GPII 1990 Insegnamenti - Radiomessaggio ai contadini del Rwanda - Kigali (Rwanda)

Radiomessaggio ai contadini del Rwanda - Kigali (Rwanda)

Titolo: Siate i protagonisti del vostro stesso sviluppo

Cari amici, contadini del Rwanda,


1. E' per me motivo di grande gioia essere nella vostra bella terra. Sono venuto per salutare tutta la popolazione ed incontrare le comunità cristiane. Vorrei rivolgerrni a tutti gli abitanti di questo Paese.

Oggi, voglio rivolgere un messaggio particolare ai contadini ed alle contadine che costituiscono la maggior parte della popolazione. Avrei desiderato recarmi sulle vostre colline, visitare i vostri campi, essere accolto nelle vostre case, ma la mia troppo breve permanenza nel vostro Paese non me lo permette.


2. Siate certi, cari contadini e care contadine del Rwanda, che conosco la vostra situazione. Voi fate vivere questo Paese, voi siete la sua grande forza. Grazie a voi, il Rwanda va avanti. Siete voi ad essere i principali responsabili del progresso del vostro Paese con il vostro lavoro e la vostra produzione agricola.

Siate felici di ciò che fate! Siate fieri di quello che siete! Ma conosco anche le numerose difficoltà che incontrate. Il vostro lavoro non è facile e i vostri sforzi sono spesso contrastati da sfavorevoli condizioni materiali ed economiche. Abitate numerosi in queste terre sempre più impoverite.

Il suolo che coltivate si consuma col passare degli anni a causa dell'erosione e la mancanza di fertilizzanti. Le piogge sono a volte troppo abbondanti e, in altri momenti, sono crudelmente assenti. Le malattie possono attaccare le vostre colture ed il vostro bestiame. Il compenso che ricevete per i prodotti dei vostri campi non è sempre proporzionale al vostro lavoro ed ai vostri bisogni. L'ambiente internazionale vi è anch'esso sfavorevole. E' con grande tristezza che ho saputo della carestia che ha colpito il vostro Paese in questi ultimi mesi. Sappiate che il Papa ammira il vostro coraggio nella lotta quotidiana che conducete per il benessere delle vostre famiglie e del vostro Paese.


3. I problemi che dovete affrontare sono complessi. Non vi sono soluzioni semplici. E affinché la vostra situazione migliori, c'è bisogno dell'accordo di tutti. Ma è principalmente a voi contadini e contadine del Rwanda che compete di essere i protagonisti del vostro stesso sviluppo. E' importante che vi sappiate organizzare per far ascoltare la vostra voce, per esprimere le vostre aspettative.

So che, tradizionalmente, nel Rwanda la solidarietà svolge un ruolo importante in seno al mondo contadino. Ora che tutti si trovano alle strette, l'intesa diviene più difficile. Ognuno, arrivato ai limiti delle proprie possibilità di sopravvivenza, trova più difficile aiutare l'altro. Vi esorto a compiere degli sforzi per ritrovare ed intensificare la vostra solidarietà contadina, per sviluppare fra voi il senso di partecipazione. Essere solidali, significa impegnarsi personalmente e con altri in un progetto comune. Insieme, voi potrete ottenere che i vostri diritti vengano rispettati e che vi sia assicurato un maggiore spazio di libertà. La terra è la vostra principale ricchezza e vi permette di vivere. Bisogna proteggerla dal degrado e dall'usura. Prendete iniziative mirate a migliorarne il rendimento.


4. Ed è tutta la popolaziane del Rwanda che deve essere solidale come voi. E' una questione di giustizia. Lo Stato deve facilitarvi l'accesso a tutti i servizi pubblici. E' importante che possiate dare ai vostri figli una buona istruzione scolastica, in particolare perché essi acquisiscano una competenza professionale e perché siano preparati a valorizzare le loro terre diversificando produzioni alimentari utili e fruttuose. Avete ugualmente diritto ai centri di sanità, ai servizi sociali, ai crediti bancari, ai servizi amministrativi. Bisogna evitare che aumentino le distanze e le ineguaglianze fra la città e la campagna.

La comunità internazionale deve, anch'essa, occupandosi della giustizia, contribuire allo sviluppo del mondo contadino. Innanzitutto garantendo lo smercio delle colture industriali e pagando un giusto prezzo per quelle colture che trasforma per suo maggiore profitto. Bisogna che i progetti di sviluppo nell'ambiente rurale non vengano deviati dal loro obbiettivo e che essi sostengano realmente i contadini nei loro sforzi. La comunità internazionale deve rimanere ugualmente disponibile per un aiuto umanitario nei momenti di difficoltà.


5. Il Vangelo è una Buona Novella per tutti e anche per i contadini delle Mille Colline che lavorano allo sviluppo del proprio Paese. Agli occhi di Dio siete grandi, siete importanti. Gesù, per tutta la sua vitu, è stato vicino alla gente semplice. Egli si è mescolato alle loro vite. I suoi discorsi e le sue parabole sono segnati da una conoscenza familiare della cultura della terra. Sull'esempio di Gesù, la Chiesa deve essere vicina ai contadini. Sacerdoti, religiosi, religiose desiderano condividere le preoccupazioni e le speranze dei contadini, essere all'occasione i loro portavoce, impegnarsi al loro fianco in alcune attività di sviluppo. Per le comunità cristiane, che sono luoghi di ascolto del Vangelo, di preghiera e di comunione, è naturale vivere una solidarietà fraterna con tutti.

Passando vicino alla parrocchia di Kamonyi, benediro una statua della Vergine Maria, Madre di noi tutti. La prego perché essa porti a suo Figlio Gesù le preoccupazioni e le speranze di tutti voi, cari contadini e contadine del Rwanda.

Che il Signore vi benedica e vi accompagni nei vostri lavori quotidiani! Che mantenga viva in voi la speranza di un mondo migliore! (Traduzione dal francese)

Data: 1990-09-08

Sabato 8 Settembre 1990

Ordinazioni sacerdotali, spianata di Mbare - Kabgayi (Rwanda)

Titolo: Il sacerdote annuncia il Vangelo, dispensa i misteri di Dio, edifica la comunione ecclesiale

Cari fratelli e sorelle,


1. "Si è avvicinato a noi il Regno di Dio" (Lc 10,9). Questo è il gioioso messaggio che Gesù ha affidato ai suoi discepoli, come abbiamo udito dal Vangelo che ci è appena stato proclamato. Questa è la Buona Novella da diffondere su tutta la terra. Nella scia degli Apostoli di Cristo, ve la porto a mia volta oggi, da pellegrino che viene da Roma! Dio sia benedetto! Egli è con noi grazie al suo Regno che viene! Sia benedetto per la sua presenza amorosa e vivificante in questo mondo! Sia benedetto per la solenne assemblea di questo giorno! Al momento di prendere la parola, prima del rito dell'ordinazione, vorrei anzitutto ringraziare Monsignor Thaddée Nsengiyumva, Vescovo di Kabgayi, per le calorose espressioni di benvenuto che mi ha rivolte all'inizio di questa Messa.

Ai Signori membri del Governo e alle personalità che li circondano presento i miei deferenti saluti e li ringrazio per la loro presenza a questa celebrazione liturgica.

Rivolgo un cordiale saluto ai rappresentanti di altre confessioni cristiane e di altre tradizioni spirituali venuti qui tra noi.

Saluto in modo particolare i miei fratelli Vescovi, quelli del Rwanda e quelli dei Paesi vicini. Infine, a ciascuno ed a ciascuna di voi, vorrei rivolgere un saluto moIto cordiale: ai sacerdoti, ai religiosi, alle religiose, ai seminaristi, ai novizi e a tutti i fedeli laici che compongono questa splendida assemblea.

Un cordiale buongiorno! Dio vi protegga!


2. In questo giorno benedetto della natività di Nostra Signora, in cui celebriamo l'aurora della salvezza, rendo grazie a Dio per il dono di suo Figlio, nato dalla Vergine Maria. Allo stesso tempo, rendo grazie per il dono del sacerdozio che prolunga, in certo qual modo, il dono del Figlio.

Ringrazio il Signore per le numerose vocazioni rwandesi e, in particolare, per le famiglie cristiane che favoriscono lo sbocciare di queste vocazioni, grazie alla loro stima e al loro amore per il sacerdote e per la persona consacrata.

In questa felice circostanza, mi piace rievocare il meritorio lavoro dei primi missionari: in particolare, i primi Vescovi di Kabgayi, Monsignor Hirth, Monsignor Classe e Monsignor Deprimoz, che hanno formato il clero indigeno e creato le congregazioni locali: le Bayozefiti, le Benebikira e le Bizeramariya.

Infine, lodo il Signore per la presenza, in Rwanda, di comunità contemplative che testimoniano l'assoluto di Dio e che mantengono, nel cuore degli uomini e delle donne di oggi, il senso dell'adorazione, condiviso da tanti credenti su questo continente africano.


3. Il Regno di Dio è vicino, ci dice Gesù Cristo. Infatti, con Lui e in Lui, il Regno di Dio è vicino alla storia umana. Il Padre gli ha affidato questo Regno, e Lui, il Figlio, facendosi uomo, lo ha affidato prima di tutto agli Apostoli.

Tramite gli Apostoli, ha affidato il Regno di Dio alla Chiesa nel corso dei secoli. Nella Chiesa, lo ha affidato a noi: ad ogni uomo, ai popoli e alle Nazioni di tutta la terra.

Portiamo in noi il Regno di Dio come eredità di Cristo e, allo stesso tempo, come un compito da adempiere e come premessa del compimento definitivo. Il Regno di Dio è già in mezzo a noi. E nello stesso tempo, ogni giorno preghiamo perché esso venga. Come abbiamo appreso dal Salvatore e secondo il suo comando, nel "Padre Nostro" diciamo: "Venga il tuo Regno".

In questa preghiera, la Chiesa sulla terra rwandese si unisce alla Chiesa di tutta la terra.


4. Poiché il Regno di Dio si presenta come un dovere da compiere, bisogna che questo compito sia assunto da uomini. Il Regno di Dio è simile a una mietitura: questa non si può fare senza il concorso dei mietitori.

Chi sono questi operai chiamati a lavorare alla mietitura? I primi, furono gli Apostoli di Cristo. Ma già, oltre agli Apostoli, il Signore aveva inviato altri missionari, come ci ricorda la lettura del Vangelo di Luca ascoltato oggi: settantadue discepoli, ai quali furono affidate precise istruzioni sul loro comportamento durante lo svolgimento del loro apostolato (cfr. Lc 10,1-9).

Chi sono oggi questi operai del Regno di Dio, chiamati a lavorare alla mietitura? Sono tutti i discepoli di Cristo, tutti i battezzati, qualunque sia il loro stato, qualunque sia la loro professione.

Ma la grande mietitura del Regno di Dio sulla terra chiede degli uomini che abbiano ricevuto una vocazione particolare, che siano chiamati a un servizio specifico nella Chiesa.

Oggi, ho la gioia di ordinare sacerdoti un gruppo numeroso di figli della Chiesa in Rwanda e nello Zaire, che sono chiamati a questo ministero essenziale alla vita del Popolo di Dio.

Uomo del sacro, testimone dell'Invisibile, portavoce di Dio rivelato in Gesù Cristo, il sacerdote deve essere riconosciuto come tale. Perché egli ha una triplice missione: - egli annuncia la Buona Novella per far conoscere Gesù Cristo e mettere i fedeli in vera relazione con Lui grazie ad una fede sempre in progresso e ad impegni apostolici concreti; - egli è dispensatore dei misteri di Dio: in particolare l'Eucaristia e la Riconciliazione. Per tali ministeri, i laici non possono essere delegati.

Occorre l'ordinazione sacerdotale. La celebrazione dell'Eucaristia spetta esclusivamente ai sacerdoti: e noi sappiamo tutto ciò ehe rappresenta l'Eucaristia per il Popolo di Dio! - infine, egli edifica la comunione ecclesiale: è il sacerdote che assicura l'unione della famiglia di Dio. Il suo sacerdozio gli conferisce il potere di condurre il popolo sacerdotale. In unione con i Vescovi, i sacerdoti partecipano all'unico sacerdozio di Cristo e all'unità del ministero nella sua Chiesa. Essi sono degli ausiliari e dei consiglieri indispensabili dei Vescovi, che vedono in essi dei "fratelli e degli amici" (cfr. PO 7).


5. I candidati di oggi all'ordinazione sacerdotale devono meditare bene nel loro cuore le parole dell'Apostolo Pietro agli "anziani"! Noi le abbiamo sentite nella seconda lettura di questa Messa. Pietro dà il titolo di "anziani" ai Pastori, non tanto a causa della loro età, ma a motivo della funzione che devono assolvere.

Si tratta della funzione pastorale. L'Apostolo spiega loro chiaramente come bisogna compiere questo dovere. Mostra ad essi il senso della funzione di Pastore della Chiesa. Chiede loro di adempierla con dedizione. Rivolge il loro sguardo verso il modello più perfetto di Pastore: Colui che ha dato la vita per le sue pecore.

Il Cristo, Pastore eterno, giudicherà ciascuno di noi sull'esercizio del ministero pastorale. Davanti a lui, dovremo rendere un conto definitivo di questo servizio. L'Apostolo scrive questo perché anch'egli è un anziano, perché è testimone delle sofferenze di Cristo: "Esorto gli anziani che sono tra voi, quale anziano come loro, testimone delle sofferenze di Cristo" (1P 5,1).


6. Quando si sta per ricevere il sacramento dell'Ordine, si può provare un certo timore ascoltando il programma dato da San Pietro ai Pastori del gregge di Dio.

Comprendiamo le reazioni del profeta Geremia, evocate nella prima lettura.

Chiamato da Dio, Geremia cerca di ostacolare la chiamata e comincia con il cercare delle scuse: "Ahimè, Signore Dio, ecco io non so parlare, perché sono giovane" (Jr 1,6).

Ma il Signore gli risponde: "Non temere, perché io sono con te" (cfr. Jr 1,8).

Certamente, la vocazione sacerdotale è un grande dono di Dio. Essa ha la sua sorgente in Lui: "Prima di formarti nel grembo materno... ti avevo consacrato" (Jr 1,5). E' da Dio che viene la vocazione particolare di servire Dio. Appartiene all'uomo apprezzare il dono di Dio e accoglierlo con una grande fiducia nella grazia del Signore, conferita dal sacramento dell'Ordine. Cantando insieme le litanie dei Santi, chiederemo l'aiuto quotidiano di quelli e di quelle che hanno lavorato prima di noi per la venuta del Regno. Quando imporremo le mani sugli ordinandi, con i Vescovi e i sacerdoti, lo Spirito di santità sarà dato loro, nel più profondo di se stessi.

Quando ci si è decisi ad andare alla mietitura, è normale accettare la fatica del mestiere di mietitore, contemporaneamente alla chiamata, perché il Signore ha promesso di ricompensare coloro che hanno lasciato tutto per seguirlo.

I primi missionari, che ho ricordato all'inizio di questa omelia, non hanno temuto di fare i grandi sacrifici loro chiesti in nome del Vangelo. In condizioni molto difficili, hanno faticato per far conoscere e amare Gesù Cristo, rinunciando alla loro famiglia e alla loro patria che non potevano più rivedere come invece si può fare oggi.

Sull'esempio di questi grandi pionieri nel lavoro apostolico, i sacerdoti di oggi non esitino a prendere la croce che devono portare tutti coloro che seguono il Cristo! Sono richiesti loro dei sacrifici: per esempio, il rifiuto di un certo benessere materiale, la ricerca di uno stile di vita semplice, la volontà di essere fedeli alla preghiera nonostante la molteplicità delle occupazioni della giornata; è soprattutto la volontà di combattere energicamente ogni segregazione basata sui gruppi sociali e di essere, a qualunque costo, degli artefici di riconciliazione e di pace.

Per far fronte alle esigenze della vita apostolica e per perseverare nel ministero sacerdotale, i sacerdoti dovrebbero cercare una certa forma di vita comunitaria; le migliori tradizioni familiari africane possono d'altronde ispirarla.


7. Inviando i suoi discepoli ad annunciare il Regno di Dio, Cristo, da Buon Pastore, diceva: "La messe è molta, ma gli operai sono pochi. Pregate dunque il padrone della messe perché mandi operai per la sua messe" (Lc 10,2).

Il nostro incontro eucaristico di oggi sia una grande preghiera per gli operai della messe del Regno di Dio! Non solo qui, in Rwanda, non solo nello Zaire e in tutto il continente africano, ma anche in tutte le parti del mondo! Questa è una delle più grandi necessità della Chiesa.

Occorre quindi che Cristo tocchi i cuori di molti giovani e che tocchi anche molte bocche ponendovi le sue parole: "Ti metto le mie parole sulla bocca" (Jr 1,9). Bisogna che egli consacri molte mani come quelle di questi Rwandesi e Zairesi che stanno per ricevere la santa unzione.

E' necessario perciò che dei cuori di giovani, delle bocche di giovani, delle mani di giovani, delle vite di giovani, rispondano "si" a Cristo, si per tutta la loro esistenza. "La messe è abbondante".


8. Nostra Signora della Fedeltà, tu che incessantemente "cercavi il volto del Signore", tu che hai accettato il mistero e che l'hai meditato nel tuo cuore, tu che sei vissuta in accordo con la tua fede ardente, ti preghiamo per coloro sui quali imporremo le mani, aiutali a conservare i loro impegni, da buoni e fedeli servitori, fino alla fine della loro vita! Noi te lo chiediamo in questo giorno in cui la Chiesa celebra la tua Natività. Per mezzo tuo è venuto a noi il Sole di Giustizia, il Cristo nostro Dio.

Così sia! (Il Papa si è ancora rivolto all'assemblea dei fedeli con queste parole:) Cari fratelli e sorelle, Il Signore ci ha parlato oggi della messe e io ho pensato con voi alla vostra terra rwandese, ho pregato con voi affinché non manchi mai la messe in questa terra, messe con la quale Cristo nutre voi stessi, le vostre famiglie, i vostri figli che voi amate tanto.

Abbiamo celebrato la mietitura spirituale ed ecco che dei nuovi Sacerdoti esprimono questo mistero spirituale della messe. Cristo riempia la loro missione. Oggi la Chiesa del Rwanda canta "alleluia" con essi, canta "alleluia" tramite le voci di questi bambini, questi danzatori che hanno cantato e danzato, "alleluia" per rendere gloria alla Vergine nel giorno della festa della sua entrata nel mondo.

Miei cari figli e fratelli, sacerdoti novelli, vi auguro con tutti i presenti, i Cardinali, i Vescovi e i sacerdoti, tutti i presbiteri, missionari e nativi del Rwanda, vi auguro di andare a compiere la vostra missione, portando il nome di Maria nei vostri cuori e anche nelle vostre parole, nel vostro ministero; e che Dio il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo che è tanto con lei, sia sempre con voi.

Ringraziamo il Signore per la serena giornata che ci ha concesso qui, sulla terra rwandese.

(Traduzione dal francese)

Data: 1990-09-08

Sabato 8 Settembre 1990

Durante la visita alla cattedrale - Kabgayi (Rwanda)

Titolo: Maria nuovo modello femminile

Cari fratelli e sorelle, Vi rivolgo un saluto di tutto cuore in questa Cattedrale intitolata alla Vergine Immacolata. Sono felice di incontrarvi proprio in questo luogo. Sono venuto per azione della grazia a raccogliermi in preghiera sulle tombe dei primi tre Vescovi missionari del Rwanda, Monsignor Hirth, Monsignor Classe e Monsignot Déprimoz e degli altri pionieri dell'evangelizzazione del Rwanda.

Ringraziamo il Signore per questi messaggeri della Buona Novella che hanno fatto maturare la buona terra del Rwanda.

Nella vostra chiesa, oggi 8 settembre, Natività di Maria Santissima, festeggiamo la Vergine, nuovo modello femminile del cristianesimo che riassume in sé le qualità più salienti della condizione femminile, come vergine, sposa e madre. Noi la preghiamo per tutte le donne del Rwanda, affinché venga riconosciuta loro la dignità della missione di spose e di madri e il diritto di partecipare alla vita sociale e al progresso della Nazione.

Saluto cordialmente le religiose qui presenti e le invito a nutrirsi ogni giorno della Parola di Cristo, per mettersi generosamente al servizio della Chiesa, nel segno di Maria. Portate il mio messaggio, al di là di queste rnura, ai carcerati di questo Paese.

Cari fratelli, nel periodo difficile che attraversate, vi auguro di trovare le vie di una chiara riconciliazione, con Dio e con i vostri fratelli e le vostre sorelle. Affidatevi all'aiuto della Madre di Dio che è sempre fedele. Che essa vi aiuti a ritrovare, quando sarà il momento, il vostro ruolo nella famiglia e nella società.

Prima di terminare questo breve discorso, vorrei esprimere la grande gioia provata nell'incontrare in questa cattedrale il Vescovo che, per così lungo tempo, è stato il vostro Pastore missionario, Monsignor Perraudin, che ho incontrato molte volte. Egli resta per me l'emblema stesso del Vescovo missionario. Dio benedica Monsignor Perraudin, Arcivescovo-Vescovo di Kabgayi, così legato, nel cuore e nell'anima a questo Paese, a questa Chiesa, a questa cattedrale.

A tutti voi qui presenti imparto di tutto cuore la mia Benedizione Apostolica come atto collegiale.

(Traduzione dal francese)

Data: 1990-09-08

Sabato 8 Settembre 1990

A funzionari nello stadio di Nyamirambo - Kigali (Rwanda)

Titolo: Siete corresponsabili della missione della Chiesa

Signore e Signori, Intellettuali del Rwanda al servizio della Nazione,


1. Vi ringrazio vivamente per aver organizzato questo incontro. Grazie in particolare, a Monsignor Ruzindana nonché al vostro rappresentante, per le loro parole di benvenuto e le loro presentazioni. Sono felice di potermi rivolgere all'insieme del mondo cristiano della cultura e della funzione pubblica, la cui influenza è notevole sulla vita degli uomini e delle donne del Rwanda.

Vorrei anzitutto rendere grazie a Dio per il dinamismo e la vitalità delle vostre comunità. La rapida crescita del Popolo di Dio tra voi, l'esperienza della fede, il senso comunitario, sono motivi di gioia, di speranza e di fiducia.

Rendo qui un sentito omaggio alle generazioni di missionari che hanno coraggiosamente lavorato per gettare i semi del cristianesimo. Essi hanno contribuito alla vostra scoperta di Gesù Cristo e alla vostra presa di coscienza della luce che il Vangelo proietta sull'uomo.


2. Nell'avvicinarsi del centenario dell'evangelizzazione del vostro Paese, è normale voler fare un bilancio. E conviene ringraziare Dio per i doni ricevuti che hanno portato i frutti che vediamo intorno a noi: il popolo cristiano esiste; è vivo, ben disposto e generoso. D'altronde, nonostante le prove che avete conosciute, da un certo tempo beneficiate della pace civile. Vi è una buona intesa tra il Governo e la Chiesa. Inoltre, la vostra Nazione è rispettata nel mondo internazionale. Ma è ancora una giovane Nazione nella quale ci si sforza di promuovere il senso del bene comune e un servizio alla patria onesto e disinteressato.

Anche la Chiesa è giovane. Essa è chiamata a svilupparsi, ad assumere tutte le sue responsabilità, a dare la sua testimonianza specifica, nel rispetto delle persone.

Si può dire che in Rwanda un buon numero di cristiani sono arrivati a trovare un'armonia tra la loro fede e la maniera rwandese di vedere e di fare le cose. Si è prodotta, in un certo senso, una inculturazione spontanea. Certo, è vostro compito perseguire l'intima trasformazione dei vostri autentici valori culturali con la loro integrazione nel cristianesimo. così, per dirlo in altri termini, il cristianesimo si radicherà più profondamente nella vostra cultura.

Sarà anche, nell'ambito del continente africano, uno degli obbiettivi dell'Assemblea Speciale per l'Africa del Sinodo dei Vescovi, la cui preparazione è in corso. Vi incoraggio a entrare in questo grande movimento sinodale che interessa ciascuno e ciascuna di voi. Fate in modo che le vostre riflessioni e le vostre esperienze, riunite e confrontate, giungano ai Vescovi delegati a questa Assemblea sinodale, affinché possano discernere meglio le vie della Chiesa per il compimento della sua missione nei Paesi africani.


3. Un nuovo slancio deve dunque essere dato all'opera mai compiuta dell'evangelizzazione, ed è importante che le forze vive della Chiesa - di cui voi fate parte - abbiano a cuore l'acquisizione di una profonda conoscenza del Vangelo. Lo studio del messaggio di Cristo apporterà alla vostra vita maggiore unità e vi darà una più grande serenità.

Cari fratelli e sorelle, sforzatevi di arrivare all'unità interiore della vostra personalità, in modo tale che non vi sia differenza e rottura tra la vostra vita di cristiani e la vostra vita di cittadini. Non ci dovrebbero essere due vite parallele: da una parte la vita che si definisce "spirituale" e, dall'altra, quella che si chiama "temporale", ossia la vita di famiglia, il lavoro, i rapporti sociali, l'impegno politico, le attività culturali.

Il Concilio Vaticano II ha espressamente esortato "i cristiani, che sono cittadini dell'una e dell'altra città, di sforzarsi di compiere fedelmente i propri doveri terreni, facendosi guidare dallo Spirito del Vangelo" (GS 43). E ancora: "Il laico, che è simultaneamente fedele e cittadino, deve continuamente farsi guidare dalla sua unica coscienza cristiana" (AA 5).


4. Nell'esortazione Christifideles Laici, che vi invito a meditare, sono state sviluppate tre idee fondamentali, esse precisano i tratti della vostra vocazione di laici.

La Chiesa è un mistero, essa si collega al mistero unico di Dio: essa è chiamata a vivere la comunione stessa di Dio. All'interno di questa comunione ecclesiale si rivela l'identità dei fedeli laici: una identità conferita dal battesimo, che trova il suo prolungamento nella Confermazione e la sua realizzazione nell'Eucaristia, i sacramenti dell'iniziazione cristiana. La dignità battesimale, comune a tutti coloro che hanno ricevuto questo sacramento, fonda la loro eguaglianza. Gli intellettuali non formano una classe a parte dal punto di vista ecclesiale. La loro appropriata formazione li aiuta a porsi generosamente a servizio della comunità cristiana, essendo la loro intelligenza illuminata dai doni spirituali ricevuti. La vocazione battesimale laica si esprime particolarmente con il suo carattere secolare, che si deve comprendere nel suo senso teologico, cioè come partecipazione all'opera della creazione e alla liberazione dall'influsso del peccato. I laici sono chiamati alla santità nel mondo, una santità che passa attraverso l'orientamento evangelico della loro azione per la santificazione del mondo.


5. I fedeli laici, a motivo della loro dignità battesimale, nella Chiesa sono dei soggetti attivi e responsabili. Il luogo della loro partecipazione è la Chiesa particolare, concretamente prima di tutto la parrocchia. Questa è una comunità di fede, una comunità eucaristica, una comunità strutturata. L'impegno apostolico nella parrocchia deve tendere all'approfondimento della comunione ecclesiale dei suoi membri e allo sviluppo del loro apostolato missionario.

A voi, cari fratelli e sorelle nella fede, l'impegno di svolgere il ruolo che vi compete nell'evangelizzazione, nell'animazione della comunità ecclesiale e anche nella sua gestione pratica.


6. Voi siete corresponsabili nella missione della Chiesa. Il Vangelo è da annunciare e da vivere, per promuovere la dignità della persona, per aiutare gli uomini e le donne uniti da una medesima comunità di destino a vivere da membri solidali di tutta la società, nell'amore e nella pace.

Il vostro primo spazio d'impegno sociale, è la famiglia. La salute della società si radica nella famiglia. E' importante, per il Paese, che la sua gioventù sia vigorosa e laboriosa, dedicata al bene comune e animata d'ideale. E' nella famiglia che l'essere umano si investe delle disposizioni fondamentali che determinano il suo comportamento di adulto. I genitori, per primi risveglino il senso civico dei figli; la prima partecipazione alla vita nazionale si fa nella famiglia.

I fedeli devono partecipare anche alla "politica", ossia all'azione multiforme, economica, sociale, legislativa, amministrativa e culturale che ha lo scopo di promuovere il bene comune. Fate in modo che i valori cristiani siano presentati, da voi, al centro dei grandi dibattiti che pongono in causa l'avvenire del Paese!


7. Si tratta dunque per voi, cari fratelli e sorelle, di acquisire più maturità, di vivere meglio la vostra vocazione personale, al fine di portare sempre più frutto. "In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli" (Jn 15,8).

Negli anni che hanno seguito il Concilio, sono state prese delle iniziative per offrire ai fedeli rwandesi dei mezzi di formazione, per permettergli di adempiere meglio alla loro missione di battezzati. So che sono stati organizzati dei programmi di approfondimento cristiano; vi incoraggio a prendervi parte.


8. Prima di concludere, vorrei dirvi una parola di solidarietà. Perché avete ricevuto maggiormente e perché avete più peso di altri, dovete sentirvi ancor più responsabili nei confronti dei vostri fratelli e sorelle meno favoriti e praticare una solidarietà attiva all'interno della vostra società.

La solidarietà vi aiuterà a vedere l'altro non come uno strumento, ma come un "simile", che si deve far partecipare al banchetto della vita, al quale tutti gli uomini sono egualmente invitati. Essa stimolerà la vostra azione per far fronte alle sfide che conosce la vostra società.

In piena giustizia, dovrete prendere delle misure per allontanare il flagello della fame e della grande povertà, per valorizzare la vostra terra nelle migliori condizioni, per assicurare al maggior numero di persone una formazione generale e professionale soddisfacente, per sviluppare i servizi sanitari, specialmente di fronte al pericolo dell'Aids. Dicendo questo, ricordo soltanto alcuni dei compiti in cui è richiesta la vostra competenza. Attraverso tutto il servizio pubblico di cui siete responsabili, dovete operare la solidarietà attiva e generosa che permetterà alla comunità rwandese di superare le difficoltà e di svilupparsi.


9. In questa festa della Natività di Maria Vergine, che segna per il mondo l'aurora della salvezza, chiedo alla Madre di tutti noi di vegliare sui suoi figli del Rwanda e di aiutare particolarmente voi, responsabili del Paese, a porre i vostri talenti a servizio di tutti i vostri compatrioti.

Di gran cuore vi imparto la mia Benedizione apostolica.

(Il Santo Padre rispondendo ad alcune osservazioni ha poi detto:) Debbo aggiungere qualche parola, soprattutto riguardo agli interrogativi che sono stati posti. Penso che il mio discorso contenga, almeno nel suo fondamento, la risposta. Non è questa evidentemente la circostanza adatta per studiare i dettagli dei vari problemi.

Debbo sottolineare che evidentemente gli intellettuali hanno delle esigenze e delle sfide maggiori, a causa della qualità della loro osservazione, e dei doni che hanno ricevuto. Doni di una formazione intellettuale di cui gli altri non hanno beneficiato. Allo stesso tempo, la posizione di un intellettuale cattolico pone delle esigenze, come quella di approfondire tutta la dottrina della Chiesa. Tutta la dottrina della Chiesa sia per quanto riguarda i suoi principi, sia per quanto riguarda la realizzazione e l'applicazione pratica nella vita.

Il Concilio Vaticano Il ci ha lasciato una ricchezza fondamentale, enorme; evidentemente questa ricchezza ha caratteri universali, è stata concepita per una Chiesa Universale. Ora è compito di ogni Chiesa particolare o locale, diciamo della Chiesa di ogni Nazione, effettuare una sua propria lettura della ricchezza contenuta in questi documenti. Possiamo dire che il Concilio Vaticano II, con i suoi documenti e la sua dottrina ha preparato il nostro ingresso nel III millennio. Il programma pratico della Chiesa è di prepararsi ovunque, quindi anche in Rwanda. E' impegno specifico dei Vescovi, dei Pastori, degli specialisti, anche di quelli laici, conoscere e realizzare questa ricchezza universale contenuta nei documenti e nel Magistero del Vaticano Il, cercando incessantemente le sue radici, che vanno fino alla Parola di Dio. Esse sono contenute nella Rivelazione, in tutta la Rivelazione e nelle Sacre Scritture. E' quindi obbligo di voi intellettuali, e per intellettuali intendo anche il clero e lo stesso Papa, studiare innanzitutto queste fonti della nostra saggezza cristiana.

Il nostro primo argomento di studio è la parola di Dio. Quelli che hanno saputo comprenderla sono i Santi di Dio. Coloro che hanno potuto realizzare e promovere il Regno di Dio su questaterra. Essi sono santi. Il vostro portavoce ha espresso il desiderio di santi Rwandesi canonizzati per il Rwanda. E' questo anche il mio desiderio, un grande desiderio. Non soltanto un desiderio, ma anche una speranza.

Non esiste un monopolio delle beatificazioni, delle canonizzazioni.

Esiste soltanto un problema di maturazione. E' evidente che le Chiese che esistono da più di duemila anni vengono per prime, nonostante i tanti errori della società.

Alcuni si mostrano più maturi in questa fase di preparazione alla santità. D'altra parte sono convinto che essi si trovino anche fra voi che siete qui riuniti, tra il vostro popolo del Rwanda, tra i vostri matrimoni, le vostre famiglie, ne sono convinto. Uno dei desideri che porto nel mio cuore è poter beatificare o canonizzare al più presto possibile; c'è un grande bisogno di canonizzare una coppia.

Canonizzare una coppia fu tipico del passato, del primo secolo della Chiesa Cristiana, e anche del Medioevo; ma noi ci ispiriamo al modello contemporaneo. Tutto ciò che devo augurarvi è che queste coppie canonizzate provengano dal Rwanda. E, questo sarà, se possibile e al più presto possibile, un segno della maturità della vostra Chiesa, della maturità spirituale della vostra Chiesa. Le difficoltà della vita pratica esistono ovunque. Perché tale è la condizione umana, e, senza alcun dubbio, anche quella di coloro che vengono beatificati e canonizzati. E' qualcosa di insito nella nostra vita. Penso che la vita pratica sia il luogo dove attuare quotidianamente il Cristianesimo.

L'obbiettivo principale è risolvere questi difficili problemi. Per la risoluzione di questi problemi, per l'attuazione del cristianesimo, per la vita pratica di ogni giorno, per aiutare gli altri, esiste tra le numerose citazioni del Vaticano II una citazione che forse potrei ripetervi non del tutto esattamente a memoria e che contiene uno dei principali argomenti di questo Concilio e del Cristianesimo attraverso i secoli: l'uomo è l'unica creatura che Dio ha voluto per se stesso.

L'uomo si realizza soltanto donandosi disinteressatamente a Dio e al prossimo. Auguro a tutti voi, cari fratelli, di poter riflettere su questa forma di antropologia, su questo grande discorso sull'uomo, sull'essere umano che detiene questo potere, e di poterlo realizzare per il bene del Rwanda. Grazie.

(Il Papa ha successivamente pronunciato le seguenti parole:) Approfitto dell'opportunità per riprendere l'argomento di cui ho parlato dopo il mio discorso. Ho detto che bisogna ascoltare la parola di Dio e meditare su di essa con umiltà. Vorrei ancora una volta dire con grande soavità "in ginocchio". Perché si tratta, cari amici, di un dialogo con il Padre nostro che è nei cieli, che ci ha rivelato la sua paternità attraverso suo Figlio. Sono misteri superiori che toccano noi tutti, anche i più poveri. Noi siamo inseriti, incarnati in questo grande mistero della bontà eterna della misericordia ed è necessario conservare tra noi questa fiducia. Ancora uno speciale grazie ai cori per i loro canti, e a quanti hanno contribuito alla preparazione e al successo di questo incontro.

Dio vi benedica.

(Traduzione dal francese)

Data: 1990-09-08

Sabato 8 Settembre 1990


GPII 1990 Insegnamenti - Radiomessaggio ai contadini del Rwanda - Kigali (Rwanda)