GPII 1990 Insegnamenti - Ai fedeli dinanzi la Basilica di Guadalupe - Città del Messico (Messico)

Ai fedeli dinanzi la Basilica di Guadalupe - Città del Messico (Messico)

Titolo: "Sono venuto per essere vicino a quanti hanno più bisogno"

Carissimi fratelli e sorelle, Che gioia essere nuovamente tra voi e ai piedi della Vergine di Guadalupe! Il mio cuore si leva in azione di ringraziamento a Dio perché, nella sua provvidenza amorevole, mi consente di stare tra i cari figli e figlie del Messico, per condividere alcune giornate di fede uniti nell'amore a Gesù Cristo.

Vi ringrazio, dal profondo del mio cuore, per la vostra presenza qui, questo pomeriggio, per celebrare, con il Papa, la Beatificazione di cinque figli prediletti di queste terre, che Dio ha voluto benedire in modo particolare e che ha posto sotto la protezione materna di Nostra Signora di Guadalupe. Tornando alle vostre case, portate a tutti il saluto affettuoso del Papa. Sono venuto a visitarvi perché vi amo, perché rappresentate una parte scelta della Chiesa di Cristo, perché desidero essere vicino a coloro che più ne hanno bisogno: i poveri, i malati, quanti soffrono nel corpo o nello spirito.

Da Guadalupe, cuore del Messico, benedico tutti e vi raccomando alla protezione della Vergine.

(Traduzione dallo spagnolo)

Data: 1990-05-06

Domenica 6 Maggio 1990

Alla Messa per i fedeli della diocesi di Netzahualcoyotl nella spianata Xico di Chalco - Città del Messico (Messico)

Titolo: Dinanzi a tanta povertà non si può vivere e dormire tranquilli

Carissimi fratelli e sorelle,


1. Giungendo a Chalco, nel vedere la folla di uomini e donne, di giovani e bambini che sono venuti desiderosi di ascoltare la Parola di Dio, mi viene in mente l'esclamazione di Gesù: "Sento compassione di questa folla: ormai da tre giorni mi vengono dietro e non hanno da mangiare. Non voglio rimandarli digiuni, perché non svengano lungo la strada" (Mt 15,32).

E Gesù, che sapeva di essere Pastore vero, sazio la loro fame, guari le loro malattie ed insegno loro la Buona Novella del Regno di Dio (cfr. Mt 9,35-36 Mt 15,32).

Quale meravigliosa "seduzione" emanava la persona di Gesù, che trascinava dietro di sé folle che dimenticavano persino di mangiare per essere accanto a lui ed ascoltare la sua parola! Quale desiderio irresistibile di avvicinarsi alla fonte della Vita per soddisfare le ansie più profonde del cuore umano! Che sensibilità ed umanità quelle di Gesù, al quale la predicazione del Regno di Dio non fa dimenticare il bisogno del sostentamento giornaliero di coloro che lo seguono! Oggi come ieri, Gesù è ancora in mezzo a noi come Buon Pastore. Anche oggi a Chalco Gesù è il Buon Pastore del gregge cristiano, qui riunito attorno al Successore di Pietro, a cui Cristo ha affidato il compito di pascere le sue pecorelle e di confermare la fede dei suoi fratelli.

Cristo continua ad offrirci a piene mani il Pane del suo Corpo e il Vino del suo Sangue nella celebrazione eucaristica, come alimento per camminare sulla via della nostra vita cristiana. E, oltre a ciò, ci dà il Pane della Parola, il lieto annuncio dell'amore che Dio ha per noi nel renderci suoi figli ed eredi delle promesse della felicità futura.


2. Abbiamo appena ascoltato le parole del Vangelo di San Giovanni: "Io sono il buon pastore" (Jn 10,11). Cristo presenta se stesso con l'immagine umile e vicina del Buon Pastore. Un'immagine che parla di cure e di veglie, un'immagine che ispira fiducia. La parabola del Buon Pastore prosegue la tradizione dei Profeti dell'Antico Testamento, che chiamavano Dio "Pastore di Israele". In Cristo, mandato dal Padre, si compie pienamente quello che i profeti avevano annunciato.

Dinanzi alle folle che lo seguono, Gesù "ne senti compassione, perché erano stanche e sfinite, come pecore senza pastore" (Mt 9,36). Il Signore, diversamente dai falsi capi del popolo, che come mercenari fuggono nel momento della prova, si presenta come il Pastore buono e vero, perché è disposto a dare la vita per le sue pecore. La testimonianza suprema e la prova più nobile di Cristo come Buon Pastore è quella di dare la vita per le sue pecorelle: e lo farà sulla Croce, su cui offre il sacrificio di se stesso per i peccati di tutto il mondo.

Questa Croce e questo sacrificio sono il segno che distingue in maniera radicale e trasparente il Buon Pastore da chi non lo è, da chi è soltanto un mercenario.

La Croce e il sacrificio, amatissimi fratelli e sorelle, ci consentono di distinguere tra il Buon Pastore e i falsi pastori, o mercenari. Nel corso della storia si sono succeduti non pochi "pastori" - capi, duci, condottieri, ideologi e creatori di opinioni, o di correnti di pensiero - che hanno cercato di "pascere" e guidare il popolo verso paradisi artificiali e verso terre promesse di libertà, di benessere, di giustizia, di piena realizzazione, volendo prescindere da Dio e dalla sua santa legge. Ed uno dietro l'altro, giunto il pericolo - giunta l'ora della verità nell'inesorabile cammino della storia - si sono dimostrati falsi pastori, servitori non della verità e del bene, ma di interessi particolari, di ideologie e sistemi che si rivoltavano contro l'uomo.

Cristo, invece, come Buon Pastore va incontro alla Croce, perché conosce le sue pecorelle e sa che il sacrificio di sé è necessario per la loro salvezza.

Occorre che Lui offra la sua vita per le pecorelle. Si. Il Buon Pastore conosce le sue pecorelle e le pecorelle conoscono lui. Lo conoscono come loro Redentore.

In quest'ora della storia, in cui assistiamo a profonde trasformazioni sociali e ad una nuova configurazione di molte regioni del pianeta, occorre proclamare che quando popoli interi si sentivano sottoposti all'oppressione di ideologie e di sistemi politici dal volto inumano, la Chiesa, continuatrice dell'opera di Cristo, Buon Pastore, ha sempre levato la sua voce e agito in difesa dell'uomo, di ciascun uomo e di tutto l'uomo, soprattutto dei più deboli e indifesi. Ha difeso tutta la verità sull'uomo, poiché "l'uomo è il cammino della Chiesa", come ho già detto all'inizio del mio Pontificato.

La difesa della verità sull'uomo ha portato alla Chiesa, come accadde al Buon Pastore, sofferenze, persecuzioni e morte. La Chiesa ha dovuto pagare nella persona dei suoi Pastori, dei suoi sacerdoti, dei suoi religiosi e religiose, dei suoi fedeli laici, anche in tempi recenti, un altissimo prezzo di persecuzione, carcere e morte. Essa lo ha accettato sull'altare della fedeltà alla sua missione e alla sequela del Buon Pastore, consapevole che "Un servo non è più grande del suo padrone. Se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi" (Jn 15,20).

Cristo, Buon Pastore, obbedendo al Padre, offre la sua vita liberamente e amorevolmente per la redenzione degli uomini (cfr. Jn 10,18).


3. Gesù dice ancora nella sua parabola: "E ho altre pecore che non sono di questo ovile; anche queste io devo condurre; ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge e un solo pastore" (Jn 10,16).

Alla luce di queste parole si spiega l'atteggiamento dell'Apostolo San Pietro nell'episodio della conversione del centurione romano Cornelio, che abbiamo ascoltato nella prima Lettura della nostra celebrazione. Cristo, infatti, ha altre pecore, che sono sparse su tutta la terra, in tutte le Nazioni. E' necessario, quindi, che Lui, Buon Pastore, le conduca costantemente, attraverso il ministero degli Apostoli e dei loro successori, all'unità del gregge di Dio.

Missione della Chiesa, continuatrice della missione di Cristo, è quella di condurre tutte le pecore verso l'unico gregge di Cristo, per raggiungere quell'unità che egli chiese al Padre nella preghiera dell'Ultima Cena. E, una volta riunite sotto un'unica guida, mantenere la loro comunione con Cristo e tra di loro.

La sollecitudine del Buon Pastore comprende tutti gli uomini e tutte le Nazioni. Anche gli abitanti della Valle di Chalco, questo vasto agglomerato umano che, come città satellite, sorge oggi dove fino a pochi decenni fa vi erano soltanto campi aperti. Anche a voi, abitanti della Valle di Chalco, di Netzahualcoyotl e zone limitrofe, si estende la sollecitudine del Buon Pastore, la sua preoccupazione per la vostra fede cristiana e per la vostra promozione integrale.

In molti di voi scorgo il volto di Cristo sofferente: volti di bambini vittime della povertà, bambini abbandonati, senza scuola, senza un sano ambiente familiare; volti di giovani disorientati perché non trovano un posto nella società, frustrati per mancanza di opportunità professionali e di lavoro; volti di operai spesso mal retribuiti e che hanno difficoltà ad organizzarsi e a difendere i loro diritti; volti di sottoccupati e disoccupati, licenziati per le dure esigenze di crisi economiche; volti di madri e padri di famiglia angosciati perché non hanno i mezzi di sostentamento e di educazione per i loro figli; volti di emarginati ammassati nelle metropoli, colpiti non soltanto dalla carenza di beni materiali, ma anche dal degrado e dall'inquinamento dell'ambiente; volti di anziani, indifesi e dimenticati (cfr. Puebla, 31-39).

Su questo popolo, che porta sul suo volto i tratti dolenti di Cristo, si sentono le parole del Buon Pastore: "Misereor super turbam" (Mt 15,33). "Ho compassione per le folle, perché sono stanche e sfinite, come pecore senza pastore" (cfr. Mt 9,36). La sollecitudine di Cristo è oggi la sollecitudine della Chiesa, la sollecitudine del Papa e dei Vescovi. Con le parole del Concilio Vaticano II ripetiamo: "Le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d'oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono, sono pure le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo, e nulla vi è di genuinamente umano che non trovi eco nel loro cuore" (GS 1).

I Vescovi dell'America Latina, riuniti a Puebla dieci anni fa per celebrare la III Conferenza Generale sul presente e il futuro dell'Evangelizzazione, hanno ripetuto - nella scia della Conferenza di Medellin - l'opzione preferenziale per i poveri del continente, come segno della carità evangelica. Oggi, nel prepararci a celebrare a Santo Domingo la IV Conferenza Generale dell'Episcopato Latinoamericano, desidero riaffermare che è sempre nel cuore della Chiesa l'opzione per i poveri, la quale, senza essere esclusiva - poiché l'universalità della redenzione offerta da Cristo comprende tutti gli uomini senza distinzione - è, certamente, segno inequivocabile della sua fedeltà a Lui.


4. "Cristo Gesù, da ricco che era, si fece povero per arricchire noi per mezzo della sua povertà (cfr. 2Co 8,9). In questo testo San Paolo parla del mistero dell'Incarnazione del Figlio eterno, che ha voluto assumere una natura umana mortale per salvare l'uomo dalla miseria, in cui il peccato l'aveva immerso" (Libertatis Conscientia, 66). La sua povertà ci mostra in cosa consista la vera ricchezza, che bisogna cercare nella comunione di vita con Dio e nella capacità di servire e di donarsi agli altri.

La povertà che Gesù ha chiamato beata, è fatta di distacco, di fiducia in Dio, di sobrietà e disponibilità a condividere con gli altri, di senso della giustizia, di fame del Regno dei cieli, di disponibilità ad ascoltare la parola di Dio e a custodirla nel cuore (cfr. Ibidem).

Diversa è la povertà che opprime una moltitudine di nostri fratelli nel mondo ed impedisce il loro sviluppo integrale come persone. Dinanzi a questa povertà, che è carenza e privazione la Chiesa leva la sua voce invocando e suscitando la solidarietà di tutti per debellarla.

Voi, abitanti della Valle di Chalco, di gran parte di questa Diocesi di Netzahualcoyotl e tante altre persone e famiglie dei sobborghi di Città del Messico e di altre città del Paese, sapete cos'è la carenza e la privazione.

Oggi come ieri, la Chiesa, escludendo opzioni di parte e di natura conflittuale, vuole essere la voce di coloro che non hanno voce; vuole rendere testimonianza della dignità dell'uomo ed essere suo sollievo e difesa. Guardando la storia del Messico, non possiamo fare a meno di ricordare quei missionari ed evangelizzatori della prima ora, che furono campioni della promozione e della difesa dell'indigeno, del povero: Fra Toribio de Benavente, conosciuto come "Motolinia", il povero; Fra Juan de Zumarraga, Fra Bernardino de Sahagun, Don Vasco de Quiroga, chiamato dal popolo "Tata Vasco"; Fra Pietro di Gand, Fra Bartolomé de las Casas e tanti altri che dedicarono le loro vite a spargere il buon seme del Vangelo in questa grande Nazione. Essi, come i molti che continuarono la loro opera durante questi cinque secoli, erano convinti che "il miglior servizio al fratello è l'evangelizzazione che lo dispone a realizzarsi come figlio di Dio, lo libera dalle ingiustizie e lo promuove integralmente" (Puebla, 1145). In quest'aiuto al fratello bisognoso, soprattutto al più debole, la Chiesa cerca di esercitare il comandamento supremo della legge, che è di amare Dio con tutto il cuore e il prossimo come se stessi (cfr. Mt 22,37-40).

La Chiesa pratica la carità attraverso molteplici opere di misericordia materiale e spirituale, che sono altrettanti modi di servire l'uomo che patisce il bisogno. Più ancora, essa traduce il compimento del comandamento dell'amore in una prassi cristiana, che è la morale sociale cristiana, fondata sul Vangelo e sulla tradizione viva della Chiesa e presentata dal suo Magistero. Le grandi sfide della nostra epoca, come la situazione in cui si trovano gli abitanti della Valle di Chalco e di molte altre zone simili del Messico e dell'America Latina, costituiscono un appello urgente a mettere in pratica la Dottrina Sociale della Chiesa.


5. Prossimi già alla commemorazione del primo centenario dell'Enciclica Rerum Novarum di Papa Leone XIII, non possiamo fare a meno di ricordare la vasta portata della sua dottrina. La dimensione sociale "appartenne fin dall'inizio all'insegnamento della Chiesa stessa, alla sua concezione dell'uomo e della vita sociale e, specialmente, alla morale sociale elaborata secondo le necessità delle varie epoche" (LE 3). Questo patrimonio tradizionale è lo sforzo di tanti figli della Chiesa di praticare la carità sociale, vengono raccolti dal Magistero Pontificio (cfr. Ibidem LE 3) e contribuiscono a costituire un corpus dottrinale che serve da orientamento sicuro per quanti hanno la responsabilità delle realtà terrene.

Incoraggio quindi tutti ad approfondire il pensiero sociale cattolico, che ha la sua sorgente più profonda nella Rivelazione. Ascoltate l'insegnamento sociale della Chiesa, aderite ad esso in modo vitale, lasciando che illumini la vostra condotta e vi trasformi in propagatori instancabili dei principi di giudizio e di azione che vi offre il Magistero, facendo giungere i suoi contenuti a tutti gli uomini e donne del Messico. La Valle di Chalco potrà trasformarsi in questo modo in un esempio eloquente di quanto è capace di produrre la virtù cristiana della solidarietà quando ha calato nella coscienza, nel cuore e nella pratica di un popolo cristiano, la Dottrina Sociale della Chiesa.

Esorto quindi i cristiani e tutti gli uomini di buona volontà del Messico a risvegliare una coscienza sociale di solidarietà: non possiamo vivere e dormire tranquilli mentre migliaia di nostri fratelli, molto vicini a noi, mancano di ciò che è più indispensabile per condurre una vita umana degna.

Desidero anche rivolgere un'esortazione paterna agli abitanti della Valle di Chalco e di Netzahualcoyotl, affinché siano loro i primi e i principali artefici della loro promozione attraverso il lavoro personale, l'economia domestica e l'educazione dei figli. La partecipazione attiva alle parrocchie e alle comunità ecclesiali darà abbondanti frutti di carità, solidarietà ed impegno per la giustizia, come esigenza di un'intensa vita cristiana che si nutre dell'Eucarestia e dell'ascolto della Parola di Dio. Il vostro assiduo rapporto con Dio si tradurrà anche in una più solida formazione alle verità della nostra fede cattolica, per affrontare così le sollecitazioni delle sètte e dei gruppi che cercano di allontanarvi dal vero gregge del Buon Pastore.


6. "L'anima mia anela a te, o Dio" (Ps 41/42,2). Nella nostra Liturgia di oggi risuona questo grido: Sete di Dio! E' un grido eterno e universale, ripetuto da tanti cuori. E' un grido che risuona anche oggi, qui, in mezzo a questa comunità della Valle di Chalco e di Netzahualcoyotl.

Vi sono certamente tante carenze umane che si fanno sentire nella vita della grande città, ed in particolare in questa regione. Tuttavia, al di sopra di tutte queste necessità, di tutti questi desideri, tanto spesso non soddisfatti, si sente insistentemente la sete di Dio, che Sant'Agostino ha espresso con quelle memorabili parole: "Ci hai fatti, Signore, per te e il nostro cuore è inquieto finché non riposa in te" (Confessioni 1,1). Il nostro cuore, cari fratelli e sorelle, ha sete del Dio vivo! Il Buon Pastore viene incontro a questo desiderio: egli conosce l'uomo nel suo intimo e ha riscattato il desiderio che egli sente per Dio, offrendo sulla croce la vita per le sue pecore (cfr. Jn 10,11). "L'anima mia anela a te, o Dio".

Quando l'uomo sospira per il Dio vivo, soltanto il Buon Pastore conosce la profondità del suo desiderio, poiché soltanto il Figlio conosce il Padre.

Cari fratelli e sorelle, chiedo a Dio che gli insegnamenti del Buon Pastore mettano radici nei vostri cuori e penetrino nella vita delle vostre comunità cristiane. Possa il Buon Pastore condurre tutti coloro per i quali ha offerto la propria vita, alla pienezza che egli stesso desidera per noi: perché "abbiano la vita e l'abbiano in abbondanza" (Jn 10,10)! Raccomando alla Vergine Santissima, Santa Maria di Guadalupe, la comunità della Valle di Chalco e di tutta la diocesi di Netzahualcoyotl. Possa lei, che è la Madre del Buon Pastore, accompagnarvi con particolare amore e tenerezza e ripetervi oggi quello che sulla collina del Tepeyac disse all'indio Juan Diego: "Figlio mio, Juan Diego, il più piccolo dei miei figli, cosa temi? Non sono qui con te, io, che sono tua Madre?" (Nican mopohua).

Così sia.

(Traduzione dallo spagnolo)

Data: 1990-05-07

Lunedi 7 Maggio 1990

Alla celebrazione della Parola - Malecon di Veracruz (Messico)

Titolo: L'evangelizzazione è segnata dalla croce

Carissimi fratelli e sorelle,


1. Dalle coste del Golfo del Messico, via provvidenziale per la venuta del Vangelo in questa terra benedetta, saluto con vivo affetto quanti questa sera hanno voluto radunarsi nel Malecon per rendere grazie a Dio per l'evangelizzazione dell'America.

E' questo il saluto del Papa che desidera riunire in un abbraccio di gioia e di speranza, in primo luogo, i suoi Fratelli dell'Episcopato. In particolare il Vescovo di questa Diocesi, Veracruz, l'Arcivescovo di Jalapa e i Vescovi della regione pastorale del golfo: Coatzacoalcos Papantla, San Andrés, Tuxtla e Tuxpan.

Allo stesso modo saluto voi, sacerdoti, missionari, religiosi, religiose e laici impegnati che, con generosa dedizione, continuate l'opera di portare la Buona Novella alle famiglie, nelle scuole, nei luoghi di lavoro e in quelli di svago. Saluto voi tutti fedeli qui presenti che avete atteso con tanta speranza questo incontro, espressione della fede e dell'amore che è racchiuso nei vostri cuori.

Come Vescovo di Roma e Successore di San Pietro sono molto felice di unirmi a tutti voi per ringraziare Dio, Uno e Trino, per l'opera incessante e piena di sacrifici di tutti coloro che in questi cinque secoli hanno annunciato la Parola del Vangelo al vostro popolo, e di tutti coloro che oggi, in questi ultimi anni del secondo millennio cristiano continuano ad annunciarla. "Come sono belli sui monti i piedi del messaggero di lieti annunzi che annunzia la pace, messaggero di bene! esclamiamo con il Profeta Isaia" (52,7).

Ci troviamo qui, a Veracruz, per celebrare con gioia la nostra fede e chiedere al Signore che continui a far nascere nuovi evangelizzatori.

L'evangelizzazione, cari fratelli e sorelle, è caratterizzata dal segno della Croce, dalla Vera Croce.

Tra due anni festeggeremo un evento di fondamentale importanza: il V Centenario dell'incontro tra il modo europeo e il vostro continente, il Nuovo Mondo. Fu questo un incontro tra razze e culture che diede forma al vostro Paese, dove la scoperta, la conquista e l'evangelizzazione occupano un posto decisivo, luminoso nel suo insieme anche se non scevro da ombre. Ma il profondo sguardo cristiano ci permette di scoprire nella storia l'amoroso intervento di Dio, nonostante i limiti propri di ogni opera dell'uomo. Nel fiume della storia avvengono misteriose confluenze di peccato e di grazia ma nel corso della storia stessa la grazia trionfa sul potere del peccato: "laddove è abbondato il peccato ha sovrabbondato la grazia" (Rm 5,20) ci dice l'Apostolo San Paolo.


2. A questo bellissimo porto che ha il nome della Vera Croce spetta la gloria di essere stato la porta attraverso la quale, nel 1523, sotto lo stendardo della Croce giunsero in Messico i primi evangelizzatori: tre francescani, tra i quali Fra Pietro Di Gand; un anno dopo un altro gruppo di dodici religiosi. A San Juan de Ulua ebbe inizio la storia cristiana della vostra patria; il messaggio di Cristo l'ha plasmata profondamente ed efficacemente nella sua mentalità, nella sua cultura, nelle sue radici, modellando la sua fisionomia e contribuendo più di qualunque altro fattore culturale alla sua identità etnica e nazionale. Tutto questo ha fatto si che il Messico occupi oggi un posto particolare tra le Nazioni.

L'evangelizzazione iniziata allora è ancora in cammino e questo V Centenario deve essere per tutti un'occasione propizia per darle maggiore impulso e vitalità. Per questo i Vescovi di tutta l'America Latina si riuniranno a Santo Domingo, nel 1992, per riflettere sulla situazione attuale della Chiesa in questi Paesi e per delineare, sotto la guida dello Spirito Santo, il compito che noi tutti dobbiamo adempiere nell'imminenza del terzo millennio dell'era cristiana.

Infatti, l'opera di annunciare il Vangelo a tutte le Nazioni che - come abbiamo appena ascoltato dalla lettura del Vangelo di San Marco - Cristo affido alla sua Chiesa - è una responsabilità di tutti e di ognuno di noi che, per la Grazia del Signore, siamo e ci facciamo chiamare cristiani. Dopo aver iniziato cinque secoli fa questa missione ecclesiale del nuovo continente, Cristo, risorto ed elevato alla destra del Padre, ci invia nuovamente ad evangelizzare tutte le genti (cfr. Mt 28,19).

L'evangelizzazione dell'America, suscitata dal Signore e frutto dell'azione di tanti uomini, incontro molti limiti e difficoltà che ancora oggi attendono uno studio obiettivo della storia per essere viste nella loro vera luce; ma si ebbero anche grandi successi come dimostrano le splendide opere che sono servite come modello e supporto al cammino del vostro popolo durante questi secoli e che ora è necessario potenziare e rivitalizzare mediante una visione sempre più chiara, più solidale e più fedele alla Parola del Signore.


3. Molte figure, ricche di un profondo spirito di fede e di grande valore umano, possono servirci da guida per una rinnovata evangelizzazione alla quale la Chiesa è stata chiamata in America Latina. Ricordiamo, per esempio, Frate Juan de Zumarraga, primo Vescovo di Città del Messico che merito il titolo di "difensore degli Indios" e che tanto si adopero per la catechesi non solo degli indigeni ma anche dei colonizzatori, che insieme dettero origine alla vostra caratteristica razza meticcia. Un primo frutto importante di questa catechesi fu l'indio Juan Diego, che ho avuto la gioia di beatificare ieri e che il Signore scelse, attraverso sua Madre, per iniziare l'azione evangelizzatrice del Messico. Don Vasco de Quiroga, primo Vescovo di Michoacan, adempi alla sua missione episcopale come autentico padre dei "tarascos" tanto che viene chiamato affettuosamente "Tata Vasco"; con affetto di padre si impegno interamente nell'educazione e nella promozione dei fedeli che il Signore gli aveva affidato: i suoi "ospedali" erano molto di più di quanto oggi si intende con questa parola perché comprendevano scuole, laboratori, magazzini e tutti gli elementi di un centro artigiano e agricolo, con utensili e attrezzi agricoli, eccetera. Ancora oggi possiamo apprezzare l'eredità culturale e cristiana della sua eroica opera missionaria e civilizzatrice a favore delle popolazioni del Michoacan. Frate Bartolomè de las Casas Vescovo di Chiapas prese un atteggiamento poco comune nel suo tempo, cioè quello di proclamare la dignità della persona umana degli indigeni e di adottare i loro punti di vista, facendo proprie le loro sofferenze, le loro tristezze, il loro stato di prostrazione; fu sempre disposto a levare la sua voce in difesa dei diritti dei più deboli e dei più bisognosi, nei quali vedeva il volto di Cristo.

Ecco dunque tre figure diverse, tre modelli differenti di evangelizzatori, degni di un posto di rilievo tra i grandi pionieri dell'azione missionaria. Loro tre e molti altri resero viventi in Messico le parole di San Paolo: "Pur essendo libero da tutti mi sono fatto servo di tutti per guadagnarne il maggior numero" (1Co 9,19). Ma il lavoro apostolico di tanti sacerdoti e religiose deve essere visto insieme all'azione missionaria di tutta la Chiesa che riceve da Cristo il mandato di andare a predicare il Vangelo a tutte le Nazioni.

Per questo, con i Vescovi latinoamericani nella Conferenza di Puebla, bisogna dire: "L'opera evangelizzatrice della Chiesa in America Latina è il risultato dell'unanime sforzo missionario di tutto il popolo di Dio" (n. 9).

E' questa chiamata comunitaria a rendere presente la Buona Novella tra gli uomini continua ad essere viva e necessaria ai nostri giorni.


4. Durante questi cinque secoli, la vostra storia cristiana ha percorso diverse tappe e oggi la Chiesa, pellegrina in Messico, può giustamente gloriarsi di essere una comunità viva, operante e aperta al futuro. Mi riempie di gioia sapere che voi cattolici messicani rappresentate un quarto della Chiesa dell'America Latina; che formate una grande comunità di 77 territori ecclesiastici con una gerarchia interamente messicana che adempie alla sua missione insieme a 11.000 sacerdoti diocesani e religiosi, un migliaio di fratelli religiosi e più di 32.000 religiose che compiono il loro cammino integrati nel popolo cristiano e guidano il pellegrinaggio di fede.

La vostra identità concreta è contraddistinta da molti elementi razziali, culturali e religiosi che si sono andati fondendo e configurando all'interno della Nazione messicana. E questa vostra realtà è stata scelta dal Signore per fare di voi "la stirpe eletta, il sacerdozio regale, la nazione santa il popolo che Dio si è acquistato" (1P 2,9); vale a dire vi ha scelto per essere un popolo cristiano. Infatti attraverso il Battesimo siete entrati nella Chiesa cattolica che è divenuta una parte costitutiva della vostra identità. Da questa identità sorge proprio la seguente domanda: qual è oggi la vostra missione come popolo cristiano? La risposta viene data attraverso la condizione stessa di battezzato: essere stati chiamati dal Signore per vivere e proclamare il suo Vangelo nel mondo, a partire dalla vostra storia come messicani, con le sue luci e con le sue ombre, ma convinti che la vostra missione è quella di dare testimonianza della vostra fede nel mondo.


5. Evangelizzare significa annunciare la Buona Novella. E la Buona Novella che il cristiano comunica al mondo è che Dio, l'unico Signore, è misericordioso verso tutte le sue creature, ama l'uomo di un amore senza limiti e ha voluto intervenire personalmente nella sua storia attraverso suo Figlio Gesù Cristo, morto e risorto per noi, per liberarci dal peccato e da tutte le sue conseguenze e per renderci partecipi della sua vita divina.

Chi è questo Dio, l'unico Signore? Lo abbiamo ascoltato nella prima lettura biblica. Il profeta Ezechiele ci ha detto: "Ecco, io stesso cerchero le mie pecore e ne avro cura (Ez 34,11). E' il Pastore che va in cerca della pecora perduta, che guarisce la pecora ferita e la mette sotto la sua protezione e la sua custodia (cfr. Ez 34,16). così aveva fatto con il popolo eletto stringendo con lui un'alleanza e inaugurando una storia di salvezza attraverso la quale Yahvé guida e libera Israele (cfr. Istruzione su Libertà cristiana e Liberazione, 44). Proprio questo ci insegna il salmo che abbiamo proclamato: "Il Signore agisce con giustizia e con diritto verso tutti gli oppressi. Ha rivelato a Mosè le sue vie, ai Figli di Israele le sue opere" (Ps 103,6-7).

Per questo Dio, Nostro Signore, nel suo amore infinito ha voluto portare questa Buona Novella a tutte le Nazioni facendo del popolo eletto uno strumento per annunciare la salvezza promessa: "Io ti rendero luce delle nazioni perché porti la mia salvezza fino all'estremità della terra" leggiamo nel profeta Isaia (49,6).


6. Questa azione di Dio trova il suo compimento in Gesù Cristo. E Maria riceve nell'annunciazione questa Buona Novella per poi comunicarla agli altri; infatti appena ricevuto il messaggio del Signore si dirige in una città della Giudea per portarlo ad Elisabetta, sua parente, e proclamare le meraviglie di Dio in cui Lei ha posto la sua fede: "L'anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio mio salvatore" (Lc 1,46-47).

Questo stesso Dio che nel Nuovo Testamento si rivela a noi, Uno e Trino, si è manifestato nell'umanità di suo Figlio Gesù Cristo, concepito nel seno di Maria. Evangelizzare significa, in primo luogo, annunciare Gesù Cristo: la sua vita, la sua dottrina, i suoi valori e le sue scelte, la sua morte e la sua Risurrezione per noi. Nella sua predicazione e nelle sue azioni scopriamo che cosa significa che Dio è l'Unico Signore perché tutto il mistero di Gesù, i suoi insegnamenti, i suoi miracoli, la sua vita sono al servizio del Regno e della Potenza di Dio.

Egli predico il Vangelo ai poveri, ai disperati, ai piccoli che non hanno voce, agli emarginati, ai peccatori, a coloro che venivano considerati impuri come i lebbrosi, i paralitici e i ciechi e in generale a tutte le persone che avevano bisogno di essere liberati da qualche male. "Egli ha preso le nostre infermità e si è addossato le nostre malattie" (Mt 8,17) e ci ha insegnato che la condizione per essere suo discepolo è seguirlo.


7. Già il salmista nell'Antico Testamento invocava Dio: "Mandi il tuo spirito, sono creati e rinnovi la faccia della terra" (Ps 104,30). Questa preghiera ha il suo pieno compimento il giorno di Pentecoste, quando gli Apostoli per azione dello Spirito Santo cominciarono a mettere in opera la loro vocazione missionaria.

Questa stessa preghiera accompagna la Chiesa nel compito dell'evangelizzazione del mondo. E sotto l'impulso dello Spirito stesso anche noi dobbiamo continuare il compito che ci spetta in quanto Chiesa, membri del Popolo di Dio. Nel corpo di Cristo che è la sua Chiesa abbiamo tutti una missione da adempiere come ci insegna San Paolo: ciascuno secondo il carisma che ha ricevuto (cfr. 1Co 12).

Dobbiamo proclamare allora di fronte al mondo che solo Dio è il Signore.

Così si espressero anche i Vescovi nella Conferenza di Puebla, che io stesso ho avuto il privilegio di inaugurare nella mia prima visita a questo amato Paese undici anni fa: "Nulla è divino e adorabile al di fuori di Dio. L'uomo cade nella schiavitù quando divinizza o assolutizza la ricchezza, il potere, lo stato, il sesso, il piacere o qualunque altra creatura di Dio compreso il proprio essere o la sua ragione umana. Dio stesso è la fonte di liberazione radicale da ogni forma d'idolatria, perché l'adorazione del non adorabile e l'assolutizzazione del relativo portano alla violazione di quanto c'è di più intimo nella persona umana: il suo rapporto con Dio e la sua realizzazione personale. Ecco la parola liberatrice per eccellenza: "Adora il Signore Dio Tuo e a lui solo rendi culto" (Mt 4,10)" (Puebla, 491).


8. E' il mezzo migliore per proclamare questo messaggio, cari fratelli e sorelle, è la testimonianza di vita di uomini e di donne credenti che esprimono apertamente la loro fede seguendo Cristo. Per questo il mio predecessore, Papa Paolo VI, così disse nella sua Esortazione Apostolica sull'evangelizzazione: "L'uomo contemporaneo ascolta più volentieri i testimoni che i maestri; o se ascolta i maestri lo fa perché son dei testimoni" (EN 42).

Annunciamo allora con forza al mondo che Cristo è morto e risorto per noi, e che, come scrive San Paolo, noi partecipiamo della sua morte e della sua Risurrezione attraverso il battesimo (cfr. Rm 6,3-4). Il nostro battesimo e la nostra condizione di figli dello stesso Padre deve portarci a guardare ogni uomo come fratello. Per questo Gesù Cristo pone come condizione per farci partecipi della sua salvezza di dare da mangiare a chi ha fame, dare da bere a chi ha sete, vestire chi è nudo, consolare chi è afflitto perché "ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli l'avete fatto a me" (Mt 25,40).


9. I principi cristiani che avete ricevuto dai vostri genitori devono essere allora alla base di tutti i rapporti umani. I valori del Vangelo devono essere la regola del servizio che deve dominare la convivenza sociale: nella politica, nella cultura, nell'istruzione, nella vita famigliare, nei rapporti di lavoro. Ma senza confondere mai né limitare il Regno di Dio alle cose della terra che ne sono solo una parte, uno strumento. Come hanno proclamato i Vescovi a Puebla: "Il Regno di Dio passa attraverso le realizzazioni storiche anche se non si esaurisce né si identifica con esse" (n. 193).

Infine alla proclamazione della Buona Novella deve seguire una solida catechesi a tutti i livelli, particolarmente nella famiglia e negli ambienti giovanili. L'invito a credere deve essere accompagnato da una adeguata istruzione su tutto quello che il Signore, per mezzo della sua Chiesa, ha voluto insegnarci.

Sarebbe un errore catechizzare senza aver prima evangelizzato, come lo sarebbe ugualmente evangelizzare e non preoccuparsi di far crescere sufficientemente la fede ricevuta.

La formazione cristiana attraverso la catechesi porterà ad una partecipazione più attiva alla vita liturgica e sacramentale della Chiesa. In questo modo il popolo semplice trova in questo e nella pratica della pietà popolare delle motivazioni per dar ragioni alla propria fede. E allo stesso modo gli ambienti scristianizzati saranno più disponibili a incontrare nuovamente il Signore e l'attività di proselitismo delle sètte potrà essere frenata nelle ambiguità e nella confusione che semina.

Cari fratelli e sorelle, chiedo alla Madre di nostro Signore Gesù Cristo e Madre Nostra, alla quale vi rivolgete col titolo di Guadalupe e che fu la prima donna a ricevere il messaggio del Vangelo per annunciarlo agli altri, di essere la "stella dell'evangelizzazione" per guidarvi nel fedele adempimento di questa missione che il Signore vi affida.

(Il Santo Padre ha inoltre aggiunto:) Desidero, in nome della Croce di Cristo, ringraziare per tutta questa celebrazione della Parola che ci lascia profondamente commossi. Desidero ringraziare tutti i partecipanti a questa liturgia, tutti i Vescovi. Desidero ringraziare per questi doni, per le offerte liturgiche presentate a nome delle diverse comunità. Possa Dio conservare nella Sua Misericordia, nella Sua paterna protezione, questa particolare eredità della Croce di Cristo per tutto il Messico e per tutta l'America Latina.

Possa stare sempre la Santissima Madre di Cristo, Nostra Signora di Guadalupe, accanto a suo Figlio e a tutti i suoi figli che vivono in Messico e nell'America Latina.

(Salutando i fedeli di origine polacca, il Papa nella sua lingua madre ha pronunciato queste parole:) Saluto cordialmente la vostra comunità di artisti, tutti coloro che partecipano a questa celebrazione della Parola sulle sponde dell'Atlantico, nel Golfo del Messico e coloro che servono qui con la loro arte ed il loro lavoro i fratelli del continente americano. Sia lodato Gesù Cristo.

(Tornando alla lingua spagnola, il Santo Padre ha così concluso:) Non si sa se tutto il mondo vuol bene a Giovanni Paolo II. Ma si sa adesso, in questo momento, che Giovanni Paolo II vuol conservare con sé questa profonda emozione del nostro incontro a Veracruz. Sia lodato Gesù Cristo.

(Traduzione dallo spagnolo)

Data: 1990-05-07

Lunedi 7 Maggio 1990


GPII 1990 Insegnamenti - Ai fedeli dinanzi la Basilica di Guadalupe - Città del Messico (Messico)