GPII 1990 Insegnamenti - Omelia del nuovo Anno Accademico - Città del Vaticano (Roma)

Omelia del nuovo Anno Accademico - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Entrare con l'anima e con il cuore nella scuola di Cristo

"Un solo Dio che è presente in tutti" (Ep 4,6).


1. Da quasi quattro settimane sono in corso i lavori del Sinodo dei vescovi, sul tema la "formazione sacerdotale". Vi è una particolare convergenza tra questo tema, questa sessione del Sinodo e l'odierna inaugurazione. Tutti sappiamo quale importanza hanno i seminari e le Università per la formazione sacerdotale, l'educazione e la scienza.

Mentre siamo riuniti oggi - come ogni anno - per l'inaugurazione dei Pontifici Atenei Romani, la stessa vicinanza del Sinodo dei vescovi ci dà motivo di unirci con tutti gli ambienti della Chiesa che servono la formazione sacerdotale.


2. Un solo Dio che agisce ed è presente in tutti. La nostra inaugurazione si fa preghiera. Desideriamo arrivare all'incontro con Dio che agisce in tutti. Questo agire di Dio è anzitutto creativo. Stiamo davanti a lui come Creatore e Padre.

Creando l'uomo a sua immagine e somiglianza, Dio pone davanti a lui diversi compiti. Affidandogli come impegno la "trasformazione" del mondo per il bene dell'uomo e la sua "umanizzazione", Dio gli dà contemporaneamente anche il compito di essere veramente uomo. La trasformazione e la formazione vanno insieme, di pari passo. L'una e l'altra si radicano nell'agire creativo di Dio. In esso trova il suo inizio.

L'odierna inaugurazione vuole significare una particolare partecipazione a questo inizio creativo.


3. "Un solo Dio, Padre di tutti, che è al di sopra di tutti, agisce per mezzo di tutti ed è presente in tutti" (Ep 4,6). Questo agire di Dio è redentore. Non soltanto creativo, ma anche redentore. La redenzione è entrata nel cuore stesso della creazione, per liberare questo cuore dalla corruzione, dal peccato e restituirgli il ritmo divino.

Proprio per questo il Concilio ha ricordato che Cristo ha rivelato l'uomo all'uomo (cfr. LG 22). Gli ha rivelato la dignità che l'uomo ha fin dall'inizio e alla quale è chiamato incessantemente. "Vi esorto, dunque, io, prigioniero del Signore - scrive l'apostolo agli Efesini - a comportarvi in maniera degna della vocazione che avete ricevuto". Queste parole ci introducono nella essenza più profonda della formazione umana, cristiana, sacerdotale.

La formazione è una partecipazione creativa all'agire redentore di Dio.

E' un entrare con l'anima e con il cuore nella scuola di Gesù Cristo: "con ogni umiltà, mansuetudine e pazienza, sopportandovi a vicenda con amore" (Ep 4,2).

L'apostolo fa conoscere, con queste parole, quale discepolo di Cristo egli sia e come deve essere ogni discepolo.


4. "Sapete giudicare l'aspetto della terra e del cielo, come mai questo tempo non sapete giudicarlo?" (Lc 12,56), chiede l'evangelista. La domanda oggi è ancora più attuale di quando fu scritto il Vangelo. L'uomo dei nostri tempi conosce certamente in modo più pieno la realtà dell'universo. E' diventato per certi aspetti uno specialista in questo campo. Ma, nello stesso tempo, spesso "non sa giudicare" questo tempo, questo "kairos" divino che dura nella storia. Non riconosce l'agire creativo, non riconosce quello redentivo di Dio. In tal modo, sfugge al suo tentativo la giusta misura della formazione e trasformazione.

"Una sola è la speranza alla quale siete stati chiamati, quella della vostra vocazione" (Ep 4,4).


5. La nostra inaugurazione si fa preghiera. E' la preghiera eucaristica, nella quale l'agire redentore di Dio permane e si rinnova come il sacramento del corpo e del sangue di Cristo. In questo Sacramento agisce lo Spirito che gli apostoli hanno ricevuto, quale inizio del nuovo popolo di Dio. Lo Spirito Santo. Il Paraclito. Lo Spirito di Verità. Colui che "scruta ogni cosa" (cfr. 1Co 2,10).

Egli rinnova la faccia della terra conoscendo le profondità di Dio.

L'agire creativo e redentore di Dio, il soffio dello Spirito "che dà la vita": ecco le sorgenti stesse della nostra esistenza e del comportamento umano.

Chiniamoci profondamente a questa sorgente di acqua viva, per attingere da essa.

Preghiamo lo Spirito di Verità, affinché possiamo comportarci in maniera degna della vocazione che abbiamo ricevuto. Amen! (Al termine della celebrazione:) Prima di concludere questa liturgia eucaristica, desidero porgere il mio cordiale saluto ai gran cancellieri e ai rettori delle Università Ecclesiastiche, degli Atenei e dei Seminari Pontifici; ai docenti, agli studenti e a tutti i sacerdoti che si sono uniti alla concelebrazione. Vi ringrazio per la vostra partecipazione a un incontro di preghiera così importante, qual è quello di invocare la luce dello Spirito Santo sui lavori di un nuovo Anno Accademico.

Non è senza significato il fatto che la Provvidenza vi ha posti a compiere gli studi a Roma, dove si trovano le sorgenti di quella fede che voi intendete approfondire e vivere per poterla testimoniare davanti al mondo. Auguro a voi, nuove leve, un buon inizio e un buon avviamento agli impegni scolastici negli Istituti Superiori e a tutti gli altri di continuare con nuova lena e con grande impegno gli studi così che possiate giungere alla piena maturazione nella propria formazione teologica e ascetica, ben consapevoli che da voi dipende in modo particolare il futuro della Chiesa e il bene delle anime.

Data: 1990-10-26

Venerdi 26 Ottobre 1990

Discorso conclusivo al Sinodo - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Grazie al Sinodo sono stati affrontati problemi cruciali che hanno sempre trovato la risposta collegiale della Chiesa

E' con gioia che adempio, in comunione con tutti voi, cari confratelli nell'Episcopato, al mio dovere di rendere grazie al Signore, innanzitutto per l'istituzione stessa del Sinodo, e poi per lo svolgimento e l'attività di questa Vlll Assemblea Generale ordinaria.


I#2093

1. Infatti, venticinque anni ci separano dalla decisione presa da Papa Paolo Vl, mio Predecessore di venerata memoria, in occasione dell'ultima sessione del Concilio Vaticano Secondo, di istituire il Sinodo dei Vescovi. Questa decisione è stata veramente un atto provvidenziale. Nel quarto di secolo trascorso, abbiamo potuto provarne l'efficacia ed apprezzarne le virtù.

Il Sinodo dei Vescovi risponde alle necessità della Chiesa quando il Successore di Pietro deve assolvere, con l'aiuto dei suoi confratelli nell'Episcopato, in una situazione complessa e soggetta a continui mutamenti, i compiti che derivano dal suo mandato apostolico di Pastore Universale. In questo modo il Sinodo costituisce un'attualizzazione e un'illustrazione della natura collegiale dell'ordine episcopale (cfr. LG 22-23; e Nota Praevia, CD 4-10), di cui il Concilio Vaticano Secondo ha preso, per così dire, una rinnovata coscienza.

Rispetto a quelle di un Concilio, le competenze di un Sinodo sono, per loro natura, più limitate. In compenso, la sua organizzazione è più agevole.

L'attuale situazione del mondo esige talvolta una presenza ed un'azione dei rappresentanti del Collegio che, in quanto successore del Collegio degli Apostoli, ha ricevuto la missione di ammaestrare e di governare la Chiesa. Il Sinodo è in grado di rispondere a queste esigenze.

Tutti, e il Papa in primo luogo, siamo infatti consapevoli che è grazie al Sinodo che un certo numero di problemi cruciali hanno potuto essere affrontati e hanno trovato una risposta collegiale in cui è la Chiesa stessa, nella sua dimensione universale, che ha fatto sentire la sua voce.

D'altra parte, nelle condizioni così diverse in cui la Chiesa di Cristo esercita oggi la sua missione, il Sinodo è al servizio dell'unità della Chiesa, mistero di comunione che riflette in sé il mistero trinitario di Dio stesso.

Il Sinodo costituisce una singolare esperienza di comunione episcopale nella universalità, che rafforza il senso della Chiesa universale, la responsabilità dei Vescovi verso la Chiesa universale e la sua missione, in comunione affettiva ed effettiva attorno a Pietro.

Grazie alla istituzione del Sinodo si rende possibile con scadenze periodiche, far sentire la voce delle diverse Chiese particolari ed ascoltare esperienze dei fratelli nell'episcopato, come è accaduto in questo Sinodo nel quale, per la prima volta, hanno partecipato rappresentanti di alcuni Paesi dell'Est.


2. Per sua natura, il Sinodo esercita una funzione consultiva. Tuttavia, in casi determinati, può essergli conferito un potere deliberativo dal Sovrano Pontefice, cui spetta di ratificarne le decisioni (cfr. Apostolica Sollicitudo, et can. CIC 343). L'esperienza dei Sinodi precedenti ci chiarisce il senso di questa distinzione tra consultivo e deliberativo. L'estesa consultazione che l'istituzione sinodale ha permesso, in occasione di ogni assemblea, non è mai rimasta senza frutti, neppure sul piano delle decisioni. Per la loro struttura di lavoro, i Sinodi non sono in grado di pubblicare immediatamente un documento che assuma forma deliberativa. Ciò nonostante, il documento post-sinodale si ispira, e si potrebbe dire che contenga ciò che è stato programmato in comune. Si può quindi affermare che le proposte sinodali assumano indirettamente l'importanza di decisioni. Poiché, quando, in seguito ad un Sinodo, il Papa ne pubblica il documento corrispondente, egli si premura di esprimere tutta la ricchezza delle riflessioni e delle discussioni che hanno portato alle proposte sinodali come pure il parere, per quanto possibile, dell'Assemblea Sinodale.


II


3. Durante i lavori di questa VIII Assemblea Generale ordinaria del Sinodo dei Vescovi, lo Spirito Santo ci ha permesso di essere al servizio di una causa di grandissima importanza per la vita di tutta la Chiesa: la formazione sacerdotale.

E' la seconda ragione che ci spinge a rendere grazie.

Il tema di quest'anno costituisce la risposta a una richiesta sorta dal Sinodo del 1987 sulla vocazione e la missione dei laici. Infatti molti laici espressero lo stretto legame fra l'argomento dell'anno 1987 e quello di quest'anno: ricordo almeno la voce del signor Patrik Keagan. Più si sviluppa l'apostolato dei laici, e più fortemente viene percepito il bisogno di avere dei sacerdoti e sacerdoti che siano ben formati, sacerdoti santi. così la vita stessa del Popolo di Dio manifesta l'insegnamento del Concilio Vaticano Secondo sul rapporto tra sacerdozio comune e sacerdozio ministeriale o gerarchico. Poiché nel mistero della Chiesa la gerarchia ha un carattere ministeriale (cfr. LG 10).

Più si approfondisce il senso della vocazione propria dei laici, più si evidenzia ciò che è proprio del sacerdote.


4. così è la vita stessa della Chiesa ad indicare quale sia la via per uscire dalla crisi sull'identità del sacerdote. Questa crisi era nata negli anni immediatamente successivi al Concilio. Si fondava su una errata comprensione, talvolta persino volutamente tendenziosa, della dottrina del Magistero conciliare.

Qui indubbiamente sta una delle cause del gran numero di perdite subite allora dalla Chiesa, perdite che hanno gravemente colpito il servizio pastorale e le vocazioni al sacerdozio, in particolare le vocazioni missionarie. E' come se il Sinodo del 1990, riscoprendo attraverso tanti interventi che abbiamo ascoltato in quest'Aula, tutta la profondità dell'identità sacerdotale, sia venuto a infondere la speranza dopo queste perdite dolorose. Questi interventi hanno manifestato la coscienza del legame ontologico specifico che unisce il sacerdote a Cristo, Sommo Sacerdote e Buon Pastore. Questa identità sottende alla natura della formazione che deve essere impartita in vista del sacerdozio, e quindi lungo tutta la vita sacerdotale. Era questo lo scopo proprio del Sinodo.


5. Ma prima di sviluppare questo punto, vorrei soffermarmi su un problema che deve ricevere tutta la nostra attenzione, poiché l'avvenire dipende per buona parte da esso: voglio parlare del problema delle vocazioni. Durante questo Sinodo, il Dicastero direttamente interessato è intervenuto per illuminarci a questo proposito.

E' necessario affrontare il problema nella sua totalità, in modo analitico e in modo sintetico, aiutandosi, all'occorrenza con gli studi scientifici.

Possiamo, è vero, constatare nell'insieme un certo aumento delle vocazioni. Ma la loro diffusione è molto diversa: in una parte si soffre di una drammatica mancanza di vocazioni, in un'altra se ne presentano in abbondanza. Da qui sorgono degli interrogativi: cos'è che caratterizza le vocazioni? Da dove provengono? Da quali fattori dipendono? Cosa cercano i giovani nel sacerdozio? Molti Padri sinodali, alcuni auditori, hanno ricordato l'urgenza dell'opera delle vocazioni; alcuni ci hanno informati dei risultati incoraggianti che hanno ottenuto.

Ma la prima risposta che la Chiesa dà sta in un atto di fiducia totale nello Spirito Santo. Siamo profondamente convinti che questo fiducioso abbandono non deluderà se, peraltro, restiamo fedeli alla grazia ricevuta. Questa grazia, non bisogna cessare di domandarla con insistenza, come ci insegna Cristo: "Pregate dunque il padrone della messe" (Mt 9,38).

La preghiera per le vocazioni deve essere costantemente incoraggiata ed intensificata. Tutto il Popolo di Dio deve sentirsi impegnato in questo. La mancanza di sacerdoti è certamente la tristezza di ogni Chiesa. Ma non è anche un invito ad un esame di coscienza? Dobbiamo porci la domanda: non sarà forse legata al fatto che, da parte nostra, abbiamo rattristato lo Spirito Santo (cfr. Ep 4,30)?


6. E' vero che altre questioni, gravi, vengono poste quando la mancanza di sacerdoti è avvertita in modo tragico, come ad esempio dinanzi al fenomeno angoscioso costituito dall'offensiva di alcune sette.

Alcuni si sono domandati se non sia il caso, in tali circostanze, di pensare all'ordinazione di viri probati. Questa soluzione non è da prendersi in considerazione e al problema posto occorre rispondere con altri mezzi. Come è noto, la possibilità di fare appello a dei viri probati è troppo spesso evocata nel quadro di una propaganda sistematica ostile al celibato sacerdotale. Tale propaganda trova il sostegno e la complicità di alcuni mass media.

Occorre quindi cercare, senza indugio, altre soluzioni a questo angoscioso problema pastorale. Non dovrebbe forse ogni Vescovo, e con lui tutta la sua diocesi, prendere più profondamente coscienza della missione comune che gli spetta nell'evangelizzazione del mondo intero? Il Concilio Vaticano Secondo, dopo Fidei Donum, ha ricordato le esigenze dell'"universale comunione di carità" (LG 23).

Sarà incoraggiata quindi l'intensificazione dell'aiuto che le diocesi più ricche di sacerdoti daranno a quelle che ne sono carenti. Dinanzi alla grave minaccia che, tra l'altro, rappresentano alcune sette, si veglierà affinché le comunità di fedeli in cui la Messa, attualmente, non può essere celebrata ogni domenica a causa della carenza di un numero sufficiente di sacerdoti disponibili, possano vivere e rafforzarsi attraverso l'ascolto della Parola di Dio, l'accesso alla Santa Comunione, la preghiera e l'unione fraterna.


7. Il Sinodo ha confermato, senza possibilità di equivoci, la scelta del celibato sacerdotale, che è propria del rito latino.

Questa scelta, che risale ad un lontano passato, è rivelatrice di una profonda intuizione spirituale e teologica, che ha percepito nella consacrazione sacramentale al sacerdozio ministeriale il fondamento di un dono, di un carisma liberamente ricevuto ed autenticato dalla Chiesa: il dono della castità nel celibato in vista di una dedizione esclusiva e gioiosa della persona del sacerdote al suo ministero di servizio e alla sua vocazione di testimone del Regno di Dio.

Non è forse significativo che a questo proposito molti Padri sinodali abbiano affiancato l'impegno del celibato alla pratica degli altri consigli evangelici? Riaffermando senza equivoci la sua fedeltà al celibato sacerdotale, ed approfondendone i motivi, il Sinodo, a nome di tutta la Chiesa, ha compiuto un grande atto di fede nella grazia dello Spirito Santo. Sappiamo infatti che è lo Spirito Santo che guida la Chiesa.


8. Il Sinodo si è quindi rivolto con attenzione ai problemi relativi alla formazione, sia che si tratti della formazione al sacerdozio, sia di quella che deve accompagnare il sacerdote lungo tutta la sua vita (formazione permanente). Le riflessioni del Sinodo hanno portato una serie di suggerimenti preziosi.

E' stata così sottolineata la necessità di una formazione integrale, che non trascuri alcun aspetto: formazione umana, dottrinale, spirituale, pastorale, che tenga conto delle circostanze, spesso difficili, in cui deve essere esercitato il ministero. La testimonianza dei pastori delle Chiese che hanno subito recentemente una lunga persecuzione ha contribuito a dare ai dibattiti una nota di gravità ed anche di fiducia nella Provvidenza di Dio: questo soffio di speranza è certamente una delle grazie di questo Sinodo. Nelle avversità e nell'estrema privazione, Dio non abbandona la sua Chiesa.

Una sorta di notevole unanimità si è verificata riguardo all'esigenza di una solida formazione spirituale. Parallelamente, è stata sottolineata la necessità di formare bene i formatori, a cominciare con dei direttori spirituali.

Occorre aggiungere che di pari passo con la formazione spirituale, la formazione dottrinale deve essere oggetto della sollecitudine dei vescovi. Il professore di teologia ha il compito di insegnare la dottrina della fede, che è la fede della Chiesa. Deve essere lui stesso un uomo di fede, che predichi con l'esempio. Deve comunicare ai giovani che gli vengono affidati l'amore per la Chiesa, essa stessa mistero di fede, e la docile accettazione della parola del Magistero.


9. La riflessione, che ha interessato sia l'eccessiva solitudine di alcuni sacerdoti, sia le esigenze della formazione permanente, è stata l'occasione per meditare su una dottrina che il Concilio Vaticano Secondo aveva rimesso in evidenza, la dottrina riguardante la realtà del presbyterium (cfr. LG 28 PO 7-8). Viene rivolto un invito ai vescovi e ai sacerdoti affinché vivano questa realtà che è fonte di una ricca spiritualità e di una feconda azione pastorale.

10. I problemi ricordati riguardano la Chiesa universale. La riflessione deve essere continuata e proseguita secondo gli orientamenti elaborati dall'Assemblea Sinodale, in vista dell'applicazione alle diverse situazioni delle Chiese locali.

Questa prosecuzione si iscrive normalmente nella logica dell'attività sinodale.

Quest'ultima non darà tutti i suoi frutti se non nelle realizzazioni che avrà ispirato ed orientato.

11. Ritengo opportuno e desidero manifestare la mia gratitudine a tutti coloro che hanno contribuito al buon esito del Sinodo: - Ai Padri sinodali, - Ai collaboratori e agli auditori, - Ai tre Presidi Delegati e all'Arcivescovo Schotte, Segretario Generale del Sinodo, - Al Relatore Generale, al Segretario speciale e ai suoi collaboratori, - Al Consiglio della Segreteria Generale, che, dopo l'ultimo Sinodo ha preparato l'Ottava Assemblea, - A tutti coloro che, non solo hanno preparato il lavoro dei Padri, ma hanno partecipato al susseguirsi delle sessioni affinché tutto riuscisse felicemente.

In primo luogo a coloro, uomini e donne, che con le loro preghiere e i loro sacrifici hanno accompagnato il Sinodo. Domani, durante la celebrazione dell'Eucarestia, affideremo al Padre, per mezzo del Figlio nello Spirito Santo, gli auspicati effetti dei lavori sinodali.

Lo invocheremo perché renda più fruttuosi questi lavori nella vita della Chiesa universale e di tutte le Chiese del mondo. Da Lui infatti, e da Lui solo, Padre della luce, discende "ogni buon regalo e ogni dono perfetto" (Jc 1,17).

(Traduzione dal latino)

Data: 1990-10-27

Sabato 27 Ottobre 1990

Dopo il concerto offerto dalla RAI - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: "Diventi questa manifestazione un messaggio di pace per tutti"

Al termine di questo significativo e interessante concerto, che abbiamo or ora ascoltato, sento il dovere di ringraziare la Radio Televisione Italiana, qui rappresentata dal presidente e dal direttore generale, nonché dai valorosi componenti dell'orchestra e del coro, che hanno voluto manifestare un cortese e delicato gesto di omaggio non solo alla mia persona, ma anche ai padri sinodali convenuti a Roma per l'VIII Assemblea Generale del Sinodo dei vescovi.

Desidero esprimere la mia personale commozione per l'intenso contenuto umano e religioso dei testi scelti per l'esecuzione di questa sera: la cantata "Un sopravvissuto a Varsavia" di Arnold Schoenberg e la ben nota "Messa glagolitica" di Leos Janacek.

Il dramma umano che ispira il primo testo è a tutti noto, ma è importante sottolineare come esso giunga, proprio nella conclusione della tensione più tragica, all'espressione di una fede, fatta preghiera e impegno di alleanza per ogni uomo che riconosce nella Bibbia la parola di Dio: "Ascolta, Israele, il Signore nostro Dio... Queste le parole che io oggi pongo dentro il tuo cuore... le raccomanderai ai tuoi figli".

Altrettanto ben accolta è stata per me l'opera di Janacek, il quale volle con questa Messa, ispirata al linguaggio antico e alle tradizioni musicali del popolo Ceco, onorare i santi Cirillo e Metodio, celebrando la fede di un popolo e di una cultura che hanno sempre ricercato nel messaggio cristiano le loro più autentiche radici.

Ringrazio il maestro Vladimir Fedoseev per l'eccellente esecuzione, e con lui ringrazio i membri dell'orchestra e del coro, per averci fatto rivivere, con vera bravura e intenso sentimento, questi momenti preziosi d'arte e di religiosità.

Diventi questa manifestazione un auspicio e un messaggio di pace per tutti, e si trasformi in un invito all'umanità a non ripetere mai più nella storia le tragedie assurde dei conflitti bellici, ma a cercare sempre nelle parole di alleanza e di fraternità, che vengono dall'eterno e misericordioso Creatore e Signore di tutti gli uomini, la serena speranza e il conforto di una fraternità alimentata dall'amore.

Mentre auguro, pertanto, che l'emozione artistica originata in noi da questo concerto possa germogliare in una meditata riflessione sul grande messaggio ricevuto, porgo il mio saluto a tutti i presenti, alle autorità religiose e civili qui convenute nonché a tutti coloro che mediante il collegamento della radio e della televisione hanno potuto unirsi a noi.

Data: 1990-10-27

Sabato 27 Ottobre 1990

All'"Angelus" con i fedeli - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: I programmi maturati nel Sinodo trovino sollecita attuazione

Carissimi fratelli e sorelle!


1. Abbiamo appena celebrato nella basilica di San Pietro la Santa Messa di ringraziamento per la chiusura del Sinodo dei vescovi. Come è noto, il tema trattato, essenziale per la vita di tutta la Chiesa, è stato quello della formazione dei sacerdoti nelle circostanze attuali.

Come all'inizio di questa Assemblea ho chiesto a tutti di impegnarsi con rinnovato slancio nella preghiera, sorretti da viva fiducia nell'azione illuminante dello Spirito Santo, così ora desidero invitare voi qui presenti, e quanti sono in ascolto, a perseverare nell'orazione in atteggiamento di profonda comunione con tutta la Chiesa, affinché i propositi e i programmi maturati negli incontri dei vescovi trovino sollecita attuazione. Auspico che l'insegnamento sinodale sia accolto con pronta disponibilità dall'intero popolo di Dio e sia di incoraggiamento per tutti coloro che, aderendo all'invito di Cristo, intendono impegnarsi nel ministero sacerdotale.


2. In particolare, ci rivolgeremo oggi, con grande confidenza alla Vergine santa, perché sia sempre presente con la sua intercessione e il suo esempio nel cammino che la Chiesa vuole compiere per preparare adeguatamente i presbiteri dei nostri tempi. La loro formazione è il primo dovere di ogni Chiesa particolare, perché da essi dipende la vita spirituale della comunità e dei singoli fedeli. Il popolo di Dio desidera avere sacerdoti adeguatamente preparati nella santità di vita, nella conoscenza della fede, nello zelo pastorale, sacerdoti pronti per la nuova evangelizzazione che i tempi richiedono.

Invochiamo la Vergine, Madre di Cristo e Madre di tutti i sacerdoti, nella consapevolezza che lei, la "piena di grazia", è il vero modello di ogni presbitero consacrato al servizio del Regno. Maria, infatti, è stata eternamente presente nel progetto concepito da Dio per la salvezza del mondo. Mediante la fede ne è divenuta partecipe in tutta l'estensione del suo itinerario terreno, così che ormai si pone come modello di tutti coloro che sono chiamati a seguire più da vicino Gesù, maestro e pastore delle anime.


3. L'intercessione di Maria ottenga ai candidati al ministero sacerdotale di sapersi aprire docilmente all'ascolto della parola di Dio, accogliendone senza riserve le esigenze e disponendo il proprio animo a condividere i sentimenti di Cristo, così da essere efficaci annunciatori del suo mistero. Occorre che i presbiteri sappiano farsi, come Maria, umili "servi del Signore", per divenire come lei strumenti efficaci delle "grandi cose" che Dio intende operare nel mondo.

La Vergine santa accompagni nel cammino di formazione tutti i chiamati.

Sia per loro conforto e sostegno nelle prove, modello di consacrazione di ogni affetto e di qualsiasi interesse alla causa della salvezza dell'uomo. Come Madre premurosa, sia presente per illuminare e confermare il proposito dei giovani ai quali il Signore ha rivolto l'invito a seguirlo.

(Saluto ai neocatecumenali della diocesi di Roma:) Saluto le comunità neocatecumenali della diocesi di Roma, le quali, alla vigilia del loro pellegrinaggio al santuario della santa Casa di Loreto, si sono recate sulla tomba di san Pietro per rinnovare il loro atto di fede. Vi ringrazio per la vostra partecipazione alla preghiera mariana e vi auguro di progredire sempre più nel vostro cammino verso la perfezione cristiana.

Data: 1990-10-28

Domenica 28 Ottobre 1990

Alla Pontificia Accademia delle Scienze - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Congiungere le forze vive della scienza e della religione per preparare i contemporanei alla sfida dello sviluppo integrale

Signor Presidente, Eccellenze,


1. E' con gioia tutta particolare che saluto oggi la Pontificia Accademia delle Scienze, riunita in sessione plenaria per studiare il tema: "La scienza nel contesto della cultura umana". Ho il piacere di accogliere dodici nuovi membri in seno a questa Accademia, così cara ai Sovrani Pontefici e che il mio predecessore Pio XI chiamava il "Senato scientifico della Santa Sede". Porgendovi personalmente il mio benvenuto mi congratulo cordialmente con voi e vi ringrazio sin d'ora per la preziosa collaborazione che offrite all'Accademia e per il vostro contributo al suo splendore.

Come sapete, Pio XI ricostitui effettivamente la Pontificia Accademia delle Scienze nel 1936, conferendole un notevole impulso, e i Pontefici che gli succedettero la incoraggiarono costantemente. Il mio sentimento personale coincide con le loro profonde certezze circa il ruolo decisivo che la cultura e la scienza sono chiamate a svolgere nella nostra epoca, e la fecondità di un dialogo sincero tra la Chiesa e la scienza. E' quindi mio vivo desiderio che l'Accademia continui a svilupparsi in armonia con la sua stessa natura e secondo le esigenze della cultura di oggi, nella quale si manifestano vivacemente le aspirazioni dell'umanità alla fraternità e a una pratica più seria della solidarietà.

Il tema della vostra sessione odierna, "La scienza nel contesto della cultura umana", conferma il vostro intento di unire il rigore scientifico con la ricerca interdisciplinare, al fine di potenziare ulteriormente i servizi resi dall'Accademia. Questo orientamento risponde alle aspettative del Concilio Vaticano II, che ha rivolto un'attenzione molto speciale alla scienza, alla ricerca e a tutti gli aspetti della cultura. Non dimentichiamo che questo Concilio ha adottato un punto di vista illuminante sulla cultura, come testimonia la Costituzione Pastorale Gaudium et Spes (GS 53). Questa prospettiva si rivela molto utile per l'analisi del vostro tema. Effettivamente, gli aspetti antropologici della cultura, messi in evidenza dal Concilio, interessano direttamente le vostre ricerche.


2. La cultura si occupa della crescita dell'essere umano, attraverso lo sviluppo dei suoi talenti e delle sue capacità intellettuali, morali e spirituali. Chi non è in grado allora di riconoscere l'eminente contributo delle scienze al progresso della cultura intellettuale? Non soltanto gli scienziati, ma tutti i nostri contemporanei si formano alla luce dei meravigliosi progressi della scienza. Essa ha profondamente modellato l'intelligenza e la mentalità dei nostri contemporanei.

Certamente, accanto alle scienze matematiche, fisiche, naturali e alle loro applicazioni tecniche, bisogna riconoscere l'apporto considerevole delle discipline umanistiche, e di quelle morali e religiose. E' l'insieme di queste discipline che forma progressivamente il patrimonio culturale comune.

Bisogna riconoscere con profonda ammirazione, che il progresso della scienza deriva unicamente da un impegno severo e da una applicazione costante, frutto di un'ascesi e di un'onestà che costituiscono l'onore del vero uomo di scienza. Ogni ricercatore si concentra con metodo su quella parte di realtà che indaga secondo la sua specializzazione. Nelle vostre diverse discipline, nelle specifiche ricerche, i vostri studi di specialisti riconosciuti contribuiscono grandemente ad arricchire la cultura moderna, sia con la minuzia delle analisi che con i tentativi di sintesi.

Scorrendo la lista dei membri dell'Accademia noto con piacere che in essa sono onorevolmente rappresentate quasi tutte le discipline scientifiche. Per la prima volta si uniscono a voi degli specialisti in epistemologia. Ci auguriamo che il loro contributo rafforzi gli studi epistemologici che i vostri Statuti presentano come una delle finalità dell'Accademia (cfr. art. 2).


3. Effettivamente, la ricerca epistemologica si impone sempre più come esigenza indivisibile dalla cultura scientifica. Si pongono degli interrogativi fondamentali sul come e il perché della conoscenza scientifica. Nel momento in cui le discipline divengono sempre più specializzate, esse si interrogano sul significato delle conoscenze che si accumulano, sui legami che intercorrono tra il sapere scientifico e le capacità quasi illimitate dell'intelligenza umana. Ad un primo stadio, la cultura scientifica si sviluppa attraverso la somma di vari e diversi studi. Poco a poco, si viene a formare un mosaico del sapere in un determinato settore. Questo mosaico deve essere interpretato e analizzato, in modo da poter rispondere alle nuove esigenze di legittimazione razionale che ogni disciplina costituita pone. Non è forse manifestazione di maturità da parte di una scienza, l'interrogarsi su se stessa e sui suoi rapporti con l'ordine più generale della conoscenza? Consentitemi di sottolineare ancora una volta la grande stima che la Chiesa nutre per le vostre ricerche specializzate che si estendono alla riflessione epistemologica sul significato della scienza. I vostri studi testimoniano lo sforzo compiuto dalla ragione umana per meglio indagare la realtà e scoprire la verità in ogni sua dimensione. E' questo un servizio necessario e urgente. Contro le correnti antiscientifiche e irrazionali che minacciano la cultura odierna, gli stessi scienziati devono illustrare la validità della ricerca scientifica e la sua legittimazione etica e sociale. La difesa della ragione è l'esigenza prima di ogni cultura. E gli scienziati non troveranno, in questa lotta, un alleato migliore della Chiesa.

Per la Chiesa, infatti, niente è altrettanto fondamentale della conoscenza della verità e della sua proclamazione. Il futuro della cultura dipende da essa. E' quanto ho recentemente ricordato alle Università Cattoliche nella Costituzione apostolica Ex corde Ecclesiae (1990): "La nostra epoca, infatti, ha urgente bisogno di questa forma di servizio disinteressato, che è quello di proclamare il senso della verità, valore fondamentale senza il quale si estinguono la libertà, la giustizia e la dignità dell'uomo". E' questa la missione principale della Chiesa, perché essa è serva di Colui che si è proclamato come la Via, la Verità e la Vita. La Chiesa si fa continuamente avvocata dell'uomo, in grado di accogliere tutta la verità. Allo stesso modo, essa incoraggia la ricerca che indaga ogni tipo di verità, nella convinzione che tutte convergano verso la gloria dell'unico Creatore, egli stesso verità suprema e luce di tutta l'umanità, passata, presente e futura.


4. Questo ci riporta a un altro aspetto della cultura considerato dal Vaticano Il: la cultura viene percepita dagli uomini della nostra epoca come realtà sociale e storica. Il mondo scientifico, nel suo complesso, prende vivamente coscienza del dovere di assumere una posizione critica nel cuore dell'evoluzione delle culture del nostro tempo; perché gli uomini di oggi invitano esplicitamente i rappresentanti della scienza ad assumersi le responsabilità che competono loro, di fronte all'esigenza di pace, sviluppo di tutti i popoli, tutela della vita umana e della natura. Questa nuova coscienza che il grande pubblico ha delle responsabilità che gli uomini di scienza debbono assumersi, è uno dei tratti caratteristici della cultura moderna, e contiene una chiara direttiva per la Pontificia Accademia delle Scienze.

Noto con soddisfazione che avete già orientato decisamente i vostri lavori in questo senso. Senza minimamente trascurare le vostre particolari discipline, avete dato vita recentemente a numerosi progetti che sottolineano i rapporti di reciprocità esistenti tra la cultura e la scienza di oggi. Avete analizzato metodicamente complessi problemi scientifici ed etici, come lo sviluppo, la pace, gli effetti di una guerra nucleare, l'ambiente, l'alimentazione, la bioetica, la qualità della vita, la salute, il senso della morte, i rapporti tra la scienza e il mondo moderno, la responsabilità della scienza. Coraggiosamente, avete intrapreso studi sulle esperienze scientifiche del passato, e in particolare sul caso di Galileo, problema che ho chiesto di esaminare sotto tutti i suoi aspetti e senza alcuna riserva. Tutte queste ricerche suppongono una comprensione molto vasta delle problematiche studiate, in cui gli aspetti empirici, storici ed epistemologici raggiungono molto spesso una dimensione filosofica e teologica. In questo modo, voi rispondete ad uno degli obbiettivi formulati dai vostri Statuti (art. 3), quando esigono che vengano studiati i problemi scientifici e tecnici legati allo sviluppo dell'uomo, e che vengano approfondite, grazie al vostro contributo specifico, le implicazioni morali, sociali e spirituali.

Seguendo il mio incoraggiamento in occasione della celebrazione del vostro cinquantesimo anniversario, avete saputo estendere l'area delle vostre ricerche, associando ad esse altri organi della Santa Sede, come i dicasteri, le università, e le istituzioni culturali. Vi incoraggio a proseguire questa fruttuosa collaborazione.


5. Di tutto cuore, incoraggio quindi la Pontificia Accademia delle Scienze perché sviluppi la sua attività secondo le sue direttive già tracciate, vale a dire, il proseguimento di studi specializzati di qualità e l'apertura interdisciplinare delle ricerche. Queste due strade dovranno condurre l'Accademia ad un costante riesame del suo operato specifico, tenendo conto dei profondi mutamenti che contraddistinguono il mondo di oggi. In particolare, vi invito nuovamente a rivolgere la vostra attenzione ai problemi urgenti presentati dallo sviluppo integrale dell'uomo e dalla solidarietà fraterna tra tutti i popoli.

Tutto lascia presagire che l'umanità si avvicini a una svolta storica.

Grazie alla scienza e alla tecnica moderne, la comunicazione istantanea tra tutte le parti del mondo ha permesso alla comunità dei popoli di conoscersi meglio e ha risvegliato ovunque un desiderio immenso di libertà e dignità. Gli uomini e le donne di scienza svolgeranno un ruolo fondamentale nello sforzo comune che si impone alla nostra generazione, per rendere la terra più vivibile, più fertile, più fraterna. L'obbiettivo che deve essere realizzato può sembrare utopico e generare un certo fatalismo, ma è nostro dovere reagire con vigore contro questo errore e questa tentazione. Al contrario, è questo il momento di sollecitare un'alleanza tra tutti gli individui e i gruppi di buona volontà.

Dobbiamo unire le forze vitali della scienza e della religione per preparare gli uomini del nostro tempo a raccogliere la grande sfida dello sviluppo integrale, che richiede competenze e qualità al tempo stesso intellettuali e tecniche, morali e spirituali. Il vostro contributo, uomini e donne di scienza, è indispensabile e urgente. Vi invito ad esplorare questa problematica con tutto il vostro talento e tutta la vostra energia. La Pontificia Accademia delle Scienze potrà così, ne sono sicuro, offrire una testimonianza esemplare a tutta la comunità scientifica.


6. Ciò che è in gioco, in ultima analisi, è il significato profondo della vostra vocazione di scienziati nella società di oggi. A cosa serve la vostra scienza? In quale modo essa contribuisce al progresso dell'umanità, alla cultura, intesa nel suo significato più alto? Nel porre questo interrogativo, non dimentico il valore indispensabile della ricerca fondamentale. Davanti alla moderna scienza, che suscita tanta ammirazione, ma che risveglia anche tanti timori, la Chiesa si interroga insieme a voi e invita gli spiriti migliori a rispondere alle domande che coinvolgono il futuro della cultura e dell'uomo stesso. Confido anche a voi quanto ho recentemente detto alle Università Cattoliche: "E' in gioco il significato della ricerca scientifica e della tecnologia, della convivenza sociale, della cultura, ma più in profondità ancora, è in gioco il significato stesso dell'uomo" (Ex corde Ecclesiae).

Quindi, Signore e Signori, il tema da voi trattato quest'anno, "La scienza nel contesto della cultura umana", mi sembra estremamente pertinente e promettente. Non è soltanto una scelta di circostanza, ma piuttosto un programma che sarà necessario continuare ad esplorare con metodo. Voi vi proponete, d'altronde, di approfondirlo ulteriormente con la collaborazione del Pontificio Consiglio per la Cultura, ed io vi incoraggio vivamente in questo senso.


7. Sin dall'inizio del mio pontificato, ho dichiarato che il dialogo tra Chiesa e cultura è un fattore decisivo per il futuro dell'umanità. Più di una volta, ho ribadito questa mia convinzione e ho fatto appello a tutte le istituzioni della Chiesa affinché il loro operato a fianco della cultura sia sempre più illuminato, vigoroso e fruttuoso.

So che la Pontificia Accademia delle Scienze procede a una costante rivalutazione della sua missione, nel rispetto della sua natura costitutiva e della sua specificità. I vostri sforzi e il vostro lavoro in questo senso, godranno di tutto il mio sostegno.

Cercate in che cosa i vostri programmi, metodi e obbiettivi potrebbero essere riveduti, affinché l'Accademia risponda sempre meglio alle necessità e alle aspirazioni della cultura di oggi, come pure ai ripetuti auspici della Santa Sede.

Mi auguro che la realizzazione di questa revisione sia legata a quell'analogo rinnovamento che dovrà essere perseguito da tutte le Accademie Pontificie, in uno spirito di rigore scientifico e di collaborazione interdisciplinare.

Dopo cinquant'anni di grandi servizi resi alla comunità scientifica e alla Santa Sede, la Pontificia Accademia delle Scienze può guardare al futuro con la rinnovata determinazione di rispondere alle sfide culturali di una nuova epoca.

E' questo l'augurio che rivolgo all'Accademia e a ognuno di voi, esprimendovi ancora una volta la mia viva gratitudine, e invocando su di voi la benedizione di Dio Onnipotente, che è Verità e Amore.

(Traduzione dal francese)

Data: 1990-10-29

Lunedi 29 Ottobre 1990


GPII 1990 Insegnamenti - Omelia del nuovo Anno Accademico - Città del Vaticano (Roma)