GPII 1990 Insegnamenti - Al "Regina Coeli" - Santuario di Velehrad (Repubblica Federativa Ceca e Slovacca)

Al "Regina Coeli" - Santuario di Velehrad (Repubblica Federativa Ceca e Slovacca)

Titolo: Un'Assemblea speciale per l'Europa del Sinodo dei vescovi

Carissimi fratelli e sorelle!


1. In quest'ora, a Roma, i pellegrini sono soliti raccogliersi davanti alla Basilica di San Pietro, per unirsi al Papa nella preghiera dell'Angelus. Oggi il centro di questo spirituale convegno è qui, a Velehrad, in Moravia.

Ci troviamo in un Santuario dedicato alla venerazione della Madonna Assunta in Cielo e dei Santi Cirillo e Metodio, Patroni, insieme con San Benedetto, dell'Europa.

Non poteva presentarsi occasione migliore per un annuncio che riguarda intimamente questo Continente, lacerato nei secoli da guerre, ma benedetto anche dalla presenza e dall'opera di innumerevoli Santi, che vi hanno largamente sparso il seme evangelico. Proprio qui, oggi, si manifestano segni di una nuova benedizione, nel travaglio promettente di trasformazioni profonde e vitali.


2. Alla luce di tali eventi, da questo luogo desidero annunciare alla Chiesa la mia intenzione di convocare un'Assemblea Speciale per l'Europa del Sinodo dei Vescovi, affinché i miei Fratelli nell'episcopato, riuniti in una forma così significativa per la collegialità e la carità pastorale, abbiano l'opportunità di riflettere più attentamente sulla portata di quest'ora storica per l'Europa e per la Chiesa.

I Pastori hanno la responsabilità e il carisma di vegliare sul tempo che scorre, per scrutarne i segni e trarne le indicazioni opportune circa il cammino da compiere. Quali umili servitori della Verità di Dio, che è Signore della storia, noi vogliamo offrire i nostri occhi per vedere, i nostri orecchi per udire e i nostri cuori per amare il sapiente disegno della sua provvidenza.


3. Tale assemblea speciale del Sinodo, convenientemente preparata, dovrà svolgersi in data non lontana.

Affido questa iniziativa all'intercessione dei Patroni d'Europa Cirillo, Metodio, Benedetto e tutti gli altri Santi - in primo luogo Sant'Adalberto - che, nel corso dei secoli, hanno contribuito a costruire l'Europa cristiana e cattolica.

Chiedo loro di deporre questo importante avvenimento ecclesiale ai piedi della Vergine Santissima, di raccomandarlo a Lei, a testimonianza di una devozione che ha radici profonde in ogni nazione di questo Continente.

Invoco la sua materna protezione sulla Cecoslovacchia, perché possa godere di un avvenire libero e felice, e, al tempo stesso, sull'intera Europa, che auspico possa tutta ritrovarsi unita nel segno vittorioso della Croce e della Risurrezione di Cristo Signore.

(Traduzione dal ceco)

Data: 1990-04-22

Domenica 22 Aprile 1990

Omelia all'aeroporto Vajnory - Bratislava (Repubblica Federativa Ceca e Slovacca)

Titolo: Nella fede la forza per resistere ai tempi difficili

Carissimi signori responsabili della vita pubblica, Amatissimo Arcivescovo Sokol, Cari fratelli nel servizio episcopale, Cari sacerdoti e religiosi, Miei diletti fratelli e sorelle.


1. "Beati quelli che pur non avendo visto crederanno" (Jn 20,29).

Queste parole di Cristo risorto risuonano dal Cenacolo di Gerusalemme verso il lontano avvenire. Attraverso i secoli e le generazioni arriveranno fino alla fine dei tempi.

Quello è stato davvero il "giorno che ha fatto il Signore" (cfr. Ps 117/118,24): il giorno in cui il Cristo, crocifisso e deposto nella tomba, risuscito. Lo stesso giorno apparve agli Apostoli riuniti nel Cenacolo. Lo videro con i propri occhi. Lo stesso giorno alito su di loro e disse: "Ricevete lo Spirito Santo! A chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete, resteranno non rimessi" (Jn 20,22-23). Da allora, quel giorno attraversa tutti i secoli e tutte le generazioni.

Uno dei Dodici, Tommaso, non era insieme agli Apostoli, quando Cristo venne in mezzo a loro. E quando tutti gli altri gli parlarono dell'incontro col Maestro, egli non volle credere. La testimonianza della parola degli Apostoli non gli bastava. Chiedeva di poter vedere. "Se non vedo... se non metto il dito... non credero" (Jn 20,25).

La fede pero non è visione. "La fede dipende dalla predicazione e la predicazione a sua volta si attua per la parola di Cristo" (Rm 10,17).


2. Cristo, tuttavia, diede a Tommaso la possibilità di vedere, venendo nel Cenacolo espressamente per lui otto giorni più tardi, nell'ottava della risurrezione. Tommaso potè convincersi con i propri occhi, che colui che era stato crocifisso, che era veramente morto ed era stato deposto nel sepolcro - viveva.

Davanti alla testimonianza dei propri occhi, davanti alla testimonianza di tutti i sensi - la negazione cedette all'affermazione. Quanto più si impuntava prima, quanto più dichiarava: "Non credero", tanto più adesso confessava. In due parole disse tutto, espresse tutto ciò che la realtà della risurrezione racchiude in se stessa: "Mio Signore e mio Dio!" (Jn 20,28). Nessuno ha proclamato la verità su Cristo così apertamente, così senza esitazione.

Si può anche dire che la fede di Tommaso ha di gran lunga superato la sua incredulità. E' diventata non solo certezza, ma una vera illuminazione. Da una parte, Tommaso testimonia come è difficile per l'uomo accettare la verità della risurrezione, dall'altra, egli attesta che la risurrezione è un'importante e decisiva testimonianza dell'onnipotenza di Dio. E' un avvenimento-chiave dell'opera di Dio nella storia dell'uomo e di tutto il creato.


3. Cristo non si arresta alla confessione di Tommaso: "Perchè mi hai visto, hai creduto: beati quelli che pur non avendo visto crederanno!" (Jn 20,29).

La fede della Chiesa comincia dagli Apostoli, dai testimoni oculari, ma si mantiene e si sviluppa attraverso le generazioni come frutto dell'ascolto: ascolto della loro testimonianza, ascolto della Parola di Dio stesso, annunciata dalla Chiesa che s'edifica sul fondamento degli Apostoli e dei Profeti.

Così s'edifica anche la vostra fede, cari Fratelli e Sorelle, che oggi mi è dato di incontrare nella vostra Patria slovacca. Per lungo tempo abbiamo atteso questo incontro, per lungo tempo il Papa ha incontrato il confine chiuso.

Ma finalmente è arrivato il giorno del compimento dei nostri comuni desideri, delle nostre intime attese. Iddio sia ringraziato!


4. Sia ringraziato il Signore per il dono della fede, che i vostri antenati hanno accolto ascoltando la Parola di Dio, annunciata dai Santi Cirillo e Metodio. Il principe Rostislav aveva chiesto all'imperatore di Bisanzio Michele un maestro in grado di spiegare la vera fede cristiana nella lingua del popolo (cfr. Vita di Costantino XIV, 3). Da questo invito nacque la missione dei Santi Fratelli di Tessalonica, i quali composero l'alfabeto, costruirono la grammatica, iniziarono la traduzione della Sacra Scrittura e della Liturgia e posero i fondamenti della vostra cultura.

Da quell'epoca tutta la cultura e la vita degli Slovacchi, nelle loro molteplici manifestazioni, appaiono segnate dalla fede cristiana, che ne attraversa l'intera storia come un'acqua vivificante: a volte essa scorre sotto terra, a volte affiora alla superficie, ma sempre costituisce la linfa segreta che assicura lo sviluppo e la fioritura dell'albero, così da portare frutti abbondanti di santità, di operosità e di fedeltà.

Ne sono espressione luminosa i Santi Gorazdo, Bystrizio, Andrea Zorardo, Benedetto eremita. Ne sono testimoni qualificati i beati martiri di Cassovia. Ne sono manifestazione visibile le generazioni che, da quei secoli fino ad oggi, hanno conservato la fede ricevuta tutelandola gelosamente, per tramandarla intatta, attraverso i secoli, di padre in figlio. Chi volesse togliere la fede cristiana dalla cultura e dalla vita del popolo slovacco non potrebbe più comprenderne la storia, da quella antica fino a quella recente.


5. Non sono mancate le prove. Molte volte gli slovacchi hanno dovuto lottare per la semplice sopravvivenza: basti pensare alla incursione dei Tartari, alla lunga occupazione turca, alle insidie tese alla stessa loro identità etnica. Ma in ogni difficoltà il popolo ha trovato nella fede la forza per resistere con incrollabile costanza. E' restata traccia di ciò in tanti canti, nei quali il popolo ha profuso i propri sentimenti.

Questa fede, carissimi Fratelli e Sorelle, s'è espressa in modo particolare in due dimensioni che tanto caratterizzano la vostra testimonianza cristiana: intendo riferirrni alla devozione all'Addolorata, Patrona della Slovacchia, e alla vostra fedeltà alla Sede di Pietro.

Oggi ho sorvolato, da Velehrad verso Bratislava, la regione di Zahorie, dove si trova Sastin, il Santuario nazionale dell'Addolorata, Sastin, Levoca, Gaboltov, Starè Hory, Marianka, Lutina, e tanti altri Santuari dedicati alla Vergine Santissima: quanti pellegrini li hanno visitati nel corso dei secoli, quanti vi hanno ritrovato la fede, quanti vi hanno ricevuto conforto! Come non ricordare il ruolo che hanno avuto i pellegrinaggi in questi ultimi anni? Gli echi hanno valicato i confini: folle giovanili, decine di migliaia di fedeli, nonostante i divieti e gli impedimenti di vario genere, hanno avuto il coraggio di esprimere la propria devozione alla Madre di Dio. Anche per questo ci troviamo oggi qui! E che cosa dire dell'amore degli Slovacchi verso il Papa? Carissimi fratelli e sorelle, cari Slovacchi, il Papa sa quanto gli volete bene. Ma anche il Papa vi assicura di volervi tanto bene! So che questo doppio amore, alla Madonna ed al Papa, costituisce la vostra eredità spirituale, ricevuta dai vostri evangelizzatori Cirillo e Metodio e tramandata a voi attraverso i secoli.

Continuate, vi ripeto, continuate sempre così!


6. Gli ultimi tempi sono stati diffcili. Leggiamo negli Atti degli Apostoli che "andava aumentando il numero degli uomini e delle donne che credevano nel Signore" (Ac 5,14). E ciò avveniva, nonostante che la fede incontrasse agli inizi grandi difficoltà e opposizioni. Fin dall'inizio la Chiesa fu esposta a prove difficili.

E' possibile affermare che, anche in Slovacchia, durante il periodo della prova, "andava aumentando il numero degli uomini e delle donne che credevano nel Signore"? E' difficile rispondere con certezza ad una simile domanda, perchè è cosa che sfugge a misurazioni puramente umane. Ritorniamo piuttosto col pensiero all'immagine di Tommaso, il quale, nonostante fosse apostolo, fu "incredulo"; dopo l'incontro col Risorto, pero, divenne un suo ardente confessore: "Mio Signore e mio Dio". Confessore e Apostolo, fino all'effusione del sangue.


7. Il pensiero qui corre alle schiere di persone che anche in Slovacchia hanno confessato, in questi anni, la loro fede, nonostante i pericoli a cui ciò le esponeva.

Vescovi finiti in carcere, umiliati, impediti, maltrattati. Sacerdoti minacciati, aggrediti, limitati nell'esercizio del loro ministero. Religiosi espulsi dai conventi e imprigionati, religiose allontanate dalle loro mansioni di servizio ai poveri. Genitori costretti a limitare l'educazione cristiana della prole. Figli formati alla doppiezza, la cui prima manifestazione era la negazione di Dio. Tanti, tanti che hanno sofferto per la loro fede! Molti di loro sono già saliti in Cielo a ricevere il premio ed ora gioiscono nella luce di Dio. Voi, che siete qui ad ascoltarmi, sappiate che Cristo vi ama, sappiate che il Papa vi stringe tutti al proprio cuore, e vi ringrazia! Per questo ha voluto incontrarvi, ha voluto vedervi, vi vuole benedire.

Il sangue dei martiri è sempre stato seme di nuovi cristiani. Il principio vale oggi come ieri, e Cristo risorto ce lo ricorda. Lo Spirito di Dio non vi ha mai abbandonato. E' sempre stato con questo popolo di Dio che vive in Slovacchia, ha assistito i giovani, ha guidato i Religiosi nella formazione dei novizi, i seminaristi nella loro preparazione al Sacerdozio, ha animato tanti apostoli, vari movimenti operanti in silenzio. E' l'enumerazione potrebbe continuare.

Ne sia lodato il Signore!


8. La liturgia della domenica odierna ci riconduce nel Cenacolo, dove Cristo risorto sta in mezzo agli Apostoli, per trasmettere loro la missione ricevuta dal Padre: "Come il Padre ha mandato me, anch'io mando voi" (Jn 20,21).

Bisogna che la Chiesa nella vostra terra ascolti di nuovo queste parole e con nuova forza assuma la missione di annunciare la Croce e la Risurrezione di Cristo. Con il Collegio di tutti i vostri Vescovi in testa.

La liturgia di oggi ci porta all'isola di Patmos, luogo di esilio dell'Apostolo ed Evangelista Giovanni. Le parole della sua Apocalisse mostrano le dimensioni dell'ultima verità su Cristo - del suo mistero pasquale.

L'Apostolo ascolta: "Non temete! lo sono il Primo e l'Ultimo e il Vivente. Io ero morto, ma ora vivo per sempre e ho potere sopra la morte e sopra gli inferi" (Ap 1,17-18).

Parla il Cristo. Il primogenito di ogni creatura. Cristo, il primogenito dei morti, il principe dei re della terra. (cfr. Ap 1,5).

Parla Cristo, col potere della sua morte redentrice: "Ero morto". Parla col potere della sua risurrezione: "Ora vivo per sempre".

Parla Cristo: "Il mio regno non è di questo mondo" (Jn 18,36). perciò, egli soltanto ha le chiavi della morte e degli inferi. Egli soltanto - crocifisso e risorto - attinge l'ultimo significato dell'uomo. Egli soltanto ne ha il potere.

Il pieno potere. perciò, dice: "Non temere!".

"Non temete!".

Dopo tutte le esperienze di persecuzione, di ostilità, di tentazione, egli vi dice: "Non temete!".

"Beati quelli che, pur non avendo visto, crederanno" (Jn 20,29).

(Traduzione dal ceco)

Data: 1990-04-22

Domenica 22 Aprile 1990

Congedo e saluto riconoscente - Bratislava (Repubblica Federativa Ceca e Slovacca)

Titolo: Davanti a voi campi immensi di evangelizzazione e catechesi




1. La Santa Messa volge al termine. Siamo all'ora del congedo.

Concluderemo con la benedizione e poi il diacono ci invierà a casa, nel mondo, nella vita di ogni giorno, al lavoro.

Succede sempre così: quando gli occhi brillano di gioia, quando i cuori si comprendono, quando le menti si compenetrano, arriva la separazione, triste ma inevitabile.

La visita è stata breve, ma molto intensa. Era desiderata, attesa, non solo da voi, anche da me. Volevo con essa onorare i Santi Cirillo e Metodio, Patroni dell'Europa insieme a San Benedetto. Volevo vedere tutti voi e assicurarvi della mia vicinanza spirituale in tutti questi anni. Volevo rinnovare, insieme con voi, la fede nel Cristo, morto e risorto. Volevo incontrare i miei fratelli vescovi, posti alla guida di diocesi per tanti anni orfane dei loro padri e pastori. Fedele al mandato di Cristo, volevo confermarli nella fede (cfr. Lc 22,32).

Ho potuto realizzare questo mio desiderio e, insieme, adempiere questo mio dovere. Ne sono profondamente grato al Signore.


2. Voglio ancora una volta esprimere la mia riconoscenza anche al Signor Presidente della Repubblica per l'invito a compiere questa visita. Il suo invito ed il mio desiderio si sono incontrati, assicurando a noi tutti queste due giornate di condivisione e di gioia. Ne sia lodato il Signore! Ringrazio le Autorità di ogni ordine e grado e tutte le persone che hanno preparato ed accompagnato con la loro premura i vari momenti di questa visita.


3. Porto nella mente e nel cuore il ricordo della vostra fede e del vostro entusiasmo. Gli anni di dura prova hanno lasciato le loro tracce, ma hanno manifestato anche la perseveranza di molti, che ha raggiunto in non pochi casi le vette dell'eroismo. Penso alle famiglie, che a costo di enormi sacrifici hanno cercato di educare e formare nella fede i loro figli. Penso alla gioventù, che si è tentato di fuorviare, ma che non ha perduto la sete della verità, della giustizia e dell'amore, ed è diventata, nella prospettiva di tali valori, protagonista dei recenti cambiamenti. Possano i pilastri della giustizia e della verità, della libertà e dell'amore diventare le basi della vera pace nella vostra comunità! So del fedele ministero di tanti sacerdoti, che hanno passato ore ed ore nel confessionale, formando le coscienze alla profondità della vita con Dio e non hanno lasciato nulla di intentato per coltivare quella parte della vigna che era accessibile al loro sforzo pastorale. - E come dimenticare i religiosi e le religiose, che non solo hanno conservato la fedeltà, ma hanno trovato la forza di sviluppare in pienezza il germe della loro vocazione? - Come non ricordare i vari movimenti di laici, che con generosità apostolica hanno saputo portare Dio anche in quel mondo che ufficialmente lo ripudiava?


4. Davanti a voi, carissimi, si aprono campi immensi di lavoro per l'evangelizzazione e per la catechesi. Questo sarà il vostro compito principale, da affrontare con ogni impegno. Lo esige la fedeltà alle vostre radici storiche cirillo-metodiane, lo impone la prospettiva di una crescita armoniosa nel rispetto della vostra identità nazionale, lo richiede il vero benessere delle vostre famiglie, l'avvenire dei vostri figli.


5. Mi rivolgo in modo particolare ai giovani: il futuro della vostra Patria dipende soprattutto da voi. Voi siete i costruttori del domani della Chiesa e della Nazione. Pensate quale formidabile responsabilità! Ricordatevi che una costruzione armoniosa è possibile soltanto se si continua ad edificare sul fondamento già posto e secondo le linee del progetto già tracciato. I fondamenti della vostra cultura sono stati posti dai Santi Cirillo e Metodio, i quali vi hanno anche indicato le grandi linee del progetto di sviluppo da essi perseguito.

Quel progetto ha un nome: Cristo. Non abbiate paura di Cristo! E' il vostro vero amico che non vi abbandonerà mai. Cristo Signore vi darà anche la forza di perseverare, di non deviare: fidatevi di Lui! Cristo conosce l'uomo; Egli solo lo conosce fino in fondo.

Alle famiglie dico: il vostro focolare sia davvero una piccola chiesa! Conservate la fedeltà reciproca. La vostra unione sia la viva immagine dell'unione tra Cristo e la sua Chiesa. Accogliete la vita come espressione del vostro amore.

Lasciate che il Signore dimori in mezzo a voi ed in voi! Ai sacerdoti, ai seminaristi, ai religiosi, alle religiose, ai chiamati alla vita consacrata chiedo con insistenza che siano fedeli alla vocazione particolare ricevuta in dono da Dio. Non fermatevi al ricordo delle prove passate, ma proiettatevi nell'avvenire. La chiamata di Dio è una chiamata dinamica, missionaria, tesa alla diffusione del Regno di Dio.

Ai laici tutti, ai movimenti di spiritualità e di apostolato ricordo: voi siete parte viva della Chiesa di Cristo! Accettate le ricchezze di dottrina e di grazia che essa vi dona, ma diventatene anche voce e presenza in tutti gli ambienti, con coraggio ed amore, nello zelo e nel rispetto.

Agli ammalati si volge il mio cuore con speciale affetto. In questi anni ho-espresso più volte il mio grato apprezzamento per i frutti della vostra sofferenza e per il dono prezioso della vostra preghiera: ho cercato in voi solidarietà e sostegno ed ho sempre trovato piena comprensione e generosa corrispondenza. Iddio ve ne rimeriti! Amate il Cristo crocifisso: sia Lui la vostra forza, sia la certezza incrollabile della vostra speranza!


6. Saluto anche gli appartenenti alle minoranze di questo Stato, in particolare i cittadini di origine ungherese.

Sforzatevi di formare tutti una sola famiglia, in Cristo, nella solidarietà umana e cristiana. Saluto quanti sono qui convenuti dagli Stati vicini. Cercate di costruire tutti insieme, nel vostro comune interesse, una convivenza basata sulla giustizia e sulla pace.

Saluto infine tutti i vostri connazionali all'estero: anch'essi amano questa Terra, verso la quale il loro pensiero torna spesso con nostalgia e rimpianto. Possa la loro lontananza diventare feconda per tutti, perché ogni ricchezza spirituale, culturale ed anche materiale giovi al comune benessere!


7. Praha, Velehrad, Bratislava: tre brevi fermate, tre brevi occasioni di incontro, ma tanti volti umani, tante persone, e dietro ai presenti ancora tanti assenti, per varie ragioni. Tutti porto nel cuore. In particolare quanti sono uniti a noi nella fede in Cristo e in Dio. Sono tante le cose che ci uniscono, che ci obbligano a stare, a vivere, a lavorare insieme. Il Successore di Pietro vuole annunciare a tutti soltanto Gesù Cristo, morto e risorto, la sua verità ed il suo amore.

In questo spirito saluto tutti. Non è, spero, un "Addio!", ma un "Arrivederci!" Il Santo Padre ha poi salutato i vari gruppi di fedeli e pellegrini ungheresi e polacchi presenti alla celebrazione della Messa. Questi i saluti del Papa: Saluto con affetto gli ungheresi della Slovacchia e i pellegrini arrivati dall'Ungheria. Adesso che avete riottenuto la libertà religiosa, educate con più impegno le generazioni nuove alla fede cattolica. Pregate per le vocazioni sacerdotali di lingua ungherese. Aspirate alla fratellanza e all'amore reciproco.

I sacerdoti certamente vi aiuteranno a sviluppare la vostra vita religiosa. Ai pellegrini ungheresi un arrivederci l'estate prossima nella vostra patria. La mia benedizione apostolica a tutti i fedeli ungheresi.

Sia lodato Gesù Cristo.

Saluto anche tutti i pellegrini venuti dalla Polonia, dall'altra parte dei Tatra, da Cracovia: il Vescovo Jan e tutti coloro che vengono in pellegrinaggio a questo versante dei Tatra nello spirito di benevolenza e di comunione cristiana.

(Traduzione dal ceco)

Data: 1990-04-22

Domenica 22 Aprile 1990

Discorso prima della partenza - Aeroporto Vajnory di Bratislava (Repubblica Federativa Ceca e Slovacca)

Titolo: L'impegno dei cristiani in campo civile pari alla loro fede

Signor Presidente del Consiglio dei Ministri,


1. A lei, presente a questa breve cerimonia di congedo a nome anche del Presidente Havel Vaclav, desidero rinnovare l'espressione della mia gratitudine, che estendo anche ai membri dei Governi ed a quanti hanno avuto il non lieve incarico della preparazione e dell'attuazione dei singoli punti del programma. Al riguardo, l'impegno e la sollecitudine hanno ottenuto il miglior premio proprio nell'ordinato susseguirsi e nel sereno svolgimento dei singoli incontri.


2. Sono stati momenti molto intensi, a cominciare dall'incontro con le Autorità del Paese, la cui cordiale deferenza ho vivamente apprezzato. E' come non essere toccati, poi, dalla commozione del carissimo e venerato cardinale Frantisek Tomasek? Come non apprezzare il calore degli incontri con l'Episcopato, con i Sacerdoti, i Religiosi e le Religiose, con le folle dei fedeli a Praha, Velehrad e Bratislava? Come non rilevare l'importanza del confronto col mondo della cultura e con i rappresentanti delle Chiese non cattoliche? Nelle varie circostanze ho potuto cogliere in tutti la gioia per la ritrovata libertà. Questo evento è profondamente sentito anche in campo religioso.

Ne sia ringraziato il Signore! Porto nel cuore l'entusiasmo dei giovani, ai quali guardo con immensa fiducia. Sento a me vicini i sofferenti: anche nel passato essi hanno molto pregato per il Papa, che ha sempre trovato nel loro sacrificio e nelle loro preghiere una sorgente inesauribile di forza spirituale.


3. Per la Chiesa cattolica che vive in questo Paese, lascio qui il mio messaggio, che è di incoraggiamento e di conferma nella fede, come esige la missione affidata al Vescovo di Roma nei confronti dei Fratelli vescovi, successori degli Apostoli, e nei confronti dell'intero Popolo di Dio.


4. Signor Presidente del Consiglio dei Ministri! Nel corso di questi quaranta-quarantacinque anni i credenti sono stati considerati quasi dei cittadini di seconda categoria. Oggi essi hanno la chiara percezione che non è più così, che non sarà mai più così. Ella, che è garante del rispetto dei diritti di ciascuno, può a sua volta contare sulla lealtà dei cittadini verso lo Stato: il loro impegno in campo civile sarà pari alla loro fede religiosa, alla loro vita di credenti. La solidarietà di tutti si volgerà a vantaggio di ciascuno ed assicurerà il progresso del Paese sulla strada della giustizia e della libertà.

Iddio benedica i popoli di questa Terra tanto illustre e cara!


5. Spingendo ora lo sguardo da questa Città, situata nel cuore dell'Europa, oltre i confini della Repubblica Federativa Ceca e Slovacca, rivolgo il mio pensiero a tutti i Paesi confinanti ed a tutte le Nazioni che compongono questo continente, sia all'ovest che all'est, sia al nord che al sud, dove vivono popoli diversi per lingua, istituzione e storia, ma tutti eredi della bimillenaria tradizione cristiana.

Dopo il travaglio di due guerre che li hanno materialmente e moralmente prostrati, dopo il quarantennio nel quale un'ideologia fuorviante li ha costretti in blocchi separati ed ostili, ecco che un nuovo corso storico fa sentire loro la nostalgia dell'intesa e della comprensione, nel rispetto delle legittime aspirazioni di ognuno di essi.

Auspico che, superando ogni difficoltà, i popoli d'Europa sappiano unire i loro sforzi per consolidare la reciproca solidarietà, la collaborazione fattiva, la vera pace nella libertà e nella giustizia.

Confido che l'Europa saprà rivivere in pieno quei valori umani e cristiani che hanno reso gloriosa la sua storia e benefico il suo influsso anche sugli altri Paesi del mondo.

A voi qui presenti, ai vostri connazionali e a tutti i cittadini delle nobili nazioni che vivono in questo amato continente, il mio più cordiale augurio di prosperità e di pace nel nome di Cristo Signore.

(Traduzione dall'inglese)

Data: 1990-04-22

Domenica 22 Aprile 1990

Agli alunni della Scuola Media "Don Bosco" di Torino-Valdocco - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Donate voi stessi a Dio e all'umanità




1. Vi accolgo con gioia e vi saluto con affetto, carissimi ragazzi della scuola media "Don Bosco" di Torino, venuti in pellegrinaggio a Roma, presso le tombe degli apostoli, primi intrepidi testimoni del Vangelo.

Sono particolarmente contento di incontrarvi e di accogliervi qui, nel Palazzo Apostolico. Mi è data, così, l'occasione di ricambiare la vostra cortesia e di esprimervi viva riconoscenza per la vostra generosità. Voi, infatti, l'estate scorsa, abbreviando il tempo del vostro soggiorno alpino, avete posto a mia disposizione la vostra residenza estiva di Les Combes, sulle montagne della Val d'Aosta. Ho apprezzato il vostro gesto e ve ne sono ancora una volta profondamente grato.


2. Il periodo liturgico, nel quale ci troviamo, che prolunga la luce spirituale della Pasqua, offre a tutti l'opportunità di sperimentare concretamente che nella morte e risurrezione di Cristo, come ricorda l'apostolo Pietro, "siamo stati rigenerati per una speranza viva, per un'eredità che non si corrompe, non si macchia e non marcisce".

In questa città, visitando gli innumerevoli monumenti carichi di arte e di spiritualità, vi è possibile verificare con quanta forza la vena feconda della santità, sgorgata dal Vangelo, ha irrorato l'esistenza dei credenti lungo tutti i secoli, suscitando apostoli, martiri e anime interamente consacrate alla causa del regno di Dio.

Vi auguro con tutto il cuore che questo soggiorno romano possa consolidare anche in voi il desiderio di donarvi al Signore, di amarlo con tutte le energie, di consacrare a lui il vostro avvenire e di diventare suoi discepoli coraggiosi ed entusiasti.

Auspico anche che le strade della vostra adolescenza si incontrino in modo serio con il divino Maestro e che la giovinezza - come ricordavo nella lettera apostolica in occasione dell'Anno Internazionale della gioventù, nel 1985 - vi fornisca una robusta base di sani principi, così che la vostra coscienza raggiunga già in questi anni quella trasparenza matura che poi permetterà a ciascuno di voi di rimanere sempre "persona di coscienza", "persona di principi", "persona di fiducia", cioè credibile.


3. Carissimi ragazzi, voi venite da Valdocco, culla di tutta l'opera di san Giovanni Bosco, infaticabile apostolo dei giovani. Alla sua scuola, seguendo la scia luminosa tracciata dalla sua santità e dal suo genio umano, anche voi vi preparate a fare delle vostre persone un dono senza riserve a Dio per il bene dell'umanità, e soprattutto dei vostri coetanei.

Invocatelo spesso nella preghiera, affidate alla sua intercessione i vostri propositi, imitatene le virtù: siate figli degni di un così generoso Padre.

Egli, come soleva ripetere, non ha altra mira che di procurare il vostro vantaggio morale, intellettuale e fisico. "Per voi giovani - diceva don Bosco - studio, per voi lavoro, per voi vivo e per voi sono disposto anche a dare la vita". Abbiate davanti ai vostri occhi anche l'esempio di san Domenico Savio, il quale trascorse la sua giovinezza alla scuola del vostro stesso santo Maestro, proprio là dove ora voi vi trovate. Scelse la strada ardua e appassionante della santità con la semplicità di chi tutto spera dall'alto e con l'entusiasmo di chi vuol vivere la sua esistenza in pienezza. Possa egli aiutarvi nelle decisioni importanti che andate maturando in questo periodo di crescita fisica e spirituale.

Ma soprattutto vi raccomando di essere sempre molto devoti della Madonna, Vergine Ausiliatrice, che veglierà su ciascuno di voi e vi aiuterà a conseguire la statura di uomini nuovi per un mondo rinnovato dal fermento del Vangelo. Vi benedico tutti, insieme ai sacerdoti vostri formatori e alle vostre famiglie.

Data: 1990-04-23

Lunedi 23 Aprile 1990

A vescovi delle Filippine in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Incentrate la vostra vita su Cristo e sul Vangelo

Cari fratelli vescovi.


1. Nella gioia del Cristo risorto vi accolgo, membri della Conferenza Episcopale delle Filippine, in visita "ad limina", e non vedo l'ora di incontrare, più in là, gli altri gruppi di vescovi del vostro amato Paese. Voi siete venuti nella città che preserva i "trophaea" degli apostoli Pietro e Paolo, la sede di Roma che è a capo nell'amore di tutte le Chiese, per manifestare la comunione che ci unisce nel Collegio dei successori degli apostoli. Questa comunione con il successore di Pietro è la garanzia della vostra appartenenza alla Chiesa una, santa, cattolica e apostolica, essa suscita e dà forza alla vostra sollecitudine per il bene della Chiesa universale nell'unità della fede, nella disciplina e nell'amore per tutti i suoi membri, specialmente per i poveri e coloro che sono nel bisogno e nella persecuzione a causa della giustizia (cfr. LG 23).

Tutta la Chiesa risplende della luce del mistero pasquale da poco celebrato. Nel Signore risorto noi riconosciamo "il primo pastore" che ci ha inviati a servire il gregge di Dio, che ci è affidato (cfr. 1P 5,24). La certezza della vittoria finale di Cristo sul peccato e sulla morte ci ricolmi di gioia nell'esercizio del nostro ministero episcopale. Oggi affidiamo a lui i vostri sacerdoti, i religiosi e le religiose che cooperano al vostro apostolato, le persone che voi servite nel nome del Signore in ognuna delle vostre Chiese particolari. Vi prego di rassicurare tutti loro della mia profonda affezione in Cristo e delle mie preghiere per il loro progresso spirituale e temporale.


2. Fratelli: siete stati chiamati per pascere la Chiesa di Dio nelle Filippine in un tempo in cui sono state poste domande molto precise sulla fede e la fedeltà.

Nelle vostre lettere pastorali degli ultimi anni, avete indicato e descritto alcuni dei problemi scottanti di fronte a cui sono la società e la Chiesa del vostro Paese. In molte occasioni avete levato una voce contro l'alto livello di violenza che miete tante vittime innocenti (cfr. Lettera pastorale dei vescovi filippini "Solidarietà per la Pace", 12 luglio 1988). Avete espresso la profonda preoccupazione per l'enorme povertà e per l'ineguaglianza che affligge la maggioranza del vostro popolo ("Aver sete di Giustizia", 14 luglio 1987). Avete richiamato l'attenzione sui mali morali che sono diventati "di ordinaria amministrazione nella vita pubblica della (vostra) Nazione" ("Non rubare", 11 gennaio 1989). Allo stesso tempo non avete mancato di esprimere la fiducia nella capacità del popolo filippino di affrontare queste sfide attingendo alle risorse spirituali della sua eredità cristiana. Avete chiesto una nuova solidarietà sociale. E voi intendete questa solidarietà nel modo in cui io l'ho descritta nell'enciclica "Sollicitudo Rei Socialis" (SRS 39): "La solidarietà ci aiuta a vedere l'altro - persona, popolo o Nazione - non come uno strumento qualsiasi, per sfruttarne a basso costo la capacità di lavoro e la resistenza fisica, abbandonandolo poi quando non serve più, ma come un nostro "simile", un "aiuto" (cfr. Gn 2,18 Gn 2,20), da rendere partecipe, al pari di noi, del banchetto della vita, a cui tutti gli uomini sono egualmente invitati da Dio. Di qui l'importanza di risvegliare la coscienza religiosa degli uomini e dei popoli". Come ha affermato uno di voi: "La trasformazione della società filippina va oltre la capacità delle prescrizioni politiche ed economiche. Ma può essere raggiunta attraverso il coinvolgimento degli uomini (e delle donne) animati dalla visione e dal vigore generati dallo Spirito" (Discorso dell'arcivescovo Leonardo Legaspi, 29 gennaio 1990).


3. Vi incoraggio ardentemente, pastori del gregge di Cristo, nell'insistere su questo approccio. Qual è il vostro contributo specifico ai bisogni del vostro popolo? Qual è il "dono spirituale" (Rm 1,11) che è stato dato a voi per il bene dei vostri fratelli e delle vostre sorelle? Non è nient'altro che il "Vangelo" di nostro Signore Gesù Cristo, che è "potenza di Dio per la salvezza". così, nel mezzo del santo popolo di Dio, il vescovo in maniera particolare è chiamato a incentrare la sua vita su Cristo, fonte di salvezza: è chiamato a ricercare l'amicizia di Cristo nella preghiera, a celebrare i sacri misteri con fecondità spirituale per se stesso e per il suo popolo, a comportarsi in modo tale che il suo esempio personale porti i suoi fratelli e le sue sorelle a una fede sempre più profonda, a una speranza e a un amore cristiani. L'essenziale grandezza del vostro ministero quindi risiede nel fatto che voi non presentate una dottrina umana, per quanto intelligente, ma la realtà vivente della Parola Incarnata, così che credendo tutti possano avere la vita nel suo nome (cfr. Jn 20,31). E' questa "vita", quindi, che dovrebbe risplendere nel comportamento personale e collettivo dei membri della Chiesa. Poiché, per la loro particolare sensibilità ai valori spirituali, i Filippini si aspettano che i loro vescovi, sacerdoti e religiosi riflettano quella pace interiore e quella nobiltà che viene dalla vicinanza a Dio.

Proprio dalla vostra esperienza voi sapete che il ministero sacerdotale ed episcopale è alimentato dalla conversione personale ("metanoia") e dall'instancabile tensione alla santità di vita.


4. Allo scopo di enfatizzare la grande necessità di trasmettere l'elemento essenziale della fede all'attuale generazione dei Filippini, voi avete proclamato il 1990 l'"Anno catechistico nazionale", con lo scopo di provvedere a una catechesi più efficace, più estesa e continua nelle vostre comunità cattoliche. A questo riguardo è appropriato richiamare le parole della sessione straordinaria del Sinodo dei vescovi del 1985 (II, B, 2): "Oggi, in ogni luogo della terra, la trasmissione ai giovani della fede e dei valori morali derivanti dal Vangelo è in pericolo". Vi siete sentiti ispirati a richiamare le vostre Chiese locali a questo particolare proposito nel campo della catechesi perché i bambini e i giovani, che costituiscono un'alta percentuale della popolazione filippina, spesso mancano dell'opportunità di ricevere un'educazione, compresa l'istruzione religiosa. Voi siete consapevoli anche della necessità di aiutare il vostro popolo ad applicare la loro fede religiosa alle realtà della vita in maniera più concreta. Un anno dedicato al tema della catechesi può ben servire ad attirare l'attenzione su questo aspetto essenziale della vita della Chiesa, mentre anche a lunga scadenza dev'esserci un profondo impegno da parte della Chiesa nelle Filippine per risollevare il livello della conoscenza e della cultura religiose. Soltanto in questo modo il messaggio del Vangelo può veramente penetrare e innalzare la società filippina.

Questa nuova e più profonda evangelizzazione richiede una direzione zelante ed esperta. Un vescovo ha una responsabilità personale nell'insegnare la fede della Chiesa. Lui stesso ha bisogno perciò di tempo per leggere, per studiare e per assimilare devotamente i contenuti della tradizione e del magistero della Chiesa. Molte richieste che richiedono tempo gravano su di voi nell'adempimento del vostro ruolo profetico, sacerdotale ed episcopale, e io sono pienamente consapevole della generosità con cui voi rispondete. A questo riguardo, la valutazione che gli apostoli hanno fatto della loro attività - "Non è giusto che noi trascuriamo la parola di Dio per il servizio delle mense" (Ac 6,2) - serve come linea di condotta per i successori di tutti i tempi, ricordando loro che certi doveri fondamentali e le priorità maggiori devono essere perseguite con saggia determinazione. Gli impegni amministrativi e sociali, comunque inevitabili, devono essere armonizzati con i doveri fondamentali. I vescovi hanno bisogno di praticare una sussidiarietà che lasci ampio spazio alla cooperazione di sacerdoti e di laici qualificati in attività non strettamente legate al loro servizio pastorale.


5. Di speciale importanza per il futuro della Chiesa nelle vostre diocesi, nel vostro Paese, e in verità per la crescita della Chiesa in tutta l'Asia, è la questione dell'appropriata formazione dei vostri sacerdoti. In preparazione alla prossima sessione del Sinodo dei vescovi, vi siete incontrati nel gennaio scorso per discutere questo problema. Alcuni aspetti di questa realtà ecclesiale meritano un'ulteriore riflessione. Il primo è la necessità di enunciare una dottrina esatta e completa del sacerdozio cattolico. L'azione segue il pensiero, è quindi essenziale evitare di costruire programmi educativi su vedute parziali del sacramento dell'Ordine e del ministero dei sacerdoti. In secondo luogo, desidero incoraggiarvi a continuare l'intelligente e generoso indirizzo seguito da molti vescovi filippini, ossia di identificare ed educare sacerdoti che possano prontamente ed efficacemente servire nei seminari, dividendo le risorse umane e finanziarie con le diocesi o le regioni che non possono provvedere da sole a una buona formazione.

La cura pastorale e spirituale dei vostri sacerdoti e seminaristi sta al centro del vostro ministero episcopale. Come pastori, sapete che nessuno sforzo di preghiera, studio e lavoro può essere risparmiato in questa parte della vigna del Signore. In particolare i sacerdoti ordinati recentemente, nel primo anno del loro ministero, hanno bisogno di un'attenzione e di una guida speciali. Talvolta questi si trovano soli e privi della forza spirituale e dell'esperienza sufficienti per affrontare le inevitabili difficoltà. Sapete bene che la vostra presenza, paterna e discreta allo stesso tempo, può essere molto preziosa. Inoltre, i sacerdoti che hanno lasciato le loro diocesi per ragioni che non sono del tutto sufficienti devono essere invitati a risolvere le loro difficoltà e a tornare ai propri doveri. Dio benedice le vostre Chiese particolari con l'aumento delle vocazioni al sacerdozio e alla vita religiosa. Vi incoraggio a non lasciare che altri bisogni, apparentemente più urgenti, vi distraggano dalla parte migliore delle vostre risorse nella formazione spirituale e accademica di questi giovani uomini.


6. Il fardello già pesante del vostro ministero è ulteriormente aggravato dagli effetti del proselitismo attuato da numerose sette e da gruppi religiosi fondamentalisti. Quando questi gruppi confondono i fedeli circa le verità fondamentali della fede e presentano una falsa interpretazione delle Scritture, o minacciano gli elementi popolari della cultura cattolica, tutta la comunità cattolica deve rispondere con rinnovati sforzi di evangelizzazione. I membri della Chiesa devono essere resi più consapevoli della loro identità cattolica e impegnarsi in modo più personale nelle loro comunità locali. Questo in nessun modo diminuisce l'autentico ecumenismo e la cooperazione che devono caratterizzare i vostri rapporti con le altre Chiese cristiane e con le comunità ecclesiali prendendo parte all'attuale movimento ecumenico che il Concilio ha visto come ispirato dallo Spirito Santo (cfr. UR 1).


7. Cari fratelli, ho elencato solo alcune delle molte sfide che dovete affrontare giorno dopo giorno nel vostro ministero episcopale. Nel nome del Signore vi sono grato per la generosità con la quale vi sforzate di adempiere alle vostre responsabilità. Voi siete privilegiati nel servire la Chiesa nel maggior Paese cattolico dell'Asia. Il sentiero della Chiesa nel vostro vasto continente deve essere il sentiero preso da Cristo stesso, il quale "pur essendo di natura divina... spoglio se stesso, assumendo la condizione di servo" (Ph 2,6). perciò voi non operate per la gloria terrena ma allo scopo di diffondere l'umiltà e l'abnegazione, anche attraverso il vostro esempio personale (cfr. LG 8). In tutto ciò, voi e il vostro fedele popolo avete un potente incentivo e modello nella benedetta Vergine Maria alla quale voi siete profondamente devoti.

Che ella interceda per voi, per i sacerdoti, per i religiosi e i laici delle vostre diocesi, così che la parola di Dio possa radicarsi sempre più profondamente nelle menti e nei cuori di tutti, e così che il vero amore e la solidarietà siano mostrati a coloro che sono nel bisogno, soprattutto ai bambini, agli anziani e ai malati. Vi benedico.

Data: 1990-04-24

Martedi 24 Aprile 1990


GPII 1990 Insegnamenti - Al "Regina Coeli" - Santuario di Velehrad (Repubblica Federativa Ceca e Slovacca)