GPII 1990 Insegnamenti - 2. pastorale universitaria

2. pastorale universitaria

38. La pastorale universitaria è quell'attività dell'Università che offre ai membri della comunità stessa l'occasione di coordinare lo studio accademico e le attività para-accademiche con i principi religiosi e morali, integrando così la vita con la fede. Essa concretizza la missione della Chiesa nell'Università e fa parte integrante della sua attività e della sua struttura. Una comunità universitaria, preoccupata di promuovere il carattere cattolico dell'istituzione, sarà consapevole di questa dimensione pastorale e sarà sensibile ai modi in cui essa può influire su tutte le sue attività.

39. Come naturale espressione della sua identità cattolica, la comunità universitaria deve saper incarnare la fede nelle sue attività quotidiane, con importanti momenti di riflessione e di preghiera. Saranno così offerte ai membri cattolici di questa comunità le opportunità di assimilare nella loro vita la dottrina e la pratica cattolica. Saranno incoraggiati a partecipare alla celebrazione dei sacramenti, specialmente al sacramento dell'Eucaristia, quale atto più perfetto del culto comunitario. Quelle comunità accademiche che hanno nel proprio seno una consistente presenza di persone appartenenti a Chiese, a comunità ecclesiali o a religioni diverse, rispetteranno le loro iniziative per la riflessione e la preghiera nella salvaguardia del loro credo.

40. Quanti si occupano della pastorale universitaria solleciteranno docenti e studenti ad esser più consapevoli della loro responsabilità verso coloro che soffrono fisicamente e spiritualmente. Seguendo il modello di Cristo, saranno particolarmente attenti ai più poveri e a chi soffre per l'ingiustizia nel campo economico, sociale, culturale, religioso. Questa responsabilità si esplica, prima di tutto, all'interno della comunità accademica, ma trova applicazione anche al di fuori di essa.

41. La pastorale universitaria è un'attività indispensabile, grazie alla quale gli studenti cattolici, nell'adempimento dei loro impegni battesimali, possono essere preparati a partecipare attivamente alla vita della Chiesa. Essa può contribuire a sviluppare e ad alimentare un'autentica stima del matrimonio e della vita familiare, promuovere vocazioni al sacerdozio e alla vita religiosa, stimolare l'impegno cristiano dei laici e permeare ogni tipo di attività con lo spirito del Vangelo. L'intesa fra la pastorale universitaria e le Istituzioni che operano nell'ambito della Chiesa particolare, sotto la guida o con l'approvazione del vescovo, non potrà che essere di comune vantaggio (Il CIC 813 - indica la responsabilità generale del vescovo verso gli studenti universitari: "Il vescovo diocesano abbia un'intensa cura pastorale degli studenti, anche erigendo una parrocchia, o almeno per mezzo di sacerdoti a ciò stabilmente deputati, e provveda che presso le Università, anche non cattoliche, ci siano centri universitari cattolici, che offrano un aiuto soprattutto spirituale alla gioventù").

42. Diverse Associazioni o Movimenti di vita spirituale e apostolica, soprattutto quelli creati specificamente per gli studenti, possono offrire un grande contributo per sviluppare gli aspetti pastorali della vita universitaria.


3. Dialogo culturale

43. Per sua stessa natura, l'Università promuove la cultura mediante la sua attività di ricerca, aiuta a trasmettere la cultura locale alle generazioni successive mediante il suo insegnamento e favorisce le attività culturali con i propri servizi educativi. Essa è aperta a tutta l'esperienza umana, pronta al dialogo e all'apprendimento da qualsiasi cultura. A questo processo l'Università cattolica partecipa offrendo la ricca esperienza culturale della Chiesa. Inoltre, consapevole che la cultura umana è aperta alla rivelazione e alla trascendenza, l'Università cattolica è luogo primario e privilegiato per un fruttuoso dialogo tra Vangelo e cultura.

44. Essa assiste la Chiesa proprio mediante tale dialogo, aiutandola a raggiungere una migliore conoscenza delle diverse culture, a discernere i loro aspetti positivi e negativi, ad accogliere i loro contributi autenticamente umani e a sviluppare i mezzi, con i quali potrà rendere la fede meglio comprensibile agli uomini di una determinata cultura ("La Chiesa, vivendo nel corso dei secoli in condizioni diverse, si è servita delle risorse di differenti culture, per diffondere e spiegare il messaggio cristiano nella sua predicazione a tutte le genti, per studiarlo e approfondirlo, per meglio esprimerlo nella vita liturgica e nella vita della multiforme comunità dei fedeli": GS 58). Se è vero che il Vangelo non può essere identificato con la cultura, ma anzi trascende tutte le culture, è anche vero che "il regno, annunciato dal Vangelo, è vissuto da uomini profondamente legati a una cultura, e l'edificazione del regno non può non avvalersi di certi elementi della cultura e delle culture umane" (EN 20; cfr. GS 58). "Una fede che si ponesse ai margini di ciò che è umano, quindi di ciò che è cultura, sarebbe una fede che non rispecchia la pienezza di ciò che la parola di Dio manifesta e rivela, una fede decapitata, peggio ancora, una fede in processo di auto-annullamento" (cfr. Discorso a Medellin agli uomini di cultura, 5 luglio 1986).

45. L'Università cattolica deve farsi sempre più attenta alle culture del mondo d'oggi, come anche alle varie tradizioni culturali esistenti dentro la Chiesa, in maniera da promuovere un continuo e proficuo dialogo tra il Vangelo e l'odierna società. Tra i criteri, che contraddistinguono il valore di una cultura, vengono in primo luogo il senso della persona umana, la sua libertà, la sua dignità, il suo senso di responsabilità e la sua apertura al trascendente. Col rispetto della persona è collegato il valore eminente della famiglia, cellula primaria di ogni cultura umana.

Le Università cattoliche si sforzeranno di discernere e di ben valutare le aspirazioni come le contraddizioni della cultura moderna per renderla più adatta allo sviluppo integrale delle persone e dei popoli. In particolare, si raccomanda di approfondire, con studi appropriati, l'impatto della tecnologia moderna e specialmente dei mezzi di comunicazione sociale sulle persone, le famiglie, le istituzioni e l'insieme della cultura moderna. Le culture tradizionali sono da difendere nella loro identità, aiutandole ad accogliere i valori moderni senza sacrificare il proprio patrimonio, che è ricchezza per tutta la famiglia umana. Le Università, situate in ambienti culturali tradizionali, cercheranno attentamente di armonizzare le culture locali col contributo positivo delle culture moderne.

46. Un campo che interessa in maniera speciale l'Università cattolica è il dialogo tra pensiero cristiano e scienze moderne. Questo compito richiede persone particolarmente versate nelle singole discipline, che siano dotate anche di un'adeguata formazione teologica e capaci di affrontare le questioni epistemologiche a livello dei rapporti tra fede e ragione. Tale dialogo concerne tanto le scienze naturali quanto le scienze umane, le quali pongono nuovi e complessi problemi filosofici ed etici. Il ricercatore cristiano deve mostrare come l'intelligenza umana si arricchisce della verità superiore, che deriva dal Vangelo: "L'intelligenza non viene mai sminuita, ma, al contrario è stimolata e rafforzata da quella fonte interiore di profonda comprensione che è la parola di Dio e dalla gerarchia di valori che ne risulta... Nel suo modo unico, l'Università cattolica contribuisce a manifestare la superiorità dello spirito, che non può mai, senza il rischio di perdersi, acconsentire a mettersi al servizio di qualcos'altro che non sia la ricerca della verità" (Paolo VI, Discorso del 27 novembre 1972).

47. Oltre al dialogo culturale, l'Università cattolica, nel rispetto delle sue specifiche finalità, tenendo conto dei vari contesti religioso-culturali e seguendo le direttive impartite dalla competente autorità ecclesiastica, può offrire un contributo al dialogo ecumenico, al fine di promuovere la ricerca dell'unità di tutti i cristiani, e al dialogo interreligioso, aiutando a discernere i valori spirituali che son presenti nelle varie religioni.

4. Evangelizzazione
48. La missione primaria della Chiesa è di predicare il Vangelo in modo tale da garantire il rapporto tra fede e vita sia nell'individuo che nel contesto socio-culturale, in cui le persone vivono, agiscono e comunicano fra di loro.

L'evangelizzazione significa "portare la buona novella in tutti gli strati dell'umanità e, col suo influsso, trasformare dal di dentro, rendere nuova l'umanità stessa... Non si tratta soltanto di predicare il Vangelo in fasce geografiche sempre più vaste o a popolazioni sempre più estese, ma anche di raggiungere e quasi sconvolgere mediante la forza del Vangelo i criteri di giudizio, i valori determinanti, i punti di interesse, le linee di pensiero, le fonti ispiratrici e i modelli di vita dell'umanità, che sono in contrasto con la parola di Dio e col disegno della salvezza" (EN 18ss).

49. Secondo la propria natura, ogni Università cattolica offre un importante contributo alla Chiesa nella sua opera di evangelizzazione. Si tratta di una vitale testimonianza di ordine istituzionale da rendere a Cristo e al suo messaggio, così necessario nelle culture contrassegnate dal secolarismo, o là dove Cristo e il suo messaggio di fatto non sono ancora conosciuti. Inoltre, tutte le attività fondamentali di una Università cattolica sono collegate e armonizzate con la missione evangelizzatrice della Chiesa: la ricerca condotta alla luce del messaggio cristiano, che metta le nuove scoperte umane al servizio degli individui e della società; la formazione attuata in un contesto di fede, che prepari persone capaci di un giudizio razionale e critico e consapevoli della trascendente dignità della persona umana; la formazione professionale, che comprenda i valori etici e il senso di servizio alle persone e alla società; il dialogo con la cultura, che favorisca una migliore comprensione della fede; la ricerca teologica, che aiuti la fede a esprimersi in un linguaggio moderno. "La Chiesa, proprio perché è sempre più consapevole della sua missione salvifica in questo mondo, vuole sentirsi vicini questi centri, vuole averli presenti e operanti nella diffusione del messaggio autentico di Cristo" (Paolo VI, Ai presidi e rettori gesuiti, 6 agosto.

Parlando ai partecipanti del Congresso Internazionale sulle Università cattoliche, il 25 aprile 1989, aggiungevo: "In un'Università cattolica la missione evangelizzatrice della Chiesa e la missione di ricerca e di insegnamento vengono a trovarsi collegate e coordinate": 25 aprile 1989, n. 5).

II Parte NORME GENERALI

Articolo 1 - La natura di queste Norme Generali


§ 1. Le seguenti Norme Generali sono basate sul Codice di diritto canonico del quale sono un ulteriore sviluppo, e sulla legislazione complementare della Chiesa, fermo restando il diritto della Santa Sede di intervenire, ove ciò si renda necessario. Esse valgono per tutte le Università cattoliche e per le Istituzioni cattoliche di studi superiori in tutto il mondo.

§#1517

2. Le Norme Generali devono essere concretamente applicate a livello locale e a livello regionale dalle Conferenze episcopali e dalle altre Assemblee della gerarchia cattolica (Le Conferenze episcopali sono state costituite nel rito latino. Altri riti hanno altre Assemblee della gerarchia cattolica), in conformità col Codice di diritto canonico e con la legislazione ecclesiastica complementare, tenendo conto degli Statuti di ciascuna Università o Istituzione e - in quanto possibile e opportuno - anche del diritto civile. Dopo la revisione da parte della Santa Sede, detti "Ordinamenti" locali o regionali saranno validi per tutte le Università cattoliche e le Istituzioni cattoliche di studi superiori della regione, a eccezione delle Università e Facoltà Ecclesiastiche. Queste ultime Istituzioni, comprese le Facoltà ecclesiastiche appartenenti a un'Università cattolica, sono rette dalle norme della costituzione apostolica "Sapientia Christiana".

§#1518

3. Un'Università costituita o approvata dalla Santa Sede, da una Conferenza episcopale o da un'altra Assemblea della gerarchia cattolica, o da un vescovo diocesano, deve incorporare le presenti Norme Generali e le loro applicazioni, locali e regionali, nei documenti relativi al suo governo, e conformare i suoi vigenti Statuti sia alle Norme Generali sia alle loro applicazioni e sottometterli all'approvazione della competente autorità ecclesiastica. Resta inteso che anche le altre Università cattoliche, cioè quelle non istituite in una delle forme suddette, d'intesa con l'autorità ecclesiastica locale, faranno proprie queste Norme Generali e le loro locali e regionali applicazioni, accogliendole nei documenti relativi al loro governo e - per quanto possibile - conformeranno i loro vigenti Statuti sia a queste Norme Generali che alle loro applicazioni.

Articolo 2 - La natura di una Università cattolica


§ 1. Un'Università cattolica, come ogni Università, è una comunità di studiosi che rappresenta vari rami del sapere umano. Essa si dedica alla ricerca, all'insegnamento e a varie forme di servizi rispondenti alla sua missione culturale.

§#1520

2. Una Università cattolica in quanto cattolica, ispira e svolge la sua ricerca, l'insegnamento e tutte le altre attività secondo gli ideali, i principi e gli atteggiamenti cattolici. Essa è collegata alla Chiesa o per il tramite di un formale legame costitutivo e statutario, o in forza di un impegno istituzionale assunto dai suoi responsabili.

§#1521

3. Ogni Università cattolica deve manifestare la propria identità cattolica o con una dichiarazione della sua missione, o con altro appropriato documento pubblico, a meno che non sia autorizzata altrimenti dalla competente autorità ecclesiastica. Essa deve provvedersi particolarmente mediante la sua struttura e i suoi regolamenti, dei mezzi per garantire l'espressione e il mantenimento di tale identità in modo conforme al § 2.

§#1522

4. L'insegnamento cattolico e la disciplina cattolica devono influire su tutte le attività dell'Università, mentre deve essere pienamente rispettata la libertà della coscienza di ciascuna persona. Ogni atto ufficiale dell'Università deve essere in accordo con la sua identità cattolica.

§#1523

5. Un'Università cattolica possiede l'autonomia necessaria per sviluppare la sua identità specifica e perseguire la sua propria missione. La libertà di ricerca e di insegnamento è riconosciuta e rispettata secondo i principi e i metodi propri di ciascuna disciplina, sempre che siano salvaguardati i diritti degli individui e della comunità, ed entro le esigenze della verità e del bene comune).

Articolo 3 - Erezione di una Università cattolica


§ 1. Un'Università cattolica può essere eretta o approvata dalla Santa Sede, da una Conferenza episcopale o da un'altra Assemblea della gerarchia cattolica oppure da un vescovo diocesano.

§#1525

2. Col consenso del vescovo diocesano un'Università cattolica può essere eretta anche da un Istituto Religioso o da altra persona giuridica pubblica.

§#1526

3. Un'Università cattolica può essere eretta da altre persone ecclesiastiche o laiche. Tale Università potrà considerarsi Università cattolica solo col consenso della competente autorità ecclesiastica secondo le condizioni che saranno concordate dalle parti (sia la costituzione di una tale Università, sia le condizioni alle quali può considerarsi Università cattolica, dovranno essere conformi alle precise indicazioni fornite dalla Santa Sede, dalla Conferenza episcopale o da altra Assemblea della gerarchia cattolica).

§#1527

4. Nei casi menzionati ai §§ 1 e 2 gli Statuti dovranno essere approvati dalla competente autorità ecclesiastica.

Articolo 4 - La comunità universitaria


§ 1. La responsabilità di mantenere e di rafforzare l'identità cattolica dell'Università spetta in primo luogo all'Università medesima. Tale responsabilità mentre è affidata principalmente alle autorità dell'Università (inclusi, ove esistano, il gran cancelliere e/o il Consiglio di amministrazione, o un Organismo equivalente), è condivisa anche in diversa misura da tutti i membri della comunità, ed esige, pertanto, il reclutamento del personale universitario adeguato - specialmente dei docenti e del personale amministrativo - che sia disposto e capace di promuovere tale identità. Questa caratteristica, infatti, è legata essenzialmente alla qualità dei docenti e al rispetto della dottrina cattolica. E' responsabilità dell'autorità competente di vigilare su queste due esigenze fondamentali, secondo le indicazioni del diritto canonico (Il CIC 810 specifica la responsabilità dell'autorità competente in questa materia).



§ 2. Al momento della nomina, tutti i docenti e l'intero personale amministrativo devono essere informati dell'identità cattolica dell'Istituzione e delle sue implicazioni, nonché della loro responsabilità di promuovere o, almeno, di rispettare tale identità.


§ 3. Nei modi consoni alle diverse discipline accademiche, tutti i docenti cattolici devono accogliere fedelmente, e tutti gli altri docenti devono rispettare, la dottrina e la morale cattolica nella loro ricerca e nel loro insegnamento. In particolare, i teologi cattolici consapevoli di adempiere un mandato ricevuto dalla Chiesa, siano fedeli al magistero della Chiesa, quale autentico interprete della Sacra Scrittura e della Sacra Tradizione (LG 25 DV 8-10; cfr. CIC 812, "Coloro che in qualsiasi istituto di studi superiori insegnano discipline teologiche, devono avere il mandato della competente autorità ecclesiastica").


§ 4. I docenti e il personale amministrativo che appartengono ad altre Chiese, comunità ecclesiali o religioni, nonché quelli che non professano alcun credo religioso, e tutti gli studenti hanno l'obbligo di riconoscere e di rispettare il carattere cattolico dell'Università. Per non mettere in pericolo tale identità cattolica dell'Università o dell'Istituto Superiore, si eviti che i docenti non cattolici vengano a costituire una componente maggioritaria all'interno dell'Istituzione, la quale è e deve rimanere cattolica.


§ 5. L'educazione degli studenti deve integrare la maturazione accademica e professionale con la formazione ai principi morali e religiosi e con l'apprendimento della dottrina sociale della Chiesa. Il programma di studi per ciascuna delle diverse professioni deve includere un'appropriata formazione etica nella professione, alla quale esso prepara. A tutti gli studenti, inoltre, dovrà essere offerta la possibilità di seguire corsi di dottrina cattolica (cfr. CIC 811 § 2).

; Articolo 5 - L'Università cattolica nella Chiesa

§ 1. Ogni Università cattolica deve mantenere la comunione con la Chiesa universale e con la Santa Sede; deve essere in stretta comunione con la Chiesa particolare e, in specie, con i vescovi diocesani della regione o della nazione in cui è situata. Conformemente alla sua natura di Università, l'Università cattolica contribuirà all'opera di evangelizzazione della Chiesa.


§ 2. Ogni vescovo ha la responsabilità di promuovere il buon andamento delle Università cattoliche nella sua diocesi e ha il diritto e il dovere di vigilare sulla preservazione e il rafforzamento del loro carattere cattolico. Se dovessero sorgere problemi circa tale requisito essenziale, il vescovo locale prenderà le iniziative necessarie a risolverli, d'intesa con le competenti autorità accademiche e in accordo con le procedure stabilite (Per le Università, di cui all'articolo 2, §§ 1 e 2, queste procedure devono essere stabilite negli Statuti approvati dall'autorità ecclesiastica. Per le altre Università cattoliche, esse saranno determinate dalle Conferenze episcopali o dalle altre Assemblee della gerarchia cattolica) e - se necessario - con l'aiuto della Santa Sede.


§ 3. Ogni Università cattolica, di cui all'art. 3 §§ 1 e 2, deve inviare periodicamente alla competente autorità ecclesiastica una specifica relazione concernente l'Università e le sue attività. Le altre Università cattoliche devono comunicare tali informazioni al vescovo della diocesi, in cui è situata la sede centrale dell'Istituzione.

Articolo 6 - Pastorale universitaria


§ 1. L'Università cattolica deve promuovere la cura pastorale dei membri della comunità universitaria e, in particolare, lo sviluppo spirituale di coloro che professano la fede cattolica. Deve esser data la preferenza a quei mezzi che facilitano l'integrazione della formazione umana e professionale con i valori religiosi alla luce della dottrina cattolica, affinché l'apprendimento intellettuale sia unito con la dimensione religiosa della vita.


§ 2. Dovrà esser nominato un numero sufficiente di persone qualificate - sacerdoti, religiosi, religiose e laici - per provvedere alla specifica pastorale in favore della comunità universitaria, da svolgere in armonia e in collaborazione con la pastorale della Chiesa particolare e sotto la guida o l'approvazione del vescovo diocesano. Tutti i membri della comunità universitaria devono essere invitati a prestarsi in questa opera pastorale e a collaborare alle sue iniziative.

Articolo 7 - Collaborazione


§ 1. Al fine di affrontare meglio i complessi problemi della società moderna e di rafforzare l'identità cattolica delle Istituzioni, deve essere promossa la collaborazione a livello regionale, nazionale e internazionale nella ricerca, nell'insegnamento e nelle altre attività universitarie tra tutte le Università cattoliche, incluse le Università e le Facoltà ecclesiastiche (cfr. CIC 820). Tale collaborazione deve essere ovviamente promossa anche tra le Università cattoliche e le altre Università e Istituzioni di ricerca e di istruzione, sia private che statali.


§ 2. Le Università cattoliche, quando sia possibile e in accordo con i principi e la dottrina cattolica, collaborino con i programmi governativi e con i progetti delle Organizzazioni nazionali e internazionali in favore della giustizia, dello sviluppo e del progresso.

Norme transitorie Articolo 8 La presente Costituzione andrà in vigore il 1° giorno dell'anno accademico 1991.

Articolo 9 L'applicazione della Costituzione è demandata alla Congregazione per l'educazione cattolica, cui spetterà di provvedere a emanare le direttive necessarie a tale scopo.

Articolo 10 Sarà compito della Congregazione per l'educazione cattolica, quando col passare del tempo le circostanze lo richiederanno, proporre i cambiamenti da introdurre nella presente Costituzione, affinché questa sia di continuo adattata alle nuove esigenze delle Università cattoliche.

Articolo 11 Sono abrogate le leggi particolari o consuetudini, al presente in vigore, che siano contrarie a questa Costituzione. Parimenti sono abrogati i privilegi concessi sino ad oggi dalla Santa Sede a persone sia fisiche che morali, e che siano in contrasto con questa stessa Costituzione.

CONCLUSIONE La missione che con grande speranza la Chiesa affida alle Università cattoliche riveste un significato culturale e religioso di vitale importanza, perché concerne l'avvenire stesso dell'umanità. Il rinnovamento richiesto alle Università cattoliche, le renderà più capaci di rispondere al compito di portare il messaggio di Cristo all'uomo, alla società, alle culture: "Ogni realtà umana, individuale e sociale, è stata liberata da Cristo: le persone, come le attività degli uomini, di cui la cultura è l'espressione più alta e incarnata. L'azione salvifica della Chiesa sulle culture si compie, anzitutto, mediante le persone, le famiglie e gli educatori... Gesù Cristo, nostro Salvatore, offre la sua luce e la sua speranza a tutti coloro che coltivano le scienze, le arti, le lettere e i numerosi campi sviluppati dalla cultura moderna. Tutti i figli e le figlie della Chiesa, dunque, devono prendere coscienza della loro missione e scoprire come la forza del Vangelo può penetrare e rigenerare le mentalità e i valori dominanti, che ispirano le singole culture come anche le opinioni e gli atteggiamenti mentali che ne derivano" (Discorso al Pontificio Consiglio per la cultura, 13 gennaio 1989).

E' con vivissima speranza che indirizzo questo documento a tutti gli uomini e a tutte le donne che sono impegnati, in vari modi, nell'alta missione dell'insegnamento superiore cattolico.

Carissimi fratelli e sorelle, il mio incoraggiamento e la mia fiducia vi accompagnino nel vostro grave lavoro quotidiano, sempre più importante, urgente e necessario per la causa dell'evangelizzazione, per il futuro della cultura e delle culture. La Chiesa e il mondo hanno grande bisogno della vostra testimonianza e del vostro competente contributo libero e responsabile.

Dato a Roma presso san Pietro, il 15 del mese di agosto - solennità dell'Assunzione di Maria ss.ma - dell'anno 1990, dodicesimo di pontificato.

Data: 1990-08-15

Mercoledi 15 Agosto 1990

£\Lettera al priore di Taizé - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: 50° della comunità: "Mi unisco alla vostra azione di grazia"

A Frère Roger, priore di Taizé.

In questi giorni in cui, con i vostri fratelli e numerosi giovani, celebrate il 50° anniversario del vostro arrivo a Taizé, mi unisco alla vostra azione di grazia.

Quando eravate ancora solo, è stato attraverso l'appello di una donna povera, provata dalla solitudine, che il Signore vi ha fatto scegliere il villaggio di Taizé. E' sempre il Signore quello che voi avete riconosciuto, mentre i profughi e le vittime della guerra che devastava l'Europa bussarono alla vostra porta e beneficiarono della vostra accoglienza fraterna.

Allo stesso tempo vi si imponeva la necessità di vivificare le vostre giornate attraverso la preghiera e la meditazione della parola di Dio.

Io benedico il Signore, ricordandomi delle umili origini della comunità di Taizé, e vedendo ciò che egli vi suscita oggi affinché si riconcilino tutti i cristiani in una comunione plenaria nella "fede che fu trasmessa ai credenti una volta per tutte" (Jud 1,3) e affinché essi siano fermenti di fiducia e di pace tra i popoli.

In questo 50° anniversario questa certezza e questa speranza ci sono ricordate: là dove il povero è accolto, là dove la preghiera nutre la fede, il Cristo dal quale sgorgano fiumi di acqua viva (cfr. Jn 7,38) suscita delle comunità d'amore e di fede raggianti d'unità.

All'epoca della mia visita a Taizé, nel 1986, ho espresso l'affetto che ho per la vostra comunità, la fiducia che nutro in essa e le esigenze che devono essere fatte proprie per discernere e compiere sempre meglio la volontà del Signore. Questo messaggio resta nel mio spirito come una lettera personale indirizzata a voi stesso e ad ognuno dei vostri fratelli.

Che Dio vi benedica insieme con i vostri fratelli, e che la sua pace, che supera ogni comprensione, conservi i vostri cuori e i vostri pensieri in Cristo Gesù (cfr. Ph 4,7).

Dal Vaticano, 17 agosto 1990

Data: 1990-08-17

Venerdi 17 Agosto 1990

All'Angelus - Castel Gandolfo (Roma)

Titolo: Celibato: un amore più grande verso Cristo e il prossimo




1. La preghiera dell'"Angelus", cari fratelli e sorelle, ci ricorda che il nostro Salvatore è nato da una Vergine. La verginità di Maria, richiesta dal mistero dell'incarnazione, prelude all'esistenza verginale di Cristo. Non è senza un disegno divino che sia stata una vergine a preparare Gesù alla sua missione sacerdotale, missione che doveva compiersi nel celibato.

Qui si trova la prima origine di quella scelta di vita a cui, secondo la disciplina della Chiesa latina, sono chiamati i sacerdoti. Il prossimo Sinodo, trattando della loro formazione, prenderà in considerazione questo aspetto della loro vita, secondo il principio enunciato dal Concilio nel decreto "Optatam Totius" (OT 10): "Gli alunni che secondo le leggi sante e salde del proprio rito seguono la veneranda tradizione del celibato sacerdotale, siano diligentemente educati a questo stato, nel quale rinunziando alla vita coniugale per il regno dei cieli, possono aderire a Dio con un amore indivisibile rispondente intimamente alla nuova Legge, danno testimonianza della futura risurrezione, e ricevono un aiuto grandissimo per l'esercizio continuo di quella perfetta carità che li renderà capaci nel ministero sacerdotale di farsi tutto a tutti".


2. Nel Vangelo Cristo non ha esitato a chiedere a coloro che sceglieva come apostoli di lasciare tutto per seguirlo. Lasciare tutto significa anche rinunciare a formarsi una propria famiglia. Meglio di chiunque altro Gesù sapeva che tale rinuncia richiede molta generosità, perché suppone il dono totale di sé. Padrone assoluto della vita umana, egli ha invitato i suoi apostoli a impegnarsi in un tale dono, perché ne vedeva tutta la fecondità.

E' vero che il celibato consacrato richiede una grazia speciale, perché è un ideale che supera le forze della natura umana e sacrifica alcune delle sue inclinazioni. Ma il Signore, che ha guidato la sua Chiesa nella scelta di questa via, non mancherà di concedere tale grazia a coloro che egli chiama al sacerdozio.

Mediante un simile dono dall'Alto, essi saranno in grado di assumere un tale impegno e di restarvi fedeli per tutta la vita.


3. Occorre, pero, preparare i giovani che entrano in seminario a comprendere più chiaramente i motivi e le esigenze di tale scelta, accogliendo nella preghiera la grazia che viene loro offerta. Essi saranno pure avvertiti circa i pericoli ai quali possono essere esposti e circa l'umile prudenza che devono usare nel loro comportamento. Soprattutto, essi dovranno essere rafforzati nella convinzione che il celibato è essenzialmente un amore più grande verso Cristo e verso il prossimo, e che è destinato a sostenere la santità e la fedeltà degli sposi cristiani.

Chiediamo l'intercessione della Vergine delle vergini, perché il Sinodo possa assicurare ai giovani che si avviano al sacerdozio una formazione adeguata in vista delle esigenze di questo amore più grande.

(Omissis: saluti a vari gruppi)

Data: 1990-08-19

Domenica 19 Agosto 1990

Lettera per il IX centenario della nascita di san Bernardo - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Maestro di amore incondizionato per Cristo, la Vergine, la Chiesa

Ai figli diletti, Polikarp Zakar, abate generale dell'Ordine Cistercense, e Ambrose Southey, abate generale dell'Ordine dei Cistercensi di più stretta osservanza.

Diletti figli, a voi il saluto e la benedizione apostolica.


1. Col suo insegnamento di carità, il suo impegno pastorale, la ricchezza della dottrina, la sua dolce eloquenza e le altre notevoli doti di cui era adorno, san Bernardo, abate di Chiaravalle, dette lustro straordinario alla Chiesa e inoltre attiro e attira ancora a sé uomini di ogni tempo. Al compiersi dunque di nove secoli da quando sboccio questo soavissimo fiore di Borgogna a buon diritto si attuano le celebrazioni per restaurare la sua memoria, si fanno convegni e si pubblicano i suoi scritti: fra tante lodevoli iniziative non vogliamo che venga a mancare la nostra voce, con la quale esalteremo questo uomo straordinario e, toccando alcuni argomenti mostreremo cosa possa annunciare ancora alla nostra epoca.


2. Nel nostro tempo molti uomini, resi potenti dai frutti del progresso e nello stesso tempo sballottati da tante tempeste, sperimentando da un lato un materialismo assai diffuso, ed esposti dall'altro alle attrattive di certe sette religiose, sono alla ricerca dei veri fondamenti dello Spirito. san Bernardo, dotato di una capacità di giudizio acuta e sicura, arrivo a vedere per così dire con gli occhi della mente le verità più alte, che, attinte soprattutto dal tesoro delle Scritture e dalle opere dei Padri, fece poi conoscere con la sua loquela la quale, pervasa da spirito di preghiera, penetrava i cuori.

Restando fedelmente attaccato all'antico insegnamento di san Benedetto, l'abate di Chiaravalle, insegno apertamente che l'obbedienza e l'umiltà sono le vie per ritornare a Dio, da cui ci siamo allontanati con la disobbedienza e la superbia. San Bernardo tento di spiegare questa dottrina facendo vedere l'intimo nesso esistente fra la ricerca della verità e l'esercizio dell'umiltà.

Più e più volte affermo che il ritorno a Dio non è possibile senza una conoscenza reale di se stessi e che Dio non si può conoscere veramente se alla conoscenza di sé non si aggiunge la conoscenza della verità del prossimo.

Anzitutto naturalmente l'uomo deve tornare a sé così da stare di fronte a Dio secondo la sua vera condizione, ossia come peccatore; e rendendosi conto che tale condizione è comune a tutti gli uomini, non ha più ormai nessun motivo per insuperbire nei confronti propri o in quelli degli altri.

Mentre poi riconosce le verità ossia le miserie sue e del prossimo e abbraccia con fede la parola di Dio, allora percepisce e riceve anche la misericordia e la benignità di Dio, poiché è in questa duplice conoscenza delle verità, che gli si apre la via verso il triplice amore: di Dio, di sé e del prossimo.

San Bernardo insegna che la conoscenza della verità di sé del prossimo e di Dio procede con lo stesso passo con cui questo triplice amore nasce e cresce nel cuore. Infatti l'uomo, ritornando a sé e facendo penitenza, sente il dovere di contraccambiare l'amore di Dio, che lo ha cercato e redento attraverso Cristo e di imitare il suo amore verso tutti gli uomini. L'uomo non può ricevere la grazia di Dio misericordioso, se non esercita la misericordia anche nei confronti di se stesso astenendosi dai peccati e, mosso dalla misericordia verso il prossimo imita il Creatore e Redentore che con tanta degnazione si volge al genere umano.

Questo è pressappoco il nucleo della dottrina spirituale bernardiana che mostra come "l'insegnamento di carità" monastico che egli stesso istitui possa adattarsi benissimo anche alla nostra età. Se infatti comprendiamo in questo modo il ritorno a Dio, possiamo facilmente percepire anche che la restaurazione della dignità umana, la purificazione della vita delle persone e l'obbligo di amare sé e il prossimo nascono dall'unica fonte di amore verso Dio.


3. Il santo abate di Chiaravalle, sebbene conducesse una vita lontana dal mondo, tuttavia nel suo viaggio verso Dio non segui mai la via del cosiddetto individualismo, o il proposito di appartarsi dal consorzio umano. Era infatti consapevole del progetto di Dio che procuro la redenzione dell'uomo in seno alla società e attraverso la sua mediazione e che tutti quelli che vuole salvare unisce a sé e fra di loro. perciò san Bernardo né con le parole né con il suo modo d'agire volle che il suo disprezzo del mondo immerso nel peccato e nella vanità fosse lo stesso che un abbandonare o un trascurare il dovere della coscienza nei confronti del prossimo e del solido legame con esso.

Infatti quando qualche pericolo incombeva su Madre Chiesa volentieri abbandono la pace del suo monastero per sobbarcarsi ardue fatiche in aiuto della Chiesa stessa. così la vita dell'abate di Chiaravalle fu esempio di quell'unità a cui i cristiani, qualunque sia la loro vocazione o la loro condizione, debbono tendere, ossia dell'unità tra la vita interiore che è la principale, e la sollecitudine e l'operosità stessa che essi debbono assumere nel servizio di Cristo per il bene comune della Chiesa universale e locale.

Per quanto riguarda in particolare i religiosi, san Bernardo annuncio in qualche modo già molto tempo prima il precetto del Vaticano II: "I membri di qualsiasi istituto, avendo di mira unicamente e sopra ogni cosa Dio, uniscano la contemplazione, con cui aderiscono a Dio con la mente e col cuore, e l'ardore apostolico, con cui si sforzano di collaborare all'opera della redenzione e dilatare il regno di Dio" (PC 5).

Di ciò questo dottore mellifluo, come suole essere chiamato, tratta egregiamente nell'opera intitolata "De consideratione" (V, 3) che spedi a Eugenio un tempo suo discepolo: "Se... vuoi essere tutto di tutti a somiglianza di colui che si fece tutto per tutti, lodo la tua umanità, ma se è piena. Ma come può essere piena, se tu stesso ne sei escluso? Tutti ugualmente partecipano di te, tutti attingono al tuo cuore, come a una fonte pubblica, e tu te ne starai assetato da parte?... bevi con gli altri anche tu dalla fonte del tuo pozzo... perciò ricorda, non dico sempre, non dico spesso, ma almeno talvolta di restituirti a te stesso". Insegno dunque che è dalla riflessione, cioè dalla preghiera, dalla meditazione e dalla contemplazione che deve partire lo zelo per le anime e il servizio degli uomini.


4. La nostra epoca non di rado è detta "il secolo dei laici", in quanto sono messi in luce i molteplici tentativi da parte dei laici di assumere nella Chiesa quei compiti che sono conformi al loro stato. Non a minor ragione il tempo in cui san Bernardo visse può essere chiamato con lo stesso nome.

Mentre infatti la Chiesa si sforzava di togliersi dai lacci delle istituzioni feudali vi fu un movimento di laici che intraprendevano spedizioni sacre sotto il segno della croce, nel secolo XII i laici iniziavano a far sentire la loro voce nella predicazione della parola di Dio e anche, com'è noto, in poesia e nelle discipline della dottrina; un movimento religioso di costruttori che edificavano chiese ammirevoli può essere ritenuto il primo movimento di artisti d'Europa. L'abate di Chiaravalle come è ormai stato detto, spesso dovette lasciare il silenzio del monastero per prendere parte alla vita dei laici, trattare questioni politiche e in modo particolare conciliare la pace fra i re e i principi, fra i re e le città. Com'è scritto nella sua Vita prima: "Letterato coi dotti, coi semplici semplice, con gli uomini spirituali ricco di prove di perfezione e sapienza: si adattava a tutti, desiderando che tutti guadagnassero Cristo" (PL 185,306).

Con chiare parole insegna che chierici e laici fanno parte di un solo corpo: "Poiché il Signore così insegna: "Vegliate e pregate, per non cadere in tentazione", è chiaro che fuori da questo duplice esercizio dei fedeli (laici) e attenzione dei custodi (chierici), non può essere sicura la città, non la sposa, non le pecore. Cerchi una differenza fra questi? Sono una sola cosa" (san Bernardo, "Super cantica" 74,8).

Secondo lui è dovere dei laici, insieme ai chierici, edificare la Chiesa, cosa che fanno principalmente esercitando l'obbedienza e facendo opere di carità, soprattutto corporali. Dice infatti rivolgendosi ai laici: "Obbedite al vescovo e a tutte le altre vostre autorità, i maestri della Chiesa. Abbiate l'accortezza dell'ospitalità poiché a causa di questo molti furono graditi a Dio.

Nei pellegrini accogliete il Signore degli angeli, nei bisognosi lo nutrite, nei nudi lo coprite, lo visitate nei moribondi, lo riscattate nei prigionieri" (san Bernardo, "Epistola 242").

L'abate di Chiaravalle, dunque, sebbene stimasse molto l'ordine monastico - lo aggiunse come terzo all'ordine dei chierici e dei laici - tuttavia come padre di anime ebbe uguale stima per i laici nella Chiesa, convinto che tutti in qualsiasi grado tendono alla stessa meta dell'eternità.


5. Nel tempo in cui visse san Bernardo, la vita intellettuale dell'Europa comincio a mutare e rinnovarsi. Poiché infatti si indagava sempre di più nell'uomo stesso, come se fosse posto al centro, prese inizio quel movimento intellettuale che poi fu chiamato umanesimo e che ha forza ancora ai nostri tempi. Il dottore di Chiaravalle che conosceva bene le passioni e le aspirazioni della sua età capi profondamente questa, per così dire, nuova passione per l'uomo e non la respinse condannandola semplicisticamente. Ma dichiarava che, l'uomo creato a immagine e somiglianza di Dio, è una "creatura egregia", "capace di Dio" e perciò capace della stessa divina grandezza, ma nello stesso tempo mostra che è misero, povero, debole, piccolo. Cristo ha salvato l'uomo nella sua interezza, chiamando non solo l'anima ma anche il corpo alla vita eterna.

Dichiarando dunque apertamente la dignità della condizione umana, san Bernardo esclamo: "Straordinario è l'amore di Dio che cerca, grande la dignità dell'uomo così cercato!" ("In Adventus", 1,7). E così dalla considerazione della dignità dell'uomo che si rivela sia nella creazione che nella redenzione, dimostra che l'umanissima verità cristiana scaturisce quasi da una duplice fonte.

Affermando infatti che l'immagine di Dio è rimasta in noi anche dopo il peccato e che Dio, per salvare l'uomo, si è fatto uomo, san Bernardo nella sua dottrina teologica, scorge sia la dignità che la povertà dell'uomo e così evita il pericolo del cosiddetto antropocentrismo.

A questo umanesimo cristiano inoltre offre un fondamento appropriato la cristologia bernardiana, la quale insegna con una certa forza che l'uomo nella sua interezza è stato assunto da Cristo. E infatti, finché viviamo sulla terra, secondo la condizione umana, è solo secondo la legge dell'incarnazione che si apre a noi l'adito a Dio.

Questo "ottimo maestro" quando afferma di non vedere ancora Cristo nella forma che è uguale al Padre, e perciò di non guardare "Dio presso Dio", tuttavia aggiunge: "a mala pena da uomo parlo agli uomini dell'uomo stesso" ("Super cant.", 22,3). In queste parole è contenuta tutta la norma del vero umanesimo: il riconoscimento cioè sia dei limiti sia dell'eccelsa capacità e dignità dell'uomo che fu posto in paradiso, unito in amicizia con Dio, ed è chiamato per l'amore di Dio a un'unione molto più stretta e tale da superare ogni pensiero e ogni aspettativa umana.


6. Dalle cose che sono state dette sopra si evince senz'altro che la dottrina cristologica occupa nelle opere di san Bernardo un posto principale e anche ai nostri tempi è di grande importanza. L'infinita Sapienza e l'eterno Verbo di Dio è disceso a noi come "Verbo bambino". E' per questo che ha voluto nascere e darsi a noi in forma di piccolo bambino, perché anche noi non possiamo entrare nel regno di Dio se non come bambini. così già dal suo primo momento di vita sulla terra Cristo Signore chiama l'uomo all'umiltà, e fattosi obbediente fino alla morte cammina davanti a noi affinché anche noi abbandoniamo tutti i tentativi di insuperbire.

La dottrina spirituale di san Bernardo è pervasa soprattutto dalla pietà verso l'umanità di Cristo. Per questo principio dottrinale la fede si dispone sempre alla glorificazione di Cristo che, risorgendo dai morti, non muore più e, partecipe della gloria del Padre con la sua umanità, è sempre presente in mezzo a noi.

perciò nell'insegnamento spirituale di san Bernardo lo studio della vita terrena di Gesù non è mai disgiunto dalla fede nel Verbo eterno, incarnato, presente in gloria presso il Padre, e presso di noi, per grazia, come sposo della Chiesa e sposo dell'anima che chiama e conduce la sposa a un'unità il più possibile intima. E così a buon diritto l'abate di Chiaravalle è chiamato maestro di amore mistico e sponsale verso Cristo.


7. Non c'è da meravigliarsi dunque che san Bernardo, che ebbe tale percezione di Cristo e così lo fece conoscere, si rivolse anche a sua Madre Maria con ardentissimo amore e ne canto le lodi con somma passione. Sebbene i suoi scritti su Maria non siano ampi, tuttavia la dottrina in essi contenuta non è affatto da tenere in poco conto dal momento che il maestro soavissimo espone il compito singolare della Madre di Dio nell'economia della salvezza con grande perspicacia.

La mediazione della grazia che è stata attribuita a Maria per la sua divina maternità anche in seguito, non cesso mai in essa ma rimane come compito singolare per la salvezza di ciascuno di noi. A ragione dunque san Bernardo descrive Maria come vaso traboccante e sempre pieno e abbondantemente fluente donde a noi derivano le grazie in un flusso continuo.

La Chiesa guarda in modo particolare a Maria in questo tempo, pieno di angustie, di difficoltà, preoccupazioni, con cui ci avviciniamo al terzo millennio. A prezzo di preghiere bisogna supplicarla di soccorrere i popoli e le persone singole. Per lodarla e implorarla ci può essere guida il "fedele Bernardo" che secondo l'invenzione poetica di Dante Alighieri cui si uni in "Paradiso" per accompagnarlo, così si rivolge a Maria pieno di stupore: "O Virgo mater, filia / tui beati Filii, / sublimis et humillima / prae creaturis omnibus" ("Liturgia Horarum").

Speriamo che dalle celebrazioni che vengono fatte in memoria del natale di questo piissimo araldo di Maria, crescano ricchi frutti spirituali ai fedeli in Cristo, ma soprattutto a voi che seguite le impronte di tanto grande padre.

Abbracciando dunque con amore sincero voi, diletti figli, monaci e monache appartenenti a entrambi gli ordini, volentieri impartiamo su di voi la benedizione apostolica, auspice di doni celesti.

Dato a Roma, in san Pietro, il 20 agosto dell'anno 1990, dodicesimo del Nostro Pontificato.

Data: 1990-08-20

Lunedi 20 Agosto 1990


GPII 1990 Insegnamenti - 2. pastorale universitaria