GPII 1991 Insegnamenti - Alla plenaria del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace - Città del Vaticano (Roma)

Alla plenaria del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: In troppe regioni l'umanità non ha saputo far prevalere il ricorso al dialogo e al negoziato sulla voce delle armi

Caari fratelli nell'Episcopato, Cari amici, In occasione dell'Assemblea plenaria del Consiglio "Iustitia et Pax", avete espresso il desiderio di venire ad unirvi alla mia preghiera nella celebrazione dell'Eucaristia. Vi accolgo qui tanto più volentieri in quanto la vostra missione ecclesiale consiste appunto nel lavorare per la pace che noi desideriamo veder ritornare nel mondo.

Molti sforzi sono stati compiuti per allontanare la violenza della guerra. Ma, in troppe regioni, l'umanità non ha saputo far prevalere il ricorso al dialogo e al negoziato sulla voce delle armi: penso in particolare alla regione del Medio Oriente, alla Somalia, senza dimenticare, più vicino a noi, le popolazioni dei Paesi Baltici. Distruzioni, ferite, morti, ripetute minacce continuano a sconvolgere i nostri fratelli e a rattristarci.

Di nuovo, imploriamo insieme Cristo, nella celebrazione del Sacrificio della Croce, affinché consoli quanti piangono, rassicuri quanti hanno paura, liberi tutti i cuori dall'odio mortale. Gli chiediamo con ansia d'ispirare in coloro che hanno il potere di decisione la sincera volontà di giungere alla pace, d'iniziare i negoziati che s'impongono, di agire nel rispetto della giustizia, di salvaguardare il diritto d'interi popoli a compiere il proprio dovere di uomini nella tranquillità e su una terra salvaguardata da insensate distruzioni.

Ci volgiamo umilmente al Signore. Lo imploriamo di effondere su di noi e su tutti i nostri fratelli nel mondo i benefici della sua misericordia. Chiediamo la sua grazia che purifica e trasforma. Gli offriamo la pena e i sacrifici degli uomini perché li unisca al sacrificio della sua stessa vita ed apra così ai popoli della terra le vie della speranza e della pace.

(Traduzione dal francese)

Data: 1991-01-29
Martedi 29 Gennaio 1991



Al Consiglio mondiale delle Chiese per la VII Assemblea in corso a Canberra

Titolo: Lo Spirito Santo ci conduce più vicini all'unità

In occasione della VII Assemblea del Consiglio Mondiale delle Chiese invio a lei e a tutti i partecipanti i miei cordiali saluti, e le assicuro la mia vicinanza nella preghiera mentre vi radunate per riflettere sul tema: "Vieni Spirito Santo: rinnova tutta la creazione".

Il fatto che il Consiglio Mondiale delle Chiese abbia scelto per la propria assemblea un tema dedicato allo Spirito Santo è significativo ed opportuno. Esso richiama alla mente la costante presenza dello Spirito che è stato con la Chiesa lungo tutta la sua storia e che è tra noi ora nell'adempimento delle parole di Nostro Signore Gesù Cristo che ha detto: "Lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome... vi insegnerà tutto e vi farà ricordare tutto ciò che vi ho detto" (Jn 14,26).

Il movimento ecumenico, di cui la vostra assemblea è un importante forum, è sorto per la grazia dello Spirito Santo (UR 1). E' lo Spirito, infatti, che sostiene le nostre preghiere, la nostra apertura alla conversione della mente e del cuore, e la fedeltà alla parola di vita trasmessa nel Vangelo e nella Chiesa. Veramente possiamo affermare che il progresso verso il ristabilimento dell'unità tra i cristiani dipende soprattutto dalla guida dello Spirito Santo.

Nei sette anni dalla vostra ultima assemblea lo Spirito ci ha fatto avanzare lungo la strada che porta all'unità. La mia visita al Consiglio Mondiale delle Chiese nel 1984 e la vostra successiva visita a Roma hanno sottolineato i significativi sforzi verso l'unità in cui siamo impegnati. Ad Assisi nel 1986, quando i rappresentanti di molte comunità cristiane e di altre tradizioni religiose generosamente risposero alla mia chiamata per una Giornata di Preghiera per la Pace, abbiamo avuto un'esperienza toccante della direzione in cui lo Spirito ci sta guidando.

Anche il dialogo teologico ha reso importanti contributi alla ricerca per l'unità e sta aiutando a chiarire questioni che necessitano di ulteriori studi. A questo proposito, sono consapevole del valore della consultazione intrapresa riguardo al documento "Battesimo, Eucaristia e Sacerdozio".

Questi aspetti positivi della nostra ricerca per l'unità visibile nella fede sono certamente un segno dello Spirito Santo che ci conduce più vicino all'unità che Cristo desidera per i suoi discepoli. Le difficoltà che sperimentiamo nei nostri sforzi ecumenici non devono scoraggiarci ma piuttosto ci spingano ad impegnarci in modo nuovo nel compito in corso. Possa la vostra assemblea essere l'occasione per una rinnovata consapevolezza dei doni dello Spirito a questo riguardo.

La attuale tragica situazione del nostro inquieto mondo conferma ancora una volta il bisogno dell'umanità di riconciliazione, il suo bisogno di una testimonianza ancor più autentica al messaggio biblico di pace, giustizia e integrità della creazione. Ma il fatto triste è che la nostra testimonianza a questi valori sarà meno convincente finché il mondo continuerà ad essere affrontato dalle nostre divisioni. Qui si pone l'urgenza di un compito ecumenico.

E' mia preghiera che il Signore benedica la vostra assemblea e che lo Spirito Santo guidi i vostri comuni sforzi verso l'unità della fede. Possa lo stesso Spirito illuminare tutti coloro che si riuniscono a Canberra per riflettere insieme sui grandi problemi dei nostri tempi alla luce della Parola di Dio. "La grazia del Signore Gesù Cristo, l'amore di Dio e la comunione dello Spirito Santo siano con tutti voi" (2Co 13,14).

(Traduzione dall'inglese)

Data: 1991-01-30
Mercoledi 30 Gennaio 1991

Alla plenaria del Pontificio Consiglio per la promozione dell'Unità dei Cristiani - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Una comunione imperfetta

Signori Cardinali, Cari confratelli nell'Episcopato Cari amici,


1. Nel ministero che mi è proprio, conoscete i miei sforzi per promuovere "il ristabilimento dell'unità... fra tutti i cristiani" (UR 1).

perciò è con vera gioia e vivo interesse che ricevo oggi voi, che partecipate da lunedi alla sessione plenaria del Pontificio Consiglio per la Promozione dell'Unità dei Cristiani. Vi ringrazio per la vostra attiva partecipazione a questi lavori che si avvalgono della vostra competenza e della vostra dedizione nella ricerca di questa unità.

Nel corso della vostra sessione plenaria, avete voluto compiere una approfondita valutazione degli attuali rapporti della Chiesa cattolica con le altre Chiese e comunità ecclesiali, allo scopo di migliorarli e di intensificarli.

Esaminare il lavoro svolto, le tappe superate, le difficoltà incontrate, i metodi ed i mezzi impiegati, tutto ciò è di grande vantaggio per esercitare sempre meglio una responsabilità, che riceviamo per la volontà stessa del Signore.

Dobbiamo prendere una coscienza sempre maggiore di questa responsabilità. Nessuna difficoltà ereditata dal passato o creata da una situazione presente, deve fermarci. La ricerca dell'unità dei cristiani è stato "uno dei principali intenti" (UR 1) del Concilio Vaticano II e il Codice di Diritto Canonico ne fa un impegno pastorale molto importante: "Spetta in primo luogo a tutto il Collegio dei Vescovi e alla Sede Apostolica sostenere e dirigere presso i cattolici il movimento ecumenico, il cui fine è il ristabilimento dell'unità tra tutti i cristiani, che la Chiesa è tenuta a promuovere per volontà di Cristo" (CIC 755 §1).


2. I rapporti ecumenici costituiscono una realtà complessa e delicata, che implica al tempo stesso lo studio e il dialogo teologico, il contatto e i rapporti fraterni, la preghiera e la collaborazione pratica. Noi siamo chiamati ad operare in tutti questi campi. Limitarsi a uno solo di questi o ad alcuni e trascurare gli altri non può produrre che sterili risultati. Questa visione globale dell'azione ecumenica deve essere sempre tenuta presente quando illustriamo e spieghiamo il nostro impegno.

La Chiesa cattolica è entrata in dialogo teologico a livello universale attraverso la creazione di dodici commissioni miste, con quasi tutte le Chiese e comunità ecclesiali di Oriente ed Occidente. Il panorama di questi dialoghi è molto vario. Si aprono su tutti gli orizzonti teologici. Pur distinguendosi gli uni dagli altri per il loro scopo immediato, i temi affrontati, i risultati già ottenuti e le problematiche che hanno sollevato, tutti questi dialoghi bilaterali si pongono nella prospettiva generale dell'unità.

Per grazia di Dio, questi dialoghi cominciano a dare i loro frutti.

Convergenze sono emerse e creano ora le basi di una reale speranza nella fede, pur rimanendo seri problemi che esigono ulteriori approfondimenti, scambi più attivi e maggior pazienza e serenità di spirito.


3. I dialoghi in corso rafforzano i vincoli della vera e profonda comunione - pur restando essa imperfetta - che uniscono gli altri cristiani alla Chiesa. E' appunto sulla realtà di questa koinonia, di questa comunione, che il Concilio Vaticano II ha fondato i rapporti con tutti i battezzati. Il decreto sull'ecumenismo afferma chiaramente: "Quelli infatti che credono in Cristo e hanno ricevuto debitamente il battesimo sono costituiti in una certa comunione, sebbene imperfetta, con la Chiesa cattolica" (UR 3).

E la Costituzione dogmatica sulla Chiesa illustra "più ragioni" di questa comunione parziale: "Ci sono infatti molti che hanno in onore la sacra scrittura come norma della fede e della vita, mostrano un sincero zelo religioso, credono con amore in Dio Padre onnipotente e in Cristo, Figlio di Dio e Salvatore, sono segnati dal battesimo, col quale vengono uniti con Cristo; anzi riconoscono e accettano nelle proprie chiese o comunità ecclesiali anche altri sacramenti. Molti tra loro hanno anche l'episcopato, celebrano la sacra eucarestia e coltivano la devozione alla Vergine, Madre di Dio. A questo si aggiunge la comunione di preghiere e di altri benefici spirituali; anzi una certa vera unione nello Spirito Santo, poiché anche in loro lo Spirito con la sua virtù santificante opera per mezzo di doni e grazie, e ha fortificati alcuni di loro fino allo spargimento del sangue" (LG 15). Questa descrizione evoca la diversità delle altre Chiese e comunità ecclesiali, che sono in una certa comunione con la Chiesa cattolica.

Secondo il Concilio, il grado più intenso di questa comunione è quello che hanno con noi le Chiese ortodosse e le Antiche Chiese d'Oriente: "Quelle Chiese, quantunque separate, hanno veri sacramenti e soprattutto, in forza della successione apostolica, il sacerdozio e l'eucaristia, per mezzo dei quali restano ancora unite con noi da strettissimi vincoli" (UR 15).

I dialoghi bilaterali con le diverse Chiese e comunità ecclesiali tengono conto di questa diversità di gradi di comunione. Ciascun dialogo bilaterale deve affrontare problemi specifici a causa della natura delle divergenze che esistono con noi.

Per superare gli impedimenti "talvolta proprio gravi" che "si oppongono alla piena comunione ecclesiastica" (UR 3), i teologi delle commissioni miste saranno disposti a studiare, con grande amore per la Chiesa e nella preoccupazione per la purezza della dottrina (cfr. UR 11), i caratteri specifici delle questioni affrontate. La loro dedizione alla causa della piena comunione ecclesiale, che resta il fine ultimo del dialogo ecumenico, meriterà loro la profonda riconoscenza della Chiesa e del suo magistero. Io sono personalmente felice di ringraziarli per il positivo lavoro già svolto. Pur essendo multiforme, il dialogo deve tener conto di tutti gli elementi di questa comunione, metterli in rapporto perché si fondino su una solida unità organica nella fede, nei sacramenti e nel ministero pastorale. La Parola di Dio, così come trasmessa dalle Scritture e come è stata vissuta dalla grande tradizione della Chiesa, è il fondamento sicuro di una ricerca che deve portare a felici risultati. La visione della piena comunione è la nostra speranza ed è per noi motivo per un impegno dinamico ed incessante di dialogo, studio e preghiera.


4. I rapporti di fratellanza con i membri e le autorità delle Chiese e delle Comunità ecclesiali costituiscono una realtà strettamente legata al dialogo teologico. E' una dimensione che occorre promuovere sempre più. I contatti facilitano la conoscenza reciproca e rafforzano il desiderio della piena comunione. I rapporti fraterni possono anche consentire di affrontare certe questioni pratiche che talvolta gravano pesantemente sul dialogo teologico stesso.

Desidero inoltre ricordare che lo spirito di dialogo deve animare quanti esercitano una responsabilità pastorale ai diversi livelli della Chiesa cattolica.

- Quando l'autorità della Chiesa li ha approvati, è opportuno che i documenti elaborati dalle commissioni miste siano conosciuti e studiati; i loro risultati devono essere accolti da tutti ed integrati nella predicazione, l'insegnamento e la vita ecclesiale.

- Nella formazione teologica si esige con sempre maggiore urgenza la dimensione ecumenica realmente fondata e costantemente garantita, in particolare per i futuri sacerdoti. Il Concilio ne aveva chiaramente segnalato la necessità (cfr. UR 10). Le esigenze della missione della Chiesa richiedono attualmente una collaborazione ecumenica che non può essere realizzata senza un'adeguata preparazione spirituale, dottrinale e culturale.

- E' auspicabile che le commissioni nazionali e diocesane per l'ecumenismo, che finora hanno reso apprezzabili servizi, sviluppino la loro azione. Esse possono offrire un aiuto prezioso ai pastori nell'esercizio della loro responsabilità.


5. Intensificare i rapporti ecumenici è un dovere complesso, i cui diversi aspetti sono complementari. Un pieno accordo su una comune professione di fede è la condizione fondamentale dell'unità verso cui tendiamo. Il dialogo teologico è lo strumento più idoneo per raggiungerla. Esso deve esaminare le divergenze e cercare di superarle, con la grazia dello Spirito, nella fedeltà all'integralità della dottrina. Per questo, preghiamo e speriamo.

Invoco la Benedizione di Dio sulla vostra sessione plenaria affinché essa dia un nuovo impulso al dialogo ecumenico e a tutta l'azione ecumenica.

(Traduzione dal francese)

Data: 1991-02-01
Venerdi 1 Febbraio 1991

Il discorso ai vescovi della Lombardia in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: La nuova evangelizzazione deve preparare giovani generazioni di apostoli per nulla timorosi di proclamare il Vangelo nella sua integrità

Venerati fratelli nell'Episcopato!


1. Formati a una fede adulta, i discepoli del Signore sono chiamati ad annunciare e a promuovere nel mondo, dominato oggi da crescenti incertezze e paure, le trascendenti realtà della vita nuova in Cristo. Al tempo stesso, devono sentirsi impegnati a contribuire attivamente alla promozione integrale dell'uomo, all'affermazione del dialogo e della comprensione fra gli individui e i popoli, al progresso della giustizia e della pace. Come ricorda la Lettera a Diogneto i cristiani sono l'anima del mondo. Che ogni fedele avverta, con rinnovata consapevolezza, il compito di essere anima del mondo! Questa è la vostra preoccupazione prioritaria, carissimi fratelli, Pastori delle dilette Chiese della Lombardia: su di essa ritornate insistentemente nei vostri piani pastorali, vedendovi una esigente sfida missionaria, dalla quale ogni comunità deve sentirsi seriamente interpellata. Mi compiaccio per la vostra intensa azione, che fa leva in modo particolare sul ruolo centrale della parrocchia, all'interno della quale si sviluppa l'oratorio, tipica istituzione lombarda per l'educazione della gioventù. Mentre vi esprimo apprezzamento per così generoso lavoro apostolico, rivolgo a ciascuno il mio grato e fraterno saluto. Ringrazio, in particolare, il Signor Cardinale Carlo Maria Martini per i sentimenti cordiali che mi ha espresso a vostro nome ed invio un affettuoso pensiero anche ai Vescovi che hanno ormai lasciato il diretto ministero pastorale. Il Padrone della messe, che vi ha chiamati ad operare nel suo campo, vi ricolmi tutti della sua benevolenza.


2. Non è mai stato facile per il seguace di Cristo essere "anima" del mondo; non lo è in modo speciale nel presente momento storico, segnato da profondi cambiamenti culturali e sociali. In varie circostanze, come successori degli apostoli che "reggono la casa del Dio vivente" avete preso in considerazione lo stato attuale delle comunità cristiane a voi affidate, soffermandovi sulle loro potenzialità e sui loro problemi. Le vostre osservazioni pongono in evidenza spesso fatti di portata generale, che vanno ben oltre i confini della Lombardia e si collegano con tutta la realtà europea. Il rilevante benessere materiale non influisce sempre positivamente sull'andamento della vita familiare - si pensi, ad esempio, al crollo delle nascite e al numero considerevole di matrimoni in crisi -, mentre la scolarizzazione, estesa per gran parte fino alla scuola media superiore, con un'alta frequenza all'università, offre inedite possibilità, ma crea anche nuove difficoltà all'impegno formativo e catechetico dei giovani. La sistematica e capillare diffusione dei mezzi di comunicazione sociale finisce per eliminare o, almeno, ridurre di parecchio la diversità tra metropoli, città di provincia, centri minori e paesi, favorendo un livellamento che può a volte mortificare forme più genuine del vivere. Fenomeni recentissimi sono la presenza massiccia di immigrati extracomunitari e l'affermarsi delle Leghe, particolarmente attive proprio in Lombardia. E' uno stato di cose che viene non di rado assimilato senza sufficiente spirito critico né discernimento, in un contesto ambientale segnato dal cosiddetto "pensiero debole", che conduce a ridurre tutto a semplice diversità, più che a giudicare e a distinguere ciò che è vero da ciò che è falso.

Lo stesso crollo delle ideologie porta con facilità, soprattutto i giovani, all'individualismo, che chiude in se stessi o in piccole aggregazioni congeniali, al consumismo, al non interesse per la cosa pubblica e ad un progressivo distacco da un cammino di fede autentica. Segni inquietanti di un malessere sociale serpeggiante sono, tra l'altro la devianza giovanile, la delinquenza, la violenza e il flagello della droga. L'influsso della secolarizzazione si avverte, purtroppo, nel pericoloso divario fra pratica religiosa e vita di fede. Tutto ciò spiega, almeno in parte, la carenza di vocazioni che con preoccupazione dovete registrare anche nelle vostre comunità.


3. Venerati fratelli, nonostante questi fenomeni in gran parte negativi, voi non vi lasciate abbattere nel vostro impegno apostolico. Vi sostiene in ogni momento - ne sono certo - la consapevolezza di essere ministri del Signore, ricco di grazia e di misericordia. Non mancano, del resto, segni incoraggianti che inducono a guardare con fiducia al futuro. La gente, nonostante la mentalità corrente, sente ancora il carattere religioso degli avvenimenti fondamentali della vita, quali il nascere e il morire. I giovani, quando si offrono proposte che parlano più efficacemente alla loro intelligenza e al loro cuore, si mostrano più aperti di quanto si possa immaginare. Ne è prova la loro fedele partecipazione a specifiche iniziative bibliche e spirituali, promosse in alcune delle vostre Diocesi. Lo stesso fenomeno del volontariato va assumendo in molti motivazioni veramente evangeliche. Il clero mantiene la tradizionale laboriosità: nonostante le difficoltà e il clima diffuso di indifferenza, prosegue nel suo impegno senza trascurare il necessario aggiornamento teologico e pastorale. Si allargano e moltiplicano le forme di collaborazione tra preti e laici; da sottolineare, in proposito, la costituzione, ormai quasi dappertutto avviata, dei Consigli pastorali diocesani, zonali o decanali e parrocchiali; né vanno dimenticati l'interesse e la costanza con cui è stato accolto l'avvio delle Scuole per la formazione socio-politica come parte integrante dell'itinerario di maturazione del cristiano.


4. Nel contesto appena delineato si impone con urgenza il compito di una nuova coraggiosa e coerente evangelizzazione. Solo l'effettiva riscoperta di Cristo, quale solida roccia su cui costruire la vita e l'intera società, permette ai credenti di non temere difficoltà e ostacoli d'ogni tipo. La casa non crolla sotto l'imperversare della pioggia, dei fiumi che straripano e dei venti che soffiano minacciosi, quando è fondata sulla solida roccia. Ci troviamo in questi anni come in un avvento che ci prepara all'anno Duemila. Questo tempo di attesa e di conversione a Cristo richiede profeti e testimoni atti a destare nelle comunità la fede nel Verbo rivelatore del Padre, "dives in misericordia". Testimoni capaci di suscitare nel cuore dei fratelli l'amore al Cristo, Salvatore dell'umanità, che prosegue la sua azione di salvezza nella Chiesa per mezzo dello Spirito "Dominum et Vivificantem". E', quindi, il tempo della nuova evangelizzazione per preparare giovani generazioni di apostoli per nulla timorosi di proclamare il Vangelo nella sua integrità.


5. Occorre soprattutto il passaggio da una fede di consuetudine, pur apprezzabile, a una fede che sia scelta personale, illuminata, convinta, testimoniante. E' tale fede, celebrata e partecipata nella liturgia e nella carità, che nutre e fortifica la comunità dei discepoli del Signore e li edifica come Chiesa missionaria e profetica. Nessuno si senta escluso da questo disegno apostolico! La vostra azione, pertanto, deve tener conto anche dei numerosi immigrati ai quali si rivolge la vostra cura pastorale. "Le Chiese particolari di Paesi di popolazioni a prevalenza cattolica e cristiana - scrivevo nel messaggio per la Giornata Mondiale dell'Emigrazione del 1985 - debbono inoltre affrontare anche l'impegno, spesso urgente, di dar vita all'apostolato della prima evangelizzazione missionaria tra la moltitudine di immigrati che non sono cristiani".


6. In questo rinnovato sforzo evangelizzatore occorre continuare a promuovere nel popolo un assiduo contatto con la Bibbia, sempre meglio conosciuta attraverso le Scuole della Parola, intimamente assimilata nella lectio divina, portata alle concrete applicazioni nei Corsi in preparazione ai Sacramenti della iniziazione cristiana. Anche da questo punto di vista vi sarà di grande aiuto la tradizione lombarda degli Oratori, adattando i programmi formativi alle varie età. Il 1991, anno centenario della morte di S. Luigi Gonzaga, vi offre l'occasione di promuovere una pastorale giovanile e vocazionale che additi questo vostro conterraneo come modello di perfezione cristiana anche ai ragazzi del nostro tempo, distratti da interessi e da mode culturali non di rado fuorvianti.

All'attenzione verso i giovani unite una metodica ed accurata catechesi per gli adulti. So che in alcune parrocchie si conserva ancora la catechesi festiva aperta a tutti, unita a volte alla recita o al canto dei Vespri, mentre altrove sono state introdotte forme sostitutive che attendono di essere sviluppate e potenziate. Talune circostanze occasionali offrono momenti quanto mai proficui per la formazione alla fede degli adulti, come i Corsi di preparazione al matrimonio, gli incontri per i genitori, i cui figli s'approssimano ai sacramenti dell'iniziazione cristiana, la celebrazione sacramentale del matrimonio, il congedo cristiano nelle esequie e le locali feste tradizionali. Certo, non si dovranno ignorare metodi e modi di comunicazione più rispondenti alle esigenze culturali e psicologiche dell'uomo moderno. Quando si tratta di ragazzi e di giovani, la metodologia che dà importanza alla comunità, al gruppo, al dialogo si rivela di primaria importanza. Nella catechesi agli adulti ha grande valore che sia un adulto a trasmettere il messaggio. Il cristiano adulto, che aderisce con scelta personale e convinta al mistero di Cristo, va quindi guidato ad essere capace di offrire agli altri le ragioni della sua fede e della sua appartenenza ecclesiale e va spronato ad inserirsi con stile cristiano nel mondo della cultura, nelle strutture pubbliche, nelle realtà sociali e nell'impegno politico.


7. Formare i credenti ad una fede adulta: ecco, carissimi fratelli, l'obiettivo primario cui far convergere gli sforzi delle parrocchie delle vostre Diocesi, mediante un organico piano pastorale; ecco l'intento dei Sinodi e dei Convegni diocesani, attualmente in corso o in preparazione nelle diverse Chiese lombarde.

Tutto dovrà tendere all'edificazione del Corpo di Cristo, valorizzando la pluralità dei ministeri e la provvidenziale ricchezza dei carismi che lo Spirito Santo non cessa di far fiorire nella comunità. Il compito che vi attende potrebbe sconcertare. Non vi perdete d'animo! Infondete anzi conforto ai vostri collaboratori e a tutti i fedeli, memori che il frutto genuino della fede è la speranza: "Abbiate fiducia; io ho vinto il mondo"; "Questa è la vittoria che vince il mondo, la vostra fede". Maria, Madre della Chiesa, sostenga ogni vostro sforzo e renda fruttuosa la vostra missione apostolica. Con vivo affetto anch'io tutti vi benedico.

Data: 1991-02-02
Sabato 2 Febbraio 1991

Il messaggio ai partecipanti al IV Congresso Missionario latino-americano a Lima

Titolo: Vi invito a compiere il dovere missionario

Amati fratelli nell'Episcopato e cari congressisti,


1. Il IV Congresso latinoamericano che si celebra a Lima, mi offre l'opportunità di salutarvi e di rendermi presente spiritualmente tra voi. Il mio pensiero si rivolge, in maniera speciale, a tutte e ad ognuna delle Chiese particolari del continente, con i loro vescovi, sacerdoti, religiosi, religiose, laici. Rivolgo un saluto di viva gratitudine a quanti hanno collaborato alla preparazione di questo congresso: a monsignor Augusto Vargas Alzamora, Arcivescovo di Lima, al signor cardinale Juan Landazuri Ricketts, alle Commissioni Episcopali per le Missioni, alle Direzioni Nazionali delle Pontificie Opere Missionarie e al Dipartimento per le Missioni del CELAM. La presenza del mio Inviato Speciale, il Signor Cardinale Jozef Tomko, Prefetto della Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli, vuol essere anche una testimonianza dell'attenzione prioritaria che la Sede Apostolica ha per l'attività missionaria.

In ripetute occasioni sono stato tra voi, in quelle terre benedette, per compiere appunto quel mandato missionario del Signore. Come ben sapete, questo è sempre stato l'obbiettivo principale dei miei viaggi pastorali. Ora vi faccio giungere il mio messaggio per ricordarvi, una volta ancora, la vostra responsabilità e per chiedervi la vostra generosa collaborazione nel permanente mandato di Cristo di annunziare il Vangelo a tutti i popoli. Per questo faccio mio anche il motto del congresso: "America Latina, nella tua fede invia missionari!".

So che avete preparato questo incontro con speciale interesse, in continuità con i precedenti congressi celebratisi in Messico e Colombia. Come non rammentare in particolare quello tenutosi a Bogotà, che ebbe per motto: "America è giunto il tuo momento di diventare evangelizzatrice"? Oggi sono numerosi i missionari latinoamericani che stanno evangelizzando i cinque continenti e a questo hanno certamente contribuito quei congressi, così come la preghiera, i sacrifici e la dedizione disinteressata di tante persone. Ma questo numero, lo sapete bene, non è sufficiente. Per questo vi esorto a dare ancora di più, anche se giunga "dalla vostra povertà", poiché l'America Latina deve "proiettarsi al di là delle proprie frontiere" (Puebla, 368 traduzione letterale).


2. Come ho sottolineato nella recente enciclica "Redemptoris Missio", sento che è "venuto il momento di impegnare tutte le forze ecclesiali per la nuova evangelizzazione e per la missione "ad gentes". Nessun credente in Cristo, nessuna istituzione della Chiesa può sottrarsi a questo dovere supremo: annunziare Cristo a tutti i popoli" (RMi 3). Il compimento di questo dovere missionario non deve andare a detrimento della vostra opera evangelizzatrice sul continente stesso. Chi condivida la stessa sollecitudine del Buon Pastore, non può smettere di pensare con preoccupazione alle moltitudini enormi delle grandi città che, tanto spesso, si trovano come "pecorelle senza pastore" (cfr. Mt 9,36); egli pensa anche ai numerosi popoli indigeni, dalle peculiari radici culturali, disposti ad aprirsi sempre più al Vangelo; ai settori afroamericani e di recente immigrazione; al mondo del lavoro e della cultura; alla gioventù e alla famiglia, così come a tanti altri campi di apostolato. Per questo, vi invito a compiere questo dovere missionario universale per poter affrontare in maniera più evangelica la vostra realtà, poiché soltanto le persone e le comunità che si aprano alla missione universale saranno in grado di scoprire Cristo nel volto di ogni fratello bisognoso che vive nel nostro stesso ambiente.

"L'urgenza dell'attività missionaria emerge dalla radicale novità di vita, portata da Cristo e vissuta dai suoi discepoli" (RMi 7).

Sono migliaia di milioni gli esseri umani che tuttora non hanno trovato Cristo per mezzo della fede e del battesimo. Voi, cristiani dell'America Latina siete circa la metà del cattolicesimo mondiale. Sulle vostre stesse terre è possibile constatare un travaso di popoli e culture che si spostano per ragioni di lavoro, commercio, turismo. Non pochi dei vostri fedeli si trovano in altri continenti per le stesse ragioni sociologiche.

E' quindi auspicabile che molti cristiani e cristiane mossi da un autentico spirito missionario, con la loro presenza e la loro azione apostolica, facciano giungere il Vangelo "fino agli estremi confini della terra" (Ac 1,8).


3. Con questo, non predico un'utopia, ma mi rendo portavoce di Cristo stesso, "pane vivo... per la vita del mondo" (Jn 6,51), che continua ad esortare alla missione universale. Siete chiamati ad essere grati per la fede ricevuta cinquecento anni orsono, contribuendo affinché altri partecipino dello stesso dono salvifico. Cristo "è morto per tutti" (2Co 5,15), ci dice san Paolo; e il Buon Pastore ci suggerisce i suoi stessi aneliti missionari: "Ho altre pecore" (Jn 10,16), "Venite a me, voi tutti" (Mt 11,28), "Ho sete" (Jn 19,28), "Andate in tutto il mondo" (Mc 16,15).

Quale modo migliore per conservare l'eredità cristiana ricevuta dai vostri santi, d'impegnarsi a condividere questi doni di Dio con altri popoli? così fecero i vostri santi e beati il cui esempio vi invito a seguire: Toribio de Mogrovejo, Rosa de Lima, Martin de Porres, Francisco Solano, Pedro Claver, Luis Beltran, Roque Gonzalez, Felipe de Jesùs, Mariana de Jesùs, José Anchieta, Pedro de Betancur, Ignacio de Azevedo, Ezequiel Moreno, Junipero Serra, Miguel Agustin Pro e tanti altri santi e sante, gloria della vostra feconda storia cristiana. La loro testimonianza dev'essere stimolo costante affinché in tutta la Chiesa latinoamericana fioriscano nuovi missionari e missionarie che, con l'atteggiamento del profeta "Eccomi, manda me!" (cfr. Is 6,8), si dedichino con abnegazione alla missione senza frontiere (cfr. RMi 79).


4. "Oggi la Chiesa deve affrontare altre sfide, proiettandosi verso nuove frontiere sia nella prima missione "ad gentes", sia nella nuova evangelizzazione di popoli che hanno già ricevuto l'annuncio di Cristo" (RMi 30).

Per questo, il Signore vi ha benedetti con abbondanti vocazioni in questi ultimi anni, benché siano tuttora insufficienti dinanzi ai vasti campi di apostolato che vi sono stati affidati. La vocazione è un dono di Dio che richiede una risposta creativa da parte della persona chiamata e l'impulso della comunità.

Le vocazioni nascono e perseverano in comunità nelle quali esiste un ambiente di generosità e dedizione, di sequela evangelica e di disponibilità missionaria.

Quando vi è "un profondo rinnovamento interiore" si rende "più viva la coscienza della propria responsabilità in ordine alla diffusione del vangelo" a tutti i popoli (cfr. AGD 35).

Mi vengono in mente le commoventi celebrazioni mariane che, nel corso delle mie visite pastorali in America Latina, ho avuto la gioia di presiedere nei santuari che la fede di quei popoli amati ha innalzato in onore di Nostra Signora.

Inginocchiato spiritualmente dinanzi alle venerate immagini di Maria, desidero ora rivolgere a tutti un invito: Aprite i vostri cuori all'appello missionario di Cristo, perché il mondo intero accolga la fede cristiana e la viva con autentica generosità! Costruire "la civiltà dell'amore" ed affrontare la sfida di una "nuova evangelizzazione", presuppongono una risposta incondizionata a questo appello: "Andate in tutto il mondo"... "America Latina, nella tua fede invia missionari!".

Soltanto partendo da una decisa risposta, l'America Latina sarà veramente il continente della speranza missionaria per tutta la Chiesa.

Con questi auspici e mentre rivolgo la mia fervida preghiera affinché Dio, ricco in misericordia, conceda abbondanti frutti ecclesiali al IV Congresso Missionario Latinoamericano, vi imparto con affetto la mia Benedizione Apostolica.

(Traduzione dal spagnolo)

Data: 1991-02-02
Sabato 2 Febbraio 1991


GPII 1991 Insegnamenti - Alla plenaria del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace - Città del Vaticano (Roma)