990-06-16

Sabato 16 Giugno 1990

Omelia del "Corpus Domini" nella Cattedrale - Orvieto (Terni)

Titolo: In tutta la terra la Chiesa vive d'Eucaristia

"Glorifica il Signore, Gerusalemme, loda, Sion, il tuo Dio" (Ps 146,12)!


1. Tutta la Chiesa canta le lodi di Gerusalemme, perché là, nella città santa, Dio ha realizzato ciò che aveva preparato per il popolo eletto e, attraverso il popolo dell'antica alleanza, per tutti gli uomini. Là - nel cenacolo di Gerusalemme - è avvenuto quanto l'apostolo descrive nella prima lettera ai Corinzi: "Il calice della benedizione che noi benediciamo, non è forse comunione con il sangue di Cristo? E il pane che noi spezziamo, non è forse comunione con il corpo di Cristo?" (1Co 10,16).

Davvero! Nel cenacolo di Gerusalemme, la vigilia della sua morte redentrice sulla croce, Gesù Cristo ha compiuto ciò che aveva predetto: "Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io daro è la mia carne per la vita del mondo... Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue dimora in me e io in lui" (Jn 6,51 Jn 6,56).


2. "Chiesa santa, loda il tuo Signore"! Il cenacolo di Gerusalemme - dove fu istituito il santissimo Sacramento: il corpo e il sangue di Cristo sotto le specie del pane e del vino - si è esteso a tutta la Chiesa. Esso è ora presente in ogni luogo, nel quale si raccoglie la comunità cristiana: si tratti di una splendida costruzione architettonica, oppure di una modesta cappella in terra di missione, là è presente il cenacolo.

E dappertutto la Chiesa loda il suo Signore per il dono dell'Eucaristia, per mezzo della quale egli è rimasto con noi: si è fatto cibo degli uomini per la vita eterna. La solennità, che oggi celebriamo, costituisce un'espressione particolare di questa lode.


3. Rivolgo un fraterno saluto al pastore della diocesi, mons. Decio Lucio Grandoni, e lo ringrazio per le cordiali parole che ha voluto rivolgermi a nome di tutti voi. Con lui, intendo salutare i presuli dell'Umbria qui presenti, le autorità intervenute a questa celebrazione, i sacerdoti, i religiosi e le religiose, i malati, associati dalla sofferenza in modo particolare al sacrificio eucaristico, i giovani e voi tutti, carissimi fratelli e sorelle.

Vogliamo esprimere insieme, con questo incontro, la nostra riconoscenza al Signore, nel ricordo del VII centenario della fondazione del duomo della vostra città, del quale il mio predecessore, il Papa Niccolo IV, benedisse la prima pietra, il 13 novembre 1290.

Anche se la sua costruzione non è collegata direttamente alla solennità del "Corpus Domini", istituita dal Papa Urbano IV con la bolla "Transiturus", nel 1264, né al miracolo avvenuto a Bolsena l'anno precedente, è pero indubbio che il mistero eucaristico è qui potentemente evocato dal corporale di Bolsena, per il quale venne appositamente fabbricata la cappella, che ora lo custodisce gelosamente. La città di Orvieto è da allora conosciuta nel mondo intero per tale segno miracoloso, che a tutti ricorda l'amore misericordioso di Dio, fattosi cibo e bevanda di salvezza per l'umanità pellegrina sulla terra. Del culto verso così grande mistero, la vostra città conserva e alimenta l'inestinguibile fiamma.


4. Chiesa di Orvieto, loda il tuo Signore! Siamo di fronte a Cristo realmente presente sotto i veli di semplici e materiali apparenze. Cristo-Pane, Cristo-Vino: vero cibo e vera bevanda per l'uomo che ha fame e sete di infinito. Solo lui, il Cristo, può colmare il bisogno di eternità del cuore umano; solo lui, il Cristo, è totale compimento di ogni sua aspirazione e pegno sicuro di immortalità. Solo Cristo è "la via, la verità e la vita" per quanti mangiano la sua carne e bevono il suo sangue.

Come gli apostoli raccolti nel cenacolo, anche noi, quest'oggi, condividiamo questo pane di vita imperitura, mentre esultanti uniamo la nostra lode a quella dei fedeli di tutta la terra. Sostiamo attoniti, in raccolta adorazione dinanzi al grande mistero della nostra fede e proclamiamo con gioia la nostra riconoscenza per il dono sublime di cui il Redentore ha arricchito la sua Chiesa.


5. Quanto urgente è il bisogno che l'uomo risente di un pane vero! Ma quanto confuse sono le indicazioni che, al riguardo, gli giungono da ogni parte! Accanto a chi pretende di offrirgli un tale pane con l'una o l'altra ideologia, c'è chi vorrebbe addirittura dissuaderlo da simile ricerca, giudicandola inutile e vana.

L'uno o l'altro si trovano, in ogni caso, concordi nel sostenere che l'uomo è chiamato a costruire il proprio destino solo entro l'orizzonte dei valori terreni.

Cristo, invece, ha voluto nascondersi sotto le apparenze del pane e del vino per ricordarci che questo alimento esiste e che, pur situato nello spazio e nel tempo, esso trascende tali dimensioni per attingere l'eterno: "Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno". Solo l'Eucaristia può dunque dare senso pieno e valore autentico all'esistenza. Gesù si è fatto nostro spirituale alimento per proclamare la sovrana dignità dell'uomo, per rivendicarne i diritti e le giuste esigenze, per trasmettergli il segreto della definitiva vittoria sul male e della comunione eterna con Dio.

Così, nella sua suggestiva solennità, l'odierna celebrazione evoca questo messaggio esaltante e ci spinge ad accoglierne l'intimo invito alla conversione e al servizio, all'amore e al perdono. Ci stimola a diventare, con la vita, autentici imitatori di ciò che celebriamo nella liturgia.

Non dimenticatelo mai: il Cristo, che ci nutre sotto le specie consacrate, è lo stesso che ci viene incontro negli avvenimenti quotidiani; è nel povero che tende la mano, è nel sofferente che implora aiuto, è nel fratello che domanda la nostra disponibilità e aspetta la nostra accoglienza. E' nell'uomo: è in ogni essere umano, anche il più piccolo e indifeso.

Profondo mistero di vita! Impenetrabile mistero di amore!


6. Quanti ci nutriamo dello stesso pane "siamo un solo corpo" e di tante persone diverse si forma una sola famiglia. La liturgia del "Corpus Domini" ci ricorda l'impegno di professare nella vita la comune appartenenza allo stesso Signore, giacché tutti ci alimentiamo alla stessa mistica sorgente di vita immortale.

L'Eucaristia nasce dall'amore e serve all'amore, definitivo comandamento della nuova alleanza. Sia tutto ciò davanti ai vostri occhi, cari fratelli e sorelle, perché possiate celebrare adeguatamente il VII centenario della vostra basilica cattedrale.

Vi esorto vivamente a profittare di tale giubilare ricorrenza per favorire l'auspicata crescita della vita cristiana di tutta la diocesi e per operare un effettivo rinnovamento della catechesi, della liturgia e dello spirito missionario e apostolico. Siate sempre memori del peculiare dovere della vostra comunità ecclesiale di testimoniare il culto alla ss.ma Eucaristia e di mostrarne gli effetti nella comunione di sentimenti e di vita.

Affido quest'impegno all'intera vostra diocesi di Orvieto-Todi, due antiche sedi episcopali, riunite oggi sotto la guida di un unico pastore. Vi invito a far confluire i molteplici doni, a voi elargiti dallo Spirito Santo, nell'unità di un solo corpo ecclesiale: sacerdoti, religiosi e laici, stretti intorno a colui che è segno e ministro di comunione, il vescovo diocesano.

Ogni frazione della vostra Chiesa particolare, resistendo alla possibile tentazione dell'individualismo e della divisione, abbia quale propria meta la costruzione, sotto la guida del vescovo, di una Chiesa compatta, solidamente ancorata alla verità e alla carità. E l'Eucaristia, che Gesù vi dona, sia il pane quotidiano di questa indispensabile coesione, il sostegno di questo solidale cammino!


7. Ma "come può costui darci la sua carne da mangiare?" (Jn 6,52).

Così si domandavano i numerosi ascoltatori di Gesù, quel giorno in cui, presso Cafarnao, egli fece la promessa dell'Eucaristia. così si domandavano e disputavano fra loro. Tanti allora abbandonarono Cristo, nonostante fossero stati testimoni del miracolo della moltiplicazione del pane e degli altri segni. Gesù chiese agli apostoli: "Forse anche voi volete andarvene?". Rispose Simon Pietro: "Signore da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna; noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio" (Jn 6,67-69).

In tutta la terra la Chiesa vive d'Eucaristia. In questo sacramento trovano la loro sintesi salvifica tutte le parole della vita eterna. Diventano cibo per le anime e, proprio grazie a questo alimento, l'uomo, peregrinante per i molteplici deserti del tempo, si avvia alla Gerusalemme eterna.

Quando dunque il "corpo mortale si vestirà di immortalità" (1Co 15,53), si manifesterà pienamente la potenza del corpo e del sangue di Cristo. E' vero! Nel corpo e nel sangue di Cristo vi è già l'inizio della gloria e della vita.

Gloria e vita, che saranno la nostra futura eredità. Per sempre! Poiché "l'uomo vivente è la gloria di Dio" (S. Ireneo, "Adversus Haereses" IV, 20,7)". Amen!

Data: 1990-06-17

Domenica 17 Giugno 1990

All'Angelus - Orvieto (Terni)

Titolo: Esemplare tradizione di fiducia e devozione verso la Madonna

Carissimi fratelli e sorelle,


1. Il nostro pensiero si volge ora devotamente, con la recita dell'"Angelus", a Maria santissima. A lei, venerata come Assunta, è dedicata la celebre basilica cattedrale; a lei, sotto il titolo di Annunziata, è consacrata la cattedrale di Todi, ricca di suggestive memorie storiche.

Queste terre, infatti, di antichissima fede cristiana, conservano un'esemplare tradizione di fiducia e di devozione verso la Madonna. Il tempo del lavoro e del riposo è ritmato dall'invocazione a Maria, la cui materna protezione rinfranca gli spiriti e infonde in essi un rinnovato vigore tra le difficoltà dell'esistenza.


2. Quest'intenso affetto per la Madre del Redentore s'esprime nelle chiese, nelle cappelle, nei santuari, disseminati per il territorio della diocesi. Sorti nel corso dei secoli, quali centri di vitalità religiosa e punti di riferimento spirituale per i fedeli, questi luoghi di culto costituiscono eloquenti testimonianze di arte, di storia e di civiltà.

Accanto alla cattedrale e alla concattedrale, che sono da considerare come i principali santuari mariani diocesani, desidero ricordare quelli della Madonna del Campione di Todi, della Madonna della Luce a Collelungo di San Vincenzo e della Madonna della Maestà a Ficulle.


3. Nella vostra diocesi, tuttavia, non ci sono solo santuari mariani. Come non pensare, ad esempio, al famoso santuario eucaristico di Bolsena e a quello dell'Amore misericordioso di Collevalenza? Ho avuto la gioia di visitare quest'ultimo nel 1981 e là, al momento dell'"Angelus", ho ringraziato la Provvidenza divina e ho invocato la misericordia del Padre celeste in relazione al noto evento che tocco la mia persona.

L'Amore misericordioso di Dio non ci abbandona mai: esso agisce anche mediante la vigile intercessione di Maria, soprattutto nei momenti del bisogno e della prova. Non dimentichiamolo mai, sorelle e fratelli carissimi! E ricordiamo anche che la divina Misericordia opera in particolare - come sottolinea l'odierna solennità del "Corpo e del Sangue del Signore" - mediante la sacrosanta umanità di Cristo, a noi donata da colei che gli fu Madre.

(Ad alcuni gruppi presenti:) Saluto ora in modo speciale, voi, cari ammalati e degenti dell'ospedale di S. Maria della Stella. Ad ognuno giunga il mio affettuoso conforto, con un fervido augurio per voi e per le vostre famiglie, per il personale sanitario e per quanti vi assistono. Con la vostra presenza voi ricordate a tutti noi che il dolore è occasione provvidenziale di crescita spirituale, se è accettato ed offerto in comunione con Gesù. La Vergine santa, salute degli infermi, aiuti ciascuno ad accogliere con amore la volontà di Dio, riconoscendo in essa un provvidenziale disegno di misericordia.

Desidero inoltre rivolgere una parola di compiacimento a voi, organizzatori e figuranti del corteo storico che, seguendo una lodevole usanza che dura ormai da alcune decine di anni, avete preso parte alla odierna processione eucaristica. Con la bellezza dei costumi e la dignità del vostro portamento, avete certamente reso ancor più solenne il sacro rito. Vi ringrazio di tutto cuore per la vostra presenza e vi esorto a conservare gelosamente tali tradizioni, che costituiscono una significativa componente del patrimonio della fede popolare.

Mi sia permesso ancora alla fine di esprimere la mia profonda ammirazione per questa vostra preziosa cattedrale di Orvieto, per questo frontone, e per tutto l'edificio sacro, in stile gotico, caratteristico delle terre italiane. Mi ricordo 43 anni fa: era la prima volta che ho potuto ammirare questa basilica e prendere parte alla processione eucaristica, dove si porta il corporale miracoloso. Ero allora un giovane sacerdote, ancora studente, nel 1947, e sono venuto con i miei colleghi del Collegio Belga di Roma, di cui facevo parte come uno degli ecclesiastici. Oggi, dopo 43 anni, debbo per la seconda volta ringraziare profondamente la Provvidenza per tutto questo percorso, per questo itinerario della mia vita, e della mia vocazione, tanto profondamente marcata dal mistero eucaristico. E in questo luogo sacro, davanti a questo santuario, eucaristico e mariano, voglio affidare questo itinerario, fin quando il Signore ci permetterà di continuare.

Data: 1990-06-17

Domenica 17 Giugno 1990

Messaggio al vescovo di Birmingham - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Nel I centenario della morte del cardinale Newman

Al mio caro confratello Maurice Couve de Murville Arcivescovo di Birmingham


1. Approssimandosi il primo Centenario della morte di John Henry Newman, e rispondendo al Tuo cortese invito, mi unisco con gioia alle celebrazioni che segnano questo avvenimento in Inghilterra e in molti altri Paesi del mondo. Il ricordo della nobile vita del grande Cardinale ed i suoi numerosi scritti sembrano toccare le menti e i cuori di molti uomini d'oggi con una freschezza e un'incisività che non sono venute meno col trascorrere di un secolo.

L'anno del Centenario coincide con l'inizio di un periodo di profondo cambiamento della scena mondiale. Questo periodo è iniziato con nuove prospettive di autentica libertà e segni di una rinnovata consapevolezza della necessità di costruire la vita, sia individuale che sociale, sulle solide fondamenta dell'indefettibile rispetto per la persona umana e per gli inalienabili diritti che le vengono da Dio. A tutte le menti speculative, nell'attuale contesto storico, la voce di Newman parla con un messaggio profetico.


2. La lunga vita di Newman ce lo mostra come un ardente discepolo della verità. Lo svolgersi della sua carriera conferma la sincerità dei suoi obbiettivi espressi con le seguenti parole che fece sue: "Il mio desiderio è stato quello di avere la Verità come amica più cara, e nessun nemico eccetto l'errore" (The Via Media, Londra 1911, volume 1, pp. XXII-XIII). Nei momenti di prova e sofferenza egli ha perseverato con fiducia, sapendo che il tempo era a fianco della verità.

Il desiderio di verità di Newman lo ha condotto a cercare una voce che gli parlasse con l'autorità del Cristo vivente. Il suo esempio costituisce un costante appello per tutti gli studiosi ed i discepoli sinceri della verità. Egli li sollecita a continuare a porsi le domande più profonde e più fondamentali sul significato della vita e di tutta la storia umana; a non accontentarsi di una risposta parziale al grande mistero che è l'uomo; ad avere l'onestà intellettuale ed il coraggio morale di accettare la luce della verità, quali che siano i sacrifici personali che ciò comporti. Soprattutto, Newman è una magnifica guida per quanti si rendono conto che la chiave, il punto focale e lo scopo di tutta la storia umana si trovano in Cristo (cfr. GS 10) e, in unione con lui, in quella comunità di fede, speranza e carità che è la sua santa Chiesa, attraverso cui Egli comunica a tutti la verità e la grazia (cfr. LG 8).


3. L'insegnamento di John Henry Newman sull 'importanza della coscienza quale mezzo per acquisire la verità, è strettamente legato a questa chiamata. La sua dottrina sulla coscienza, così come il suo insegnamento in generale, è sottile e completa, e non deve essere eccessivamente semplificata nella sua presentazione.

Egli parte dall'affermazione fondamentale che la coscienza non è semplicemente un senso di proprietà, rispetto di sé o buon gusto, che si forma con la cultura generale, l'educazione e i costumi sociali. Essa invece è l'eco della voce di Dio dentro il cuore dell'uomo, la pulsazione della legge divina che batte dentro ogni persona come un modello di ciò che è giusto e sbagliato, con un' indiscutibile autorità.

La luce interiore della coscienza mette una persona in contatto con la realtà di un Dio personale. In uno dei suoi libri egli scrisse: "La mia natura sente la voce della coscienza come una persona. Quando le obbedisco, mi sento soddisfatto; quando le disobbedisco, provo una afflizione - proprio come ciò che sento quando accontento o dispiaccio qualche amico caro... Un'eco implica una voce; una voce, qualcuno che parla. E' colui che parla che io amo e venero" (Callista, Londra 1910, pp. 314-315).

Inoltre, secondo Newman, l'obbedienza religiosa a questa voce interiore mette una persona in grado di accogliere una rivelazione divina, la conduce da luce a luce e la porta infine alla fede cristiana. "L'obbedienza alla coscienza conduce all'obbedienza al Vangelo, che, invece di essere qualcosa di differente, non è altro che il completamento e la perfezione di quella religione che insegna la coscienza naturale" (Parochial and Plain Sermons, Londra 1908, vol. VIII, pagine 202).


4. Uno dei meriti imperituri del Cardinale Newman, infatti, è la sua battaglia per chiarire e sostenere il principio vitale che la religione rivelata, con il suo contenuto di dottrina e morale, è la depositaria di verità oggettive che possono essere apprese con certezza e a cui è possibile conformarsi con gioia e facilità (cfr. DV 5). Poche persone hanno sostenuto i pieni diritti della coscienza come ha fatto lui; pochi scrittori hanno perorato in modo tanto persuasivo la causa della sua autorità e libertà, eppure egli non ha mai permesso che la minima traccia di soggettività o relativismo inquinasse il suo insegnamento.

Per questa ragione egli insegna che, nonostante la coscienza esista nel cuore umano prima che esso riceva qualsiasi formazione, è tuttavia dovere di un cristiano informarla ed educarla con la guida di un'autorità, al fine di condurla a maturazione e perfezione. Lasciata a se stessa e trascurata, essa può diventare una contraffazione del sacro potere che è, e trasformarsi in una specie di fiducia in sé e di deferenza verso il proprio giudizio soggettivo e personale. Le parole di Newman sono inequivocabili e perennemente valide: "La coscienza ha i suoi diritti perché ha i suoi doveri" (Difficulties felt by Anglicans, Londra 1910, Vol. II, p. 250).


5. Seguendo la luce della sua coscienza, Newman ha percorso un itinerario di fede che ha descritto con forza e chiarezza nelle sue opere. Dopo aver trascorso la prima metà della sua vita in generoso servizio alla Chiesa d'Inghilterra, che amava profondamente, egli spese la seconda metà al servizio della Chiesa cattolica, manifestando una uguale sincerità e una ferma lealtà. I pensieri e le convinzioni che furono alla base della sua conversione trovarono le proprie radici ed ispirazione negli scritti dei Padri della Chiesa, che sono patrimonio comune di tutti i cristiani. Ho spesso sottolineato che occorre che i cristiani riscoprano insieme il loro comune retaggio di fede se vogliamo la reintegrazione dei seguaci di Cristo in quell'unità per cui Lui pregava. Questo è un processo che può essere notevolmente promosso guardando con attenzione all'opera di Newman.

Era una sua caratteristica essere fermamente fedele alla verità una volta afferrata, sempre pronto a sviluppare ed approfondire la sua comprensione del deposito della fede. Si può aggiungere, inoltre, che egli combinava la fedeltà alla verità con un atteggiamento di rispetto e ricettività nei confronti delle idee e della testimonianza di coloro da cui dissentiva. Con la sua persona e con il suo lavoro, quindi, il Cardinale Newman illumina il cammino ecumenico che intraprendiamo in obbedienza alla volontà di Cristo (cfr. Jn 17,21). La sua vita e la sua testimonianza ci forniscono oggi una risorsa vitale per comprendere e far progredire il movimento ecumenico che si è sviluppato così fortemente nel secolo successivo alla sua morte.


6. E' mia fervida speranza che il presente Centenario susciti, nelle menti di tante persone che anelano alla verità e all'autentica libertà, una rinnovata consapevolezza delle lezioni che possono essere tratte dalla vita e dagli scritti di questo eminente inglese, sacerdote e Cardinale. Un uomo di tale coerente lealtà e sincerità non può fare a meno di ispirare e di attrarre molti altri verso l'ideale che egli fedelmente serviva. Non tutti erano d'accordo con le gravi decisioni che prese o con i principi religiosi che difendeva, ma tutti immancabilmente hanno testimoniato dell'influenza spirituale che il suo esempio esercitava sugli altri. Alcuni lo chiamavano a loro guida lungo il cammino della santità; altri restavano meravigliati dalla forza silenziosa dei suoi modi umili e schivi; altri ancora trovarono conforto e pace nella sua semplice esposizione della verità; mentre tutti erano colpiti dalla sua vita di costante preghiera e studio, e dalla sua familiarità nella fede con le "cose di lassù" (Col 3,1).

Da allora fino ai nostri giorni, Newman resta per molti un punto di riferimento in un mondo inquieto. Guardano a lui come a un uomo di grande talento naturale, che ha messo ogni goccia di questo talento al servizio di Dio e della Chiesa. La sua vita esemplare, scevra di ipocrisia e di ambizione, ma impregnata in devota comunione con l'Invisibile, restando aperta ai problemi del suo tempo nella Chiesa e nella società, continua ad ispirare, ad elevare e ad illuminare.

Possano le celebrazioni del Centenario tradursi in grazia abbondante e vigore spirituale per la Chiesa in Inghilterra, per la tua Arcidiocesi e per i membri della Congregazione Inglese dell'Oratorio di San Filippo Neri, fondata da John Henry Newman.

Infine, colgo l'occasione per mandare i miei saluti e la mia Benedizione Apostolica a tutti gli Amici del Cardinale Newman di tutto il mondo.

(Traduzione dall'inglese)

Data: 1990-06-18

Lunedi 18 Giugno 1990

A funzionari dell'ONU - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Un compito essenziale per la pace nel mondo

Signore e signori.

Sono lieto di accogliere gli illustri funzionari dell'Organizzazione delle Nazioni Unite e le sue Agenzie collegate che stanno prendendo parte al Meeting Inter-Agenzie su ordinamenti, documentazioni e pubblicazioni della lingua, che si tiene questa settimana a Roma. E' mia speranza che questa riunione vi aiuterà nel vostro importante lavoro di coordinazione delle comunicazioni e di collaborazione tra le varie organizzazioni specializzate all'interno del sistema delle Nazioni Unite. Grazie alla vostra esperienza nel trattare gli aspetti tecnici delle comunicazioni tra persone di diversa lingua e retroterra culturale, siete bene consapevoli della pazienza e della perseveranza che il dialogo autentico richiede. Dal tempo della sua fondazione, nei luoghi che avevano subito le conseguenze della seconda guerra mondiale e durante tutto il periodo della storia segnato da un conflitto mondiale senza precedenti, l'Organizzazione delle Nazioni Unite ha pazientemente cercato di costruire canali per una comunicazione e un dialogo reali all'interno della comunità internazionale.

Oggi, in un periodo in cui le realtà geopolitiche cambiano rapidamente, questo compito rimane essenziale per lo sviluppo di quella nuova solidarietà tra le nazioni e tra i popoli, basato sul rispetto senza riserve per la dignità e per i diritti fondamentali della persona umana, che può provvedere alla fondazione morale e alla sicura garanzia di una pace giusta e durevole nel nostro mondo.

Signore e signori: alla vostra presenza ancora una volta esprimo la speranza che "l'Organizzazione delle Nazioni Unite, per il suo carattere universale, non cessi mai di essere quel "forum", quell'alta tribuna, dalla quale si valutano, nella verità e nella giustizia, tutti i problemi degli uomini" (Discorso all'ONU, 2 ottobre 1979, n. 7). Mentre voi cercate di cooperare in questa nobile iniziativa, contribuendo con la vostra esperienza tecnica, vi assicuro che la Chiesa guarda alle Nazioni Unite con fiducia e sostegno, e con la grande speranza che esse giocheranno un ruolo sempre più efficace nello sviluppo di una civiltà di pace e di rispetto per i diritti umani ovunque nel mondo.

Su tutti voi e su questa settimana di deliberazioni invoco le abbondanti benedizioni dell'Altissimo.

Data: 1990-06-18

Lunedi 18 Giugno 1990



Ai membri della "Riunione delle opere per l'aiuto alle Chiese orientali" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: "Fatevi portatori del mio appello alla pace e alla giustizia"

Cari membri e amici della "Riunione delle Opere per l'aiuto alle Chiese Orientali"!


1. Mentre do a tutti voi il mio cordiale benvenuto, saluto in particolare il signor card. D. Simon Lourdusamy, prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali e presidente della Riunione delle Opere per l'aiuto alle Chiese Orientali (ROACO), il quale è stato recentemente mio inviato speciale in Lussemburgo, per le solenni celebrazioni di chiusura dell'anno giubilare, in occasione del 1250° anniversario della morte di san Willibrordo, che si sono tenute recentemente a Echternach. Il card. Lourdusamy si recherà fra breve pure in Terra Santa per presiedere, come rappresentante della Santa Sede, in occasione della solennità dei santi Pietro e Paolo, all'inaugurazione del Memoriale di san Pietro, realizzato dalla Custodia di Terra Santa a Cafarnao, sul luogo della "Domus Petri".

Tali eventi sono importanti perché dicono con quanta trepidazione la Chiesa segue le sorti di quella Terra santificata dalla presenza del Signore e divenuta, in un certo senso, il patrimonio spirituale dei cristiani di tutto il mondo, i quali desiderano non solo visitarne i santuari e i luoghi santi, ma anche sostenere la comunità cristiana che vive in quella regione. Si tratta di una comunità che nel corso dei secoli ha subito numerose prove e dolorose vicissitudini che l'hanno resa debole e perciò bisognosa dell'aiuto morale e materiale. Aiuto che essi ben meritano perché partecipano alle sofferenze di Cristo e onorano il loro nome di cristiani con la testimonianza di una fede viva e di una povertà vissuta secondo lo spirito del Vangelo. Ma affinché quella comunità cristiana possa sopravvivere è necessario che i cristiani di tutto il mondo si mostrino generosi e facciano sentire il calore della loro solidarietà.


2. Per quanto riguarda poi la situazione, che si è venuta a creare in questi ultimi tempi in Terra Santa, specialmente a Gerusalemme, ho recentemente invitato tutti i cattolici ad avere a cuore le sorti di quelle popolazioni, e ad essere loro uniti sia nella comune "ricerca di soluzioni ispirate alla giustizia e al rispetto dei diritti umani", sia nella preghiera perché il Signore dia pace a quella città che è santa per eccellenza, e cara a tutte e tre le religioni monoteistiche.

Anche voi fatevi portatori di questo mio appello alla pace e alla giustizia in Terra Santa, nel pieno rispetto dei diritti di ogni persona e di ogni comunità. Fate della Terra di Gesù il centro delle vostre attività caritative, ben consapevoli che accanto alla "storia della salvezza" esiste anche la "geografia della salvezza".

Quanto al martoriato Libano, terra spesso ricordata nella Sacra Scrittura e visitata da Gesù, terra che anch'io desidero visitare, so che contribuite con la vostra opera a lenire le molteplici sofferenze di quella nobile Nazione, e a far si che il Libano possa ritornare ad essere "fedele alla sua vocazione storica di terra di dialogo e di convivenza tra culture e religioni diverse" (Messaggio del 25 maggio 1990, n. 4).


3. Non posso non accennare poi all'Europa orientale, a cui rivolgete pure la vostra azione caritatevole. Nutro fiducia che i recenti rivolgimenti ivi avvenuti servano a ridare dignità a ogni persona e a favorire la libera professione della propria fede. Fate vostri i voti dei presuli che si sono radunati all'inizio di questo mese in Vaticano per preparare l'Assemblea speciale del Sinodo dei vescovi europei. A conclusione di quell'assise, essi si sono rivolti, con un messaggio, "a tutta la Chiesa perché nell'orazione e nella penitenza, per intercessione di Maria, sia impetrata da Dio, Padre, Figlio e Spirito Santo, Signore della storia, la fedeltà alla verità, il discernimento dei segni dei tempi e la comunione nell'unità della fede, della carità e della speranza teologale e umana attraverso il corso delle vicende terrene".


4. Nel ricordare le impressionanti testimonianze di innumerevoli martiri e confessori della fede cristiana dei nostri tempi, specie nell'Europa orientale, vi esorto a continuare ad aiutare quei fratelli nella crescita della propria fede e della propria identità cristiana e storica.

In questo nobile impegno, per il quale ancora una volta vi ringrazio di tutto cuore, vi soccorra la Beata Vergine e vi assistano con la loro intercessione tutti i santi, mentre vi imparto la mia benedizione apostolica.

Data: 1990-06-21


GPII 1990 Insegnamenti - Al Centro San Domenico di Bologna - Città del Vaticano (Roma)