GPII 1990 Insegnamenti - Il congedo all'aeroporto - Yamassoukro (Costa d'Avorio)

Il congedo all'aeroporto - Yamassoukro (Costa d'Avorio)

Titolo: Dopo il mio 7° pellegrinaggio in Africa con fervore formulo auguri per lo sviluppo dei popoli di questa terra prediletta

Signor Presidente della Repubblica, Signor Cardinale, cari Fratelli nell'episcopato, Signore, Signori,


1. Mentre mi accingo a terminare la mia breve visita nella Costa d'Avorio, mi preme ringraziare Sua Eccellenza il Signor Presidente della Repubblica per la cortese accoglienza che mi ha riservato insieme ai suoi collaboratori. E voglio esprimere la mia gratitudine anche ai Pastori di questo Paese, il Signor Cardinale Bernard Yago, Monsignor Vital Yao ed anche a tutti quelli che sono stati loro vicini per preparare questa giornata.

Sono stato molto colpito dalla dedizione, spesso discreta, delle autorità civili e dei diversi servizi che, con efficacia, hanno assicurato il buon svolgimento del mio soggiorno; ancora una volta vi ringrazio cordialmente.


2. Due avvenimenti hanno segnato questa giornata che rimarrà memorabile. Ho potuto celebrare la consacrazione di Nostra Signora della Pace, il grande santuario che lei, Signor Presidente della Repubblica, ha voluto come un segno della fede cristiana alla quale molte generazioni di vostri compatrioti hanno aderito e che viene condivisa da una parte della popolazione ivoriana. Ed è per me motivo di soddisfazione che sia eretta la Fondazione internazionale Nostra Signora della Pace che avrà per missione alcune opere caritative ed educative alle quali la Chiesa è sempre stata legata.

Questa fondazione testimonia la vitalità della Chiesa, stabilita nel vostro popolo grazie all'apostolato dei missionari venuti da fuori, e che ormai ha una storia realmente ivoriana. Adesso la Chiesa cattolica ha affondato le sue radici nella terra africana. Sono contento di dire in questa sede che la Chiesa universale beneficia dell'apporto specifico delle giovani Chiese particolari presenti in tutte le regioni del mondo.

L'altro avvenimento di questa giornata è la prima riunione preparatoria, tenutasi in questo stesso continente, in vista dell'Assemblea Speciale per l'Africa del Sinodo dei Vescovi. E' per me una gioia avervi potuto partecipare, poiché la riflessione che si svilupperà adesso in tutte le Chiese particolari del continente è un motivo reale di speranza per il futuro.


3. Durante questa nuova visita nella Costa d'Avorio, non ho potuto visitare molti luoghi dove avrei desiderato incontrare il vostro popolo. Per questo vorrei esprimere a tutti gli ivoriani la mia simpatia e la mia stima. Formulo per ognuno di loro, per ogni famiglia, per ogni comunità dei fervidi auguri.

Le difficoltà che attualmente affliggono il vostro intero continente mi sono ben note. La crisi economica ostacola lo sviluppo per il quale sono già stati fatti tanti sforzi; essa provoca troppe inquietudini e sofferenze. La Chiesa, senza avere una diretta competenza in questo campo, non può pero rimanere indifferente. Non solo essa non smette di richiamare l'attenzione sui risvolti profondamente umani dei problemi posti dallo sviluppo, ma impegna i suoi membri a prendere parte attiva a tutto quello che contribuisce a favorire il benessere e, occorre dirlo, la dignità degli uomini e delle donne nell'insieme della famiglia umana.

A questo proposito, vorrei ricordare qui, il grave problema dei rifugiati, dei profughi, sul quale mi sono già espresso all'inizio di questo viaggio; penso con dolorosa preoccupazione al numero dei rifugiati accolti nel territorio della Costa d'Avorio e in altri Paesi vicini in seguito a circostanze tragiche. Spero che la solidarietà internazionale aiuterà il vostro Paese ad assisterli il meglio possibile.

In occasione di questo viaggio ho voluto rinnovare, ancora una volta, il mio appello alla comunità internazionale, affinché la solidarietà dei popoli si eserciti generosamente verso le Nazioni meno favorite. Spero che questo appello incontrerà sempre più la comprensione e susciterà le iniziative e gli impegni resi necessari dalla semplice giustizia che è unica nel mondo intero.

Auguro a tutti gli abitanti di questo Paese, di poter proseguire attivamente la valorizzazione delle Ioro ricchezze, non solo quelle che produce il suolo, ma anche le insostituibili ricchezze delle persone, con le loro preziose tradizioni, il loro potenziale d'intelligenza e di qualità personali che bisogna sviluppare. Di tutto cuore auguro agli ivoriani di procedere nella concordia e nel reciproco rispetto verso la costruzione di una società sempre più armoniosa, dove nessuno sia abbandonato. Questo augurio si rivolge particolarmente alle classi dirigenti: i loro compatrioti contano sulle loro competenze, esercitate in uno spirito di servizio disinteressato a favore dell'insieme della comunità. I miei auguri sono rivolti anche ai giovani, nella speranza che la loro formazione li condurrà a professioni qualificate nei diversi campi utili alla vita del Paese.

Auguro a tutti che i valori morali, elemento fondamentale del patrimonio ancestrale unito a ciò che ispira lo spirito del Vangelo, rimangano la solida base dei loro impegni per il bene comune.


4. Vorrei esprimere ora il mio cordiale affetto a tutti i membri della Chiesa cattolica in Costa d'Avorio. Rivolgo questo saluto a ciascun Pastore, ai sacerdoti, religiosi, religiose, catechisti, animatori dei diversi movimenti.

Penso a tutte le vostre comunità di battezzati, quelle delle città e quelle dei villaggi: tengo a dire loro che apprezzo la loro fedeltà al Vangelo da essi accolto; in ogni comunità, per quanto umile essa sia, i battezzati costituiscono il Popolo di Dio, il vero santuario che ha come pietra angolare il Cristo stesso, come ho detto questa mattina.

Cari fratelli e sorelle cattolici, io vi incoraggio a lavorare per il bene di tutti gli uomini e di tutte le donne di questo Paese, applicando l'insegnamento sociale della Chiesa, in un dialogo aperto a tutti, consapevoli della parte di responsabilità che spetta a ciascuno nel posto in cui si trova, nello spirito fraterno che Cristo ci chiede di vivere.

I miei auguri sono rivolti a tutte le vostre famiglie, il cui ruolo è fondamentale nel tessuto sociale con la loro stabilità, il loro senso di solidarietà elargita al di là della famiglia propriamente detta, con la loro missione di primi educatori che trasmettono ai giovani i valori morali e spirituali.

Il mio pensiero si rivolge pure a tutti coloro che, tra voi, si offrono per recare sollievo e conforto ai loro fratelli e sorelle provati dalla malattia e dalla sofferenza. Voi rispondete a un'essenziale esigenza evangelica, perché il Signore stesso riconosce i malati e i poveri come i privilegiati del suo amore.


5. Vorrei rivolgere anche un saluto cordiale agli ivoriani che appartengono ad altre confessioni cristiane o ad altre tradizioni religiose. Li ringrazio per la loro simpatica accoglienza. Auguro che essi incontrino tra i cattolici dei veri fratelli, che continuino con essi un dialogo sincero e ispirato da mutuo rispetto, perché l'intesa amichevole e la mutua conoscenza favoriscono una collaborazione positiva nei numerosi compiti che richiedono la generosità di tutti.


6. Signor Presidente, congedandomi dal suo Paese, vorrei ringraziarla ancora di essere stato mio ospite in Costa d'Avorio.

Lei ha desiderato che la Basilica di Yamoussoukro fosse dedicata a Nostra Signora della Pace. La pietà cristiana, in effetti, invoca spesso la Vergine Maria come la Regina della Pace. perciò, mi permetta di dirle che apprezzo in modo particolare la sua scelta. Ed auspico che l'intercessione della Regina della Pace renda fruttuosi gli sforzi di tutti coloro che lavorano per regolare in modo pacifico i conflitti che ancora lacerano certe regioni di questo continente.

La Vergine Maria, onorata in questo santuario, illumini e ispiri la vita di tutti gli Africani! Al termine del mio settimo viaggio in Africa, è con fervore che formulo auguri per lo sviluppo dei popoli di questa terra prediletta. Imploro la benevola protezione di Nostra Signora verso i figli e le figlie dell'Africa. Auspico su tutti la Benedizione di Dio.

(Traduzione dal francese)

Data: 1990-09-10

Lunedi 10 Settembre 1990

Messaggio per la Quaresima 1991 - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Quello che fate a lui, lo fate a me

Cari fratelli e sorelle in Cristo.

La grande enciclica di Leone XIII, la "Rerum Novarum", di cui si commemora il centenario, ha aperto un nuovo capitolo della dottrina sociale della Chiesa. Ebbene, una costante di questo insegnamento è anche l'instancabile invito all'impegno solidale, mirante a sconfiggere la povertà e il sottosviluppo, in cui vivono milioni di esseri umani.

Benché la creazione, con i suoi beni, sia destinata a tutti, oggi gran parte dell'umanità soffre ancora sotto il peso intollerabile della miseria. In una tale situazione si richiedono carità e solidarietà vissuta, come ho affermato nell'enciclica "Sollicitudo Rei Socialis", per significare quanto sia urgente adoperarsi per il bene degli altri, ad essere pronti a perdere se stessi - nel senso evangelico - per servire gli altri invece di opprimerli per il proprio tornaconto.


1. In questo tempo di Quaresima torniamo a volgerci verso il Dio ricco di misericordia, fonte di ogni bontà, per chiedergli di guarire il nostro egoismo, e di darci un cuore nuovo e uno spirito nuovo.

La Quaresima, e il periodo pasquale che la segue, ci mettono a confronto con la totale identificazione di nostro Signore Gesù Cristo con i poveri. Il Figlio di Dio, che si è fatto povero per amore verso di noi, si identifica con coloro che soffrono. Questa piena immedesimazione trova la sua espressione più chiara nelle parole del Signore: "Ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me" (Mt 25,40).


2. Al culmine della Quaresima, il Giovedi santo, la liturgia ci fa ricordare l'istituzione dell'Eucaristia, memoriale della passione, morte e risurrezione di Cristo. E' qui, nel sacramento in cui la Chiesa celebra la profondità della propria fede, che dobbiamo attingere consapevolezza viva del Cristo povero, sofferente, perseguitato. Quel Cristo Gesù che ci ha tanto amato da dare la sua vita per noi e che si dona a noi nell'Eucaristia come cibo di vita eterna, è lo stesso Cristo che ci invita a vederlo nel corpo e nella vita di quei poveri, con i quali egli ha manifestato la sua piena solidarietà.

San Giovanni Crisostomo ha magistralmente colto questa immedesimazione, affermando: "Se volete onorare il corpo di Cristo, non disprezzatelo allorché è nudo; non onorate il Cristo eucaristico con paramenti di seta, ignorando quell'altro Cristo che, fuori le mura della chiesa, patisce il freddo e la nudità" ("Hom. in Matthaeum" 50, 3-4: PG 58).


3. In questo tempo di Quaresima, è bene riflettere sulla parabola del ricco epulone e di Lazzaro. Tutti gli uomini sono chiamati a partecipare al banchetto dei beni della vita, eppure tanti giacciono ancora fuori la porta, come Lazzaro, mentre "i cani vengono a leccarne le piaghe" (Lc 16,21). Se ignorassimo l'innumerevole moltitudine di persone umane che non solo sono prive dello stretto necessario per vivere (cibo, casa, assistenza medica), ma non hanno neppure la speranza di un futuro migliore, diventeremmo come il ricco epulone che finge di non vedere il mendicante Lazzaro.

Dobbiamo quindi tenere fissa negli occhi l'immagine della miseria sconvolgente, che affligge tante parti del mondo; e pertanto, con questa intenzione, ripeto l'appello che - in nome di Gesù Cristo e a nome dell'intera umanità - ho rivolto a tutti gli uomini durante la mia ultima visita nel Sahel: "In che modo la storia giudicherà una generazione che, avendo tutti i mezzi per nutrire le popolazioni del pianeta, con indifferenza fratricida si è rifiutata di farlo?... Come non può essere un deserto un mondo, in cui la povertà non incontra un amore capace di dare la vita" (Alle autorità civili, 29 gennaio 1990, n. 4).

Volgendo il nostro sguardo a Gesù Cristo, il buon samaritano, non possiamo dimenticare che - dalla povertà della mangiatoia alla totale spogliazione della croce - egli si è fatto uno con gli ultimi. Ci ha insegnato il distacco dalle ricchezze, la fiducia in Dio, la disponibilità alla condivisione. Ci esorta a guardare i nostri fratelli e sorelle, che sono nella miseria e nella sofferenza con lo spirito di chi - povero - sa di dipendere totalmente da Dio e di aver bisogno assoluto di lui. Il modo in cui ci comporteremo sarà la vera, autentica misura del nostro amore per lui, fonte di vita e di amore, e segno della nostra fedeltà al suo Vangelo. La Quaresima accresca in tutti questa consapevolezza e questo impegno di carità, perché non passi invano ma ci porti, veramente rinnovati, verso il gaudio della Pasqua.

Dal Vaticano, l'8 settembre 1990, Festa della Natività della Beata Vergine Maria.

Data: 1990-09-08

Sabato 8 Settembre 1990



A pellegrini della diocesi di Vicenza - Castel Gandolfo (Roma)

Titolo: L'uomo è stanco di parole ingannevoli e vuote. Ha bisogno della verità della fede che si fa vita

Venerato fratello nell'episcopato, monsignor Pietro Nonis, cari sacerdoti e religiosi, signori sindaci presenti, persone consacrate e laici della diocesi di Vicenza!


1. A pochi giorni dalla solennità della Beata Vergine di Monteberico, vostra principale patrona, avete voluto compiere questo pellegrinaggio a Roma, per visitare le basiliche patriarcali, per meditare sulle testimonianze della Chiesa delle origini, qui fondata dagli apostoli Pietro e Paolo, per chiedere al Signore, mediante l'intercessione dei primi martiri di Roma, di essere confortati nella vostra fede.

Mi compiaccio per questo momento di riflessione e di ricerca, per le preghiere che avete rivolto a Dio, dalle catacombe e dai templi sacri alle memorie cristiane, per le necessità della Chiesa e per il mio ministero a servizio del gregge del Signore, mentre di cuore dico a tutti voi: Siate i benvenuti a questa speciale udienza. Al vostro vescovo, ai suoi collaboratori e all'intera diocesi vicentina esprimo la mia riconoscenza per questo atto di affetto, che conferma la comunione con la Sede apostolica.


2. Nel riandare col pensiero alla storia anche recente della vostra comunità ecclesiale è spontaneo render grazie a Dio per le vigorose tradizioni cristiane della vostra terra e, in generale, delle popolazioni venete. Vescovi coraggiosi e zelanti hanno avviato nella Regione valide e aggiornate iniziative di apostolato; hanno favorito il sorgere di molteplici opere per l'evangelizzazione; hanno promosso movimenti laicali di grande interesse per la crescita della fede: dall'Azione Cattolica alle scuole di catechismo, dagli oratori parrocchiali alle scuole di teologia per laici. Essi hanno, inoltre, provveduto ad assicurare una presenza attiva delle associazioni cattoliche nelle attività sociali e politiche, sia per difendere i diritti degli operai o dei contadini, sia per animare iniziative di sviluppo e progresso e formare coscienze cristianamente ispirate alla dottrina sociale della Chiesa.

Tutto questo fermento intenso, costante e tenace, ha dato vita a quella crescita di cui la terra veneta attualmente gode i frutti, mentre la vostra comunità ecclesiale continua a promuovere altre opere di apostolato in altri luoghi. Sono numerosi i vostri sacerdoti nelle missioni, e cospicui sono gli aiuti che con grande generosità voi offrite alle Chiese più povere. Parrocchie e istituzioni, comunità giovanili e di lavoratori, Istituti religiosi e culturali servono con dedizione e con impegno tanti ospedali, scuole e parrocchie di zona in via di sviluppo; mentre numerosi Centri di spiritualità e di studio continuano a formare credenti maturi e consapevoli della loro vocazione e del servizio da rendere come membra vive del popolo di Dio.


3. Siete venuti a Roma anche per riflettere su alcuni problemi, dei quali in diocesi giustamente si parla, e che sono analoghi a quelli che l'intera regione conciliare Triveneta ha voluto considerare nel recente Convegno pastorale di Aquileia. Mutamenti in atto, connessi con l'evoluzione culturale della nostra epoca e con le nuove condizioni sociali, incidono negativamente sullo stile di vita dei singoli e delle famiglie, mentre l'etica del benessere e del consumo propone modelli di comportamento ben poco consoni col senso cristiano dell'esistenza. Una secolarizzazione insidiosa è all'origine di modifiche vistose nella pratica religiosa dei giovani, e anche l'unità ecclesiale sembra talvolta compromessa dal cedimento a proposte e sperimentazioni non opportune.


4. A tutte queste provocazioni voi dovete rispondere facendo appello alle forze vive delle vostre comunità e alle ricche tradizioni di fede della vostra terra. La vittoria che vince il mondo è sempre - e solo - la nostra fede (cfr. 1Jn 5,4). Ciò che alimenta la fede deve, dunque, rimanere sempre al centro di ogni iniziativa pastorale.

Occorrerà, pertanto, curare in primo luogo la predicazione e la catechesi, grazie anche a una costante capacità di dialogo che tutti voi - sacerdoti, religiosi e laici impegnati nei ministeri - dovrete coltivare con l'intera comunità. Ciò suppone, da parte vostra, l'approfondimento personale della Verità rivelata mediante uno studio serio e metodico, che ne riveli via via l'inesauribile ricchezza, portandovi a riconoscere con chiarezza e discernimento quanto è autenticamente cristiano. Ciò suppone, inoltre, la diretta e profonda esperienza della vita nuova nello Spirito, grazie alla quale è possibile recare una personale testimonianza di ciò che significa essere "morti al peccato e viventi per Dio in Cristo Gesù" (Rm 6,11).

Solo una fede che sia diventata sostanza di vita può agire efficacemente sull'uomo di oggi, stanco di parole ingannevoli e vuote. Egli attende un messaggio che gli apra dinanzi un'autentica prospettiva di speranza. Nell'esclusione di Dio, infatti, si annida il veleno di una tormentosa solitudine, di una pericolosa "carenza di senso", che provoca smarrimento e offusca le risposte possibili e sapienti ai problemi della vita. L'esperienza insegna che per una vita serena non basta il piacere. L'uomo ha bisogno di verità, senza la quale la gioia delle cose terrene si rivela un fuoco fatuo, incapace di sprigionare luce e calore.


5. Nel Vangelo c'è la "buona notizia" di cui l'uomo ha bisogno. A voi il compito di recargliela. La vostra adesione a Cristo Redentore sia matura, sia convinta, non si perda su sentieri incerti, al seguito di maestri discutibili, ma scaturisca dalle ricche testimonianze dei Padri, dei grandi pensatori del cristianesimo e, soprattutto, del magistero. Questo dico, in particolare a voi sacerdoti e religiosi, sui quali principalmente grava la responsabilità della predicazione.

Voi sapete bene di quale sostanzioso alimento abbisogni la società contemporanea in questo momento delicato ed estremamente impegnativo per una nuova evangelizzazione.

La vostra fede sia perciò guidata da conoscenza e da ogni genere di discernimento, perché possiate distinguere sempre il meglio e risultare integri e irreprensibili nella proposta del Messaggio, ottenendo così frutti di grazia e di giustizia per mezzo di Gesù Cristo a gloria e lode di Dio (cfr. Ph 1,9-11).

Con questi sentimenti, invocando la protezione della Vergine di Monteberico, modello ed esempio per tutti coloro che vogliono vivere in pienezza la fede cristiana e presentare agli uomini l'autentico mistero di Cristo, imparto a tutti voi una speciale benedizione apostolica, estensibile alle persone care, alle parrocchie, alle comunità, alle famiglie tutte della cara diocesi vicentina.

Data: 1990-09-13

Giovedi 13 Settembre 1990

Ad allievi ufficiali austriaci - Castel Gandolfo (Roma)

Titolo: Agire per la pace

Cari allievi ufficiali dell'Accademia militare! E' con gioia particolare che porgo a voi, cari allievi ufficiali di quest'anno dell'Accademia militare "Teresiana" di Wiener Neustadt il mio saluto di benvenuto a questo incontro. Un saluto particolare è diretto all'eccellentissimo signor vescovo Kostelecky, ordinario militare, che vi ha accompagnato fin qui.

Avete preso la decisione di intraprendere un pellegrinaggio alle tombe degli apostoli prima della fine del vostro addestramento, e di porre il servizio che svolgerete come ufficiali sotto la protezione particolare di Dio.

L'accademia militare "Teresiana" è luogo tradizionale di addestramento di nuove leve ufficiali e molti degli allievi hanno poi compiuto cose significative per il loro paese. Anche voi dovete sviluppare, a seconda delle diverse condizioni dei nostri tempi, una viva sensibilità per la grande responsabilità, che dovete assumervi. Siete certo consapevoli che la pace tra i popoli è un bene così prezioso, che vale la pena proteggerla e promuoverla con tutte le forze umane possibili.

Per questo è vostra responsabilità di prim'ordine agire per la pace. A riguardo, in un discorso alle reclute della Scuola militare degli alpini di Aosta nell'anno 1986, ho pronunciato queste parole: "La condizione militare ha il suo fondamento morale nell'esigenza di difendere i beni spirituali e materiali della comunità nazionale, della Patria" (7 settembre 1986, n. 2).

Troppo spesso siamo dolorosamente testimoni con i nostri occhi, che la pace duratura è sempre in pericolo e supera le forze delle possibilità dell'uomo.

La pace vera è, infatti, piuttosto un regalo e una promessa di Dio, perché noi possiamo lottare per essa con sincerità di spirito, sempre rinnovata. Senza la sapienza di Dio la pace, il seme della giustizia, non può svilupparsi ed essere portata a compimento. così vi incoraggio oggi di cuore, cari allievi ufficiali, a rimanere sempre coscienti come ufficiali della grande responsabilità che il vostro compito richiede per assicurare la pace e vi esorto a guardare a questo servizio attraverso la forza della vostra fede in Cristo.

All'inizio del vostro addestramento alcuni di voi hanno rivolto la loro preghiera alla Madonna di Lourdes per ricevere la sua protezione e il suo aiuto.

Possa, per questo, lei, la Regina della pace, esservi vicina per sua intercessione anche in seguito. Imparto di cuore a voi e alle vostre famiglie a casa la mia benedizione apostolica.

Data: 1990-09-13

Giovedi 13 Settembre 1990

A partecipanti al Convegno su san Bernardo nel IX centenario della nascita - Castel Gandolfo (Roma)

Titolo: Bernardo di Chiaravalle santo contemplativo nell'azione

Carissimi fratelli e sorelle,


1. In questi giorni densi per voi di avvenimenti, a causa dei capitoli generali e del Congresso Internazionale sulla "Dottrina spirituale nelle Opere di san Bernardo di Chiaravalle", mi è caro testimoniarvi la mia stima ed esprimervi il mio affetto, mentre prolungo, in un certo modo, il colloquio intrapreso con voi nella mia recente lettera "Schola Caritatis" dello scorso 20 agosto.

Saluto cordialmente tutti voi, carissimi monaci, e anche voi, carissime abbadesse, che per la prima volta nella lunga storia dell'Ordine dei Cistercensi della stretta osservanza avete preso parte all'elezione dell'abate generale. I miei più vivi rallegramenti vanno, inoltre, al neoeletto padre Bernardo Olivera, al quale formulo calorosi voti augurali per il mandato conferitogli.


2. Permettetemi di esprimervi la mia sentita soddisfazione per l'attuale stato dei due Ordini, giuridicamente distinti, ma una cosa sola e un cuore solo nel comune discepolato bernardiano: la vostra famiglia religiosa, infatti, ormai presente in tutti i continenti, è in continua espansione. Ciò testimonia la sua vitalità e la sua capacità di rispondere anche alle attese dell'uomo moderno; l'uomo di questo nostro tempo che nelle varie parti del mondo e nei diversi contesti culturali, esprime talora con angoscia la sua sete di Dio, cercandolo - direbbe san Paolo - "come a tentoni, benché egli non sia lontano da ciascuno di noi" (Ac 17,27).

La diffusione dei vostri Ordini nel mondo intero, tra popoli così differenti per razza, nazionalità e mentalità dimostra chiaramente la validità e l'universalità del messaggio bernardiano.


3. Tale messaggio, originale derivazione e coerente applicazione della Regola di san Benedetto, si fonda, come è ben noto, su di una particolare stima verso l'esperienza contemplativa, che, soprattutto nella figura di san Bernardo, si coniuga in maniera mirabile con le esigenze dell'azione più concreta e materiale.

Per Bernardo, infatti, la divina contemplazione non è semplicemente speculazione filosofica, ma, sulla scorta dell'insegnamento evangelico, essa corrisponde a un'intima unione con Cristo, considerato come "sposo" dell'anima, e come "sposo" della Chiesa. Sottolineare il primato della contemplazione significa allora, per Bernardo, subordinare ogni interesse e ogni attività alla conquista dell'amicizia con il Signore, dalla quale scaturisce l'impegno della carità fraterna, che tende a condurre gli uomini alla medesima esperienza spirituale.

Fine dell'amore del prossimo, pertanto, è di far conoscere ai fratelli, con la parola e con l'azione, la bontà del Signore - i suoi prodigi, la sua grazia, la sua verità, i suoi doni - precedentemente e contemporaneamente sperimentata nella contemplazione. Sottolineo contemporaneamente per ribadire che san Bernardo è "contemplativo nell'azione".


4. Nel santo di Chiaravalle quest'unione così stretta fra l'azione e la contemplazione nasce dal fatto che per lui quest'ultima non è mero esercizio dell'intelletto, ma pratica dell'amore verso Dio; e così l'azione non è pura prassi, ma anche contemplazione dell'immagine di Dio presente nei fratelli che amiamo e che serviamo.

I gravi problemi della società e della Chiesa del suo tempo lo hanno spinto più volte fuori delle mura del monastero, ma è chiaro, nel suo insegnamento e nel suo esempio, quale debba essere lo stile proprio dell'azione che il monaco è chiamato a svolgere in favore del suo prossimo. La stessa tradizione del lavoro manuale, che oltre ad assicurarvi un onesto sostentamento, vi dà modo di contribuire al benessere materiale della società e di testimoniare a favore di un ordinamento economico e sociale basato su principi di giustizia, è già un'azione che voi compite per la salvezza delle anime.

Come insegna san Bernardo, tuttavia, l'aspetto più qualificante del vostro specifico apostolato è costituito dall'olocausto di voi stessi nascosto nella penitenza, nell'osservanza della disciplina regolare e soprattutto nell'offerta di preghiere e sacrifici, nell'ufficio divino come nella santa Messa.

Non si tratta solo di "Opus Dei", ma anche di "Opus proximi".

Le illuminazioni ricevute nell'esperienza contemplativa, insegna Bernardo, sono a volte talmente elevate, che non si prestano ad essere oggetto di predicazione: vanno allora offerte a Dio per il bene dei fratelli. La vita interiore del monaco, allora, in forza della sua professione monastica, non è soltanto un esercizio privato di spiritualità, già di per sé altamente encomiabile, ma è missione e servizio ecclesiale che egli compie a vantaggio di tutti i membri del popolo di Dio e dell'intera umanità. In lui è la Chiesa stessa che medita, contempla, prega e si offre per la salvezza degli uomini. Come l'apparato digerente - osserva san Bernardo - lavora a favore di tutto il corpo, così i monaci, per mezzo della lectio divina e della contemplazione, assimilano il nutrimento spirituale della Parola di Dio e della grazia sacramentale e lo trasformano in succhi vitali a beneficio di tutti i membri della comunità.


5. La vostra famiglia religiosa, carissimi fratelli e carissime sorelle, non è stata immune, nel corso della sua esistenza secolare, da crisi e da difficoltà. In un non lontano periodo storico si è quasi temuto che i vostri Ordini venissero distrutti, ma la fedeltà dei monaci di allora, sostenuta dall'aiuto divino e dalla protezione di Maria santissima, ha consentito loro di superare la prova e di non morire. Anzi, soprattutto dopo la riforma della vita contemplativa promossa dal recente Concilio, è iniziata una nuova consolante e promettente tappa del vostro cammino.

Auspico di cuore che voi continuiate su tale scia offrendo ai nostri contemporanei un segno vivo della presenza di Dio fra gli uomini. Mi auguro inoltre che i lavori dei capitoli generali e del Congresso internazionale sul "Doctor mellifluus" contribuiscano a imprimere un nuovo impulso in tal senso e formulo i miei più cordiali auguri di buon lavoro al neoeletto padre Bernardo Olivera e al padre Polycarpo Zakar.

Non c'è da stupirsi se il mondo, dominato dal secolarismo e dal materialismo non sempre vi comprende. Voi richiamate all'umanità, presa da mille preoccupazioni terrene, l'importanza del Trascendente nella nostra vita. Non perdetevi d'animo: la grazia di Cristo vi sorregge e vi accompagna. La Vergine santissima, alla quale siete particolarmente devoti, vi consola nelle vostre fatiche quotidiane e alimenta la vostra speranza. Siate sempre fedeli alla vostra vocazione; conservate gelosamente e fate fruttificare il dono che vi è stato elargito. La ricerca di Dio e la conquista del suo amore sia lo scopo di tutta la vostra esistenza. Vi sostenga in questo cammino di santità il vostro san Bernardo.

E io tutti vi benedico con larga effusione di cuore.

Data: 1990-09-14

Venerdi 14 Settembre 1990

Per il XXV della nuova sede del Pontificio Seminario Lombardo in Roma - Castel Gandolfo (Roma)

Titolo: La Chiesa ha bisogno di formatori competenti, esperti e santi

Carissimi alunni del Pontificio Seminario Lombardo!


1. Siate i benvenuti a questa speciale udienza. Sono lieto di accogliervi nella significativa circostanza dei festeggiamenti per il XXV anniversario della nuova sede del vostro Seminario, sede che fu voluta e benedetta dal mio indimenticabile predecessore Paolo VI. In modo particolare saluto i cari vescovi qui presenti. Tra di essi, rivolgo il mio pensiero riconoscente e beneaugurante ai tre che furono rettori del Lombardo: mons. Dionigi Tettamanzi, mons. Luigi Belloli e mons.

Ferdinando Maggioni, da voi particolarmente festeggiato nell'odierna circostanza, perché fu tra i principali artefici della non facile impresa di dare, 25 anni fa, nuova e più funzionale sede al Seminario.


2. Stanno per iniziare i lavori dell'VIII assemblea generale ordinaria del Sinodo dei vescovi e il suo tema, "La formazione dei sacerdoti nelle circostanze attuali", mi rende particolarmente gradito questo incontro, sia perché esso dimostra l'affetto e la gratitudine di tanti alunni per l'Istituzione che li accolse e li accompagno nella formazione seminaristica sacerdotale in Roma, sia perché la maggior parte di voi, dopo gli studi romani, è stata ed è chiamata a servire la Chiesa nell'ambito della formazione presbiterale, nei seminari delle diocesi di appartenenza.

Il primo di questi due motivi mi spinge a ricordare che i luoghi della formazione sacerdotale, grazie soprattutto alle persone che li animano e ne portano la responsabilità, devono essere come una casa accogliente, come una famiglia nella quale - senza rinunciare alle esigenze di un severo tirocinio spirituale e intellettuale - si stringono legami profondi e si coltiva quella fraternità aperta e matura che costituisce una delle più importanti componenti di un sereno e fecondo ministero. Sono questi rapporti di amicizia e di stima reciproca, di collaborazione e di comunione nell'unica missione sacerdotale che vi hanno condotto qui a celebrare insieme la vostra appartenenza alla "grande famiglia" - come usate chiamarla - degli ex alunni del Seminario Lombardo.

Il nostro celibato, cari fratelli, scelto in vista della pienezza della carità pastorale, si traduce, tra l'altro, proprio in questa capacità di amicizia e di "intima fraternità sacramentale" (PO 8) che voi tutti, anche se impegnati in diocesi diverse, ora qui vi manifestate a vicenda e testimoniate al successore di Pietro.

Questo vi auguro e mi attendo da voi: che siate, all'interno dei vostri presbiteri diocesani, fermento di comunione e di amicizia, di stima vicendevole, di convergenza operosa e intelligente intorno alle scelte del vescovo, di promozione di una fraternità sempre più grande, che non conosce confini, che sa farsi carico dei problemi della Chiesa intera.

La formazione sacerdotale richiede, oggi più che mai, questa attenzione alla maturità affettiva del presbitero: siate maestri e testimoni di quella limpida capacità di amicizia che sola può esprimere nella sua pienezza la grazia della verginità cristiana, "a immagine dei vincoli di fraterno affetto che Cristo stesso ha stabilito nella sua vita" (Sinodo dei vescovi del 1990, "Instrumentum Laboris", 38).

Il Seminario Lombardo, tra i tanti meriti accumulati nei 128 anni dalla sua fondazione, ha certamente anche questo: di essere stato la culla di grandi amicizie sacerdotali. Come eredi di questa tradizione, sappiatela testimoniare e trasmettere alle nuove generazioni di alunni che hanno preso il vostro posto nella casa di fronte alla Basilica Liberiana.


3. Il secondo motivo che guida i miei pensieri in questo gradito incontro è la considerazione delle vostre responsabilità nella formazione seminaristica, in Italia e anche in altri Paesi del mondo. Non è necessario che io vi ricordi come la Chiesa ha bisogno di formatori competenti, esperti e santi. Il vostro quotidiano servizio, spesso molto "feriale" e avaro di immediate e gratificanti consolazioni, è tra i più delicati e decisivi per il futuro della Chiesa. Gli alunni dei vostri seminari sono figli di questa epoca "drammatica e magnifica" - come amava definirla Paolo VI - e vengono a voi carichi di tutte le nuove potenzialità e doti loro offerte dal mondo circostante, ma anche segnati, in modo più o meno profondo, dalle fragilità e contraddizioni, dalle inconsistenze e lacune tipiche della gioventù, anche migliore, della nostra epoca.

Il lavoro formativo, l'impegno educativo si fanno sempre più ardui e complessi. Ma non dobbiamo perdere la fiducia: il coraggio di proporre itinerari esigenti e mete impegnative, senza nulla concedere a troppo facili compromessi dagli esiti ben presto fallimentari, e insieme la pazienza del buon coltivatore che sa continuare il proprio lavoro anche durante i lunghi inverni di un'adolescenza prolungata o gli improvvisi temporali di una giovinezza inquieta, porteranno a suo tempo il frutto sperato.

Della difficile, ma necessaria, coniugazione tra questo coraggio e questa pazienza ci è impareggiabile modello Gesù stesso, nella sua sollecitudine educativa - insieme intransigente e tenerissima - per la formazione apostolica dei suoi discepoli.

Queste doti chiedo per voi al Maestro e Signore della nostra vita: egli mandi con abbondanza il dono del suo Spirito su voi, sui vostri buoni propositi, sui ministeri pastorali che vi sono affidati.


4. La Casa di formazione sacerdotale, di cui celebriamo il XXV anniversario, si trova, mi piace ricordarlo ancora, proprio di fronte alla Basilica di Santa Maria Maggiore: prego perché questa felice circostanza sia sempre occasione, per gli alunni del Lombardo, di una profonda e tenera devozione alla Madonna, della quale oggi ricordiamo con affetto il mistero della partecipazione alle sofferenze di Cristo, e sia anche pegno di una speciale protezione della Vergine su voi tutti, cari ex alunni, sugli attuali responsabili ed educatori del Lombardo, sui giovani presbiteri che tra pochi giorni inizieranno un nuovo periodo di formazione e di crescita nell'amore di Dio e dei fratelli, per servire Gesù e il suo Vangelo con cuore sempre più disponibile e generoso.

Con questi auspici vi imparto di cuore la mia benedizione, con tutti coloro per i quali spendete generosamente le vostre energie sacerdotali.

Data: 1990-09-15

Sabato 15 Settembre 1990


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