GPII 1990 Insegnamenti - Messaggio ad ammalati e infermieri - Bujumbura (Burundi)


1. Al momento di far visita ad alcuni malati di Bujumbura così come ai loro medici e infermieri, vorrei, con questo messaggio, rivolgermi a tutti voi negli ospedali, nei centri per la salute e nelle famiglie di questo Paese. Essendo venuto in Burundi per incontrare il Popolo di Dio non posso dimenticare i suoi membri sofferenti e coloro che li circondano di cure e di amicizia.

Innanzitutto vorrei dire con grande affetto quanto vi auguro di essere confortati nelle vostre sofferenze e di guarire nella misura in cui è umanamente possibile. Prego Dio perché vi conceda una salute migliore del corpo e la pace dell'anima.

Cari malati, nella società e nella Chiesa, avete pienamente il vostro posto. La vostra esperienza della debolezza e della sofferenza non vi rende inutili. Al contrario, voi vi trovate di fronte ai problemi più seri che un essere umano conosce, e il vostro modo di viverli può insegnare molto a coloro che godono di buona salute.


2. So quanto è difficile parlare della malattia. E' tuttavia, so che nel profondo di voi stessi, comprendete che, nel cammino della vita, è un passaggio inevitabile, una fase difficile che dobbiamo un giorno attraversare. Voi vi domandate spesso da dove venga questa specie di nemico ma non potete descriverlo, dargli un nome. E' un aspetto del mistero del male che grava sull'intera umanità e che tocca ognuno di noi in tanti modi. Creati da Dio per essere vivi e buoni, ci scopriamo fragili e peccatori. Ma non dobbiamo giudicare nessuno. Ricordatevi di Gesù sulla Croce: egli chiede al Padre di perdonare coloro che lo facevano soffrire, dicendo proprio: "non sanno quello che fanno" (Lc 23,34).

La malattia è una "prova", vale a dire un momento difficile in cui il corpo è sminuito e in cui è difficile sperare. Ma, "prova" significa anche che, in questa crisi, il vero essere si rivela, come l'oro nel crogiolo, e che questo periodo in cui tutto sembra vacillare finirà. So che il passaggio è duro, penso in particolare a quelli fra voi che sono affetti dall'Aids che non si riesce ancora a curare efficacemente. Ma voglio dirvi, in nome della fede, che avete motivo di sperare e che non siete soli nella prova.

Noi crediamo in Gesù, il Figlio di Dio fatto uomo. Egli si è identificato nell'uomo che soffre, soffrendo lui stesso, per andare più lontano, per vincere il male e la morte. Egli è risorto, è vivo. Egli è presente con voi ed in voi. Voi potete contare sul suo appoggio per ravvivare il vostro coraggio e affrontare la prova, e anche accettarla. Insieme a lui, potete offrire la vostra sofferenza e le vostre paure, ciò che sopportate e la vostra stessa vita per quelli che amate, perché il mondo cambi, perché i vostri fratelli e le vostre sorelle scoprano ciò che è veramente importante e giusto, il vero valore dell'uomo agli occhi di Dio, ciò che il Vangelo, chiama un "tesoro nel cielo", diverso dai beni deteriorabili (cfr. Mt 6,20).


3. Voi siete su un cammino in cui l'uomo non può essere che vero. Io credo che coloro che vi circondano lo comprendano. E principalmente i vostri medici e gli infermieri. Vorrei ringraziarli a nome dei malati e incoraggiarli nel loro compito spesso difficile. Non è sempre facile per loro avere un rapporto sincero con i malati; perché il momento della prova è molto pesante. Con delicatezza, bisogna che sappiano rispondere alle vostre aspettative per aiutarvi a sopportare la vostra condizione. Alcune diagnosi sono difficili da rivelare; i medici devono trovare le parole giuste perché il malato accetti ciò che deve scoprire nel suo stesso corpo. Che essi siano in dialogo anche con le famiglie, e le persone che possono seguire meglio i malati, in particolare i sacerdoti e gli assistenti sociali! Aggiungerei che riconosco la grandezza della responsabilità dei medici e dei terapeuti.

Al di là della loro scienza e della loro competenza tecnica, è nei confronti della vita stessa e della sua dignità che essi sono impegnati. La società conta su di loro poiché, per tutto quello che riguarda la vita, dalla sua concezione fino agli ultimi passi, una sana morale sia rispettata tanto più che, per i loro pazienti e per tutti i loro compatrioti, il loro giudizio ha una grande importanza.

Cari amici medici e infermieri, nei vostri vari centri di salute, spesso i mezzi vi mancano. Voi siete talvolta poco numerosi di fronte alla moltitudine dei pazienti e vi è difficile donare a ciascuno l'amichevole attenzione che gli è tanto preziosa. Io auguro che altri giovani siano formati nelle diverse discipline necessarie e si uniscano a voi. I vostri bisogni di materiale medico e di medicine sono anch'essi lungi dall'essere soddisfatti.

Possa una solidarietà generosa, al di là delle frontiere sostenervi nella vostra lotta, in particolare contro le malattie epidemiche.

La Chiesa ha sempre desiderato prendersi cura dei malati, sull'esempio di Cristo. Nel vostro Paese un notevole numero di ospedali e di centri di salute sono gestiti da religiosi e religiose, del Burundi o missionari. Tengo a dire loro, così come ai volontari laici che condividono questi compiti con devozione disinteressata, quanto apprezzo il loro ministero ed il loro servizio concreto verso i malati, compiuto nello spirito del Vangelo.


4. Il mio pensiero si rivolge inoltre alle famiglie che hanno un componente malato. L' assenza di una persona amata da casa è dura da accettare. Sappiate che la fedeltà del vostro amore e la vostra presenza contano molto per colui che soffre. Conservate il coraggio. E scoprite anche voi le qualità umane che si rivelano nell'essere messo di fronte ai propri limiti. Aiutatelo a conservare la speranza, semplicemente standogli vicino per attenuare la sua solitudine nel momento della prova.

Le comunità cristiane si rendono ben conto della sofferenza sopportata dai malati e dalle loro famiglie. così io le esorto a mostrare loro pazientemente un'affettuosa solidarietà e un'amorosa presenza, evitando ogni tentazione di discriminazione fra le persone, qualunque sia la malattia da cui sono affette.

Ricordatevi della bella parola compassione: vuol dire che si partecipa della sofferenza portando una parte del fardello. Che la vostra carità vi porti a farvi carico dei vostri fratelli e delle vostre sorelle la cui famiglia è privata di uno dei suoi membri, soprattutto degli orfanelli. Per i malati stessi, la sicurezza della fraterna solidarietà nei loro confronti e nei confronti dei loro cari è un reale sostegno per superare la disperazione che li tenta e per conservare il coraggio.

Che i discepoli di Cristo, battezzati nella sua morte e nella sua risurrezione, prendano la mano dei loro fratelli e delle loro sorelle malate per guidarli verso il Salvatore! Che la loro presenza attenta e rispettosa li aiuti ad affidarsi a Gesù Cristo, a rimanere nel suo amore e nell'amore dei loro fratelli! Cari amici malati, medici, membri del personale sanitario, religiosi, religiose e laici cristiani, famiglie e comunità del Burundi, vi affido alla tenerezza confortevole della Vergine Maria, nostra Madre, e con tutto il mio affetto, invoco su di voi il conforto della Benedizione di Dio.

(Traduzione dal francese)

Data: 1990-09-07

Venerdi 7 Settembre 1990

Omelia per le ordinazioni sacerdotali - Bujumbura (Burundi)

Titolo: La vostra missione è bella. Voi siete un dono di Dio al mondo




1. "Mio figlio sei tu, oggi ti ho generato" (He 5,5 cfr. Ps 2,7).

Queste parole provengono dall'Antico Testamento, ma esse portano in sé la verità che la Nuova Alleanza ha posto in piena luce, la vera concezione di Dio Trinità e di Dio unico, del mistero insondabile della Vita che non si trova che in Lui. Questa vita è la pienezza dell'unità nella Trinità delle Persone, del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.

Dio, Padre eterno, si fa conoscere in questo Figlio che Egli genera nell'eternità: "Mio figlio sei tu, oggi ti ho generato". Questo "oggi" è fuori dal tempo. E' eterno, come Dio stesso è eterno. In nome di questo mistero insondabile, saluto tutti voi che siete qui riuniti, voi cui è stato dato di partecipare alla Vita divina attraverso il Battesimo, "nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo" (Mt 28,19).

Il Successore di Pietro rende grazie a Dio per questo popolo di battezzati che gli è stato dato di incontrare, per i nuovi sacerdoti che saranno ordinati.

A tutti esprimo la mia gioia di essere in mezzo a voi, la mia gioia di ascoltare il vostro Vescovo, Mons. Simon Ntamwana, esprimere i vostri calorosi sentimenti. Con deferenza e cordialità saluto il Signor Presidente della Repubblica, i membri del Governo, nonché le personalità presenti a questa celebrazione liturgica. Ai Pastori, ai sacerdoti, ai religiosi e alle religiose, ai catechisti e ai responsabili laici, ad ogni fratello e ad ogni sorella del Burundi, esprimo il saluto pieno di gratitudine del Vescovo di Roma.


2. Noi siamo riuniti dal Figlio, che è "Dio da Dio, Luce da Luce". E noi ascoltiamo la parola che gli rivolge il Padre eterno: "Tu sei sacerdote per sempre, alla maniera di Melchisedek" (He 5,6). Divenendo uomo per opera dello Spirito Santo, nato dalla Vergine Maria, vero uomo, il Figlio eterno entra nel mondo creato, entra in tutta la storia dell'umanità come "sacerdote per sempre", sacerdote unico. Perché Lui solo, essendo Figlio della stessa natura del Padre e al tempo stesso vero uomo, può riportare a Dio, nella pienezza e senza riserve, la creazione intera.

Il proprio sacerdozio, Cristo lo assolve pienamente quando offre se stesso in sacrificio sulla Croce, donando tutta la sua vita. E, al tempo stesso, egli ci ha lasciato questo sacrificio; lo ha affidato alla Chiesa istituendo l'Eucaristia. Il sacrificio cruento della Croce rimane in questo sacramento sotto le specie del pane e del vino "alla maniera di Melchisedek".

Nel nome di Cristo, che è "sacerdote per sempre", sacerdote unico, saluto la Chiesa in Burundi, in questo giorno in cui i vostri figli ricevono l'ordinazione sacerdotale per diventare i servitori del sacrificio non cruento, alla maniera di Melchisedek. E, celebrando l'Eucaristia, per costruire la Chiesa.


3. Attraverso il suo sacrificio unico sulla Croce, Cristo, sacerdote per sempre, ha ricevuto "ogni potere in cielo e in terra" (cfr. Mt 28,18). In virtù di questo potere, egli ha inviato gli Apostoli in tutto il mondo. In virtù di questo stesso potere, egli invia sempre in missione i loro successori. Tutta la Chiesa è inviata da Cristo, che è con noi "tutti i giorni, fino alla fine del mondo" (cfr. Mt 28,20).

Su questa terra, tra poco saranno cent'anni, Cristo ha inviato dei missionari e i primi Vescovi venuti a fondare la Chiesa portando la Buona Novella della salvezza e apparecchiando la tavola dell'unico sacrificio. Oggi, i vostri figli svolgono il compito apostolico e pastorale, in unione con i missionari venuti da lontano. Insieme, investiti dell'unico sacerdozio di Cristo, essi permettono a Dio di radunare e di far crescere il popolo immenso che vedo intorno a questo altare. Come gli Apostoli, la Chiesa deve osservare tutti i comandamenti di Cristo (cfr. Mt 28,20). Qui, nel Burundi come in tutto il mondo, Essa deve quindi battezzare in nome della Santissima Trinità, amministrare il Battesimo che ci prepara a partecipare all'Eucaristia.


4. Durante l'Ultima Cena, il Signore ha detto anche agli Apostali: "Fate questo in memoria di me" (Lc 22,19). Il ministero di coloro che celebrano l'Eucaristia è necessario perché viva il Popolo di Dio nella Nuova Alleanza.

"Voi sarete chiamati sacerdoti del Signore, ministri del nostro Dio sarete detti" (Is 61,6). Queste parole del Profeta riguardano i sacerdoti. Si, voi sacerdoti di questo Paese, voi Barundi con i missionari, siete "ministri del nostro Dio". Il Popolo di Dio vi considera come suoi padri e vi rispetta come "sacerdoti del Signore", poiché il vostro ministero gli consente di essere unito nel Corpo di Cristo e di ricevere la grazia dei suoi doni sacramentali. La vostra missione è bella, è pesante. La vostra persona vi è totalmente coinvolta. Avete impegnato in essa tutta la vostra vita, con le rinunce che comportano il celibato per il Signore, l'accettazione della povertà evangelica, la disponibilità ad adempiere le missioni affidate dal Vescovo, l'appello pressante a vivere voi stessi quel che adempite e a conformarvi al sacrificio della Croce, unendo il servizio dell'altare a quello del popolo di Dio (cfr. Rituale dell'Ordinazione). Oggi, quest'ordinazione solenne sia per voi tutti, sacerdoti anziani, un incoraggiamento ad avere fiducia nel Signore che vi ha chiamati, un invito ad approfondire incessantemente la vostra vita di preghiera, come avete fatto nei ritiri in cui avete preparato queste giornate. In ogni tempo, lasciatevi penetrare dalla viva Parola di Dio e non cessate di studiarla. Siate pronti a rispondere alle richieste della nostra epoca e ad animare una rinnovata evangelizzazione. Possa questa riunione festosa del popolo di Dio intorno ai suoi sacerdoti essere per voi un appello a rendervi interamente disponibili per tutti coloro che attendono la vostra accoglienza e a sviluppare la vostra collaborazione fiduciosa con i laici! Siate in ogni circostanza gli apostoli dell'unità nel Signore, in nome del quale avete ricevuto l'ordinazione!


5. Fratelli e sorelle, nella vita della Chiesa, l'ordinazione sacerdotale è un giorno particolarmente importante. E' con gioia che conferisco questa ordinazione ai figli della vostra terra africana, al gruppo di nuovi sacerdoti più numeroso dalle origini della Chiesa in Burundi. Per le vostre diocesi e per la diocesi zairese vicina di Uvira, è un onore e una gioia, poiché il Signore chiama i vostri figli: "Grandi cose ha fatto in me l'Onnipotente" (cfr. Lc 1,49).

Popolo di Dio di tutto il Burundi, ascolta le parole dell'Apostolo nella Liturgia di questo giorno: "Ogni sommo sacerdote, scelto tra gli uomini, viene costituito per il bene degli uomini nelle cose che riguardano Dio" (He 5,1).

Ecco coloro che l'imposizione delle mani del Vescovo e l'unzione consacrano, con la potenza dello Spirito Santo, "per il bene degli uomini nelle cose che riguardano Dio". Essi sono "scelti tra gli uomini", scelti tra voi, dalla vostra comunità umana. Essi sono i figli delle vostre famiglie, dei padri e delle madri di questa terra. Sono vostri fratelli. Nelle vostre famiglie essi hanno sentito la chiamata del Signore. Rendo grazie per i genitori che sono stati testimoni e persino portavoci di questa chiamata. Li ringrazio per aver accettato la vocazione dei loro figli, di aver contribuito alla sua maturazione. Siate felici di vedere i vostri figli chiamati dal Signore. I genitori sono onorati quando il Signore chiama uno dei loro figli al sacerdozio.

Vorrei ringraziare anche i sacerdoti e gli educatori dei seminari minori e maggiori per aver dato a questi giovani la formazione spirituale ed umana di cui avevano bisogno, e per averli accompagnati e sostenuti fino all'impegno definitivo che viene oggi consacrato.


6. Questi diaconi sono "scelti tra voi". Stanno per ricevere il compito di offrire il sacrificio di Cristo per i peccati degli uomini. Essi devono anche essere in grado - come Cristo - di provare la giusta compassione per i loro fratelli e sorelle.

Giovani fratelli che state per unirvi a noi nel sacerdozio, siete un dono di Dio alla comunità umana per servirla. Il vostro popolo si attende da voi che siate testimoni dell'amore salvifico, del perdono e della riconciliazione. Il sacerdote è un altro Cristo, egli riunisce e riconcilia.

Ogni sacerdote deve divenire, a somiglianza di Cristo, "il buon pastore, che conosce le sue pecore e le cui pecore conoscono lui" (Jn 10,14). Voi conoscete le persone, le loro attese, le loro gioie, le loro felicità. Conoscerete la vostra comunità, i talenti dei laici nella loro diversità, il valore insostituibile di ogni membro del Corpo di Cristo, dal povero più umile a colui che ha ricevuto più doni.

Impegnati nella sequela di Cristo, dovete conformarvi a Lui, che "imparo l'obbedienza dalle cose che pati" (He 5,8). Come lui, ogni giorno, voi offrirete la vita per le pecore che sono nel gregge e non dimenticherete mai che vi sono ancora "altre pecore che non sono di questo ovile", per le quali desidererete che ascoltino la voce del Redentore" (cfr. Jn 10,15-16). E' così che sarete uniti all'unico Sacerdote che, "reso perfetto, divenne causa di salvezza eterna per tutti coloro che gli obbediscono" (He 5,9).

Fratelli e sorelle, i vostri figli che stanno per diventare sacerdoti di Gesù Cristo saranno così "la stirpe che il Signore ha benedetto" (Is 61,9). Essi saranno i collaboratori dei vostri Vescovi, che li guideranno nel loro ministero con affetto paterno.

Saranno in ciascuna delle vostre comunità i dispensatori dei doni di Dio.

Possa la benedizione di questa "stirpe", offerta al Signore dalle vostre famiglie, scendere su tutta la Chiesa, su tutto il popolo di Dio che vive sulla vostra terra! Che la pace del Signore sia sempre con voi! (Il Santo Padre ha così salutato i fedeli:) Cari fratelli e sorelle, Oggi lo Spirito soffia dove vuole. Lo Spirito, il vento, il vento soffia dove vuole.

Noi abbiamo sentito il vento e abbiamo ricevuto lo Spirito che soffia.

Voi avete ricevuto lo Spirito che soffia, voi cari sacerdoti oggi consacrati, per la vostra missione sacerdotale, per il bene del vostro popolo nel Burundi e per il bene di tutta la Chiesa universale.

Terminando questa liturgia eucaristica, voi portate il soffio dello Spirito, lo Spirito Santo.

Voglio augurare alla vostra Patria, a questo caro Paese, ai Burundesi tutti, che il soffio dello Spirito Santo rimanga in voi, che perseveri con voi in voi, che si manifesti lo Spirito di pace e di riconciliazione, che si manifesti lo Spirito di forza e d'amore.

(Traduzione dal francese)

Data: 1990-09-07

Venerdi 7 Settembre 1990

Alla cerimonia di congedo all'aeroporto - Bujumbura (Burundi)

Titolo: Non fermarti nel cammino di riconciliazione fraterna e unità

Signor Presidente, Signore, Signori, Cari amici della Nazione Burundese,


1. Pace! Rendiamo grazie a Dio. Il Burundi ha testimoniato nei confronti del Successore di Pietro sentimenti di affetto che vanno oltre la mia persona. Le riunioni liturgiche, gli incontri dei gruppi, tutti i momenti della mia permanenza sono stati segnati dal vostro senso di gioiosa ospitalità, dalla serietà della riflessione, e dal fervore della fede.

Vorrei dire a tutti quanto sono stato felice di vivere queste ore sulla vostra terra. A voi, Signor Presidente, esprimo la mia viva gratitudine per la vostra accoglienza e per le attenzioni gentili delle quali mi avete circondato, così come i membri del Governo, le diverse Autorità e i collaboratori devoti al loro servizio. Vorrei anche rivolgere un ringraziamento particolare ai membri della stampa locale ed estera che hanno saputo far partecipare tutti i Barundi, e molti altri ascoltatori al di là dei confini, agli avvenimenti di questa visita pastorale.


2. così il pellegrinaggio che ho compiuto con voi, cari amici Burundesi, si conclude. Ma non è una fine. Da parte mia conservo nella memoria le immagini delle vostre colline, delle vostre città, dei vostri santuari; e soprattutto, conservo nel fondo del cuore l'eco del vostro entusiasmo nel celebrare Gesù Cristo, della vostra devozione per Nostra Signora, della gioia di essere insieme, della serietà del vostro impegno nella Chiesa e al servizio del vostro Paese. Per voi, il pellegrinaggio continua, il pellegrinaggio della fede, il pellegrinaggio della pace. Penso al ministero dei nuovi sacerdoti, ordinati questa mattina stessa così come alla dedizione pastorale dei loro fratelli maggiori e alla vita consacrata dei religiosi e delle religiose di questo Paese, insieme ai seminaristi e alle novizie; penso alle famiglie che abbiamo festeggiato ieri a Gitega, agli intellettuali e alle organizzazioni cristiane che lavorano al servizio di tutti, ai laici, giovani e anziani, che animano le vostre comunità e i vostri movimenti; ai malati che stanno attraversando il momento della prova; ai responsabili delle comunità spirituali che proseguono il dialogo per l'unità.

A quelli che non ho potuto vedere, in particolare le persone handicappate o emarginate, desidero rivolgere un saluto affettuoso e il conforto della benedizione di Dio.


3. Popolo del Burundi, hai davanti a te delle imprese grandissime. Non fermarti sulla strada che porta a una riconciliazione veramente fraterna e all'unità che sola ti permetterà di superare gli ostacoli della povertà e di portare avanti lo sviluppo necessario al tuo Paese. Resta fedele al bene prezioso delle nobili tradizioni della tua eredità. Sii attento a rispettare il diritto di ogni essere umano a vivere libero e fiducioso nel proprio avvenire.

Stabilisci la pace sulla terra in cui vivi. Confida le tue sofferenze e le tue inquietudini a Dio Padre di ogni amore, al Cristo Salvatore, allo Spirito di Verità.


4. Miei cari fratelli nell'Episcopato, affido questo appello alla vostra carità pastorale. Vi ringrazio per avermi reso partecipe della vostra sollecitudine per tutto il vostro popolo e della gioia che provate nel compiere, in nome del Signore, il vostro ministero.

Fratelli e sorelle del Burundi, che Nostra Signora di Mugera vegli su di voi! Che la Benedizione di Dio discenda su tutti voi e vi rimanga per sempre! Che la pace di Cristo sia sempre con voi! (Traduzione dal francese)

Data: 1990-09-07

Venerdi 7 Settembre 1990

Al benvenuto all'aeroporto - Kigali (Rwanda)

Titolo: "Chiederemo al Signore di dare a ognuno il pane quotidiano"

Signor Presidente,


1. Ringrazio vivamente Vostra Eccellenza per le sue parole di benvenuto pronunciate a nome di tutta la Nazione del Rwanda che sono lieto di salutare nella vostra persona.

Lasciatemi esprimere la mia grande gioia di poter oggi rispondere al vostro gentile invito ed intraprendere infine questa visita pastorale nel "paese delle mille colline".

Rivolgo il mio cordiale saluto alle personalità del Governo che vi accompagnano, così come alle Signore ed ai Signori membri del corpo diplomatico: sono lieto della loro presenza qui in questo primo incontro.


2. Ed ora mi rivolgo ai miei Fratelli nell'episcopato che saluto con grande piacere: Monsignor Vincent Nsengiymva, Arcivescovo di questo luogo; Monsignor Joseph Ruzindana, Vescovo di Byumba e Presidente della Conferenza Episcopale del Rwanda, i Vescovi di questo Paese e quelli dei Paesi vicini venuti ad unirsi ai Vescovi rwandesi in questa occasione.

Sono felice, cari Fratelli, di venire da voi, per condividere, sul luogo, i problemi della vostra Chiesa, per rendere grazie a Dio per il progresso compiuto nell'annuncio della Buona Novella in Rwanda, ed infine per incoraggiarvi nei vostri progetti futuri, nell'approssimarsi del centenario dell'evangelizzazione del Paese.


3. Infine, saluto di tutto cuore il gruppo di fedeli venuti ad incontrarmi.

Attraverso di loro esprimo a tutta la comunità cattolica del Rwanda la mia gioia di essere giunto.

Cari fratelli e sorelle, vengo da Roma come pellegrino. Gioisco di poter celebrare con voi la fede battesimale che ci unisce. Sui vostri volti, scorgo l'immagine di Dio nostro Padre, che vuole riunire gli uomini in una grande famiglia.


4. All'inizio della mia visita, il mio pensiero si rivolge subito all'insieme della popolazione del Rwanda, ed in particolare a coloro che soffrono.

Sono a conoscenza del fatto che una grave carestia ha colpito recentemente una parte del Paese e che ha assunto, in alcune regioni, dimensioni tragiche. Raccomando a Dio le vittime; assicuro la mia partecipazione alle famiglie provate; faccio voto che siano aiutati al più presto coloro che si trovano in uno stato di miseria insostenibile. Insieme, chiederemo al Signore dei cieli e della terra di dare a ognuno il pane quotidiano. Gli affideremo inoltre gli sforzi e le iniziative degli uomini e delle donne del Rwanda per proteggere e salvaguardare la loro terra. Effettivamente il loro patrimonio più ricco è proprio questa terra da cui deriva il loro sostentamento.


5. Cattolici del Rwanda, sono molto felice di trovarmi in questo Paese africano in cui il Vangelo è stato accolto con entusiasmo e in cui la fede è progredita velocemente. Conosco inoltre la vostra fedeltà alla Chiesa ed il vostro attaccamento al Successore di Pietro. Che Dio vi benedica e vi protegga! Lo Spirito Santo, dopo aver conquistato a Gesù i cuori di tanti uomini e donne del Rwanda, continua a favorirli con numerosi doni; una fede viva, liturgie ferventi, amore per la Parola di Dio, sete di conoscenza fra i giovani, e desiderio di collaborare con tutti al servizio del bene comune, in una buona intesa fra la Chiesa e lo Stato.

Certamente l'annuncio della Buona Novella deve continuare affinché il messaggio di Cristo penetri sempre più profondamente nei cuori. I fedeli laici, che già numerosi garantiscono i servizi e i ministeri nelle comunità cristiane, sono incoraggiati a perfezionare la propria formazione e a migliorare ancora la propria collaborazione con i loro Pastori. Sacerdoti, religiosi e religiose sono essi stessi chiamati a rinnovarsi per affrontare le sfide del momento attuale, dedicandosi interamente al servizio dell'apostolato, o rendendo una testimonianza autentica con la loro vita consacrata. Infine, è auspicabile una lucida inculturazione della fede e questa sarà compito di tutti affinché le mentalità ed i costumi siano permeati dal Vangelo.

Mi auguro ardentemente che la mia visita costituisca per tutti i cattolici di questo Paese l'occasione per una presa di coscienza ancora più chiara delle loro responsabilità personali di cristiani, nella Chiesa e nella società del Rwanda. Che nei loro rapporti quotidiani, vivano generosamente la loro fede ed irradino intorno ad essi l'amore di Cristo!


6. Nell'iniziare questo viaggio vorrei rivolgere anche un saluto cordiale ai nostri fratelli e alle nostre sorelle cristiane che appartengono ad altre comunità ecclesiali, ed ugualmente ai credenti di altre religioni. Assicuro, loro che vengo qui come uomo di dialogo e messaggero di pace.


7. Signor Presidente della Repubblica, le rinnovo la mia gratitudine e tutti i miei auguri per lei e per il suo caro Paese.

Alle personalità qui presenti rivolgo il mio ringraziamento per la calorosa accoglienza.

Che Dio benedica il Rwanda e lo conservi nella concordia e nella pace, concedendo ad ognuno ciò di cui ha bisogno! (Traduzione dal francese)

Data: 1990-09-07

Venerdi 7 Settembre 1990

Durante la visita alla cattedrale - Kigali (Rwanda)

Titolo: La cattedrale è un luogo privilegiato di comunione e di riconciliazione

Cari fratelli e sorelle, Sono molto contento di salutarvi nella vostra cattedrale, e ringrazio Monsignor Vincent Nsengiyumva, Arcivescovo di Kigali, per avermi accolto in essa.

La cattedrale è il primo luogo di raccolta per la Chiesa particolare intorno al Vescovo. E' un segno e la sua presenza visibile ci ricorda che i battezzati sono invitati a formare un vasto edificio spirituale. Ogni fedele è una pietra vivente di questo edificio e il suo ruolo è insostituibile. Venendo al cuore stesso della Chiesa diocesana, ognuno può riprendere coscienza più vivamente del contributo atteso da lui affinché esso risponda sempre meglio alla sua missione.

La cattedrale è un luogo privilegiato di comunione e di riconciliazione nel Signore, grazie alla Parola di Dio che si ascolta insieme e grazie all'Eucaristia che si celebra insieme. La mia prima preghiera, mentre inizio la mia visita pastorale in questo Paese, è di chiedere al Signore che vi conservi tutti nella pace, uniti come membri di una stessa famiglia.

Vengo da Roma come pellegrino. Desidero confermarvi nella fede. Domani, avro la gioia di ordinare dei nuovi sacerdoti che saranno al servizio del Popolo di Dio. Con loro, continuerete a costruire la Chiesa nel Rwanda, una Chiesa sempre più viva, per la gloria di Dio e il bene della vostra patria! Esprimo il mio sincero e doveroso ringraziamento a tutta la città di Kigali, perché lungo il percorso dall'aeroporto alla cattedrale ho incontrato una folla immensa di cittadini, di cristiani, che mi hanno riservato una calorosa accoglienza. Il mio sentito e meritato grazie, è rivolto a tutta la città e a tutta la Nazione, per aver così espresso i propri sentimenti nei confronti di questa visita. Desidero estendere la benedizione che impartiro a voi qui presenti, anche a tutti coloro che ho già incontrato, a tutti gli appartenenti alla grande comunità nazionale, e soprattutto ai membri della Comunità della Chiesa Cattolica del Rwanda.

Ricevete la mia Apostolica Benedizione.

(Traduzione dal francese)

Data: 1990-09-07

Venerdi 7 Settembre 1990

Al Corpo Diplomatico in Nunziatura - Kigali (Rwanda)

Titolo: Ogni popolo ha il diritto di vedere rispettata la sua dignità

Eccellenze, Signore e Signori,


1. Nel cominciare oggi la mia visita pastorale in Rwanda, sono felice dell'occasione che mi si offre di incontrare il Corpo diplomatico e consolare, come anche i rappresentanti delle Organizzazioni internazionali presenti in questa capitale. Sono lieto delle parole di benvenuto che mi sono state appena indirizzate a nome di tutti, e ve ne ringrazio.

La vostra presenza manifesta la simpatia della comunità internazionale per il popolo rwandese, le cui qualità tradizionali sono riconosciute da tutti. In un contesto naturale degno d'ammirazione, formando una comunità culturale unita da strutture nazionali di antica tradizione, esprimendosi in una stessa lingua comune, i rwandesi danno prova di una capacità d'accoglienza, di un senso della misura nonché di una volontà di progresso che suscitano una stima ampiamente condivisa. E pur vero che questo Paese ha conosciuto in questi ultimi decenni molti tormenti, e che il suo sviluppo si scontra duramente con le difficoltà connesse alla congiuntura economica e alle condizioni naturali. Ancora di recente, la carestia ha colpito alcune regioni del Paese. L'erosione del suolo è preoccupante, dal momento che si tratta di tenere in vita una popolazione densa.

Lo sfruttamento delle risorse del sottosuolo e di altre produzioni non possono compensare le carenze dell'agricoltura.


2. Questo dice quanto la solidarietà internazionale è necessaria affinché questo popolo possa conoscere lo sviluppo al quale esso aspira legittimamente. Voi ne siete i testimoni coscienti e attivi. Il vostro ruolo di rappresentanti di Paesi vicini, di Paesi del "Nord" sviluppato o di istituzioni internazionali vi porta ad approfondire il senso e la portata di questa solidarietà.

Presente in tutti i continenti, la Chiesa Cattolica non intende, come sapete, trattare direttamente i problemi tecnici, ma è suo dovere attirare incessantemente l'attenzione dei responsabili e di tutti gli uomini di buona volontà sulla necessità di arrivare a costruire un'autentica comunità dei popoli.

Nessuno di essi può essere lasciato da parte. La vita, la salute, l'educazione, la pace sono dei beni che non devono essere rifiutati a nessuno. Ogni popolo ha il diritto di vedere rispettata la sua dignità, la sua cultura, il libero esercizio delle sue responsabilità.

Non ci stancheremo di ripetere che l'umanità è sostanzialmente una, e che la povertà e la sofferenza di una parte troppo grande dei suoi membri non possono essere ignorate. Non è stato forse constatato chiaramente, nel corso degli ultimi anni, che l'azione di organismi specializzati, pur indispensabile, non può giungere al miglioramento delle condizioni di vita dei più svantaggiati senza la partecipazione attiva dei beneficiari e il sostegno dell'opinione pubblica? Sembra che si cominci a rendercisi maggiormente conto, che la terra è un bene comune che conviene proteggere. Ma viene sufficientemente valutato che un'esistenza decente, con un minimo di sicurezza, costituisce un diritto comune e che è un dovere comune di assicurarla ad ognuno su tutte le terre del pianeta? Le vostre missioni, riguardanti le relazioni tra le Nazioni e la cooperazione verso i Paesi di cui siete ospiti vi portano a constatare l'urgenza della solidarietà umana al di là delle frontiere. Possiatene esserne testimoni convincenti presso i vostri concittadini!


3. Il mio viaggio in tre Paesi di questa regione dell'Africa attira la mia attenzione su alcune preoccupazioni che vi sono ben note, e riguardo alle quali vorrei incoraggiare gli sforzi congiunti di partner vicini gli uni agli altri.

In primo luogo, penso ai problemi che si sono creati in seguito agli spostamenti di popolazione avvenuti in occasione di scontri dolorosi nel corso degli ultimi decenni. Mi auguro di tutto cuore che si arrivi, grazie a un dialogo franco e sincero, a sanare le antiche ferite e a trovare una soluzione equa a un problema di cui nessuno ignora la complessità. Mi auguro inoltre che al Rwanda non manchi l'aiuto di Paesi amici, in particolare per favorire l'accoglienza o l'insediamento di persone che non hanno ancora trovato una sistemazione stabile, in un ambiente in cui esse possano avere i mezzi di cui vivere in tutta tranquillità.

Da un altro punto di vista, sembra che una accentuata cooperazione a livello regionale sarebbe di vantaggio allo sviluppo economico di diversi Paesi.

La messa in opera concreta di progetti concepiti in comune sosterrà l'attività, di tutti, sia nei settori tecnici dei trasporti, della commercializzazione dei prodotti di base, del credito, o dei programmi di ricerca scientifica adattati al necessario progresso della produzione agricola, alla lotta contro le malattie e alla loro prevenzione, per non citare che alcuni esempi di situazioni particolarmente urgenti.

Voi conoscete bene l'interesse che la Chiesa ha per tutto quello che riguarda la formazione dei giovani. Anche su questo punto, auspico che i Paesi di questa regione dispongano dei mezzi sufficienti per dare ai loro giovani non soltanto una educazione scolare di base, ma anche per portare il più grande numero possibile dei loro figli e delle loro figlie al livello di competenza che farà di loro degli operatori efficaci dello sviluppo, nonché i portatori di una cultura che potrà mantenersi viva solo grazie alla feconda unione del patrimonio ancestrale con i migliori contributi dall'esterno.

In tutti questi campi, è chiaro che la libera circolazione delle persone, in un clima di sicurezza e di collaborazione, favorirà il progresso sperato. D'altra parte, come auspicato dai Governi di questa regione, il concorso materiale delle Nazioni più favorite e gli scambi di informazioni scientifiche e tecniche accelereranno delle realizzazioni ancora frenate dalla povertà.


4. Attraverso queste brevi osservazioni, traspaiono delle convinzioni essenziali per la Chiesa Cattolica. Tramite la cooperazione e la comprensione reciproche, gli uomini devono avere la garanzia di veder rispettati i loro diritti e di godere della pace, che è inseparabile dalla giustizia. Partner uguali in dignità, è giusto che essi si aspettino dai loro fratelli e sorelle del mondo un sostegno reale, esente da qualunque pressione sulla loro spiritualità - così presente nel cuore degli africani - come anche sul libero esercizio delle loro responsabilità inalienabili, in particolare sul piano familiare.

Signore e Signori, nel concludere il mio discorso, vorrei rinnovare l'espressione della mia profonda stima verso coloro che operano per dare ai rapporti tra le Nazioni quel carattere realmente umano che le rende benefiche per la realizzazione degli individui e alla convivenza tra tutti.

Nel porgervi i miei migliori auguri per un felice svolgimento delle vostre missioni in questo Paese, invoco su di voi e sui vostri cari la Benedizione di Dio.

(Traduzione dal francese)

Data: 1990-09-07

Venerdi 7 Settembre 1990


GPII 1990 Insegnamenti - Messaggio ad ammalati e infermieri - Bujumbura (Burundi)