GPII 1990 Insegnamenti - L'omelia nella solennità dei santi Pietro e Paolo - Città del Vaticano (Roma)


2. Simon Pietro era un uomo coraggioso. Almeno credeva di esserlo. Era disposto a gettarsi in mare per incontrare Cristo, era disposto, per difenderlo, a colpire Malco nel Getsemani. Aveva detto al Maestro: "Anche se tutti si scandalizzassero di te, io non mi scandalizzero mai" (Mt 26,33). Avvertiva certamente gli impulsi del coraggio, ma più di una volta è rimasto deluso di se stesso perché tali impulsi, pur generosi, risultavano insufficienti. Ciò è emerso in modo più chiaro proprio la notte in cui Gesù è stato arrestato e tradotto davanti al tribunale.

Là, nel cortile del sommo sacerdote, Pietro ha dovuto purtroppo prendere atto con dolore di non essere ancora libero dalla paura, e da una paura tanto meschina.

Eppure il Signore lo ha liberato. Gli Atti degli apostoli ci raccontano che Pietro già quando si trovava nella prigione di Erode avrebbe potuto essere condannato a morte, ma la potenza di Dio lo ha preservato "dalla bocca del leone", poiché davanti a lui era tracciata una lunga via di servizio apostolico: a Gerusalemme, ad Antiochia, a Roma.


3. Tuttavia non è questa la più grande paura di Simon Pietro da cui fu liberato, qui non tocchiamo ancora quella che è stata la sua più grande "liberazione".

Rivelo di essere posseduto da una particolare forza dello spirito, Simone figlio di Giona, quando unico tra i Dodici, nei pressi di Cesarea di Filippo, rispose a Cristo: "Tu sei il Cristo, il Figlio di Dio vivente" (Mt 16,16).

"Tu sei il Cristo"... Subito dopo, Cristo annunzio la sua passione e la sua morte di croce, quasi a voler spiegare il significato del suo essere "Messia" e della sua peculiare missione. Pietro si oppose: non lo voleva accettare.

Certamente non voleva perché amava il suo Maestro, ma innanzitutto perché non poteva accettare un Messia crocifisso, tanto radicalmente opposto all'immagine che di lui si era costruita dentro di sé. "Il Figlio del Dio vivente", condannato a morte, crocifisso, rappresentava una visione del Messia che andava al di là del suo modo di pensare: al di là del coraggio della sua fede. Come nel cortile del sommo sacerdote, questo coraggio gli è venuto meno anche più tardi.

Ma dopo che Cristo risorto ha perdonato a Pietro il suo triplice rinnegamento, lo vediamo e lo ascoltiamo il giorno di Pentecoste a Gerusalemme liberato ormai dalla più grande paura della sua vita. Il Signore l'ha liberato. Da allora in poi la paura umana della morte, sia a Gerusalemme al tempo di Erode, sia a Roma al tempo di Nerone, non rappresenterà più un pericolo per l'apostolo. Ha ormai ottenuto la grazia della fortezza che supera ogni timore umano: "né la carne né il sangue te l'hanno rivelato, ma il Padre mio che sta nei cieli" (Mt 16,17).


4. Paolo di Tarso scrive così nella lettera a Timoteo: "Il Signore... mi è stato vicino e mi ha dato forza" (2Tm 4,17). Tutti conosciamo la storia della sua conversione; sappiamo quanto avvenne, come poi il Signore gli sia stato vicino e gli abbia dato forza, perché mediante la sua opera si portasse a compimento l'annuncio del Vangelo destinato a essere ascoltato da tutti i Gentili.

Sappiamo come questo sia avvenuto. Conosciamo in ogni dettaglio, l'evento che ebbe luogo alle porte di Damasco. Saulo era certamente un uomo coraggioso e deciso. Andava fino in fondo, seguendo le sue convinzioni: ardimentoso e sicuro di sé, in modo del tutto diverso da Pietro. Ma anche questa sua sicurezza fu vinta, sia pure in modo differente, dal Signore, dal Cristo crocifisso e risorto, che Saulo "perseguitava" nei suoi discepoli e seguaci. Un timore diverso prese la sua anima, un timore salvifico.

Veramente "è terribile cadere nelle mani del Dio vivente!". E' "terribile" e insieme sorgente di salvezza.

Nella sua vita di apostolo, in seguito, non sono mancate angosce, paure e pericoli, ma da ogni timore Paolo è stato liberato. è stato liberato anche dall'ultima paura di cui egli parla nella lettera a Timoteo: "Il mio sangue sta per essere sparso in libagione ed è giunto il momento di sciogliere le vele" (2Tm 4,6).

Ormai è libero e va incontro a Cristo: "Ora mi resta solo la corona di giustizia che il Signore, giusto giudice, mi consegnerà... e non soltanto a me, ma anche a tutti coloro che attendono con amore la sua manifestazione".


5. Sono particolarmente lieto di salutare la Delegazione guidata dal metropolita Bartolomeo di Calcedonia, qui inviata dall'amato fratello, il patriarca ecumenico Dimitrios I, in occasione della festa dei santi apostoli Pietro e Paolo. La vostra presenza, amatissimi fratelli, dimostra ancora una volta quanto sia grande il comune anelito delle nostre due Chiese per la ricomposizione della piena unità.

Auspico di cuore che tale impegno ecumenico si approfondisca sempre più e possa condurci al giorno tanto atteso, nel quale potremo finalmente lodare il Signore con una sola voce e celebrare insieme l'Eucaristia.

Altro motivo di gioia è la presenza dei nuovi metropoliti, venuti da varie parti del mondo, per ricevere il pallio, proprio qui, presso la tomba dell'apostolo Pietro. Il pallio, com'è noto, è simbolo di una speciale comunione con la Sede Apostolica. E' titolo di onore ma anche richiamo a un'autentica fedeltà al successore di Pietro, a una generosa dedizione pastorale per la crescita della Chiesa e la salvezza delle anime.

Che il vostro amore a Cristo e alla sua Chiesa non venga mai meno e possiate così essere sempre pronti ad affrontare ogni prova, seguendo l'esempio luminoso dei principi degli apostoli.


6. La Chiesa che è in Roma, insieme ai cristiani disseminati in tanti luoghi della terra, si reca oggi in spirituale pellegrinaggio ai luoghi del martirio e della morte degli apostoli Pietro e Paolo, definitiva testimonianza da essi resa a Cristo crocifisso e risorto. Testimonianza resa al cospetto dell'Urbe e dell'Orbe.

La Chiesa è in pellegrinaggio, è in cammino verso la definitiva liberazione dal timore, da ogni timore, verso l'intrepida potenza che agli uomini deboli è comunicata dall'Amore. "L'amore perfetto scaccia il timore" (1Jn 4,18).

La Chiesa accorre oggi presso le tombe degli apostoli, accorre presso i santi Pietro e Paolo per ottenere la potenza che scaturisce dall'Amore, per ricevere la fortezza in tutta la sua esistenza terrena: la fortezza del nascere e del morire.

La potenza che sostiene tutta la debolezza umana della Chiesa! La potenza della Pietra, la potenza di Cristo crocifisso e risorto contro cui le porte degli inferi non prevarranno. Amen.

Data: 1990-06-29

Venerdi 29 Giugno 1990

All'"Angelus" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Vivere pienamente la fede cristiana testimoniata dagli apostoli

Cari fratelli e sorelle,


1. Ricorre oggi la solennità dei santi apostoli Pietro e Paolo, patroni principali di questa città di Roma. Essa ci riconduce col pensiero alle origini della Chiesa romana, che si gloria di avere avuto nel suo nascere la splendida testimonianza di fede, sigillata col proprio sangue, di Pietro, che confesso il Cristo sulla croce, e di Paolo, che non temette di affrontare il martirio della spada. Le parole di Pietro al Maestro divino: "Signore, noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio" (Jn 6,69) e quelle di Paolo, lasciateci come testamento: "Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la corsa, ho conservato la fede" (2Tm 4,7), ci accompagnino e ci illuminino in questo giorno, consacrato alla memoria di questi grandi maestri, sui quali poggia la nostra fede.


2. Nella celebrazione eucaristica, che si è svolta poco fa nella basilica di San Pietro, ho avuto la gioia di imporre il pallio ad alcuni arcivescovi metropoliti, provenienti da varie parti del mondo. Valga anche tale simbolo ad accrescere e consolidare i legami di profonda comunione con la Sede di Pietro e con il suo successore; sia esso di stimolo per un più generoso spirito di servizio alle anime, affidate al loro zelo pastorale.

Nella stessa liturgia ho avuto pure il piacere di salutare i Membri della Delegazione ortodossa, guidata dal metropolita Bartolomeo di Calcedonia, venuti a Roma, a nome del patriarca ecumenico, il carissimo fratello Dimitrios I, per partecipare alla festa dei santi Pietro e Paolo.


3. Vi invito a pregare per tutte queste intenzioni e, in modo particolare, per la città di Roma, per il suo benessere spirituale e materiale: la grazia divina sostenga tutto il popolo romano, a me tanto caro, perché viva in pienezza la fede cristiana, predicata e testimoniata con intrepido ardore dai santi Pietro e Paolo.

Ci assista anche la Vergine santissima, Regina degli apostoli.

Data: 1990-06-29

Venerdi 29 Giugno 1990

Omelia durante la Messa - Pontificio Collegio Lituano (Roma)

Titolo: "Gesù abbrevi i giorni della dura prova"




1. "Quanti siamo stati battezzati in Cristo Gesù, siamo stati battezzati nella sua morte... siamo dunque stati sepolti insieme con lui nella morte, perché come Cristo fu risuscitato dai morti... così anche noi possiamo camminare in una vita nuova" (Rm 6,3).

Tre anni or sono abbiamo celebrato un grande anniversario: i 600 anni del Battesimo della Lituania. Esso è stato celebrato in Lituania insieme con tutti i credenti di quella nazione; ma è stato celebrato anche "ad limina Apostolorum" nella basilica di San Pietro. Alla Chiesa che è in Lituania si è unita nella celebrazione di questo grande anniversario non solo Roma, ma tutte le Chiese, specialmente quelle del continente europeo.

In questo giorno commovente ci è stato dato di unire alla dinastia spirituale di san Casimiro, patrono della Lituania, un nuovo beato: Giorgio Matulaitis, l'arcivescovo restauratore della Congregazione dei Mariani.

E quanti altri testimoni della croce e della risurrezione di Cristo in virtù del proprio martirio si dovrebbero ancora associare! Ci sono tanti "santi", i cui nomi soltanto Dio conosce e che rimangono ignoti ai fedeli.


2. In Lituania c'è un luogo unico e particolare. Il colle delle croci. Un bosco di croci, grandi e piccole, cresce su questo colle. Non si è riusciti ad estirparle.

Crescono sempre di nuovo. Oggi crescono particolarmente numerose.

Di recente il card. Vincenzo Sladkevicaius con tutti i vescovi e con una moltitudine di fedeli, convenuti nella cattedrale di Vilnius per commemorare le vicende dolorose di questo luogo santo, hanno implorato Gesù crocifisso, affinché abbrevi i giorni della dura prova, a cui il popolo credente lituano continua ad essere sottoposto.

Possa il Signore concedere loro questa grazia, assicurando la vittoria della croce.

La croce è diventata il segno particolare dei Lituani: delle persone, delle famiglie, delle comunità e di tutta la società. La croce ci fa ricordare la morte di Cristo e la nostra redenzione. Per questo la croce è unita strettamente al mistero del battesimo, come afferma san Paolo.

Sulla soglia della nostra vita siamo immersi insieme con Cristo nella sua morte. Sei secoli fa i vostri antenati furono immersi per mezzo del battesimo nella morte redentrice di Cristo. E questo battesimo-immersione nella morte è vivificante: insieme con Cristo entriamo nella nuova vita. Questa vita ha origine nella sua risurrezione.

Il popolo che con tanta costanza e così fervorosamente si reca in pellegrinaggio su quel colle per piantarvi le croci, è lo stesso popolo che crede nella vita! "Beato il popolo che ti sa acclamare e cammina, o Signore, alla luce del tuo volto" (Ps 89,16).


3. Celebrando il sacrificio di Cristo, ci uniamo oggi al mistero pasquale del nostro Redentore. In questo sacrificio eucaristico ritroviamo tutta l'eredità della croce e della risurrezione di Cristo. Desideriamo quindi al "grido forte" del nostro Redentore associare la voce di tutti i nostri fratelli e sorelle in Lituania e fuori delle sue frontiere.

Il Signore ha già concesso alla Lituania una grande grazia per il fatto che la voce di questa piccola, ma nobile Nazione, è in grado di farsi sentire dappertutto. Imploriamo il Crocifisso perché i cattolici lituani, in mezzo alle altre comunità ecclesiali dell'Europa centrale, possano vivere in serenità e pace; perché i giovani accettino di seguire Gesù sulla Via crucis, disposti a servire la Chiesa sia nel ministero sacerdotale, sia in quello laicale.

(Omissis: conclusione in lingua lituana)

Data: 1990-07-01

Domenica 1 Luglio 1990

All'Angelus - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Formare i sacerdoti a una fede eucaristica viva

Carissimi fratelli e sorelle.


1. Quando nell'"Angelus" diciamo: "E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi", ricordiamo il mistero centrale dell'incarnazione, che in modo del tutto particolare, sacramentale, continua nell'Eucaristia. In ogni celebrazione eucaristica il Verbo, fatto carne, si rende presente in mezzo a noi.

L'importanza essenziale dell'Eucaristia per la vita della Chiesa ci fa comprendere il ruolo insostituibile del ministero sacerdotale. Senza sacerdote non vi può essere offerta eucaristica. Per questo il Concilio Vaticano II afferma che nella celebrazione del mistero eucaristico i sacerdoti esercitano la loro funzione principale. Essi, nella loro qualità di ministri delle cose sacre, sono soprattutto ministri del sacrificio della Messa. L'Eucaristia costituisce il culmine della vita sacramentale della Chiesa. Essa è pure il sacramento che esercita il più grande influsso sulla vita ordinaria del cristiano.


2. Coloro che accedono al sacerdozio ministeriale devono essere formati in modo speciale al ministero eucaristico. Nella prospettiva del Sinodo, che tratterà tutti gli aspetti della formazione sacerdotale, è doveroso sottolinearlo.

I candidati all'ordinazione devono, anzitutto, essere formati a una fede molto viva nell'Eucaristia. Al momento del primo annuncio di questo sacramento, Gesù chiese ai suoi apostoli - ossia a coloro che sarebbero stati i primi ad esercitare il ministero sacerdotale - un atto di fede nell'Eucaristia. Fu Pietro che, a nome dei Dodici, fece la professione di fede. Da ciò emerge che, quale responsabile della celebrazione eucaristica nella Chiesa, il sacerdote deve essere animato da una fede vigorosa nell'offerta sacramentale del Cristo, nel dono che egli fa del suo corpo e del suo sangue mediante la comunione, e nella sua presenza eucaristica permanente che i cristiani sono invitati ad adorare.


3. Converrà pertanto che i seminaristi partecipino ogni giorno alla celebrazione eucaristica, di modo che, in seguito, assumano come regola della loro vita sacerdotale questa celebrazione quotidiana. Essi saranno inoltre educati a considerare la celebrazione eucaristica come il momento essenziale della loro giornata, al quale s'abitueranno a partecipare attivamente, mai accontentandosi di un'assistenza soltanto abitudinaria.

Infine, i candidati al sacerdozio saranno formati alle intime disposizioni che l'Eucaristia promuove: la riconoscenza per i benefici ricevuti dall'alto, poiché Eucaristia significa azione di grazie; l'atteggiamento oblativo che li spinge ad unire all'offerta eucaristica di Cristo la propria offerta personale; la carità nutrita da un sacramento che è segno di unità e di condivisione; il desiderio di contemplazione e di adorazione davanti a Cristo realmente presente sotto le specie eucaristiche.

Preghiamo la Vergine Maria perché interceda presso il Figlio, al fine di ottenere numerosi e ardenti ministri dell'Eucaristia.

Data: 1990-07-01

Domenica 1 Luglio 1990

Alle autorità - Piazzale della Madonna delle Grazie - Benevento

Titolo: Oggi il mondo ha bisogno più che mai della novità del Vangelo

Signor ministro, signor sindaco, fratelli e sorelle, Beneventani tutti!


1. Oggi la città di Benevento celebra la Festa della Madonna delle Grazie. Sono lieto di essere qui con voi, per unirmi alla vostra esultanza nel rendere grazie a colei che ha dato al mondo Gesù, nostro Salvatore. Nel nome santo di Maria, dunque, desidero avviare questa visita, che mi auguro possa suscitare generosi propositi di bene in quanti guardano a lei con fiducia e amore di figli. Ringrazio il signor sindaco per il caloroso indirizzo di omaggio che ha voluto rivolgermi a nome dell'intera popolazione. Ringrazio pure il signor ministro, che mi ha gentilmente recato il benvenuto del Governo italiano.

Ringrazio, infine, e saluto tutti voi, cittadini residenti nel capoluogo, e voi, fratelli e sorelle convenuti anche da altre diocesi della metropolia. Il reciproco desiderio di questo incontro oggi finalmente si attua. Vengo tra voi come pastore universale della Chiesa, come successore di Pietro, che ha il compito specifico di confermare tutti i fratelli nella fede.

Benevento! E' città legata per secoli al papato da molteplici vincoli di carattere religioso e civile, che affondano le radici nella storia. Dall'alto ho potuto ammirare la verde conca in cui sorge la vostra bella città, circondata da monti e da boschi. All'interno della Regione campana, nel cuore del Sannio storico, Benevento, lungi dal chiudersi in se stessa, è rimasta sempre aperta e disponibile ai contatti con le altre popolazioni della penisola e anche con le genti al di là del mare: la grande via romana - la "regina viarum" - che passava da qui, apriva le porte verso l'Oriente. Città di duchi e di signori, con i suoi monumenti essa ricorda la grandezza civile e religiosa che l'ha distinta nei secoli.

Il suo è un nome augurale, che le fu dato dalla Roma pagana in sostituzione di "Maleventum"; ma il vigore più vero le è venuto dalla nuova Roma, quella cristiana, che le ha trasmesso la "buona novella" del Vangelo. Città di Benevento, io auspico che il tuo passato di rinomanza civile e di impegno religioso divenga ancora, per quanti oggi ti abitano, forza propulsiva per costruire un avvenire di autentico progresso!


2. La fede nel Salvatore Gesù, carissimi fratelli e sorelle, vi è giunta fin dagli albori dell'evangelizzazione in Italia, dando vita in questa vostra terra ad un fervente nucleo cristiano. Come non ricordare che il primo vescovo storicamente accertato della vostra città fu un santo conosciuto in tutto il mondo, quel san Gennaro, principale protettore di Napoli, che verso il sangue nel corso della tremenda persecuzione di Diocleziano? Accanto a lui e dopo di lui altri martiri e santi vennero a illustrare con la loro vita questa terra generosa.

Nel corso del medioevo Benevento fu per mezzo millennio capitale di un ducato. Fu soprattutto con Arechi I che il processo di evangelizzazione acquisto forza e si estese in breve tempo nel territorio circostante. Sorsero allora le grandi opere sacre: la bella cattedrale, dedicata alla Vergine Regina, l'abbazia benedettina con la chiesa di Santa Sofia e l'artistico chiostro, le numerose chiese e cappelle che ancor oggi s'incontrano nei vari rioni. La diocesi sali al grado di metropolia, e i legami col papato divennero così stretti che furono gli stessi beneventani a giurare fedeltà alla Chiesa e al pontefice. Fu così che per alcuni secoli Benevento fece parte integrante dello Stato Pontificio.


3. Questa vostra terra ha dato i natali a tre Papi. Il primo, san Felice IV, visse nel VI secolo, il secolo della grande fioritura benedettina. Ci fu poi, verso la fine del secolo XI, l'abate di Montecassino Desiderio, nato a Benevento, che divenne papa col nome di Vittore III ed è venerato col titolo di beato. Un secolo dopo, un altro beneventano, Alberto de Morra, giunse al soglio pontificio assumendo il nome di Gregorio VIII; il suo fu uno dei pontificati più brevi. Ma tra i figli illustri di Benevento non posso non ricordare anche prelati come mons.

Gioacchino Pedicini, esimio sacerdote e maestro di vita sacerdotale e laicale e famosi cardinali, tra i quali il card. Pietro Parente, insigne teologo e fedele servitore della Chiesa, ed il carissimo card. Giuseppe Caprio, che è qui presente con noi. Approfitto di questa circostanza per ringraziare il vostro concittadino, il card. Caprio, per tutto ciò che ha fatto nei diversi uffici e nei diversi ministeri della Chiesa universale e della Santa Sede, specialmente durante i quasi dodici anni del mio ministero petrino, essendo egli sempre stato vicino al Papa, facendo il suo dovere con quel sorriso che lo distingue e in cui forse troviamo qualcosa del genio beneventano che è proprio della vostra città e della vostra terra.


4. Cari fratelli e sorelle, queste memorie non debbono restare per voi semplici glorie del passato, ma essere come uno stimolo per il presente e per l'avvenire.

Nulla di serio e di duraturo si può costruire, senza tener conto delle concrete lezioni di vita vissuta che ci vengono dall'esperienza di coloro che ci hanno preceduto.

Beneventani, io vi invito caldamente a trarre ispirazione dal ricco patrimonio della vostra storia civile e religiosa per ricavarne opportune indicazioni per il vostro impegno di uomini e di cristiani. Confortati dalle testimonianze di coerenza dei vostri avi, voi potrete proiettarvi in avanti e spingere il vostro sguardo lontano.

Su questa vostra terra si è fatto sentire più volte il terremoto - e vidi anch'io gli effetti disastrosi di quello di dieci anni fa - e anche il flagello della guerra vi è passato a diverse riprese nel corso dei secoli. Perfino nella struttura del vostro antichissimo duomo l'ultimo conflitto ha lasciato il segno. Ma oggi esso è risorto, insieme con la città, ed è merito vostro, cari cittadini e fedeli! perciò vi dico: Non arrendetevi mai, non incrociate le braccia, perché l'opera di ricostruzione non è finita. Essa deve ricominciare a ogni nuova generazione.


5. Oggi nel mondo, e specialmente nel nostro Occidente, si avverte la necessità di "riedificare" nelle sue componenti essenziali una civiltà veramente degna dell'uomo. Le sperequazioni economiche, che ancora sussistono e a volte s'aggravano, sono un sintomo di carenze più profonde che toccano l'ambito spirituale. Ideologie materialistiche, da una parte, e permissivismo morale, dall'altra, hanno indotto molti a credere nella possibilità di costruire una società nuova e migliore escludendo Dio ed eliminando ogni riferimento ai valori trascendenti. L'esperienza, pero, fa toccare con mano che, senza Dio, la società si disumanizza e l'uomo viene privato della sua ricchezza più grande. Tanto più umano sarà il futuro del mondo quanto più vicini saranno gli uomini al loro Creatore e Redentore.

Nel solco delle vostre tradizioni, voi dovete saper dare una dimostrazione viva e concreta della fecondità di questa sintesi tra valori divini e umani. Il cristianesimo non mortifica l'uomo, ma ne esalta le virtualità più nobili, ponendole al servizio dell'autentico progresso del singolo e della comunità. In Cristo, vero uomo oltre che vero Dio, noi possiamo scoprire la verità piena su noi stessi e sul nostro destino.

Per questo, carissimi, vi raccomando di conservare intatta la fede nel Salvatore Gesù, morto e risorto per noi. Prestate ascolto al suo Vangelo, che la Chiesa continua a proporvi con immutata fedeltà alla tradizione delle origini.

Educate i vostri figli alla pratica dei comandamenti, insegnando loro a chiedere a Dio il coraggio necessario per sfidare l'opinione dominante, quando questa è in contrasto col Vangelo. Non abbiate paura di andare controcorrente, testimoniando l'originalità di una fede che ha reso grande Benevento nei secoli. Il mondo di oggi ha bisogno come non mai della novità del Vangelo, per non affogare nel conformismo dilagante della civiltà di massa.

Vi assista nell'adempimento dei vostri compiti morali e religiosi colei che invocate fiduciosamente come "Madonna delle Grazie". Nel suo nome di cuore benedico tutti i presenti, la vostra città e la vostra regione che oggi è in festa.

Data: 1990-07-02

Lunedi 2 Luglio 1990

La meditazione mariana - Madonna delle Grazie (Benevento)

Titolo: La Madonna col Bambino è un invito a difendere la persona umana

Carissimi fratelli e sorelle.


1. In questo santuario della Madonna delle Grazie, patrona principale di Benevento e del Sannio, desidero ringraziare la Vergine santissima per la gioia che mi concede di pregare con voi per il bene della città e di tutta la regione.

Davanti a questa Immagine miracolosa sono venute moltitudini di Beneventani per confidare alla Madre del Redentore le loro pene e implorare aiuto e protezione specialmente durante i periodi terribili delle guerre, dei terremoti e delle pestilenze. Soprattutto durante i bombardamenti dell'ultimo conflitto mondiale che distrussero gran parte dell'antica città. Nel santuario, anch'esso rinato dalle rovine della guerra, molti hanno ricevuto conforto e coraggio. Qui sono passati poveri e ricchi, umili e potenti, dotti e illetterati. Quanti, attanagliati dalla morsa del dubbio, hanno qui ritrovato la luce della fede! Quanti, oppressi dall'angoscia del peccato, hanno sperimentato la gioia indicibile del perdono e della riconciliazione! Ecco perché questo santuario è diventato come il polo di attrazione di tutti i fedeli della Regione, nei quali la pietà mariana è tanto profondamente radicata.

Carissimi Beneventani! Seguite le orme dei pellegrini che, davanti alla venerata Immagine della Madonna delle Grazie, hanno ritrovato le ragioni della propria fede e della propria vita; continuate a sentirvi uniti attorno a questo santuario, specialmente il 2 luglio, giorno in cui da sempre il Sannio celebra con solennità la sua patrona.

Con amorosa intuizione voi avete saputo cogliere, fin dai tempi antichi, il mistero di Maria, quale mediatrice di tutte le grazie, perché Madre dello stesso Autore della Grazia, Gesù Cristo. Per questo il popolo beneventano lungo il corso dei secoli si è sempre rivolto e continua tuttora a rivolgersi a lei, invocandola non solo quale "Madonna delle Grazie", ma spesso anche come "Madonna della Grazia".


2. Carissimi, i pellegrinaggi e le visite che voi fate a questo santuario devono confermarvi in questa vostra devozione alla Vergine dalla quale voi imparate innanzitutto a credere nell'amore di Dio Padre, nella potenza del Cristo redentore e nella forza trasformatrice dello Spirito Santo, che Maria accolse senza riserve.

La Vergine vi insegna inoltre a rivolgere il vostro cuore verso gli altri, come ella fece nella casa di Elisabetta e in quella dei giovani sposi a Cana. Beati voi se, alla scuola di Maria, vi sforzerete di imparare a magnificare in ogni circostanza il Signore, a proclamare la sua misericordia, a riconoscere la potenza del suo braccio, che disperde i superbi, ma innalza gli umili e li ricolma di beni (cfr. Lc 1,46). Beati pure se saprete far posto alla vita nascente, alle persone che la società rigetta ed esclude, a quelle che soffrono nel corpo o nello spirito, a quelle che hanno dimenticato la propria dignità umana. L'Immagine della Madonna che stringe il Bambino al petto ci invita a rispettare la persona umana, fatta a immagine di Dio, e a difenderla dalla nascita fino alla morte naturale.


3. O Maria santissima, "piena di grazia", assisti con la tua vigile protezione questo popolo beneventano, che in te confida. Conforta i sacerdoti, i religiosi e le religiose, chiamati a portare il messaggio di salvezza alla società moderna! Assisti le comunità cristiane e ottieni loro il dono di numerose e sante vocazioni sacerdotali e religiose. Proteggi coloro che sono investiti di responsabilità civili, sociali e politiche, affinché abbiano sempre come meta il bene comune e lo sviluppo integrale di ogni uomo e di ogni donna.

Veglia su tutti i pellegrini, che ti venerano in questo santuario, e sui loro ambienti di vita e di lavoro; benedici le famiglie degli emigrati, i disoccupati, i malati e quanti portano nell'anima le ferite tuttora sanguinanti di tristi episodi di violenza.

O Madre della Grazia, proteggi tutti e fa' che tutti comprendano che il segreto della gioia sta nella bontà, nella misericordia e nel perdono. Amen!

Data: 1990-07-02

Lunedi 2 Luglio 1990

Ai sacerdoti e laici nella cattedrale - Benevento

Titolo: Impegnatevi in una chiara testimonianza della promozione umana

Cari sacerdoti, religiosi, religiose e laici impegnati!


1. Ringrazio innanzitutto il vostro venerato arcivescovo, mons. Carlo Minchiatti, per il caloroso indirizzo di saluto che ha voluto rivolgermi a nome di tutti voi e dei fedeli di questa metropolia. Ringrazio tutti i vescovi della metropolia per la loro presenza qui, nella cattedrale di Benevento.

E' per me motivo di particolare gioia essere accolto in questa città e in questa comunità cristiana, la cui storia risale agli albori del cristianesimo e registra, nel suo corso, tanti significativi eventi, che testimoniano una speciale fedeltà e devozione alla Sede romana.

Ci siamo riuniti in questa cattedrale, centro spirituale della diocesi, nella quale, più che in ogni altro luogo, si percepisce la testimonianza della fedeltà a Cristo di questa porzione del popolo di Dio, anche se, a causa delle distruzioni subite dall'edificio sacro nel corso dei secoli, i nostri occhi non possono rilevare tutte le tracce della lunga storia di arte, di civiltà e di fede, qui fiorita.


2. Il mio cordiale saluto va alle componenti della Chiesa beneventana qui rappresentate; con loro saluto l'intera comunità cristiana, non esclusi gli assenti, specialmente coloro che sono stati impediti dalla malattia, dall'età avanzata o da inderogabili obblighi inerenti al proprio lavoro.

La vostra comunità ecclesiale, carissimi, ha giustamente un vivo senso della propria identità, che coltiva unitamente alla consapevolezza della propria appartenenza alla Chiesa universale: da questa sa di trarre la garanzia della sua autenticità, mentre ad essa si sente debitrice del contributo della sua peculiarità: un contributo tanto più prezioso, quanto più rispondente alle migliori tradizioni del passato, che hanno consentito alla Chiesa beneventana di portare copiosi frutti a vantaggio non solo dell'Italia, ma anche dell'Europa e del mondo intero. Basterebbe accennare, oltre che ai Papi che la vostra diocesi ha dato alla Chiesa universale, ai cardinali e ai vescovi, come pure alla schiera di sacerdoti, religiose e religiosi, che qui si sono preparati ai compiti a cui la Provvidenza li ha poi chiamati in altre parti del mondo. Sono ricordi splendidi, che allargano il cuore all'entusiasmo e incoraggiano a seguire le orme di questi grandi che hanno onorato la vostra terra e illustrato la Chiesa. E qui, ancora una volta, vorrei fare riferimento e rivolgere un ringraziamento al card. Giuseppe Caprio che rappresenta la continuazione della tradizione beneventana nel collegio cardinalizio.


3. Un particolare impulso all'odierna vita della diocesi è venuto dalla lettera pastorale del vostro arcivescovo: "Dalla Parola al Sacramento, alla vita nuova".

Tale documento ha ispirato i lavori dei Convegni pastorali degli ultimi anni, che hanno approfondito, esplicitato e applicato gli insegnamenti del vostro pastore, con una peculiare attenzione per la nuova evangelizzazione, che oggi siamo chiamati a promuovere.

La vostra Chiesa locale, inoltre, è impegnata da tempo nella retta attuazione della riforma conciliare, e si sforza di superare resistenze e lentezze, in linea con le indicazioni date dal Concilio Vaticano II. Inoltre, è presente in voi la esigenza di accompagnare l'impegno ecclesiale con una chiara testimonianza sul piano della promozione umana e della difesa dei diritti e delle esigenze dei meno favoriti, dei sofferenti e di coloro che in vari modi portano il peso delle ingiustizie sociali.

Per tutto questo fervore di opere e di iniziative non posso che compiacermi e stimolarvi a proseguire su questa strada che, pur in mezzo a difficoltà, certamente vi condurrà alle mete indicate dal Cristo e dal magistero della Chiesa.


4. Uno degli scopi della mia visita fra voi è quello della benedizione del nuovo seminario arcivescovile, testimonianza non piccola di quanto sia sentita dal vostro pastore e da voi fedeli l'urgenza delle vocazioni sacerdotali e di una buona formazione di coloro che un domani dovranno essere, secondo una viva immagine di santa Caterina da Siena, "Ministri del Sangue". Il rinnovamento ecclesiale, la crescita della comunità cristiana, l'amore per i valori della fede, della liturgia e della perfezione spirituale, dipendono sempre dalla presenza in mezzo al popolo di buoni e santi sacerdoti.

La mia gioia si accresce per il fatto che il medesimo edificio ospiterà l'Istituto superiore di scienze religiose "Giuseppe Moscati", destinato alla formazione teologica dei laici, i quali danno un contributo insostituibile a quella riflessione di fede che si esercita nell'ambito specifico dell'animazione cristiana delle realtà temporali.

Quanto a voi, cari sacerdoti, vorrei esortarvi alla piena adesione alle linee pastorali, che vengono maturando sotto la guida del vostro arcivescovo. Esse comportano, secondo le migliori tradizioni della Chiesa beneventana, uno sguardo ai vicini e un altro ai lontani, avendo cura non solo di coloro che frequentano la Chiesa, ma anche di quanti vivono ai margini della vita ecclesiale per indifferenza religiosa o perché imbevuti di ideologie materialistiche.

In questo impegno ben potete ispirarvi, secondo le indicazioni del vostro pastore, alla figura eroica e sublime di san Benedetto da Benevento, canonico della cattedrale, eremita, missionario e martire, così caro ai fedeli della mia Patria, perché tanto l'amo fino a donare il suo sangue. Ecco un modello stupendo di sacerdote anche per il nostro tempo, che ci invita pressantemente a un rinnovato spirito missionario, animato da una fede sincera e da un'assoluta dedizione alla causa del Vangelo! San Benedetto da Benevento fu uno dei cinque frati, protomartiri della Polonia, all'inizio di questo millennio, tutti dediti alla prima evangelizzazione del Paese, a 40 anni dal Battesimo, sotto il primo sovrano. Io e i miei connazionali dobbiamo un grande ringraziamento ai nostri fratelli di Benevento, più maturi nella fede, dopo quasi un millennio di fede portata qui direttamente dagli apostoli. Ma questi martiri, questi cinque "fratres", questi cinque "martyres", sono nella linea apostolica, specialmente in quanto "martires" che hanno portato la testimonianza suprema della fede che viene sigillata con il sangue.


5. Accanto al ministero sacerdotale c'è il carisma della vita consacrata, maschile e femminile, che è strumento dell'opera redentrice di Cristo per la salvezza delle anime e per l'edificazione del regno di Dio. Voi, cari religiosi e religiose, siete chiamati a collaborare strettamente col clero diocesano nell'elaborazione dei piani pastorali della Chiesa locale, e a dare l'apporto originale dell'Istituto al quale appartenete, offrendo la vostra testimonianza specifica, vale a dire un forte richiamo alla penitenza, alla conversione, all'attesa della vita futura, alla riconciliazione, alla comunione fraterna, alle opere della giustizia e della misericordia; in una parola: alla perfezione della carità, che deve essere l'ideale di ogni cristiano, e che voi vi sforzate di attuare con la pratica dei consigli evangelici, secondo la particolare regola del rispettivo Istituto.

Non rinunciate mai, cari fratelli e sorelle, a donare alla diocesi nella quale vivete le ricchezze proprie della vostra Famiglia religiosa, nella quale avete posto il senso della vostra vita e della vostra missione. Impegnatevi sempre a servire i bisognosi in piena comunione col presbiterio della diocesi e sotto la guida del pastore. Come è stato ricordato, il servo di Dio padre Pio da Pietrelcina nacque in questa diocesi: a questo umile e fervente religioso, che visse in comunione con la propria Chiesa locale, potete opportunamente riferirvi nel vostro impegno di vita consacrata.


6. Si nota, nella vostra comunità ecclesiale, una nuova consapevolezza dell'importanza della missione dei laici, che si è concretizzata nella crescente richiesta di accedere ai ministeri istituiti e al diaconato permanente. Anche le associazioni laicali - penso per esempio all'Azione Cattolica - sono fiorenti, e così pure so che è vivamente sentita l'urgenza della catechesi e di una nuova evangelizzazione. Non mancano inoltre la sensibilità e l'impegno circa i problemi sociali, che a volte assumono aspetti drammatici e interpellano la coscienza cristiana. Sono note le difficoltà derivanti dal sottosviluppo: penso alla zona del Fortore; al problema del recupero dei valori della famiglia, gravemente insidiata da una diffusa mentalità divorzista e abortista; al problema della droga, e al preoccupante livello della disoccupazione giovanile.

Ovviamente la soluzione tecnica di questi problemi richiede l'intervento delle competenti autorità politiche; ma anche la parte che il laicato cattolico può e deve svolgere è importante, anzi insostituibile, sia come forza animatrice, sia come aiuto alle stesse strutture pubbliche, laddove si dovessero rivelare insufficienti. E' ben noto quanto la Chiesa ha fatto in questo campo nel corso dei secoli, senza per questo arrogarsi poteri terreni che non le competono.

Voi, cari laici, in collaborazione con i vostri sacerdoti, religiosi e religiose, siete chiamati a continuare questa gloriosa tradizione, adattandola alle necessità dei tempi. Voglio ricordarvi, al riguardo, l'esempio nobilissimo di san Giuseppe Moscati, ricordato da mons. arcivescovo, che ebbe i natali in questa città. L'intercessione di lui ottenga a tutti questo generoso spirito di iniziativa e di servizio, unitamente a un senso vivo e profondo della comunione ecclesiale. Potete vantarvi di questo santo perché se tra i santi vi sono molti religiosi, religiose e sacerdoti, sono piuttosto rari finora i santi laici. Egli è uno dei protagonisti, un protagonista di santità laicale venuto da Benevento.


7. Comunione ecclesiale, che nasce dall'Eucaristia e vive di essa e in essa trova un anticipo e una pregustazione dell'incontro finale con lo Sposo divino. Per questo esprimo il mio compiacimento per l'istituzione dell'adorazione eucaristica diurna in questa cattedrale, che diventerà il vero centro propulsore della vita diocesana.

La Beata Vergine Maria, alla quale il tempio è intitolato, e che è pure patrona della diocesi, accolga i vostri buoni propositi e li presenti al trono dell'Altissimo. Oggi, nella festa della Madonna delle Grazie, voglia Maria guardare con particolare amore a questa diocesi, che è sua, perché essa giunga sicura al porto della salvezza.

Benedico di cuore voi tutti e le persone a voi care.

Data: 1990-07-02

Lunedi 2 Luglio 1990


GPII 1990 Insegnamenti - L'omelia nella solennità dei santi Pietro e Paolo - Città del Vaticano (Roma)