GPII 1990 Insegnamenti - Ai polacchi alla conclusione di una celebrazione eucaristica

Ai polacchi alla conclusione di una celebrazione eucaristica

Titolo: L'ordine morale delle famiglie prima condizione per la ricostruzione della società polacca

Cari fratelli e sorelle, Prima della benedizione finale rivolgiamo il nostro pensiero a tutte le nostre famiglie. A quelle in Polonia e a quelle che vivono nelle diverse parti del mondo. Durante i preparativi per il Millennio del Battesimo abbiamo svolto delle riflessioni sul principio - perché non si tratta di uno slogan, ma di un principio: "La famiglia forte in Dio". Non cessiamo di pregare per le nostre famiglie polacche affinché siano forti in Dio. Anche quando sotto il loro tetto compare ogni sorta di debolezze umane. Affinché la nostra famiglia sia forte in Dio. Affinché sia forte dall'inizio, dalle fondamenta, dal fidanzamento; affinché sia forte nella sua indissolubilità, nella sua unione, nel suo amore, nella sua fedeltà coniugale fino alla morte. Affinché sia forte nel servizio della nuova vita umana che è un grande dono di Dio e esige una grande responsabilità. In questo campo negli ultimi tempi si è guastato molto, si sono guastate molte cose... Bisogna ricostruire l'economia. E' una cosa giusta. E' una base, un fondamento della vita e anche della famiglia. Ma questo non basta. Bisogna nello stesso tempo ricostruire quell'altra economia che si chiama la moralità della famiglia. Ricostruire l'amore che sia responsabile per l'indissolubilità, per la vita concepita nel seno materno. Quella che viene portata nel seno della madre è una vera persona umana. Non è possibile parlare solo di un intervento quando si toglie la vita a un uomo. Qui si tratta della trasgressione del comandamento: "Non uccidere". E' come se venisse ucciso un uomo vivente fuori dal seno materno, un uomo maturo.

Preghiamo insieme per le nostre famiglie polacche, affinché siano "forti in Dio". La loro debolezza deriva da motivi umani. Ma queste debolezze non possono prendere il sopravvento, non possono costituire una giustificazione. Preghiamo per le nostre famiglie polacche oggi, nel giorno dedicato a questa famiglia in cui è venuta alla luce Maria. Preghiamo anche per tutte le donne che portano il nome di Anna, e per gli uomini che portano il nome Gioacchino, anche se è un nome abbastanza raro.

Preghiamo per tutte le donne-madri e per tutti gli uomini-padri.

Preghiamo per la responsabilità paterna degli uomini, per la responsabilità paterna dei padri in Polonia. Preghiamo per le nostre famiglie polacche.

Abbiamo cominciato a costruire la realtà sovrana di cui noi, come nazione e come società, siamo il soggetto che decide sulla nostra vita collettiva in tutti i suoi ambiti. La prima condizione di questa nuova costruzione, di questa ricostruzione e di questa sovranità è l'ordine morale in tutta la vita sociale.

Questo ordine comincia dalla famiglia. L'ordine morale delle nostre famiglie. Vi ringrazio per la vostra partecipazione così numerosa e devota al Santo Sacrificio.

Grazie per il canto, specialmente per i cori.

Dio benedica tutti i pellegrini che sono venuti a Roma e oggi hanno partecipato qui, a Castel Gandolfo, alla Santa Messa celebrata dal Papa, il loro compatriota. A tutti imparto la benedizione e vi prego di portarla ai vostri cari in patria e dovunque viviate.

(Traduzione dal polacco)

Data: 1990-07-26

Giovedi 26 Luglio 1990

Messa per gli agenti di vigilanza e per la Guardia svizzera - Castel Gandolfo (Roma)

Titolo: Il mio ringraziamento per la vostra discreta presenza

(Agli agenti di vigilanza:) E' con viva gioia che celebro la santa Messa per voi, agenti del corpo di vigilanza, uniti insieme con la guardia svizzera in servizio a Castel Gandolfo.

Mi rivolgo innanzitutto a voi, agenti di vigilanza. So che ogni domenica mattina alle ore 7, nella cappella di San Pellegrino in Vaticano, il vostro cappellano celebra la santa Messa per voi e per le vostre famiglie. E' un dono immenso e prezioso quello della Messa, e diventa una ricchezza spirituale che circola nelle vostre vite, e perciò anche nelle vostre aspirazioni e nelle vostre preoccupazioni; ognuno di voi può dire ogni domenica: quest'oggi il sacrificio del Calvario è offerto in modo particolare per me e per la mia famiglia! Dalla realtà sublime dell'Eucaristia nasca anche il vostro impegno di agenti! Colgo l'occasione per esprimere il mio vivo ringraziamento a voi, qui presenti, e ai vostri colleghi, per il lavoro che fate con diligenza e sacrificio: la vigilanza per il buon ordine, ovunque si trova il Papa, è sempre necessaria e la vostra presenza, silenziosa e discreta, risulta molto utile.

Nella liturgia di oggi, con le brevi ma assai significative parabole del regno dei cieli, Gesù ci insegna che nel travaglio continuo e assillante delle vicende e degli interessi umani, che formano la storia e caratterizzano ogni esistenza, ciò che ha veramente valore è possedere il "regno dei cieli", e cioè il tesoro della Verità, da lui rivelata e insegnata dalla Chiesa; la perla preziosa della Grazia, che ci fa partecipi della vita stessa di Dio; la presenza convinta e coerente nella Chiesa, la grande rete gettata nel mare della storia per avere la gloria eterna! San Paolo nella Lettera ai Romani afferma: "Tutto concorre al bene di coloro che amano Dio, che sono stati chiamati secondo il loro disegno!" (Rm 8,28).

E' l'augurio che vi lascio, offrendo la santa Messa: amate anche voi sempre il Signore, affinché tutto concorra per il vostro bene! (Alle guardie svizzere:) Cari amici della Guardia svizzera, che in questa settimana prestate servizio a Castel Gandolfo, anche con voi condivido la gioia di questa festa eucaristica. L'ascolto della parola di Dio e la festa della santa Eucaristia ci richiedono una prontezza di fede sempre rinnovata, per essere aperti alla sua chiamata e per lasciare agire in noi la sua grazia.

La lettura del Vangelo di oggi ci presenta, come esempio incoraggiante per indirizzare totalmente la vita e l'agire al servizio di Dio, il giovane Salomone, che non chiede al Signore "ricchezza e onore", bensi un "cuore che sappia scegliere", per poter "distinguere il bene dal male" (1R 3,9).

Non per perfezione propria, può, infatti, l'uomo riuscire a liberarsi dalla "schiavitù e dalla corruzione" (Rm 8,21); bensi solo con l'aiuto divino possiamo vincere la nostra debolezza e porre con gioia e senza condizioni la nostra vita e il nostro operare a servizio della costruzione del regno di Dio.

Preghiamo il Signore affinché possa esaudire le nostre speranze e preghiere e per mezzo del suo Spirito intercedere per noi presso il Padre.

Data: 1990-07-29

Domenica 29 Luglio 1990

All'Angelus - Castel Gandolfo (Roma)

Titolo: E' grande la responsabilità dei formatori dei sacerdoti

L'evento centrale della storia, l'incarnazione del Figlio di Dio, che noi ricordiamo recitando l'"Angelus", pone in rilievo la qualità eminente della persona di Maria santissima: ella, infatti, è stata colmata di grazia proprio in vista della sua singolarissima cooperazione alla vita, alla crescita, alla missione di Gesù.

Questo esempio è incomparabile: ma esso ci aiuta a comprendere anche l'importanza della qualità degli educatori per la formazione sacerdotale. Coloro che ricevono la missione di preparare i giovani alla vita e al ministero del sacerdote, sono chiamati a una grande responsabilità. Il prossimo Sinodo non mancherà di tener conto di questa esigenza, raccomandando ai vescovi un'attenta sollecitudine nella scelta di quei sacerdoti che devono dirigere e insegnare nei seminari.

"I superiori e i professori dei seminari devono essere scelti fra gli elementi migliori - dice il Vaticano II - e diligentemente preparati con un corredo di soda dottrina, di conveniente esperienza pastorale e di una speciale formazione spirituale e pedagogica" (OT 5).

E' vero che solo la grazia divina può rendere una persona adatta ad adempiere bene il compito di educatore in un seminario o, quando si tratta di religiosi, in una casa di formazione. Questa grazia non manca, poiché Cristo, che nella sua vita terrena si era dedicato così intensamente e, direi, esclusivamente alla preparazione degli apostoli, ora continua a prendersi cura della formazione dei sacerdoti e procura tutte le grazie necessarie a questo scopo.

Dal canto loro, i formatori devono essere aperti a queste grazie e contare su di esse. Devono dunque possedere un'intensa vita spirituale, testimoniare una fede sincera che ispiri tutto il loro comportamento. Questa testimonianza deve apparire in tutto il loro modo di pensare e di agire. "I superiori e i professori - dichiara ancora il Concilio - abbiano viva la consapevolezza di quanto possa dipendere dal loro modo di pensare e di agire la formazione degli alunni" (OT 5).

Se essi vivono pienamente il loro sacerdozio, potranno far comprendere la bellezza di una vita interamente consacrata a Cristo, e confermare nella grazia della vocazione i giovani ad essi affidati. Li aiuteranno a superare le difficoltà sul cammino verso l'ordinazione sacerdotale, e li stimoleranno a offrire lo sforzo necessario per prepararvisi, accettando gioie e sacrifici che la vita sacerdotale comporta.

E' soprattutto auspicabile che i superiori e gli educatori costituiscano con i seminaristi una vera "comunione" di preghiera, di studio e d'azione, intesa a sviluppare la vocazione dei giovani; a tale scopo, il loro impegno personale nella formazione intellettuale e spirituale, e i loro rapporti fraterni con i seminaristi sono molto importanti. In particolare, essi cercheranno di promuovere un clima di generosità e di gioia, nonché il vivo desiderio di dedicarsi pienamente, un giorno, alla missione apostolica e pastorale.

Noi pregheremo Maria santissima perché ottenga, con la sua materna intercessione, numerosi educatori dotati di eccellenti qualità per la formazione dei candidati al sacerdozio.

(Omissis: saluto a gruppi di pellegrini) Appello in favore delle persone barbaramente segregate Auguro a tutti coloro, i quali in questi giorni si trovano in vacanza, che possano ritemprare il fisico e lo spirito, per poter poi riprendere con più lena le quotidiane fatiche della vita. Mentre alcuni trascorrono già nella serenità il tempo delle ferie, altri, purtroppo, sono privati di questa possibilità. Penso, ad esempio, agli ammalati negli ospedali, agli anziani rimasti soli in casa, ai detenuti e a coloro che, per vari motivi, debbono rinunciare alle vacanze.

II mio pensiero va oggi soprattutto alle vittime innocenti dei rapimenti, tuttora nelle mani dei loro sequestratori. Vorrei ricordare ognuno di loro, e mi riferisco in particolare alla signora Mirella Silocchi Nicoli di Parma, rapita il 27 luglio dello scorso anno.

La sofferenza silenziosa di queste vittime, così barbaramente segregate, l'attesa e l'angoscia dei familiari, la solidarietà di tutti noi, accompagnata dalla preghiera fiduciosa, possa smuovere il cuore di quanti le tengono ingiustamente in ostaggio. Ancora una volta mi rivolgo ai rapitori, in nome di Dio, affinché ascoltino il grido di chi soffre e restituiscano questi nostri fratelli e sorelle all'affetto dei loro cari.

Invito, infine, le famiglie così duramente provate, a continuare a sperare, trovando conforto nel Signore che non abbandona mai quanti a lui ricorrono nella sofferenza e nell'oppressione.

Data: 1990-07-29

Domenica 29 Luglio 1990

Al termine del concerto offerto dall'Accademia Ottorino Respighi - Castel Gandolfo (Roma)

Titolo: Una riflessione sulla "passione dell'uomo" nel secolo XX

Saluto il maestro e compositore Hubert Stuppner, il presidente e il direttore artistico dell'Accademia Musicale Ottorino Respighi, e gli esecutori della "Passio et mors hominis secundum prophetas": solisti, orchestrali e componenti del Coro internazionale. Al termine di questa esecuzione, ringrazio sentitamente voi tutti, che avete voluto venire qui, a Castel Gandolfo, per offrirmi l'omaggio della vostra arte. Grazie di cuore! Al ringraziamento si unisce l'elogio sincero e ammirato! Poi, con l'eco delle musiche e delle parole ascoltate, sgorga spontanea una considerazione sulla passione e la morte dell'uomo su questa terra, realtà sublime per i vertici dell'amore e dell'arte che può raggiungere, ma anche tragica per gli abissi del dolore e della disperazione, in cui può sprofondare. La passione dell'uomo copre tutta la sua lunga storia e sempre sconvolge la ragione; e proprio questo secolo XX, ricco di mirabili scoperte scientifiche e di straordinario progresso civile e sociale, sembra avere il suo più tragico simbolo in Hiroshima e Nagasaki, che voi commemorate ad Assisi con la XII Edizione del Festival Musicale "Pro Mundo Uno", a 45 anni da quel disastro atomico.

La risposta agli interrogativi assillanti e strazianti della ragione sta nella stessa natura umana: se essa è talora aggressiva e violenta, orgogliosa ed egoista, solo la fede in Dio creatore e signore, e la grazia santificante ed elevante di Cristo possono frenarla, guidarla, sublimarla, perché tante lacrime siano asciugate.

La tristezza del profeta Geremia e la malinconia amara e rassegnata di Qoelet mediante l'amore di Cristo si trasformano in fiduciosa certezza, perché, come scriveva san Paolo ai Romani: "Lo Spirito stesso attesta al nostro spirito che siamo figli di Dio: eredi di Dio, coeredi di Cristo, se veramente partecipiamo alle sue sofferenze per partecipare anche alla sua gloria... Infatti le sofferenze del momento presente non sono paragonabili alla gloria futura, che dovrà essere rivelata in noi" (cfr. Rm 8,16-18).

Il ringraziamento e la meditazione diventano così una viva esortazione a tutti voi, artisti e organizzatori, a continuare con perseverante amore e dedizione il vostro impegno e la vostra testimonianza di messaggeri di pace, di bontà, di serenità, di generosità mediante la musica, misteriosa consolatrice degli animi.

Vi accompagni anche la mia benedizione, che ora di gran cuore vi imparto.

Data: 1990-07-29

Domenica 29 Luglio 1990

Messaggio al Preposito dei Gesuiti - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Servizio della fede e promozione della giustizia nella fedeltà al Papa e alla spiritualità di sant'Ignazio

Al reverendissimo padre P. Peter-Hans Kolvenbach, preposito generale della Compagnia di Gesù.


1. Ho appreso con viva soddisfazione che in occasione del 500° anniversario della nascita di sant'Ignazio di Loyola, avvenuta nel 1491, e del 450° anniversario dell'approvazione di codesta Compagnia di Gesù, a opera di Paolo II con la bolla "Regimini Militantis Ecclesiae", del 27 settembre 1540, ella ha indetto un "anno ignaziano", che inizierà il 27 settembre 1990 e si concluderà il 31 luglio 1991, a ricordo del giorno in cui, nel 1556, il santo fondatore mori a Roma, nella sua cameretta accanto alla cappella della Madonna della Strada.

Mi fa pure piacere sapere che eventi così importanti saranno celebrati, oltre che con manifestazioni esterne, anche, e soprattutto, con un rinnovamento della vita religiosa e dello slancio apostolico della stessa Compagnia di Gesù, e con l'impegno a compiere sempre meglio quello che sant'Ignazio fece e raccomando di fare.

In considerazione degli stretti vincoli che legano la Compagnia di Gesù alla Sede apostolica, mi unisco spiritualmente a tali celebrazioni, incoraggiando i fervidi propositi e accompagnandoli con la mia preghiera.


2. L'anniversario della nascita di sant'Ignazio richiama alla mente il cammino che egli, quale pellegrino, come amava definirsi, percorse, guidato dal suo Signore, padrone della storia e degli umani destini, divenendo, da valoroso cavaliere di un sovrano terreno, eroico cavaliere del Re eterno, Cristo Gesù. La ferita che riporto a Pamplona, la lunga convalescenza a Loyola, le letture, le riflessioni e meditazioni sotto l'influsso della grazia, i diversi stati d'animo per i quali il suo spirito passava, operarono gradatamente in lui una radicale conversione: dai sogni di una vita mondana a una piena consacrazione a Cristo, che avvenne ai piedi della Madonna di Montserrat e maturo nel ritiro di Manresa.

Il pellegrino si reco nella Terra del suo Signore. Ma non era a Gerusalemme che il Re divino voleva trattenere Ignazio. Gli anni di studio a Barcellona, Alcalà, Salamanca e Parigi gli fecero comprendere la necessità di una solida preparazione spirituale e intellettuale per un efficace apostolato, la cui azione penso di dilatare con la collaborazione di altri, animati dallo stesso spirito soprannaturale e dalla medesima preparazione dottrinale. Per questo raccolse intorno a sé a Parigi i primi compagni. Con essi, il 15 agosto 1534 nella cappella di Montmartre, pronuncio i voti di castità e povertà con l'impegno di recarsi in Terra Santa per esercitarvi l'apostolato.

Ma, in quel 1537, le navi non salparono da Venezia per la Terra Santa a causa di una guerra che non permetteva di solcare le vie del mare. Ignazio obbedi così al Signore che lo voleva a Roma, con i suoi compagni, accanto al Papa. Questi li accolse al suo servizio, così che la nascente Compagnia di Gesù si costitui sul precipuo fondamento della fedeltà alla Chiesa. A Roma, Ignazio, che aveva tanto desiderato rimanere in Terra Santa per "aiutare le anime" annunciando il mistero dell'incarnazione, celebro la sua prima Eucaristia nella santa notte di Natale del 1538, davanti alla reliquia del presepe, nella basilica di Santa Maria Maggiore.


3. La fedele obbedienza della Compagnia di Gesù al successore dell'apostolo Pietro in tutta la sua attività fu chiaramente espressa nella citata bolla di approvazione "Regimini Militantis Ecclesiae" del 1540 e integralmente ripresa in quella di Giulio III "Exposcit Debitum" del 21 luglio 1550, nella quale venne dichiarato che chiunque fa la professione nella Compagnia di Gesù "oltre che dal comune vincolo dei tre voti sia legato da un voto speciale, in forza del quale tutto ciò che l'attuale e gli altri Romani Pontefici suoi successori comanderanno come spettante al profitto delle anime e alla propagazione della fede, e in qualsivoglia regione vorranno inviarci, noi immediatamente, senza tergiversazione e senza scusarci in nessun modo, saremo obbligati a eseguirlo per quanto starà in noi".

Fedele a questo voto, la Compagnia di Gesù ha esercitato il suo apostolato in Europa, specialmente nel contenere la diffusione del protestantesimo e nell'attuazione dei decreti del Concilio di Trento, e negli altri continenti, dalle estreme regioni dell'Asia Orientale alle nuove terre appena scoperte nelle Americhe, propagandovi la fede con la predicazione, con l'insegnamento, con meravigliose realizzazioni sociali e con ogni altra forma di apostolato.

Questa fedeltà alla Sede apostolica nel compiere gli incarichi affidati ai padri gesuiti non manco di causare difficoltà e attacchi da parte dei nemici della Chiesa, i quali giunsero ad ottenere la soppressione della Compagnia. Essa pero, conservata per mirabile disegno della Provvidenza nella Bielorussia, risorgeva per decisione di Pio VII di f.m., il quale non voleva - come è detto nella bolla "Sollicitudo Omnium Ecclesiarum" del 7 agosto 1814 - privare più a lungo la barca di Pietro, agitata da tante tempeste, del valido aiuto di così esperti rematori.

La Compagnia riprese la sua attività apostolica con la predicazione e l'insegnamento, la ricerca scientifica e l'azione sociale, le missioni e la cura dei poveri, dei sofferenti e degli emarginati. Essa sta ora affrontando con intelligenza e operosità anche l'odierno tragico problema dei rifugiati e profughi; e si sforza con opportuno discernimento di integrare il servizio della fede e la promozione della giustizia, in conformità al Vangelo. Ben a ragione il mio predecessore Paolo VI poté affermare: "Ovunque nella Chiesa, anche nei campi più difficili e di punta, nei crocevia delle ideologie, nelle trincee sociali, vi è stato e vi è il confronto tra le esigenze brucianti dell'uomo e il perenne messaggio del Vangelo, là vi sono stati e vi sono i gesuiti" (Alla XXXII Congregazione generale, 3 dicembre 1974).

Sono molti i figli di sant'Ignazio che la Chiesa ha elevato agli onori degli altari. Sono innumerevoli quelli che hanno lavorato con valoroso impegno nella vigna del Signore. Il passato della Compagnia è certamente glorioso. Sia il suo ricordo uno stimolo per tutti a un generoso rinnovamento dello slancio apostolico, sempre fedeli all'impegno di amore e di servizio al successore di Pietro.


4. L'ardore apostolico, che vibrava in sant'Ignazio e da lui trasfuso alla Compagnia nel generoso servizio alla Chiesa per ben 450 anni, ha la sua spiegazione nello spirito interiore che animo il santo fondatore e i suoi figli spirituali, dando efficacia alla loro azione apostolica. Nella parte decima delle Costituzioni, dove si tratta della maniera di conservare e sviluppare la Compagnia per conseguire il suo fine, sant'Ignazio ha scritto che "i mezzi, che congiungono lo strumento di Dio e lo dispongono a lasciarsi guidare dalla sua mano divina, sono più efficaci di quelli che lo dispongono verso gli uomini... perché sono le doti interne che devono rendere efficaci quelle esterne in vista del fine che si persegue".

Prima di fissarla nelle Costituzioni, sant'Ignazio visse in se stesso questa verità fin dal tempo di Manresa, subito dopo la sua conversione. Lunghe ore di orazione occupavano la sua giornata e anche parte della notte; in esse, sotto l'influsso della grazia e con il favore di speciali doni mistici, si compi quella sua trasformazione interiore che si riflette nel mirabile libretto degli "Esercizi spirituali", di cui egli fu il primo esercitante così da divenire un uomo veramente spirituale.

Se negli anni seguenti, impegnato negli studi e poi nell'attività apostolica, dovette limitare il tempo della preghiera quotidiana, sappiamo che sempre riservo ad essa un congruo spazio della sua giornata. Da quanto ci resta del suo "Diario spirituale" appare infatti che, essendo generale della Compagnia, soleva ogni mattina premettere un periodo di orazione alla celebrazione dell'Eucaristia, alla quale seguivano abitualmente due ore di orazione, durante le quali non voleva essere disturbato.

La celebrazione dell'Eucaristia costituiva il centro della sua orazione, era il tempo privilegiato per le sue più intime comunicazioni con Dio, spesso accompagnate da doni mistici. All'Eucaristia egli portava le sue intenzioni e preoccupazioni, che non mancavano nel governo della Compagnia; in essa riceveva illuminazioni e ispirazioni che lo guidavano al fedele adempimento dei disegni divini.

E' naturale che, dopo questo tempo consacrato alla celebrazione eucaristica e all'orazione, egli vivesse tutta la giornata in costante unione con Dio, ne sperimentasse la presenza, lo vedesse in ogni cosa e in ogni evento lieto o triste. Lo attestavano quanti con lui trattavano, constatando l'incredibile facilità con cui nel disbrigo degli affari sapeva raccogliersi spiritualmente, formulare giudizi e prendere decisioni in una luce soprannaturale. Realizzava quello che il padre Girolamo Nadal sintetizzo in una significativa espressione della spiritualità ignaziana: "essere contemplativi nell'azione".


5. Sant'Ignazio non fu soltanto uomo di orazione, ma maestro di orazione allo scopo di iniziare anche gli altri ad "essere contemplativi nell'azione".

L'itinerario da percorrere è quello descritto nei suoi "Esercizi spirituali", che riflettono la sua personale esperienza e di cui si serviva per formare gli altri, cominciando dai suoi primi compagni. Volle pertanto che il primo esperimento, per chi chiedeva di entrare in Compagnia, consistesse negli esercizi spirituali di un mese, al fine di porre un solido fondamento alla spiritualità di ciascuno.

Durante tutto il corso della vita religiosa il gesuita è chiamato, quindi, a consacrare ogni giorno un tempo adeguato all'orazione personale e alla partecipazione all'Eucaristia, che costituisce, come già per sant'Ignazio, il nutrimento quotidiano indispensabile per la crescita spirituale.

Sant'Ignazio non prescrisse lunghe orazioni; piuttosto insisteva, come negli "Esercizi spirituali", sulla mortificazione, che è doveroso cercare per quanto possibile in ogni circostanza, perché il dominio delle proprie passioni facilita l'unione con Dio nell'orazione. Di qui proviene l'importanza che attribuiva all'esame di coscienza, da farsi due volte al giorno, per ottenere una sempre maggiore purezza d'animo, la quale predispone all'unione con Dio.

I figli di sant'Ignazio sono chiamati a questo ideale non solo per il proprio profitto spirituale, ma anche per diventare essi stessi maestri di orazione a vantaggio degli altri. Gli Esercizi ignaziani, e in generale la spiritualità ignaziana, hanno sempre goduto grande stima nella Chiesa, come attestano vari documenti pontifici, dalla prima approvazione degli Esercizi col breve "Pastoralis Officii" di Paolo III (31 luglio 1548) all'enciclica "Menti Nostrae" di Pio XI (20 dicembre 1929), e come confermano innumerevoli ecclesiastici e laici, che devono a queste pratiche spirituali l'inizio o il rinnovato slancio della loro vita spirituale. Di qui l'impegno specifico dei figli di sant'Ignazio di non trascurare tale prezioso mezzo di santificazione, che la provvidenza ha dato alla Compagnia per il bene del popolo di Dio. Per questo incoraggio le iniziative che si stanno realizzando in questo campo con studi e corsi di approfondimento per rispondere adeguatamente agli interrogativi e alle esigenze attuali.


6. La celebrazione degli anniversari ignaziani coincide anche con il 25° anniversario della conclusione del Concilio Vaticano II, la cui attuazione costituisce la mia sollecitudine pastorale. Mi sta pertanto particolarmente a cuore ricordarvi il mandato speciale che avete ricevuto dal mio predecessore Paolo VI di "resistere vigorosamente con forze congiunte all'ateismo", che è un "tremendo pericolo che incombe sulla umanità" (AAS 57 (1965) 514); mandato che vi impegna particolarmente nelle nuove situazioni, provocate dal crollo delle ideologie atee. Come già vi ho detto in altra circostanza, "la Chiesa attende oggi dalla Compagnia che contribuisca efficacemente all'attuazione del Concilio Vaticano II, come, al tempo di sant'Ignazio e anche dopo, si adopero con ogni mezzo per far conoscere e applicare il Concilio di Trento e per aiutare in maniera notevole i romani Pontefici nell'esercizio del loro magistero supremo" (Giovanni Paolo II, 27 febbraio 1982). Da parte mia, ho confermato questa attesa in occasione dell'apertura della vostra XXXIII Congregazione Generale, invitandovi "ad interessarvi sempre più alle iniziative che il Concilio Vaticano II ha particolarmente incoraggiato, quali l'ecumenismo, l'approfondimento dei rapporti con le religioni non cristiane e il dialogo della Chiesa con le culture".


7. Nella realizzazione di questi generosi propositi vi assista la materna protezione di Maria santissima, che sostenne e illumino il cammino del vostro fondatore. L'esperienza personale di sant'Ignazio, gli insegnamenti degli "Esercizi spirituali" e delle Costituzioni e il modo di procedere della Compagnia non sono infatti altro che "una via per arrivare a Dio" ("Formula Instituti", 1), "la via del maggior servizio e lode di Cristo nostro Signore" (Cost., 618), il "cammino del pellegrino" che continua con la grazia dello Spirito Santo la missione del Signore nella Chiesa dei nostri giorni. Ci si deve forse stupire se sant'Ignazio ha tracciato questo cammino di vita sotto lo sguardo della Beata Vergine? Per l'intercessione della Madonna della Strada, la cui cappella romana accoglie i fedeli in preghiera presso la tomba del pellegrino sant'Ignazio, la Compagnia di Gesù, diffusa nel mondo intero, rimanga incessantemente fedele alla sua missione apostolica di "avere dinanzi agli occhi prima di ogni altra cosa Dio e poi la forma di questo suo Istituto", che è quella di impegnarsi generosamente "sotto il vessillo della croce per il Signore e il suo vicario in terra" ("Formula Instituti", 1).

In pegno di abbondanti grazie celesti di cuore imparto a lei e a tutti i benemeriti appartenenti alla Compagnia di Gesù una speciale benedizione apostolica.

Dal Vaticano, 31 Luglio 1990, memoria di sant'Ignazio di Loyola.

Data: 1990-07-31

Martedi 31 Luglio 1990



Alla "Compagnie du Petit Pauvre" - Castel Gandolfo (Roma)

Titolo: Voi avete incarnato Francesco d'Assisi

E' con grande piacere che ho assistito al vostro bello spettacolo con amici della Compagnia del Poverello. Voi avete saputo evocare felicemente i tratti principali della ricca personalità di san Francesco d'Assisi attraverso degli episodi celebri e caratteristici della sua vita.

Tengo ad esprimervi la mia gratitudine per il lavoro che avete svolto.

Jacques Copeau, nel suo testo, fa dire a san Francesco che egli si è "gettato come un pazzo verso tutto ciò che gli è parso grande". Mi sembra che sia molto giusto e che queste parole tocchino un aspetto centrale nel pensiero e nell'azione del Poverello d'Assisi.

Anche voi vi siete gettati, verso l'umile figura del Poverello, povero a immagine del Cristo e ricco dei doni di Dio. L'attore "incarna", si dice, un personaggio. Gli presta il suo corpo e riceve da lui un'anima. così, voi avete incarnato Francesco d'Assisi, sostenendo il ruolo del santo, o avete preso parte alla sua avventura, rappresentando gli uomini e le donne posti da Dio sulla sua strada. Io vi auguro di entrare più profondamente nella grazia propria di questi personaggi.

Qual è questa grazia? Nella Divina Commedia Dante qualifica san Francesco di "tutto serafico in ardore". "Ardore"! E' l'amore il dono del Cristo crocifisso, che manifesta nobilmente il figlio di Bernardone. La verità di ogni nostra vita si trova nascosta nel Cristo, colui che conserva le stigmate della passione, colui che ha chiamato san Francesco a rendergli testimonianza, colui che ci chiama oggi a rendergli testimonianza! Per amore del Cristo san Francesco è divenuto un apostolo della pace e la sua figura è riconosciuta e rispettata al di là delle frontiere del mondo cristiano; possa il suo esempio continuare ad ispirarci oggi! Miei cari amici, vi ringrazio ancora per questo bel momento trascorso in vostra compagnia. Ringrazio ugualmente tutti coloro che, a qualunque titolo, ne hanno permesso la realizzazione.

Di cuore vi accordo la mia benedizione apostolica.

Data: 1990-08-02

Giovedi 2 Agosto 1990

All'Angelus - Castel Gandolfo (Roma)

Titolo: Maria educatrice per eccellenza dei chiamati al sacerdozio

In questo giorno, in cui i nostri sguardi si volgono più particolarmente verso Maria santissima protettrice del popolo romano, abbiamo l'occasione di ritornare al suo ruolo specifico nella formazione dei sacerdoti. Già in un'altra circostanza ho ricordato l'importanza della presenza di Maria nella vita del sacerdote. Oggi desidero appunto approfondire questo suo ruolo nella "formazione" sacerdotale, su cui si focalizzerà l'attenzione del prossimo Sinodo.

Tale ruolo specifico risulta dalla missione "educatrice" affidata a Maria per la crescita di Gesù. Chiamando Maria "Madre di Dio", i cristiani hanno riconosciuto la grandezza della sua maternità, chiamata a dare la vita umana a un bambino che era Dio. Ma la nobiltà di questa funzione materna non si limito alla generazione del bambino; essa si è manifestata nella sua educazione. Maria aveva ricevuto tutte le grazie necessarie per formare Gesù, per prepararlo alla sua missione sacerdotale. In questo modo è stata la perfetta educatrice dell'unico ed eterno sacerdote.

Più particolarmente, lo Spirito Santo le aveva ispirato una disposizione di servizio, quella che si esprime nelle parole che pronunciamo nell'"Angelus": "Eccomi, sono la serva del Signore" (Lc 1,38). Questo servizio al Signore si è subito prolungato nel servizio al prossimo, come dimostra il viaggio intrapreso per essere vicina ad Elisabetta.

Maria ha contribuito allo sviluppo dello spirito di servizio in Gesù, mostrandosi incessantemente come colei che dimenticava se stessa per dedicarsi interamente agli altri. In tutte le circostanze della vita a Nazaret, Gesù ha potuto ammirare la disponibilità e l'infaticabile spirito di servizio di sua madre.

Nella sua vita pubblica, poi, è proprio con questo spirito di servizio che Gesù ha definito la propria missione: "Il Figlio dell'uomo non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti" (Mc 10,45 Mt 20,28). Con ciò ha voluto dare una lezione ai suoi discepoli, i quali cercavano di soddisfare in qualche modo la propria ambizione personale. Il sacerdozio, al quale sono destinati, non si può dunque esercitare "per essere serviti, ma per servire"; e il termine "ministero" significa appunto "servizio".

Il sacerdozio ministeriale consiste nel servire gli altri.

Si comprende pertanto l'influsso che Maria può avere sulla formazione sacerdotale per educare allo spirito di servizio. Colei che è stata l'educatrice del sacerdote unico, rimane l'educatrice per eccellenza dei giovani chiamati al sacerdozio. Affinché ella possa svolgere tale ruolo, è necessario che sia riconosciuta - con il culto e la preghiera - come colei che aiuta i seminaristi a entrare nella disposizione fondamentale di servizio, che permetterà loro di compiere il ministero sacerdotale.

Noi preghiamo perché il prossimo Sinodo ponga in evidenza il posto che spetta a Maria nella formazione dei futuri sacerdoti, ministri, cioè servitori, del popolo di Dio.

(Omissis: saluto a gruppi di pellegrini)

Data: 1990-08-05

Domenica 5 Agosto 1990

Alla Messa nella chiesa di San Tommaso - Castel Gandolfo (Roma)

Titolo: Paolo VI guido la Chiesa con amore e con lungimiranza

Carissimi fratelli e sorelle.

Ci ritroviamo insieme per la celebrazione eucaristica in suffragio dell'anima del mio venerato predecessore, il Papa Paolo VI, nel giorno anniversario della sua morte. Sono trascorsi ormai dodici anni da quella sera del 6 agosto 1978, solennità della Trasfigurazione del Signore, quando egli, al termine di una edificante agonia, si spense proprio qui, a Castel Gandolfo.

La sua memoria resta scolpita nel cuore di quanti lo hanno conosciuto, di tutti noi che ripercorriamo idealmente gli anni provvidenziali del suo pontificato. Con il passare del tempo emerge sempre più viva la sua passione per il Vangelo, il suo anelito generoso per la causa di Cristo e la salvezza delle anime. Paolo VI fece suo, sino allo spasimo, il travaglio dell'uomo contemporaneo e guido la Chiesa con amore e lungimiranza tra i flutti di un'epoca in totale mutamento.

Lo affidiamo, ancor oggi, alla misericordia dell'Altissimo perché gli sia concessa la preziosa ricompensa promessa ai fedeli servitori. E mentre, in sua memoria, ci raccogliamo in preghiera, vorrei evocare una delle preoccupazioni pastorali che egli maggiormente senti, quella cioè della formazione sacerdotale.

Ce ne offre lo spunto la celebrazione del prossimo Sinodo dei vescovi.

Il problema vocazionale - egli affermava - "interessa tutta intera la compagine vivente della sposa di Cristo, perché le vocazioni sono il segno della sua visibilità, la garanzia della sua vitalità, la sicurezza per il suo avvenire".

E aggiungeva, parlando dei seminari, che "si dovrà dissipare con ogni sforzo quel clima di conformità al mondo, di rilassamento nello spirito di preghiera e di amore alla croce, che purtroppo tenta di penetrare in non pochi di essi, se non vogliamo vedere compromesso ogni più generoso sforzo in questo settore così delicato e vitale per la Chiesa" ("Insegnamenti di Paolo VI", XI (1973) 1132.1136).

Con tali sentimenti, invito tutti a partecipare all'Eucaristia, fonte inesauribile della nostra testimonianza cristiana.

Data: 1990-08-06

Lunedi 6 Agosto 1990



Lettera al card. Decourtray - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: In occasione del XVII centenario del martirio di san Maurizio e compagni della legione tebea

Al nostro venerabile fratello Alberto S.R.E. card. Decourtray arcivescovo di Lione.

Fra le illustri memorie dei primi secoli della Chiesa e le eccezionali testimonianze di fede e costanza cristiana, la commemorazione onorifica di san Maurizio e dei compagni, soldati romani della legione tebea uccisi sotto l'impero di Diocleziano presso Agaunia in Svizzera, già a suo tempo si accrebbe a tal punto che non solo sorsero qua e là spontaneamente chiese e cappelle per il loro culto, ma anche oggi il loro nome e la loro fama vivono col loro antico splendore tra i fedeli di tutta la regione.

Possiamo dunque capire senza sforzo e vedere quasi per presagio con quanta festosità e letizia la regione Elvetica, ov'è il cenobio più importante di san Maurizio, anzi tutta la nazione celebrerà nel prossimo mese di settembre il XVII centenario del loro illustre martirio. Per questo motivo già in precedenza abbiamo scritto all'onorato abate di quel monastero una nostra lettera speciale con cui abbiamo testimoniato tutti i nostri sentimenti di partecipazione nei riguardi di queste solennità e dei salutari effetti per la vita del luogo e per la religiosità cattolica.

E per dimostrare in modo ancor più vistoso il nostro interesse nei confronti di questa commemorazione e il proposito di assistervi almeno con l'animo pieno di gratitudine, vogliamo assolutamente che al nostro posto sia tu, nostro venerabile fratello, ad assistere ai riti come messo straordinario e a presenziarvi ufficialmente. perciò ti affidiamo con questa lettera l'insigne incarico che senz'altro avrà un particolare valore il 22 settembre quando si svolgeranno le celebrazioni.

Sarai presente dunque a nome nostro e con la nostra autorità in quell'occasione e non tralascerai, avendo davanti agli occhi l'esempio di fedeltà e di fede di san Maurizio e dei suoi compagni, di esortare con grande forza i pastori di tutta la nazione elvetica, i membri delle comunità religiose e tutti i fedeli in Cristo a non venir mai meno a una simile fedeltà alla Chiesa e alla dottrina cristiana, a dedicare con fervore il cuore e la mente ai precetti del Vangelo e ad affidarsi, in ciò, alla guida sicura della Chiesa, con l'aiuto della nostra benedizione apostolica che, essendo presente in vece nostra, impartirai a tutti coloro che parteciperanno alle sacre solennità come documento della nostra benevolenza e gratitudine e come auspicio di un costante favore divino.

Dalla Residenza Vaticana, l'11 agosto 1990, 12° anno del nostro pontificato.

Data: 1990-08-11

Sabato 11 Agosto 1990

Omelia nella solennità dell'Assunta - Castel Gandolfo (Roma)

Titolo: Maria fu piena di grazia fin dall'inizio della sua esistenza




GPII 1990 Insegnamenti - Ai polacchi alla conclusione di una celebrazione eucaristica