GPII 1990 Insegnamenti - Ai fedeli raccolti nella cattedrale - Dar-es-Salaam (Tanzania)

Ai fedeli raccolti nella cattedrale - Dar-es-Salaam (Tanzania)

Titolo: La vostra città sia ora e sempre un vero porto di pace

Sua Eminenza Cardinale Laurean Rugambwa, Sua Grazia Arcivescovo Polycarp Pengo, Cari fratelli e sorelle in Cristo, La pace del Signore sia con voi.


1. Ho atteso ardentemente questa opportunità di visitare la Tanzania per incontrare la sua comunità cattolica e tutta la gente di buona volontà in uno spirito di fratellanza e di pace. Sono venuto come testimone di Cristo, per confermarvi in quel Vangelo di salvezza che avete ricevuto e nel quale perseverate. Ora che ho raggiunto Dar-es-Salaam, il "porto di pace", i miei pensieri vanno alle parole che Cristo rivolse agli Apostoli alla vigilia della sua Passione: "Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi" (Jn 14,27). All'inizio della mia Visita Pastorale, la mia fervente preghiera è che ognuno di voi possa sperimentare nel profondo del suo cuore - e in seno alla propria famiglia, alle parrocchie e alle comunità - il dono di Cristo della pace.

Desidero innanzitutto ringraziare il Cardinale Laurean Rugambwa per le sue gentili parole di benvenuto. Per quasi mezzo secolo egli ha donato se stesso con generosità, lavorando per la Chiesa, come sacerdote, Vescovo e Cardinale, qui nella sua terra natale. Mi unisco a Sua Grazia l'Arcivescovo Coadiutore Polycarp Pengo, e a tutti voi, nel chiedere a Dio di concedere a Sua Eminenza molti altri anni felici al servizio del signore.

Il Cardinale ha appena parlato dell'urgente necessità di proclamare la "Buona Novella" di Gesù Cristo in Tanzania, nell' ambito di problemi sociali e di un'erosione dei valori morali e spirituali, che influenzano soprattutto la famiglia. Cari fratelli e sorelle, Cristo è il solo che può guarire le ferite del male e del peccato; il solo che possa riempire la vacuità e la frustrazione che affliggono così tanti cuori, perché soltanto Cristo, attraverso la sua Croce e la sua Risurrezione, può riconciliare l'uomo peccatore con Dio e con gli altri uomini. Il dono di Dio della riconciliazione in Cristo è la fonte di quella pace che ardentemente desideriamo, "non come la dà il mondo" (Jn 14,27).


2. Più di un secolo fa i missionari portarono alla gente di questa terra il dono di Cristo della riconciliazione e della pace. A partire dal 1887, alla Congregazione Benedettina di S. Ottilia in Germania venne affidato quello che doveva divenire il Vicariato Apostolico e in seguito l'Arcidiocesi di Dar-es-Salaam. Le spoglie del Vescovo Cassian Spiess e di quanti vennero uccisi insieme con lui nei primi anni di questo secolo - sepolte in questa Cattedrale - servono a confermare che il dono di Cristo della pace non è di questo mondo, ma è il frutto dell 'unione con Lui nel mistero della sua Morte e Risurrezione.

Voi che siete i figli e le figlie spirituali dei missionari, avete provato la gioia di veder sorgere una Chiesa fervente e giovane dai loro sacrifici. E' una Chiesa che testimonia la "Buona Novella" della salvezza fra le gioie e le realizzazioni del popolo della Tanzania, così come fra le sue amarezze e le prove, la difficoltà e i dubbi. Membri di una Chiesa pellegrina, voi andate avanti nella convinzione che "La fede tutto rischiara di una luce nuova, e svela le intenzioni di Dio sulla vocazione integrale dell'uomo" (GS 11).

Nonostante questo ideale si realizzi pienamente soltanto nell'eternità, ciò nondimeno vi spinge ad affrontare i problemi umani e le sfide qui ed adesso, come dovrebbero fare i discepoli di Cristo: nella straordinaria immagine di S. Paolo "State dunque ben fermi, cinti i fianchi con la verità, rivestiti con la corazza della giustizia, e avendo come calzatura ai piedi lo zelo per propagare il vangelo della pace. Tenete sempre in mano lo scudo della fede" (Ep 6,14-16).

Si, cari fratelli e sorelle, voi siete testimoni in Tanzania del "Vangelo della pace". Siate chiamati a viverlo ogni giorno, nell'intimità della vita familiare, nelle vostre comunità locali, sul lavoro, e, soprattutto in seno alla Chiesa, che è "segno e strumento dell'intima unione con Dio e dell'unità di tutto il genere umano" (LG 1). Intima unione con Dio, unità tra gli uomini: è questa la pace del regno che verrà e che già ora è prefigurato nella vostra vita di Cristiani.


3. Questa sera siamo riuniti in una Cattedrale che ricorda il profondo amore dei missionari Benedettini per Cristo e per la gente di questa terra, tanto che essi versarono il loro sangue.

Essi dedicarono questa Chiesa a San Giuseppe, Sposo della Vergine Maria, confidando nella sua protezione sulla loro attività missionaria. Si dovrebbe invocare sempre questa protezione, come impulso ad un rinnovato impegno di evangelizzazione da parte della Chiesa. Possa S. Giuseppe essere uno straordinario insegnante per tutti voi nel servizio di questa missione salvifica, missione che è responsabilità di ogni e ciascun membro del Corpo di Cristo (cfr. Es. Apost.

Redemptoris Custos, 29,32). Prego San Giuseppe "che era giusto" (Mt 1,19), perché interceda per voi - Vescovi, sacerdoti, religiosi e laici della Chiesa di Tanzania - affinché "la pace di Cristo possa regnare nei vostri cuori" (cfr. Col 3,15) e la vostra diletta città di Dar-es-Salaam possa essere ora e sempre un vero "porto di pace". Che Dio vi benedica e vi protegga. Amen.

(Traduzione dall'inglese)

Data: 1990-09-01

Sabato 1 Settembre 1990

Al Corpo Diplomatico - "State House" di Dar-es-Salaam (Tanzania)

Titolo: I problemi dei rifugiati e dell'AIDS, due tragedie umane

Eccellenze, Signore e Signori,


1. All'inizio della mia Settima visita Pastorale in Africa, ho il piacere di incontrare voi, illustri Capi di Missione e personale diplomatico accreditato presso il Governo della Tanzania, come pure i Rappresentanti delle Organizzazioni Internazionali presenti qui a Dar-es-Salaam. Ringrazio il Pro-Nunzio Apostolico per le parole di benvenuto che mi ha indirizzato a nome vostro, e vi saluto tutti con profondi sentimenti di amicizia e di stima. La migliore prerogativa della vostra vocazione e l'autentica ragione del suo prestigio sta nel vostro generoso impegno professionale a migliorare la comprensione e a promuovere lo sviluppo e la pace tra i popoli del mondo.

Allo stesso modo alla Chiesa è stata affidata dal suo Divino Fondatore una missione religiosa e umanitaria, diversa per la sua natura dalla vostra, ma aperta a molte forme di cooperazione e di mutuo sostegno. In effetti, la presenza della Santa Sede nella comunità internazionale corrisponde a ciò che può essere chiamato una "passione" per il bene della famiglia umana - per la pace, per la difesa della dignità umana e dei diritti umani, per il benessere integrale degli individui e dei popoli - una "passione" che deriva necessariamente ed eternamente dal Vangelo di Gesù Cristo, e che confido voi condividiate.

La Chiesa rivolge la sua più viva attenzione al mondo, teatro della storia umana (cfr. GS 2), dove essa contempla la famiglia umana sopraffatta dalla meraviglia delle proprie scoperte e del proprio potere, ma allo stesso tempo ansiosa sull'attuale direzione delle cose umane, e sempre più pressantemente preoccupata sulle questioni più profonde del ruolo dell'uomo nell'universo, sul significato dei suoi sforzi individuali e collettivi, e sul destino ultimo della stessa famiglia umana (cfr. Ibidem, GS 3). Essa vorrebbe entrare in conversazione con uomini e donne di buona volontà di tutto il mondo su questi problemi fondamentali, offrendo loro la luce della Rivelazione che ha ricevuto, e della sua riflessione teologica e antropologica. E' in questa prospettiva che vorrei affrontare brevemente due questioni che hanno enormi ripercussioni sui popoli dell'Africa.


2. Il primo di questi problemi emerge da una drammatica statistica. Viene comunemente accettato il fatto che in Africa esistono circa cinque milioni di rifugiati, come pure circa tredici milioni di profughi. Vale a dire che milioni di nostri fratelli e sorelle sono senza casa e in esilio, privati di dignità e di speranza. Alcuni sono vittime di calamità naturali, ma la maggior parte sono vittime innocenti di conflitti etnici, lotte di potere, o del fallimento di politiche di sviluppo. Questa immensa tragedia umana di solito ha sull'opinione pubblica mondiale un impatto più debole rispetto a molte altre cause di crisi nel pianeta. Per questa ragione non posso fare a meno di cogliere quest'opportunità per ricordare a voi e ai Governi che rappresentate che la situazione esige un intervento urgente da parte della comunità internazionale al fine di aiutare questa gente non soltanto a sopravvivere, a nutrirsi, a ricevere assistenza sanitaria e cure mediche, ma anche a vivere delle esistenze utili e rispettabili e ad alimentare le loro speranze in un futuro migliore per se stessi e per i loro figli.

I Paesi dell' Africa o dell'Asia con un vasto afflusso di rifugiati si trovano difficilmente in una posizione tale da poter far questo da soli. Siamo tutti d'accordo sul fatto che le nazioni più favorite e le organizzazioni internazionali impegnate nell'aiuto ai rifugiati, stanno facendo molto, e di questo dobbiamo dar loro atto. Ma è necessario fare molto, molto di più, e i ripetuti appelli alla coscienza di quanti sono in grado di fare di più sono necessari, soprattutto tenendo conto che c'è una diminuzione delle risorse dirette a questo scopo. Il Paese che ci ospita, la Tanzania, fa parte di quelle Nazioni che ospitano i rifugiati e che hanno cercato di provvedere ai rifugiati delle aree limitrofe facendo ricorso alle proprie risorse, tanto necessarie, e divenendo così essa stessa bisognosa di sostegno, a questo riguardo, da parte della comunità internazionale. L'aspetto umanitario immediato di tutta la questione esige una risposta ugualmente immediata e generosa da parte delle Nazioni più sviluppate.


3. Allo stesso tempo la complessa natura di tutto il problema dei rifugiati e dei profughi indica chiaramente la necessità di un'azione su molti altri fronti, se si vuole che la situazione migliori. Le cause fondamentali possono essere intaccate soltanto dove esista una crescita nella pacificazione e nella democratizzazione della vita africana, con una partecipazione crescente di tutti i gruppi in un ordinamento della vita pubblica rappresentativo e tutelato giuridicamente. Occorre un grande sforzo per innalzare il livello dell'istruzione affinché un numero maggiore di persone possano ricoprire un ruolo responsabile nel determinare le politiche economiche, sociali e culturali da seguire. Deve essere promossa la consapevolezza della dignità umana e dei diritti umani.

Il dialogo e il negoziato devono prendere il posto del conflitto nella risoluzione delle tensioni. Sempre di più i popoli dell'Africa si stanno convincendo che devono essere gli artefici del proprio destino. Le Nazioni sviluppate, da parte loro, avendo superato la tentazione di guardare all'Africa semplicemente come ad una risorsa da sfruttare per il proprio vantaggio, devono certamente comprendere che è nell'interesse di tutti vedere questo Continente svilupparsi come partner capace e vigoroso negli scambi economici e culturali.

Tutto ciò esige che l'interdipendenza dei popoli e delle Nazioni sia riconosciuta come una categoria morale, la cui risposta correlativa è una solidarietà che non sia solo comprensione e compassione - che hanno il loro giusto posto nei rapporti umani -, bensi un fermo e perseverante proposito di operare per il bene comune di tutta la famiglia umana (cfr. SRS 38).

Alla base di questo atteggiamento di solidarietà sta la convinzione che tutti sono responsabili di tutti, vale a dire che ciascuno è legato da un imperativo morale universale a riconoscere gli altri come detentori degli stessi diritti umani e degni di un eguale trattamento. Ciò che si applica agli individui vale anche per le Nazioni: quelle più ricche e più forti devono avere un senso di responsabilità morale nei confronti delle altre Nazioni, affinché si stabilisca un sistema internazionale che si basi sull'equità per tutti i popoli e sul necessario rispetto per le loro legittime differenze (cfr. Ibidem, SRS 39).

Il problema dei rifugiati e dei profughi è una drammatica istanza che chiama in causa la responsabilità morale della comunità internazionale. Signore e Signori, lavoriamo insieme per dare una risposta adeguata: la Chiesa nel suo campo, educando i propri membri nel fondamento religioso dei loro doveri ed incoraggiandoli nel servizio generoso e altruista ai loro fratelli e sorelle nel bisogno; voi, quali diplomatici e rappresentanti di organizzazioni internazionali, facendo il massimo per promuovere una risposta adeguata alla calamità che colpisce tanti milioni di esseri umani, e soprattutto operando per un nuovo ordine internazionale basato sui principi morali più alti della responsabilità, della giustizia e della fratellanza.


4. Anche l'altro argomento di cui vorrei parlare brevemente sottolinea la realtà dell'interdipendenza globale. Il dramma dell'Aids minaccia non soltanto alcune Nazioni o società, bensi tutta l'umanità. Non conosce frontiere di geografia, razza, età o condizione sociale. Quest'epidemia, diversamente dalle altre, è accompagnata da un'inquietudine culturale unica, che deriva dall'impatto del simbolismo che suggerisce: le funzioni generatrici della sessualità umana e il sangue, che è l'epitome della salute e della vita stessa, sono diventati veicoli di morte. Solo una risposta che tenga conto sia dell'aspetto medico della malattia, come pure delle dimensioni umane, culturali, etiche e religiose della vita, può offrire una completa solidarietà alle sue vittime e accrescere la speranza che l'epidemia possa essere controllata e fatta regredire.

L'epidemia dell'Aids esige uno sforzo incommensurabile di cooperazione internazionale da parte dei Governi, della comunità medica e scientifica mondiale, e di tutti coloro che esercitano un'influenza nello sviluppare un senso di responsabilità morale nella società. La minaccia è così grande, che l'indifferenza da parte delle pubbliche autorità, le pratiche accusatorie e discriminatorie verso quanti sono affetti dal virus di immunodeficienza acquisita, o le rivalità di parte nella ricerca di una risposta medica a questa sindrome, devono essere considerate fattori di aggravamento di questo terribile male che ha colpito l'umanità.

I membri della Chiesa continueranno a fare la loro parte prendendosi cura dei sofferenti, come Gesù ha detto ai suoi seguaci di fare (cfr. Mt 25,36), e promuovendo una prevenzione che sia rispettosa della dignità della persona umana e del suo destino trascendente. La Chiesa è persuasa che senza una rinascita della responsabilità morale e senza una riaffermazione dei valori morali fondamentali, ogni programma di prevenzione basato soltanto sull'informazione sarà inefficace e addirittura controproducente. Ancora più dannose inoltre sono le campagne che implicitamente promuovono - per la loro mancanza di contenuto morale e per la falsa sicurezza che offrono - proprio quei modelli di comportamento che hanno grandemente contribuito all'espansione della malattia.


5. Gentili signore e illustri signori, ho parlato dei rifugiati e degli ammalati, due categorie di persone tra le più bisognose del nostro pianeta. La nostra sollecitudine individuale e collettiva per loro è un metro definito della nostra umanità, nel senso più nobile della parola. Come un fratello nella nostra comune umanità, faccio appello a voi affinché usiate tutta la vostra influenza per orientare gli sforzi e le risorse del mondo alla promozione del vero benessere della famiglia umana.

Una nuova era di sviluppo e di solidarietà, guidata non dall'egoismo, bensi da un profondo e convinto rispetto per la dignità umana ed i diritti umani, è la grande opportunità e la sfida che la mutata situazione mondiale ci permette di contemplare e di affrontare. Possa Dio garantire ai capi dei popoli la saggezza e la bontà che l'ora richiede. Dio benedica voi, le vostre famiglie e i Paesi che rappresentate. Grazie! (Traduzione dall'inglese)

Data: 1990-09-01

Sabato 1 Settembre 1990

Alla Conferenza episcopale in Nunziatura - Dar-es-Salaam (Tanzania)

Titolo: I sacerdoti vi vogliono guide ed esempio di vita sacerdotale

Cari fratelli Vescovi della Tanzania,


1. Desidero iniziare ringraziando il Vescovo Lebulu per le sue gentili parole di benvenuto e per i sentimenti di comunione ecclesiale che ha espresso a vostro nome. Come in tutte le mie Visite pastorali, do particolare importanza al mio incontro con voi, i Vescovi. Il nostro incontro di questa mattina mi dà grande gioia e conforto mentre lodo Dio per la vostra generosa dedizione alla vostra chiamata speciale nella Chiesa. Come Vescovi delle Chiese locali della Tanzania "posti dallo Spirito Santo, succedono al posto degli Apostoli come Pastori delle anime e, insieme col Sommo Pontefice e sotto la sua autorità, hanno la missione di perpetuare l'opera di Cristo, pastore eterno" (CD 2).

La mia visita soddisfa il desiderio coltivato da lungo tempo di essere testimone direttamente della vita delle vostre diocesi. Per me è l'opportunità di unirmi ai cattolici della Tanzania per rendere grazie a Dio per il seme del Vangelo che è stato piantato qui più di un secolo fa. Sebbene le vostre Chiese locali siano giovani, mostrano già maturità e ricchezza di frutti che parlano chiaramente della vostra fedeltà al Signore. Dopo il lungo lavoro missionario siamo testimoni degli inizi di un raccolto pieno di promesse in mezzo a un popolo la cui vita cristiana manifesta la freschezza, la fiducia e l'entusiasmo della gioventù.

Sono felice di avere questa opportunità di riflettere con voi su alcuni aspetti del vostro ministero. Traendo incoraggiamento da tutto ciò che è stato fatto sinora, i miei pensieri vanno al presente e al futuro della Chiesa nel vostro Paese e nel continente africano. Ogni giorno la Chiesa "è spinta infatti dallo Spirito Santo a cooperare perché sia mandato ad effetto il piano di Dio, il quale ha costituito Cristo principio di salvezza per il mondo intero" (LG 17). Proclamare Gesù Cristo il Redentore della famiglia umana e, nella potenza dello Spirito Santo, contribuire alla realizzazione del suo regno di grazia nei cuori umani, è la grande missione che Dio ha affidato alla Chiesa e la cui promozione, con tutto il vostro amore e le vostre energie, urge ora su di voi.

La Chiesa nelle più giovani Nazioni dell'Africa sta entrando in una nuova fase nella quale i vostri obbiettivi devono essere il rafforzamento della fede, la conversione e la trasformazione profonda degli individui e della vita sociale, cosicché le verità e i valori del Vangelo saranno vissuti più pienamente. Questa è l'immensa sfida dell'evangelizzazione, sia all'interno della comunità ecclesiale sia nei campi in cui il Vangelo è ancora sconosciuto (cfr. Indirizzo, Cattedrale "Nostra Signora dello Zaire", 3 maggio 1980).


2. Cari fratelli, rafforzare la fede del vostro popolo ed esortarlo a perseverare nelle sue preghiere sono compiti primari del vostro ministero. Come Pastori "posti dallo Spirito Santo" (CD 2), siete chiamati a esercitare una guida positiva, così come una vigilanza nel promuovere la fede e la santità della vita tra il Popolo di Dio affidato alle vostre cure. Se la fede e la morale sono intaccate da nuovi modi di vita in una società che sta cambiando è la vostra proclamazione serena e impavida del Vangelo, in tutta la sua integrità, che costituisce un baluardo della verità per sostenere il vostro popolo. Se i mutamenti liturgici o la speculazione teologica creano confusione fra di loro, è il vostro solido giudizio radicato nel "pensare con la Chiesa" che li guida sul sentiero della solida dottrina e della disciplina. Se c'è una tentazione di diminuire il fervore evangelico, è il vostro zelo che risveglia e diffonde il vostro spirito missionario. Non perdete mai la fiducia che il Signore il quale vi chiamo ad essere pastori del suo popolo, vi darà anche la saggezza e la forza a voi necessaria per adempiere a questa grave responsabilità.

Quando consideriamo alcune delle sfide che devono essere esaminate dall'Assemblea Speciale per l'Africa del Sinodo dei Vescovi - cioè la proclamazione della Buona Novella, l'inculturazione, il dialogo, la giustizia e la pace, e i mezzi di comunicazione sociale - emerge subito un tema che richiede una azione concertata da parte di tutta la Chiesa in Africa. Questo tema, che sottende a tutte le sfide che devono essere discusse dal Sinodo, è la formazione cristiana attraverso la quale il clero, i religiosi e i laici sono preparati e motivati a vivere, in un modo autentico ed efficace, la condizione di vita alla quale Dio li ha chiamati.


3. La formazione dei sacerdoti è una preoccupazione pressante per tutta la Chiesa.

Per questa ragione è stata scelta come tema della prossima sessione ordinaria del Sinodo dei Vescovi, non solo riferita ai seminaristi ma anche ai sacerdoti dopo l'ordinazione. Un'altra preoccupazione espressa in tutto il mondo e in molti luoghi dell'Africa, è quella di una più attenta selezione di coloro che sono candidati a diventare sacerdoti e di un livello sufficientemente alto dei programmi di formazione nei seminari.

Sicuramente l'adeguatezza della preparazione del seminarista e la sua predisposizione per l'ordinazione non devono essere trascurati con il pretesto di favorire l'aumento del numero dei sacerdoti, anche se i bisogni della Chiesa sono grandi. Se i molti sacerdoti consacrati delle vostre diocesi devono godere del rispetto e della stima dei fedeli, e se le vocazioni fra i giovani degni devono aumentare così come devono alla luce dei bisogni presenti e futuri, è imperativo che l'ordinazione sia conferita solo a coloro che hanno i requisiti succintamente ma chiaramente enunciati dal codice di diritto canonico; cioè, a coloro "che hanno fede integra, sono mossi da retta intenzione, posseggono la scienza debita, godono buona stima, sono di integri costumi e di provate virtù e sono dotati di tutte quelle facoltà fisiche e psichiche congruenti con l'ordine che deve essere ricevuto" (CIC 1029).

Tutte queste qualità hanno bisogno di essere verificate e sviluppate in seminario sotto la guida di superiori qualificati, direttori spirituali e professori, e in accordo con un programma di formazione ben definito. So che condividete questa preoccupazione per la formazione del vostro clero, i molti buoni sacerdoti impegnati nel lavoro in seminario al Seminario Maggiore di Kipalapala, Segerea, Peramiho, Ntungamo e Kibosho, come anche nei molti seminari Minori diffusi in tutta la Tanzania. Prego affinché Dio benedica i vostri sforzi per aumentare il numero di personale qualificato e per aiutarlo nel suo lavoro, che è di vitale importanza per il futuro della comunità ecclesiale e dell'evangelizzazione.

Come ho già detto, la preoccupazione della Chiesa per la formazione dei sacerdoti si estende anche agli anni dopo l'ordinazione. Come Vescovi siete incaricati di interessarvi direttamente alla vita e al ministero dei vostri sacerdoti. Gli studi, i seminari e gli esercizi spirituali sono estremamente importanti per i vostri sacerdoti, ma devono andare di pari passo con la vostra volontà di incontrarvi con loro regolarmente, di ascoltarli, incoraggiarli, aiutarli a superare problemi e difficoltà e di trovare il modo di fare uso del talento di ognuno di essi per il bene dell'intera Diocesi. Essi guardano a voi come guida che consiste soprattutto nel vostro esempio di autentica vita sacerdotale e zelo apostolico per l'evangelizzazione, compresa "la prima evangelizzazione" che diventa sempre più responsabilità del clero locale. In tutti questi aspetti, ognuno di voi ha un ruolo personale nella formazione che dura tutta la vita e nel benessere dei vostri sacerdoti. Inoltre, è giusto che la vostra preoccupazione fraterna per loro sia particolarmente evidente nel modo gentile e pieno di compassione con il quale vi dedicate alle necessità dei sacerdoti più anziani e a quelli che sono malati. Possa il Buon Pastore stesso guidarvi nel compimento dell'amore evangelico!


4. Anche i religiosi uomini e donne, occupano un posto speciale nella missione pastorale di un Vescovo. Il grande aumento del numero delle religiose, in particolare, è un dono per la Chiesa in Tanzania e una promessa per il futuro della vita consacrata nel vostro Paese. Anche se i religiosi guardano principalmente ai loro propri istituti per la formazione, il vostro interesse per il loro benessere e il vostro aiuto al loro arricchimento intellettuale e spirituale può essere cruciale, specialmente per gli istituti di diritto diocesano.

La vita consacrata esiste nella Chiesa e per la Chiesa. La sua natura ecclesiale richiede che essa sia vissuta con un profondo senso di unione e cooperazione con i Vescovi, ed in una solidarietà affettiva ed effettiva con la Chiesa particolare nella quale i religiosi vivono e portano avanti il loro apostolato. Mentre rispettate il carisma e la legittima autonomia di ogni Istituto Religioso, è vostra responsabilità favorire la loro partecipazione ben pianificata alle attività pastorali nel contesto dell'ecclesiologia di comunione che governa la vita della Chiesa.


5. Di uguale importanza per la vitalità della Chiesa è la formazione del laicato che consiste, in una parola, nella continua evangelizzazione di coloro che sono già battezzati. Il compito di preparare i laici ad assumere un ruolo attivo nella Chiesa e nella società è sempre più urgente di fronte al cambiamento sociale e culturale, come anche di fronte alle pressioni del proselitismo di altre fedi o gruppi religiosi.

Siete consapevoli che i cattolici tanzaniani, specialmente i giovani, per perseverare nella loro fede, per condividerla con gli altri, e per portare i suoi valori morali e spirituali nella società, hanno bisogno di una solida formazione catechistica, così come dell'aiuto che viene dall'essere membri di un gruppo parrocchiale e di associazioni cattoliche che diventano sempre più attive nel vostro Paese. Un gruppo di esperti catechisti sta facendo uno splendido lavoro nelle chiese particolari, specialmente preservando e approfondendo la fede a livello locale, ma essi guardano alla vostra guida come fonte di crescita intellettuale e spirituale.

E' vero che "la testimonianza di una vita autenticamente cristiana, abbandonata in Dio in una comunione che nulla deve interrompere, ma ugualmente donata al prossimo con uno zelo senza limiti, è il primo mezzo di evangelizzazione" (EN 41). Lo scopo della formazione per tutti i fedeli - sacerdoti, religiosi e laici - è una fede vivente che permea ogni aspetto della vita di ognuno e il rapporto con gli altri. I programmi nazionali e diocesani di azione Pastorale dovrebbero tendere a promuovere una fede altamente motivata basata su un impegno profondo verso Cristo e la Sua Chiesa e sulla conoscenza dell'insegnamento cattolico che invita a mantenere il livello culturale e le richieste della vocazione di ogni persona.

Il perseguimento di questo scopo illumina l'importanza della comunione ecclesiale, cioè "edificare il corpo di Cristo, finché arriviamo tutti all'unità" (Ep 4,12). La formazione comprende il reciproco sostegno da parte di tutti i membri della Chiesa cominciando dai Vescovi che, quali pastori e maestri della Chiesa hanno una primaria responsabilità per quanto riguarda la fede e la dottrina.


6. Concludendo queste riflessioni sulla formazione cristiana i miei pensieri vanno al Cardinale John Henry Newman, di cui quest'anno è stato celebrato il centenario della morte. Il motto che aveva scelto come Cardinale, "cor ad cor loquitur", sintetizza la sua filosofia dell'educazione come anche la comprensione di ciò che oggi chiamiamo evangelizzazione. Pef il Cardinale Newman era l'influenza dell'individuo, "cuore parla a cuore", che più efficacemente insegnava il Vangelo e che formava l'intera persona, cuore, mente e coscienza. Come una volta scrisse: "Gli individui che si vedono e si sentono, che agiscono e soffrono, sono gli strumenti della provvidenza in tutti i grandi successi" (Lettere e diari di John Henry Newman, Oxford 1978-84, iv., 68ff.).

In questo spirito, cari Fratelli, prego affinché Dio sostenga il vostro zelo nel ministero e garantisca il successo di tutte le vostre speranze e del lavoro per la diffusione del Vangelo. Possa esso continuare ad aumentare fra voi sacerdoti, religiosi e laici che volete essere "visti e sentiti", e "agire e soffrire" se è necessario, cosicché Cristo possa essere conosciuto e amato sempre di più in Tanzania e in tutta l'Africa. Esprimo a voi il mio fraterno apprezzamento e sostegno. Vi ringrazio dell'invito a visitare le vostre Chiese particolari. Possa la protezione materna della Beata Vergine Maria accompagnarvi in quello che fate. Con questi sentimenti e con affetto nel Signore, imparto cordialmente a ognuno di voi ed alle vostre diocesi la mia Benedizione Apostolica.

(Traduzione dall'inglese)

Data: 1990-09-02

Domenica 2 Settembre 1990

Omelia alle ordinazioni sacerdotali - Dar-es-Salaam (Tanzania)

Titolo: Famiglia scuola di preghiera, fedeltà, obbedienza e misericordia

Gesù disse: "Io sono il Buon Pastore... che offre la vita per le pecore.

Io conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me" (Jn 10,11-14).

Cari fratelli e sorelle in Cristo! Figli e figlie! Sia lodato Gesù Cristo!


1. Sono molto felice di essere con voi! Oggi, in Dar-es-Salaam, ci riuniamo insieme nella celebrazione dell'Eucaristia, che è sacramento dell'unità della Chiesa come l'unico gregge di Gesù Cristo, nostro Signore e Salvatore. Gesù è presente in mezzo a noi! Sentiamo le sue parole, le parole di vita eterna (cfr. Jn 6,68), e riceviamo il suo Corpo e il suo Sangue, offerti sulla Croce per il perdono dei nostri peccati. Si, il Signore è in mezzo a noi... Il Buon Pastore, che offre la vita per le sue pecore! Il Papa, Successore dell'Apostolo Pietro, è venuto in Tanzania per pregare con voi e per confermarvi nella vostra fede cattolica; per entrare in un dialogo spirituale con tutto il popolo di questo vasto e bel Paese.

Saluto con affetto i membri della Chiesa in Tanzania! Un saluto speciale va al Cardinale Laurean Rugambwa e all'Arcivescovo Polycarp Pengo dell'Arcidiocesi di Dar-es-Salaam, e ai miei Fratelli Vescovi delle Diocesi di Arusha, Dodoma, Mahenge, Mbulu, Morogoro, Moshi, Same, Tanga e Zanzibar.

Saluto il clero e i religiosi di tutta la Tanzania che sono le vostre guide nel cammino della fede, della speranza e dell'amore. Esprimo anche la mia profonda gratitudine e stima al Presidente della Repubblica Unita di Tanzania e alle autorità civili presenti a questa Messa, e a tutti coloro che hanno assistito in ogni maniera alla preparazione e all'organizzazione della mia Visita Pastorale nella vostra terra.

In modo particolare, i miei saluti vanno a coloro che sono stati ordinati sacerdoti. Dalle loro famiglie e parrocchie questi giovani sono stati chiamati a essere configurati a Cristo, l'eterno Sommo Sacerdote, affinché a loro volta possano diventare pastori del suo gregge, predicatori della sua parola e ministri dei suoi sacramenti (cfr. LG 28). Gesù dà loro una parte del suo stesso sacerdozio cosicché possano agire nella sua persona per offrire il sacrificio del Nuovo Banchetto nella liturgia Eucaristica, per esercitare il ministero della riconciliazione e per aiutare tutti i fedeli a vivere in santità e pace secondo la vocazione che ognuno ha ricevuto come membro del Corpo di Cristo, la Chiesa (cfr. Ibidem LG 28).


2. Nella Prima Lettura di oggi, il Signore dice al Profeta Geremia che la sua vocazione era parte del disegno eterno di Dio anche prima che lui nascesse: "Mi fu rivolta la parola del Signore: Prima di formarti nel grembo materno ti conoscevo; prima che tu uscissi alla luce, ti avevo consacrato; ti ho stabilito profeta delle nazioni" (Jr 1,4-5).

Queste parole ci ricordano che ogni persona occupa un posto nel progetto di Dio e che ciascuno di noi dovrebbe ascoltare attentamente la voce di Dio nella preghiera per scoprire la chiamata speciale che abbiamo ricevuto in Cristo.

Anche in molti altri modi impariamo a conoscere la volontà di Dio: attraverso eventi importanti nella nostra vita, attraverso l'esempio e la saggezza degli altri e attraverso il giudizio devoto della sua Chiesa.

Tra tutti questi canali nella grazia di Dio, la famiglia ha un ruolo particolare nel favorire la vocazione cristiana dei suoi membri. In modo molto reale, ogni famiglia cristiana è una "scuola di Cristo", un luogo nel quale i bambini imparano per prima cosa a conoscere e ad amare Dio, ad obbedire alla sua parola e a rispondere alla sua chiamata. In famiglie "animate da spirito di fede, carità e pietà" (OT 2), la luce della fede può brillare nella vita dei bambini, e il seme di una vocazione può ricevere il nutrimento del quale ha bisogno per fiorire e crescere forte.

Oggi il Papa desidera rendere omaggio alle famiglie cristiane della Tanzania.

A tutti voi, esprimo la profonda stima della Chiesa per il vostro impegno alla vocazione che avete ricevuto da Dio. In questa Messa di Ordinazioni, esprimo anche la mia gratitudine ai genitori di tutti coloro che diventeranno presto sacerdoti. Nelle case che avete creato, questi giovani dapprima hanno scoperto il mistero dell'amore di Dio. Prego che le vostre case siano sempre piene del calore e della gioia di questo amore!


3. Cari amici: Pensiamo ai molti modi concreti nei quali la vocazione cristiana, e la chiamata al sacerdozio in particolare, è alimentata dalle famiglie cattoliche.

In primo luogo, le famiglie sono scuole di preghiera. Un ambiente familiare segnato dalla preghiera infonderà giornalmente nei bambini il vivo senso della necessità di rivolgersi a Dio con fiducia in ogni momento, e specialmente quando le inevitabili difficoltà e prove della vita appaiono sul loro cammino. Quanto importante è questa lezione per coloro che diventeranno sacerdoti! Dal momento che il sacerdote deve insegnare agli altri a pregare, sia come individui sia come comunità liturgica, deve essere egli stesso un uomo di profonda preghiera e maturità spirituale.

Le famiglie sono anche scuole di fedeltà e di amore. Con il Sacramento del Matrimonio, la fedeltà del marito e della moglie nel vivere le loro promesse matrimoniali e nel crescere i loro bambini diventa un segno reale della fedeltà immortale di Cristo alla sua Chiesa. Da parte sua il sacerdote è chiamato ad essere fedele a una vita di celibato come segno della sua consacrazione a Cristo e al servizio della Chiesa. Dai suoi genitori un sacerdote può imparare il significato e capire il valore della fedeltà per tutta la vita alla chiamata di Dio; laddove la fedeltà coniugale è tenuta in grande stima, ancor più il sacerdote valuterà la sua vocazione e le esigenze di quest'ultima.

Similmente, il rapporto di amore e sacrificio che unisce i genitori e i loro figli fa della famiglia una scuola di obbedienza e di fiducia. Queste virtù.

che sono spesso dapprima imparate nei primi anni di vita, sono fondamentali nella vita e nel ministero del sacerdote, perché egli sarà spesso chiamato a sottomettere liberamente la sua volontà alle decisioni e ai giudizi dei suoi superiori per amore del Vangelo e per il bene della comunità ecclesiale.

Infine, le famiglie sono scuole di misericordia. Il sacerdote è chiamato ad essere dispensatore della misericordia di Dio, attraverso il ministero dei sacramenti specialmente nel suo incontro pronto e sensibile con le anime nel Sacramento della Penitenza. Se è stato allevato in una famiglia cristiana affettuosa, avrà imparato il significato della misericordia dai suoi genitori, e specialmente dagli atti di misericordia e perdono reciproco espressi nella vita familiare. Perché non impariamo a essere misericordiosi dall'esperienza di pietà che abbiamo ricevuto? Proprio mentre riceviamo liberamente il perdono e una nuova vita in Cristo da Dio "ricco di misericordia" (Ep 2,4), così anche noi dobbiamo generosamente condividere questi doni con gli altri.


4. Rivolgo una speciale parola a coloro che stanno per essere ordinati sacerdoti.

Cari giovani fratelli nel Signore: quanto spesso avete udito le parole di San Paolo proclamate nella Seconda Lettura nella Messa di oggi? L'Apostolo dice: "Noi infatti non predichiamo noi stessi, ma Cristo Gesù Signore; quanto a noi, siamo i vostri servitori per amore di Gesù" (2Co 4,5). Imparate a memoria queste parole come un programma per la vostra vita e il vostro ministero! Si, "Noi infatti non predichiamo noi stessi, ma Cristo Gesù Signore!".

Egli è il Signore, e noi siamo i suoi umili servitori.

Alla fine, come San Paolo dice, "Noi abbiamo questo tesoro in vasi di creta, perché appaia che la potenza straordinaria viene da Dio e non da noi" (Ibidem 2Co 4,7).

Queste parole dovrebbero ispirare in ognuno di Voi una profonda umiltà mentre vi rendete conto che è solo "per misericordia" (Ibidem 2Co 4,1) che avete ricevuto questo ministero da Cristo. Tutti i cristiani sono chiamati a morire al peccato e all'egoismo e a vivere umilmente la vocazione che Dio ha dato loro. E quanto devono farlo coloro che sono stati fatti "ministeri di Cristo" (1Co 4,1)? E come tutti i discepoli dovete dare prova che avete imparato a porre la volontà di Dio sopra i vostri desideri e progetti e a dedicare voi stessi generosamente al servizio dei vostri fratelli e sorelle, specialmente dei deboli e dei poveri.


5. Gesù dice: "Offro la vita per le pecore. E ho altre pecore che non sono di questo ovile; anche queste io devo condurre. Ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge e un solo pastore" (Jn 10,15-16).

Cari figli: Quell'unico gregge del quale Gesù parla è la Chiesa, l'assemblea di quegli uomini e donne di ogni tempo e luogo che sono stati riuniti dalla Parola di Dio e fatti santi dal Sangue dell'Agnello. Il piccolo gruppo di discepoli che si riuniva in preghiera con Maria, la Madre di Gesù, nel Cenacolo a Pentecoste era l'inizio di quell'unico gregge. E' attraverso la continua protezione e preghiera di Maria, Madre della Chiesa, quell'unico gregge continuerà a crescere nel mondo, portando la luce di Cristo a tutti i popoli, fino alla fine dei tempi! Per grazia di Dio, siamo stati chiamati a riunire e a nutrire quel gregge. Rafforzati dal Sacramento che state per ricevere, sarete mandati nel mondo a portare il messaggio del Vangelo di pace e riconciliazione a tutti coloro che incontrate.

Questa è la vostra sublime vocazione come ministri di Gesù Cristo, il Buon Pastore! Oggi, ripeto a voi le parole del Signore a Geremia: "Non temerli!" (Jr 1,8).

Si! Non abbiate paura, perché avete sentito la promessa del Signore: "Io sono con te per proteggerti... Ecco, Io ti metto le mie parole sulla bocca" (Ibidem, Jr 1,8-9).

Attraverso la potenza del suo Spirito, Dio "rifulse nei nostri cuori, per far risplendere la conoscenza della gloria divina, la gloria che rifulge sul volto di Cristo" (2Co 4,6). Come ministri della grazia di Dio nella Chiesa, possiate crescere, nell'immagine di Colui nel quale la pienezza di Dio era lieta di dimorare (cfr. Col 2,9). Essere un Alter Christus non è un titolo della dignità umana ma un obbligo per essere come lui "che non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la sua vita in riscatto per molti" (Mt 20,28).

Possa Dio Onnipotente aiutarvi a vivere pienamente la sublime vocazione che vi ha dato in Cristo! Su di voi, cari fratelli, e su tutti i presenti, oggi qui, invoco abbondanti benedizioni di Dio Onnipotente, il Padre, il Figlio, e lo Spirito Santo. Amen.

(Traduzione dall'inglese)

Data: 1990-09-02

Domenica 2 Settembre 1990


GPII 1990 Insegnamenti - Ai fedeli raccolti nella cattedrale - Dar-es-Salaam (Tanzania)