GPII 1990 Insegnamenti - Ai pellegrini provenienti da Gaeta - Città del Vaticano (Roma)


1. A voi il mio saluto cordiale. Siete venuti in pellegrinaggio a Roma, alla tomba di Pietro, per restituire la visita che il suo successore ha fatto alla vostra città nel mese di giugno dello scorso anno. Questo incontro ravviva in me vivi ricordi. Non solo i monumenti, il mare, la meravigliosa giornata trascorsa con voi; ma, altresi, i momenti di intensa preghiera nella celebrazione eucaristica e nelle riunioni con i giovani, gli sportivi, la gente del mare e i lavoratori.

Soprattutto il ricordo della cappella a voi carissima, dedicata alla Vergine Immacolata dove il mio predecessore Pio IX, esule nella vostra città, si raccoglieva in preghiera, preparando forse già il suo animo alla proclamazione del dogma dell'Immacolato Concepimento della Madre del Redentore.

Vi do con gioia il mio benvenuto, rivivendo nell'animo il ricordo commosso di quell'itinerario spirituale reso particolarmente lieto dalla vostra ospitalità e dall'affetto che mi avete dimostrato.

Saluto in particolare il vostro arcivescovo, mons. Vincenzo Maria Farano, il sindaco e le autorità comunali, le autorità della Provincia, i sacerdoti, i rappresentanti delle Famiglie religiose maschili e femminili, i laici impegnati nelle varie attività apostoliche. Tutti ringrazio per i significativi doni che mi avete portato. Essi riassumono, in qualche maniera, un programma di lavoro per la comunità diocesana e attestano lo spirito di fede di tutti coloro che hanno raccolto l'invito di Cristo a seguirlo nella via della testimonianza e del servizio per il regno.


2. Questo pellegrinaggio deve confermare in ciascuno di voi il proposito di testimoniare con rinnovato fervore e con fiduciosa speranza la vostra fede all'interno dei rispettivi ambienti di vita. Contribuirete in questo modo a quel compito di evangelizzazione che oggi si rivela particolarmente urgente per riportare a Cristo quanti con voi camminano per le strade della vita. E' un impegno esigente e complesso che suppone l'apporto di tutti. Esso si sviluppa partendo dalle parrocchie, comunità di fede stretta intorno ai pastori e articolate nelle associazioni di apostolato e nei vari ministeri in cui s'esprime la responsabile partecipazione dei laici. Ma è altresi un lavoro che si allarga verso i molti luoghi in cui ferve la vita dell'uomo d'oggi, per recare la parola e la grazia del Vangelo in tutte le espressioni della vita moderna, nel lavoro come nella cultura, nelle iniziative sociali come nella scuola, nelle professioni e nel tempo libero. Ciò richiede costante atteggiamento di vigilanza. perciò l'Angelo del risveglio, raffigurato in una delle formelle da voi donate, risulta il simbolo di un atteggiamento permanente che a tutti occorre. La vigilanza e la prontezza di risposta ai segni del Signore: ecco ciò che è necessario al cristiano per corrispondere alla vocazione che gli viene dallo Spirito di Dio.

L'Angelo del risveglio si rivolge a tutti coloro che sentono l'urgenza e la necessità di una rinnovata evangelizzazione e avvertono l'opportunità di aggiornare strutture e organismi per promuovere la partecipazione consapevole e ben preparata dei laici alle responsabilità pastorali, alla catechesi, all'animazione dei giovani, alla carità.


3. Le 72 "casule", che mi avete donato per le Chiese sorelle dell'Europa dell'Est, richiamano alla mente i 72 discepoli che il Signore invio "in ogni città e luogo ove stava per recarsi". Il dovere dell'annuncio evangelico spinge il credente in ogni direzione, senza delimitazioni di spazio. Nelle parole del Vangelo è presente l'invito di spalancare le porte a Cristo, per accoglierlo nello spazio intero della nostra umanità, ben sapendo che tale accoglienza non è una rinuncia per l'uomo, bensi l'unica strada per esaltarlo nella verità dei suoi valori. In un mondo che, grazie ai mezzi di comunicazione sempre più celeri, si fa sempre più piccolo, bisogna impegnarsi insieme, fedeli con fedeli, comunità parrocchiali con comunità parrocchiali, diocesi con diocesi, per la comune missione di annunciare la parola di Dio.


4. Siate quindi capaci di "farvi prossimo" per i fratelli in tutte le dimensioni che si presentano e che divengono per voi appello di carità spirituale e materiale. Siate capaci di dare l'acqua viva, l'acqua di sorgente sia ai popoli afflitti dalla sete del corpo - come vi siete proposti di fare contribuendo alla fondazione per il Sahel - sia ai molti che vi avvicinano mossi dalla sete nell'anima.

Siate generosi nel ripartire con gli ultimi le vostre sostanze secondo lo stile di vita della solidarietà cristiana. Potrete così venire incontro efficacemente anche a quelle forme di penuria spirituale che oggi colpiscono molti nostri fratelli, nei quali il senso del soprannaturale sembra essersi assopito o spento, come conseguenza della povertà di una vita morale lontana dai modelli del Vangelo.

Affido tutti voi e i vostri impegni pastorali alla Vergine Immacolata, alla Madre del Redentore che venerate nel Santuario della Civita, ove anch'io ho avuto la gioia di inginocchiarmi, e, nell'invocare su tutti voi la sua assistenza, vi imparto di cuore la benedizione apostolica, che estendo alle vostre famiglie, agli ammalati, ai giovani dell'intera città e arcidiocesi di Gaeta.

Data: 1990-06-09

Sabato 9 Giugno 1990

A vescovi brasiliani della Regione Est due in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Fragilità del matrimonio e instabilità delle famiglie vere sfide

Carissimi fratelli nell'Episcopato,


1. Questo incontro, nell'ambito della visita ad limina, è di per sé espressione dell'affettiva ed effettiva comunione fra Voi ed il Successore dell'Apostolo Pietro. Per me, esso costituisce un'occasione privilegiata per compiere il mandato del Supremo Pastore, confortandovi con la mia parola, nelle fatiche del ministero episcopale.

Mi rivolgo a Voi in quanto Pastori delle Chiese che formano la Regionale della Cnbb, Est-2.

Ritengo utile per continuare il discorso intrapreso con i Fratelli Vescovi di altre Regionali, che vi hanno preceduto in questa "Visitatio ad Petri Sedem" presentarvi ancora qualche considerazione di ordine prevalentemente pastorale. Desidero, oggi, condividere la mia sollecitudine riguardo ad una realtà umana che è, allo stesso tempo, una persistente istanza per la Chiesa: la Famiglia.


2. Come ben sapete, ho rivolto a tutta la Chiesa, a suo tempo, una Esortazione Apostolica, la "Familiaris consortio" proprio su questo argomento. Ho riunito in essa, come da prassi, le riflessioni e conclusioni di un Sinodo Episcopale; e mi sono impegnato ad esaminare in tale Documento i problemi e le sfide - proprio e soprattutto quelle più difficili e delicate - che la Famiglia pone alla Chiesa, sul piano della Fede e della Morale, in varie situazioni e nel contesto della vita quotidiana.

Mi sia permesso di insistere, manifestandovi un vivo desiderio e una insistente richiesta: desidero e chiedo che abbiate sempre presente nel vostro ministero e che facciate presente ai sacerdoti e ai fedeli il contenuto molto attuale di quel Documento. Se conosciuto, più di quanto lo è stato dalla sua pubblicazione nel 1981, se proposto ai figli e alle figlie della Chiesa, specialmente alle coppie sposate, se applicato alle diverse situazioni pastorali della famiglia, esso può illuminare molto l'azione pastorale in un campo tanto delicato del nostro ministero e dell'apostolato laico.

Sull'importanza della famiglia in America Latina e, in particolare in Brasile, e sulla nostra comune preoccupazione pastorale per essa, ho avuto l'opportunità di pronunciarmi precedentemente alla "Familiaris consortio" nel discorso a Puebla, durante la mia visita pastorale in Messico, nel 1979; e, subito dopo nella allocuzione pronunciata nel Aterro do Flamengo, a Rio de Janeiro nel 1980.

Le molteplici questioni che, da allora in poi si sono sollevate, rispetto a tale tema, a livello mondiale, vi sono fin troppo note. Ciò m'induce ad esaminare due aspetti contraddittori e, allo stesso tempo, complementari della famiglia nel vostro paese; da un lato, la sua importanza storica e culturale nella società brasiliana; dall'altro lo stato preoccupante in cui essa si trova a causa di numerose e diverse influenze.


3. Sul fatto che l'istituzione familiare abbia sempre occupato - e, soprattutto, occupi ancora - un posto importante nel tessuto sociale brasiliano, pare non esservi dubbio. Né è difficile comprendere che questo posto rilevante è derivato dall'importanza della famiglia presso i tre popoli che sono confluiti all'origine della formazione socioculturale del Brasile: quello portoghese, quello indigeno nativo della terra battezzata con il nome di "Santa Cruz" e quello africano.

La letteratura brasiliana, la testimonianza degli storici e le ricerche sull'antropologia e la cultura della vostra Nazione, pongono in dovuto risalto la presenza e l'influenza della famiglia nella formazione del popolo brasiliano o, in senso contrario, registrano i gravi inconvenienti che si fecero sentire, ogni volta che si sono attenuate o sono venute a mancare tale presenza ed influenza.

Non c'è bisogno di conoscere profondamente la realtà brasiliana per sapere quanto è stata importante la famiglia per esempio, nella trasmissione e conservazione della fede cristiana e cattolica nel popolo. Fino a relativamente pochi anni fa, pur mancando quasi completamente le normali risorse - numero sufficiente di sacerdoti ed altri agenti di evangelizzazione, strutture ecclesiali, organizzazioni pastorali - la fede si manteneva non solo all'interno delle famiglie, con ammirevole purezza ed integrità, ma si propagava anche di generazione in generazione, grazie a queste famiglie. Esse furono inoltre, senza dubbio, le fedeli ed attive trasmettitrici di nobili ed insostituibili valori umani, culturali etici e spirituali. Sarebbe inoltre necessario ribadire che dalle migliori famiglie cristiane sono sorte sempre, normalmente, numerose ed ottime vocazioni per il sacerdozio e per la vita religiosa?


4. Ciò che si conosce sull'evoluzione della famiglia in Brasile, sia attraverso studi scientifici sulla materia, sulla base di informazioni contenute nei vostri piani e relazioni pastorali e nei bollettini delle Assemblee Generali della Cnbb sia dalle notizie dei mezzi di comunicazione sociale, indica una crisi che non deve essere minimizzata.

Sembra chiaro che anche nelle vostre comunità, la famiglia profondamente toccata dai diversi aspetti della rivoluzione sociale, non riesce più ad essere - come voleva la Conferenza di Medellin (1968) - formatrice di persone e evangelizzatrice.

Se io dovessi menzionare, anche brevemente, alcuni gravi problemi che minacciano la famiglia brasiliana, citerei, in primo luogo, la estrema fragilità dei matrimoni, dalla quale derivano le innumerevoli separazioni delle coppie, in tutti gli ambienti sociali, a tutte le età e in tutti i livelli di cultura.

L'influenza negativa dei mass-media, pervasi da programmi che non solo ridicolizzano valori familiari come l'unione, la fedeltà e la perennità del matrimonio, giungendo addirittura a preconizzare il contrario; la tendenza moderna all'instabilità e a non assumere niente di definitivo; e una legislazione, relativa al divorzio, considerata purtroppo molto permissiva. Ora tutto ciò porta ad una dissoluzione delle famiglie, che costituisce qualcosa di preoccupante e per Voi, una vera sfida pastorale.

Non possiamo ignorare come siano altre cause del crollo delle famiglie le condizioni infra-umane di abitazione, di alimentazione e sanità, di istruzione, di igiene in cui vivono milioni di persone in campagna o nelle periferie, delle vostre città, molte delle quali con immense "favelas".

Un altro grave problema del Vostro Paese, che riguarda la famiglia, è il numero enorme di bambini di strada: molti di essi sono abbandonati dai genitori, altri sono nati al di fuori di qualsiasi unione stabile di coloro che li hanno messi al mondo. Queste centinaia di migliaia di bambini che vagano per la città, sono facile preda della delinquenza e, spesso, candidati indifesi alla pratica di essa.


5. Carissimi fratelli nell'Episcopato, io penso, come Voi e come oggi pensano molte persone responsabili in tutti i settori della società, che non basta lamentare il processo di deterioramento sofferto dalla famiglia con tutte le conseguenze negative di tale fenomeno. C'è bisogno di molto di più: bisogna convincersi del fatto che, come proclama la "Gaudium et Spes" (GS 44), il benessere della società deriva e dipende dalla salute della famiglia; bisogna inoltre, porre in atto tutte le iniziative necessarie, per fare di nuovo della famiglia, l'elemento essenziale ed imprescindibile di quella che è la cellula fondamentale di una società armoniosa ed equilibrata.

Questa convinzione e questa azione si rivestono di grande importanza, dal punto di vista pastorale. In ogni parte, ma particolarmente dove la Chiesa soffre gravi carenze e limitazioni, quanto ai mezzi ed alle risorse necessarie alla propria missione evangelizzatrice, essa ha il dovere di richiamare le famiglie, in quanto "Chiese domestiche", a riprendere e portare avanti la loro funzione specifica nell'evangelizzazione. Ha anche conseguentemente, il dovere di formare ed educare la famiglia affinché, nonostante le aggressioni che soffre e gli ostacoli che incontra, sia in condizioni di essere Chiesa e di costruire la Chiesa.

In ogni Diocesi - grande o piccola, ricca o povera; dotata o no di clero - il Vescovo agirà con saggezza pastorale, compirà un "investimento" altamente compensatore, costruirà, in breve termine, la sua Chiesa particolare nella misura in cui darà il massimo sostegno ad una Pastorale familiare effettiva.

Questa pastorale va dall'educazione degli adolescenti e dei giovani all'amore e alla loro preparazione al matrimonio, al sostegno spirituale e morale delle coppie e, anche, alla cura dei casi difficili (come vengono definiti nella "Familiaris Consortio") e alle coppie e famiglie in grave crisi. Non ho bisogno di sottolineare - l'ho già detto infatti in molte altre occasioni - quanto possono essere utili alla pastorale familiare i Movimenti familiari ben guidati e fedeli al vostro carisma.

Possano queste ultime considerazioni essere di apprezzamento e di stimolo per i Pastori che si preoccupano della Pastorale Familiare, dando loro un posto di rilievo nell'insieme della Pastorale diocesana e sostengano i laici che la promuovono ed in essa si impegnano. Servano anche da fraterno incitamento per coloro che sentono la necessità di dar loro un sostegno ancora maggiore.

Vi esorto, quindi, carissimi Fratelli nell'Episcopato, e per mezzo di Voi, esorto tutti i Vescovi del Brasile a proclamare senza sosta, con vigore e chiarezza, il "vangelo della famiglia" Vangelo esigente e addirittura severo in molte delle sue pagine specialmente in quelle che si riferiscono all'unione e all'indissolubilità, alla fedeltà e alla perennità del vincolo matrimoniale, ai doveri reciproci dei coniugi - in particolare per quanto concerne il rispetto per la Morale coniugale, contenuta ampiamente nell'Enciclica "Humanae Vitae" - e a quelli che regolano i rapporti fra i genitori ed i figli. Ma è soprattutto un vangelo di fede, di amore reciproco, di umiltà e amorevole servizio devoto degli uni verso gli altri - un vangelo di speranza e di fedeltà.

Al termine di tali riflessioni, sento l'impulso di dare a questa famiglia brasiliana della quale abbiamo parlato durante questo discorso, un volto concreto. Penso quindi alle vostre famiglie, Vescovi della Regional Est-2 della Cnbb, alle famiglie nelle quali siete stati educati e che hanno alcuni dei loro membri più amati nell'eternità, così come a tante persone che vi sono legate da vincoli di sangue. Penso a tutte le famiglie del Brasile la maggior parte delle quali soffrono il peso di tanti problemi riguardo l'educazione dei figli, l'alloggio, il sostentamento, ecc...

Penso con particolare stima e gratitudine a quelle che stanno vivendo i primi anni di matrimonio.

Penso, infine, con emozione alle coppie felici, che hanno già creato le loro famiglie e che adesso raccolgono i generosi frutti di pace ed armonia familiare, per aver saputo rimanere fedeli agli impegni presi davanti all' Altare di Dio, una volta per sempre. Per tutte queste famiglie, come per Voi, loro Pastori, e per i vostri collaboratori, invoco l'abbondante e feconda Benedizione di Dio Nostro Signore.

(Traduzione dallo spagnolo)

Data: 1990-06-09

Sabato 9 Giugno 1990

Alla parrocchia di San Remigio - Colleverde (Roma)

Titolo: L'amore trinitario dà ragione delle meraviglie compiute da Dio in tutta la storia della salvezza

(Alla popolazione del quartiere:) Saluto tutti i presenti, saluto tutta la parrocchia di San Remigio che appartiene alla Chiesa di Roma, benché si trovi un po' fuori dalla città, in un comune a parte, quello di Guidonia. Saluto i rappresentanti dell'amministrazione comunale e il signor sindaco. Il vostro parroco, dandoci il benvenuto ci ha detto: "Oggi la città di Roma dà il benvenuto agli sportivi del mondo". Questo è vero, ma vorrei dire che anche noi siamo sportivi, e quando dico "noi" penso al card.

vicario, penso a mons. Boccaccio, vostro vescovo. Analogamente, sono sportivi anche tutti i presenti, perché sono chiamati a ricevere, a ottenere un successo, così come ogni squadra di calcio è spinta a ottenere un successo sportivo immediato di cui, da un certo periodo, si parla molto sulla stampa e attraverso i mezzi di comunicazione sociale.

Ma l'altro sport, di cui ci parla san Paolo e tutto il Vangelo, si riferisce agli altri successi, agli altri premi che devono coronare la nostra vita in terra. Quei premi che noi dobbiamo ricevere dalle mani di Dio stesso. Lui che sa premiare, non nel senso diretto, immediato e transitorio, ma nel senso eterno, assoluto. A questo ci prepara il Vangelo e la Chiesa. E' il ministero di tutti noi che siamo ministri della Chiesa, come il vostro parroco, i suoi collaboratori, come il card. vicario e i vescovi ausiliari di Roma, come il Papa, e cerchiamo di giocare bene questa partita, non di calcio, ma questa partita della grazia divina e della salute eterna, non solamente per noi, ma per tutti quelli che il Signore ci ha affidato, come nostri fratelli e sorelle, nella Chiesa universale di Cristo, nella Chiesa di Roma e anche in questa parrocchia.

Questi pensieri, dettati anche dal momento presente - oggi mi sembra che si giochi la prima partita di questo mondiale a Roma - questi pensieri mi hanno ispirato anche pensieri evangelici e pastorali come li troviamo nel Vangelo e soprattutto nelle Lettere di san Paolo. Auguro a tutti di capire quest'analogia, di introdurre questa analogia tra gli sforzi sportivi di questo mondo, per comprendere lo sforzo sportivo del mondo soprannaturale a cui tutti siamo chiamati a partecipare. Auguro questo a tutti i presenti e a tutti i componenti della parrocchia di San Remigio. Che il Signore ci dia le forze spirituali necessarie per attingere a questo successo perenne e definitivo a cui siamo chiamati in Cristo.

(Ai bambini:) Sia lodato Gesù Cristo. Con queste parole saluto tutti i presenti, iniziando la visita pastorale nella vostra parrocchia. Con queste parole saluto i bambini, i giovani, gli alunni delle scuole elementari e medie, forse anche qualcuno in età prescolare, i vostri insegnanti, i vostri genitori, le vostre suore, che qui sono parecchie. Ho pensato, ascoltandovi, che c'è ancora la scuola in questo mese di giugno, ma che già si avvicina un periodo più piacevole, quello delle vacanze. E' una buona cosa andare a scuola, ma è bene anche andare in vacanza. Vi auguro buone vacanze, ma prima vi auguro buoni esami, per terminare la scuola con un esito positivo. Io non dubito che lo farete. Vorrei solamente aggiungere che noi tutti siamo in una scuola, non solamente voi ragazzi, non solamente i vostri fratelli e le vostre sorelle maggiori, ma tutti noi presenti, il card. vicario, mons. Boccaccio, il vostro parroco e il Papa. Tutti ci troviamo in una scuola.

Voi sapete quale scuola è? è la scuola di Cristo che abbraccia tutti i periodi della vita, dall'inizio alla fine. E' una scuola da cui dobbiamo sempre imparare, in cui dobbiamo sempre progredire e in cui dobbiamo anche fare piccoli esami, in diversi momenti della vita, esami che non si fanno esteriormente per iscritto, ma interiormente, nella nostra coscienza, con le nostre opere buone o meno buone, con la nostra preghiera, con la nostra pratica delle virtù, soprattutto della carità. Bisogna allora sempre vincere l'egoismo. Siamo sempre e ogni giorno in questa scuola che è discreta. E chi ci insegna, il nostro Maestro, come sappiamo è buono, umile di cuore, ma d'altra parte è anche un Maestro esigente. Se leggiamo il Vangelo capiamo che c'è un Maestro esigente, ma che sempre esige ciò che è bene per ciascuno di noi, un bene anche temporale, ma soprattutto un bene eterno. E' un Maestro che ci insegna con il suo Vangelo, con le sue parole, con i suoi gesti, con i suoi segni. Ci insegna soprattutto con la sua croce, con la sua risurrezione, con il suo sacrificio. Ci insegna in modo incomparabile con l'Eucaristia. Con la santissima Eucaristia ci insegna che egli è vicino a ciascuno di noi, che è con noi e in noi. Ci insegna a trasformarci con il suo corpo e il suo sangue.

Vi auguro buoni esami e buone vacanze, ma vi auguro soprattutto di fare sempre progressi in questa scuola di Cristo. Questo è il mio augurio per i giovani e per i ragazzi della parrocchia di San Remigio. Mi ha detto mons. Boccaccio che è una parrocchia molto giovane e si vede perché ci sono molti ragazzi. Grazie a Dio c'è una grande speranza che si deve realizzare e questo dipende dal modo in cui stiamo nella scuola di Cristo e dal modo in cui facciamo i nostri esami interiori davanti a Cristo.

(All'omelia della Messa:) "Gloria al Padre, al Figlio, allo Spirito Santo: a Dio che è, che era e che viene".


1. Carissimi fratelli e sorelle, convocati come popolo della nuova alleanza, abbiamo iniziato, come sempre, la nostra celebrazione eucaristica col segno della croce, invocando la SS.ma Trinità, che celebriamo oggi con particolare solennità.

Siamo invitati a glorificare e benedire il suo nome santo e glorioso, quale sorgente dell'amore a noi rivelato e donato da Dio Padre, per mezzo di Cristo, nello Spirito Santo.

Il Dio della rivelazione, nel quale noi "viviamo, ci muoviamo ed esistiamo", "che ha creato il mondo e tutto ciò che contiene, che è signore del cielo e della terra" (Ac 17,27 Ac 17,24), che ha salvato gli uomini e ha stretto alleanza con loro, che è "misericordioso e pietoso, lento all'ira e ricco di grazia e di fedeltà" (Ex 34,6), è il Dio dell'amore.


2. L'amore infatti spiega il mistero della vita che unisce il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo nella comunione trinitaria. L'amore fonda la missione del Cristo nella storia umana: "Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito... perché il mondo si salvi per mezzo di lui" (Jn 3,16-17). L'amore dà senso e valore all'azione dello Spirito che santifica i credenti, li riunisce in una sola famiglia, li fa dimora della sua gloria, li arricchisce di doni e di ministeri per l'utilità comune, li spinge alla testimonianza e al servizio della carità. In una parola, è l'amore trinitario che dà ragione delle meraviglie compiute da Dio in tutta la storia della salvezza. Un amore che è "comunione" e "missione"! Contempliamo oggi, ammirati, questo amore. Accogliamolo con gioiosa e grata disponibilità. Celebriamo con entusiasmo. Annunciamolo a tutti!


3. L'amore trinitario è indubbiamente un "mistero" profondo che supera le nostre umane capacità di comprensione. "O profondità della ricchezza, della sapienza e della scienza di Dio! Quanto sono imperscrutabili i suoi giudizi e inaccessibili le sue vie!" (Rm 11,33). Questo amore, tuttavia, ci è stato rivelato per divina condiscendenza, e noi ne siamo diventati partecipi per grazia. Siamo perciò chiamati a diventarne testimoni e messaggeri, affinché tutti gli uomini ne siano "provocati" e si aprano al dono.


4. "Ciò che noi abbiamo contemplato..., quello che noi abbiamo veduto e udito, noi lo annunziamo a voi, perché anche voi siate in comunione con noi. E la nostra comunione è con il Padre e col Figlio suo Gesù Cristo" (1Jn 1,3).

Queste meravigliose parole gettano un fascio di luce sul mistero di Dio.

Esse ci dicono, anzitutto, la realtà nascosta ma esaltante del Dio cristiano: mistero che è comunità e comunione di vita. Una vita "superiore" piena e definitiva, che dal Padre, dal Figlio e dallo Spirito Santo si diffonde e si comunica all'uomo già nella creazione e più ancora con la redenzione, nella misura in cui ad essa ci si apre attraverso la fede e i sacramenti. E tutto per la benevolenza del Padre, per l'opera del Figlio e per l'azione dello Spirito, "che è Signore e dà la vita" ed è l'amore divino effuso nei nostri cuori.

E' per lui che i credenti diventano partecipi della comunione trinitaria, formano la Chiesa "popolo adunato nell'unità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo", "segno e strumento dell'intima unione con Dio e dell'unità di tutto il genere umano".


5. Carissimi fratelli e sorelle della Parrocchia di San Remigio, la contemplazione del mistero trinitario, alla quale ci sollecita l'odierna liturgia, non può e non deve lasciarci insensibili di fronte alle "provocazioni" e agli stimoli che essa racchiude in ordine alla vita. Specialmente in un momento tanto importante per tutta la Chiesa che è in Roma, incamminata verso la celebrazione del Sinodo pastorale diocesano. Un Sinodo come il nostro, che si propone di far prendere più viva coscienza a tutti i credenti del valore della "comunione" nella Chiesa e della "missione" che essa è inviata oggi a compiere in questa città, deve costantemente riferirsi al mistero di Dio, Padre Figlio e Spirito Santo, rivelatoci come comunione e missione.


6. Il Dio, che noi vogliamo sempre più conoscere, amare e servire, non è semplicemente Essere trascendente e tanto meno "indifferente". Dio è Amore; è comunione, perché Creatore dell'universo e dell'uomo, che ha reso partecipe del suo soffio vitale. Egli non lascia l'uomo in balia di se stesso. Pur rispettandone la libertà, il Dio-Amore, il Dio-comunione, si muove verso di lui. Parla e agisce, manda il suo Figlio, dona lo Spirito, affinché gli uomini, pur tentati di fare a meno di lui e disgregati fra loro dal peccato, entrino nel suo circuito d'amore e formino in lui un cuore solo e un'anima sola. La Chiesa è frutto di questa missione d'amore. E ne è anche "sacramento".

La Chiesa vive la realtà della comunione grazie all'azione dello Spirito, che procede dal Padre e dal Figlio e, consentendole di vivere l'esperienza della carità, interiormente la riempie di gioia e la fa crescere nella verità. Dalla stessa carità essa è anche spinta a farsi luogo e comunità di salvezza per tutti gli uomini. E', dunque, essa stessa comunione e missione.

Questa è la fondamentale affermazione di tutto il magistero conciliare del Vaticano II: un'affermazione da approfondire sempre più e da tradurre concretamente nella vita e nelle opere di ogni comunità ecclesiale, a livello sia diocesano che parrocchiale. A ciò è finalizzato tutto l'impegno del nostro Sinodo romano!


7. Carissimi, annunciare agli uomini il Dio-Amore, il Dio che è comunione e missione, quale si rivela a noi nella creazione e nella redenzione, non è per i cristiani un'impresa facile.

Ogni giorno anche voi vi scontrate con una realtà umana e sociale, nella quale si riflette un processo del tutto contrario, frutto soprattutto dell'indifferentismo e del secolarismo attuali. Si tratta di una tendenza che, volendo affermare l'autonomia assoluta dell'uomo, lo imprigiona in una dimensione esclusivamente terrena e, chiudendolo in un benessere egoistico e materialistico, lo lascia in definitiva in una profonda solitudine. Tutto ciò, anche se non sempre esplicitamente affermato e teorizzato, si rivela praticamente in molte manifestazioni del vivere di larghi strati della popolazione, specialmente di grandi metropoli, com'è appunto Roma.


8. Nasce da qui l'istanza di quella "nuova evangelizzazione" che rimane compito prioritario e fondamentale della Chiesa nel nostro tempo, e quindi obiettivo primario anche del nostro Sinodo. E' un compito difficile, responsabile e tanto esigente da apparire talvolta superiore alle nostre possibilità e alle nostre forze.

Ma Cristo ha previsto tutto questo e ci ha fatto dono dello Spirito, lasciandoci l'assicurazione che egli rimane con noi fino alla fine del mondo. Alla fine la vittoria sarà sua, anzi è già sua con la sua risurrezione. La situazione complessa e difficile in cui vivono i cristiani, testimoni e annunciatori del Risorto, non deve scoraggiarli o impaurirli; deve piuttosto stimolarli all'impegno con la forza che viene loro dalla fede e dalla speranza che sostengono il loro pellegrinaggio terreno.


9. A questa fede e a questa speranza incoraggio anche voi, carissimi fedeli della parrocchia di San Remigio, ai quali va il mio saluto cordiale. Sono presenti con noi il card. vicario e mons. Boccaccio, vescovo ausiliare per il settore nord della diocesi: li saluto fraternamente. Un affettuoso saluto rivolgo anche al vostro parroco, don Alfio D'Agostino che conclude quest'anno il primo lustro di ministero tra voi, al vicario parrocchiale, agli altri sacerdoti e al diacono permanente, che prestano il loro servizio nelle varie attività della parrocchia.

Un saluto molto cordiale va pure alle religiose degli Istituti operanti nel territorio della parrocchia e a tutti i laici che, con impegno generoso, animano organismi di partecipazione, associazioni e movimenti, nei quali si articola e si esprime la vita della vostra comunità nelle sue molteplici forme. Il Papa è qui tra voi, carissimi, per incoraggiarvi a perseverare con slancio rinnovato nelle rispettive mansioni dalla catechesi alla liturgia, dal servizio nelle forme associative all'impegno caritativo, dalle iniziative culturali a quelle ricreative, nella parrocchia c'è veramente posto per tutte le persone di buona volontà. La vostra comunità è di origine relativamente recente: bisogna promuovere in essa sane tradizioni di condivisione e di corresponsabilità, poggiandole sulla riscoperta dei perenni valori della fede.

E' un impegno che investe ciascuno di voi. Le strutture residenziali sono a buon punto. Molto resta ancora da fare perché i residenti si sentano parte viva di una stessa comunità. La parrocchia può svolgere un ruolo fondamentale in questo cammino di crescita comunitaria, che deve portare questo agglomerato urbano ad essere un quartiere vivo e solidale.

10. Carissimi fratelli e sorelle, se volete contribuire attivamente al raggiungimento di questo traguardo, voi dovete rispondere a due forti esigenze.

Quella, anzitutto, di vivere in comunione profonda con Dio che, in forza della fede e dei sacramenti pasquali, vi unisce intimamente a sé per mezzo di Cristo nello Spirito Santo. Ogni comunità ecclesiale nasce e vive di questa comunione che la rende tempio santo nel Signore, edificio spirituale di cui Cristo è pietra angolare.

La comunione con Cristo e col Padre mediante l'unico Spirito vi porterà, di conseguenza, ad attuare, carissimi fedeli, l'altra esigenza: quella di vivere e operare in fraterna comunione tra voi, evitando tutto ciò che isola e divide. La Chiesa, ogni Chiesa, deve essere icona della Trinità! Una e santa, nella diversità dei doni elargiti a ciascuno dallo Spirito, per l'edificazione comune e l'annuncio del regno di Dio.

In questa prospettiva rivolgo a voi, carissimi, l'esortazione dell'apostolo Paolo nella seconda lettura della Messa: "Fratelli, state lieti, tendete alla perfezione, fatevi coraggio a vicenda, abbiate gli stessi sentimenti, vivete in pace. E il Dio dell'amore e della pace sarà con voi".

Si, il Dio dell'amore e della pace sia con voi! Amen.

(Al Consiglio pastorale:) Vorrei ripetere il consiglio che un giovane della vostra parrocchia mi ha dato prima della celebrazione. Con insistenza mi ha ripetuto: "Santità, devo ribadire che noi non siamo un gruppo a sé, ma che apparteniamo alla Chiesa universale": io penso che tutti lo sappiano, ma lui lo diceva con tale insistenza e una frase era profondamente teologica: "non siamo un gruppo a sé". Ciò tocca non solamente la struttura della Chiesa particolare e universale, universale attraverso il particolare. La vostra parrocchia fa parte della Chiesa universale attraverso la Chiesa di Roma, la diocesi. Ma quella frase tocca ancora più profondamente il mistero della santissima Trinità. Non siamo un gruppo a sé, ma siamo per gli altri nella dimensione della Chiesa. così anche il mistero di Dio consiste nella Trinità, cioè nell'essere il Padre per il Figlio, il Figlio per il Padre, il Padre e il Figlio per lo Spirito Santo, nell'essere divinità e l'assoluto della perfezione. Ma non sarebbe perfezione assoluta dell'amore se non ci fosse questa donazione, questa reciprocità, appunto la Trinità. così si capisce che Dio vuol dire amore. Dio è amore perché è Trinità. Realismo dell'amore, Dio, come amore, sia nella Trinità. Noi, la Chiesa, facciamo parte non solamente della Chiesa particolare e universale, ma partecipiamo anche al mistero di Dio. E' questo il senso ultimo, la dimensione più profonda del nostro essere cristiani, del nostro essere parrocchia, del nostro essere Chiesa di Roma, del nostro essere Chiesa universale. Noi partecipiamo alla vita trinitaria di Dio che è amore.

(Alle comunità neocatecumenali e alle comunità eucaristiche:) Grazie per queste relazioni, ma vorrei soffermarmi sulle parole che il vostro parroco ha usato nella sua introduzione. Ha detto: "Qui si trovano le diverse esperienze". Io ho pensato di trovare le esperienze diverse di uomini e donne, ma le parole usate dal vostro parroco erano molto giuste. Davvero qui si trovano le diverse esperienze, o ancora meglio, si trova una somma delle esperienze personali che si può definire esperienza cristiana. Questa esperienza cristiana è una realtà, molto graduale, perché in diverse persone, in diversi ambienti è molto scarsa. Ma ci sono persone, ci sono ambienti in cui questa esperienza diventa ricca. Il nostro cristianesimo, il nostro essere cristiani, comincia dal battesimo. Il battesimo come oggi viene offerto ai bambini è un'esperienza che riguarda più che altro la famiglia, ma per vivere questa esperienza ci vuole un ritorno. Questo ritorno è ciò che favoriscono i neocatecumenali. Dicono a ciascuno: "tu sei un cristiano, devi tornare al tuo battesimo, devi prepararti un'altra volta a questo battesimo che hai ricevuto.

Devi farti catecumeno, e devi, con questo catecumenato, giungere a quella esperienza del battesimo che hanno avuto i primi cristiani, che ha avuto san Paolo".

Sono stupende le parole di san Paolo sul battesimo. L'esperienza cristiana è prima di tutto esperienza del battesimo e ciò ci porta verso tutti i sacramenti, ma soprattutto verso l'Eucaristia. L'Eucaristia è il sacramento che nella pratica della vita cristiana parrocchiale è più vissuto, è un'esperienza vissuta anche con i bambini che si preparano alla prima Comunione. C'è una preparazione, c'è un approfondimento, si sente ciò che, sotto le specie del pane e del vino, vuol dire Eucaristia, ciò che Cristo ci ha lasciato come Eucaristia: se stesso, come dono, come cibo. Certamente, l'esperienza cristiana è soprattutto l'esperienza eucaristica e se essa comincia con l'esperienza del battesimo quest'ultimo ci porta verso l'esperienza eucaristica.

E' necessaria l'esperienza. Possiamo ricevere i sacramenti non vivendola, non entrando nella profondità del mistero che viene celebrato. Ci vuole questa esperienza, questo aspetto sperimentale della vita cristiana e sono molto grato per tutti questi movimenti che fanno crescere e abbondare l'esperienza cristiana e i diversi aspetti della vita cristiana di un battezzato, che portano verso la profondità della vita cristiana. così l'uomo diventa più aperto a Dio, capisce le proporzioni e le sproporzioni, capisce cosa vuol dire, la conversione radicale, capisce cos'è il peccato, cosa significa essere giustificato per la grazia, cosa significa l'abisso della misericordia, dell'amore, della Trinità, del dono di Dio. Attraverso tutte queste esperienze basate sui sacramenti, c'è sempre l'esperienza della preghiera. Anche la preghiera può essere rituale, prima di una profonda esperienza, superficiale, che resta alla superficie dei nostri pensieri, del nostro impegno, della nostra personalità. Ma entrando con la preghiera più profondamente nella comunione con Dio, la preghiera stessa diventa abbondante, una cosa splendente, insolita. Le nostre preghiere si devono approfondire, si devono vivere, bisogna farne un'esperienza per non eliminare ciò che la preghiera è, che vuole essere, ciò che Dio ci offre attraverso di essa.

Ringrazio Dio che nella vostra parrocchia ci siano queste esperienze, che portano avanti ciò che è essenziale per la vita della parrocchia, perché essa non è solo una struttura amministrativa, ma la vita, la partecipazione alla vita divina, la partecipazione, attraverso Cristo e lo Spirito Santo, alla vita trinitaria. Vi auguro che la parrocchia possa continuare su questa strada e che i movimenti e le esperienze qui rappresentate possano contribuire a questo progresso.

(Ai giovani:) E' bello essere giovani. E' bello avere l'esperienza della giovinezza in diversi modi. Qui, ad esempio, ci sono gli scouts, ci sono altri gruppi meno marcati dalla loro uniforme, anche se tutti siete marcati dalla caratteristica interna del cristiano, dal Battesimo, dalla Cresima. Ma la giovinezza diventa più bella quando, durante il suo cammino, si incontra Cristo e si cammina con lui.

Questo vi auguro di cuore e non è un augurio formale, è un augurio personale. Non c'è altro che ci può dare la salvezza. E' una verità dogmatica, ma anche una verità, direi, empirica. Nessun altro può dare alla vita umana, a cominciare dalla giovinezza, il suo pieno significato, la sua piena dimensione, mostrargli i suoi orizzonti e aiutare nella lotta spirituale che ciascuno di noi, e specialmente i giovani, dobbiamo intraprendere. La vita umana è anche una lotta. Si dice lotta esistenziale, ma soprattutto è una lotta spirituale, fra il bene e il male.

Vincere il male, diventare sempre più confermato nel bene: in tutto questo Cristo è un amico, un Salvatore che accompagna noi tutti, che ci ama e del cui amore disinteressato siamo sicuri.

Vi lascio questa consegna di incontrare Cristo e di camminare insieme con lui. La parrocchia e le sue diverse esperienze giovanili vi insegneranno più dettagliatamente come fare. I vostri padri spirituali, i vostri maestri, ve lo insegneranno. Io vorrei solamente confermare tutti voi con questa consegna.

Data: 1990-06-09

Sabato 9 Giugno 1990


GPII 1990 Insegnamenti - Ai pellegrini provenienti da Gaeta - Città del Vaticano (Roma)