GPII 1990 Insegnamenti - Ai cittadini e rappresentanze della regione - Argenta (Ferrara)

Ai cittadini e rappresentanze della regione - Argenta (Ferrara)

Titolo: L'ora presente chiama tutti i cristiani di questa regione a una nuova evangelizzazione e a una nuova inculturazione

Signor presidente della Repubblica italiana, signori cardinali e venerati fratelli nell'episcopato, autorità civili e militari presenti, carissimi fratelli e sorelle!


1. Un clima particolare avvolge questo nostro incontro, che segue quello avvenuto poc'anzi in duomo ove, col clero, abbiamo fatto memoria dei sacerdoti della Regione sacrificati nell'adempimento del loro dovere. Qui, in piazza, mi rendo conto d'aver davanti a me le persone per le quali don Minzoni e gli altri hanno dato la vita. Sono presenti gruppi di tutta l'Emilia-Romagna, venuti per un ultimo saluto al termine della visita pastorale alle Chiese della loro Regione. Li saluto affettuosamente perché mi rifanno sentire il calore di quegli incontri indimenticabili.

E' stata una visita singolare, già per la durata: complessivamente 12 giorni. E non è bastato, perché, anche terminata l'ultima tappa a Ferrara, eccoci ora qui, come se non sapessimo staccarci. Per la verità, questa popolazione mi è entrata nel cuore.

Carissimi, desidero rinnovarvi l'espressione del mio apprezzamento per la cura che ponete nel promuovere l'integrità della fede e il fervore delle opere, l'iniziativa coraggiosa della carità e la serietà dell'impegno culturale, con gelosa attenzione per la completezza della missione pastorale, come si conviene a comunità cristiane mature.

Percorrendo la vostra Regione ho scoperto, anche in zone lontane dalla pratica religiosa, l'esistenza di un fondo comune di valori e sentimenti cristiani, che dicono sempre un rapporto con la Chiesa e sono essi pure dati preziosi per il futuro.


2. Si, parlo di futuro, perché la prima conclusione che porto con me al termine della visita pastorale è che questa è un'ora singolare per le Chiese dell'Emilia-Romagna, uno di quei momenti in cui una generazione cristiana avverte di avere davanti a sé un compito storico da svolgere nei confronti delle generazioni che seguiranno. I vostri vescovi l'hanno intuito per primi, e con l'ottima lettera pastorale del 1986, intitolata "Una Chiesa che guarda al futuro", hanno orientato in quella direzione tutta l'azione pastorale.

Anch'io ho avuto cura di impostare in tale prospettiva la mia visita alle vostre Chiese e, per la fiducia che avevo e ho in esse, ho affidato loro un compito di grande portata. In Piazza San Petronio invitai, due anni orsono, migliaia di giovani universitari a impegnarsi nel processo della nuova evangelizzazione, che comporta una sorta di nuova inculturazione del cristianesimo, probabilmente più difficile di quella avvenuta nel corso del millennio che si chiude. Questa consegna ho lasciato allora: la sfida di una nuova inculturazione, sottolineando che spetta soprattutto ai giovani il compito di realizzarla.

Questa stessa consegna, pronunciata sulla storica Piazza di San Petronio, espressione di secoli di tradizione cristiana, la ripeto qui, oggi, nella memoria di don Minzoni e degli 87 sacerdoti e dei 5 seminaristi uccisi: ve la ripeto quasi raccogliendola dalle loro labbra nell'ora del sacrificio supremo.

Con la muta eloquenza del sangue essi vi invitano alla coraggiosa coerenza e all'ardimento inventivo che l'annuncio evangelico nel mondo moderno richiede.


3. Oggi occorre avere particolare attenzione a un fenomeno importante: la crescita del tempo. L'espressione "crescunt dies" è di sant'Agostino ("Serm. 370", 4,4) che l'usava, in occasione del Natale, per sottolineare l'espansione dell'annuncio evangelico nel mondo: "Da oggi - egli diceva - cominciano a crescere i giorni.

Credi in Cristo e il tempo crescerà in te".

E' una delle idee-forza delle origini: il cristianesimo è come un edificio nella cui costruzione ogni generazione ha un compito proprio. Qual è, allora, il compito dei cristiani nel mondo contemporaneo? Quanto sta avvenendo nella odierna compagine sociale fa pensare a un nuovo stadio della condizione umana. La nostra epoca deve misurarsi con interrogativi e problemi che mai prima d'ora si eran posti all'umanità. Le straordinarie conquiste della scienza, l'irrompere della tecnologia, le proporzioni mondiali assunte da economia e finanza, la diffusione planetaria dei mezzi di comunicazione hanno indotto interrogativi tali da raggiungere il nucleo più intimo dell'essere umano e del suo destino.

Si ha l'impressione di essere all'inizio di un capitolo veramente inedito della storia. Quand'io parlo di "nuova evangelizzazione" e di "nuova inculturazione", intendo riferirmi proprio al compito a cui l'ora presente chiama i cristiani. Occorre ripensare all'impegno di sempre con mentalità nuova, cercando di raccogliere le indicazioni che vengono dai "segni dei tempi". E occorre farlo con tempestiva incisività.


4. Il tempo non cresce da sé; può anche regredire fino alla barbarie. I cristiani sanno che il tempo è una dimensione dell'uomo, è lo spazio della sua persona, e cresce con il crescere della sua maturità di essere intelligente e libero, chiamato a far parte della famiglia di Dio. Occorre, dunque, portare l'umanità a prender coscienza di questo suo trascendente destino e del ruolo centrale che la Provvidenza le affida nello sviluppo dell'universo. Non è, questo ruolo centrale, un'intuizione semplicemente umana; è insegnamento del Figlio stesso di Dio, il quale lo ha confermato versando per l'umanità - e per ogni suo membro - il proprio sangue.

Questa centralità dell'uomo, di ogni singolo uomo, nell'universo, centralità che ne rende radicalmente illegittima ogni strumentalizzazione, è parte integrante del messaggio evangelico. Il cristiano non può ignorarlo senza tradire un'esigenza derivante dal cuore stesso della sua fede. Egli, perciò, è geloso del rispetto dovuto alla persona, a ogni persona, giacché egli sa che non c'è essere umano per il quale Cristo non sia morto sulla croce. In questa convinzione, avvalorata dalla forza interiore della grazia, sta il segreto di un amore del prossimo capace di spingersi, se necessario, fino al sacrificio supremo.


5. Il problema del futuro è se e quanto gli uomini sapranno e vorranno restare fedeli a queste verità, facendone la misura e il fine di tutte le loro scelte.

Sarà questa la "magna quaestio" da cui dipenderà il futuro del nostro pianeta. E questo sarà uno dei compiti primari della nuova evangelizzazione: radicare nelle coscienze, fin dagli inizi, questa verità che è la fondazione di tutto l'edificio sociale e la misura della qualità umana dell'esistenza nella vita del singolo come nei rapporti fra gli Stati. E lo farà la Chiesa con tanta maggiore attenzione e completezza, quanto minore fosse l'impegno della compagine sociale nel tenerne conto.

Di questa fedeltà a tutta la verità del Vangelo e al rapporto personale di ogni singolo uomo con Cristo, il cristiano è geloso. Il convincimento che la fede non attenua, ma eleva e potenzia la dignità della persona faceva dire a don Minzoni: "Vorrei far comprendere che se sono intransigente nella fede sono più universale nell'amore".


6. L'età privilegiata per la "crescita del tempo" cristiano è quella del primo affermarsi della coscienza: la fanciullezza e l'adolescenza. Io chiedo alle Chiese dell'Emilia-Romagna di concentrare qui il meglio dei loro sforzi: il meglio del personale educativo, delle risorse finanziarie, degli strumenti psicopedagogici disponibili. Sarà questo il modo più efficace per far "crescere il tempo" del mondo, dando ai cittadini di domani il sentimento cristiano della vita e i mezzi per tradurlo efficacemente in strutture di convivenza degne di uomini che un giorno popoleranno quei "nuovi cieli" e quella "terra nuova", "nei quali avrà stabile dimora la giustizia" (2P 3,13).

Due sono i luoghi di crescita del cristiano: la comunità ecclesiale e quella civile, realtà essenziali ambedue, che occorre seguire e promuovere con un unico amore, senza confusioni ma anche senza scomposizioni. Piuttosto che infrangere quel vincolo profondo, don Minzoni e i 92 hanno preferito lasciarsi straziare nel corpo. Alla stessa maniera i cristiani, mentre amano la pace e la concordia, non accetteranno di parlare dell'uomo e dei valori che debbono ispirarne la condotta diversamente da come ne ha parlato Cristo.


7. Ecco, cari fratelli e sorelle! Noi abbiamo fatto memoria di sacerdoti morti per la fedeltà al loro ministero. Ma il nostro sguardo non è rimasto volto al passato.

Il loro esempio luminoso ci ha spinti a guardare al futuro, per progettarlo sulla base di quei valori per i quali essi hanno dato la vita.

In un momento in cui la violenza torna a farsi, nel Paese, particolarmente feroce, la testimonianza di chi per gli altri ha saputo sacrificare se stesso possa divenire forte richiamo a riscoprire i valori di fondo su cui si regge ogni civile convivenza. L'immolazione di questi suoi figli ottenga all'Italia di mantenersi all'altezza delle sue tradizioni cristiane e di camminare, nella scia del loro esempio, verso un avvenire di vero progresso nella concordia operosa e nella pace.

Con questo auspicio, voglio ringraziare ancora una volta il presidente della Repubblica per la sua presenza come anche tutte le autorità civili e militari. Saluto tutti gli abitanti e i parrocchiani della parrocchia che una volta fu di don Minzoni, mentre imparto di cuore a tutti la mia benedizione conclusiva.

Data: 1990-09-23

Data estesa:Domenica 23 Settembre 1990

Al patriarca ortodosso di Alessandria - Castel Gandolfo (Roma)

Titolo: Il dialogo nutrito dalla preghiera e vissuto nella carità permette di superare le diversità e di raggiungere l'unione

Beatitudine.

Eccovi qui per qualche ora pellegrino presso la tomba dei santi apostoli Pietro e Paolo e ospite della Chiesa di Roma e del suo vescovo successore di Pietro. Vi ringrazio per la vostra visita e vi auguro di tutto cuore il benvenuto.

Sono veramente felice di accogliervi e di intrattenermi personalmente con voi. Da lunghi anni voi vi prodigate con grande carità e molto coraggio per la santa causa dell'unità dei cristiani. Voi sapete che come vescovo di Roma, io mi riconosco incaricato di un servizio di amore particolare e unico per questa causa che è stata oggetto della preghiera di Cristo alla vigilia della sua passione.

Alla fratellanza sacramentale che ci unisce nello stesso episcopato e ai sentimenti di carità che nutro per la vostra persona, si aggiunge come una parentela del cuore che suscita tra noi una confidenza e una speranza indefettibile. Fin dalla creazione della commissione mista di dialogo tra Chiesa cattolica e Chiesa ortodossa, voi ne eravate un membro particolarmente attivo e convinto. Oggi come Patriarca della vostra Chiesa, voi ne siete un ispiratore fedele e certo. Con la grazia di Dio questa commissione ha già prodotto dei frutti per ciò che concerne la nostra comune concezione sacramentale della Chiesa, i rapporti tra la fede e i sacramenti e la successione apostolica che è fondamentalmente per la santificazione e l'unità del popolo di Dio. Accogliendo con riconoscenza questi progressi del pensiero teologico, non dobbiamo risparmiare gli sforzi affinché essi abbiano un'influenza sul comportamento concreto delle nostre comunità. Ai cattolici e agli ortodossi del patriarcato greco di Alessandria non mancano le occasioni di testimoniare ciò che già li unisce e di collaborare al servizio dei popoli in seno ai quali essi vivono, nel Medio Oriente e in molti paesi africani.

Sul cammino di ristabilimento della loro piena comunione organica, la Chiesa cattolica e la Chiesa ortodossa incontrano anche delle difficoltà che non sono solo di ordine teologico. Sono convinto e ho già avuto l'occasione di dire che solo il dialogo nutrito dalla preghiera e vissuto nella carità può permettere di superarle.

Più che mai dobbiamo accogliere l'esortazione di san Paolo ai Romani: "Amatevi gli uni gli altri con affetto fraterno, gareggiate nello stimarvi a vicenda. Non siate pigri nello zelo; siate invece ferventi nello spirito, servite il Signore. Siate lieti nella speranza, forti nella tribolazione, perseveranti nella preghiera" (Rm 12,10-12).

Beatitudine, non solamente nel dialogo con la Chiesa cattolica, ma anche in seno a quella ortodossa e nelle istanze ecumeniche internazionali e regionali voi siete il testimone infaticabile della speranza dell'unità e cercate il dialogo con i credenti di altre religioni e con tutti gli uomini di buona volontà.

Voi sapete quanto, nel mio ministero a Roma e nel corso dei miei viaggi pastorali attraverso il mondo, io persegua gli stessi scopi affinché l'umanità conosca il suo Signore, accetti il suo Vangelo e goda della pace e della salute eterna.

La vostra Chiesa è meno numerosa oggi, ma per il Signore e per noi, una Chiesa è grande non in funzione del numero dei suoi fedeli, ma soprattutto del vigore della sua fede, del suo slancio missionario e della testimonianza dei suoi santi e dei suoi martiri.

E' con amore sincero che attraverso la vostra persona io saluto e accolgo nella mia preghiera e nel mio cuore anche i vescovi, il clero e tutti i fedeli della Chiesa sorella del Patriarcato greco-ortodosso d'Alessandria. Il nostro incontro di oggi è veramente un incontro nell'amore di Cristo, e vorrei concludere questo messaggio fraterno citando il grande patriarca Athénagoras I di Costantinopoli: "Noi portiamo anche il nostro pensiero verso il grande e santo momento in cui, vescovi d'Oriente e d'Occidente celebranti presso lo stesso altare, eleveranno il calice del Signore nell'Eucaristia comune. Questa ora ritarderà, può darsi. Ma l'ora dell'amore è già presente, è questa" ("Tomos Agapis", 26 ottobre 1967, n. 193.

Data: 1990-09-24

Lunedi 24 Settembre 1990

Alle autorità e alla cittadinanza e agli agenti di Pubblica Sicurezza - Castel Gandolfo (Roma)

Titolo: Il congedo dalla comunità di Castel Gandolfo

Signor sindaco, illustri membri del Consiglio e della Giunta comunale, cari fratelli e sorelle! Mi è gradito incontrarvi, come ogni anno, al termine del mio soggiorno estivo a Castel Gandolfo. Ed è questa ormai una tradizionale occasione per rinnovarvi i miei sentimenti di stima e di riconoscenza. Saluto, in modo particolare, il signor sindaco, al quale sono grato per le gentili parole che mi ha indirizzato a nome della Giunta comunale e dell'intera cittadinanza. La ringrazio per queste parole che hanno significato anche una vera partecipazione a quello che è il compito proprio della Chiesa, e specialmente del Papa, nella nostra epoca. Un compito arduo e difficile, ma speriamo di affrontarlo sempre con la grazia di Dio. E' indispensabile questo compito di fronte ai pericoli che minacciano i popoli, minacciano l'umanità, anche quella che si sente sicura.

Rivolgo poi un cordiale pensiero a voi, funzionari, impiegati e dipendenti della civica amministrazione, alle vostre famiglie e a tutti i presenti.

Prima di rientrare in Vaticano, dopo questi mesi di sereno riposo, sento il bisogno di dire grazie a quanti hanno operato con discrezione e abnegazione per assicurare che, durante il mio soggiorno tra voi, tutto si svolgesse nella tranquillità. Grazie a tutti e a ciascuno per la costante sollecitudine e per gli inevitabili sacrifici che essa ha comportato.

Nel momento di lasciare Castel Gandolfo vorrei augurare alla popolazione castellana di vivere sempre nella concordia come una grande famiglia nella quale, col passare degli anni, si fanno più solidi i sentimenti di comprensione e di collaborazione.

Rivolgo un particolare augurio alle vostre famiglie e in special modo ai vostri figli, alcuni dei quali in questi giorni hanno ripreso il loro impegno scolastico. Il Signore li aiuti affinché possano applicarsi con serietà al loro dovere e così ricompensare i genitori per gli sforzi che affrontano quotidianamente per loro. Il Signore, inoltre, non faccia mancare alle famiglie l'amore e la coesione tanto necessari per l'armoniosa educazione della gioventù.

L'Altissimo vi accompagni tutti, cari fratelli e sorelle, nei vostri rispettivi impegni e vi renda sempre costruttori di una società basata sugli intramontabili valori umani e cristiani, poiché solamente questi grandi ideali possono assicurare una pacifica convivenza e preparare un futuro carico di speranza per i vostri ragazzi.

La Vergine santissima, alla quale siete tanto devoti, avvalori questi miei voti augurali e conceda alla città di Castel Gandolfo abbondanti doni di prosperità e di pace.

Di tutto cuore anch'io vi assicuro la mia riconoscente preghiera e imparto a voi, ai vostri cari, come pure all'intera popolazione di Castel Gandolfo, una particolare benedizione apostolica.

Cari agenti della Pubblica Sicurezza, della Polizia Stradale e dell'Arma dei Carabinieri, Prima di lasciare Castel Gandolfo desidero esprimere a tutti voi, come ogni anno, il mio cordiale saluto e la mia riconoscenza per il discreto e prezioso servizio da voi svolto durante il mio soggiorno estivo.

Vi ringrazio per la premura, per la perizia e per il senso di responsabilità con cui avete adempiuto i vostri ruoli in situazioni talora alquanto faticose. L'adempimento del vostro quotidiano dovere è stato per me un esempio e un motivo di riflessione. Infatti, il clima di pace e la serenità che hanno segnato questi mesi non è soltanto il risultato di una professionalità sempre più efficiente e qualificata, ma soprattutto di uno sforzo che nasce dall'affetto verso il mio ministero e la mia persona.

Vi incoraggio pertanto a continuare con rinnovato impegno il vostro lavoro, che ispirandosi a una fede matura e a un amore sincero per i fratelli, porta dovunque frutti di salvezza eterna.

Vi affido alla materna intercessione della Vergine Maria, "Virgo fidelis". Ella, maestra di fedeltà e di sollecitudine, vi sia di aiuto in particolar modo nei momenti della prova e della fatica.

A conferma di questi voti e in segno di particolare stima invoco la protezione di Dio su tutti voi, sulle vostre famiglie e sulle persone a voi care.

Data: 1990-09-25

Data estesa:Martedi 25 Settembre 1990

Ai dipendenti delle Ville Pontificie - Castel Gandolfo (Roma)

Titolo: La celebrazione eucaristica continua nella vita dei cristiani

Il direttore ha parlato della Messa inaugurale di questo anno. Era la prima domenica del mio soggiorno qui. Si è celebrata questa Messa come ogni anno. In un certo senso tale Messa oggi si conclude. Si, si è conclusa la prima domenica, liturgicamente; in un altro senso, si conclude con queste parole, non solamente oggi, usate nella liturgia: "La Messa è finita, andate in pace"; o con altre formule simili. Io ritornerei alla formula tradizionale latina che era molto breve: "Ite, missa est". Molto breve, ma, nello stesso tempo, piena di contenuti, perché parlava della missione. La Messa non è finita. La Messa è sempre aperta, aperta in ciascuno di noi, aperta nella nostra fede e nella nostra vita. Questa fede e questa vita devono farsi missione. Siamo tutti Chiesa qui, in terra, e noi tutti nella Chiesa siamo in stato di missione. Questa è la visione che si trova dentro le brevi parole della conclusione liturgica della Messa latina: "Ite, missa est". Io vorrei oggi dire questo "Ite, missa est" nel senso che la Messa di inaugurazione di due mesi fa, verso la fine di luglio, oggi arriva al suo compimento, alla sua conclusione, e vorrei fermarmi un po' insieme con voi su queste parole. Certamente, durante l'estate, non tutti ci siamo incontrati come oggi. Ma tutti eravamo insieme appartenendo alla stessa comunità delle Ville Pontificie. Queste Ville servono anche in un periodo dell'anno al ministero del Papa, al ministero petrino. Possiamo dire un luogo più comodo, ma dentro lo stesso ministero che il Papa compie tutto l'anno nel Vaticano, certamente anche questo "ministero" è una missione.

Il direttore mi ha presentato i suoi collaboratori. Ciascuno di voi ha un ministero, ministeri diversi in questa comunità di Castel Gandolfo, in queste Ville Pontificie, anzi il vostro direttore ha presentato ciascuno indicando questo ministero, questa funzione che compie. Allora, questo ministero fa anche parte della nostra missione in questo "Ite, missa est". La vostra vita si realizza in questo ministero, in questa funzione, qui, nella comunità di Castel Gandolfo, in questo campo di lavoro che sono le Ville Pontificie e, nello stesso tempo, per tutti durante tutto l'anno.

Ma, la parte più importante di questa missione è la vostra vita personale e familiare. Il nostro incontro conclusivo si ripete, oggi, penso per la dodicesima volta. Allora, in dodici anni, molte cose sono cambiate, specialmente nelle vostre famiglie. Crescono i figli, crescono le figlie, poi si inaugurano le nuove coppie. I figli sposano le loro fidanzate, le figlie sposano i loro fidanzati. Entriamo nella prima, nella seconda, nella terza generazione. Lo vedo ogni anno, anche se in modo molto transitorio ma, nello stesso tempo, in modo molto essenziale: questo appartiene al nostro incontro. Questo incontro è un po' come vedere il camminare delle persone, delle famiglie; come camminano le generazioni, e, dentro questo camminare delle generazioni, c'è una grande missione, c'è la parte centrale di questo "Ite, missa est" della messa.

Certamente, questa è la missione principale dall'inizio dell'umanità, dalla creazione dell'uomo e della donna, la missione principale è questa: vivere la famiglia, procreare i figli, dare vita ad altre persone umane, educare queste persone umane nuove cominciando dai piccolissimi bambini fino ai ragazzi e alle ragazze che già da soli cominciano a pensare ad un'altra famiglia.

Vorrei in questo modo, interpretare a conclusione la riflessione sull'"Ite, missa est" nel giorno in cui si conclude il nostro "essere insieme" durante i mesi estivi a Castel Gandolfo, che questo "Ite, missa est" sia nella vita di ciascuno di voi, delle vostre piccole comunità, delle vostre famiglie, benedetto da Dio; sia pieno del contenuto umano e cristiano, sia pieno di fede, di speranza, e di amore. Questo costituisce la stessa essenza della nostra missione come persone e come cristiani. Questo auguro a tutti.

Ringrazio ancora una volta il signor direttore per le sue parole e per tutti i servizi che ho potuto ricevere durante le vacanze, io e altre persone che mi hanno frequentato come pellegrini ma anche come ospiti.

Ringrazio anche per l'"Antiquarium" che mi ha mostrato, il quale rappresenta gli scavi preziosi dell'antica villa domiziana, perché qui ci troviamo su un territorio che ha una sua lunga storia.

Vorrei offrire a tutti una benedizione, ringraziando ancora una volta per questo incontro e augurando tutto il bene del cielo e della terra a ciascuno di voi e alle vostre famiglie.

Data: 1990-09-25

Martedi 25 Settembre 1990



A una Conferenza sulla famiglia - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Una società colpita nella famiglia non ha futuro

Illustri signori!


1. Siate i benvenuti a questa udienza speciale, da voi stessi assai desiderata e a me vivamente gradita, che conclude l'incontro di studio sul tema "Aspettative della famiglia in relazione alla costruzione dell'Europa". Saluto il signor ministro del Lavoro della Repubblica Italiana, i signori ministri e sottosegretari dei Paesi Europei incaricati della Famiglia, il signor presidente della Commissione per gli affari sociali e gli altri membri del Consiglio d'Europa qui presenti.

Rivolgo un pensiero speciale di compiacimento al signor presidente della Confederazione degli organismi familiari della Comunità Europea (COFACE), che ha promosso tale incontro di studio; ai dirigenti e rappresentanti degli Organismi familiari della Comunità Europea e - con particolare compiacimento - a coloro che provengono dalle Nazioni dell'Est del nostro continente.

Mi è gradito rivolgere un pensiero anche al signor presidente della "Union Internationale des Organismes Familiaux" e alla signora presidente dell'Associazione dei genitori, che tanto bene opera in Italia, interessandosi specialmente ai diritti e ai doveri delle famiglie nel mondo della scuola e nella programmazione politica.


2. La presenza a questo simposio di una così larga rappresentanza di esperti provenienti da ogni parte d'Europa è motivo di gioia e di grande speranza. Il bisogno che voi sentite di incontrarvi per concordare un'azione solidale nei rispettivi Paesi è segno del cammino irreversibile che il nostro continente sta percorrendo verso un'integrazione sempre più profonda, ed è motivo di fiducia per quanti guardano con preoccupazione alle difficoltà a cui è esposta la famiglia nel mondo contemporaneo.

In questa prospettiva è significativo il tema su cui avete scelto di misurarvi. Certo, il ruolo della famiglia nella costruzione della nuova società è fondamentale. E' giusto perciò interrogarsi sulle aspettative, sulle speranze e anche - ovviamente - sugli impegni che ad essa competono nel contesto delle situazioni culturali, politiche, economiche e sociali delle odierne comunità statali.

Una risposta seria può essere offerta solo sulla base dell'attenta analisi dei dati concreti nel contesto delle strutture sociali e delle attività lavorative e produttive, sia industriali che agricole. L'apertura delle frontiere favorirà un dialogo intenso e una comunione di esperienze che saranno determinanti per l'affermarsi della nuova fisionomia del continente, e ciò ovviamente non avverrà senza vistosi riflessi sulla vita di tutti. Saranno chiamate in causa le strutture che maggiormente incidono sulla vita sociale: la scuola, bisognosa di nuove programmazioni; le organizzazioni del lavoro e i sindacati, sollecitati a inserirsi in un orizzonte più vasto; e, in particolar modo, la famiglia. Essa, infatti, rimarrà sempre la "scuola di umanità più completa e più ricca", dove "le diverse generazioni si incontrano e si aiutano vicendevolmente... a comporre convenientemente i diritti della persona con le altre esigenze della vita sociale" (GS 52).


3. Ciò vale, in particolare, per le giovani generazioni, che nella famiglia trovano il naturale contesto per la loro maturazione. I giovani di oggi saranno i cittadini europei di domani. Anzi, in un certo senso, essi già vivono nella dimensione di una comunità umana più larga e senza frontiere. Molti di loro, pensando al futuro, cercano già professioni ed esperienze, scambi scientifici e culturali aperti a una collaborazione che oltrepassa i confini nazionali. Con naturalezza, nel rispetto delle diversità, con ampio spirito di tolleranza, con ottimismo e fiducia, essi perseguono il progetto di un'Europa unita, di cui già si sentono idealmente cittadini.

E' chiaro che tutto ciò pone inedite esigenze alla famiglia, che deve mostrarsi all'altezza di questi nuovi compiti. Alle grandi possibilità che il futuro prospetta s'accompagnano, infatti, non piccoli rischi. Sono in questione valori fondamentali, da cui dipendono le caratteristiche della futura società europea che s'intende costruire. La famiglia non può essere lasciata sola e, tanto meno, ostacolata nell'assolvimento dei doveri che costituzionalmente le competono.

Solo se i singoli, le associazioni, i partiti, le strutture pubbliche si faranno carico, dal rispettivo angolo di competenza, dei problemi con cui la famiglia deve oggi misurarsi, è possibile sperare in una loro positiva soluzione.

La Chiesa, per parte sua, non mancherà di intensificare il suo impegno in un settore di così vitale importanza. Consapevole com'è che "il bene della società e di se stessa è profondamente legato al bene della famiglia", essa "sente in modo più vivo e stringente la sua missione di proclamare a tutti il disegno di Dio sul matrimonio e sulla famiglia, assicurandone la piena vitalità e promozione umana e cristiana, e contribuendo così al rinnovamento della società e dello stesso popolo di Dio" (FC 3).


4. La società colpita nella famiglia non ha futuro. Per questo la nuova Europa, che tutti auspichiamo, farà bene a porre gran cura nella tutela e nella promozione di questa fondamentale cellula della società, alla luce delle proprie tradizioni più vere, che sono profondamente permeate di valori cristiani. In questa prospettiva, invoco su tutti voi, sulle Nazioni che rappresentate e sull'attività delle vostre Associazioni la protezione di Dio altissimo, creatore di ogni uomo e della famiglia, misericordioso donatore di una legge di sapienza e di santità, iscritta nel cuore di ogni essere umano.

Conforti il Signore il vostro impegno per lo sviluppo di una vita familiare sana e gioiosa, alimentata da una costante circolazione di fiducia e di amore.

A tutti la mia benedizione.

Data: 1990-09-28

Venerdi 28 Settembre 1990

A religiosi dell'abbazia Sainte-Madeleine du Barroux - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Ritrovare l'unità feconda intorno al vescovo di Roma

E' con gioia che vi incontro oggi, figli di san Benedetto dell'abbazia Sainte-Madeleine di Barroux, che avete voluto manifestare con questo pellegrinaggio comunitario la vostra fedeltà al Signore e il vostro attaccamento alla sua Chiesa. Con voi, io rendo grazie alla divina Provvidenza che vi ha aiutato, durante i dolorosi avvenimenti del giugno 1988, a ritornare alla comunione con la Sede apostolica. Da allora il vostro attaccamento al successore di Pietro si è costantemente rafforzato e mi è gradito sapere che le vostre relazioni con la Chiesa diocesana diventano giorno dopo giorno più leali e fraterne.

Voi siete stati ugualmente, per le monache benedettine dell'Annunciazione che stanno lavorando per costruire il loro monastero non lontano dal vostro, un prezioso incoraggiamento e un appoggio costante nel loro cammino di comunione, e avete contribuito in maniera particolarmente felice ed efficace al consolidamento dei loro legami con la diocesi.

La Santa Sede ha concesso al vostro monastero la facoltà di utilizzare i libri liturgici in uso nel 1962, al fine di rispondere alle aspirazioni di coloro "che si sentono vincolati ad alcune precedenti forme liturgiche e disciplinari della tradizione latina", confermando così le disposizioni della costituzione conciliare sulla santa liturgia che ricorda che "La Chiesa, quando non è in questione la fede o il bene comune generale, non intende imporre, neppure nella liturgia, una rigida uniformità; rispetta anzi e favorisce le qualità e le doti di animo delle varie razze e dei vari popoli" (SC 37).

E' evidente che, lungi dal cercare di mettere un freno all'applicazione della riforma intrapresa dopo il Concilio, questa concessione è destinata a facilitare la comunione ecclesiale delle persone che si sentono legate a queste forme liturgiche.

Io esprimo l'augurio che l'"Opera di Dio" e in particolare, l'Eucaristia, così celebrate nel vostro monastero contribuiscano efficacemente alla realizzazione del vostro ideale monastico, il quale, sicuramente, trova il suo nutrimento anche nel lavoro, nel silenzio che favorisce la contemplazione, e nell'impegno a ricercare Dio dovunque, in modo tale che, comunità giovane e fervente, siate capaci di testimoniare delle realtà invisibili nel mondo contemporaneo. così, insieme con gli altri monasteri benedettini, voi continuerete ad essere dei luoghi di ritiro per il rinnovamento spirituale, dove riservando giustamente il primo posto a Dio, "ciò che è umano sia ordinato e subordinato al divino, il visibile all'invisibile, l'azione alla contemplazione, la realtà presente alla città futura, verso la quale siamo incamminati" (SC 2). Colgo l'occasione di questo incontro per rivolgermi a coloro che sono ancora legati alla Fraternità san Pio X. Li invito a rimettersi, istantaneamente, alla guida del successore di Pietro e a prendere contatto con la Commissione "Ecclesia Dei", istituita per facilitare il reinserimento nella piena comunione ecclesiale. L'abbazia di Sainte-Madeleine di Barroux deve essere per loro un incoraggiamento a ritrovare l'unità feconda della Chiesa intorno al vescovo di Roma. Io affido alla vostra preghiera la grande intenzione della riconciliazione di tutti i figli e le figlie della Chiesa nella stessa comunione.

Per aiutarvi nella vostra vita monastica nel cuore della Chiesa, nostra Madre, vi benedico di tutto cuore.

Data: 1990-09-28

Venerdi 28 Settembre 1990

Alla Messa per i due predecessori - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Paolo VI e Giovanni Paolo I difensori e costruttori di pace




GPII 1990 Insegnamenti - Ai cittadini e rappresentanze della regione - Argenta (Ferrara)